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Autore: Soul_s24    14/02/2018    2 recensioni
[What if?] [Katsudeku/Bakudeku] {VILLAIN!Deku}
"Potresti farcela anche senza poteri? No, mi dispiace. È qualcosa che non posso dirti."
E se Midoriya Izuku, preso dallo sconforto a causa delle parole di All Might, non provasse a salvare Bakugou, ma sprofondasse nella disperazione più totale?
«Perchè la speranza è l'ultima a morire, ma la prima ad uccidere.»
!WARNING: ANGST-ANGST EVERYWHERE- AND OOC!
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: All Might, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CHAPTER I: WEAKNESS


Quando il sole fece il suo primo ingresso nel cielo ancora scuro, Izuku era già sveglio.
Da quell'episodio i suoi occhi, segnati da occhiaie scure e profonde, non si erano più riposati, insieme alla sua mente intricata. I giorni divennero sempre uguali, mentiva a sua madre, dicendo di stare male e si rannicchiava nel letto. Ormai non notava neanche più quando, la dolce Inko, con sguardo preoccupato, apriva lentamente la porta e si affacciava leggermente, allungandosi sui suoi piedi, per assicurarsi che il suo dolce bambino stesse ancora bene.
E, mentre calava la notte, Midoriya si limitava solamente a spostare lo sguardo al soffitto della sua camera, per poi rigirarsi ferocemente nel letto, combattendo contro i suoi pensieri aggrovigliati e contorti.

Aveva saputo che Katsuki stava bene, grazie all'intervento di All Might, che, dopo quasi più di un'ora, era riuscito a spazzare via quella creatura melmosa. Tralasciando la distruzione di mezzo quartiere, il biondo era stato portato in ospedale d'urgenza, inizialmente in stato comatoso.Si era, però, ripreso subito, vista la sua forza ardente.
Durante il suo ricovero, Izuku, si era fatto coraggio ed era uscito di casa, sotto lo sguardo sorpreso della madre. Si era diretto con passo incerto in ospedale, domandando al reparto informazioni in quale stanza fosse Bakugou Katsuki. La giovane infermiera dai capelli rossicci gli aveva risposto, chiedendogli, con un luccichio di ammirazione negli occhi, se era amico di quel ragazzo dotato di tanta audacia. Lui, abbassando lo sguardo, aveva negato, scuotendo il capo, affermando a voce bassa che erano solo vecchi conoscenti. Dopodiché, senza neanche salutare o guardare la donna, aveva lasciato la sala e si era diretto verso i numerosi corridoi, salendo almeno due rampe di scale. Il cuore rombava forte nel petto, ma forse era solo quello sforzo fisico provocato da quei due piani fatti a piedi.

Con il respiro trattenuto si era avvicinato alla porta della camera designata dall'infermiera. Aveva allungato la mano, stranamente tremante, afferando la maniglia, pronto a spingerla.

DEKU”

Non successe niente.
La mano veniva stretta attorno a quel pezzo di metallo, senza però riuscire a forzarlo.
Perchè era lì?

Prega che nella tua prossima vita avrai un'unicità, e vai a buttarti dal tetto della scuola!”

 

Strinse i denti. Perchè lo era andato a trovare!?
Spalancò gli occhi, rendendosi contro del suo pensiero crudele. Lui voleva bene a Kacchan, nonostante le brutte frasi con cui lo tormentava da molti anni...

O forse è solo il senso di colpa che hai per non essere riuscito a fare niente?

O forse... ti è piaciuto, non riuscire a fare niente per quello là?

 

Si era allontanato dalla maniglia con un gemito di paura, scottato dalla sua stessa mente. Aveva corso verso le scale, facendole saltando e quasi cadendo, sfrecciando via dall'ospedale come un razzo.

Era scappato, di nuovo.



Ora, Midoriya, si ritrovava di nuovo nel buio della sua stanza, con la faccia schiacciata sul cuscino, mentre lottava contro la sua stessa mente. Contro un sé stesso che sarebbe voluto intervenire per salvare Bakugou e che lo criticava per i brutti pensieri avuti quel pomeriggio, insultandolo e definendolo un inutile umano debole e vigliacco.
E, tra le coperte, cercava di distruggere la parte di sé che più lo spaventava. Una parte di sé che gli ripeteva di aver fatto bene ad andarsene, non salvando quello che era stato il suo aguzzino per anni.
Si strinse le mani tra i capelli e soppresse un urlo tra le lacrime, che continuavano a sgorgare senza controllo.
Ormai non si riconosceva più.
Lui non era così.

Cosa gli stava accadendo?

Con un movimento fulmineo si alzò e, incespicando nel buio, raggiunse la sedia della scrivania e, con essa, il computer. Lo accese, mentre i suoi occhi si riempivano ancora una volta di lacrime. Con il mouse tremante cliccò, sul desktop, un video che conosceva molto bene.


Avete visto?! Ha già salvato cento persone! Incredibile!”

Izuku si accartocciò sul tavolo, la schiena piegata, la fronte sulla superficie legnosa, gli occhi brucianti.

Sta ridendo di gusto!!”

I pugni chiusi contro il tavolo e le nocche bianche.

Non preoccupatevi, volete sapere perchè?”

La bocca martoriata e i denti stretti in modo quasi doloroso.

Perchè ora ci sono qui-”





Un frastuono proruppe nella camera, lo schermo ormai ridotto a piccole schegge all'interno della mano sanguinante di Midoriya. Nonostante il vetro tagliente dentro la pelle, il dolore, il giovane ragazzo, non lo sentiva. Non percepiva più niente, solo l'uragano nella sua mente, accompagnato da singhiozzi aspri e cruenti. Si alzò irruento dalla sedia, facendola cascare a terra e senza aspettare oltre, non preoccupandosi di essere in pigiama, a grandi passi uscì dalla camera, raggiungendo la porta d'ingresso.

“I-izuku?”

Mentre, chinato in avanti, si stava mettendo le scarpe senza neanche allacciarle, sentì la voce spaventata di sua madre dietro di lui.
“C-che stai facendo? Cos'hai? Ti senti male?!” Frettolosamente lo raggiunse, poggiando le sue delicate mani sulle spalle rigide del figlio. Quest'ultimo si alzò bruscamente rivolgendole il sorriso più finto che avesse mai fatto. Così finto da sembrare, nell'oscurità della casa, persino rassicurante.
“Va tutto bene mamma, ho solo fatto un incubo... ho bisogno di una boccata d'aria”

La donna strabuzzò gli occhi alla vista di un liquido scarlatto che gocciolava con suono macabro sul pavimento in legno. Seguì la scia, ritrovandosi ad osservare la macchia scura impressa indelebilmente sulla pelle e i vestiti del ragazzo “M-ma la tua mano sanguina!!”

Senza degnarla di una risposta, Izuku prese il suo giubbotto e uscì, mentre la signora Midoriya ancora lo chiamava in pensiero e con le lacrime agli occhi.

 

 

Aveva corso a lungo per quelle strade deserte, circondate da alberi imponenti, illuminati dalla luce giallastra dei lampioni. Ignorava il dolore pulsante della mano e le fitte ai muscoli affaticati.

Non preoccupatevi, volete sapere perchè? Perchè ora ci sono qui io.”

Si accorse di star piovendo solo quando, a causa dei lacci non legati e delle gambe debilitate, scivolò sulle ginocchia e sui gomiti, sbucciandoli. Le gocce di pioggia, dure come pietre, si schiantarono sulla sua schiena, inzuppandogli i vestiti nell'aria gelida della notte.

Perchè ora ci sono qui io.”

Dove? Eh, All Might? Dove sei?
Come poteva definirsi un hero? Lui, un uomo che con le sue parole arroganti, lo aveva distrutto in quel modo?
Come?
Era quello il significato di eroe? Una persona muscolosa piena di soldi e gloria?
Midoriya era sempre stato convinto che un eroe si definiva tale perchè salvava le persone, da qualsiasi situazione, non solo fisica, ma anche mentale. Gli eroi dovevano donare sogni, non distruggerli.
Perchè gli uomini vanno avanti a sogni. Vanno avanti con le speranze e con i buoni propositi.

Potresti farcela anche senza poteri? No, mi dispiace-”

E lui, che ora non aveva niente di tutto quello, come poteva andare avanti? Come poteva anche solo immaginare di vivere una vita normale, in quello stato? Era solo un mediocre scarto della società, senza poteri, senza niente.

Mi dispiace Izuku!”

Anche sua madre lo aveva confermato, con quella frase sottintesa, insieme a quell'individuo che definiva il suo idolo.

Cosa gli restava ora?

Il suo corpo infreddolito, ormai, si rifiutava di muoversi e il ragazzo si ritrovò a singhiozzare agonizzante, mescolandosi con il rumore della pioggia e sentendo tutte le scariche di dolore, provenienti dagli arti che prima aveva ignorato.

Prega che nella tua prossima vita avrai un'unicità, e vai a buttarti dal tetto della scuola!”

Forse avrebbe dovut-

 

I suoi pensieri vennero interrotti. Non sentiva più la pioggia gelida infrangersi sugli indumenti già fradici. Alzò lentamente lo sguardo.
I contorni di una figura imponente ed elegante, nella penombra, si stagliavano sopra di lui, proteggendolo con un ombrello. Un ultimo singhiozzo gli uscì dalla gola graffiante e spostò di nuovo lo sguardò stanco, seguendo il movimento dell'individuo.

Quella mano sconosciuta, come una salvezza, si tese verso di lui, pronta a ricevere e condividere tutto il dolore del ragazzo, come nessun altro avesse mai fatto.

   
 
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