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Autore: heliodor    11/02/2018    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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L'Unico

Roge si svegliò di soprassalto, una mano che lo scuoteva con energia.
Era quella di Tursk.
"Che vuoi?" chiese sbattendo le palpebre.
"Sanzir ti vuole parlare."
Guardò in alto, al cielo ancora coperto di stelle. "Non è nemmeno l'alba" disse alzandosi a fatica. Si sentiva ancora stanco e debilitato per la febbre dei giorni precedenti, ma stava riacquistando le forze.
Tursk scrollò le spalle.
"D'accordo" disse Roge con voce impastata dal sonno. Impiegò qualche secondo per mettere a fuoco la situazione.
Anche al buio riuscì a cogliere qualche particolare. Si trovavano alla base di una collina coperta di alberi, in uno spiazzo libero di arbusti.
Contò sette figure umane distese per terra e tre che sorvegliavano il campo.
E Sanzir.
L'uomo riposava con la schiena appoggiata a una roccia di forma quadrata, le lunghe gambe distese in avanti.
Roge si avvicinò con passo malfermo. "Che vuoi?" chiese con tono sgarbato.
Sanzir sollevò la testa. Come al solito Roge fu tentato di distogliere lo sguardo da quegli occhi bianchi come il latte.
"Non senti ancora niente, principe?" chiese lo stregone fissando il cielo. Parlava con la voce simile a un serpente, così esile da essere appena udibile.
I suoi occhi dalle iridi bianche vagarono da un punto all'altro della volta stellata, come alla ricerca di un punto in particolare.
Roge sapeva che era cieco, nessuno con gli occhi in quelle condizioni possedeva la vista, ma si chiese lo stesso che cosa vedesse.
Sapeva che alcune persone prive di vista sviluppavano gli altri sensi. Si diceva che sul continente vecchio esistessero ordini di cavalieri che si allenavano ad affinare l'udito, in modo da avvertire il respiro degli stregoni che usavano l'invisibilità.
C'era un suo zio che aveva quella capacità, ma nel suo caso sembrava innata. Lui...
"Ti ho fatto una domanda" disse Sanzir. Non c'erano astio o rimprovero nel suo tono, eppure Roge si sentì come un bambino che veniva sgridato da un adulto.
"Niente" rispose.
"Ne sei certo? Eppure dovremmo essere vicini ormai."
"Ti dico che non sento niente."
"Niserie" disse Sanzir.
Dalle ombre si staccò una figura umana che si avvicinò a loro. Nel buio vide apparire il viso di una donna di mezza età, il viso segnato dal tempo e dalle cicatrici. Indossava una tunica logora e strappata, stivali di cuoio e aveva i capelli scarmigliati.
"Cara" disse Sanzir. "Gli esploratori sono tornati dal loro giro?"
"Aren e Finethald sono ancora fuori. Elyn è appena tornata."
"Falla venire da me per favore."
Niserie fece un inchino e si allontanò.
Roge aveva provato a parlare con i membri di quel gruppo, ma sembravano impenetrabili. Solo Sanzir gli rivolgeva la parola, a parte Tursk e Alketa.
L'uomo era stato trascinato via dall'accampamento per curarlo e prendersi cura delle sue ferite.
La donna invece era stata legata e imbavagliata per quasi tutto il tempo. Veniva trascinata da uno del gruppo senza tanti complimenti a turno e senza badare troppo alle sue rimostranze.
Sul viso e sul corpo portava i segni delle percosse che aveva subito.
Una sola volta aveva cercato di reagire e Sanzir le aveva rotto il naso senza tanti complimenti. Era stata una mossa veloce, con la mano di taglio le aveva sferrato un fendente al viso. Roge aveva sentito il rumore della cartilagine che si spezzava.
Alketa era piombata al suolo in stato di incoscienza e vi era rimasta per ore mentre loro riposavano tra una marcia e l'altra.
Roge non sapeva perché l'avevano portata con loro. L'accampamento era stato distrutto e dato alle fiamme e tutti i suoi occupanti erano morti o fuggiti nella foresta.
Alketa era rimasta a combattere ed era stata sopraffatta, ma non uccisa. Tursk invece si era arreso e lo avevano risparmiato.
Elyn era una ragazza bassa e tarchiata che non poteva avere più di venticinque o trenta anni. Indossava abiti logori e scarponi pesanti e aveva la pelle chiazzata, come se avesse avuto una malattia.
Roge l'aveva già vista e sapeva che non era contagiosa, ma provava lo stesso un certo ribrezzo nei suoi confronti.
A lei non sembrava importare più di tanto. Si presentò al cospetto di Sanzir con fare sicuro. "Mi hai fatta chiamare?"
"Perché non sei venuta subito da me?"
"Mi stavo riposando."
Gli occhi dell'uomo sembrarono brillare. "Lo sai che voglio subito un rapporto dopo un pattugliamento."
"Scusa" disse Elyn scrollando le spalle. "La prossima volta..."
Sanzir scattò in piedi e le afferrò il polso torcendolo in un angolo innaturale. Elyn gridò e cadde in ginocchio, il polso che le si afflosciava nell'altra mano. Fu così veloce che quando Roge si rese conto di quanto stava accadendo, tutto era già successo.
"Questo ti aiuterà a ricordare" disse Sanzir con tono pacato. Tornò a sedersi con la schiena appoggiata alla roccia. "Ora dimmi che cosa hai visto."
Elyn era impallidita e stringeva il polso tra le dita dell'altra mano. "Io" disse con la fronte imperlata di sudore e una smorfia di dolore sul viso. "Non ho trovato tracce di inseguitori. Ho fatto un giro ampio." Gemette. "Aggirando la collina che ci siamo lasciati alle spalle." Altro gemito di dolore. "Se avessi visto qualcosa, sarei venuta subito a dirtelo" disse con tono supplice.
"Devi dirmi tutto, anche quello che non ritieni importante. Ora vai e fatti dare qualcosa da Cleor per il dolore."
Elyn non se lo fece ripetere e si alzò, allontanandosi con andatura incerta. Roge la seguì con lo sguardo finché non sparì tra le ombre.
Tornò a concentrarsi su Sanzir, i cui occhi vuoti fissavano di nuovo il cielo.
"Si vedono molte stelle da Valonde?"
"Le stesse che si vedono da ogni parte del mondo, credo" rispose senza pensarci sul serio.
"Non è mica vero" disse Sanzir. "Da dove vengo io molte di quelle stelle non si vedono."
"E da dove vieni?" Era la prima volta che avevano uno scambio di battute così lungo e voleva approfittarne per scoprire qualcosa di più sul suo salvatore e carceriere.
"Shebara" disse Sanzir.
"Mai sentita prima."
"È una piccola repubblica sul Mare Giallo, nella parte orientale del continente vecchio."
Non era mai stato molto abbile in geografia, ma gli sembrava di ricordare che i suoi precettori parlassero qualche volta dei regni minori del continente vecchio.
"C'è una sola grande città dove vivono tutti i nobili e la loro servitù. Tutti gli altri, i rimmin, i cittadini comuni, vivono nella parte bassa, la più povera. Ogni tanto i nobili uscivano dai loro palazzi in corteo e scortati da soldati e stregoni del circolo visitavano la città bassa, elargendo qualche piccolo dono a chi si prostrava di più." Sospirò. "Ti interessa questa storia, principe Roge?"
Poteva rifiutare di ascoltarla? "Vai avanti."
Sanzir annuì. "Un giorno, quando da poco avevo compiuto il mio tredicesimo anno di età, i nobili scesero nella città bassa per la loro annuale sfilata. Uno di essi, un ricco e grasso varum, passò proprio dinanzi a me. Mentre tutti i miei amici si inchinavano al suo passaggio, io rimasi in piedi a osservarlo, fissandolo negli occhi. Lui dovette notare qualcosa nel mio sguardo, forse un atto di sfida e fece fermare il corteo. Ordinò alla sua scorta di prendermi e portarlo al suo cospetto. 'Che hai da guardare, rimmin?' mi chiese. 'Niente, nobile signore' risposi. 'Lo sai che cosa succede a fissare troppo il sole, giovane rimmin?' mi domandò. 'Cosa, mio nobile signore?' feci io. 'Rischi di rimanere cieco' disse lui. Quindi ordinò alla scorta di arroventare una spada e di passarmela di fronte al viso. Quando ebbero finito, i miei occhi che ancora piangevano sangue, mi fece portare di nuovo al suo cospetto. 'Hai capito adesso rimmin che cosa succede a fissare troppo il sole?' mi chiese il nobile. 'Sì, nobile signore', risposi. 'Vai, ti faccio dono della vita e non si dica in giro che Shamal Jizani non è generoso'. Quel giorno iniziò la mia seconda vita."
"Quel Jizani è stato molto crudele" disse Roge.
"Al contrario" fece Sanzir divertito. "Al contrario. Mi ha letteralmente aperto gli occhi." Rise di gusto. "Scusa per la battuta infelice, ma non potevo resistere. In effetti, i primi tempi furono duri, ma mi abituai presto alla mia nuova situazione. E c'erano dei vantaggi. La gente adora chi sta peggio di loro. Essere un giovane cieco e mendicante ti fa guadagnare generose elemosine. Da quel giorno il pane e il cibo non mi mancarono quasi più e molto raramente patii la fame. Però sapevo che non poteva durare per sempre. Affinai gli altri sensi. Sapevo ascoltare i sussurri nel buio e i battiti del cuore. Riconoscevo una persona dal passo o dall'odore di quello che aveva mangiato. Così facendo guadagnai abbastanza da potermi permettere una vera casa. In realtà era una catapecchia nella parte più povera e malfamata della città, ma il suo aspetto non mi importava, visto che non potevo vederla. Credevo che avrei vissuto per sempre così, ma poi un giorno incontrai un uomo. Era un pellegrino che veniva da Azgamoor, la città sacra. Sai di cosa sto parlando?"
Roge lo sapeva. Azgamoor era famosa per essere la sede del culto dell'Unico, la religione più diffusa nei tre continenti. Era una città misteriosa che pochi avevano visto e ancor meno visitato. La sua cittadella, protetta da mura smaltate di bianco, si ergeva sopra una collina che dominava la città. Quella zona era vietata a chi non era un sacerdote ordinato del culto.
"Dal tuo silenzio e dal tuo respiro, immagino che la risposta sia un sì" disse Sanzir.
Roge cominciava a innervosirsi. Era stanco e assonnato e sperava che lui non lo tenesse lì troppo a lungo. Voleva tornare al suo giaciglio e continuare a sognare di essere nel suo comodo letto a Valonde.
La sua casa gli mancava così tanto...
"Quell'uomo era vento da lontano per me. 'Cerco gente come te, Sanzir', mi disse. 'Come me?' risposi. 'Come può un povero rimmin cieco interessare una persona dotta come te?' aggiunsi. 'In molti modi che tu nemmeno immagini, amico mio'. Così iniziò la mia seconda vita al servizio del culto."
"Tu sei un sacerdote?" chiese Roge sorpreso.
"Sembri stupito."
"Che cosa hai fatto per finire qui?"
"A differenza di tutti gli altri, io ho scelto di essere qui. Come te, ho fatto un accordo con lord Malag."
"Non c'è nessun accordo tra me e lui" rispose Roge stizzito. "Lui mi ha costretto con le minacce ad accettare."
"È pur sempre un accordo. Tu dai qualcosa a lui e lui... lascia qualcosa a te." Il sorriso di Sanzir si allargò.
"Tu che genere di accordo hai fatto?"
"Del genere che prevede la fine del mondo come lo conosciamo."
Roge lo fissò in silenzio. Non si era aspettato quella risposta. "Non capisco."
Sanzir scrollò le spalle. "L'era della stregoneria sta per arrivare al suo termine. Per trenta e più secoli gli stregoni e le streghe hanno dominato questa parte del mondo, ma ci sono forze che si stanno muovendo, Roge di Valonde. Forze che non hanno mai smesso di desiderare la caduta della stregoneria."
"Che idiozia. La stregoneria non finirà mai" disse Roge sicuro. Conosceva le leggende che circolavano sulla storia antica del mondo. L'era della magia, dominata dai maghi malvagi e, ancora prima, la misteriosa era del caos quando gli uomini erano schiavi dei mostri e delle altre creature del mito.
Tutte sciocchezze per bambini. Se Sanzir era un sacerdote di certo sapeva che erano tutte favole. Eppure ne parlava con tale convinzione...
"La storia è una gran ruota, Roge di Valonde. E si ripete infinite volte. La stregoneria è sorta e caduta decine di volte durante la storia del mondo."
"Sciocchezze."
"Ci sono dei libri che parlano di queste ere precedenti."
"E tu li hai letti?"
Il sorriso di Sanzir si allargò. "Come avrei potuto farlo, se sono cieco? Fu il mio maestro a parlarmene."
"Allora ti ha mentito."
"Non credo. Lui prendeva molto sul serio questa faccenda e così io. E insieme a me molte altre persone."
"Ancora non mi hai detto che accordo hai fatto con Malag."
"Devo uccidere una persona."
Roge ebbe un tuffo al cuore. "Me?"
Sanzir sorrise. "No, altrimenti saresti già morto."
"Allora a che ti servo?"
"Mi sei utile per raggiungerla."
"Perché devi ucciderla?"
"Ha tradito la fiducia di Malag, credo. Inoltre è un pericolo per lui."
"Questa persona può uccidere Malag?"
"Non ho detto questo ma..."
Roge si trattenne dall'afferrarlo e scuoterlo per fargli dire tutto quello che sapeva. Era sicuro che se lo avesse fatto Sanzir gli avrebbe spezzato entrambe le braccia. In fondo con le sole gambe poteva essergli ancora utile. "Ma?"
"Dovrai chiederlo a Lord Malag quando lo rivedrai."
Deluso, Roge trasse un profondo sospiro. "Dimmi almeno perché lo stai aiutando."
"Ti ho detto che l'era della stregoneria sta per finire, no? Ogni volta che un'era giunge al termine, ne comincia un'altra. Il periodo tra due ere è molto turbolento e può in certi casi durare decenni o secoli. Immagina intere generazioni di uomini e donne costretti a vivere nel caos e nell'incertezza. Immagina intere civiltà ridotte in polvere e milioni e milioni di morti innocenti."
"La stregoneria non finirà" disse Roge, ma in modo meno convinto di prima.
"È inevitabile, Roge di Valonde. Tutto inizia e tutto finisce. La stregoneria finirà nel volgere di questa generazione e quello che verrà dopo sarà un nuovo mondo. Ma prima quello vecchio dovrà essere distrutto. Così è sempre stato."
"Se è inevitabile, cosa possiamo farci se non attendere la fine?"
"La maggior parte di noi farà proprio questo, Roge di Valonde. Si siederà e attenderà che il mondo finisca e che passi il caos portando una nuova era. Ma noi possiamo ridurre l'interregno tra le due epoche. Possiamo ridurlo al punto che il mondo che conosciamo non ne verrà annientato, se non in minima parte."
"E come sperate di riuscirci?"
"Noi non abbiamo questo potere, ma lord Malag sì."
Stavolta fu Roge a ridere. "Malag è uno stregone. Se lui vince, la stregoneria non finirà."
Sanzir rimase impassibile. "Tu non sai tutto su Malag."
"Che cosa dovrei sapere?"
Glielo disse.
Roge non sapeva se ridere o urlare. "Bugie. Stai mentendo."
"È la verità" disse Sanzir sicuro.
"Dimostralo. Fammi vedere una prova."
Sanzir mise la mano nella tasca della tunica e ne tirò fuori un oggetto rotondo grande quanto una moneta. La porse a Roge.
"Prendila."
Roge ubbidì. La moneta aveva i bordi consumati dal tempo. Entrambe le facce mostravano un simbolo: una stella a tre punte. "Cos'è?"
"Scoprilo e avrai la prova che cerchi."
Roge infilò la moneta in tasca. "Non credo a una sola parola."
"Vai a dormire Roge. E pensa a quello che ti ho detto."
Roge fu felice di andarsene. Tornò da Tursk che giaceva rannicchiato su se stesso. L'uomo sollevò la testa di scatto. "Tu e Sanzir avete parlato a lungo."
Roge non rispose.
"Posso chiederti che vi siete detti?"
"Mi ha raccontato una favola."
"È quella che cosa è?" chiese Tursk.
Roge non si era accolto di aver preso la moneta tra le dita. La rigirò un paio di volte prima di metterla di nuovo in tasca. "Niente. Voglio dormire, sono stanco."
Tursk emise un grugnito e tornò a distendersi.
Roge lo imitò, sperando di riuscire a dormire almeno un paio d'ore prima dell'alba. Non ci riuscì. Le parole di Sanzir continuavano a tornargli alla mente. Se era vero ciò che aveva detto, niente sarebbe più stato come prima.
Si rimisero in marcia poco prima del sorgere del sole. Tormentato dai suoi pensieri, Roge non era riuscito a riposare come voleva. Si sentiva stanco e spossato, ma non osava lamentarsi. Voleva che tutto quello finisse il più in fretta possibile. Se faceva ciò che Malag gli aveva chiesto di fare, si sarebbe liberato di quella promessa e sarebbe tornato a casa.
A che serviva tutto quello? Pensò. Se il mondo era destinato a finire e rinascere, che senso aveva quella guerra? E tutto il resto?
Mentre giravano attorno alla base di una collina sentì un capogiro. Durò un attimo ma dovette appoggiarsi a Tursk per non crollare a terra.
"Che ti prende?" chiese l'uomo.
Roge ricacciò indietro la nausea. "Sanzir" disse richiamando l'attenzione dell'uomo.
Lui era già lì, come se si fosse materializzato dal nulla. Nonostante fosse cieco, sembrava vederci benissimo.
"Siamo vicini. Lo sento" disse stringendo i denti.
Sanzir fiutò l'aria. "In che direzione?"
"Da quella parte" disse Roge indicando un passaggio tra due rocce.
"È un bel tratto, riposiamoci prima di rimetterci in marcia. Voglio arrivare lì sopra prima di mezzogiorno."
Roge ne approfittò per scivolare in coda al gruppo e vedere come stava Alketa. Provava ancora del risentimento verso la strega, ma non tanto quanto prima.
La vista del suo viso devastato e delle piaghe sui piedi scalzi gli provocarono una fitta spiacevole al basso ventre.
"Sei venuto a goderti lo spettacolo?" chiese la strega vedendolo avvicinarsi. Aveva qualche dente in meno dall'ultima volta che si erano parlati.
"Perché mi hai chiuso in quella capanna?" chiese Roge.
"L'ho fatto per salvarti."
"Da cosa?"
"Da tutto questo" disse indicando con il braccio il panorama. Da quella altezza si poteva ammirare la foresta ai loro piedi.
"Perché?"
Alketa lo ricambiò con uno sguardo disgustato. "Che te ne importa?"
"Voglio saperlo."
"Avevo un accordo. Proprio come te."
"Con chi?"
"Con una che se ne vuole andare da qui."
"Chi?"
Alketa sorrise. "Indovina."
"È per via del mio dono? Tu lo sapevi fin dall'inizio, non è così?"
"Sapevo solo che saresti arrivato. Fu lei a dirmelo. Sapevo anche che Balkar ti avrebbe ammazzato. Lui li odiava quelli come te."
"Io non gli ho fatto niente."
Alketa scrollò le spalle. "Per lui era uguale. I nobili non li sopportava. E nemmeno io li sopporto. Ti sei mai chiesto perché qui tu sei l'unico di nascita nobile?"
Roge scosse la testa.
"Perché quelli come te non li mandano qui. Perfino tra gli infami e i rinnegati ci sono certe differenze. Non dimenticarlo mai."
Roge trasse un profondo sospiro. "Tu hai idea di cosa vogliono fare? Intendo Sanzir e i suoi."
"Vogliono andare via. Come tutti del resto."
"Anche tu vuoi andartene?"
Alketa sorrise amara. "Non saprei dove andare. Se torno nelle mie terre mi uccideranno."
"E se avessi un'alternativa?"
La strega lo fissò di sbieco. "Vuoi propormi un accordo?"
Roge abbassò la voce. "Uno scambio. Io ti porto via di qui e tu in cambio non mi consegnerai alla persona per cui lavori."
"Ti ho già detto che non ho un luogo a cui tornare."
"Potrai venire con me. A Valonde."
"Sono una rinnegata. Non appena il mio circolo saprà che sono a Valonde chiederà la mia testa. E i tuoi confratelli saranno più che lieti di staccarmela."
"Mio padre ti proteggerà."
"Sei anche tu un rinnegato."
"Io sono qui di mia spontanea volontà" disse Roge. "E voglio andarmene."
"Allora perché non vai via con Sanzir?"
"Non mi fido di lui. Lavora per Malag e per me è un buon motivo per impedirgli di lasciare questo posto. Inoltre, se solo la metà di ciò che mi ha detto è vera, mio padre e l'alleanza devono saperlo."
"Quando pensi di andare via?"
"Non appena avremo trovato il posto che stiamo cercando. Per allora dovrai essere pronta."
"Lo sarò."
Roge annuì. "Ora devo andare o cominceranno a insospettirsi." Si allontanò senza dire altro e tornò al suo posto.
Sanzir era lì che lo aspettava. "Di che cosa avete parlato, se posso saperlo?"
Roge scrollò le spalle. "Ha cercato di comprarmi per liberarla."
L'uomo sorrise. "Davvero? Non me l'aspettavo."
"Perché te la porti dietro? È un peso."
"Ci servirà."
"Per cosa?"
"Come esca." Sanzir si allontanò con passo sicuro. Nonostante la cecità sembrava del tutto a suo agio e sapeva bene dove mettere i piedi.
Roge lo seguì con lo sguardo.

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