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Autore: Chainblack    19/02/2018    1 recensioni
In fuga dalla disperazione dilagante della Hope's Peak Academy, sedici talentuosi studenti vengono rapiti e rinchiusi in una località sconosciuta, costretti a partecipare ad un nuova edizione del Gioco al Massacro senza conoscerne il motivo.
Ciò che sanno è che, per scappare da lì, dovranno uccidere un compagno senza farsi scoprire.
Guardandosi le spalle e facendo di tutto per sopravvivere, i sedici ragazzi tenteranno di scoprire la verità sul loro imprigionamento sapendo che non tutti potrebbero giungere illesi fino alla fine.
Ambientata nell'universo narrativo di Danganronpa, questa storia si svolge tra i primi due capitoli della saga.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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I pochi rimasti accorsero sul luogo del delitto dopo nemmeno tre minuti dall'annuncio.
Il susseguirsi di passi ed esclamazioni sconcertate fu rapidamente sovrascritto da un pesante silenzio, seguito da un frustrante velo di inquietudine.
I sei sopravvissuti circondarono il corpo di Karol, guardandolo dall'alto in basso con espressioni miste.
Xavier si fermò a contemplare la strana calma che il volto sanguinante dell'Ultimate Teacher riusciva ad emanare nonostante l'accaduto.
Aveva avuto modo di assaporare pienamente il suo talento di istruttore in più occasioni, e alcune volte in quella stessa aula.
Ritrovarlo in quello stato fu un pensiero doloroso quanto il fatto che il detective sapeva chi era stato a farlo.
Alzò vagamente lo sguardo; gli occhi di Judith erano ancora lucidi, piccole venature rossastre erano comparse attorno alle iridi.
Era in uno stato decisamente migliore rispetto a pochi momenti prima, durante il loro improvviso incontro al piazzale.
Tuttavia, restava il fatto che la lucidità di Judith fosse comunque in pessime condizioni e che quella calma apparente fosse stata inscenata unicamente a causa della  presenza degli altri quattro. Judith Flourish si rendeva perfettamente conto della propria situazione; il tarlo del senso di colpa sembrava divorarla inesorabilmente.
Il suo sguardo faticò ad incontrare quello di Karol, e una volta raggiunti i suoi occhi spenti fu quasi impossibile scostarsene.
La mano le vibrò, ricordando il momento in cui aveva inferto il colpo fatale.
La memoria tentò di rifuggirne il pensiero, ma era troppo vivido e recente per essere scacciato con così poco.
Pur facendo di tutto per nasconderlo, trasudava una certa ansia.
Dall'altro lato, June Harrier osservò inorridita il tremendo spettacolo; si chinò in ginocchio come per assicurarsi di non star vivendo un incubo.
Nel momento in cui la sua mano toccò il volto rigido di Karol, trovò la conferma che tanto sperava di non ottenere.
- Prof...! - pianse lei - Porca miseria, Prof...! E'... morto! Karol è morto...! -
Michael le afferrò una spalla, scostandola da lì.
- Non avvicinarti troppo, June... - sbuffò lui - Il cadavere va ispezionato senza essere inquinato... -
- Ma... ma come puoi parlare di indagini in un momento simile...!? - replicò l'arciera.
In casi normali, la ramanzina si sarebbe rapidamente tramutata in un feroce battibecco; ma così non fu.
L'espressione di Michael mostrava una forte apprensione, come se non sapesse minimamente che pesci prendere.
Era la prima volta che June lo vedeva così spaesato, per quanto fosse ancora impossibile capire cosa gli passasse per la testa.
Harrier si rialzò in piedi lentamente, deglutendo; l'idea di dover ricominciare la disgustava.
- ...non abbiamo altra scelta, June - mormorò Pearl, con un filo di voce - E' accaduto di nuovo... e stavolta non potremo contare sull'aiuto di Karol... -
Pearl Crowngale sembrava sentire particolarmente quella mancanza. Fu impossibile contraddirla.
Erano rimasti in sei, ma l'assenza spirituale di Karol parve gravare enormemente sullo stato d'animo dei presenti.
L'Ultimate Teacher era morto, e con lui se ne era andato uno dei principali pilastri che sorreggevano l'integrità morale del gruppo.
Timidamente, Pierce Lesdar si fece avanti. Le sue occhiaie e il volto pallido lo fecero apparire come uno spettro deambulante.
Era chiaro che non era andato incontro il più felice dei risvegli.
- U-un momento... non siamo rimasti che noi sei... - balbettò lui - Il colpevole è... davvero uno di noi...!? -
- Che alternative potrebbero esserci!? - sbottò Michael - Sì, Pierce. Uno di noi sei ha ammazzato Karol! E' successo già quattro volte che un membro del gruppo desse di matto; sapevamo che sarebbe accaduto di nuovo! -
- In pratica... - la voce di June quasi le morì - E' tutto inutile... non possiamo fidarci di nessuno... nessuno...! -
- Stiamo calmi! - 
L'intervento di Xavier raddrizzò tutti i presenti.
Alzò la mano come per attirare l'attenzione su di sé.
- Xavier...? - sibilò Pearl - La calma è una virtù, ma questa situazione è critica... -
- Lo capisco. Capisco che è difficile accettare che uno di noi sopravvissuti si sia lasciato andare alla follia e alla paura... - disse, esalando un profondo sospiro - Noi sei... abbiamo assistito agli orrori di questo massacro fin dal principio. Sappiamo che è in grado di trasformare persone pure e innocenti in qualcosa di disumano. Ma è proprio in questo momento che dobbiamo mantenere il sangue freddo... -
- Lo dici anche se sai che in questo gruppetto c'è un assassino...? - domandò Michael.
- ...credo... di starmi riferendo soprattutto al killer - disse, infine - Non so che cosa ti ha spinto ad agire in questo modo, ma stai pur certo che verrò a fondo della questione -
Cinque paia di sguardi lo fissarono in un misto tra interesse e stranezza.
Uno in particolare: Judith provò sentimenti contrastanti a riguardo, ma sapeva anche che Xavier non si trovava nella posizione di poter fare di più.
- Xavier... ha ragione, giusto...? - mormorò Pierce, facendosi coraggio - Dobbiamo mantenere la calma... soprattutto per noi stessi -
- Bah! Darò peso alle parole di Xavier quando decreteremo che non è lui il killer! - ringhiò infastidito Michael - Io comincio ad ispezionare la salma. Il tempo scorre! -
June si strinse nelle spalle, deglutendo.
- Scusa, Xavier... - disse, andandosene per conto proprio - Ma ha ragione... potresti anche... essere stato tu... -
- Non ti biasimo, June - annuì lui - Fa ciò che devi -
Si scambiarono un cenno di comprensione, e June sparì dalla sua vista.
All'improvviso, avvertì il tocco di una mano sulla propria spalla.
Si voltò di scatto: era Pierce. Il ragazzo gli stava rivolgendo uno sguardo preoccupato, ma vagamente deciso.
- Facciamo... del nostro meglio... - gli sussurrò all'orecchio.
Xavier si limitò a fare cenno di sì. Era raro vedere Pierce in quello stato.
Si chiese se quel suo modo di fare non stesse ad indicare che l'Ultimate Sewer sapesse qualcosa che lui ancora ignorava.
Quando anche Pierce si fu dileguato, fu il turno di Pearl.
Era rimasta ferma a guardare il cadavere di Karol Clouds per diversi minuti prima di sciogliere il contatto visivo.
Mordendosi istericamente il labbro inferiore, lanciò una rapida occhiata verso l'Ultimate Detective.
- ...è stato un bel discorso - commentò a bassa voce.
Una frase strana detta in circostanze strane. Vi era qualcosa nelle parole di Xavier che aveva colpito l'inconscio di Pearl Crowngale.
- Ciò però non vuol certo dire che ti fidi di me - osservò lui.
- No, immagino di no... -
Passarono alcuni secondi di silenzio.
- Ne abbiamo perso un altro. E ne perderemo ancora uno... -
- E' inevitabile, a quanto pare - sospirò Xavier - Cosa intendi fare, Pearl? -
- Trovare la verità, ovvio. Ma sarà dura - strinse i pugni - Lo hai realizzato, vero? Sono rimaste solo le persone con cui abbiamo stretto il rapporto più saldo...ogni perdita, d'ora in avanti, sarà estremamente più dolorosa... sei pronto ad affrontare tutto questo, Xavier? -
- Mi... sorprende sentirti parlare di sentimenti in modo così esplicito... - ammise lui - Ma non hai torto. Dobbiamo guardarci le spalle, forse anche da noi stessi. Ciò che proviamo potrebbe costituire un... ostacolo al raziocinio -
Lei annuì un paio di volte.
- Sì... fa in modo da non farti frenare quando sarà il momento di dire la verità, ok? -
Lui deglutì. Era come se Pearl avesse improvvisamente intuito tutta la verità dietro la facciata di finta sicurezza di Xavier, penetrando a fondo nei suoi pensieri e scandagliandone gli anfratti più remoti. Gli occhi di ghiaccio di Pearl avevano nuovamente fatto presa sul suo animo.
- Farò il possibile... - fu l'unica risposta che riuscì a darle.
Seppure non pienamente convinta, Pearl decise infine di andare per la propria strada.
Non prima, però, di aver interpellato anche Judith. L'Ultimate Lawyer era rimasta vagamente in disparte, ancora immersa nei proprio pensieri.
La strattonò con delicatezza, riportandola alla realtà.
- Judith, tutto bene...? - chiese la ninja.
Una goccia di sudore passò lungo la nuca di Xavier. Pregò affinché il tutto non si concludesse nel peggiore dei casi.
- Sto... bene. Ho bisogno di un po' di tempo per calmarmi e... riordinare i pensieri - rispose Judith, tentennante.
- Lo capisco... - mormorò Pearl - Vedi di non esagerare. Sappiamo tutti quanto riesci a prendere a cuore la sorte delle vittime -
- E' un mio brutto difetto, vero...? - Flourish tentò di forzare un sorriso.
- No. Non necessariamente - rispose lei - A più tardi. Vado a svolgere le indagini -
Judith annuì, ingoiando un pesante grumo di saliva.
Rimasti oramai soli, Xavier decise di passare rapidamente all'azione.
Erano già trascorsi quasi dieci minuti dall'annuncio di Monokuma, e sapeva bene quanto fossero preziosi quei fugaci secondi che andavano passando.
La verità era a portata, seppur difficile da mandare giù, ma aveva bisogno di ogni minuscolo dettaglio che poteva sfruttare.
Senza neanche pensarci, prese Judith per mano trascinandola via senza destare sospetti né facendo rumore.
La ragazza trasalì per un momento, lasciandosi poi portare senza opporre resistenza.
Quando furono fuori dalla stanza, Xavier la guardò dritta negli occhi, quasi rimirando il proprio riflesso nelle orbite lucide ed inumidite di lei.
I due dovettero compiere un grande sforzo per gestire quella cooperazione.
- Xavier... - sospirò lei - Che cosa... intendi fare...? -
- Capire cosa è successo, nient'altro - rispose fermamente - E ho bisogno del tuo aiuto, Judith -
- Non... non vi è davvero molto da... -
- NO! - imperversò lui, contenendosi quanto possibile - No, Judith, io non lo accetto. Non accetterò il fatto che tu sia un'assassina, chiaro!? -
Lei si strinse tra le proprie braccia.
- Ma è ciò che sono... - mormorò, lasciandosi scappare una lacrima - Io... lo ho ucciso... con le mie mani... -
- Mi rifiuto di credere che sia avvenuto senza... senza almeno uno straccio di motivo... - continuò lui - Judith... c'è un motivo, no? C'è per forza una motivazione valida... -
- E se non ci fosse...? - chiese lei, con occhi spenti.
Qualcosa, dentro Xavier, sembrò morire.
- Voglio sentirlo con la tua bocca, Judith. Cosa è successo? -
Strinse la presa della propria mano sulla sua, incitandola in tutti i modi a parlare.
Fu complicato spingerla a parlare, soprattutto considerando che si trattava di una confessione in piena regola e che il solo fatto di ammettere un tale crimine andava contro ogni cosa in cui aveva mai creduto.
Eppure, alla fine, Judith Flourish cedette.
- ...mi ero recata in classe perché volevo vedere Karol... - iniziò a dire, singhiozzando - Volevo... volevo parlargli. Era sconvolto a causa di Hillary, e volevo in tutti i modi tentare di calmarlo... di confortarlo... magari spingendolo a tornare con il gruppo -
- Va bene. Continua - la spronò lui.
Lei avvertì un tremito alle gambe. La parte critica del racconto stava per giungere.
- Gli ho parlato, ma... - si bloccò momentaneamente - Non ha dato cenno di volermi rispondere... e poi...! -
- E poi...? -
- Poi ha... - inspirò profondamente - Ha tirato fuori... un coltello! -
Il mondo si bloccò.
Xavier Jefferson osservò come ogni minima certezza stesse andando lentamente in frantumi. 
Ci volle un enorme sforzo mentale per digerire quel concetto, ma si costrinse ad accettarlo.
- Karol... ha sfoderato un coltello? -
- Sì, e... e me lo ha puntato contro...! - Judith si tenne la testa tra le mani, coprendosi il volto - E' corso verso di me, con la lama in mano...! Non stava dicendo neanche una parola, niente di niente! Ha semplicemente... tentato di affondare il coltello nel... m-mio petto... -
- Judith, non starai dicendo seriamente!? - esclamò lui, atterrito - Karol? Karol Clouds avrebbe tentato di ucciderti...!? -
- Non scherzerei mai in una situazione simile, Xavier...! - pianse lei, facendo di tutto per contenere il volume della voce - Io ho... ho visto la morte in faccia...! -
- E poi che cosa...? Che cosa è successo? -
Lei si asciugò il sudore con la manica della giacca.
- Ho urlato. Ho chiuso gli occhi e ho urlato, cercando a tentoni con la mano qualunque cosa mi fosse vicino... -
- Hai... "cercato"? -
- Ero completamente accecata dal terrore... - annuì lei - Così ho preso la primissima cosa che avevo a portata e... lo ho colpito con t-tutta la... forza che avevo... -
- Lo hai colpito... - mormorò Xavier - In pratica... ti stavi difendendo -
- Non ha importanza, vero...? - disse lei, incapace di controllare il pianto - Non ha importanza se stavo cercando di salvarmi. Lo ho comunque ucciso... -
Lui la scosse, riportandola alla calma.
- Non perdiamo di vista l'obiettivo, Judith! Continua a narrarmi: che cosa è accaduto dopo? -
- Cosa è accaduto...? Beh, non ho avuto quasi il tempo di pensare... - descrisse lei - Appena ho sentito di averlo colpito con qualcosa, ho aperto rapidamente gli occhi. Lo ho visto barcollare all'indietro, e cadere... a quel punto sono corsa via senza mai voltarmi indietro. Sono andata nel bagno delle ragazze del primo piano e mi sono chiusa dentro a chiave... credo di essere rimasta lì a piangere per almeno mezz'ora... -
Lui ricollegò mentalmente la scena alla propria tabella mentale.
- Hai almeno visto... con cosa hai attaccato Karol? -
- Sì... era... un grosso globo terreste. Un mappamondo che era esposto sulla mensola vicino l'ingresso dell'aula -
- Oh, quello... - Xavier lo ricordò dalla prima investigazione avvenuta lungo il primo piano - E dimmi... dopo essere uscita dal bagno sei... tornata verso il piazzale? -
- ...è quello che avrei dovuto fare - sospirò lei - Però, io... avevo il terrore di aver commesso un errore irreparabile, e così... sono tornata verso l'aula -
- Cos...!? Sei ritornata qui!? - esclamò lui, stupefatto - Con tutto ciò che era accaduto!? -
- Xavier, io... avevo il presentimento di averlo ucciso con quel colpo... - gli confidò, con un nodo alla gola - In qualche modo era come... se lo sapessi. Sapevo che era morto e... dovevo accertarmene. Quando sono arrivata, lui era... in quello stato -
- ...lo hai trovato lì, accasciato... - mormorò il detective - Ed è stato allora che... -
Lei mostrò un sorriso spento, di chi non poteva fare altro che ridere.
- Il mio cervello ha sragionato - raccontò lei, curando i dettagli in maniera stranamente precisa - Ho iniziato a piangere come una forsennata, e sono corsa via. In tutto quel tempo non mi ero nemmeno resa conto di avere una striscia del sangue di Karol sul volto... se mi avesse vista qualcun altro sarei... io... beh, il resto lo sai. Ci siamo incontrati poco dopo davanti ai dormitori -
Xavier socchiuse l'occhio, pensando profondamente riguardo ciò che aveva appena sentito.
Più ne sapeva di quella storia, più era sempre meno convinto che ci fossero speranze di uscirne indenni.
- Ho capito... - annuì lui - Judith, sei certa di non aver tralasciato nulla? Anche il più piccolo, insignificante dettaglio potrebbe... -
- Potrebbe cosa...? Xavier, ti rendi conto di che cosa significa tutto questo, vero...? -
Lui si bloccò. Sperava con tutto il cuore che quella parte di conversazione si potesse saltare.
- Io... io non... -
- Xavier. Sono tua nemica, ora - disse lei, senza guardarlo nell'occhio - La mia incolumità è la tua condanna. Non puoi difendermi, non ne hai motivo... -
Lui sbatté un piede a terra. La sua espressione cambiò radicalmente.
- Non me ne importa, ok? -
- X-Xavier...!? -
- Ok, forse non possiamo cambiare la realtà dei fatti... ma non vuol dire che non possa fare qualcosa per la nostra situazione. Qualcosa che possa sovvertire questa sfida. Capisci cosa intendo, Judith? -
Lei mostrò un'espressione spaventata.
- Xavier, che cosa hai in mente...!? -
- Non possiamo cambiare la verità, ma possiamo aggirare le regole - spiegò lui - C'è ancora un modo per salvarti. Il metodo definitivo, per così dire. L'ultima regola -
Flourish ripercorse mentalmente i dettagli della sfida, realizzando solo dopo poco ciò che il compagno intendesse dire.
Il piano di Xavier iniziò a concretizzarsi anche nella sua mente; ma ciò non bastò a tranquillizzarla.
Xavier Jefferson era pronto ad andare fino a fondo; pronto a sporcarsi le mani senza mezzi termini.
Il suo sguardo dimezzato mostrò una determinazione ferrea.
- Tu vuoi... concludere il gioco...? - sibilò Judith - Vuoi trovare il traditore...? -
Vi fu un breve momento di pausa.
- Monokuma è stato esplicito: uccidete il traditore, o costringetelo a confessare, e il gioco finisce - asserì lui - Abbiamo il tempo delle indagini e del processo. Se trovo il traditore... allora tu sei salva. Il gioco termina, Judith. Capisci? Devo trovarlo, e... -
- E ucciderlo? Intendi davvero...? -
Avvertì nuovamente la stretta delle mani di Xavier. Sempre salda, ma gentile. Quasi protettiva.
Sentì un sentimento nuovo nascere in quel preciso momento: che fosse speranza o qualcosa di più profondo, Judith lo ignorava.
Tutto ciò di cui era certa era che l'Ultimate Detective era serissimo, ed era pronto a tutto pur di trovare quella scappatoia.
- ...sì, lo ucciderò. Ucciderò il traditore - disse - Se è l'unico modo per farti sopravvivere, e sia. Lo farò. Sperare in una confessione sarebbe richiedere un miracolo.
Se arriveremo al punto di non ritorno, allora... -
- N-no... non ti permetterò di sobbarcarti tutto da solo - fece lei - E' pura follia, Xavier -
- E' tutto ciò che ci è rimasto... -
- NO! E' tutto ciò che MI è rimasto! - strepitò lei - Fai tutto questo solo per salvaguardare me! Sei forse impazzito!? Qui c'è in gioco anche la TUA vita! Dovrei essere io a percorrere questa strada, non tu! Ho ucciso IO Karol... dovrei essere io a... a volere... -
- Non riesci ad accettare il fatto che voglio salvarti, Judith...? -
- Ma perché dovresti... voler salvare me più di te stesso...? -
Lui le rivolse, inspiegabilmente, un'espressione quasi serena, come volesse accennare un sorriso.
Un volto simile era l'ultima cosa che l'Ultimate Lawyer si sarebbe mai aspettata di vedere.
- Mi sembra una domanda un po' scontata, non trovi? -
- S-scontata...!? -
Le lasciò le mani, mollando la presa. Xavier Jefferson camminò per alcuni metri, affiancandosi alla porta della classe.
Judith avvertì un formicolio alle gambe in concomitanza con un eccesso di calore alla testa.
- Andiamo ad indagare, Judith - suggerì lui - Avremo tempo per chiarire questa faccenda dopo che avremo smascherato la talpa. Mi raccomando, non destare sospetti. Abbiamo bisogno di guadagnare tempo se vogliamo avere qualche possibilità di stanarlo. Va bene? -
Lei alzò debolmente un dito, come per voler controbattere, ma Xavier non le diede tempo di proferire parola.
Le diede le spalle e rientrò in aula, pronto a gettarsi in una nuova investigazione.
Rimasta sola, Judith non riuscì a non ponderare sul reale significato di quel comportamento.
Si tastò la rosa bianca, gesto che coincideva con l'atto di spremere le meningi.
Realizzò di avere la risposta a portata di mano, ma il solo contemplarla risultò piuttosto imbarazzante, oltre che complicato.
Si diede alcuni buffetti sulle gote, tentando di stabilizzarsi: le sue guance erano più calde del solito.
Si rese conto solo in quell'istante di essere vergognosamente arrossita.
Una sensazione nuova la riempì, facendo spazio al terrore e la disperazione che avevano circondato la dipartita di Karol.
Si era aperta un'intricata via verso la salvezza; o, per meglio dire, qualcuno la aveva aperta per lei.
Una strada che si sarebbe presto intrisa di sangue, se seguita. Ma di altre opportunità, in quel mondo distorto, non ve ne erano.
- ...una disperata speranza. Sopravvivere uccidendo. Eliminare qualcuno per salvare qualcun altro. Che esistenza paradossale sto conducendo qui - sussurrò a se stessa.
Si sistemò la giacca e la cravattina rossa, dandosi una sistemata ai capelli.
Asciugò le lacrime e riassestò il proprio contegno. Era necessaria una capacità di recitazione discreta per mascherare quel piano, e il minimo che poteva fare era il
tentare di non insospettire gli altri. 
Tutto ad un tratto, come non era riuscita nell'ultimo mese, Judith Flourish non si sentiva più sola.
- Andiamo... Xavier -




Michael Schwarz fece scorrere la mano lungo il volto di Karol, tastandone le ossa e i muscoli oramai freddi e irrigiditi.
Ad un primo esame, nulla sembrava essere fuori luogo al di fuori di alcuni dettagli; decise di esaminare il tutto un'altra volta per fugare ogni dubbio.
Era così intento nel procedere con l'autopsia che a stento si accorse del rumore dei passi di Xavier, che gli si era affiancato.
Lanciò un'occhiata circospetta alle proprie spalle; l'Ultimate Detective stava osservando il cadavere con fare dubbioso.
Era palesemente assetato di informazioni; Michael pensò bene di passare al sodo senza passare attraverso inutili cerimonie.
- Intuisco che tu sia qui per un aggiornamento... -
- Sì, se possibile - rispose Xavier - Hai scoperto qualcosa? -
Il chimico si alzò in piedi, mostrando al compagno un quadro più esteso della scena.
Il corpo di Karol era disteso sul pavimento in posizione supina; le braccia erano staccate dai fianchi e si dilungavano quasi orizzontalmente ai lati.
Il volto era segnato da una cospicua quantità di sangue che scendeva dalla fronte; altre macchie di sangue erano sparpagliate tutto attorno l'area del cranio.
A vederla dall'alto, pareva quasi la posa di una crocifissione.
La mano destra era aperta e risultava appoggiata su qualcosa: un grosso mappamondo con un'ammaccatura che giaceva ad appena pochi centimetri dalla posizione del corpo.
Le dita di Karol avevano lasciato quattro strisce sanguigne dalla forma delle falangi.
Xavier sussultò internamente: la storia di Judith stava prendendo forma.
- La causa del decesso... - mormorò Michael - ...sembra essere un trauma cranico dovuto all'impatto con il mappamondo -
- Il globo terrestre è l'arma del delitto? Nessun dubbio? - si permise di chiedere.
- E' decisamente strana, ma non vi è altra spiegazione. Guarda - gli indicò il chimico - Vi è un'ammaccatura con delle tracce di sangue, e sembra aver preso la forma  della testa di Karol. Non c'è dubbio che sia stato usato per colpirlo. L'uccisione è stata compiuta... tra le nove del mattino e le undici, circa -
- Ma un mappamondo può davvero fungere da oggetto contundente? - si domandò giustamente Xavier.
Michael incrociò le braccia.
- Normalmente anche io mi porrei dei dubbi, ma questo affare è abbastanza pesante. Prova a sollevarlo -
Xavier Jefferson fece come consigliato; in effetti, come appena descritto da Schwarz, il globo aveva una massa piuttosto consistente.
- In pratica, chiunque avrebbe potuto usarlo come arma. Dico bene? -
- Sì. Se contiamo i sei presenti, allora tutti noi saremmo stati in grado di farlo - Michael fu convinto della sua risposta.
Xavier si massaggiò il mento, assemblando mentalmente i pezzi del puzzle.
- C'è altro? -
- Eccome. C'è decisamente un dettaglio sospetto; osserva bene l'area attorno alla quale si è sparso il sangue -
Michael indicò il perimetro del capo di Clouds; macchie di sangue erano sparse un po' ovunque.
- Mhh... c'è troppo sangue -
- Lo hai notato, vedo. Sì, il trauma cranico è stato grave, ma il sangue si trova anche dal lato opposto della ferita -
- Hai trovato una spiegazione plausibile? - domandò il detective.
Michael assunse un'aria dubbiosa.
- Sì, ma non saprei comunque come spiegarla -
- Dimmi di più, Mike -
- Ok, chinati - gli ordinò lui - Vedi questo punto? Questo è il luogo in cui il mappamondo ha colpito la fronte. C'è un chiaro livido ed è uscita una gran quantità di sangue. Ora, il punto strano è che del sangue è colato dall'altro lato della fronte, vicino alla tempia opposta. Ho controllato, e pare ci fosse un'altra ferita -
- Una seconda ferita? - mugugnò Xavier - Davvero strano... a cosa è dovuta? -
Michael Schwarz sospirò in tono sconfitto.
- Questo è il punto: non ne ho idea. Pare fosse una ferita vecchia di almeno un giorno, forse due. Il colpo inferto dal mappamondo deve averla riaperta, ed è uscito del sangue -
- Mhh... in pratica sappiamo perché il sangue è uscito da due posizioni differenti, ma non sappiamo come Karol si sia procurato quell'altra ferita - sintetizzò lui.
- In parole povere, sì - lo assecondò Michael - Non credo che abbia a che fare con il caso, però -
- Perché dici così? -
- Karol è morto da appena due ore, al massimo. Questa seconda ferita risale addirittura ad un'altra data - osservò il chimico - Qualunque sia il motivo, dubito che abbia a che fare con l'omicidio -
- Capisco ciò che dici... - annuì Xavier - Eppure è strano. Nessuno ha visto Karol in questi ultimi giorni, quindi deve essere un qualcosa che si è fatto... da solo? Possiamo davvero escluderlo dai dati rilevanti del caso? -
- Ah, non ne ho idea. Io ho fatto il mio lavoro di chimico, ora sta a te fare quello di detective - brontolò lui.
Xavier intuì che Michael, ancora una volta, aveva fin troppe gatte da pelare con l'autopsia per dedicarsi anche al resto dell'indagine.
Un compito ingrato, pensò Xavier, ma indispensabile.
Il detective fece per continuare ad ispezionare, ma venne fermato dall'arrivo di June Harrier.
L'arciera sembrava portare novità scottanti, a giudicare dalla sua espressione stizzita.
- Hey, ragazzi! Ho trovato qualcosa! - esclamò lei, dirigendosi verso loro due.
- Cos'è? Fa vedere - la incitò Michael.
Lei sporse timidamente le mani, rivelando la sua scoperta: era un coltello.
Era liscio e dai colori tersi. La lama era lucida e arrotondata, e sembrava essere un'unità singola col manico.
Xavier e Michael lo osservarono più da vicino: non sembravano esserci tracce di sangue né altri dettagli degni di nota, a parte la sua forma particolare.
- Un coltellino, eh? - osservò Michael - Dove lo hai trovato? -
- Era sotto un banco, poco più in là... - June deglutì - Lo ho trovato mentre ispezionavo la classe -
Xavier rammentò la storia udita poco prima e tentò di incastrare anche quel pezzo del puzzle.
"Stando a ciò che ha detto Judith, Karol la ha attaccata con un coltello..." pensò, ancora riluttante all'idea "E' difficile da immaginarsi una scena simile... ma la lama usata da Karol deve essere questa"
- Qualcuno ha mai visto questo coltello prima d'ora? - chiese Xavier.
June scosse la testa, facendo un chiaro cenno di non averlo mai visto.
Al contrario, Michael alzò un sopracciglio; stava compiendo uno sforzo di memoria.
- Sì... credo di averlo visto tra gli utensili dell'infermeria... - annuì Michael - E' stato durante... -
La sua bocca si bloccò di colpo, smettendo repentinamente di parlare.
Scostò lo sguardo dal singolo occhio di Xavier per non incrociarlo, ma oramai era troppo tardi. L'Ultimate Detective aveva individuato un elemento succoso del racconto,
e non lo avrebbe mollato tanto facilmente.
- Già, in infermeria... - constatò Xavier - Sbaglio o è proprio dove stavi conducendo il tuo... piccolo "esperimento"? -
L'altro si grattò nervosamente la nuca.
- Bah... sì, è così... - sbuffò.
- Non sarebbe ora di dire che cosa stavi architettando lì? - perseverò Xavier - Se non me lo vuoi raccontare tu magari potrà farlo June. So benissimo che hai coinvolto anche lei -
L'arciera si mostrò abbastanza indifferente all'idea di rivelare tutto; era chiaro che comprendeva la situazione meglio di quanto non lo stesse facendo Michael.
- Beh, credo dovremmo dirgli tutto. Giusto, Mike? - suggerì saggiamente June - Non vorrai che gli altri si facessero un'idea sbagliata...? -
- Ho capito, ho capito! E va bene! - acconsentì infine Michael - Ho voluto tenerlo segreto perché poteva essere pericoloso, tutto qui -
- Ti credo, Mike. Ma ora racconta -
Il ragazzo si schiarì la voce; tirò fuori un panno di tessuto fine dalla tasca e iniziò a pulirsi le lenti degli occhiali.
- Ho tentato di sintetizzare una certa sostanza utilizzando un metodo nuovo sviluppato dal centro di ricerca di mio padre - spiegò lui - Un composto chimico simile ad un potente narcotico... ma sostanzialmente diverso. Ecco, dà un'occhiata -
A quelle parole, estrasse dalla tasca dei pantaloni una piccola fiaschetta contenente alcune minuscole pasticche.
Non erano diverse in aspetto dalle normali aspirine che qualunque farmacia poteva avere in scorta, ma la descrizione dell'Ultimate Chemist faceva intuire che vi era ben
più dietro l'innocua apparenza.
- In pratica è un tranquillante? -
- Definirlo così è riduttivo. No, è molto di più - Michael accennò un sorriso soddisfatto - Questo affare scatena una reazione chimica direttamente sul sistema nervoso di chi lo assume, mandando impulsi peculiari al cervello. Basta ingerire una sola pillola per cadere in uno stato di perfetta morte apparente: un sonno profondissimo in cui il cervello cessa le sue funzioni normali per alcune ore, capite? -
June rabbrividì visibilmente.
- N-non me lo avevi descritto in questo modo...! - si lamentò lei.
- Non volevo fornire troppi dettagli superflui... -
- Eppure mi sei sembrato straordinariamente compiaciuto mentre mi elencavi il tutto - puntualizzò Xavier.
- Dettagli! Oramai c'è già scappato il morto, quindi non ha più senso nasconderlo - sbottò lui.
- E quindi tu e June avete lavorato a questo progetto, ieri -
- Beh, non solo noi. Pierce è rimasto con noi fino a sera tarda per aiutarci a finire - lo corresse June - E' stato di grande aiuto -
Xavier accennò un momento di realizzazione.
- Ooh... ecco perché stamattina era così stanco - sospirò il detective - Lo hai strapazzato per bene, Mike? -
- Quanto bastava. Pierce è un tipo che dà il meglio di sé solo se lo si sprona a dovere - nelle parole di Michael sembrava esserci traccia di un vago complimento.
- Va bene. Ultima domanda: esattamente... perché hai voluto creare questo prodotto? - domandò lui, con sguardo dubbioso - Uno come te, che rifugge ogni rischio e potenziale pericolo, che si prende il disturbo di creare quella che è effettivamente un'arma. Piuttosto strano, non trovi? -
- Bah... forse dal tuo punto di vista. Io volevo soltanto crearmi un sistema difensivo più efficace; un asso nella manica, se capisci cosa intendo -
- Ammetto di non capire, invece. Come pensi che una pillola possa essere usata per difendersi? - osservò lui - Al massimo puoi mischiarla alla bevanda di qualcuno, ma di certo non puoi servirtene in caso una persona ti attaccasse -
- I tuoi dubbi sono sensati, ma so come colmarli - rispose lui, con tranquillità - Vedi, se sciolta nell'acqua questa pillola trasmette il proprio effetto al liquido in questione. Basterebbe trovare un modo per spruzzarla addosso al proprio assalitore per metterlo fuori gioco per un po' -
- Hai pensato... proprio a tutto... - sospirò June - Ma non sarà pericoloso portarsi dietro qualcosa di simile? -
- Sempre meglio che disarmati. Siamo rimasti in sei, June. E, se tutto andrà bene al processo, ci ritroveremo ad essere in cinque. Si avvicina il momento della fine, e non vorrò trovarmi impreparato quando verrà la resa dei conti -
Xavier intravide un'amara reazione da parte di June, a quelle parole. 
La ragazza fece per proferire parola, ma decise di rimanere in silenzio.
- Ancora non riesci a fidarti di noi, Mike? -
- E tu ci riesci? - replicò lui - No, impossibile. Sei troppo sveglio per una sciocchezza simile. Abbiamo abbassato la guardia, e Karol è deceduto. Chi sarà il prossimo, mi chiedo? -
- Forse non mi conosci come pensi, Michael - lo corresse Xavier - Mi sto aggrappando con tutto me stesso ad un ultimo appiglio di speranza. E' tutto ciò che mi rimane -
- Ma davvero? Allora vedremo chi la spunterà a fine giornata: il raziocinio o l'istinto? -
Xavier raccolse la sfida. Gli risultò facile, avendo già messo in palio quanto di più importante era rimasto in quell'unico, grande azzardo.
- Allora sarà meglio tornare alle indagini quanto prima - suggerì il detective - Il tempo è già poco -
A quelle parole, Xavier fece per andarsene. Ma la mano di Michael lo bloccò lì dov'era. 
Avvertì una forte presa sulla spalla destra, e si voltò di scatto.
Attraverso le lenti del chimico, riuscì ad assaporare tutta la sua strenua determinazione.
- Mike...? -
- Non ho ancora finito con te... - disse - Sappi che tutte le informazioni che ti ho elargito sull'autopsia te le ho date in modo che ognuno avesse lo stesso punto di partenza al processo. Non vorrei che qualcuno se ne approfittasse per cambiare le carte in tavola per fare i propri comodi: della mia analisi non si discute -
- Perché mi stai dicendo questo, Michael? -
- M-Mike... che ti prende? - lo strattonò lievemente June - Lascialo, su! -
Lui, invece, strinse ancora di più la morsa sulla sua spalla.
- C'è un ultimo indizio riguardante il corpo. Lo ho volutamente celato in modo da analizzarlo meglio, ma ora ho ben pochi dubbi al riguardo -
Vi fu un momento di silenzio. June fece traspirare sempre più la propria ansia, mentre Xavier ancora cercava di comprendere a cosa fosse dovuto quel bizzarro atteggiamento.
Doveva esserci qualcosa che gettava una nuova luce, o forse un'ombra, su quel caso.
A quel punto, Michael indicò il braccio sinistro di Karol, dal lato opposto del mappamondo.
- Osserva bene... sotto la mano di Karol - disse, chinandosi per sollevarla - E dimmi che ne pensi -
Sia Xavier che June si avvicinarono, divorati dalla curiosità.
Il detective spalancò l'occhio, il respiro gli si mozzò in gola. Persino June rimase completamente interdetta.
Sollevando le dita fredde e inerti dell'Ultimate Teacher, Michael Schwarz rivelò quelle che apparivano essere delle lettere scritte col sangue.
Le unghie di Karol erano ancora sporche, e il brevissimo messaggio si concluse in una scia rossastra.
Due sole lettere apparvero sotto la mano di Karol: una grossa "X" seguita da due caratteri arrotondati più piccoli, il tutto in una sorta di corsivo.
- ...ho provato a leggerlo in ogni modo possibile, ma la risposta è una sola: "Xav" - asserì Michael - C'è scritto... "Xav" -
Xavier fece istintivamente un passo indietro.
- E' assurdo... - mormorò - Non starai di certo insinuando che...!? -
- Non insinuo un bel niente. Due lettere non bastano a provare la tua colpevolezza, ma... - il suo sguardo si fece feroce - Sono più che sufficienti per gettare una grossa fetta di sospetto su di te. Hai i miei occhi puntati addosso, Xavier. Non dimenticarlo MAI -
- Un attimo... come sappiamo che a scriverlo sia stato Karol...? - chiese giustamente June.
Michael non si fece cogliere alla sprovvista dal quesito.
- I segni delle dita corrispondono, così come le tracce di sangue sulle unghie - confermò - Combacia tutto: il messaggio è stato lasciato da Karol -
Per assicurarsene, Xavier si avvicinò all'area che conteneva la scritta.
Passò un dito sulla superficie del pavimento, lì dove era posizionata la "X". La sua ditata ne trascinò un po' con sé; il sangue era ancora vagamente fresco.
Restò immobile ad osservare l'assurda situazione venutasi a creare; due singole lettere che sarebbero bastate ad incriminarlo, o quantomeno a metterlo in cattiva luce agli occhi di tutti. Più Xavier ci pensava, meno quel dettaglio aveva senso, sfuggendo ad ogni logica.
"...Judith non mi ha detto di aver fatto qualcosa del genere..." pensò "E' assurdo pensare che abbia voluto incriminarmi. No, non ha alcun senso. Nessuno ha mosso le dita di Karol; deve essere stato lui a lasciare la scritta. Ma perché...? Perché... io?"
Si alzò in piedi, più confuso di prima.
- ...avremo modo di accertarci di come sono andate le cose durante il processo - disse loro - Io torno alle mie indagini -
Detto ciò, Xavier Jefferson si incamminò verso il fondo della classe con aria pensierosa.
June lo vide andarsene, e provò un enorme senso di disagio misto a paura.
Si voltò verso Michael; quest'ultimo era tornato ad ispezionare minuziosamente il cadavere come suo solito.
I suoi occhi andarono poi verso il piccolo "Xav" velato per metà dalla mano di Karol.
- Sarà vero...? - sospirò - Sarà... davvero stato Xavier ad ucciderlo? -
- Di che ti sorprendi? Dopo tutto ciò a cui abbiamo assistito ancora ti reputi incapace di considerare gli altri come probabili assassini? - replicò Michael.
- E' dura abituarsi ad un'idea simile... - ammise lei - Io vorrei fidarmi, ma... -
- June - lui le rivolse uno sguardo severo - Stai cercando di dare fiducia a delle persone sapendo che tra loro c'è un assassino e un traditore. Non essere ingenua, ok? -
- M-ma io... beh, almeno so che posso fidarmi almeno di te... no? -
Lui si mostrò esterrefatto, più per quello che di qualunque altra cosa.
- Di me...!? -
- B-beh... siamo stati insieme tutta la mattina fino all'annuncio... - deglutì June - Non ti ho mai perso di vista, quindi... non puoi aver ucciso Karol, no...? -
- Ah... sorprendentemente logico, da parte tua - tossicchiò lui.
- Già...! Già, non puoi averlo ucciso tu, quindi so che sei dalla mia parte! - esultò lei.
- No che non lo sono! - le rinfacciò Michael - Alla fine del processo torneremo ad essere rivali, se non saremo morti! -
- Ma almeno... ti fidi del fatto che... che non ho ucciso Karol, vero? -
Michael si trascinò le mani sul volto, incapace di credere di come la compagna stesse completamente mancando il punto della discussione.
- Se può farti stare meglio, sì... sono abbastanza certo che non sia stata tu - disse, provocandole un fugace sprizzo di gioia - Sei troppo buona e sciocca per elaborare un caso così complicato e crudele -
- M-ma come ti PERMETTI!? - il momento euforico durò meno del previsto - C-cioè... ok, mi sta bene se mi chiami "buona", ma...! -
- E poi devo dire di essere rimasto vagamente deluso dal risultato... -
- Come, prego!? -
- Andiamo, su! E' bastato che trovassi un flacone vuoto per riempirmi di pugni e calci, lo scorso caso! - sbottò lui, irritato - Ora che ho trovato un messaggio lampante come minimo mi aspettavo che cavassi un dente o due a Xavier... -
L'esasperazione raggiunse il punto di non ritorno.
- Argh! Torna ad occuparti dell'autopsia prima che decida di cavarli a te! - gli urlò contro, intimorendolo quanto necessario - Santo cielo... ma per chi mi hai preso!? -
L'atmosfera irruenta si spense rapidamente nel silenzio non appena ognuno tornò alle proprie mansioni.
June Harrier lasciò Michael a lavorare in solitario, rimettendosi a cercare indizi.
Nonostante ciò, il suo stato mentale non le stava giovando.
"Fino a quando avrà intenzione di rinfacciarmelo...?" si domandò, rimettendosi a cercare tra i banchi dell'aula.

 

   
 
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