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Autore: bambolinarossa98    14/02/2018    3 recensioni
[Seconda storia della serie The Chronicle's of Mafia Family.]
🌟
[Katekyo Hitman Reborn!Crossover]
Gli Anelli Vongola, gli Anelli Mare e i Ciucciotti degli Arcobaleno.
Insieme formano il Trinisette: tre gruppi di sette pietre ciascuno che, si dice, abbiano creato il mondo...

*
[...]Il suo volto era illuminato dalle fiamme che guizzavano nel recipiente di pietra a cui era appoggiato, creando ombre danzanti sul suo viso che lei riusciva a scorgere benissimo... eppure, se doveva soffermarsi sui dettagli, questi le sfuggivano. Come un sogno che si cerca di ricordare mentre quello continua a scivolare via dalla tua mente.
*
[...]Un giorno, in un futuro lontano, potresti guardarti indietro e pensare: ma io ero davvero così? E sarà strano, nostalgico, ma anche buffo e ti scapperà un sorriso perché ti renderai conto di quanto tu sia cresciuta. -
***
Un misterioso bambino venuto dall'Italia.
Uno strano ragazzo venuto dal Giappone.
Un segreto che nasce dagli albori della famiglia mafiosa più potente del mondo.
Il destino di Marinette, ereditato col sangue.
*
[Sequel di The Third Family]
Genere: Azione, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Chronicle's of Mafia Family'
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REVISIONATO IL 12/06/2019



 
Titolo: The Lady of the Ring
Capitolo: 15. Il mio San Valentino all'insegna della morte - Parte 1
Fandom: Katekyo Hitman Reborn - Miraculous
Numero Parole: 9.240
 
 
 
 
Marinette si rigirò tra le lenzuola con un mugolio indistinto: un raggio di sole le finì dritto in faccia e fece una smorfia, infastidita, sprofondando col viso sotto le coperte; un attimo dopo un dolcissimo aroma di cioccolato le arrivò alle narici facendole venire l'acquolina in bocca, e si decise ad aprire piano un occhio.
Si stiracchiò attentamente, gettando le braccia in alto e tendendo ogni singolo muscolo, prima di alzarsi e scendere la scaletta: la stanza era vuota, la chaise longue sgombra e l'amaca vuota, persino Tikki non c'era.
Eppure non era così tardi.
Prese qualche abito a casaccio dall'armadio e si diresse verso il bagno, fece la doccia, si vestì, preparò lo zaino e scese in cucina. Fu leggermente sorpresa di trovare tutti seduti a tavola davanti ad una tazza di cioccolato caldo e qualche cestino di biscotti.
- Buongiorno, tesoro - salutò Sabine, allegra, facendo saltare una crêpe in padella.
- 'Giorno - rispose lei un tantino perplessa, posando lo zaino sul divano e sedendosi a tavola: erano rari i momenti in cui tutti gli abitanti di quella casa se ne stavano seduti nello stesso punto, a colazione. Di solito Bianchi era sul divano a guardare la televisione e Dino girava per il salotto come uno zombie con una tazza di caffé tra le mani, nel tentativo di svegliarsi; solo Lal e Squalo erano a tavola, ma entrambi sempre persi in chissà quali altri pensieri quindi se non ci fossero stati fisicamente sarebbe stato lo stesso.
Oltretutto una colazione così ricca non era roba da tutti i giorni. Certo, quel giorno era San Valentino, ma di solito sua madre si limitava a fare dei cioccolatini o un dolce particolare, niente di più. Prese la tazza davanti a sé e ci soffiò sopra per raffreddare il cioccolato prima di berlo. Sabine sembrava di ottimo umore mentra faceva scivolare un piatto davanti ad ognuno di loro e Marinette si chiese come mai, mentre prendeva la nutella e la spalmava sulla propria crêpe. Vide di sfuggita Dino prendere un biscotto dal cestino al centro del tavolo e, stando attento che Sabine non lo vedesse, ficcarlo sotto il tavolo con una nonchalance spaventosa. Si sporse leggermente oltre il bordo, perplessa, solo per trovare Tikki seduta sulle sue ginocchia che lo sgranocchiava.
E, come era solita fare ormai da settimane, si astenne dal fare domande. Non era neanche sicura di volere una risposta, a dire il vero.
Finì la sua colazione in perfetta indifferenza, salutò tutti, recuperò il Kwami e lo zaino e si apprestò ad uscire. Solo quando fu a metà della rampa di scale la porta alle sue spalle si aprì.
- Aspetta un attimo - la richiamò Bianchi, raggiungendola - Prendi questo - aggiunse porgendole un pacchettino avvolto in carta gialla con un fiocco nero.
- Cos'è? - chiese lei, curiosa.
- Cioccolato avvelenato - rispose la donna, con naturalezza, facendole sgranare gli occhi - Se vuoi uccidere qualcuno questo è il giorno migliore per farlo con qualche cioccolatino - spiegò saccente. A dire il vero Marinette aveva almeno una decina di motivi per contestare tale affermazione, tuttavia decise che era meglio non mettersi a discutere.
- Ehm... grazie, Bianchi, lo terrò presente - annuì convinta.
La donna sorrise, evidentemente divertita - Torna presto, dobbiamo prepararci per stasera - ricordò, voltandosi e risalendo le gradinate.
- D'accordo! - rispose Marinette, mettendo il pacchetto nella tasca esterna dello zaino e sfrecciando fuori essendo già in ritardo. Rischiò di essere investita un paio di volte ma, per non sapeva quale grazia divina, riuscì ad arrivare a scuola pochi secondi prima che suonasse la campanella. Si fece tutto l'atrio di corsa eppure, arrivata a metà della rampa di scala, inciampò in un gradino e cadde all'indietro, travolgendo almeno tre o quattro persone che stavano salendo.
Insomma, la normalità.
- Buongiorno anche a te, Marinette - disse una voce, allegra, proprio sotto di lei. Marinette si massaggiò la schiena mettendosi seduta.
- Scusa, Nino - sospirò dispiaciuta. Il ragazzo l'affiancò aggiustandosi la visiera del cappello.
- Figurati, è sempre stato il mio sogno avere una ragazza che mi cade tra le braccia - rispose lui con un gran sorriso. Marinette gli tirò una gomitata sulla spalla.
- Goditela, perché sarà l'ultima volta - lo informò divertita.
- Se avete finito di prendere il thé, voi due, vi dispiacerebbe alzarvi? - chiese una voce gelida dietro di loro.
- Oh. Scusa, Chloé - mormorò Marinette tirandosi su. La ragazza si alzò, seccata, iniziando a raccattare le cose che le erano cadute dalla borsa. Con sommo orrore Marinette vide che il pacchetto con il cioccolato di Bianchi le era scivolato via dallo zaino, quindi si affrettò a farlo sparire salendo poi le scale per entrare in classe.
Nino le diede un colpetto sul braccio. - Allora, preparato qualcosa per qualcuno in particolare? - chiese ammiccando. Marinette lo fissò per qualche istante, non capendo, infine sgranò gli occhi sbattendosi la mano in fronte.
- Giusto! Me ne sono completamente dimenticata! - esclamò. Come aveva potuto non pensare di fare qualcosa ad Adrien? L'ultima settimana aveva aiutato suo padre con il cioccolato che avrebbe dovuto mostrare alla festa, era vero, ma di certo non bastava a farle dimenticare una cosa simile.
No, il punto era un altro, ben più grave ed impegnativo.
- Sono stata molto... impegnata, ultimamente - ammise, esitante, abbassandosi la manica destra della giacca in un gesto automatico - Non ho proprio avuto il tempo di pensarci. -
- Ho sentito che casa tua è molto affollata - commentò Nino varcando la porta.
- Sì, ma non è un problema questo - rispose lei, sedendosi al proprio posto mentre Nino si abbandonava sulla panca accanto al compagno. - È solo che... - cominciò, nervosa.
- Marinette, che hai fatto al braccio? - la interruppe Adrien scrutando le mezze maniche della giacchetta della ragazza con le sopracciglia aggrottate: sull'avambraccio destro, poco sotto l'orlo, spuntavano un accenno di bende mediche. Solo allora Nino sembrò accorgersene.
- Ti sei fatta male? - chiese, sporgendosi per vedere meglio. Marinette si morse il labbro inferiore titubante: e adesso come avrebbe spiegato loro che Squalo le aveva quasi staccato il braccio mentre l'addestrava con la spada?
Da lì a qualche giorno Lal aveva deciso che il ragazzo dovesse insegnarle le basi dell'utilizzo delle armi bianchi, quindi si erano appartati ogni pomeriggio nel seminterrato della villa di Dino (dove la ragazza aveva scoperto alloggiavano Romario, Roberto e il resto della Famiglia Cavallone) sotto la supervisione di Bianchi.
Squalo era un istruttore severo, certo, ma evidentemente non si era sturato bene le orecchie quando gli era stato detto che lei non aveva mai toccato una spada in vita sua prima di allora. In compenso era stato divertente vederlo scappare per tutta la villa con una Bianchi incazzata al seguito, mentre Romario la medicava.
- Non è niente, mi sono solo scottata con il forno - mentì, cercando di non farsi venire i sensi di colpa - Tu, invece? - si affrettò a cambiare discorso.
Nino scrollò le spalle, prima di sospirare teatralmente affranto - Avevo tanta voglia di scrivere una poesia per esprimere tutto l'amore che provo per il mio tenero raggio di sole - disse, a voce abbastanza alta, sporgendosi oltre la spalla di Adrien.
Chloé non si voltò neanche, tenendo gli occhi fissi sul suo cellulare - Estinguiti, polpettina ripiena - rispose eterea.
- Ah, questa fa male! - ammise lui.
- Cosa mi sono persa? - chiese Marinette guardandoli entrambi. Adrien rise.
- Il padre di Nino ha avuto un colloquio con il signor Bourgeois, ieri - spiegò.
- Mio padre ha scelto il momento sbagliato per chiamarmi "polpettina ripiena" - sospirò il ragazzo - Però, in compenso, ho potuto assistere al "tenero raggio di sole" di Chloé - aggiunse sogghignando.
- Polpettina ripiena? - domandò lei, perplessa ma divertita.
- È un nomignolo con cui i miei genitori mi chiamavano da piccolo - spiegò lui, seccato - Sai, ero basso e paffuto. -
- Oh, ma che carino! - commentò Alya, dolcemente, prendendolo educatamente in giro.
- Ah, ma che spiritosa. -
- È divertente bullizzarti. -
- Perché proprio tu? Io ti amavo! - esclamò Nino tendendo la mano verso di lei con finta disperazione.
- L'amore è platonico! - rispose Alya portandosi il dorso della mano alla fronte - Va e viene: ieri amavi me, oggi amerai un'altra, domani un'altra ancora... nel dubbio io ti bullizzo! -
Tutti e quattro si guardarono per un istante poi scoppiarono a ridere.
- Oh, cielo - Marinette si asciugò una lacrima con l'indice, ridendo - Voi due dovreste fare gli attori. -
Nino si esibì in un inchino, compiaciuto - Tu mi lusinghi. -
Il resto della giornata lo passarono a chiacchierare del più e del meno, badando pochissimo alle lezioni della mattina. Quando Marinette e Alya scesero in cortile, all'ora di pranzo, la corvina ormai quasi non pensava più a San Valentino e connessi. In un certo qual modo fu Alya a ricordarglielo quando notò il pacchetto con i cioccolatini spuntare dalla tasca esterna dello zaino della ragazza. Da lì fu l'inferno.
- Uuuh, per chi sono questi? - chiese Alya, maliziosa, tirando fuori il pacchetto e osservandolo. Marinette per poco non sputò il succo di frutta che stava bevendo.
- Ah, no! - esclamò, sporgendosi per riprenderlo - Non sono per nessuno... me li ha regalati Bianchi... - disse, in preda al panico, cercando di raggiungerli benché lei li tenesse in alto, fuori dalla sua portata.
- Davvero? - chiese Alya, perplessa, osservando il pacchetto sospeso sopra il suo viso - Allora perché qui c'è scritto "Per Adrikins"? -
Marinette smise di arrampicarsi sulla testa dell'amica, agghiacciata. - Cosa? - sbottò, afferrando finalmente il pacchetto: in effetti vicino al fiocco di velluto nero vi era un bigliettino che era sicurissima non ci fosse quando Bianchi glielo aveva dato. Con una calligrafia elegante e ondulata vi era scritto "Per Adrikins, con affetto..."
- ...Chloé?! - esclamò lei stranita - Non è possibile! Questo me lo ha dato Bianchi stamatti...! - un brivido gelido le corse giù per la schiena al ricordo dell'epocale caduta giù per le scale d'ingresso nel quale aveva coinvolto Nino, Chloé e Sabrina. Si sbatté una mano in fronte dandosi della stupida - Ma certo, che scema! - sbottò - Stamattina ci siamo scontrate sulle scale e devo aver preso il suo pacchetto credendo fosse il mio! -
- Sì, però... - continuò Alya, sbirciando dentro la tasca - ...quì non c'è nient'altro - notò mostrando il contenuto vuoto. Marinette impallidì paurosamente, tanto che per poco non si confuse con l'intonaco alle sue spalle. Guardò il pacchetto tra le proprie mani e li sentì nitidamente i dieci anni di vita scivolare via dal suo corpo.
- Quindi... se io ho il suo... - mormorò, sentendosi malissimo - ...lei ha il mio. -
- E allora? - domandò Alya scrollando le spalle. Marinette scattò in piedi, portandosi le mani nei capelli in preda al panico.
- E allora Adrien sta per morire intossicato! - urlò girando i tacchi e sfrecciando attraverso l'atrio, dritta verso le scale, ignorando gli sguardi allucinati di chi la vedeva passare.
Quando piombò sulla soglia della classe, quasi scardinando la porta, rimase pietrificata per qualche secondo nel vedere Chloé e Adrien davanti le finestre: la prima tutta sbrillucicosa e più civettuola del solito, il secondo che fissava decisamente perplesso quel cioccolato dall'aria mortale.
- Nino! - urlò adocchiando il ragazzo poco sopra le scale, proprio mentre Adrien prendeva un cioccolatino, sospettoso. Lui si voltò verso di lei, sentendosi interpellato, e Marinette indicò il biondo con la mano - Placcalo! - ordinò, scattando verso il duo.
Il ragazzo non fece domande, di questo bisognava dargliene atto, ma schizzò giù dalle scale e si gettò di peso saltando gli ultimi tre gradini. Successe tutto molto velocemente: il dolce era a pochissimi millimetri dalle labbra di Adrien quando Nino gli saltò addosso, prendendolo per le spalle e mandandolo al tappeto. Marinette era schizzata alle spalle di Chloé, travolgendola e finendo entrambe sui due ragazzi.
Allungando le mani in un gesto disperato la ragazza riuscì ad afferrare il pacchetto aperto, evitando che tutti i cioccolatini cadessero sul pavimento.
Poi scese il silenzio.
- Oh, grazie al cielo - sospirò Marinette, sollevata, vedendo che tutti i dolci erano al loro posto: ne mancava solo uno, quello che aveva preso Adrien, che nell'impatto era volato sul banco alle loro spalle.
- Voi due! - la voce indignata di Chloé le arrivò chiara e nitida schiacciata tra il suo petto e la schiena di Nino, mentre Adrien era all'ultimo strato cercando di capire cosa fosse successo... e di tornare a respirare.
- Ok - annuì Nino alzandosi la visiera del cappello che gli era calata sugli occhi - Perché li abbiamo placcati? - chiese, alzando lo sguardo verso Marinette.
Adrien sgranò gli occhi - Cioé... tu ci sei venuto addosso senza neanche sapere perché? - chiese allibito. Nino scrollò le spalle.
- Me l'ha ordinato lei - rispose tranquillamente - Sembrava così convincente - aggiunse a mo' di scusa. Marinette scosse il capo per scacciare quel senso di nausea e paura che aveva avuto addosso fino a quel momento, e si alzò.
- Marinette! - Alya li fissava stupita dalla soglia dell'aula insieme agli altri ragazzi presenti.
- Marinette... che succede? - domandò Adrien cercando di scrollarsi Nino di dosso.
- Posso spiegare - si affrettò a rispondere lei, zittendo le proteste di Chloé con un gesto della mano - Questi cioccolatini non sono i tuoi - aggiunse recuperando il pacchetto che si era infilata nella borsetta durante il tragitto dal cortile alla classe, identico a quello che stringeva tra le mani - Questi sono tuoi. Ce li siamo scambiati stamattina sulle scale - spiegò, spazzolandosi i vestiti.
Chloé lo fissò sospettosa poi aprì il biglietto, stupita - Oh, mi stavo giusto chiedendo perché non ci fosse - ammise. Marinette richiuse il proprio pacchetto alla meno peggio e si astenne dall'infilarlo nella borsetta per non rischiare di intossicare Tikki.
- Che cos'hanno questi che non va? - chiese Nino vedendola maneggiare l'involucro con cura.
- Sono avvelenati - rispose lei, semplicemente. Tutti e quattro la fissarono straniti, poi Nino rise pensando che la ragazza scherzasse.
- Dai, sul serio - la spronò, divertito. Marinette lo fissò impassibile.
- No, davvero - annuì.
- Non penserai davvero che ci crediamo? - esclamò Chloé, scettica.
Alla ragazza bastò lanciare un'occhiata al banco alle loro spalle per trovare la risposta e tossì leggermente per attirare l'attenzione - Ehm... - disse, indicandolo col dito. Tutti e quattro si voltarono e impallidirono, osservando la scena con un'espressione di sorpresa e orrore dipinta sul volto: il cioccolatino, scioltosi, aveva formato un buco nel legno dove di solito si sedeva Sabrina.
- Pensa, avrebbe potuto essere il tuo stomaco - commentò rivolta ad Adrien, troppo scioccato per proferire parola. - Beh... continuate pure come se non fosse successo niente - consigliò stirando un sorriso forzato, ricevendo un'occhiata sconvolta dai suoi compagni. Marinette ridacchiò nervosamente, fece un passo indietro e scappò via.
Si fiondò direttamente in cortile e riprese il proprio zaino, gettando il cioccolato nel cestino più vicino. Adesso come l'avrebbe spiegata una bomba tossica in suo possesso? Quale scusa avrebbe trovato per il quasi omicidio di Adrien? E cosa avrebbe detto se le avessero chiesto perché un uomo vestito di nero con la permanente stava salendo le scale che portavano all'edificio, borbottando imprecazioni in italiano?
Non sappe come reagire quando il portone d'ingresso venne quasi buttato giù e Squalo apparve sulla soglia tutto trafelato, incazzato come al solito.
- Vooooi! - sbraitò, alzando la mano col dito a puntare proprio lei - Che cazzo ti porti dietro, deficente?! - urlò, evidentemente riferito alla cioccolata.
Marinette fissò, allucinata e sconvolta, i boccoli albini che spuntavano dalla coda di cavallo sulla nuca del ragazzo. - Cosa... che hai combinato? - balbettò, incredula. Poté giurare di vedere le guance di Squalo tingersi leggermente di rosa mentre marciava verso di lei.
- Non ne voglio parlare - ringhiò, incazzato - Quella pazza mi ha preso per Barbie Parrucchiera! -
Marinette sbatté le palpebre - Bianchi? - domandò.
- Quante altre pazze conosci? - sbottò lui ironico.
- Beh... - "Parecchie. Te ad esempio" avrebbe voluto rispondere ma si astenne.
- Perché hai accettato quella roba? - cambiò discorso lui. Lei ci mise un po' a capire che si riferiva al cioccolato.
- Mi sembrava maleducato rifiutare, sopratutto da lei - ammise alzando le spalle.
Squalo sbatté le palpebre un paio di volte, incredulo - E ti porti a scuola un'arma assassina solo per questo? -
- Detto da te è quasi un insulto - ribatté lei, offesa, tirandogli un calcio sullo stinco.
- Difatti, ti stavo insultando - rispose lui, colpendola sulla fronte con uno schiocco secco di dita.
- Che ci sei venuto a fare qui? - borbottò Marinette massaggiandosi il punto leso con stizza.
- Ti prelevo - tagliò corto lui, circondandole la vita con il braccio e mettendosela in spalla.
- Ma che fai? - si lamentò la ragazza trovandosi con la sua spalla nello stomaco.
- Ormai il danno lo hai fatto, tanto meglio che sparisci prima di dover rispondere a domande scomode - tagliò corto lui
- Non ce n'è bisogno! E poi tu come fai a saperlo? -
- Questo non è importante. E poi dimmi, grandissimo genio, come pensi di spiegare un pacco di cioccolata avvelenata in tuo possesso? - chiese lui, sarcastico, gettando occhiate alla "Che cazzo guardi?" a tutti coloro che, in piedi nell'atrio, fissavano lo spettacolo del tipo poco raccomandabile con i boccoli che trasportava una minorenne in spalla come un sacco di patate.
- Certo, perché tu che spunti dal nulla e mi sequestri è normale! - sbottò lei, incrociando le braccio al petto - Questo, tra l'altro, è un reato penale. -
- Fosse il primo - commentò Squalo, sarcastico, tirandola su con un gesto.
- E vedi dove metti quelle mani! - aggiunse, tirandogli una ginocchiata nelle costole quando lo sentì vagare un po' troppo al di sopra delle cosce.
- Ma per chi mi hai preso, mocciosa? - si lamentò lui, offeso - Piuttosto ringrazia che non ti molli sul marciapiede! -
- Posso camminare da sola! -
- Sei troppo lenta. -
- E tu sei proprio un... - ma si trattenne dallo sparare un insulto con i fiocchi: lo diceva, lei, che la compagnia di Squalo era qualcosa di nocivo.
- Piuttosto - cambiò discorso lui - Questa roba... si può togliere? - chiese, nervoso. Marinette fissò la sua nuca e si trattenne dallo scoppiare a ridere quando si rese conto che, sì, erano abbastanza ridicoli... ma gli stavano veramente bene!
- Sì, se li ha fatti con il phon basterà lavarli. O spazzolarli parecchio - mugugnò, sopprimendo una risata.
- Non è divertente! - sbraitò Squalo.
- Ma ti donano - ammise lei soffocando il riso nella giacca di lui.
- Sei proprio una... -
- ...mocciosa, sì - borbottò lei, alzando gli occhi al cielo.
- Del cazzo - aggiunse lui.
- E mettimi giù che mi sta venendo la nausea - sbottò, sentendo la bile risalirle dallo stomaco. Squalo non le rispose avanzando velocemente sul marciapiede, ignorando gli sguardi di chi li vedeva passare. - Ci stanno guardando tutti - gli fece notare lei.
- Che guardino - fu la risposta.
- Se non mi metti giù entro tre secondi mi metto ad urlare - minacciò, venendo ignorata. - Giuro che ti faccio arrestare - aggiunse.
- Peggio per loro - rispose pigramente Squalo.
Marinette respirò a fondo, alzò il viso e lanciò un urlo che per poco non gli fece saltare un timpano - AIUTO! UN PERVERTITO CON I BOCCOLI MI HA RAPITA! -
Il ragazzo si fermò di botto e tutti i presenti si voltarono verso di loro, guardandoli storto.
- Vooooi! Ma che cazzo ti prende?! - urlò lui - Mi hai quasi stonato! -
- Te lo avevo detto - bisbigliò lei - Mettimi giù! -
- Col cazzo! -
- Aiutatemi! Vuole stuprarmi! - aggiunse, a pieni polmoni, voltandosi verso i passanti più vicini.
- Ma non è vero! - sbottò lui.
- Allora mettimi giù! -
- Non badate a lei, è pazza - consigliò tranquillamente il ragazzo, aggiustandosela in spalla con un gesto e riprendendo a camminare - Sente le voci. È un pericolo per sé stessa. -
- Squalo! Lasciami andare! -
 
 
Marinette non sapeva cosa la facesse arrabbiare di più: essere stata portata di peso fin dentro casa o Dino che rideva da mezz'ora, accasciato sul divano. Lo avrebbe volentieri preso a calci se Bianchi non le avesse intimato di non muoversi se non voleva friggersi la nuca.
- Molto divertente, davvero - ringhiò, gelida, incrociando le braccia al petto. Dino si asciugò una lacrima tentando di respirare - Non posso... non posso credere... - balbettò a fatica - ...che ti sei messa a urlare davvero - finì, soffocando le risate nel cuscino più vicino.
- Sta' zitto - mugugnò lei arrossendo - Piuttosto, sono indignata: non credevo che i francesi fossero così egoisti. Non si è mosso un cane: metti che ero stata rapita per davvero? - sbottò, incredula.
- Beh, Squalo la faccia losca ce l'ha - commentò Bianchi, chiudendole l'acconciatura con i ferretti - Ma pur volendo lavorare di fantasia non penso che passerebbe per uno stupratore - aggiunse, passandole la piastra sulle ciocche lasciate davanti.
- Era la cosa più logica da dire: andiamo, un tizio che porta in spalla una ragazzina. Voi che avreste pensato? - chiese alzando un sopracciglio.
- Una povera anima innocente che deve sopportare gli scleri di una pazza isterica - rispose Squalo, entrando in salotto mentre si raccoglieva la lunga coda (miracolosamente liscia) con un elastico nero.
- Beh, dai... non puoi negare che fosse molto equivoca come cosa - notò Dino, sospirando a fondo per tornare serio.
- La colpa è tua! - lo accusò Marinette puntandogli il dito contro - Se non avessi fatto l'idiota non avrei dovuto fare quella figuraccia davanti tutta Parigi! - sbottò.
Squalo alzò gli occhi al cielo - Ma ti lamenti di tutto. -
La ragazza drizzò la schiena, indispettita - Io non mi sono mai lamentata di niente finché non sei arrivato tu! -
- Stai ferma, Marinette - l'ammonì Bianchi tirandole la frangia di lato.
Marinette sospirò, riabbandonandosi sulla sedia, riprendendo la calma.
- Tanto, oramai, dovrò abituarmi anche a questo - sospirò, accavallando le gambe e osservando le scarpe ai piedi del divano - Potevi prendere dei tacchi più bassi, eh - aggiunse, rivolta ai sandali d'argento che Bianchi le aveva preso da Agreste, - Non sono abituata - ammise con una smorfia.
- Ci prenderai la mano, vedrai - la tranquillizzò la donna finendo di sistemarle le ciocche davanti ed allontanandosi per osservare il proprio operato: le aveva alzato i capelli in una crocchia elaborata, con ciocche mosse che le ricadevano sulle guance e la frangetta che tendeva di lato scoprendo di più la fronte. Marinette rimase sorpresa quando si vide riflessa nello specchietto.
- Wow, Bianchi! - esclamò - È bellissima! -
La donna sorrise - Ti ringrazio. Me la cavo con queste cose - ammise, staccando la presa della piastra e lasciandola sul tavolino a raffreddare. Marinette si alzò dalla sedia e si lasciò cadere sul divano accanto a Dino, recuperando i sandali.
- Sperando di non rompermi qualche osso - commentò, allacciandosi i cinturini sulla caviglia.
- È tutta esperienza - commentò Bianchi infilandosi gli stivaletti neri sotto il vestito.
Chloé aveva detto che non era una serata elegante ma Bianchi aveva concordato sul fatto che non fosse il caso di andarci in jeans e camicia; così si era scelta un vestito bianco con motivi a fiori neri sul corpetto, parte della gonna e sulle maniche trasparenti, coronando il tutto con degli stivaletti neri a tacco alto, alzandosi i capelli in una crocchia. Marinette aveva dovuto ammetterlo: Bianchi stava bene con qualunque cosa, anche gli abiti un po' da maschiaccio che indossava di solito.
Dino si era limitato ad un completo giacca e cravatta di una tonalità più chiara di nero, anche se evidentemente la giacca fungeva solo da pezzo ornamentale visto che l'aveva abbandonata sulla spalliera del divano restando solo in camicia (che portava fuori dai pantaloni e con i primi bottoni aperti, con tanto di cravatta allentata). Insomma, nel quadro generale era sexy.
Squalo era in similar con un paio di jeans scuri e una camicia nera tenuta in modo più ordinato; si era limitato ad alzarsi i capelli in una coda con le ciocche davanti libere e non aveva rinunciato a portare i guanti neri.
Sì, era sexy anche lui, ma questo Marinette si astenne dal dirlo.
Bianchi, invece, aveva insistito perché comprasse un vestito da Agreste e lei non era riuscita proprio a dirle di no; di per sé l'abito era carino: leggero, sul bianco champagne, con le maniche lunghe fino agli avambracci e una gonna di tulle al ginocchio a quattro strati di differente lunghezza, così che a intervalli regolari vi era un bordino arricciato. Molto semplice e stretto in vita.
Marinette aveva riempito la scollatura con la catenina dell'anello e Bianchi le aveva cucito una borsetta a tracolla simile a quella che portava di solito, solo più piccola e sulle tonalità del vestito così che potesse tenerci tranquillamente il telefono, lo yo-yo (da cui oramai non si separava più) e Tikki.
Per Lal era stato più complicato poiché la bambina si era rifiutata di indossare il vestitino che lei stessa le aveva fatto su misura. Aveva confabulato qualcosa sulle gonne e i vestiti, mettendo in ballo anche l'accademia militare e un certo CEDEF... Bianchi non aveva voluto sentire storie ed era riuscita ad infilarla nel vestito, non senza problemi. Morale della favola: adesso Lal era seduta sulla poltrona con un vestito blu, un paio di ballerine coordinate, un fermaglio con una pietra abbinata sulla frangia e un'incazzatura colossale.
Marinette aveva preferito non dire niente dopo che la bambina aveva provato a trasformare Dino in un colabrodo, quando il ragazzo aveva cercato di farle un complimento.
- Beh, che ne dite di avviarci? - propose Dino alzandosi ed indossando la giacca, senza però abbottonarla.
Marinette si mise in piedi con cautela, facendo un paio di passi e constatando che, forse, se la sarebbe cavata - Ok, c'é la possibilità che non muoia - esclamò, sollevata, dirigendosi alla porta per recuperare la giacca.
- E io che ci speravo - sospirò Squalo, infilandosi la sua. Marinette gli lanciò un'occhiataccia.
- Non ti conviene provocarmi mentre indosso un paio di tacchi - lo avvisò.
- I tacchi: le armi predilette dalle donne - annuì Dino, saccente.
Lal si limitò ad un "Mh" incazzoso e saltò sulla spalla di Marinette avvolgendosi nel mantello. La ragazza fu l'ultima ad uscire chiudendosi la porta alle spalle e mettendo le chiavi al sicuro nella borsa. Sulle scale, però, esitò.
- Ho dei dubbi, sai? - ammise, osservando i gradini che non le erano mai sembrati così alti. Bianchi sorrise e la prese a bracetto.
- Tranquilla, è solo questione di abitudine - la rassicurò - Reggiti al corrimano in ogni caso. -
Marinette ubbidì e già alla seconda rampa dovette ammettere di starci prendendo la mano. O meglio il piede.
Fuori, poggiato a braccia conserte alla porche rossa, Roberto li stava aspettando con Romario in piedi al proprio fianco. L'uomo aprì la portiera e Dino e Squalo furono i primi a salire, Marinette, Bianchi e Lal li seguirono subito dopo.
Il viaggio fu breve e inutile dire che Squalo e Marinette lo passarono a litigare: ormai era diventato il loro quotidiano e Dino aveva rinunciato da giorni a farli smettere; Bianchi e Lal non ci avevano mai neanche provato.
Arrivati all'Hotel lasciarono la macchina al parcheggiatore ed entrarono. Vennero subito fatti accomodare nel salone di fianco l'atrio, completamente sgombro se non per quei pochi tavoli coperti dalle tovaglie bianche su cui sarebbero stati esposti i lavori dei concorrenti. Appena Marinette mise piede in sala venne presa d'assalto da Alya che le gettò le braccia al collo: aveva messo un vestito smanicato rosso scuro a gonna ampia che s'intonava perfettamente ai suoi capelli, arricciati per l'occasione.
- Tuo padre è già quì, ho dato una sbirciatina al suo lavoro e devo dire che è fantastico! - la informò tutto d'un fiato - Mia madre è tra i giudici, quindi sappiate che avete tutto il mio appoggio - aggiunse agitando il braccio sinistro e facendo ondeggiare la pochette cremisi appesa al polso - E sei stupenda! - aggiunse, squadrandola da capo a piedi.
- Oh... grazie, Alya, anche tu stai benissimo - sorrise Marinette ricevendo un pizziccotto affettuoso sulla guancia. Poi la ragazza spostò lo sguardo oltre la sua testa e un luccichio malizioso le illuminò gli occhi.
- Hai degli accompagnatori niente male - le bisbigliò all'orecchio, facendole l'occhiolino. Marinette arrossì leggermente dandole una gomitata sul braccio.
- Ne abbiamo già parlato, Alya - rispose esasperata. La ragazza sorrise.
- Sto scherzando, è troppo divertente vederti in imbarazzo - ridacchiò, per poi voltarsi al suo fianco quando vennero raggiunte da Nino.
- Ehi, sist', sei uno schianto! - esclamò il ragazzo, meravigliato.
- Anche tu, Nino - rise lei, battendogli il pugno. Il ragazzo si osservò lo smoking nero che indossava con una smorfia.
- Non ne voglio parlare - sospirò sconsolato.
- Il paparino non voleva certo che la sua polpettina ripiena andasse in giro vestito come un teppista - lo prese in giro Alya.
- Ah ah, spiritosa - commentò lui ironico - È tutto il giorno che mi bullizza - si lamentò poi, rivolto a Marinette, alzando infine lo sguardo verso il gruppo. - Sono tutti con te? - domandò.
- Ah, sì - rispose Marinette facendosi da parte - Alya, Nino loro sono... amici di famiglia - disse, indugiando sull'ultima frase - Bianchi, Dino, Squalo, Roberto e Romario. Di Lal vi ricorderete sicuramente - li presentò, indicandoli uno ad uno.
- Come dimenticarla - annuì Nino, salutando con la mano e ricevendo cenni in risposta - E tu devi essere il presidente dell'azienda di giocattoli - aggiunse rivolto a Dino, che alzò un sopracciglio perplesso.
- Il presidente di un'azienda di gioca... ? - cominciò, confuso, venendo interrotto da Squalo che gli diede una gomitata nelle costole, mozzandogli il respiro.
- Sì, sono io - mugolò, tenendosi il ventre. Marinette gli lanciò un'occhiata da "Ne parliamo dopo", mentre Squalo sembrava oscuramente compiaciuto del proprio operato.
- Quindi... dov'è Adrien? - chiese infine la ragazza, per sviare l'argomento, accorgendosi della sua assenza.
- Oh, beh, qualcosa mi dice che non lo vedremo molto stasera - sospirò Nino, indicando il fondo della sala - Suo padre ha deciso di venire ed è stato preso d'assalto dalla Créme di Paris - spiegò. Sporgendosi Marinette scorse la figura di Gabriel Agreste in piedi fra un paio di uomini dall'aria importante, che conversava tranquillamente. Accanto a lui, con l'espressione di chi non desiderava altro che essere altrove, Adrien era infilato in un completo bianco coordinato a quello del padre.
Si voltò verso di loro quasi per caso e rivolse un cenno di saluto con un mezzo sorriso che sembrava più una smorfia dispiaciuta; i tre ragazzi lo salutarono con la mano in risposta.
- Poverino - commentò Alya tornando a volgersi agli altri.
Dino, in piedi dietro Marinette, sospirò - Lo capisco, ricordo quando mio padre mi trascinava a cene o ricevimenti di lavoro - ammise - Una noia mortale. -
- Sono anni che io non partecipo più ad un ricevimento in famiglia - rispose Bianchi, incrociando le braccia sotto il seno - Da quando ho lasciato il castello sono sempre stata in giro per lavoro. -
Squalo si esibì in un verso di disprezzo - Oramai il boss manda me al posto suo per questo tipo di cose. Mi sale l'omicidio dopo neanche mezz'ora. -
Marinette sospirò - Che bello essere una comune mortale - commentò allegramente.
- Goditela finché puoi - le consigliò Squalo.
- Non portare sfiga - lo rimbeccò lei.
- Ah, eccovi! - esalò una voce alle loro spalle. Marinette si voltò e incontrò il profilo snello di Chloé scendere la scalinata di marmo, avvolta in un lungo abito azzurro perfettamente intonato ai suoi occhi. Si fermò davanti ai tre e li squadrò con aria di sufficenza.
- Troppo rosso - disse, con una smorfia, rivolta ad Alya che la guardò malissimo. Lei la ignorò e si voltò verso Nino - Mh... sufficiente - disse, volgendosi poi a Marinette - Si può accettare - decretò infine passando lo sguardo oltre. I suoi occhi si illuminarono. - Oh, quello è incantevole! - decretò compiaciuta rivolta a Bianchi.
- Grazie - rispose la donna, sorridendo cortesemente.
Chloé tornò a rivolgersi a Marinette - Tuo padre ti cercava, è nelle cucine - disse, indicando di malavoglia una porta in fondo alla sala - Digli di sbrigarsi, fra un'ora devono essere pronte tutte le creazioni: non si accettano ritardi – decretò, girando i tacchi e avviandosi verso un gruppetto di persone.
Dino incrociò le braccia al petto, osservando il profilo di Chloé allontanarsi velocemente - Sai, mi ricorda qualcuno - rimuginò.
- Sì. È un versione più raffinata del Boss - ammise Squalo, sinceramente stupito. Marinette aggrottò la fronte.
- Mi hai appena dato una ventina di motivi per non andare d'accordo con lui - commentò con una smorfia. Squalo si esibì in un "Tsk" di sufficenza.
- Tanto lui non va d'accordo con nessuno - informò.
- Ottimo - mormorò Marinette, facendo un cenno ai due amici ed incamminandosi verso le cucine; Squalo e Lal la seguirono senza fiatare. Nella stanza era un via vai continuo di uomini in divisa, un denso aroma di cioccolato pervadeva l'aria e varie sculture di ogni forma e colore facevano bella mostra di sé sui ripiani. Tom era in fondo alla cucina che lavorava ad una statua di cioccolato dall'aspetto sinistro.
- Che cosa sta facendo? - chiese Squalo, sbirciando da sopra la testa di Marinette.
- Non saprei - rispose lei aprendo definitivamente le porte per raggiungere il padre. Tom, che stava intagliando qualcosa nella scultura, si voltò verso di loro quando li vide arrivare.
- Oh, eccovi! - disse, rivolgendosi a loro con un sorriso - Assaggiate questo - aggiunse porgendo alla figlia un blocco di cioccolato ovale, piatto e doppio tre centimetri buoni: a giudicare dal colore era palese che fosse fondente, ma aveva delle leggere striature più chiare sulla superficie e un profumo dolciastro che si mischiava a quello del cioccolato. Marinette lo spezzò in tre parti uguali e fu allora che si accorse di ciò che vi era all'interno: tre sottilissimi strati di tre colori diversi, rosso, viola e verde, si alternavano al cacao.
- Che cosa sono? - chiese, passandone un pezzo ciascuno. Squalo addentò il suo senza troppi complimenti, per poi aggrottare le sopracciglia.
- Menta? - domandò, fissando il pezzo che gli restava.
- E mora - aggiunse Lal masticando il suo - Credo ci siano anche delle ciliegie. -
Marinette diede un morso al suo e sentì distintamente il sapore dei frutti di bosco mischiarsi soavemente a quello forte della menta e l'amaro del cioccolato.
- Papà, è delizioso! - esclamò, stupita - Hai intenzione di fare tutta la scultura così? - chiese, prendendone un altro boccone.
- Esatto! - rispose lui - Ho scelto i sapori che meglio si abbinavano tra loro e, visto che è San Valentino, ho progettato un'immagine che ritrae la Dea Venere! - aggiunse, entusiasta - È un po' complicata ma dovrei riuscirci in tempo - decretò, infine, osservando pensieroso la scultura ancora incompleta.
- Considerando che hai ancora un'ora - disse Marinette, finendo il proprio cioccolato.
- Non dovrebbero esserci problemi - annuì Tom, riprendendo la spatola.
Marinette sorrise - Buona fortuna, papà. Resta concentrato - disse, dandogli delle pacche affettuose sul braccio. Poi uscì con Squalo al seguito.
- Avere un padre pasticciere ha i suoi vantaggi - commentò il ragazzo, facendo sparire gli ultimi bocconi.
- Attento alla linea - lo prese in giro Marinette.
- La mia linea è perfetta! - si difese Squalo, crucciato, battendosi un colpo sul ventre piatto - Pensa alla tua. -
Marinette si voltò di colpo verso di lui, con gli occhi ridotti a due fissure - Stai dicendo che sono grassa? - chiese, minacciosa. Lui fece un passo indietro.
- Una volta Luss mi accennò di non dire mai una cosa del genere ad una ragazza - ricordò circospetto.
- Chissà perché? - commentò sarcastica Lal, da sopra la spalla della ragazza.
- Bisogna saperli accettare i pareri. E poi era un consiglio, non ho mai detto che sei grassa ma che potresti diventarlo - constatò lui, arrampicandosi palesemente sugli specchi. A volte sembrava che Squalo avesse seriamente paura di un possibile scatto d'ira di Marinette, per quanto la punzecchiasse di continuo non andava mai oltre un certo limite; Dino diceva che aveva la stessa reazione con Bianchi, Lal ed una certa Rea (un membro interno dei Vongola da quanto aveva capito), e Marinette credeva che forse il ragazzo aveva avuto qualche brutta esperienza con delle donne particolarmente violente.
- Ora capisco perché sei single - commentò.
Squalo la fissò seccato - Ah ah, spiritosa - la rimbeccò - Semplicemente non ho tempo da perdere con queste cose. -
- Oh, che peccato. E io che speravo di avere qualche possibilità - sospirò lei con teatrale delusione. Lui le tirò una delle ciocche sul collo, sorprendentemente scappata dall'acconciatura.
- Ma smettila - sbottò, ficcandola sotto la forcina più vicina - Non sprecherei lo stesso il mio tempo con una mocciosa come te - aggiunse pigramente.
- Ma chi ti vuole? - sbuffò lei, punzecchiandogli il fianco con un dito.
- Ehi, piccioncini! - li richiamò Bianchi dalle scale alle loro spalle, facendoli sobbalzare - Quando avete finito di tubare venite di sopra: c'è il buffet - li informò, salendo i gradini dietro il resto del gruppetto; Lal saltò giù dalla spalla della ragazza e raggiunse la donna. In risposta entrambi aggrottarono le sopracciglia.
- Non stavamo tubando - dissero in coro avviandosi verso le scale.
Al piano di sopra erano stati allestiti tre lunghi tavoli coperti con ogni sorta di vivanda e i camerieri giravano per la sala portando vassoi carichi di calici di spumante.
Marinette guardò dubbiosa un ragazzo passarle di fianco e metterle un bicchiere tra le mani nel mentre. Ma lo reggeva da a malapena due secondi che Squalo glielo sfilò velocemente, poggiandolo poco delicatamente su un vassaio di passaggio.
- Dare alcool ad una minorenne, che incompetenti - sbottò, portandosi il suo calice alle labbra. Marinette sbatté un paio di volte le palpebre, osservando l'uomo che la sovrastava di quasi venti centimetri fissare torvo il resto della sala, e si portò le mani dietro la schiena intrecciando le dita tra di loro. Ed erano di nuovo punto e a capo, come sempre: un attimo prima era lì che la punzecchiava sadicamente e senza rancore, quello dopo la trattava come una bambina che ha bisogno di attenzioni. Lo aveva notato fin da subito quel cambio di comprtamento nel ragazzo, si era accorta del suo sbraitare di meno, dell'inclinazione a intavolare discorsi tranquilli, come ogni tanto le raccontasse qualche anneddoto sulla sua vita, le descrivesse il resto dei Varia, sopportava addirittura i suoi scleri (facendo battute acide in sottofondo, certo, ma comunque l'ascoltava) o l'accompagnava ovunque quasi fosse lui la sua guardia del corpo e non Bianchi. Eppure il suo essere constantemente incazzoso non si era intaccato neanche un po', facendolo apparire antipatico ed iperprotettivo allo stesso tempo.
Ed era inutile anche solo fare congetture, pensieri o ipotesi ormai si era arresa: lei, Squalo, non lo avrebbe mai capito.
Il ragazzo si era voltato verso di lei, dopo aver svuotato mezzo bicchiere in un moto di stizza, e aggrottò le sopracciglia.
- Cosa? - chiese.
Marinette scrollò le spalle - Pensavo – rispose, spostando lo sguardo verso uno dei tavoli del buffet dove Alya e Nino stavano discutendo su qualcosa dall'aria piuttosto divertente con Dino. Incurvò leggermente le labbra in un sorriso guardandoli ridere e scherzare, rendendosi conto di quanto le facesse piacere vedere le persone più importanti della sua vita così in sintonia tra di loro. Poco più in là vi era Sabine, avvolta in un sobrio completo cinese, che conversava con la madre di Alya e un uomo che non riuscì a identificare. Solo in quel momento si rese conto del fatto che loro quattro e Chloé, in quel momento non presente, erano gli unici ragazzi invitati al ricevimento.
- Benvenuta in società - la riscosse Squalo, facendo sparire il bicchiere ancora mezzo pieno sul primo vassoio di passaggio con una smorfia disgustata - Abituatici, ti ci ritroverai spesso in situazioni del genere - aggiunse. Marinette gli lanciò un'occhiata, poggiandosi al pilastro di marmo alle sue spalle, per poi tornare a rivolgerlo alla sala.
- Date tutti per scontato che diverrò sul serio un membro della Famiglia - commentò, congiungendo le mani davanti a sé e poggiandole sulla gonna - Stando a quanto dice Lal se non dovessi superare anche solo una delle prove dei Guardiani sono fuori - ricordò.
Squalo non rispose subito, incrociando le braccia al petto e poggiandosi al pilastro accanto a lei, tenendo gli occhi fissi davanti a sé. - Io non mi preccuperei - disse, apatico - Sono pur sempre dei mocciosi: ti ritroverai dentro prima ancora di poter dire "Vongola". -
- Sai, penso che sia questo a preoccuparmi maggiormente - ammise Marinette.
- Più andiamo avanti più sono della convinzione che ti troveresti benissimo con loro - ammise Squalo voltandosi verso di lei, riferendosi ai ragazzi che componevano la Famiglia di Tsuna - Sul serio. -
- Questo dovrebbe confortarmi in qualche modo? - chiese lei, perplessa. Il ragazzo alzò le spalle.
- Dipende dai punti di vista - rispose, adocchiando un cameriere che passava davanti a loro portando un vassoio di dolci. Allungò pigramente un braccio e recuperò un piatto. - Macaròn? - offrí. Marinette osservò i dolci colorati all'interno con titubanza.
- Io sì, grazie - esalò una vocina dalla sua borsetta attirando l'attenzione. La ragazza sorrise e prese un biscotto facendolo scivolare con nonchalance nella borsa.
- Buon appettito - bisbigliò. Tikki le sorrise e sparì tra le pieghe della stoffa; Squalo, nel frattempo, ne aveva già mangiati sei ma sembrava un po' più pallido del solito.
- Ehi, stai bene? - chiese Marinette, preoccupata, poggiandogli una mano sul braccio per attirare la sua attenzione. Squalo si passò l'indice e il pollice sugli occhi, lievemente umidi, e annuì.
- Non reggo bene l'alcol - ammise con un sospiro.
- Non era neanche mezzo bicchiere - notò lei, incerta.
- Appunto - rispose lui, sbattendo più volte le palpebre - Il medico mi ha ordinato di non berne neanche una goccia. Non è un problema per me: mi fanno schifo gli alcolici. -
- E allora perché l'hai bevuto? -
- Ero nervoso. -
- Certo che bisogna essere veramente stupidi. -
- Voooi! Ma sta' zitta - bofonchiò lui buttando giù un altro biscotto.
- Non è ingozzandoti di macaròn che risolverai la cosa - gli fece notare Marinette.
- Sono depresso e ho voglia di affogarmi nei dolci, problemi? - ringhiò.
- Mi chiedo cosa sarebbe successo se ti fossi scolato l'intero bicchiere - commentò la ragazza, sfilandogli il piatto di mano ed afferrandolo per l'avambraccio, guidandolo attraverso la sala. Stranamente Squalo non protestò
- Non penso tu voglia saperlo - borbottò - Bel ha detto che non è divertente. -
 
 
Marinette sapeva benissimo che lei non doveva trovarsi lì dentro. Eppure, in quel momento, non gli importava granché del cartellino appeso oltre la porta ad indicare che quello era il bagno degli uomini.
L'unico rumore che si sentiva era l'acqua corrente del rubinetto sul quale Squalo era piegato, intento a sciacquarsi il viso.
- Beh, è una fortuna che tu non possa bere alcolici: ti risparmi un sacco di problemi al fegato - commentò poggiata al ripiano di marmo scuro nel quale erano incastonati i lavandini. Squalo chiuse il rubinetto e sospirò, accettando l'asciugamano che lei gli porgeva, asciugandosi il viso.
- Sì, è più o meno quello che dico al Boss ogni volta - ammise, con il viso nascosto nel panno - Ha preso pessime abitudini da quando... beh, ha dovuto rinunciare al ruolo di Boss - aggiunse, piegandolo alla meno peggio e gettandolo nel cestino della biancheria sporca poco distante.
- Quanti anni hai detto che ha? -
- Beh... tecnicamente ventiquattro, ma dato che è rimasto ibernato per un bel po' ne dimostra ancora sedici - rispose lui, sfilandosi l'elastico nero così che i capelli gli ricadessero sulle spalle.
- Non fa bene bere tanto a questa età - concordò lei.
- Prova a spiegarglielo e ti tira dietro tutto il minibar - sbuffò lui, raccogliendo la lunga chioma albina per rifarsi la coda. - Credo che sia anche un po' depresso per alcuni problemi di cuore, ultimamente - confidò. Marinette inarcò un sopracciglio, stupita.
- Cosa? - chiese. Avevo sentito parlare di Xanxus da Dino, certo, e non tutto quello che le era stato detto era positivo; anche Squalo, che era una delle persone più vicine a lui, non ne parlava esattamente bene. Insomma, da quello che aveva capito Xanxus era: cinico, arrogante, egoista, egocentrico, sadico, piuttosto violento, con manie di grandezza e leggermente omicide e molto pericoloso. Pur volendo farsi tutte le seghe mentali di questo mondo Marinette non riusciva ad avere una visione di un tipo del genere che si dà all'alcol per non essere stato ricambiato da una ragazza. - Ma sul serio fai? -
- Non conosco i dettagli - ammise lui avvolgendo l'elastico intorno alla coda - Ma ho sentito dal Nono che il Boss era sembrato molto interessato a qualcuno nel periodo antecedente alla rivolta: bisogna anche tener conto del fatto che, anche se è rimasto congelato per otto anni, per lui è come se fossero passati pochi mesi da quel giorno, quindi se provava qualcosa deve essere così anche ora.
Comunque non so né chi sia né tantomeno se sia davvero così, anche se non dubiterei della parola del Nono: si dice che abbia il potere di guardare dentro le persone e capire i loro veri sentimenti - concluse, stringendo l'acconciatura.
Marinette ci rimuginò un po' su, ancora lievemente perplessa - Ma quella persona, sempre ammesso che ci sia, deve essere cresciuta no? - chiese.
- Mi sembra scontato. -
- E questo... ehm... Xanxus non mi sembra il tipo che s'invaghisce della prima tizia che passa. Magari era qualcuno vicino a lui o... comunque che conosceva bene - ipotizzò. Squalo fissò il suo riflesso nello specchio pensandoci attentamente - Beh... - iniziò, lentamente - mettendola così mi viene in mente solo una persona ma è da escludere a prescindere - informò, voltandosi a guardarla - Una tipa strana, sempre sulle sue. Era ancora una mocciosa quando ci fu il colpo di stato e il Boss per poco non la fece fuori quando si mise tra lui e il Nono. Lo odia a morte, farebbe di tutto per avere la sua testa, ma da quando il Nono ci ha fatti tornare in servizio dopo la Battaglia per gli Anelli siamo stati riconosciuti come Squadra Indipendente dalla nuova generazione: siamo nei Vongola ma siamo un'organizzazione a sé stante. In parole povere ha rinunciato a tentare di fargli la pelle per rispetto verso il Nono ma lo odia lo stesso - spiegò.
- Lei odia lui. Non il contrario - notò Marinette.
- Il Boss odia tutti. -
- Come fai a dirlo? Magari le sue pene vengono proprio dal fatto che lei lo odi per averla quasi uccisa, mentre lui prova davvero qualcosa per lei. -
Squalo incrociò le braccia al petto, fissandolo dall'alto in basso. - Conosco il Boss da anni - disse, dopo qualche attimo di silenzio - Ci sono cose che neanche io so, lo ammetto, ma so come è fatto caratterialmente e quale sia il suo modo di pensare. E adesso tu, che non sai neanche che aspetto abbia, mi vieni a dire che è innamorato di una ragazza, che neanche conosci, da quasi dieci anni dopo che ti ho detto che l'ha quasi uccisa durante un colpo di stato alla sua stessa Famiglia? - chiese, sinceramente stupito. Marinette alzò le spalle.
- Ho solo fatto un'ipotesi in base alle informazioni che ho avuto. Tutto qui. -
Squalo alzò un sopracciglio, infine sospirò - Lasciamo perdere, comunque: so per esperienza che è meglio non mettere il naso negli affari personali del Boss - consigliò, staccandosi dal lavandino e avviandosi alla porta. Marinette lo seguì a ruota e ritornarono in sala.
- Con rispetto parlando... voi sapete che il fatto che siete entrambi usciti dal bagno degli uomini suona molto equivoco, vero? - chiese una voce alle loro spalle. Entrambi si voltarono, scorgendo Nino in piedi vicino al tavolo.
Marinette arrossì capendo a cosa si stesse riferendo il ragazzo. - Non si era sentito bene - mugugnò in risposta, imbarazzata, indicando Squalo.
- Oh, non sia mai che dubiti di te - si affrettò a rispondere lui, sorridendo - Ma chi non ti conosce potrebbe pensare male. E... anche chi ti conosce - aggiunse, trattenendo una risata. Marinette non capì subito ma le bastò gettare uno guardo oltre Nino perché le fosse tutto chiaro: Alya la guardava da sopra un bicchiere di aranciata facendole l'occhiolino, maliziosa.
- Quella ragazza è una maniaca - commentò Squalo, etereo.
- Oddio, Alya - gemette Marinette portandosi una mano alla fronte. Nino rise.
- Dovete fare attenzione a dove vi appartate - ammiccò, divertito.
- Nino, per favore, non darle corda - sospirò la ragazza.
- Altrimenti s'impicca? - chiese Squalo innocentemente.
Marinette si voltò lentamente verso di lui, sbattendo le palpebre - Questa era squallida anche per te. -
Nino trattenne una risata e scosse il capo - Fra poco scendiamo, verranno mostrate le sculture. Occhio a non perdervi - avvertì, superandoli per raggiungere il padre nell'altro capo della sala.
- Adesso dovrò sopportare i commenti di Alya per tutta la sera - sospirò la ragazza, rassegnata, incamminandosi verso l'amica.
Squalo esitò a seguirla - Io continuo a pensare che sia una pervertita - ammise, per poi raggiungerla. Alya, però, si astenne dal fare battutine maliziose e passarono gli ultimi dieci minuti a chiacchierare pacificamente con lei, Dino, Romario e la signora Césair. Poi tornarno di sotto.
- E comunque è possibile che torni in Italia la prossima settimana - informò Squalo, già a metà strada. Marinette alzò gli occhi su di lui, di scatto, spalancandoli.
- Cosa? - chiese sorpresa, badando poco a dove metteva i piedi: il tacco della scarpa sinistra sbatté contro il gradino e lei rischiò di fare un volo assurdo giù dalle scale se Squalo non l'avesse afferrata per il braccio di riflesso, trattenendola.
- Ahi - sibilò lei, con una smorfia, ritirando l'arto: il ragazzo l'aveva presa proprio sull'avambraccio ferito.
- Scusa - rispose lui, alzando la manica per controllare che le bende non si fossero sporcate di sangue segno che la ferita si era riaperta. Fortunatamente non fu cosí. - Ho avuto l'ordine di rientrare. Bel ha detto che dovrò restare per qualche giorno - continuò, risistemandole il vestito - Ma è probabile che rimanga di più. -
Marinette alzò gli occhi su di lui d'un tratto svuotata da tutto il buon umore che l'aveva accompagnata in quei giorni, non badando minimamente al taglio di tre centimetri di profondità che le bruciava in maniera non indifferente.
- Quindi non torni? - domandò.
Squalo incrociò il suo sguardo, perdendo parte della sua aura incazzosa e restando semplicemente serio. - Non ho detto questo - rispose - Solo... non so quanto ci vorrà. -
Marinette non replicò, non sapendo assolutamente come rispondere, sentendosi all'improvviso vuota e con una spiacevole fitta alla bocca dello stomaco. Sapeva che Squalo non sarebbe rimasto lì in eterno, era consapevole del fatto che prima o poi sarebbe tornato in Italia, com'era giusto che fosse, e all'inizio non ce lo aveva neanche voluto in casa... eppure il solo pensiero di dover stare senza di lui, anche se solo per pochi giorni, la metteva addosso una gran tristezza.
Squalo continuò a fissarla intensamente poi fece scorrere l'arto sotto il suo prendendola sottobraccio, risvegliandola dai suoi pensieri.
- Vediamo di farti tornare giù intera - borbottò lui, accompagnandola per la restante rampa di scale. La ragazza non protestò ma si lasciò guidare giù per i gradini, cercando di non arrossire quando sentì il lieve sussurro di Bianchi alle loro spalle: - Ma quanto sono carini? -
 
 
 
Monsieur Praline.
Era così che il sindaco aveva annunciato il vincitore del concorso. Certo, Tom non aveva vinto ma si era classificato terzo, una posizione non indefferente, e Dino aveva potuto mangiare cioccolato in quantità anomale senza dover dare conto a nessuno, con sua immensa gioia. Marinette aveva giusto dato un assaggio ad ogni composizione, sentendo lo stomaco stranamente pesante sebbene non avesse effettivamente toccato cibo per tutta la sera, e Squalo non aveva perso occasione per rifilare di nascosto un pezzetto di cioccolato nella borsetta della ragazza ogni volta che poteva: quando si trattava di dolci Squalo, Dino e Tikki raggiungevano una complicità mistica che faceva quasi paura.
- Qualcuno non l'ha presa bene - commentò Dino portandosi un bicchiere d'acqua alle labbra, adocchiando i cuochi rimasti che si ritiravano nelle cucine affranti.
- Ci manca solo che Papillon decida di akumizzarli tutti - rispose Marinette con un sospiro, poggiandosi al bordo del tavolo.
- Che si prenda una vacanza, ogni tanto - rimbeccò Squalo, ricordando con disappunto che dal giorno del servizio fotografico gli attacchi akuma si erano fatti più frequenti del solito.
- Oh, sì, l'ultima volta gliel'ho consigliato - ammise la ragazza, annuendo.
- A proposito - disse d'un tratto Dino, come se si fosse improvvisamente ricordato di una cosa - devo ancora capire perché i tuoi amici hanno passato gran parte della sera a chiedermi della mia presunta azienda di giocattoli - ricordò, vagamente divertito.
- Ehm... è un po' complicato da spiegare - ammise Marinette, imbarazzata - È stata un'idea di Tikki, comunque - aggiunse per precisare.
- Scaricabarile! - l'apostrofò il kwami, agitandosi nella borsetta.
- Ma è vero! - ricordò lei, piccata, spostando lo sguardo in un angolo della sala dove Nino ed Adrien, miracolosamente liberatosi del padre, stavano parlando. Nino gli batté delle pacche di conforto sulle spalle e il ragazzo sorrise, prima che Chloé, avvolta nel suo svolazzante vestito azzurro, gli gettasse le braccia al collo iniziando a civettare.
Di solito una visione del genere avrebbe destato il lato peggiore di Marinette, ovvero quello geloso, invece in quel frangente, con Dino che rideva di fronte a sé e Squalo poggiato accanto a lei che commentava la loro mancanza di inventiva, pensò che non valeva la pena andare a fare una scenata inutile se significava allontanarsi da loro. Sorrise anche lei e si rivolse allo spadaccino.
- Non hai mai sentito le mie giustificazioni di ritardo a scuola - commentò.
- Oh, quelle sì che andrebbero segnate per le generazioni future - disse divertita Alya, apperendo alle loro spalle mentre si versava un bicchiere d'acqua.
- Va beh, adesso non esageriamo - mormorò la ragazza, imbarazzata, voltandosi a guardarla.
- Oh, dai, vogliamo parlare del tuo "Il cane mi ha mangiato i calzini e ho dovuto portarlo dal veterinario"? - ricordò, ridacchiando nel bicchiere. Marinette arrossì violentemente.
Dino aggrottò le sopracciglia - Tu non ce l'hai un cane - ricordò, perplesso.
Alya rise - Appunto. -
- Ehi, è la prima cosa che mi è venuta, va bene? - borbottò lei, incrociando le braccia al petto.
- E ti credono? - chiese Squalo meravigliato.
- Me ne stupisco anche io - annuì lei, guardando oltre il tavolo. Lo sguardo le cadde alle spalle di Alya, verso la porta della cucina, e inarcò le sopracciglia: uno strano fumo grigio si stava alzando dallo spiraglio sotto la porta, presagendo solo il peggio.
- Oh, cavolo - sussurrò, drizzandosi. Dino e Squalo seguirono il suo sguardo: il primo impallidì, il secondo imprecò.
- Cosa? - chiese Alya, voltandosi anche lei... ma appena lo fece la porta venne spalancata e diversi cuochi corsero fuori, terrorrizzati, prima che dei raggi bianchi attraversassero il fumo e li colpissero, tramutandoli in sculture di cioccolato.
- Ma non è possibile! - sbottò Squalo, afferrando Marinette per un braccio e trascinandola via dal tavolo.
- Vieni! - Dino prese Alya per le spalle e seguì i due verso le uscite, dove nel frattempo si erano accalcati gli astanti. Ma Marinette deviò dietro un pilastro, sfuggendo alla presa di Squalo che si fermò di colpo in mezzo alla folla non trovandosela più tra le mani.
Nel contempo dalle porte della cucina era uscito l'ennesimo akuma: era uno dei maître che aveva partecipato alla gara, con la divisa bianca da cuoco più simile a quella di un samurai e un lungo cappello azzurro. Tra le mani stringeva una sac â poche a forma di pistola... o forse era una pistola a forma di sac â poche?
Marinette sgusciò fuori da dietro il pilastro e si diresse verso i bagni, dall'altra parte della sala, abbassandosi per schivare un raggio diretto a lei ma che colpì il muro facendolo in parte crollare.
L'akuma ringhiò e puntò la sacca verso il soffitto, sparando in otto punti diversi, colpendo anche diversi pilastri portanti. Marinette non si accorse di quello che stava succedendo finché, da qualche parte nella folla dietro di lei, non si levò la voce di Bianchi sovrastare le altre.
- Marinette! -
La ragazza fece appena in tempo a voltarsi ed alzare lo sguardo che vide profonde crepe formarsi sulle pareti, il soffitto si ripiegò su sé stesso e un paio di pilastri cedettero. Fu tutto molto confuso e veloce: Marinette vide distintamente l'edificio crollarle addosso prima che un'ombra la sovrastasse, sentì un braccio cingerle la vita e una mano poggiarsi sulla sua nuca, avvertì un profumo vagamente familiare quando il viso le venne premuto a forza contro una spalla e venne spinta indietro.
Sentì il proprio corpo venire a contatto con il freddo del pavimento, un rumore assordante riempirle le orecchie e le urla spaventate degli astanti. Il richiamo lontano di Dino fu l'ultima cosa che udì poi scese il buio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note🎶:
32Rea Rainsworth, un personaggio di The Third Family.
 
Angolo autrice:
come già anticipato sulla pagina facebook, ho dovuto dividere in due questo capitolo perché troppo lungo (cioé, oltre 9.000 parole e non sono nemmeno a metà degli eventi, rendetevi conto) pertanto cercherò di postare il capitolo 16 tra domani e dopodomani, salvo imprevisti.
Che dire: Marinette non avrà vita facile, stavolta, e ne succederanno di tutti i colori sia durante che dopo. Ma non anticipo nulla.
Come sempre vi ricordo la pagina facebook https://www.facebook.com/bambolinarossa98/">Multiverse e noi ci vediamo al prossimo capitolo con: Il mio San Valentino all'insegna della morte - Parte 2!
Baci,
bambolinarossa98
 
   
 
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