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Autore: SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate    29/06/2009    9 recensioni
Niente organizzazione, solo Shinichi e Ran alle prese con i loro sentimenti e le avventure di due semplici ragazzi liceali che imparano a conoscersi e a fare chiarezza sui propri sentimenti.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Tredici: Conseguenze

Questa é la mostruosità dell'amore, signora, che infinito é il volere ma limitata é la sua attuazione… (Shakespeare – Romeo E Giulietta)

Sento il mio corpo sprofondare nell’acqua tiepida della piscina, mentre le mie braccia scivolano dalla presa di Shinichi. Gli occhi sono chiusi, e sento il respiro mancarmi.

Le guance sono gonfie d’acqua, e il gusto del cloro mi fa girare la testa. Scuoto tutti e quattro gli arti, tentando di risalire a galla, ma la gamba mi brucia incredibilmente. Riapro gli occhi e una macchia rosso scuro sale verso di me. Sangue. Roteo gli occhi all’indietro, mentre mi sento svenire.

Le labbra si aprono involontariamente, e l’acqua fluisce dentro di me.

Prima che possa perdere conoscenza due braccia mi afferrano il corpo, riportandomi a galla.

Tossisco forte, sputando tutta l’acqua che ho in gola.

Le braccia di Shinichi mi stringono forte a lui. L’acqua in questo punto della piscina deve essere alta almeno due metri, troppo poco per il mio metro e settanta di altezza, e perfino per il ragazzo che adesso tenta di tenere a galla entrambi.

Mi rilasso lentamente, appoggiando la testa sulla spalla di Shinichi, mentre lui si attacca al bordo della piscina.

Respira affannosamente, come me.

Un enorme schianto mi fa voltare. Alcune tegole del tetto stanno precipitando verso il suolo.

Non sento nessun rumore intorno alla casa, probabilmente sono fuggiti tutti, e i soccorsi non sono ancora arrivati.

“Usciamo, presto!” Esclama Shinichi, raggiungendo la scaletta di ferro posta nell’angolo della vasca. Tentando di appoggiare il mio peso solo sulla gamba illesa salgo tutti i gradini, atterrando sull’erba morbida e verde del prato.

I vestiti aderiscono al mio corpo come una seconda pelle, infastidendomi molto.

“È meglio se raggiungiamo gli altri…” Sussurra Shinichi, una volta al mio fianco. “Saranno tutti preoccupati, e poi dobbiamo farti medicare la gamba…”

Annuisco, osservando la grande villa invasa dalle fiamme. Si saranno salvati tutti…vero?

“Sono usciti tutti, vero?” Mormoro, abbassando lo sguardo. Inizio ad incamminarmi verso la parte anteriore della villa, saltellando su una gamba.

“Sì, non ti preoccupare… Anche se molti erano ubriachi, appena hanno visto le fiamme se la sono data a gambe…” Mi risponde Shinichi. Mi ferma, poggiando una mano sulla mia spalla.

Prima che possa accorgermene non sento più la terra sotto ai piedi, e le mie gambe si ritrovano a penzoloni, sostenute dalle braccia di Shinichi.

Arrossisco quando per un riflesso istintivo allaccio le mie braccia intorno al suo collo.

“Ran…?!” Una voce ben conosciuta arriva alle mie orecchie, ma non è quella di Shinichi, ne sono sicura. Alzo lo sguardo, incontrando due occhi azzurrissimi.

“Kaito…?” Sento Shinichi irrigidirsi.

Il proprietario della villa in fiamme si avvicina a noi, barcollante.

“Kudo… metti giù le mani dalla… mia Ran…!” Biascica, fermandosi a pochi passi da noi. La presa sul mio corpo aumenta, e lo sguardo di Shinichi si affina.

“Kaito… è meglio se vai ad aspettare i pompieri…” Mormoro, sperando che Shinichi arretri.

“No! Non puoi stare con lui!” Kaito inizia a scuotere il capo furiosamente. I perfetti capelli bronzei si spettinano ancora di più, mentre le mani si stringono in pugni. “Lo capisci che ti fa solo soffrire lui?!” Sbotta tornando a fissarci.

Apro la bocca, nell’intento di ribattere, ma non me lo permette.

“Non ti permetto di portarla via!” Esclama, rivolgendosi ora a Shinichi.

“Scommettiamo?!” Gli risponde lui, in tono di sfida. Un sorrisetto compiaciuto si disegna sulle sue labbra carnose.

Prima che Kaito possa ribattere, inizia a correre, inoltrandosi nel bosco vicino alla villa. Sporgo la testa oltre la sua spalla, e vedo Kaito inciampare a terra, troppo ubriaco per avere un buon equilibrio.

Un sorriso compiaciuto si disegna sulle mie labbra, mentre Shinichi continua a correre nella foresta, sebbene non sia necessario.

Dopo alcuni minuti si ferma, appoggiandomi all’ombra di un albero. Intorno a noi regna sovrano il buio e il suono di alcuni grilli.

Shinichi si siede al mio fianco, sospirando. Lo vedo abbandonare il capo sull’erba soffice, stanco per la corsa.

“Shinichi…?” Sussurro, nell’ombra. Da qui solo il fumo è visibile.

“Hm…?” Mormora, al mio fianco.

Aggrotto le sopracciglia, mentre i battiti del mio cuore non accennano a rallentare.

“Perché è scoppiato l’incendio?” Okay, sono totalmente, indiscutibilmente un idiota. Avrei dovuto tornare sull’argomento ‘sentimenti’, invece che chiedergli per quale motivo la casa è andata in fiamme. Ammetto però che sono estremamente curiosa di conoscere per quale motivo è accaduto tutto questo.

“Mmm… hai presente il camino che c’era in sala?” Annuisco, pensando allo splendido caminetto in marmo posizionato nel salotto della villa.

“A quanto pare qualche stupido ha acceso il fuoco, e qualcosa deve essersi incendiato lì, divampando poi per il resto della casa…” Shinichi tiene gli occhi aperti, fissando le poche stelle visibili attraverso la povera chioma dell’alberello che ci ospita.

Coraggio Ran, è la tua occasione. Chiedigli quello che devi.

“Dicevi…” Il respiro si blocca, mentre il mio cuore batte fortissimo. “Dicevi sul serio… prima?” Sposto lo sguardo da un’altra parte, dimostrandomi improvvisamente interessata a studiare in tutti i suoi particolari un piccolo grillo vicino ai miei piedi.

Tengo la gamba illesa stretta al mio corpo, stringendola con forza.

“A cosa ti riferisci?” Mormora, facendomi rabbrividire. Ma fa il finto tonto? Il suo tono è tranquillo, ma non ho il coraggio di voltarmi verso di lui e incrociare il suo sguardo.

Chiudo gli occhi. Ormai ‘il dado è tratto’, come si dice…

“Quando…” Prendo un altro respiro, racimolando tutto il mio coraggio. “Quando…”

Il suono di una chitarra mi fa sussultare. Mi volto verso Shinichi, che dopo aver sfilato dalla tasca il cellulare balza a sedere. Nell’aria risuonano ancora gli accordi di una canzone che non ricordo bene, quando risponde alla chiamata.

“Pronto?” Credo che abbia sospirato, ma non ne sono certa. Ha il fiato corto, è come se abbia appena trattenuto il respiro per chissà quanto tempo.

Annuisce un paio di volte. Credo sia Makoto.

“Va bene, arriviamo.” Chiude lo sportellino del cellulare, ritirandolo nella tasca dei pantaloni. Noto che era chiuso dentro una piccola custodia in plastica. Facendo forza sulle gambe si alza in piedi.

Sussulto, tastando le tasche dei pantaloncini che indosso. Dalla tasca sinistra sfilo il mio cellulare.

È completamente bagnato. Non era acceso al momento del ‘bagno’, ma non sono certa che sia ancora funzionante.

“Lo faremo mettere a posto, non ti preoccupare.” Mi consola Shinichi, tendendomi le mani per alzarmi. Le afferro entrambe, facendo leva sulla gamba destra – l’unica illesa – e alzandomi in piedi. Ancora una volta le braccia di Shinichi mi solevano da terra, e la mia testa si appoggia alla sua spalla.

Camminando raggiungiamo la villa. Passando vicino alla piscina – dentro la quale sono cadute parecchie macerie e tegole – arriviamo davanti al cancello in legno, dove sono radunate alcune ambulanze e dove stanno sopraggiungendo i pompieri.

Un paramedico ci raggiunge, ordinando a Shinichi di farmi sedere su un lettino dell’ambulanza.

Fortunatamente lui si siede al mio fianco, mentre il paramedico richiude gli sportelli e fa cenno all’autista di ripartire. I nostri amici a quanto pare sono già stati portati in ospedale, e lì dovremo anche sostenere l’interrogatorio della polizia.

Sono due ore che sono richiusa in ospedale, e la mezzanotte è scoccata da pochi minuti.

Shinichi è stato portato da un dermatologo, in quanto ha presentato alcune ustioni, ma per fortuna niente di grave. La tenda che nasconde il mio lettino al resto del pronto soccorso viene tirata con forza – quasi strappata via – e un Kogoro Muori estremamente agitato si presenta ai miei occhi.

“Ran!” Esclama, correndo ad abbracciarmi. “Stai bene? Cosa ti hanno fatto bambina mia?”

Sofferma con insistenza il suo sguardo sulla benda alla mia coscia sinistra.

“Sto bene papà, non ti preoccupare… Questo me lo sono fatta l’altro giorno contro uno scoglio in mare…” Meglio evitare di dirgli che sono quasi affogata… Infatti il profondo taglio – a quanto mi ha riferito Sonoko – me lo sono procurata finendo contro gli scogli nascosti sotto il livello del mare, e che quindi non sono visibili, specialmente durante le tempeste. Avrei dovuto notare le boe arancioni che delimitavano la zona, ma ero troppo agitata .

Mio padre scuote la testa, indignato.

“Mai più ti farò andare in vacanza da sola, scordatelo!” Esclama, incrociando le braccia al petto.

Sospiro. Meglio lasciarlo perdere, altrimenti avremmo iniziato a litigare.

Un medico appare alle spalle di mio padre. È lo stesso che mi ha ricucito la ferita.

“Bene, visto che è arrivato suo padre penso che potrà tornare a casa, signorina.” Mio padre lancia uno sguardo all’orologio.

“Non può rimanere qui? È mezzanotte, e ci vogliono due ore di viaggio per tornare a casa nostra: abitiamo a Tokio.” Borbotta imbarazzato Kogoro.

Il medico scuote il capo, mortificato.

“Mi dispiace, ma sono in arrivo delle ambulanze, e abbiamo bisogno di letti liberi.” Si scusa il medico, per poi allontanarsi. Mio padre sospira, mentre io cerco di alzarmi in piedi. Affianco al letto si trovano due stampelle, che afferro di malavoglia. Il medico ha previsto tre settimane, prima che la ferita si rimargini del tutto.

Mentre camminiamo per il pronto soccorso scorgo Kaito. È circondato da due poliziotti, uno dei quali sta stilando un rapporto sul suo taccuino. Fortunatamente io ho già dato la mia versione dei fatti, quindi sono libera di andare.

Entriamo in sala d’attesa, quasi deserta.

Da una sedia si alza Shinichi. Non ha niente di diverso, se non alcune bende alle mani e un piccolo cerotto sulla guancia sinistra.

Mio padre borbotta qualcosa, ma non gli presto molta attenzione. Saltellando sulle stampelle raggiungo Shinichi.

“Dove andate?” Mi chiede, guardando di sottecchi mio padre, che si siede su una poltroncina.

“Non ne ho idea… Penso che resteremo qui in sala d’attesa, anche perché fino a domattina non ci sono treni in partenza per Tokio…” Borbotto.

Da dietro una porta appare anche Sonoko. Appena mi vede si avvicina a me, abbracciandomi.

“Oh, Ran! Ero così preoccupata!” Ricambio l’abbraccio, contenta che stia bene.

“Sachiko e Akane dove sono?” Le chiedo, notando la mancanza delle altre mie amiche.

“Al telefono a parlare con i loro genitori… A quanto pare tuo padre e mia madre sono gli unici ad essere potuti venire…” Infatti alle nostre spalle appare anche la signora Suzuki, che stringe calorosamente la mano a mio padre.

“Signor Mouri, che ne dice se passiamo tutti la notte a casa mia?” Chiede la donna, sorridendoci gentile.

“Avete una casa qui?” Chiedo a Sonoko, sottovoce.

“Non qui, ma in un paesino vicino. Ci si arriva in dieci minuti in macchina.” Sorride Sonoko, guardando sua madre.

“Ehm… D’accordo, anche se non vorrei esservi di disturbo…” Kogoro si gratta la nuca, imbarazzato.

“Nessun disturbo.” Sorride la signora Suzuki.

Attendiamo un’altra mezz’ora, prima che i poliziotti lascino andare Kaito. I suoi genitori sono arrivati poco dopo mio padre, e hanno dovuto rispondere alle domande della polizia.

Accettando l’invito della signora Suzuki tutti quanti raggiungiamo la casa della famiglia di Sonoko, che ci ospiterà per questa notte.

La villa Suzuki non ha nulla da invidiare a quella della famiglia Nikiuri, e le stanze sono addirittura più grandi.

Sonoko ha dovuto prestare molti dei suoi vestiti – conservati in quella casa –, poiché tutti noi abbiamo perso ogni cosa in quella villa.

Mi richiudo la porta della stanza in cui dormirò alle spalle, sospirando.

È l’una di notte.

Sono tre ore che Shinichi mi ha confessato di essere innamorato di me, ed io non ho ancora avuto il coraggio di parlargli e chiedergli conferma. Non mi sembra ancora possibile.

Sospiro nuovamente, avvicinandomi al letto. Quasi urlo quando qualcuno bussa con forza alla porta.

Mi avvicino con calma, socchiudendola per vedere chi può essere a quest’ora. Inutile dire che la speranza si fa viva in me più di quanto potessi immaginare.

“Kaito…?” Inarco un sopracciglio, anche se sono certa che la delusione sia ben visibile sul mio viso.

“Posso parlarti un secondo…?” Mormora, tenendo lo sguardo basso. Sospiro, annuendo.

Lascio andare la porta, avvicinandomi alla finestra. Lo sento entrare, lasciando la porta socchiusa.

“Scusami, per questa notte…” Borbotta, rimanendo distante. “Sono stato un idiota, non avrei dovuto bere così tanto…”

Sospiro, rimanendo voltata verso la finestra. L’effetto degli antidolorifici somministrati in ospedale per sopportare il dolore alla gamba sta lentamente svanendo.

“Non fa niente Kaito. L’importante è che siamo tutti sani e salvi.” Rispondo, senza mai voltarmi.

“Non è vero che non fa niente! Ti ho delusa, lo so bene!” Il suo tono si alza di alcune ottave, facendomi sussultare. Le sue mani si posano sulle mie spalle, costringendomi a voltarmi verso di lui.

I suoi occhi mi scrutano intensamente, ma questo non fa che irritarmi ancora di più.

“Lasciami.” Sbotto, cercando di liberarmi dalla sua presa.

Al contrario delle mie supposizioni le sue mani rimangono ben salde, impedendomi ogni singolo movimento.

Sussulto quando il suo viso inizia ad avvicinarsi inesorabilmente al mio.

Poso le mani sul suo petto, tentando di spingerlo via, con tutte le mie forze.

Non voglio! Urlo nella mia mente.

Chiudo gli occhi, aumentando la forza, ma ancora nessun risultato.

Ormai sento chiaramente il suo respiro caldo sbattere contro le mie labbra, e i suoi capelli stuzzicarmi la fronte e giocare con la mia frangia.

Poi un cigolio, e una frase spezzata.

“Ran, posso…” La presa di Kaito non accenna ad allentarsi, mentre il mio cuore salta un battito.

Apro gli occhi, volgendo lo sguardo verso la porta della stanza. Davanti ad essa – spalancata – Shinichi osserva la scena a lui di fronte. Una mano è protesa verso me, l’altra è ancora attaccata alla maniglia della porta. La bocca è spalancata, e gli occhi sono sbarrati.

Non mi ci vuole molto per capire che sta fraintendendo tutto.

Tento di liberarmi dalla presa di Kaito, ma invano.

“Shinichi…” Balbetto, muovendo con forza le spalle, per tentare di scrollarmi di dosso le mani di Kaito.

“Scusate il disturbo…” Borbotta Shinichi, e con gesti molto lenti e lo sguardo sempre basso richiude la porta, sparendo nel corridoio buio.

“Bene, torniamo a noi…” Kaito si volta nuovamente verso di me, mellifluo.

Si avvicina nuovamente alle mie labbra, ma questa volta non lo lascerò vincere.

Con tutta la rabbia repressa verso di lui gli sferro un potente pugno nello stomaco, liberandomi finalmente dalla sua presa.

“Scusa…” Borbotto, rendendomi conto che forse ho esagerato. Prima che lui possa dire qualcos’altro però esco dalla stanza, e camminando a tentoni nel buio corridoio raggiungo la stanza di Shinichi.

Busso un paio di volte, rimanendo in attesa.

Nessuna risposta.

Apro con estrema lentezza la porta, trovando la stanza completamente buia.

Ho sempre avuto il terrore del buio, ma in questo momento ho cose ben più importanti da risolvere.

Richiudo la porta alle mie spalle, e mi inoltro nella stanza.

“S-Shinichi?” Mormoro, nel cuore della notte.

Neanche questa volta mi arriva una risposta. L’unica luce della stanza proviene dalla finestra, alla quale mi avvicino, lentamente, cercando di non cadere a terra.

Arrivo a due passi dal vetro, e una voce mi fa sussultare.

“Non hai paura del buio?” Mi tappo la bocca con una mano, reprimendo l’impulso di urlare.

Mi volto alla mia sinistra, e scorgo un’ombra a pochi centimetri da me.

“Cosa ci fai qui?” Sbotta Shinichi, rimanendo nell’ombra.

“Devo parlarti.” Rispondo, cercando di assumere un tono atono.

“Non mi interessa.” Avverto un lieve spostamento d’aria, e un fruscio di stoffa, segno che si è spostato.

“Ti prego, ascoltami.” Mormoro, cancellando ogni speranza di poter parlare senza apparire troppo coinvolta nella conversazione.

“Ran, è tardi. Vai a dormire.” Il suo tono è freddo e distaccato, e questo mi ferisce.

“No!” Urlo, mentre sono sicura che si è sdraiato nel letto. “Non me ne vado. Almeno finché tu non mi ascolterai.”

“È inutile. Torna da Kaito, sono sicuro che avete molte cose da dirvi, voi due.” Quindi… è geloso.

“Ti prego, ascoltami. Quello che hai visto prima non era niente!” Sbotto, scocciata dalla sua infantilità.

“A me non sembra.” Tagliente, ecco come è diventato il suo tono.

“Sei un idiota, Shinichi.” Sussurro, sentendo le lacrime agli occhi a causa dell’irritazione. “Ti ostini a vedere cose che non ci sono e a rifiutare la realtà…”

Prima che possa aggiungere altro mi allontano da quella stanza, correndo lungo il corridoio e buttandomi sul mio letto.

E nel cuore della notte lascio libero sfogo a tutte le mie lacrime.

Sono passate due settimane da quando Shinichi mi ha confessato di essere innamorato di me, e da quando abbiamo litigato. Due lunghe settimane durante le quali sono uscita pochissimo, e cosa più importante, due lunghe settimane durante le quali non l’ho visto, né sentito.

Provo una forte morsa al petto quando penso a lui, ma l’orgoglio mi impedisce di telefonargli.

Come se non bastasse a quanto pare ha deciso di partire per gli Stati Uniti, per passare le vacanze con i suoi genitori.

La cosa che mi irrita ancora di più è il fatto che Sachiko lo seguirà.

I suoi genitori hanno chiesto ai signori Kudo di poterla tenere per un po’ con loro, per poterle permettere di imparare bene l’americano in tutte le sue sfaccettature, e potersela così cavare quando frequenterà l’ultima parte dell’anno in una scuola americana.

Sbuffo, rigirandomi nel letto.

Perché sono ancora qui? Perché sono stata così stupida da non rivelargli subito i miei sentimenti? Perché non sono io quella che partirà con lui alla volta dell’America?

Alcune lacrime scendono dai miei occhi. Guardo l’orologio. È ora di andare.

Io, mio padre e tutti i miei amici andremo all’aeroporto a salutare Sachiko e Shinichi.

Il terrore mi percorre la schiena al pensiero di Shinichi e Sachiko a stretto contatto per più di due mesi. Ebbene sì, staranno lontani dal Giappone per la bellezza di sessantasette giorni, durante i quali Shinichi dovrà fare da guida turistica e insegnate privato di lingua inglese a una delle mie migliori amiche.

Ma non è questo che mi preoccupa. È il fatto che io non ho mai avuto piena conferma sui sentimenti che Sachiko prova verso di lui. Ho sempre avuto l’impressione che avesse un debole per lui, e la cosa non mi è mai piaciuta…

“Ran!” Mio padre mi chiama dal salotto. Di malavoglia mi alzo in piedi, raggiungendolo.

Nel giro di un’ora siamo arrivati in aeroporto.

Mio padre sorride, entusiasta della partenza di Shinichi. La sua preferenza sfacciata per Kaito – che alla fine ho deciso di perdonare, ma che rimane sempre e solo un amico – è come sempre palese.

Stringo a me Sachiko. Sebbene sia preoccupata di quello che potrebbe accadere tra lei e Shinichi, mi dispiace non vederla più per così tanto tempo.

Shinichi abbraccia – stupendo perfino me – tutti quanti, tranne me, ovviamente.

“Allora… ci rivediamo a Settembre…” Borbotto, tenendo lo sguardo puntato sul pavimento.

“Già…” Alzo lo sguardo. Sembra indeciso se abbracciarmi o meno. Fa un breve passo avanti, ma poi si allontana subito. Fortunatamente l’attenzione di tutti i nostri amici era rivolta a Sachiko…

“Mi raccomando, mandateci una cartolina!” Mi sforzo di sorridere, mentre sento gli occhi lucidi.

Sachiko mi rivolge uno sguardo di sottecchi, facendomi cenno di avvicinarmi a Shinichi. Faccio finta di non averla vista, e la saluto per un’ultima volta.

“Ti prometto che lo terrò d’occhio per te.” Mormora al mio orecchio, anche lei con le lacrime agli occhi. Mi sbagliavo su di lei. Non farebbe mai niente contro di me, è una vera amica.

Annuisco, stringendola un’ultima volta.

Quando ci lasciamo si allontanano, e il nostro gruppo di amici avanza verso l’uscita. Quando metto piede fuori dall’aeroporto ho come un’illuminazione.

“Torno subito!” Urlo a Makoto, e lasciando tutti sbigottiti rientro in aeroporto.

Corro più forte che posso, raggiungendo la zona della dogana. Tento in tutti i modi di ignorare il fastidio che mi provoca la gamba sinistra – dove si è già formata una lunga cicatrice dai contorni ancora arrossati – ad ogni falcata.

Shinichi e Sachiko stanno facendo passare i loro zaini dentro il metal-detector.

“Shinichi!” Urlo, sperando che mi senta. Poco prima di attraversare le barriere metalliche fortunatamente si ferma. Sachiko è già dall’altra parte, ma non è con lei che devo parlare…

Abbandona lo zaino alla nostra amica, dirigendosi verso di me. Il resto dei passeggeri si volta verso di noi per un attimo, per poi tornare alle loro faccende.

Non mi fermo fino a quando sono a un solo passo da lui, e sento l’improvviso bisogno di abbracciarlo. Con un improvviso slancio gli cingo il busto con entrambe le braccia, e affondo il viso nel suo petto.

Rimaniamo in questa posizione per non so quanto tempo, e per alcuni istanti spero che le sue braccia mi stringano a sé, ma purtroppo non avviene.

“Ran…” Lo sento mormorare, mentre il suo corpo continua a rimanere rigido.

“Scusami…” Mormoro. Ormai è chiaro che non per me non prova più niente…

“Ti amo…” Sussurro, e mi allontano, correndo verso l’uscita della porta, mentre le lacrime iniziano a scendere copiose lungo il mio viso.

“Aspetta!” Sento le urla di Shinichi alle mie spalle, ma dopo quello che gli ho detto non ho il coraggio di incontrare il suo sguardo, così continuo a correre, sperando di arrivare alla svelta all’uscita, e di trovare già un taxi pronto a partire.

Una mano afferra il mio braccio, costringendomi a fermarmi. Prima che mi possa voltare e incontrare lo sguardo blu di Shinichi mi sento attrarre verso il suo petto. Le sue braccia mi stringono dolcemente a lui, mentre ascolto il suo battito accelerato quanto il mio.

Le mie guancie si imporporano, mentre alcune lacrime vanno ad inzuppargli la camicia bianca.

Sento il suo respiro accelerato contro i miei capelli, mentre le mie braccia ricadono stancamente lungo i fianchi.

“Perdonami…” Mormora sulla mia testa. “Sono un idiota…”

Cosa intende dire? Rimango in ascolto, con il cuore che batte all’impazzata. Che ci sia ancora una speranza…?

Rimaniamo così, in silenzio, circondati dalla folla di gente che ci osserva curiosi per poi tornare a camminare.

Il richiamo dell’altoparlante mi fa sussultare. Stanno iniziando gli imbarchi per il volo diretto a Los Angeles, il volo di Shinichi.

Mi separo lentamente da lui, posando le mie mani sul suo petto e tenendo lo sguardo basso.

“Devi andare…” Mormoro, mordendomi il labbro inferiore.

“Vieni con me…” Sussurra. Il mio cuore salta un battito. Non ha idea di quanto lo vorrei, purtroppo non posso. Primo problema: i soldi. Secondo: mio padre.

“Lo sai che non posso…” Tengo lo sguardo basso. Lo sento sospirare.

“Quindi… immagino che dobbiamo salutarci…” Mormora. Sollevo lo sguardo. Sembra afflitto. Annuisco.

“Mi mancherai…” Mormora, facendomi avvampare.

“Anche tu… Non sai quanto…” Ritorno a fissare la punta delle mie scarpe, mordendomi il labbro, lottando contro le lacrime.

Si avvicina lentamente, e le sue mani si posano sul mio viso, costringendomi ad alzare lo sguardo.

I suoi occhi mi fissano intensi, quasi ardenti.

Il suo viso si avvicina lentamente al mio, mentre il mio cuore galoppa. Chiudo gli occhi, in attesa.

Il suo respiro si confonde con il mio, facendomi girare la testa.

Quando finalmente le sue labbra sfiorano le mie sento la testa girare vorticosamente, mentre tutto intorno perde la sua importanza. Il mio respiro si ferma, mentre mi alzo in punta di piedi e faccio aderire maggiormente le nostre bocche. Le mie mani si aggrappano alla sua camicia, stringendone i lembi del colletto, mentre le sue braccia mi circondano la vita, e le mani tracciano linee immaginarie lungo la mia schiena.

Le nostre labbra giocano, lambendosi a vicenda. Mille emozioni si sprigionano dentro di me, mentre il tempo sembra essersi fermato.

Troppo presto ci separiamo, nel momento esatto in cui l’altoparlante richiama per la seconda volta i passeggeri del volo per Los Angeles.

Abbiamo entrambi il fiato corto, e le guancie arrossate. Abbasso lo sguardo, imbarazzata.

“Beh… allora ci vediamo a Settembre…” Mormoro, schiarendomi la voce.

Mi volto verso la porta. Non pensavo di essere arrivata così vicino all’entrata.

“Ran!” Mi volto, giusto in tempo per vedere la camicia bianca di Shinichi a pochi centimetri dal mio viso.

Ancora una volta le sue braccia mi stringono con infinita dolcezza, e respiro il suo profumo.

“Ti amo.” Sussurra contro i miei capelli. Un brivido scende lungo la mia schiena.

“Anch’io…” Le lacrime premono per uscire, ma mi impongo di resistere. Meglio non rendere tutto ancora più difficile…

Quando ci separiamo mi depone un delicato bacio sulla guancia, per poi allontanarsi verso la dogana.

Prima di superare il metal-detector mi lancia un ultimo sguardo. Sorrido, così come lui.

Rimango ad osservarlo finché non lo vedo sparire dietro alle porta scorrevoli, e poi esco.

Quando raggiungo i miei amici Sonoko mi stringe in un dolce abbraccio.

E le mie lacrime iniziano a scendere, ma per una volta oltre a lacrime di dolore, verso anche lacrime di gioia.


Non ho parole per dirti di più
Ma tremo dentro, lo sai anche tu,
Sai che tra poco dovrò dirti addio… Angelo Mio

(Tiziano Ferro – Angelo Mio)

 

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Tratto dal Capitolo Quattordici: Ritrovarsi

Apro lentamente la porta. Un lieve scricchiolio anticipa la mia entrata.

E lo ritrovo lì, sdraiato sul suo morbido letto con un libro a coprirgli il viso.

Sorrido dolcemente, mentre mi avvicino a lui.

   
 
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