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Autore: artemisia reight    07/02/2018    1 recensioni
una relazione complicata e una differenza di età esorbitante. tutto sembra a loro sfavore ma l'amore si dimostra spesso più forte di tutto il resto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Quel mercoledì, Elettra si sveglia stanca.
Non ha dormito molto ed ha sognato le poche ore in cui è riuscita a chiudere occhio.
Non ricorda cos’abbia sognato, ma sa che è così.
Si veste quindi in fretta, scegliendo il primo vestito che le capita.
Vuole iniziare ad essere produttiva di primo mattino, non sopporterebbe di non fare nulla fino a pranzo.
Fortunatamente, il primo vestito che trova nell’armadio è un adorabile abitino a fiori color panna.
Ci abbina delle scarpe aperte con delle perline.
Si sposta poi in bagno ed osserva la sua massa disordinata di capelli corvini per un paio di minuti.
Non può lasciarli sciolti.
Prima di tutto la fanno sembrare una pantera dopo aver lottato per la cena, e poi non può studiare con i ciuffi che le cadono davanti gli occhi.
Una coda?
Se l’era già fatta ieri …
Si raccoglie i capelli con le mani e si guarda allo specchio, pensierosa.
Come le dice sempre la mamma, i capelli tirati su le fanno un bel viso.
Ha deciso.
Prende un paio di forcine e li lega in un morbido chignon.
Mentre perfeziona l’acconciatura, si organizza mentalmente per quello che deve fare.
Passerà la giornata in biblioteca, a scrivere il suo nuovo articolo.
Due giorni fa, in redazione, Sarah le aveva assegnato l’argomento della settimana a venire: l’importanza dei funghi nell’alimentazione.
Uno strano giornalista visionario aveva da poco scritto un articolo simile su una rivista di scienza, dichiarando e tentando di dimostrare che chiunque non abbia mai mangiato funghi nella sua vita sia meno sviluppato.
“E’ esilarante!” aveva riso malignamente Sarah, riassumendole la notizia “scrivi cosa ne pensi e se sei d’accordo o no”.
Lei non aveva potuto far altro che accettare, ma percepiva la gioia della sua superiore nell’immaginarla in difficoltà per un argomento così noioso e allo stesso tempo difficile da trattare.
Per questo, quel giorno aveva intenzione di cercare più informazioni possibili e cominciare a scrivere un articolo degno di un giornale famoso, pur di non darle soddisfazione.
In fondo Sarah ci prova sempre a darle argomenti impossibili, ma fino ad ora nessuno ha mai definito un suo articolo ‘brutto’.
Anzi, la maggior parte delle persone che leggono i suoi lavori dicono che lei ha la capacità di rendere interessante qualsiasi cosa.
Alcuni lettori del giornale avevano addirittura mandato delle lettere alla redazione chiedendo di poter leggere più spesso i suoi scritti.
Sarah voleva continuare ad assegnarle quel tipo di articoli?
Non le importa.
Continuerà a dimostrarle quanto vale giorno dopo giorno, senza mai cedere, finché non sarà così palese da non poter più essere ignorato.
Si guarda di nuovo allo specchio.
È molto carina, non a di bisogno di truccarsi per quella giornata.
Esce dal bagno, sistema i libri che le servono nella borsa e scende le scale.
In cucina, all’alto tavolo di marmo, trova la madre intenta a sorseggiare una tisana e leggere un libro.
Quest’ultima non si accorge della sua presenza finché non chiude lo sportello del frigo e si avvicina a lei con il bricco del latte in mano.
“Buongiorno” la saluta la donna, dandole un bacio sulla guancia e tornando a guardare il libro.
Elettra prende una ciotola, la scatola dei cereali e si siede di fronte a Loren.
Immerge i cereali nel latte e giocherella un po’ con il cucchiaio prima di iniziare a mangiarli.
Rimangono entrambe in silenzio per un po’, finché Loren non chiude il libro e guarda sua figlia.
“Lavori di prima mattina?” le domanda la ragazza, accennando con il mento al romanzo appena terminato appoggiato sul tavolo.
“Mi hanno invitato ad un convegno” la informa lei “devo commentare questo giovane scrittore, quindi ho bisogno di informarmi. Comunque non è proprio niente di che. Che dici, devo essere sincera?”.
Elettra ride.
“Sono rimasta incantata da questo ragazzo” continua la madre con finto tono serioso fingendo di parlare ad un pubblico, mentre la giovane continua a sghignazzare “è incredibile come riesca a rendere noiosa anche una storia d’amore così semplice e priva di sfaccettature. Ha una dote innata!”.
Continuano entrambi a divertirsi, poi Loren torna seria.
“Cercavo tua sorella stamattina, ma non l’ho trovata in camera sua” commenta “e di certo non si è svegliata presto e non si è rifatta il letto. Dov’è?”.
“Giusto” Elettra si da uno schiaffetto sulla fronte “mi sono scordata di avvisarti che oggi dormiva da una sua amica”.
“Certo, come no” sorride sua madre.
Elettra si stringe nelle spalle sorridendo a sua volta.
Sanno entrambe che l’amica in realtà è un amico.
“Sarà quel ragazzo con cui è uscita l’altra sera?” ipotizza la mamma.
“Probabile” conferma lei “magari è quello giusto”.
“Non scherziamo” Loren scuote la testa “sarà sicuramente un uomo sposato in cerca di avventura”.
“Non puoi saperlo” mormora Elettra, che da sempre odia quando sua madre dà per scontato qualunque cosa riguardi Eva.
Conosce bene sua sorella, ed è realista con il suo futuro, ma non crede sia spacciata solo perché si innamora facilmente ed ha lasciato la scuola.
Non sarà una plurilaureata, ma non è stupida.
È ancora giovane ed ha tutto il tempo di dimostrare quanto vale, magari in un modo totalmente diverso da quello che loro si immaginano.
Per sua madre, invece, è come se Eva avesse la sua vita futura proiettata sulla fronte.
Parla sempre di lei come di qualcuno che non farà mai niente di importante e vivrà sulle spalle di qualcun altro.
Lei è convinta che il motivo principale per cui sua sorella ha abbandonato la scuola ed ha cercato dei lavori totalmente diversi da quelli che i suoi genitori si aspettavano, è sua madre.
Loren è convinta che la colpa sia nel fatto che Eva, quando il padre se ne è andato, si è depressa e non ha più avuto voglia di fare nulla.
Elettra non è d’accordo.
Eva non è mai stata una buona studentessa.
Era sempre in punizione e ricevevano sempre lettere dai professori per le sue insufficienze.
E questo da molto prima che i loro genitori si separassero.
Secondo lei, sua sorella ha sempre desiderato trovare un modo per sfuggire al controllo di sua madre.
Sin da piccola, ricorda che le piaceva fare il contrario di qualsiasi cosa sua madre le dicesse.
Quando Loren tentò di inscriverla a danza, lei espresse un’improvvisa infatuazione per la pallavolo.
Un Natale le regalò un violino. Lei lo vendette per comprarsi una chitarra elettrica.
Loren si era poi arresa, rallegrandosi del fatto che almeno la sorella più piccola le desse molte soddisfazioni.
Eva, però, continuava a vivere in modo opposto a quello insegnatole da sua madre.
“Elettra” la chiama quest’ultima, guardandola negli occhi “nessun uomo di successo si innamora di una ragazza che fa la commessa in un negozio di vestiti”. 
Ed eccolo di nuovo, l’ennesimo insegnamento di vita di sua madre: bisogna essere di successo per potersi permettere una vita di successo.
Elettra, come sempre in quei casi, annuisce e le fa capire che è d’accordo.
Non si sognerebbe mai di contraddirla su una cosa del genere.
“Tu, piuttosto” Loren torna più affabile, sorseggiando la sua tisana mentre parla “che fai oggi?”.
“Vado in biblioteca” risponde lei.
“Anche oggi?” la madre posa la tisana.
“Devo scrivere un nuovo articolo, mà” le spiega lei “ed ho bisogno di trovare più informazioni possibili”.
“Sei stressata” prosegue la donna “soffri ancora di attacchi di panico?”.
“Cosa?” Elettra aggrotta le sopracciglia “perché me lo chiedi?”.
“Non voglio vederti troppo stressata, tesoro” le dice la mamma “ho paura che tu stia esagerando con lo studio”.
Elettra fa una risatina nervosa.
“Sto bene” la rassicura “non posso sprecare un’estate. Devo migliorare come scrittrice, altrimenti non sarò mai una giornalista”.
Loren annuisce lentamente.
“E’ solo che …” esita “non vorrei che io e tuo padre ti avessimo inculcato troppo l’idea del successo. Mi ricordo cosa ti diceva sempre: ‘tenta di essere sempre la migliore nella stanza’. Magari pensi che questa sia la sola cosa importante e …”.
Elettra smette di ascoltarla.
Sa che in realtà sta incolpando solo suo padre.
Non nomina mai il suo ex marito.
Quando lo fa, non dice mai ‘lui’ ma ‘noi’. Comunque non fa differenza, lei sa che in realtà si riferisce solo a lui.
“Papà mi ha insegnato a vincere” le dice, a voce bassa ma decisa “e questo non potrà mai essere un cattivo insegnamento”.
“Dipende da come lo interpreti, El” le risponde dolcemente sua madre “non voglio che pensi che se non vinci non ti vogliamo più bene. Non voglio che tu lo faccia solo per lui”.
“Non lo faccio per lui. Che stai dicendo?” la ragazza alza la voce e Loren capisce di aver esagerato.
Elettra non si arrabbia mai. È la sua figlia perfetta.
L’unica pecca è che non si accorge di quanto suo padre non sia interessato a lei. Di quanto poco valga in realtà.
Lei non vuole disilluderla, ma non vuole neanche che viva nell’illusione di un padre che in realtà non esiste.
“Mi fido di te, tesoro” riprende con più calma “mi raccomando, non esagerare”.
Elettra sembra più tranquilla.
Le sorride.
“Almeno hai quel ragazzo a distrarti. Come si chiama? Edward? Perché non lo porti a cena lunedì?”.
“Mamma …” Elettra tenta di farsi venire in mente una scusa.
“Lunedì è perfetto” continua Loren, imperterrita “io sono a casa e Eva lavora quindi tornerà di sicuro a casa per la cena”.
“Va bene” cede lei “glielo proporrò”.
“Non accetto un no come risposta!” scherza sua madre, ma non del tutto.
 
 
Elettra arriva in biblioteca intorno alle dieci.
L’autobus è passato tardi, per cui ora deve sbrigarsi o dovrà passare l’intera giornata lì.
L’edificio antico è circondato da un prato molto curato che Elettra adora.
Quando non deve usare i computer che si trovano all’interno, si siede sull’erba a studiare.
In quel periodo ci sono solo un paio di ragazzi, tre al massimo, che leggono romanzi sotto gli alberi o al sole estivo.
Quando era più piccola anche lei passava l’estate a divorare libri sulle panchine esterne della biblioteca.
Li leggeva così velocemente che rimaneva nei paraggi per poter rientrare appena finito e prenderne in prestito un altro.
Ora non ha più tempo per farlo, o almeno non così spesso.
Quando non studia e non lavora a nessun articolo, ne approfitta per uscire con Edward. Ma deve ammettere che un po’ le manca quella pratica così interessante.
In quel posto si sente come a casa.
Chiunque è lì, soprattutto d’estate, condivide la sua passione per i libri.
Nessuno la guarda male o la giudica se passa le ore a sfogliare pagine senza mai stancarsi.
Respira, ad occhi chiusi, l’aroma di erba tagliata da poco ed entra nella biblioteca.
All’interno non c’è quasi nessuno.
La bibliotecaria la saluta, cordiale.
Le fa un paio di domande su sua madre, la quale frequenta spesso quel posto a sua volta, e poi le augura buon lavoro.
L’angolo computer è praticamente vuoto, tranne che per una ragazza che sta controllando la sua chat e di Facebook e Miles, un insopportabile ragazzo della sua scuola.
Elettra si siede al suo solito posto, sperando che lui non la noti.
Il ragazzo, però, volta la testa verso di lei ed alza una mano, facendole segno di aspettare, mentre continua a digitare tasti sulla tastiera.
Elettra alza gli occhi al cielo e spera che lui si dimentichi della sua presenza.
Apre poi internet e cerca l’articolo sui funghi della rivista scientifica.
Lo legge un paio di volte, cercando di capirlo fino in fondo.
Non riesce a trovarci nulla di interessante.
Quel giornalista è decisamente pazzo.
Cerca informazioni sulla nutrizione, poi su piante e verdure, infine sui funghi in particolare.
Niente conferma quello che è scritto sull’articolo.
I funghi fanno bene, sì, ma decisamente non sono fondamentali.
Cerca saggi di alcuni nutrizionisti famosi e allergie legati ai funghi.
Legge pagine e pagine di informazioni su quel cibo.
Finalmente trova alcuni atleti intolleranti ai funghi.
Comincia a buttar giù qualche idea e scrive l’introduzione del suo articolo.
Tira fuori dalla borsa una bottiglietta d’acqua minerale e la sorseggia mentre ticchetta con le dita sulla tastiera.
Dopo un paio di minuti si alza, si dirige al reparto enciclopedie e raccoglie una pila di libri che pensa possano esserle utile.
Torna alla postazione e ricomincia a scrivere.
“Buongiorno” una voce la sorprende alle spalle.
“Miles, non ho tempo” risponde senza neanche voltarsi, continuando a scrivere.
“Siamo gli unici a lavorare in questo periodo” continua lui, sedendosi accanto a lei “possiamo anche permetterci una pausa”.
“No” Elettra scuote la testa e sfoglia le pagine di uno dei libri.
“E’ scientificamente provato che pause di quindici minuti ogni quarantacinque minuti di studio lo rendono più efficace” insiste lui “prendiamoci un caffè da quindici minuti”.
Miles è un genio della matematica.
Un anno fa ha creato il suo primo algoritmo per computer, ma l’ha ritenuto troppo semplicistico e distrutto.
È in continuo sviluppo e tenta perennemente di informarsi su qualsiasi cosa gli capiti.
Un paio di anni fa si erano trovati entrambi nello stesso progetto extracurricolare.
In una delle discussioni intavolate dagli insegnanti, riguardante etica e religioni, si erano confrontati per la prima volta.
Erano entrambi talmente convinti delle loro posizioni che ognuno tentò a tutti i costi di convincere l’altro di avere ragione per una buon mezz’ora.
Miles era subito rimasto colpito da Elettra, così bella e allo stesso tempo così intelligente.
Si erano rincontrati spesso.
Erano entrambi dei giovani geni e si presentavano entrambi a qualsiasi progetto scolastico.
Miles aveva il vizio di primeggiare e far sentire gli altri inferiori.
Approfittava del fatto che spesso era più informato dei professori stessi su svariati argomenti e confutava le opinioni di chiunque con una valanga di fatti ad avvalorare le sue tesi.
Elettra però, sebbene con un carattere decisamente più delicato e discreto, non si faceva mettere i piedi in testa.
Per la prima volta, Miles aveva trovato qualcuno capace di rispondergli a dovere, qualcuno con cui poter essere in competizione davvero.
Si era innamorato subito, e da quel giorno non faceva altro che tentare di conquistarla.
Il suo carattere, però, non lo aiutava.
Era sempre proiettato verso il futuro, si annoiava facilmente e non era capace di star zitto in nessuna situazione.
Ad Elettra, invece, erano bastate un paio d’ore per capire che non era il suo tipo di ragazzo.
Era molto intelligente, certo, ma la sua saccenteria la faceva innervosire.
Era stimolante discutere con lui in un dibattito, ma non avrebbe mai sopportato di uscirci a cena.
Inoltre, non le piaceva come trattava le ragazze.
Non che le maltrattasse, ma spesso le faceva piangere comunque.
Alcune rimanevano colpite dalla sua intelligenza e se ne infatuavano, ma lui riusciva sempre a rendere ogni appuntamento un inferno.
Cercava qualcuno alla sua altezza e appena una ragazza parlava con lui, la ridicolizzava per la su scarsa cultura.
Non era di certo un gentiluomo.
“Miles, sono fidanzata lo sai” gli ricorda, con aria annoiata.
“Ancora?” si meraviglia lui “wow, quant’è? Cinque mesi, ormai? Non pensavo sarebbe durata tanto!”.
Elettra smette di scrivere e si volta a guardarlo con rabbia.
“Non so come fai” continua lui, sospirando “un ragazzo a malapena nella media, per una ragazza decisamente sopra la media”.
Miles si era informato alla perfezione su Edward.
Inizialmente aveva pensato che Elettra semplicemente non volesse fidanzarsi per non distrarsi dallo studio.
Per lui era completamente comprensibile.
Anche perché capiva che le altre ragazze potessero essere inibite dalle sue capacità, ma non riusciva a trovare un singolo motivo per cui Elettra non potesse desiderare di stare con lui.
Erano così intelligenti, così pieni di potenzialità, così simili. Erano praticamente fatti per stare insieme.
Poi, cinque mesi prima, l’aveva vista abbracciata ad un ragazzo.
Lo aveva cercato su ogni social, scandagliando ogni suo account per tracciare un profilo di quell’individuo così anonimo.
Le sue paure erano state confermate: non era niente di speciale.
Era uno studente mediocre, non faceva nulla dopo la scuola, in pratica un perfetto signor nessuno.
Come aveva potuto preferire un signor nessuno a lui, un giovane genio?
Erano cinque mesi che cercava una risposta a questa domanda, ma nel frattempo non aveva smesso di tentare.
In fondo si incontravano praticamente ogni giorno lì in biblioteca. Posto che, ne era sicuro, Edward non aveva mai visto neanche in foto.
“Sai, ho scoperto una cosa incredibile” gli dice Elettra, la cui attenzione è stata ormai totalmente catturata a causa del commento sul suo ragazzo “si chiama amore. So che non sai cos’è. Non preoccuparti. Potrai sicuramente informarti al riguardo, no? Non c’è solo la scuola. Ci sono milioni di cose al mondo e, fidati, la scuola non è l’unica importante”.
“Dillo a te stessa!” la rimbecca lui “bel discorso, complimenti, ma so che non lo pensi davvero. Nega quanto ti pare, ma ti conosco abbastanza da sapere che anche per te la scuola è ciò che conta di più”.
Elettra non risponde.
Vorrebbe replicare, ma le sua parole le hanno provocato un leggero brivido dietro la schiena.
È convinta di quello che ha detto, ma sente anche che Miles ha ragione.
In fondo è vero che per lei la scuola è fondamentale.
Non sa come può rispondere a quel dato di fatto.
Non vuole mentire, ma allo stesso tempo ha paura di confermare la teoria di Miles.
“Perché non scopri cosa vuol dire stare con qualcuno come te?” prosegue il ragazzo “con uno che sa cosa vuol dire studiare anche d’estate? Con cui discutere di argomenti che non riguardino esclusivamente il tempo?”.
Elettra sbuffa.
“E tu perché non cerchi qualcuno single a cui proporre cose del genere?” replica.
“Perché nessuno è attraente come te, né altrettanto intelligente” risponde pronto lui “almeno io punto a qualcuno alla mia altezza”.
“Sei estremamente presuntuoso, Miles” commenta lei, tornando a concentrarsi sul suo articolo “ne sei almeno consapevole?”.
“Sono realista, Elettra” il ragazzo scuote la testa e sorride “non lo direi se non sapessi con certezza che è la verità”.
Elettra si stringe nelle spalle.
“Suppongo tu partecipi al progetto Summer School organizzato quest’anno” Miles decide di cambiare discorso.
“Lo sto valutando” risponde Elettra, scostante.
In realtà ha deciso di andarci nel momento stesso in cui ne ha sentito parlare.
Si tratta di due settimane in cui i migliori studenti di tutti i licei della regione hanno la possibilità di studiare e lavorare su ciò che più li appassiona.
“Che c’è, hai paura a lasciare Eddino da solo per un paio di settimane?” Miles fa una sarcastica voce stridula “non dirmi che sacrifichi la tua carriera per questo”.
“Carriera? Forse stai un po’ esagerando” Elettra inarca un sopracciglio “è solo un corso estivo”.
“Se lo dici tu” lui scrolla le spalle.
“Hai tutto questo tempo da perdere tu?” gli domanda improvvisamente Elettra, tentando invano di concentrarsi sul suo lavoro.
“Sì” Miles sorride “io non devo scrivere articoli pallosi per un capo irrealizzato”.
“Già, beato te” replica lei, ironica.
“Funghi, eh?” Miles legge il titolo sul computer della ragazza e scoppia a ridere “Wow!”.
“Vattene, Miles” gli intima Elettra, innervosita.
“Non te la prendere” lui smette di ridere “non ridevo mica di te. Mi fa ridere la situazione: una delle migliori scrittrici emergenti che ci sono in circolazione e questi sono gli argomenti che ti fanno trattare. Sai perfettamente anche tu che meriti di meglio”.
“Sì, beh, cosa proporresti di fare?” sbotta lei.
“Ma rifiutati, cazzo!” esclama lui “quelli sarebbero persi senza di te. Pretendi di scrivere qualcosa di meglio! Imponiti! Vedrai come ti daranno retta”.
“Non lo posso fare” lei scuote la testa, ma ha smesso di ignorarlo “Sarah mi caccerebbe senza batter ciglio”.
“Chi? Quella bionda fallita?” Miles alza gli occhi al cielo “campa sulle tue spalle, Elettra. Non dovresti permetterglielo!”.
“Sai, non siamo poi così uguali” le spiega lei, sommessamente “io sono disposta a sopportare alcune ingiustizie pur di arrivare in alto. Non pretendo tutto e subito”.
“Io lo pretendo perché so che me lo merito” insiste lui.
“Purtroppo il successo non dipende solo dal merito” mormora lei “bisogna sottostare e sopportare, la maggior parte delle volte. Ma ci si arriva. L’importante è non mollare. La perseveranza è un mezzo potente”.
“Vedremo chi ha ragione” conclude Miles, alzandosi “torno a lavoro”.
Lei annuisce distrattamente, di nuovo completamente assorbita dal suo lavoro.
 
 
Quella sera Elettra rimane sdraiata sul letto a fissare il soffitto, esausta.
Era rimasta in biblioteca fino alle sei del pomeriggio, ed era quasi riuscita a terminare l’articolo.
Una volta tornata a casa aveva cenato da sola con un panino al prosciutto e si era lasciata cadere sul letto della sua stanza subito dopo.
Eva l’aveva chiamata per avvisarla che con Christian, così si chiamava l’uomo delle cravatte, andava tutto a meraviglia e che sarebbe rimasta a dormire ‘da un’amica’ anche quella notte.
La madre ha lezione all’università fino alle otto, quindi lei è completamente sola.
Vorrebbe approfittare del silenzio per fare mille cose, ma è così stanca che non riesce ad alzarsi.
Si era trovata sul telefono un paio di chiamate perse da Edward e si era ripromessa di chiamarlo più tardi.
“Devo prepararmi le cose per domani” ricorda a sé stessa ad alta voce.
Parla spesso ad alta voce quando è da sola.
Le piace sentire la sua voce spesso, per imparare a modulare bene l’intonazione.
In più, ritiene che parlare ad alta voce l’aiuti ad organizzare il caos di idee che ha nella testa.
“Lo farò domani mattina” decide, stiracchiandosi per poi tornare alla stessa identica posizione di prima “sono troppo stanca ora”.
Sente la porta d’ingresso aprirsi e richiudersi al piano di sotto.
Controlla l’orologio che ha al polso.
Sono già le nove.
Percepisce il passo frettoloso di sua madre che passa in salotto e poi sale le scale.
La testa di Loren sbuca dall’uscio della sua stanza.
“Tutto bene?” le chiede.
“Sì” risponde la ragazza “sì, sono solo un po’ stanca”.
“Tutto bene in biblioteca?” si informa sua madre “l’articolo come procede?”.
“Bene” conferma Elettra “sto facendo progressi”.
“Sei esausta, vero?” Loren sorride alla voce debole della figlia.
“Mhmh” lei annuisce.
“Anch’io” la madre si siede sul letto vicino a lei “abbiamo parlato di Marx oggi. Nella sala c’erano duecentoventi studenti e riuscivo a percepire che nessuno di loro mi stava seguendo. Ad un certo punto ha smesso di seguirmi anch’io. Andavo avanti a dire frasi filosofiche con il pilota automatico, mentre sognavo ad occhi aperti la torta al cioccolato avanzata che è nel frigo”.
“Uh, l’ho assaggiata” la interrompe lei “è davvero buona”.
“Vero?” la madre le accarezza una ciocca di capelli, gesto che fa da quando lei aveva due anni “l’ho presa al supermercato qui vicino al reparto forno. La prossima volta prendo i biscotti alla menta”.
“Non mi piace la menta” si lamenta Elettra.
Quando la mamma la coccola così, torna quasi ad essere una bambina.
“Lo so” la tranquillizza dolcemente la madre “a te li prendo al cacao, non ti preoccupare”.
Lei sorride e chiude gli occhi.
“Ho sonno” mormora, sbadigliando.
“Mettiti a letto” le consiglia Loren “ma prima, hai avvisato Edward della cena di lunedì?”.
La ragazza fa un mugolio scocciato, mantenendo gli occhi chiusi.
“Elettra, su!” la rimprovera lei “chiamalo e diglielo, forza”.
“Va bene” cede lei “lo chiamo domani”.
“No, lo chiami ora” le ordina sua madre “altrimenti so che non lo farai più”.
“Uffa!” Elettra si solleva controvoglia e afferra il telefono.
“Brava” Loren le da un bacio affettuoso sulla guancia “vado a farmi una doccia”.
Esce dalla stanza e chiude la porta.
Elettra digita il numero di telefono di Edward e attende.
“El!” il ragazzo risponde al primo squillo.
“Eddie, ciao” lei sorride sentendo la sua voce “scusa se non ti ho risposto oggi pomeriggio. Stavo lavorando e avevo il silenzioso. Che volevi dirmi? Va tutto bene?”.
“Ma si, tranquilla” la rassicura lui “anzi, scusami tu se ti ho disturbato. Mi mancavi e avevo voglia di sentirti, tutto qui. Ho pensato dopo che avrei potuto deconcentrarti, scusami tanto”.
“Ma no” Elettra ride “non scusarti! Sei stato tenero. Sono io la stronza che ti ha ignorato. Comunque, come mai ti mancavo? Che hai fatto oggi?”.
“Niente di che” risponde Edward “ho visto la prima stagione di quella serie tv di cui ti avevo parlato, quella ambientata nel futuro. E, tra parentesi, avevo ragione: ti piacerebbe da morire. Dovresti decisamente vederla”.
“Ed, lo sai che non mi piacciono” gli ricorda lei.
“Lo so, lo so” insiste lui “ma ti dico che questa serie di piacerebbe davvero! Me l’ha consigliata papà e, a quanto ho capito, avete gusti simili, no?”.
“Beh, suppongo di si” deve ammettere Elettra “non lo so, Eddie. Va bene, ti assicuro che ci proverò, ma non ti prometto niente”.
“Mi basta” accetta Edward “semmai ce la vediamo insieme un giorno”.
“D’accordo” acconsente lei “ ma se non mi piace lasciamo perdere”.
“Ok, ok, lo giuro” Elettra è sicura che abbia alzato gli occhi al cielo dall’altra parte della cornetta “però dalle una possibilità, altrimenti è tutto inutile. Comunque, per il resto del tempo ho visto alcuni video divertenti su internet, tra cui uno di un gattino che assomigliava troppo a te, ed ho giocato un po’ con la Xbox. Tu che hai fatto in biblioteca?”.
“Niente di interessante” risponde lei “ti ho detto che Sarah mi ha dato questo nuovo articolo su cui lavorare. I funghi, no? Insomma, ho tentato di renderlo il più interessante possibile, ma è così difficile! Se avessi un giornale, so con certezza che eviterei di leggere una notizia del genere. Non interessa a nessuno. Posso solo sperare che il lettori appassionati al mio modo di scrivere lo leggano comunque, altrimenti sono spacciata. Ho scritto qualcosa di decente, eh. Ma niente di che. Quel giornalista è completamente fuori di testa! Si capisce da come scrive. Non è stupido, certo, ma dice cose quasi inquietanti.
Te l’ho detto che definisce chi non mangia i funghi un ‘essere inferiore’?”.
“A me non piacciono i funghi” commenta Ed, offeso.
“Ecco” ridacchia lei “ti sembra normale? Per questo penso che imposterò l’interno articolo come una critica nei confronti delle sue tesi decisamente confutabili. Spero venga bene”.
“Sarà splendido come sempre, El” la rassicura lui “su questo non ci sono dubbi. Piuttosto, scommetto che eri l’unica a frequentare la biblioteca a giugno!”.
“Nah” Elettra si finge offesa “c’erano altre persone. Saremmo stati minimo cinque”.
“Wow! Praticamente una folla” scherza Ed.
“Smettila!” ride lei.
Non gli racconta di Miles.
Non vuole nascondergli nulla, ma non vuole neanche che lui pensi di avere concorrenza.
Tanto non ce l’ha.
Lei è felicissima di stare con lui e non lo scambierebbe con tutti i Miles del mondo, perciò gli darebbe solo una preoccupazione inutile.
Che ci sia un secondo motivo per cui omette la sua conversazione con Miles?
Sicuramente no.
Forse non vuole riferirgli cosa le aveva detto il ragazzo?
Beh, certo che non vuole.
Non vuole che Eddie si senta insultato da Miles solo perché non passa gli anni interi in biblioteca.
Ha paura che si senta davvero inferiore.
Anche perché non saprebbe come rassicurarlo, avrebbe paura di non essere credibile.
Ma se ci crede davvero, perché mai non dovrebbe esserlo?
Che lo consideri anche lei inferiore?
No, lei lo considera fantastico, il ragazzo ideale.
Ma un’idea continua a tentare di insinuarsi nella sua testa.
Se fosse sicura di quello che dice, riuscirebbe senza dubbio a convincerlo.
Se ha paura di fallire, è perché è lei stessa a nutrire dei dubbi.
Comunque, non importa.
Non glielo dirà perché in fondo non c’è niente da dire.
Miles è un pallone gonfiato. Qualcuno con cui le sarebbe impossibile condividere qualcosa in più di un’interessante conversazione.
E anche i suoi discorsi su di lei non volevano dire nulla.
Erano solo i tentativi fallimentari di flirt da parte di un ragazzo infatuato.
“Senti, Ed” Elettra ricorda le parole di sua madre “mamma vorrebbe invitarti a cena qui a casa, lunedì prossimo. Ma non c’è ancora niente di deciso, eh. Possiamo disdire quando vuoi”.
“Disdire?” ripete Edward “ma assolutamente no! Anzi, non vedo l’ora. Finalmente conoscerò la tua famiglia”.
“Beh, solo mia madre e mia sorella” rettifica Elettra.
“Sì, hai ragione” esita lui, sapendo che per lei parlare del padre è difficile “ma sono comunque al settimo cielo. Non vedo l’ora sia lunedì”.
La ragazza, approfittando del fatto che nessuno può vederla, alza teatralmente gli occhi al cielo e finge di infilarsi un pugnale nello stomaco.
“Mi fa piacere che sei contento” esclama poi, tentando di non suonare troppo falsa “allora, ci sentiamo domani?”.
“Certo” conferma lui “ah, a proposito. Papà mi ha detto di dirti che domani ti passa a prendere a casa. Gli ho dato l’indirizzo. Così non devi venire fino da noi con l’autobus!”.
“Wow, grazie mille” commenta lei stupita, consapevole che questo per lui significherà un bel po’ di strada in più “è davvero fantastico”.
Si salutano subito dopo.
Elettra è terribilmente grata a John per quella cortesia, anche se non le sarebbe costato nulla arrivare fin lì con l’autobus.
E’ abituata ad utilizzare i mezzi pubblici, e svegliarsi presto le dà la sensazione di essere produttiva.
All’improvviso si sente in colpa per tutto il tempo extra che John dovrà passare in macchina per colpa sua.
Dovrebbe rifiutare?
In fondo non le pesa, quindi non le servirebbe.
No, sarebbe maleducato rifiutare un’offerta del genere.
L’unica cosa che farà sarà ringraziarlo non appena si vedranno, decide.

  
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