Corsa contro il tempo
Audrey
aveva tutti i sintomi del panico: occhi dilatati, respiro affannoso, voce
alterata.
«Aspetta...
come papà?»
Scamander si buttò
verso la finestra, armeggiando con la valigia fino ad estrarre un piccolo
binocolo e mettersi a scrutare il cielo: «Ha senso. Se l’uovo ha un legame
psichico con la madre, non si può escludere ne abbia uno anche col padre, anche
se più lieve. Forse è solo in grado di avvertirne la presenza, in natura i
maschi si allontanano per cercare cibo.»
«Aspettate...
state dicendomi che il San Mungo sta per essere attaccato da un drago?»
«Non è
detto. Le ricordo che abbiamo il forte sospetto che il padre sia a sua volta un
Animagus, quindi potrebbe essere in questi corridoi
in forma umana. In quel caso sarà però impossibile identificarlo.»
Un
ruggito profondo fece tremare tutta la mobilia della stanza, scatenando il
panico nelle stanze adiacenti. Newt si limitò a
sospirare.
«O potrei
aver appena detto una marea di idiozie.»
Audrey si
precipitò al fianco di Scamander e alzò lo sguardo.
Sopra l’ospedale volava in tondo un enorme drago rosso. Lo studioso non
smetteva di fissarlo.
«Un
tipico esemplare di Petardo Cinese. Mi sembra in buona salute, a vederlo da
qui.»
«Invece
di preoccuparsi della sua salute, sarà meglio pensare alla nostra! Per la barba
di Merlino! Se quel coso attacca l’ospedale sarà una strage!»
Newt abbassò
il cannocchiale sospirando. Rebecca si voltò verso di lui con un’espressione
sconvolta.
«Non
vorrà davvero...»
Lo
studioso fece una smorfia: «Ha idee migliori?»
Audrey
rispose per lei: «Sì, una: dirmi cosa sta pensando.»
«Potrei
avere un modo per trattenerlo abbastanza a lungo per un’evacuazione di
emergenza dell’ospedale, ma mi dica: mi autorizza?»
«A fare
cosa?»
«Se
glielo dico non mi autorizza.»
«E si
aspetta che le dica di sì dopo questa frase?»
Un
secondo ruggito fece tremare tutto. Audrey sospirò rassegnato.
«Tanto
probabilmente sono già licenziato per aver causato questa situazione,
quindi...»
«È un
sì?»
«È più un
“vada mentre non guardo”.»
Newt alzò le
spalle: «Me lo farò bastare. Lei si occupi dell’evacuazione dell’ospedale.
Rebecca...»
La donna
annuì: «Cerco di calmare la signora Veckely ed
evacuare anche lei.»
«Grazie.»
Con uno
schiocco si smaterializzò sul tetto dell’ospedale. Deglutì e aprì la valigia.
Non gli piaceva quello che stava per fare, ma Audrey aveva ragione, il rischio
di una strage era altissimo. Armeggiò per un po’ con il contenuto, poi tirò
fuori una scatolina.
«Te la
senti? Sei sicuro?»
Se una
risposta giunse, fu chiara solo a lui.
«E anche
tu?»
Qualcosa,
all’interno della valigia, rispose.
«D’accordo.
Allora andiamo.»
Audrey,
qualche piano più in basso, era piuttosto indaffarato a dirigere un’evacuazione
di massa. Infermieri e medici correvano nei corridoi trasportando barelle,
diretti da tutti gli Auror presenti dell’edificio.
Ogni tanto un ruggito faceva tremare tutto e cercare di mantenere la calma fra
i degenti era davvero difficile.
Il terzo
piano era stato quasi completamente evacuato. Audrey corse nel corridoio
spalancando tutte le porte per controllare che non ci fosse più nessuno, e fu
così che si accorse di una signora anziana alla finestra.
«Signora,
cosa fa ancora qui? Dobbiamo andare!»
«Un corno
che me ne vado! Sono ricoverata qui da mesi e questa è la cosa più interessante
che sia successa!»
Audrey,
col fiatone per la corsa, la guardò perplesso: «Trova interessante l’essere
sotto attacco?»
La
signora mosse stizzita una mano: «Ma no, ma no! Parlo dello scontro aereo!»
Audrey si
affacciò a sua volta, con una stretta d’ansia allo stomaco: «Quale scontro aereo?»
E davanti
ai suoi occhi si palesò la scena più epica e assurda che avrebbe mai potuto
immaginare. Scamander, a bordo di un’enorme creatura
che non aveva mai visto prima, stava affrontando il drago con quello che da
lontano poteva sembrare un fucile mitragliatore babbano.
Rimase qualche secondo a fissarlo a bocca aperta, poi richiuse gli occhi
strizzando le palpebre con tutte le sue forze.
«No. No.
Non hai visto nulla. Ricordi? Hai detto che non guardavi. Quello che non vedi
non puoi denunciare.»
La
signora di fianco a lui commentò: «Peccato, è uno spettacolo come non ne vedevo
da decenni.»
Audrey,
ancora con gli occhi rigorosamente chiusi, prese la signora per un braccio e la
trascinò con sé, incurante delle proteste: «Mi faccia solo il favore di venire,
la prego...»
A
cavalcioni del suo fidato Occamy, che liberato dalla
sua abituale tana in una teiera era più che in grado di fronteggiare come
dimensioni un drago adulto, Newt non smetteva un
attimo di parlare con l’animale che stava impugnando.
«Dovresti
vergognarti! Di nuovo!»
Lo Snaso,
afferrato per le zampe, non aveva modo di rispondere.
«Ricordati
che poi dobbiamo andare in tutte le gioiellerie a restituire tutto quello che
hai preso!»
Lo stava
ripetendo per abitudine e per scacciare la paura per quello che stava facendo,
ma dopotutto in realtà era grato al piccolo Snaso dispettoso, che grazie a
tutto quello che aveva ingoiato era diventato una perfetta mitragliatrice di
oggetti preziosi da sparare contro il drago. Certo, non gli avrebbe fatto molto
male, ma non era quello il suo obiettivo. Per un attimo guardò cadere a terra
tutti quegli oggetti preziosi, chiedendosi quanto avrebbe dovuto sborsare per
risarcire i proprietari, ma per un attimo soltanto, perché il Petardo Rosso non
gli lasciava tregua. L’Occamy stesso lo attaccava
appena ne aveva l’occasione, probabilmente per proteggere se stesso e Newt, suo compagno da molti anni. Per quanto stessero
svolgendo bene il loro compito, lo studioso non poteva non sperare che gli
arrivasse presto la conferma che l’ospedale era stato evacuato.
Audrey
tornò trafelato nella stanza da cui tutto aveva avuto inizio. Rebecca era al
fianco della signora Veckley, le parlava dolcemente
rassicurandola e Angela la lasciava fare, dimostrando l’atteggiamento più
amichevole che avesse avuto fino a quel momento. Rebecca si voltò verso di lui
e annuì. Probabilmente gli aveva letto nel pensiero che erano le ultime persone
rimaste nell’edificio. Lentamente la signora si alzò dal pavimento, dove si era
rannicchiata nel tentativo di proteggere l’uovo dopo le prime scosse, e
docilmente seguì Rebecca verso la porta. Audrey arretrò, per evitare che la
signora avesse qualche reazione violenta vedendolo, ma a quel punto si sentì
tirare il colletto della camicia. Girò la testa a sinistra, notando che il cosetto verde di Scamander era
sulla sua giacca e cercava in ogni modo di attirare la sua attenzione. Senza
mai perdere di vista le due donne, l’Auror si
avvicinò a una finestra , dove indicava insistentemente il legnetto verde di
cui non ricordava il nome. Con le sue ditine faceva
segno verso il suo proprietario e continuava ad aprire e chiudere le sue
piccole manine. Audrey lo guardò per un po’.
«Vuoi
dire che lo devo avvertire che l’ospedale è libero?»
Il
legnetto annuì.
L’Auror alzò le spalle: «Hai ragione, non è giusto che rischi
ancora la vita...»
Spalancò
la finestra e con la bacchetta fece delle scintille verdi, senza immaginare le
conseguenze del suo gesto.
Newt abbassò
lo sguardo, attirato da quel segnale, ma non fu l’unico. Il drago, come
intuendo meglio dello studioso il senso di quelle scintille, con un’abile mossa
di coda buttò giù Scamander dal suo Occamy e si precipitò a capofitto verso la finestra.
Audrey
sbarrò gli occhi e senza nemmeno spegnere la bacchetta corse urlando: «Via! Via
tutti! Subito!»
I momenti
successivi furono così concitati che neanche a distanza di tempo l’Auror fu in grado di descriverli con efficacia. Il drago
sfondò i vetri e parte della parete nel tentativo di entrare e Audrey si buttò
a terra con le mani sulla testa, come a volersi riparare dallo scoppio di una
bomba. Completamente sopraffatto dal terrore e convinto di dover essere
azzannato da un momento all’altro dalla creatura, l’Auror
rimase immobile sul pavimento, respirando affannosamente e cercando di
trattenere le lacrime di disperazione che sentiva premergli le cornee. Un verso
di dolore, tuttavia, lo fece voltare quasi contro la sua volontà. La bestia
guidata da Scamander si era avvolta attorno al drago
e lo aveva azzannato alla gola, costringendolo ad arretrare e a uscire dall’ospedale.
Dello studioso, tuttavia, non c’era traccia. Fu quella consapevolezza a ridare
ad Audrey la forza di rialzarsi e di correre via. Scese di un piano per
allontanarsi dallo squarcio provocato dal drago e iniziò ad affacciarsi ad ogni
finestra alla ricerca dello studioso, mentre la stretta alla bocca dello
stomaco si faceva sempre più pressante. Possibile che fosse caduto o...
All’improvviso
l’Auror sentì qualcosa premergli sulla bocca. Abbassò
lo sguardo ma non vide nulla, seppure la sensazione di essere toccato da
qualcosa di invisibile diventasse sempre più forte, anzi, sembrasse volerlo
trascinare via. Audrey si ribellò e cercò di divincolarsi, ma alle sue spalle
sentì una voce familiare.
«Sssh! La prego, venga via dalla finestra!»
L’uomo
cercò di voltarsi e qualunque cosa lo stesse trattenendo glielo consentì.
Sporco, graffiato, con gli abiti decisamente rovinati, ma Scamander
era lì, appoggiato con una spalla a una parete, con un mezzo sorriso sul volto.
«Scusi il
metodo poco ortodosso, ma non volevo che il drago la vedesse o che lei urlasse.»
Faticosamente
l’uomo, con gli occhi sbarrati, cercò d’indicarsi la bocca. Lo studioso annuì:
«È il mio Demiguise, creatura intelligentissima in
grado di diventare invisibile. È anche estremamente protettiva, l’ha seguita
per tutto il tempo.»
In quel
momento Audrey fu in grado di vedere una sorta di mano bianca molto pelosa
sopra la sua bocca, che lentamente lasciò la presa. Solo allora poté osservare
interamente una sorta di scimmiotto bianco dal volto gentile e gli occhi grandi
e profondi. Audrey decise di soprassedere sulla stranezza e chiese: «Ma lei
come si è salvato? L’ho vista cadere...»
«Mi sono
Smaterializzato in volo. Piuttosto, dove sono Rebecca e la signora?»
L’Auror si sentì morire.
«Io...
non lo so...»
Newt si
accigliò: «Come sarebbe a dire “non lo sa”?»
Audrey
era nel pallone: «Erano di fianco a me quando il drago ci ha attaccato, ma
poi... non ho visto dove siano andate!»
Lo
studioso sospirò leggermente: «D’accordo, è comprensibile. Adesso però dobbiamo
capire cosa fare di questo bel draghetto.»
Fu in
quell’istante che il Demiguise tirò per la maglia
Audrey, indicando con l’altra mano in un punto ben preciso del corridoio.
«Scamander, guardi...»
Newt si
voltò, trovandosi di fronte una creatura piccolissima ma argentea e
luminescente, che correva verso di loro nel corridoio buio a gran velocità. Era
un minuscolo porcospino e, quello che era più importante, era un Patronus.
«Raggiungeteci
subito nel bosco di Epping.»
I due
uomini si guardarono e annuirono. Era indubbiamente la voce di Rebecca. Doveva
aver Smaterializzato lei e la signora Veckley
approfittando della confusione dell’attacco.
L’Auror guardò il porcospino sparire, poi esclamò: «Andiamo!
Cosa stiamo aspettando?»
«Se
permette, prima vorrei recuperare il mio Occamy...»
Dall’inseparabile
valigia Scamander tirò fuori una teiera e un vasetto
contenente qualcosa di nero e brulicante, poi fece cenno agli altri animali,
che ubbidienti rientrarono nel bagaglio. Lo studioso fece per avvicinarsi alla
finestra, poi si bloccò, prese la bacchetta e la puntò alle sue spalle, quasi
alla cieca, con aria rassegnata.
«Lo scusi,
è un gran ribelle...»
Recuperato
con tranquillità anche lo Snaso che stava cercando di impadronirsi di alcuni
strumenti chirurgici luccicanti, Newt rovesciò dal
vasetto alcune mosche nella teiera e porse quest’ultima fuori dalla finestra.
«Prenda
la mia valigia e si tenga pronto a Smaterializzarsi al mio via.»
Audrey
non ebbe il tempo di replicare nulla, perché quasi subito la creatura di Scamander lasciò perdere il combattimento e si diresse
verso di loro. Per paura che anch’essa sfondasse una parete, l’Auror prese al volo la valigia e si rannicchiò preparandosi
all’impatto. Invece, con sua grande sorpresa, la creatura entrò nella teiera che
lo studioso teneva in mano, e non appena fu tutta all’interno Scamander la richiuse con il coperchio e gridò: «Via!»
Si
Smaterializzarono in contemporanea, ritrovandosi nel giro di un paio di secondi
in un ambiente estremamente tranquillo, tutto il contrario di quello che
avevano appena lasciato. Entrambi gli uomini si concessero un sospiro di
sollievo, tanto che, vedendo lo studioso armeggiare con la teiera nel tentativo
di infilarla nella valigia senza far scappare la creatura, L’Auror gli chiese: «Mi dica... è più grande all’interno?»
«La
teiera o la valigia?»
«La
teiera. La valigia non me lo chiedo neanche più, dopo averci visto uscire tutta
quella roba...»
Scamander sorrise:
«No, sono gli Occamy che sono aggiustospaziosi,
si adattano allo spazio che hanno a disposizione.»
«Capisco.»
In realtà
non era certo di aver capito molto, ma dopo una giornata del genere era
secondario.
«Allora,
cerchiamo le nostre due disperse?»
«Certamente.»
Il bosco
non era enorme, ma la stanchezza prevalse sui due maghi e impiegarono più tempo
del previsto a ritrovare le donne. Dopo più di mezz’ora, però, riconobbero a
distanza una figura rannicchiata e i capelli rossi di Rebecca.
La Legilimens li accolse con sguardo preoccupato: «Eccovi,
finalmente. Signor Scamander, abbiamo bisogno di
lei.»
«Cos’è
successo?»
«Non
capiamo se sia successo nella foga della fuga o in un altro momento, però...»
Rebecca
si limitò a indicare l’uovo, saldamente stretto fra le braccia della signora Veckley, in lacrime. Anche da lontano era ben visibile una
grossa crepa.
Newt, senza
perdere tempo, si avvicinò all’uovo. La signora immediatamente lo ritrasse in
un gesto di protezione, ma Rebecca, parlandole a lungo, riuscì a convincerla a
porgerlo verso lo studioso, seppure tenendolo sempre saldamente fra le sue
mani.
Newt lo
guardò a lungo, aiutandosi anche con una lente di ingrandimento che il fido Pickett gli aveva con fatica porto. Infine emise un lungo
sospiro.
«Stia
tranquilla, signora, il suo uovo è in buona salute.»
Audrey
chiese: «E la crepa?»
«È
perfettamente naturale. Sta per nascere.»
Oh-oh... ci siamo! Capitolo decisamente movimentato rispetto ai
precedenti, ma che spero vi abbia ugualmente soddisfatto. Sinceramente a me
faceva molto ridere l’idea dello Snaso usato come mitragliatrice... una
carinissima arma di distruzione!
Dunque, ringrazio angelroses1987 e Lady Shamain
per i commenti e vi aspetto al prossimo capitolo, dove finalmente scopriremo
qualcosa di veramente importante. Ma sarà quello che vi aspettate?
Alla prossima!
Hinata 92