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Autore: hinata 92    21/02/2018    2 recensioni
Appena dopo la pubblicazione del suo manuale, Newt Scamander viene chiamato dal Ministero per un consulto a riguardo di un ibrido. Cosa si nasconde al San Mungo?
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Newt Scamander, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Corsa contro il tempo

 

Audrey aveva tutti i sintomi del panico: occhi dilatati, respiro affannoso, voce alterata.

«Aspetta... come papà?»

Scamander si buttò verso la finestra, armeggiando con la valigia fino ad estrarre un piccolo binocolo e mettersi a scrutare il cielo: «Ha senso. Se l’uovo ha un legame psichico con la madre, non si può escludere ne abbia uno anche col padre, anche se più lieve. Forse è solo in grado di avvertirne la presenza, in natura i maschi si allontanano per cercare cibo.»

«Aspettate... state dicendomi che il San Mungo sta per essere attaccato da un drago?»

«Non è detto. Le ricordo che abbiamo il forte sospetto che il padre sia a sua volta un Animagus, quindi potrebbe essere in questi corridoi in forma umana. In quel caso sarà però impossibile identificarlo.»

Un ruggito profondo fece tremare tutta la mobilia della stanza, scatenando il panico nelle stanze adiacenti. Newt si limitò a sospirare.

«O potrei aver appena detto una marea di idiozie.»

Audrey si precipitò al fianco di Scamander e alzò lo sguardo. Sopra l’ospedale volava in tondo un enorme drago rosso. Lo studioso non smetteva di fissarlo.

«Un tipico esemplare di Petardo Cinese. Mi sembra in buona salute, a vederlo da qui.»

«Invece di preoccuparsi della sua salute, sarà meglio pensare alla nostra! Per la barba di Merlino! Se quel coso attacca l’ospedale sarà una strage!»

Newt abbassò il cannocchiale sospirando. Rebecca si voltò verso di lui con un’espressione sconvolta.

«Non vorrà davvero...»

Lo studioso fece una smorfia: «Ha idee migliori?»

Audrey rispose per lei: «Sì, una: dirmi cosa sta pensando.»

«Potrei avere un modo per trattenerlo abbastanza a lungo per un’evacuazione di emergenza dell’ospedale, ma mi dica: mi autorizza?»

«A fare cosa?»

«Se glielo dico non mi autorizza.»

«E si aspetta che le dica di sì dopo questa frase?»

Un secondo ruggito fece tremare tutto. Audrey sospirò rassegnato.

«Tanto probabilmente sono già licenziato per aver causato questa situazione, quindi...»

«È un sì?»

«È più un “vada mentre non guardo”.»

Newt alzò le spalle: «Me lo farò bastare. Lei si occupi dell’evacuazione dell’ospedale. Rebecca...»

La donna annuì: «Cerco di calmare la signora Veckely ed evacuare anche lei.»

«Grazie.»

Con uno schiocco si smaterializzò sul tetto dell’ospedale. Deglutì e aprì la valigia. Non gli piaceva quello che stava per fare, ma Audrey aveva ragione, il rischio di una strage era altissimo. Armeggiò per un po’ con il contenuto, poi tirò fuori una scatolina.

«Te la senti? Sei sicuro?»

Se una risposta giunse, fu chiara solo a lui.

«E anche tu?»

Qualcosa, all’interno della valigia, rispose.

«D’accordo. Allora andiamo.»

 

Audrey, qualche piano più in basso, era piuttosto indaffarato a dirigere un’evacuazione di massa. Infermieri e medici correvano nei corridoi trasportando barelle, diretti da tutti gli Auror presenti dell’edificio. Ogni tanto un ruggito faceva tremare tutto e cercare di mantenere la calma fra i degenti era davvero difficile.

Il terzo piano era stato quasi completamente evacuato. Audrey corse nel corridoio spalancando tutte le porte per controllare che non ci fosse più nessuno, e fu così che si accorse di una signora anziana alla finestra.

«Signora, cosa fa ancora qui? Dobbiamo andare!»

«Un corno che me ne vado! Sono ricoverata qui da mesi e questa è la cosa più interessante che sia successa!»

Audrey, col fiatone per la corsa, la guardò perplesso: «Trova interessante l’essere sotto attacco?»

La signora mosse stizzita una mano: «Ma no, ma no! Parlo dello scontro aereo!»

Audrey si affacciò a sua volta, con una stretta d’ansia allo stomaco: «Quale scontro aereo?»

E davanti ai suoi occhi si palesò la scena più epica e assurda che avrebbe mai potuto immaginare. Scamander, a bordo di un’enorme creatura che non aveva mai visto prima, stava affrontando il drago con quello che da lontano poteva sembrare un fucile mitragliatore babbano. Rimase qualche secondo a fissarlo a bocca aperta, poi richiuse gli occhi strizzando le palpebre con tutte le sue forze.

«No. No. Non hai visto nulla. Ricordi? Hai detto che non guardavi. Quello che non vedi non puoi denunciare.»

La signora di fianco a lui commentò: «Peccato, è uno spettacolo come non ne vedevo da decenni.»

Audrey, ancora con gli occhi rigorosamente chiusi, prese la signora per un braccio e la trascinò con sé, incurante delle proteste: «Mi faccia solo il favore di venire, la prego...»

 

A cavalcioni del suo fidato Occamy, che liberato dalla sua abituale tana in una teiera era più che in grado di fronteggiare come dimensioni un drago adulto, Newt non smetteva un attimo di parlare con l’animale che stava impugnando.

«Dovresti vergognarti! Di nuovo!»

Lo Snaso, afferrato per le zampe, non aveva modo di rispondere.

«Ricordati che poi dobbiamo andare in tutte le gioiellerie a restituire tutto quello che hai preso!»

Lo stava ripetendo per abitudine e per scacciare la paura per quello che stava facendo, ma dopotutto in realtà era grato al piccolo Snaso dispettoso, che grazie a tutto quello che aveva ingoiato era diventato una perfetta mitragliatrice di oggetti preziosi da sparare contro il drago. Certo, non gli avrebbe fatto molto male, ma non era quello il suo obiettivo. Per un attimo guardò cadere a terra tutti quegli oggetti preziosi, chiedendosi quanto avrebbe dovuto sborsare per risarcire i proprietari, ma per un attimo soltanto, perché il Petardo Rosso non gli lasciava tregua. L’Occamy stesso lo attaccava appena ne aveva l’occasione, probabilmente per proteggere se stesso e Newt, suo compagno da molti anni. Per quanto stessero svolgendo bene il loro compito, lo studioso non poteva non sperare che gli arrivasse presto la conferma che l’ospedale era stato evacuato.

 

Audrey tornò trafelato nella stanza da cui tutto aveva avuto inizio. Rebecca era al fianco della signora Veckley, le parlava dolcemente rassicurandola e Angela la lasciava fare, dimostrando l’atteggiamento più amichevole che avesse avuto fino a quel momento. Rebecca si voltò verso di lui e annuì. Probabilmente gli aveva letto nel pensiero che erano le ultime persone rimaste nell’edificio. Lentamente la signora si alzò dal pavimento, dove si era rannicchiata nel tentativo di proteggere l’uovo dopo le prime scosse, e docilmente seguì Rebecca verso la porta. Audrey arretrò, per evitare che la signora avesse qualche reazione violenta vedendolo, ma a quel punto si sentì tirare il colletto della camicia. Girò la testa a sinistra, notando che il cosetto verde di Scamander era sulla sua giacca e cercava in ogni modo di attirare la sua attenzione. Senza mai perdere di vista le due donne, l’Auror si avvicinò a una finestra , dove indicava insistentemente il legnetto verde di cui non ricordava il nome. Con le sue ditine faceva segno verso il suo proprietario e continuava ad aprire e chiudere le sue piccole manine. Audrey lo guardò per un po’.

«Vuoi dire che lo devo avvertire che l’ospedale è libero?»

Il legnetto annuì.

L’Auror alzò le spalle: «Hai ragione, non è giusto che rischi ancora la vita...»

Spalancò la finestra e con la bacchetta fece delle scintille verdi, senza immaginare le conseguenze del suo gesto.

Newt abbassò lo sguardo, attirato da quel segnale, ma non fu l’unico. Il drago, come intuendo meglio dello studioso il senso di quelle scintille, con un’abile mossa di coda buttò giù Scamander dal suo Occamy e si precipitò a capofitto verso la finestra.

Audrey sbarrò gli occhi e senza nemmeno spegnere la bacchetta corse urlando: «Via! Via tutti! Subito!»

I momenti successivi furono così concitati che neanche a distanza di tempo l’Auror fu in grado di descriverli con efficacia. Il drago sfondò i vetri e parte della parete nel tentativo di entrare e Audrey si buttò a terra con le mani sulla testa, come a volersi riparare dallo scoppio di una bomba. Completamente sopraffatto dal terrore e convinto di dover essere azzannato da un momento all’altro dalla creatura, l’Auror rimase immobile sul pavimento, respirando affannosamente e cercando di trattenere le lacrime di disperazione che sentiva premergli le cornee. Un verso di dolore, tuttavia, lo fece voltare quasi contro la sua volontà. La bestia guidata da Scamander si era avvolta attorno al drago e lo aveva azzannato alla gola, costringendolo ad arretrare e a uscire dall’ospedale. Dello studioso, tuttavia, non c’era traccia. Fu quella consapevolezza a ridare ad Audrey la forza di rialzarsi e di correre via. Scese di un piano per allontanarsi dallo squarcio provocato dal drago e iniziò ad affacciarsi ad ogni finestra alla ricerca dello studioso, mentre la stretta alla bocca dello stomaco si faceva sempre più pressante. Possibile che fosse caduto o...

All’improvviso l’Auror sentì qualcosa premergli sulla bocca. Abbassò lo sguardo ma non vide nulla, seppure la sensazione di essere toccato da qualcosa di invisibile diventasse sempre più forte, anzi, sembrasse volerlo trascinare via. Audrey si ribellò e cercò di divincolarsi, ma alle sue spalle sentì una voce familiare.

«Sssh! La prego, venga via dalla finestra!»

L’uomo cercò di voltarsi e qualunque cosa lo stesse trattenendo glielo consentì. Sporco, graffiato, con gli abiti decisamente rovinati, ma Scamander era lì, appoggiato con una spalla a una parete, con un mezzo sorriso sul volto.

«Scusi il metodo poco ortodosso, ma non volevo che il drago la vedesse  o che lei urlasse.»

Faticosamente l’uomo, con gli occhi sbarrati, cercò d’indicarsi la bocca. Lo studioso annuì: «È il mio Demiguise, creatura intelligentissima in grado di diventare invisibile. È anche estremamente protettiva, l’ha seguita per tutto il tempo.»

In quel momento Audrey fu in grado di vedere una sorta di mano bianca molto pelosa sopra la sua bocca, che lentamente lasciò la presa. Solo allora poté osservare interamente una sorta di scimmiotto bianco dal volto gentile e gli occhi grandi e profondi. Audrey decise di soprassedere sulla stranezza e chiese: «Ma lei come si è salvato? L’ho vista cadere...»

«Mi sono Smaterializzato in volo. Piuttosto, dove sono Rebecca e la signora?»

L’Auror si sentì morire.

«Io... non lo so...»

Newt si accigliò: «Come sarebbe a dire “non lo sa”?»

Audrey era nel pallone: «Erano di fianco a me quando il drago ci ha attaccato, ma poi... non ho visto dove siano andate!»

Lo studioso sospirò leggermente: «D’accordo, è comprensibile. Adesso però dobbiamo capire cosa fare di questo bel draghetto.»

Fu in quell’istante che il Demiguise tirò per la maglia Audrey, indicando con l’altra mano in un punto ben preciso del corridoio.

«Scamander, guardi...»

Newt si voltò, trovandosi di fronte una creatura piccolissima ma argentea e luminescente, che correva verso di loro nel corridoio buio a gran velocità. Era un minuscolo porcospino e, quello che era più importante, era un Patronus.

«Raggiungeteci subito nel bosco di Epping

I due uomini si guardarono e annuirono. Era indubbiamente la voce di Rebecca. Doveva aver Smaterializzato lei e la signora Veckley approfittando della confusione dell’attacco.

L’Auror guardò il porcospino sparire, poi esclamò: «Andiamo! Cosa stiamo aspettando?»

«Se permette, prima vorrei recuperare il mio Occamy...»

Dall’inseparabile valigia Scamander tirò fuori una teiera e un vasetto contenente qualcosa di nero e brulicante, poi fece cenno agli altri animali, che ubbidienti rientrarono nel bagaglio. Lo studioso fece per avvicinarsi alla finestra, poi si bloccò, prese la bacchetta e la puntò alle sue spalle, quasi alla cieca, con aria rassegnata.

«Lo scusi, è un gran ribelle...»

Recuperato con tranquillità anche lo Snaso che stava cercando di impadronirsi di alcuni strumenti chirurgici luccicanti, Newt rovesciò dal vasetto alcune mosche nella teiera e porse quest’ultima fuori dalla finestra.

«Prenda la mia valigia e si tenga pronto a Smaterializzarsi al mio via.»

Audrey non ebbe il tempo di replicare nulla, perché quasi subito la creatura di Scamander lasciò perdere il combattimento e si diresse verso di loro. Per paura che anch’essa sfondasse una parete, l’Auror prese al volo la valigia e si rannicchiò preparandosi all’impatto. Invece, con sua grande sorpresa, la creatura entrò nella teiera che lo studioso teneva in mano, e non appena fu tutta all’interno Scamander la richiuse con il coperchio e gridò: «Via!»

Si Smaterializzarono in contemporanea, ritrovandosi nel giro di un paio di secondi in un ambiente estremamente tranquillo, tutto il contrario di quello che avevano appena lasciato. Entrambi gli uomini si concessero un sospiro di sollievo, tanto che, vedendo lo studioso armeggiare con la teiera nel tentativo di infilarla nella valigia senza far scappare la creatura, L’Auror gli chiese: «Mi dica... è più grande all’interno?»

«La teiera o la valigia?»

«La teiera. La valigia non me lo chiedo neanche più, dopo averci visto uscire tutta quella roba...»

Scamander sorrise: «No, sono gli Occamy che sono aggiustospaziosi, si adattano allo spazio che hanno a disposizione.»

«Capisco.»

In realtà non era certo di aver capito molto, ma dopo una giornata del genere era secondario.

«Allora, cerchiamo le nostre due disperse?»

«Certamente.»

Il bosco non era enorme, ma la stanchezza prevalse sui due maghi e impiegarono più tempo del previsto a ritrovare le donne. Dopo più di mezz’ora, però, riconobbero a distanza una figura rannicchiata e i capelli rossi di Rebecca.

La Legilimens li accolse con sguardo preoccupato: «Eccovi, finalmente. Signor Scamander, abbiamo bisogno di lei.»

«Cos’è successo?»

«Non capiamo se sia successo nella foga della fuga o in un altro momento, però...»

Rebecca si limitò a indicare l’uovo, saldamente stretto fra le braccia della signora Veckley, in lacrime. Anche da lontano era ben visibile una grossa crepa.

Newt, senza perdere tempo, si avvicinò all’uovo. La signora immediatamente lo ritrasse in un gesto di protezione, ma Rebecca, parlandole a lungo, riuscì a convincerla a porgerlo verso lo studioso, seppure tenendolo sempre saldamente fra le sue mani.

Newt lo guardò a lungo, aiutandosi anche con una lente di ingrandimento che il fido Pickett gli aveva con fatica porto. Infine emise un lungo sospiro.

«Stia tranquilla, signora, il suo uovo è in buona salute.»

Audrey chiese: «E la crepa?»

«È perfettamente naturale. Sta per nascere.»

 

 

Oh-oh... ci siamo! Capitolo decisamente movimentato rispetto ai precedenti, ma che spero vi abbia ugualmente soddisfatto. Sinceramente a me faceva molto ridere l’idea dello Snaso usato come mitragliatrice... una carinissima arma di distruzione!

Dunque, ringrazio angelroses1987 e Lady Shamain per i commenti e vi aspetto al prossimo capitolo, dove finalmente scopriremo qualcosa di veramente importante. Ma sarà quello che vi aspettate?

Alla prossima!

 

Hinata 92

  
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