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Autore: Red_Coat    05/02/2018    1 recensioni
Genesis.
La mia vita, per te.
Infinita rapsodia d'amore
__________________________________________
DAL TESTO:
Un bagliore accecante invase la grotta, ed io capì che l'avevo raggiunta appena in tempo. Alzai gli occhi, e vidi uno splendido angelo con una sola ala, immensa, nera e maestosa, planare dolcemente su una roccia. Rimasi incantata, con gli occhi pieni di lacrime, a fissare la sua sagoma, fino a che non mi accorsi che i suoi occhi verdi come l'acqua di un oceano di dolore e speranza seguitavano a fissarmi, sorpresi e tristi.
Fissavano me, me sola, ed in quel momento mi sentii morire dal sollievo e dalla gioia
" Genesis! " mormorai, poi ripetei il suo nome correndogli incontro
C'incontrammo, ci abbracciammo. Mi baciò.
Ed io, per la prima volta dopo tanto tempo, piansi stretta a lui.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genesis Rhapsodos, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Vincent Valentine, Zack Fair
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo XXVI

"Può nascere dovunque
Anche dove non ti aspetti
Dove non lo avresti detto
Dove non lo cercheresti
Può crescere dal nulla
Sbocciare in un secondo

Può bastagli un solo sguardo per capirti fino in fondo"

-L'amore esiste (Francesca Michelin)-

///Flashback///
 
Era la sua prima missione come 3rd, la prima veramente tosta che se sarebbe andata bene lo avrebbe avvicinato sempre più alla carica di 2nd.
Era iniziata bene, nonostante la difficoltà del doversi destreggiare nei cunicoli infiniti di quella grotta e doversi continuamente guardare le spalle da mostri che sbucavano anche dal soffitto e guerriglieri nemici armati fino ai denti. Erano civili ribelli che volevano sbarazzarsi della Shinra e si erano appropriati indebitamente di un carico di armi da usare contro i legittimi proprietari. Il motivo? Sempre lo stesso: Impedire alla Shinra la costruzione di un altro reattore.
Li avevano scovati e provocati, ora non dovevano fare altro che correre verso l'uscita dove li attendevano rinforzi.
Solo che ... quelli continuavano a sparare e all'improvviso di fronte a loro apparve un muro.
Era un alto gradone da cui erano saltati giù all'andata, ma che ora si era trasformato in un ostacolo non proprio insormontabile, ma che rischiava di compromettere la loro vita e anche la missione.
Zack si guardò intorno cercando un'altra via di fuga: Non ce n'erano.
Allora, anche un pò inquietato, si rivolse al suo maestro chiamandolo per nome ma accorgendosi però che questi stava già rimediando arrampicandosi.
In un paio di mosse azzeccate fu già in cima, ma i ribelli continuarono a sparare e i proiettili erano sempre più vicini.
 
-Zack, afferra la mia mano!- esclamò allora Angeal urlando per sovrastare il rumore degli spari.
 
Prontamente il giovane lo fece, e così fu salvo anche.
 
-Uff!- esclamò tornando a sorridere mentre insieme ripresero a correre -Grazie Angeal. Meno male che c'eri tu, sarei stato spacciato.- ridacchiò.
 
Questi gli rivolse un finto sguardo severo ridendo sotto i baffi senza riuscire a trattenersi.
 
-Appena torniamo intensifichiamo gli allenamenti, però. Avresti dovuto pensarci da solo.- decise, e Fair accolse il verdetto con una smorfia annoiata a cui seguì un'altra risata da parte di entrambi.
-Allora adesso che facciamo coi ribelli? - chiese, indicando con un cenno del capo la strada che si erano lasciati alle spalle.
-Il piano non cambia.- decise il first tornando serio -Ormai sono in trappola, non esistono altre uscite principali oltre a quella che presidiamo.-
 
Zack ridacchiò.
 
-Quindi li acciuffiamo con le spalle al muro. - disse soddisfatto.
-Si, ma senza ulteriore violenza. Dobbiamo prenderli vivi e riconsegnarli a chi di dovere.- annuì sempre più serio Hewley -Non deve morire nessuno.-
 
Il più piccolo corrucciò la fronte stranito.
 
-Loro non sembrano dello stesso avviso, però.-
 
Angeal scosse le spalle.
 
-Combattono per una causa e per la loro terra, esattamente come noi. Solo che siamo su due fronti diversi. - concluse, poi tornò a guardare di fronte a sé.
 
Erano quasi vicino all'uscita, iniziavano a intravedere i primi fanti a protezione dell'ingresso.
 
-Allora ricordati, nessun morto se non è necessario.- ordinò.
 
Zack Fair annuì facendosi serio.
 
-Si, signore.- replicò obbediente portandosi indice e medio della mano destra uniti alla fronte e poi tornando a sorridere eccitato -Farò del mio meglio.-
 
 
***
 
Anni dopo …
 
-Zack!-
 
Il 2nd class seduto ad annoiarsi e struggersi su di una panchina di fronte alla sede, sospirò senza neanche accorgersi di Kunsel che, accorso in fretta da lui chiamandolo più volte per nome gli si era seduto accanto, scrutandolo preoccupato.
 
-Hey!- lo fissò di nuovo, sventolando una mano guantata di fronte alla sua faccia.
 
Finalmente Fair sembrò risvegliarsi.
Lo guardò angosciato negli occhi, sospirando di nuovo.
 
-Eh?- mormorò.
-Dio mio, che faccia!- osservò preoccupato l’altro –Dai, su con la vita! Non ti ho mai visto così da quando sei entrato in SOLDIER.-
 
L’ennesimo sospiro.
“Su con la vita, certo.” Pensò tra se amaro il giovane 2nd. “Angeal è sparito, tutti sono convinti che abbia disertato e Valery non risponde più al telefono, non so neanche più sicuro sia ancora a casa dei miei. E ancora niente missioni!
S’è fermato tutto e non che altro aspettarmi. Che mi crolli il cielo sopra la testa da un momento all’altro o la terra sotto i piedi?”
Sospirò ancora dalle narici, più pesantemente, senza esprimersi.
Quindi in un impeto spazientito affondò le dita delle mani nei capelli e se li scompigliò, scuotendo il capo e poi alzandosi in piedi.
 
-Basta, non ce la faccio più!- sbottò –Ti va di allenarti? Ho bisogno di scaricare la tensione.- chiese.
 
Kunsel lo scrutò stranito, quindi annuì sorridendo divertito.
 
-Ancora non si sono fatti vivi, eh?- chiese centrando il punto –Né Angeal, né quella ragazza.-
 
Fair tornò ad abbattersi e quel punto Kunsel esplose in una risposta e alzatosi gli batté una pacca sulla spalla, incoraggiandolo o almeno cercando di farlo.
 
-Dai, andiamo in sala di simulazione. Vedrai che tutto si risolverà.- risolse ottimista.
 
Anche più di Zack stesso che stavolta proprio non riusciva ad esserlo. Più passava il tempo e più si sentiva sempre più abbandonato e solo. Senza contare poi i pessimi presentimenti che crescevano sempre più numerosi come erbacce senza che lui riuscisse ad estirparle.
 
-Grazie …- mormorò.
 
Quindi insieme si avviarono dentro al grande edificio attraversando l’ingresso principale.
Nel frattempo alle loro spalle, ben distante e nascosto nel silenzio, Sephiroth si fermò a scrutare il tormento del giovane con aria cupa e l’animo tormentato.
Dalla scomparsa di Genesis non riusciva più a chiudere occhio, e ora anche Angeal …
Alla fine anche loro lo avevano abbandonato, se n’erano andati, ma non era questo a fargli male. Non quanto il tormento di non sapere perché lo avessero fatto e il continuare a chiedersi se, almeno in parte, fosse stata anche un po’ colpa sua.
Una domanda a cui era convinto non avrebbe mai veramente trovato una risposta.
 
///Fine Flashback///
 
L’addestramento: Giorno 1.
 
Una spada ordinaria di SOLDIER. La corta lama portava su di sé i segni dell’usura ma era ancora in condizioni più o meno perfette, la croce davanti manico leggermene incurvata verso l’impugnatura per proteggere le dita e il manico foderato di cuoio robusto.
La afferrasti dalla roccia sul quale eri seduto e me la puntasti contro, sogghignando.
Osservai sorpresa la lama affilata e lucida, spostando poi la tua attenzione di nuovo su di me.
 
-Prendila.- mi ordinasti allentando appena la presa e porgendomela ruotando il polso.
 
Allungai timidamente un braccio e la presi dalla tua mano, impugnandola goffamente nella destra e osservandola.
 
-Questa è una spada fabbricata dalla Shinra, una delle più scadenti aggiungerei. Funge al suo dovere ma contro nemici più forti potrebbe facilmente spezzarsi.- esordisti spiegandomi.
 
Ripensai a Zack contro la simulazione di Sephiroth e ad Angeal contro di te. Era stata una spada come quella a ferirti spingendoti a questo, appena pochi giorni prima.
 
-Che tipo di nemici?- chiesi, facendo appello a tutta la mia forza di volontà per non spostare gli occhi sulla tua spalla.
 
Non avevo più avuto modo di chiederti come stava, mi tornò in mente solo allora ma sembravi star bene adesso, almeno per quanto riguardava quell’incidente.
Non fu necessario però fingere. Tu te ne accorgesti comunque e sogghignasti di nuovo, facendo poi finta di nulla. Ma non troppo.
 
-Quelli dotati di notevole forza bruta.- replicasti –Come creature gigantesche dai muscoli possenti, Summons quali il Bahamut corazzato e SOLDIER 1st class, ma solo quelli bravi e abbastanza incazzati.-
 
Ghignammo insieme.
 
-Capito.- sorrisi imbarazzata io, prendendo a due mani l’elsa.
-S’impugna con entrambe le mani.- annuisti tu avvicinandoti un po’ di più e osservandomi attentamente –Verso il basso, braccia tese e gambe leggermente divaricate.-
 
Avevo visto quella posizione un centinaio, un migliaio di volte, ma replicarla fu molto più imbarazzante del previsto. Sorridesti divertito nel vedermi in difficolta. Me ne accorsi e ti lanciai un’occhiata di fuoco.
 
-Se lo stai facendo apposta giuro che mi vendicherò. - minacciai.
 
Ridacchiasti, gingillando altero col capo.
 
-Non lo faccio apposta, no.- negasti tranquillo –Comunque se ti vuoi vendicare fai pure.- aggiungesti aprendo le braccia – Non temo Sephiroth, figuriamoci te.-
 
Sbruffai e sogghignai fingendomi imbronciata.
 
-Ancora con questa storia?- replicai –Non so se sentirmi più offesa o gelosa.-
-Fai tu.- rispondesti scuotendo le spalle, quindi tornasti serio e riprendesti a girarmi intorno soffocando un ghigno –Torniamo a noi … schiena dritta e petto in fuori!-
 
Obbedii all’istante come un bravo soldatino. “Maledetto.”
Sogghignammo entrambi sotto i baffi prima di riprendere i nostri ruoli.
 
-Quando combatti la tua mente deve mantenersi concentrata solo ed esclusivamente al presente.- continuasti a spiegare –Niente sé, niente ma, non devi avere in testa null’altro che non riguardi il campo di battaglia e i tuoi nemici.-
-E nel frattempo devo anche mantenere questa posizione da idioti?- scherzai continuando a stuzzicarti invece di ascoltare.
-Io preferisco non farlo.- ghignasti tu –Ma ad un 1st è concesso tutto.- concludesti scuotendo le spalle.
 
Strinsi le labbra mordendomele per non scoppiare a ridere.
Tu mi voltasti le spalle, seguitasti a girarmi intorno a braccia conserte e poi ordinasti nuovamente con fare sicuro e tono marziale.
 
-Braccia in avanti! Gambe divaricate! Gira la testa verso destra e apri le braccia impugnando la spada con la lama in verticale.-
 
Continuai attentamente a seguire il dettato, mentre ti sentivo scrutarmi con attenzione e un ghigno soddisfatto a fil di labbra.
 
-Schiena più dritta.-
 
Obbedii, con qualche difficoltà.
 
-Ora volta la testa dall’altro lato e ripeti spostando il peso da un piede all’altro.-
 
Sospirasti quando terminai di eseguire. Scuotesti il capo e decretasti secco.
 
-Sei troppo rigida.-
 
Lasciai andare il fiato fuori dai polmoni, stancamente, rialzandomi.
Stavo per rispondere ma tu mi sorprendesti portandoti dietro di me avvicinandoti alle mie spalle, inchiodando il tuo corpo contro il mio e afferrandomi le mani con le tue, prive dei guanti, morbide e calde.
Avvertii il calore ardente della tua pelle, del tuo respiro vicino al mio orecchio destro, con la coda dell’occhio vidi il tuo ghigno.
Fissavi me o la spada?
 
-Rilassati.- mormorasti –La scherma è come una danza.-
 
Il tuo braccio sinistro indusse piano il mio a piegarsi verso destra, la testa seguì con fluidità il movimento nella stessa direzione della tua e il peso si spostò da un piede all’altro proprio come facesti anche tu.
 
-Così …-
 
Rimasi senza fiato e sorrisi appena, incredula ed emozionata.
Stavamo … stavamo danzando davvero.
E mi ritrovai affannata a seguire con attenzione tutti i movimenti stregata dalla magica presenza. Provammo diversi schemi, differenti passi di “danza”, continuando a spostarci lentamente assieme alla spada sulle punte dei piedi, sulle note di un dolce vento tiepido che aveva ripreso a soffiare.
Quando alla fine mi resi conto di ciò che stava accadendo era già tutto finito.
Avevo danzato sulla tua coreografia letale con te, come ti avevo visto fare mille volte attraverso lo schermo della mia PSP.
Incatenata ai tuoi occhi sospirai, riprendendo fiato. Sorridesti.
 
-Niente male, come prima lezione. Mi aspettavo di peggio.-
 
Sogghignai soddisfatta.
 
-Te lo avevo detto di non sottovalutarmi.-
 
Ridacchiasti, quindi tornasti a stringerti a me afferrando nella tua mano la mia, quella che reggeva la spada.
Mi spingesti ad alzarla, portando il filo in orizzontale e la lama in parallelo col terreno, all’altezza della mia spalla.
 
-Senti la sua massa?- domandasti.
 
Annuii.
 
-E’ pesante.- replicai
 
Sorridesti.
 
-Mph. Questa è l’arma più leggera che potrebbe capitarti di impugnare se decidessi di arruolarti.- replicasti, aggiungendo poi dopo esser tornato a guardare la lama –Quando infliggi un colpo, se vuoi essere il più letale possibile puoi scegliere di affondare o in orizzontale, come abbiamo visto sino ad ora, o in verticale impugnandola a due mani.-
 
Prendesti anche la mia sinistra nella tua, mi spingesti a chiudere le braccia, afferrare l’elsa a due mani e sollevarla al cielo lasciandola poi ricadere lentamente giù, contro il terreno sotto la suola dei nostri stivali e parallelamente al mio viso.
 
-Maggiore è la velocità con cui affondi, più grave sarà il danno inflitto.-
 
Sorrisi tornando a guardarti negli occhi.
 
-Non sapevo fossi anche un esperto di fisica.- scherzai.
 
Ti fermasti a guardarmi e sogghignasti inclinando di lato il capo.
 
-Allora c’è qualcosa che non sai su di me.-
 
Ridacchiammo insieme, poi mi lasciasti andare e tornasti a restare di nuovo di fronte a me, abbassando con un movimento fluido le braccia.
 
-Dovrai esercitarti a ripetere gli schemi ogni giorno anche più volte, fino a memorizzarli bene.- concludesti serio –Deve venirti naturale muoverti in questo modo, e reggere in mano la spada rafforzerò i muscoli delle braccia.-
 
Annuii responsabile.
 
-E dopo che avrò imparato?- chiesi.
 
Tu sogghignasti guardandomi e portando di nuovo le braccia incrociate sul petto, fingendo di pensarci.
 
-Quando avrai superato l’esame di scherma …- risolvesti con un sogghigno furbo sulle labbra –Ti insegnerò a usare la magia e le materie.-
-Credo che la priorità per lei sia prima di tutto imparare a dominare il suo potere.-
 
Ci voltammo sorpresi, la voce profonda di Angeal ci aveva riscosso. Lo osservammo avanzare serio fino a portarsi a pochi passi da noi. Mi guardò e rabbrividii di nuovo, ma stavolta … provai anche tanta tristezza. Era stanco e preoccupato, glielo si leggeva in faccia molto chiaramente.
 
-Dovresti insegnarle prima di tutto questo, poi passare alla scherma.- ti consigliò guardandoti.
 
Sorridesti.
 
-Bentornato.- lo accogliesti sollevato –Mi mancavano le tue perle di saggezza.-
 
Si corrucciò.
 
-Non avresti resistito neanche mezza giornata in SOLDIER col tuo carattere, senza le mie “perle”.- ti apostrofò severo.
 
Annuisti alzando le braccia coi palmi aperti delle mani bene in mostra, in segno di resa.
Ti voltasti a scoccarmi un occhiolino e io sorrisi, arrossendo e abbassando il volto.
Angeal vi osservò in silenzio, quindi sbruffò e fece per andarsene.
D’istinto però lo richiamai, col terrore nella voce, ma quando si voltò a guardarmi sorpreso io … non seppi neanche perché lo avevo fatto.
Semplicemente in testa cominciarono a vorticare veloci i ricordi ed ebbi un istante di esitazione in cui mi sentii mancare.
Vi avvicinaste entrambi a soccorrermi, guardandomi negli occhi.
 
-Valery …- mormorasti preoccupato tu –Stai bene?-
 
Guardai Angeal, corrucciato a scrutarmi. Strinsi forte la sua mano, inconsapevole di farlo. Fu strano.
 
-I-io …- mormorai stanca.
 
La mia stessa voce parve quasi rimbombare nelle mie orecchie mentre le immagini si facevano sempre più vivide.
Titubai per qualche istante, poi annuii con tutta la decisione che riuscii a trovare, quando tutto questo sembrò attutirsi e lentamente scomparire.
Cercai di rimettermi sulle mie gambe, e appena fui in grado di farlo guardai affranta Angeal e lo supplicai, gli occhi improvvisamente lucidi.
 
-E’ … un tempo difficile per tutti. Ma … non lo fare. Qualsiasi cosa sia … non farlo. Pensa a Zack. Lui non sarebbe più lo stesso, dopo.-
 
E lui, incredulo e sconcertato, voltandosi di nuovo a guardarmi sgranò gli occhi e la bocca in una muta espressione di sorpresa osservando la pallida lacrima che attraversò la mia guancia destra e si schiantò a bagnare l’erba sotto i miei piedi, prima di vedermi svenire precipitando nuovamente al suolo con essa, priva di sensi.

 
///Flashback///
 
Poco prima che potesse urtare il capo contro la nuda e dura terra, Genesis Rhapsodos afferò abilmente il corpo della giovane tra le braccia e la sollevò prendendola con sé.
La guardò preoccupato e angosciato, Hewley fece lo stesso avvicinandosi. Si scambiarono una torva e intensa occhiata.
 
-Angeal …- mormorò Rhapsodos serio –Di che stava parlando?-
 
Il moro rimase in silenzio scuotendo la testa con decisione, ma sgranando gli occhi come se stesse cercando di nascondere la verità perfino a sé stesso.
Genesis lo scrutò negli occhi ancora per qualche istante, sospirò e decise incamminandosi.
 
-Ne riparliamo più tardi. Ora deve riposare.-
 
La accompagnarono insieme a casa, Angeal aprì la porta della camera e Rhapsodos entrò spedito ad adagiarla sul letto rifatto da lei stessa quella mattina.
Levò le coperte, le tolse gli stivali, la sistemò per bene sul materasso e il capo comodamente sul cuscino e la coprì nuovamente.
Sfiorò la sua fronte con una carezza, scostandole una ciocca di capelli della frangia che era andata a ricoprirle le palpebre chiuse.
Tremavano, e l’espressione del suo viso era stanca e triste.
Un’altra lacrima sfiorò veloce il suo volto delicato. Gliela asciugò piano con un dito, quella rifulse sulla sua pelle umida per un istante appena, poi scomparve lasciandolo stupito a guardare.
“Le lacrime della fenice.”
 
-Ha la febbre?- chiese Angeal ignaro ma ancora preoccupato.
 
Genesis si voltò a guardarlo e scosse il capo.
 
-No.- disse tornando a guardarlo –Ma ha avuto una visione, credo. Deve essersi stancata molto.-
 
Quindi gli fece segno di uscire. Lo fecero insieme e richiusa la porta si diressero nell’ampio salotto.
 
-Potrebbe volerci qualche ora prima che si svegli.- riflettè il rosso versandosi un bicchierino di liquore nel carrellino vicino al sofà e poi sedendosi a gambe incrociate a sorseggiarlo cercando di calmarsi.
 
Angeal rimase in silenzio, il volto basso e l’espressione cupa. Zack … perché quella ragazza … perché aveva parlato di Zack? Perché proprio ora?
 
-Angeal …-
 
La voce di Genesis lo riscosse.
Alzò gli occhi a guardarlo e lo vide tornare a scrutarlo con attenzione, gli occhi che si muovevano agitati.
-Hai parlato con Gillian?-
 
Sospirò pesantemente tornando a scuotere più volte il capo.
 
-Non ancora.- replicò.
-Non starai pensando di nuovo di suicidarti?-
 
La domanda giunse all’improvviso a sconvolgerlo. Alzò di scatto il volto e lo guardò irato.
 
- Non è certo colpa mia se mi trovo in questa situazione!- sbottò.
 
Genesis sorrise amaro scuotendo appena il capo.
 
-Siamo disertori, Genesis! Disertori! Lo sai che significa questo? Hai anche solo la più pallida idea di cosa significhi?-
-Si.- replicò deciso Rhapsodos –Che abbiamo volontariamente lasciato la Shinra, la sua ragnatela di bugie e i suoi maledetti obblighi e abbiamo deciso di prendere in mano la nostra vita. – aggiungendo poi con un altro sorriso amaro –O almeno questo è quello che ho fatto io …-
 
Quindi alzò gli occhi sull’amico e concluse.
 
-Tu devi ancora decidere, e se continui a non voler sapere non potrai mai farlo.-
 
Angeal sospirò, prendendosi il viso tra le mani e poi spostandole su, fino ad aggrovigliare le dita dentro ai capelli, quasi volesse strapparseli dalla testa.
 
-Continui a parlare di verità …- mormorò stanco e nervoso lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi –Come fai a sapere che io sia pronto a volerla ascoltare?-
 
Si guardarono negli occhi.
Ad Angeal quasi non parve vero di esser riuscito a parlare con tanta sincerità di sé stesso in merito a quella situazione. Lo aveva già fatto, ma ora era tutto più complicato.
Genesis sospirò.
 
-Non lo so, infatti.- ammise –Ho solo sperato fino all’ultimo che lo fossi.-
 
Nel sorpreso e pallido silenzio che seguì subito dopo i loro occhi s’incrociarono e rimasero a fissarsi sconcertati per diverso tempo prima che fossero in grado di tornare a parlare, tesi come se stessero firmando un trattato di pace.
Con sé stessi e tra di loro. Come se all’improvviso si fossero svegliati da un incubo.
 
-Tu …- esordì con voce tremula Angeal, puntandogli un dito contro –Hai creato mostri con la tua faccia con l’intento di attaccare e distruggere, vieni a rimproverare me se dopo tutto questo penso anche solo per un istante di voler morire?-
 
Rhapsodos si alzò in piedi e “appoggiò con decisione” il bicchiere dove lo aveva preso, sul vetro azzurro del carrellino.
 
-Nessun luogo, nessun uomo e nessuna altra creatura su questo pianeta sarà mai al sicuro fino a che la Shinra esisterà! – rispose a tono –Guarda cosa hanno fatto a noi! Guarda Sephiroth! È tutta una gigantesca trappola e lui è l’esca. Ti sembra giusto? Puoi continuare a sopportarlo? Io no.- decise.
-Non è giusto neanche sbattere in faccia la verità a chi non è pronto a riceverla e uccidere altri innocenti per raggiungere i propri scopi. Ti stai abbassando al livello della stessa gente contro cui dici di volerti vendicare! -
 
Lo incalzò duro Hewley, preoccupandosi subito dopo della sua successiva reazione ma restando stupito, ancora una volta e sempre di più.
In altre circostanze avrebbe dato ascolto al suo orgoglio. Ma adesso … stranamente … Genesis sorrise e abbassò il volto, quindi gli voltò le spalle e dopo un altro istante silenzio replicò, annuendo.
 
-Non è giusto, no. Ma non vedevo altra via d’uscita … soprattutto dopo …-
 
Quindi lasciò uscire la sua ala stringendo i denti per resistere ad un dolore ormai quasi inesistente, e in un turbinio di piume che vorticarono intorno a lui fino a posarsi a terra allargò le braccia, voltandosi lentamente e mostrandosi.
 
-Non sono un essere umano.- concluse, con gli occhi lucidi –Valery continua a sostenere che non sono un mostro. Allora cosa sono, Angeal? È questo che mi ha tolto la Shinra. Cosa sono? Che senso ha tutto quello che ho fatto fino ad oggi? Il modo in cui ho vissuto?
Io non ho più niente da perdere.-
 
Smise di parlare, si voltò di nuovo avvicinandosi alla finestra che dava sull’ampio spiazzo sterrato di fronte alla casa e stringendo i pugni per resistere all’improvviso impeto d’ira e frustrazione.
Angeal sospirò. Faticava ancora a guardare quell’ala nera sulla sua schiena. In base ai documenti che Genesis e Hollander gli avevano mostrato anche lui avrebbe dovuto averne una. Solo che ancora non era abbastanza forte e mentalmente preparato per richiamarla.
Eppure … nonostante il terrore, la confusione … lo sgomento …
All’improvviso ripensando a quella ragazza riuscì a trovare una risposta, seppur minima e non abbastanza esaustiva per colmare quegli improvvisi vuoti.
 
-Valery … -soggiunse –Quella ragazza ti ama. E per me sei tutto ciò che mi è rimasto.-
 
Incredulo Genesis tornò a scrutarlo negli occhi e li vidi scintillare di commozione.
Angeal sospirò di nuovo, ancor più pesantemente.
 
-Sei il mio migliore amico, mio fratello, la mia famiglia. – seguitò –Angelo, umano o mostro.- scosse la testa alzando le spalle –Non importa più di tanto, sinceramente. Ecco cosa sei … per me, almeno.-
 
Mentre ascoltava le sue parole, Rhapsodos all’improvviso ripensò a tutto, tutto il resto. A Valery e a tutti quei suoi discorsi che per lui erano stati in un primo momento solo inutili e irrealistiche favole. Proprio lui, che per anni aveva cercato il significato nascosto dietro ad un poema incompleto e aveva creduto, continuava a credere ad una redenzione pur non ammettendolo neanche a sé stesso. La guerra delle bestie … il dono della dea … non aveva mai smesso di cercarla. Eppure era diventato così cieco, il dolore lo aveva talmente accecato da spingerlo a mandare al diavolo anche l’ultimo briciolo di umanità rimastagli. Adesso sì che era un mostro, ma non per colpa di quelle ali.
Un dolore sordo al cuore e un magone stretto in gola, gli occhi verde acqua si riempirono di lacrime.
 
-Valery …- mormorò abbassando il volto verso la punta dei suoi stivali –Ora capisco perché ti faceva così paura.-
 
Quindi alzò di nuovo il viso a guardarlo e concluse, commosso e sollevato.
 
-La Dea l’ha mandata per aprirci gli occhi su ciò che ancora dovevamo vedere. Non su Loveless, sul suo dono. Ma su noi stessi …-
 
Era come se all’improvviso qualcuno avesse afferrato di peso tutto ciò che grava sul suo cuore e lo avesse sollevato, portandolo via lontano.
Il più grande dono … era la vita.
Hewley ci pensò un attimo su, poi annuì ma tornò a sospirare preoccupato.
 
-Ma ormai è tardi.- disse scuotendo il capo –Quel che è fatto è fatto, non possiamo più tornare indietro.-
 
Genesis si fece serio, annuì a sua volta.
 
-Io no … forse.- mormorò, tornando poi a guardarlo sorridendogli –Ma tu si.-
 
Angeal alzò lo sguardo di colpo a scrutarlo, sgranando gli occhi.
 
-Torna da Zack, a Midgar. – risolse –Fallo, se è questo che desideri. Non verrai coinvolto più di tanto se non ti troveranno qui.-
 
Un colpo al cuore.
 
-Cosa…?- incredulo il moro lo scrutò come se avesse appena assistito ad un miracolo.
 
Era … davvero Genesis quello che stava parlandogli ora?
Sbatté le palpebre un paio di volte per sincerarsene ma l’immagine non svanì, quindi poté dedurne che non era un sogno né un illusione. Ma anche questa nuova realtà aveva i suoi risvolti negativi.
 
-Mi chiederanno di te, lo faranno sicuramente.- esclamò spaventato.
 
Genesis sorrise.
 
-Digli tutto quello che sai.- acconsentì.
 
Angeal scosse con vigore il capo, rabbrividendo.
 
-Non posso!-
 
Il rosso sospirò.
 
-Angeal …-
-No!- sbottò categorico quello –Prima mi chiedi di unirmi a te e poi mi liberi ma mi consigli di tradirti. Non lo farò, ne va del mio onore!-
 
Genesis Rhapsodos buttò la testa all’indietro e alzò esasperato e annoiato gli occhi al cielo.
 
-Manda al diavolo il tuo onore una buona volta, Angeal!- lo apostrofò –Qui c’è in gioco molto di più di questo, smettila di nasconderti!-
 
Scese di nuovo il silenzio, ed Angeal rimase di stucco a guardarlo. Per un istante non seppe cosa dire.
Poi ad un tratto sospirò e rispose, sorridendo incredulo e quasi commosso.
 
-Ora ti riconosco. Bentornato Genesis …-
 
Il rosso sorrise.
 
-Ci voleva una ragazza a farti rinsavire, sei sempre il solito.- scherzò Angeal scuotendo il capo.
 
Risero entrambi, sospirando con sollievo. E per la prima volta dopo tanto tempo qualcosa sembrò tornare al posto giusto, tra di loro e nelle loro vite.
C’erano ancora tante cosa da sistemare, questioni in sospeso da risolvere e identità da ritrovare, ma erano a buon punto per quanto riguardava il loro posto nel mondo. Un buon punto di ripartenza.
Almeno ora avevano capito che farsi del male fino ad annientarsi non sarebbe servito proprio a nulla, se non a peggiorare ulteriormente la situazione.
Ma anche così, nessuno dei due aveva la benché minima intenzione di smettere di combattere.
 
///Fine Flashback///
 
***
 
Ancor oggi fatico a trovare una spiegazione a ciò ch’è accaduto quel giorno. Stavo cambiando il futuro è vero, ma io non avrei dovuto esserne intaccata.
Non facevo parte né del passato né del presente di quel mondo, quindi non avrei dovuto sentirmi così male, ma la fenice sì. E forse una prima spiegazione plausibile sarebbe potuta essere proprio questa, anche se lei era un uccello mitologico, lontana dalle vicende degli uomini, perciò neppure lei avrebbe dovuto farlo.
Non saprei proprio a cosa altro appellarmi per risolvere questo piccolo enigma.
Comunque sia, svenni e passarono diverse ore prima che riuscissi a riaprire gli occhi.
Era sera, le stelle brillavano in cielo e il frinire dei grilli cullava il mio dormiveglia.
Dalla finestra aperta un venticello fresco mi portava il profumo della prateria e degli alberi di Banora White, tutte le luce erano spente e c’era silenzio.
Stropicciai gli occhi e battei le palpebre un paio di volte, quindi mi tirai su passandomi una mano tra i capelli e accorgendomi così della spille, e che fossi ancora vestita con gli abiti dell’allenamento tranne che per gli stivali appoggiati ai piedi del letto.
Li vidi e mi ricordai di te.
Ti cercai alzando intorno a me lo sguardo sulle ombre, ma non c’eri.
Così decisi di alzarmi e a piedi nudi percorsi lentamente il breve tratto fino al soggiorno silenzioso, dove ti trovai.
Sul tavolo rotondo il legno levigato l’enorme candelabro acceso illuminava appena il tuo profilo, disteso sul sofà dormivi profondamente con una espressione stanca sulle labbra e Loveless aperto tra le mani, appoggiate con esso sul petto.
M’intristii … eri stato da quel verme sanguisuga di Hollander, me ne accorsi dal pallore della tua pelle.
Il grigio dei capelli stava iniziando ad essere visibile, anche se era ancora una sfumatura leggera appena accennata.
Mi avvicinai senza far rumore e con occhi lucidi m’inginocchiai di fronte al tuo viso, osservandoti e sfiorando quella prima ciocca.
Fu come vedere un’opera d’arte sfregiata, un dolore profondo pervase il mio cuore.
Mi morsi le labbra per non piangere ma un paio di lacrime bollenti solcarono comunque il mio viso sfuggendo al mio controllo.
Proprio in quel momento apristi gli occhi e io cercai con un sorriso di ricompormi, ma capii dalla tua espressione confusa che forse eri così spossato da non riuscire neanche ad accorgerti del mio turbamento.
Serviva anche sangue per creare le copie. Abbastanza da ridurti così.
 
-Sei sveglia …- mormorasti sollevato.
 
Annuii vacillante e tenera, gettando di lato il capo.
Sorridesti e provasti a rialzarti spostando il peso sul gomito destro, ma con un gemito ti mettesti a sedere in fretta traendolo al petto con dolore per mezzo dell’altra mano.
Lo sfiorai spaventata appoggiandovi le dita, e senza accorgermene liberai un po’ dell’energia curativa della fenice, guarendo la ferita dell’ago sotto la manica del soprabito.
Mi guardasti sorpreso, solo allora ti accorgesti delle mie lacrime.
Sorridesti, prendendomi le mani.
 
-Non ti fermerai, vero?- chiesi singhiozzando.
 
Scuotesti il capo, continuando a sorridere.
 
-Non posso.- mormorasti dispiaciuto in risposta –E’ tardi ormai.-
 
Scossi con vigore il capo, chiudendo gli occhi alle lacrime.
 
-Non vuoi.- replicai correggendoti –Ecco la verità.-
 
Tu mi sfiorasti lo zigomo destro con la punta delle dita, indugiasti a guardarmi negli occhi e invitandomi a fare lo stesso.
Quindi avvicinasti le tue labbra alle mie e le accarezzasti con un bacio prima di trarmi a te e lasciare che ricominciassi a singhiozzare seduta sulle tue gambe, il viso contro il tuo petto forte, all’altezza del cuore.
 
-Promettimi solo …- mormorai distrutta –Di non lasciarmi sola.- stringendo i pungi contro di te.
 
Ti ascoltai sorridere appena e poi sospirare, stringermi di più appoggiando una mano sulla mia nuca e un bacio tenero sulla testa.
 
-E tu promettimi che ce la farai.- rispondesti, uno strano tremolio nella voce –Anche per me.-

 
 
   
 
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