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Autore: _Winter_    21/02/2018    2 recensioni
{Nagumo X Suzuno... forse un po' OOC} {AU: USA 1950s-1960s per questioni di trama i nomi saranno quelli europei}
Claude Beacons è un bambino di dieci anni della Louisiana, stato in conflitto tra la comunità bianca e quella dei creoli e afroamericani. E' un bambino estremamente vivace che vive da solo con la madre nella periferia di New Orleans vicino alle paludi del Bayou.
Bryce Witihngale è un bambino come Claude, della stessa età ma che vive nella caotica New York. Figlio di un industriale di fama nazionale e benestante, tuttavia è privo di amici a causa del suo carattere distaccato.
I due ragazzini sono in tutto e per tutto diversi, lontani centinaia di miglia.
Tra nord e sud gli Stati Uniti d'America erano uniti solo dal nome eppure a legarli sono una serie di lettere che si scambiano due ragazzini di dieci anni ogni settimana.
Genere: Avventura, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Bryce Whitingale/Suzuno Fuusuke, Claude Beacons/Nagumo Haruya, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 4 - Nuova scuola


New Orleans, settembre 1955.
 
L’estate era volata in fretta e in breve la pausa estiva lasciò posto al ritorno a scuola.
Nonostante Claude non andasse più alla scuola elementare, era rimasto in contatto con Bryce per tutto il periodo di vacanza. Erano riusciti anche scambiarsi delle foto in bianco e nero di loro stessi. In particolare ne ricevette una in cui si vedeva il ragazzo di New York e affianco a lui i gemelli Frost.
Anche se la fotografia era priva di colori, si poteva capire chiaramente che Bryce non scherzava sul colore dei suoi capelli, erano bianchi proprio come quelli del cugino Shawn.
Che buffo, Claude non aveva mai visto un ragazzino della sua età con i capelli così, pensava che solo gli anziani avessero i capelli bianchi.
 
Era arrivato il primo giorno di scuola media, il ragazzo del Bayou era stato fortunato, il suo amico Xavier sarebbe andato nella sua stessa classe e non si sarebbero quindi separati. Tuttavia la scuola era piuttosto distante da casa, avrebbero dovuto prendere l’autobus per raggiungere il centro della città.
Era la prima volta che prendevano un mezzo pubblico, quando arrivò il bus, colorato completamente di bianco, i due ragazzini salirono per sedersi nei primi posti che trovarono.
Il mezzo era quasi del tutto vuoto, ogni tanto alle fermate salivano dei neri, ma curiosamente non si sedevano mai sui posti liberi nelle prime file. Si spostavano sempre verso il fondo.
Poco prima di arrivare alla scuola, salì sul bus l’ennesima persona afroamericana, una donna, e vedendola Claude gli domandò candidamente:
-Vuole sedersi qui al nostro posto? Noi dobbiamo scendere tra poco- 
La donna rifiutò con un cenno del capo.
-Ragazzino, i neri non si siedono davanti. Devono andare in fondo come è giusto che sia- disse un uomo sulla quarantina seduto accanto ai ragazzi.
-Perché?- chiese Xavier.
-Perché?! E’ la legge che lo dice, non vorrai mica che un nero si sieda con noi bianchi. Che se ne stiano là lontano da noi- rispose lanciando un’occhiataccia verso gli ultimi posti.
 
Entrambi i ragazzi scesero alla fermata successiva e si incamminarono per poter arrivare al cancello della scuola. Fortunatamente avevano percorso la stessa strada qualche giorno prima in compagnia della madre di Claude.
Pochi minuti dopo raggiunsero la nuova scuola.
Era un edificio imponente tinteggiato di bianco con un giardino sul davanti. Una bandiera americana spiccava sul pennone sopra l’ingresso.
Con un sospiro i due amici si avviarono all’interno.
La classe era molto più grande di quella della loro scuola precedente e vi erano più studenti provenienti da diverse parti della città.
Con l’arrivo dell’insegnante iniziò ufficialmente il primo giorno di scuola media.
La mattinata fu come al solito estremamente noiosa, la monotonia fu interrotta da un colpetto sul braccio di Claude dal suo compagno di banco, ovviamente Xavier.
Gli passò un biglietto con scritto:
 
“Come sempre al parco dopo scuola?”
 
Il ragazzo non ci pensò due volte e con una matita scrisse un semplice “Sì” sullo stesso foglietto e lo restituì al mittente con un sorriso.
 
Con il suono dell’ultima campanella gli studenti poterono alzarsi dai loro banchi e tornare a casa.
 
I due amici presero l’autobus e una volta seduti iniziarono a discutere della nuova scuola, dei compagni di classe e anche dei nuovi insegnanti. Tuttavia dopo un po’ che viaggiavano si accorsero che qualcosa non andava.
 
-Ehi Claude, credo che abbiamo sbagliato bus… prima non siamo passati per questa strada, anzi mi pare di non essere mai passato per di qui-
-Non me ne ero accorto… scusi signora, sa per caso dove è diretto questo autobus?- domandò Claude alla signora seduta nei posti affianco.
-Questo è il numero dieci, quindi se non erro si va alla periferia sud della città- rispose ella.
-Xavier dobbiamo scendere, subito, il dieci non è quello che dovevamo prendere!-
-Se scendete adesso dovrete aspettare quasi un’ora per poter tornare in centro ragazzi- disse la signora accanto.
I due non se lo fecero ripetere due volte e scesero immediatamente alla fermata più vicina.
 
Erano capitati in un quartiere sconosciuto, tante piccole casette bianche, gialle, alcune non erano che delle baracche di legno.
Un quartiere povero, probabilmente abitato dagli emarginati della società come i neri o dalle famiglie disoccupate che non possono permettersi di vivere in altri posti.
Seduti su una panchina i ragazzini attesero il bus che permetteva loro di tornare a casa. Ad un tratto si avvicinò un uomo, di carnagione scura come anche i capelli e gli occhi, vestito soprattutto di stracci che odoravano di rum e fumo di sigaretta.
-Ah dei bambini! Che ci fate qui tutti da soli?- chiese con un vago accento francese l’individuo.
-Aspettiamo- rispose Claude cercando di non entrare in confidenza con lo sconosciuto.
-E cosa aspettate? Sentiamo!- continuò l’uomo.
-L’autobus per tornare in città- disse Xavier.
-Allora posso aiutarvi, sì, lasciate che io Emile vi aiuti. Vi posso accompagnare io se volete…-
-No grazie preferiamo aspettare…- Claude non finì la frase che venne interrotto prontamente.
-Assolutamente no! Insisto, venite con me!-
I due ragazzini si strinsero l’un l’altro. La situazione si stava facendo particolarmente difficile e i loro genitori li avevano sempre raccomandato di non parlare con gli stranieri, figurarsi seguirli!
-No, signore, non vogliamo- risposero entrambi
Sul volto di Emile comparve una smorfia di disdegno, sbuffò e si avvicinò ai due ragazzi quando ad un tratto una voce iniziò a urlare qualcosa in una lingua che pareva francese.
La voce proveniva da una corpulenta signora sulla cinquantina, anch’ella creola, che abitava nella casa di fronte alla fermata del bus. Aveva un turbante rosso in testa e un vestito bianco che arrivava fino alle ginocchia e urlava fortemente contro l’individuo.
Alla fine l’uomo se ne andò lasciando in pace i due ragazzi.
-Poveri ragazzi, avete fatto bene a non seguire quell’uomo. Emile è un poco di buono qui tutti lo sanno. Non oso immaginare cosa avrebbe fatto con due ragazzini come voi!- esordì la donna.
-Grazie signora per quello che ha fatto- disse Xavier arrossendo.
-Sì, grazie per averci salvato da quell’uomo- continuò Claude.
-Non ho fatto nulla di eccezionale se non cacciare via un bruto da questo quartiere. Ho sentito dalla finestra che dovete prendere il bus per tornare in centro vero?-
I due annuirono.
-Beh dovete aspettare ancora un po’, vi sembrerò impulsiva ma vi invito nella mia casa a prendere un tè mentre aspettate, delle volte qui attorno gira gente poco affidabile come Emile. Non vorrei che vi capitasse nulla di male-
I due amici si guardarono negli occhi e poi annuirono nuovamente. Dopotutto quella signora non sembrava per nulla una cattiva persona. Anzi li aveva salvati nel momento del bisogno.
 
La casa di quella donna non era particolarmente grande né ben arredata, una umile casupola più che sufficiente per una donna sola.
Nella spoglia cucina la signora mise dell’acqua in una teiera che pareva piuttosto antiquata e che sicuramente aveva visto tempi migliori, lo stesso valeva per il tavolo e le sedie su cui erano seduti tutti e tre.
-Che ci fate da queste parti?- domandò la donna.
-Ci siamo persi e stiamo cercando di tornare a casa signora- rispose Claude.
-Suvvia non chiamatemi signora, mi fate sentire ben più vecchia di quello che sono, mi chiamo Desiree, ma tutti qui mi conoscono come zia Desiree, se volete potete chiamarmi così anche voi-
La donna versò il tè in tre tazze e insieme iniziarono a parlare in attesa del bus.
Si scoprì presto che zia Desiree aveva un emporio in centro dove vendeva ingredienti per il voodoo, ed ella stessa era sacerdotessa.
Spiegò che il voodoo in sé non era una cosa malvagia come molti, soprattutto come tanti bianchi credevano, tutto dipende dall’uso che se ne fa.
-E’ un po’ come il fuoco, puoi usarlo per scaldarti o per cucinare e questa è una cosa buona, tuttavia come c’è gente che usa il fuoco per fare del male o distruggere, così ci sono persone che sfruttano il voodoo per il loro scopi-
Era la prima volta che i due sentivano parlare di voodoo in modo positivo. La mamma di Claude pensava addirittura che fosse una credenza usata per controllare le menti delle persone!
Il tempo passò in fretta e i due ragazzi dovettero sbrigarsi a uscire per prendere il bus che suonava il clacson da tempo per avvertire le persone del suo arrivo.
-Se passate di qui e per il mio negozio venite a farmi visita- lì salutò zia Desiree.
I due amici arrivarono quindi in centro e dopo poco tempo presero il mezzo giusto per poter tornare finalmente a casa.
 
Arrivarono che era quasi sera e decisero quindi di non andare al parchetto. Avevano avuto già abbastanza avventure per quel giorno.
Quando Claude entrò nella propria casa, la madre corse ad abbracciarlo quasi in lacrime.
-Si può sapere dove sei stato tutto il pomeriggio? Ero così preoccupata! Anche la mamma di Xavier non sapeva dove foste!-
-Ci eravamo persi… avevamo preso il bus sbagliato, ma non siamo stati da soli! Abbiamo incontrato una signora che ci ha aiutato!- rispose il figlio, aveva deliberatamente omesso da chi li aveva aiutati zia Desiree per non far preoccupare ancora di più la madre.
La donna diede un bacio sulla testa del figlio.
-Dai, vai in camera, credo che tu voglia raccontare al tuo amichetto di New York com’è stato il primo giorno di scuola, no?- gli sorrise la madre.
Con un cenno Claude corse nella sua stanza. Come al solito prese carta e penna, pronto a raccontare l’avventura di quel giorno.
 
15 settembre 1955
Purtroppo è ricominciata la scuola… era così bello correre per i prati lungo il fiume e giocare tutto il giorno! Ma oggi è stato un giorno fantastico! La mattina a scuola è stata piuttosto noiosa, come sempre, i nuovi professori si sono presentati e hanno già iniziato a spiegare cosa faremo in questo anno. La nuova scuola è lontano, mezzora di bus e poi bisogna camminare per ancora un po’. 
La tua scuola com’è? Io me la immagino molto grande, circondata da tutti quei palazzi che ho visto nelle fotografie che mia hai mandato due settimane fa.
Ma il bello arriva ora, io e Xavier abbiamo sbagliato a prendere l’autobus e ci siamo ritrovati nel quartiere dei poveri. Lì una brutta persona aveva cercato di portarci via con lui ma ad aiutarci è stata una sacerdotessa voodoo, zia Desiree.
Avevi mai sentito parlare del voodoo? Io non se molto ma qui da me se ne parla spesso e si dice che sia una brutta cosa, ma zia Desiree ha detto che dipende da come lo si usa.
Alla fine siamo riusciti a tornare a casa anche se in ritardo, un po’ mi sento male perché ho fatto preoccupare la mamma.
Spero di ricevere presto una lettera con le tue risposte!
 
Claude Beacons
 
P.S. Non te l’ho chiesto prima perché me ne sono dimenticato, come è andato il tuo primo giorno di scuola media?”
 
Ormai era troppo tardi per andare a imbucare la lettera, decise quindi che l’avrebbe fatto il giorno dopo prima di andare a scuola.
Dopotutto quel giorno aveva fatto già preoccupare abbastanza la madre.
Non fece in tempo a posare la penna sulla scrivania che la madre lo chiamò, era pronta la cena.
Si era quindi concluso finalmente il primo, avventuroso, giorno di scuola media.
 
  
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