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Autore: clif    08/02/2018    3 recensioni
-Ecco a lei, signora. Una bambina bellissima- Disse la signora Cole, porgendole il fagotto. La puzza di sigaretta poteva sentirsi chiaramente provenire da lei. Era evidente fosse un posto terribile dove far crescere dei bambini. Se fosse stata abbastanza lucida, si sarebbe rammaricata del luogo dove avrebbe lasciato la sua piccola, ma in quel momento era a malapena in grado di fare pensieri coerenti.
-Come intende chiamarla?- Le domandò la donna. Nonostante la nota dolce, si poteva sentire il tono seccato: la gentilezza era tutta una maschera. Probabilmente era desiderosa di scaricare il fagotto in qualche culla e tornare a fumare o bere. Merope però era troppo concentrata sulla domanda per notarlo: il nome? Non aveva mai pensato ad un nome.
-Nicole... Merope... Nicole Merope Mikaelson- Queste furono le ultime parole di Merope Gaunt. La fatica aveva preso un forte pedaggio sul suo corpo negli ultimi mesi e il parto fu la sua ultima fatica. Avrebbe potuto salvarsi usando la magia, ma era mentalmente troppo distrutta per andare avanti. Sapeva di essere egoista ad abbandonare la figlia, ma non poteva fare altro. Pregò solamente, un secondo prima di spirare, che la sua vita sarebbe stata felice a differenza della sua.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: Cross-over | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Più contesti
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Orfanotrofio Lana.

Merope Gaunt era giunta al limite. Non poteva più andare avanti. Era ormai sfinita sia fisicamente che emotivamente. La sua intera vita era stata un susseguirsi di delusioni e di abusi. Non aveva mai provato amore verso nessuno e nessuno, tanto meno la sua famiglia, lo aveva provato verso di lei.

Anni di abusi (sia fisici che psicologici) avevano lasciato un segno indelebile sulla sua anima e sul suo aspetto. Era brutta. Lo sapeva e suo padre non mancava mai di ricordarglielo. Nessuno avrebbe mai provato a toccarla, tranne suo fratello Orfin quando, ubriaco o altro, la toccava in maniera che non avrebbe mai dovuto fare con una sorella.

L'inferno durò per i primi diciotto anni della sua vita, poi avvenne il miracolo. Perchè solo in quel modo lei poteva chiamarlo. Orvoloson, suo padre, e Orfin vennero arrestati dagli Auror inviati dal ministero della magia per aver aggredito e maledetto con pericolosi incantesimi una famiglia di babbani che viveva nel loro stesso villaggio.

Già. Un altro particolare da non trascurare era questo: i Gaunt erano una famiglia di maghi. Molto antica e potente. Anche se per quanto riguarda la seconda, lo era un tempo. Negli ultimi secoli, il loro patrimonio famigliare era stato rapidamente sperperato, lasciando i tre soli membri del clan a vivere nella povertà più assoluta, in una baracca in un villaggio praticamente sconosciuto di babbani (nome che viene attribuito a coloro privi di magia).

Nonostante il loro stato sociale, però, Orvoloson ancora manteneva due preziosissime reliquie di famiglia dal valore inestimabile: Il medaglione del grande mago Salazar Serpeverde (loro antenato) e l'anello dell'altro grande mago Cadmus Peverell (anch'esso loro antenato). L'uomo avrebbe preferito restare nella fame più nera o vendere la sua stessa figlia (Merope sapeva che non avrebbe esitato un secondo) piuttosto che dare via uno di essi.

Così, alla fine, dopo una vita di soprusi, era libera. Probabilmente i due sarebbero rimasti ad Azkaban (la prigione dei maghi) per massimo un anno, ma lei non aveva alcuna intenzione di aspettare il loro ritorno. Era sempre stata succube e mite con loro due in giro, e ora che non c'erano più era come se delle catene si fossero spezzate. Avrebbe potuto fare ciò che voleva, avrebbe potuto coronare il suo sogno segreto.

Da alcuni mesi aveva sviluppato una forte cotta, quasi ossessione si poteva chiamare, per un signorotto ospite al maniero della famiglia Riddle, gli stessi babbani (con la memoria accuratamente cancellata) che la sua famiglia aveva attaccato. Klaus Mikaelson era il suo nome, ma per il resto la sua identità era avvolta dal mistero.

In un piccolo villaggio come il loro i pettegolezzi erano frequenti quando le poche novità avvenivano. Così le voci corsero dalle più strane alle più fantasiose: alcuni sostenevano fosse un loro lontano parente, altri ritenevano fosse un pericoloso ricercato che aveva corrotto i Riddle per nasconderlo alle autorità. Il fatto che la famiglia, per qualche motivo, si rifiutasse di parlarne non faceva altro che accrescere le voci.

Merope attese il momento ideale per poterlo avvicinare. Quel momento fu quando Klaus e Tom, rampollo dei Riddle, dopo una passeggiata a cavallo fecero una piccola sosta proprio vicino alla sua baracca. La giovane strega era cosciente di non poterlo mai attrarre con il suo aspetto, decise così di utilizzare un altro metodo.

La sua coscienza le urlò che fosse sbagliato ciò che stava per fare, ma il suo egoismo vinse la battaglia: desiderava solo un momento di felicità. Non meritavano tutti questo dono? Così, dopo settimane di lavoro, preparò la pozione che avrebbe potuto aiutarla: l'amortenzia, la pozione d'amore più forte al mondo.  

Non aveva mai avuto grandi abilità nella magia, cosa che il fratello e il padre non perdevano occasione per ricordarle, chiamandola ripetutamente "stupida magonò" (mago o strega incapace di incanalare la propria magia o avendola troppo debole per poterla utilizzare), però si riscoprì abile nella lavorazione delle pozioni.

Approfittando del fatto che passasse facilmente inosservata (per la prima volta fu una cosa positiva) riuscì a mettere un po' di pozione nella bevanda rinfrescante dell'uomo. C'era riuscita. Non poteva crederci. Nella sua ingenuità pensò che adesso l'avrebbe sposata, portata via con se e avrebbero vissuto per sempre insieme. Sarebbe stata finalmente felice. Non avrebbe più dovuto sperimentare il dolore.

L'illusione durò per una sola notte. Una notte favolosa, dovette ammettere dentro di se la strega. L'effetto dell'amortenzia aveva spinto Klaus a raggiungerla nella sua baracca, dove avevano passato una notte di intensa passione. L'illusione venne infranta alle prime luci dell'alba. Delle forti convulsioni presero Klaus, tanto che spaventarono Merope, ma la vera paura venne quando gli attacchi finirono e la guardò negli occhi.

-Dimmi un po', amore. Credevi fosse intelligente maledirmi con i tuoi trucchetti da piccola strega?!- Domandò lui, con un tomo di voce tanto gelido da darle i brividi. Non poteva crederci: il suo organismo aveva appena eliminato la pozione. Nessun babbano avrebbe mai potuto fare una cosa del genere.

L'effetto sarebbe dovuto durare per tre giorni, ma lui lo aveva eliminato in meno di 12 ore. Neanche i maghi erano in grado di fare una cosa simile. Anche nei rari casi in cui gli individui magici avessero perfezionato l'occlumanzia (l'arte del proteggere la propria mente) avevano bisogno in seguito di un antidoto per poterla espellere del tutto. La risposta al suo dilemma fu presto trovata.

-Cos... Tu...- Balbettò Merope, non potendo neanche terminare la frase. Gli occhi dell'uomo si erano tinti di rosso e i suoi denti erano diventate zanne affilate. Non era umano. Qualunque creatura fosse, aveva una sorta di immunità a tale tipo di controllo, Prima che avesse modo di difendersi (difficile a farsi in realtà), le fu addosso.

Prese a stringerle il collo ferocemente. Venne subito presa dal panico a causa della mancanza d'aria, ma non potè fare nulla per liberarsi, e presto il mondo le divenne nero. Si risvegliò qualche tempo dopo. Il sole alto nel cielo indicava fossero trascorse solo poche ore. Klaus non era più lì. Sorprendentemente non l'aveva uccisa. Qualunque creatura fosse, si era dimostrato molto più misericordioso di un Gaunt.

Ciononostante, quella notte non fu senza conseguenze. Infatti, Merope si accorse presto di essere incinta. Klaus non lo aveva più visto da allora, e in ogni caso, avrebbe preferito non informarlo di ciò: non sapeva come avrebbe potuto prendere la notizia. L'aveva risparmiata la prima volta, ma preferì non sfidare la sorte, era comunque una qualche specie di mostro.

Ma anche restare lì era da escludere: suo padre sarebbe uscito di prigione in meno di nove mesi (il fratello anche meno, probabilmente) e non poteva farsi trovare da lui. L'avrebbe sicuramente uccisa per portare in grembo un piccolo abominio impuro. La sua famiglia era sempre stata fissata dalla superiorità dei maghi su qualunque altro essere vivente sul pianeta. Anche coloro che erano maghi solo in parte, come sarà suo figlio.

Ed ora eccola lì. Nell'agonia più grande che avesse mai provato. Stava partorendo in uno squallido stanzino di un orfanotrofio ancora più squallido e questo era nulla in confronto ai nove mesi di inferno che aveva trascorso per le strade di Londra. Senza soldi e con poco cibo per sopravvivere. Era stata costretta a vendere il medaglione di famiglia (il padre l'avrebbe uccisa sul serio questa volta) a pochi soldi per poter sopravvivere.

-Spinga più forte, signora! Ci siamo quasi!- La incoraggiò la matrona dell'orfanotrofio. Signora Cole, se Merope ricordava bene. L'agonia andò avanti per un'altra mezz'ora. Fino a quando l'urlo di un neonato non risuonò per la piccola stanza. Alla strega ebbe l'effetto di un colpo di pistola: suo figlio era nato. anzi... sua figlia.

-Ecco a lei, signora. Una bambina bellissima- Disse la signora Cole, porgendole il fagotto. La puzza di sigaretta poteva sentirsi chiaramente provenire da lei. Era evidente fosse un posto terribile dove far crescere dei bambini. Se fosse stata abbastanza lucida, si sarebbe rammaricata del luogo dove avrebbe lasciato la sua piccola, ma in quel momento era a malapena in grado di fare pensieri coerenti. Le rimaneva poco tempo.

-Come intende chiamarla?- Le domandò la donna. Nonostante la nota dolce, si poteva sentire il tono seccato: la gentilezza era tutta una maschera. Probabilmente era desiderosa di scaricare il fagotto in qualche culla e tornare a fumare o bere. Merope però era troppo concentrata sulla domanda per notarlo: il nome? Non aveva mai pensato ad un nome.

Si soffermò qualche istante a riflettere. In quelle poche ore che era stato sotto l'effetto dell'Amortenzia, il padre di sua figlia le aveva rivelato che il suo nome completo fosse "Niklaus". Inoltre, seppur desiderasse che la piccola prendesse tutto dal padre (inumano o no, era meglio del suo incestuoso ramo materno), voleva anche che mantenesse qualcosa di lei. Era al corrente non avesse più molto tempo.

-Nicole... Merope... Nicole Merope Mikaelson- Queste furono le ultime parole di Merope Gaunt. La fatica aveva preso un forte pedaggio sul suo corpo negli ultimi mesi e il parto fu la sua ultima fatica. Avrebbe potuto salvarsi usando la magia, ma era mentalmente troppo distrutta per andare avanti. Sapeva di essere egoista ad abbandonare la figlia, ma non poteva fare altro. Pregò solamente, un secondo prima di spirare, che la sua vita sarebbe stata felice a differenza della sua.

Oceano Atlantico nei pressi dell'America.

Niklaus Mikaelson, meglio conosciuto come "Klaus", era furioso. Anche ora, mentre poteva letteralmente vedere le coste dell'America, non poteva fare a meno che pensare a ciò che era successo quasi un anno prima in Inghilterra. Lui, uno dei vampiri più antichi e potenti al mondo insieme al resto della sua famiglia, era stato ingannato da una streghetta da strapazzo.

Se i suoi fratelli lo fossero venuti a sapere lo avrebbero deriso in eterno. D'ora in poi non avrebbe abbassato la guardia neanche mentre beveva un sorso d'acqua. Aveva imparato la lezione. Ciò che sorprendeva anche se stesso era il fatto che l'avesse lasciata in vita. Forse, nonostante la sua natura, aveva ancora un po' di umanità in se.

La ragazza era abusata e rotta dal padre e il fratello. Lo aveva notato, seppur l'aveva vista per alcuni mesi solo di sfuggita. A causa di suo padre Mikael (l'unico individuo che temeva e che più odiava) aveva deciso di lasciare la Spagna (luogo dove poco prima sostava) e nascondersi in Gran Bretagna per qualche tempo.

Aveva trovato un piccolo villaggio chiamato Little Hangleton e, grazie alla compulsione (capacità che hanno i vampiri di controllare la mente) aveva convinto una famiglia benestante del luogo, i Riddle, di ospitarlo e di non parlare a nessun altro di lui. Restò lì per alcuni mesi, fino al giorno in cui venne stregato da quella pozione.

In qualsiasi altro caso avrebbe ucciso brutalmente l'artefice di tale crimine, dopo averlo torturato a lungo ovviamente, ma questa volta ebbe pietà: il modo in cui era stata trattata gli ricordava troppo il suo passato da umano. Inoltre non c'era motivo d insistere troppo, dovette ammettere lui. Tutto andava bene: stava per tornare in America, Mikael aveva perso le sue tracce e avrebbe potuto riprendere la caccia della sua vecchia nemesi, Katerina Petrova.

Non vi era alcun motivo per soffermarsi ancora sulla questione, oltre il suo orgoglio. Decise così di tornare in patria, convinto di non lasciarsi nulla alle spalle. E per molti anni avrebbe creduto così.



N.d.A.
La storia appena postata non è in nessun modo legata alla serie "Harry ed Heather Potter". buona lettura. bye-Bye
  
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