Quella ragazzina si stava rivelando più enigmatica di quello che aveva pensato quando il suo collaboratore Farlan l'aveva caldamente raccomandata.
Quando, un anno prima, aveva tenuto in considerazione il suo curriculum era più per un favore personale a quell'idiota che per reale necessità di organico; anche se doveva ammettere che una factotum faceva sempre comodo e non ci aveva visto nulla di male nell'accordare l'assunzione di Isabel Jaeger.
Non aveva mai avuto bisogno di stare a contatto diretto con lei, dopotutto la conosceva Farlan ed era lui il diretto responsabile; però quando si era presentata la necessità di fare quel tour si era reso conto di come il suo viso e il suo spirito fossero più adatti per presentarsi ai possibili clienti. Era certo che se si fosse presentato con la quattrocchi sarebbe andato tutto a rotoli. L'entusiasmo di Hanji alle volte era troppo.
Non
l'aveva mai
tenuta troppo in considerazione, faceva il suo lavoro, era un po'
disordinata certo, però era capace e ciò gli
bastava.
Non gli
interessava che non avesse una laurea o che non fosse eccessivamente
preparata per le mansioni d'ufficio, le aveva dato la
possibilità di
imparare in loco e lei era stata di parola imparando tutti i lavori a
cui era stata costretta. Era molto contento di questa sua dote ed era
anche quello che l'aveva portato a maturare la decisione di tenerla
nell'organico in via definitiva.
Gliel'avrebbe
comunicato allo scadere del suo contratto di apprendistato la
settimana seguente.
Anche
se dopo
quel giro per clienti e quella singolare replica a una sua domanda
gli era sorto il dubbio che facesse la finta tonta.
Era una sciocca
se credeva che si fosse bevuto quella banale scusa del telefono. Lei
gli aveva risposto sovrappensiero.
Levi era famoso
per le sue capacità di osservazione e non gli sfuggiva mai
niente,
era anche quello il motivo se era riuscito ad avere successo nel
mondo degli affari.
Non capiva però
perché dalla mattina precedente gli sembrava un'altra.
In
quel momento
era fermo alla macchina del caffè vicino all'ingresso e
continuava a
guardarla di sottecchi, quella non poteva essere la solita Isabel con
cui aveva condiviso l'ufficio.
Eppure era lei.
I capelli rossi,
la pelle leggermente ambrata e quei tacchi sempre presenti.
Era Isabel.
Notò come si
sfregava il collo e ogni tanto si guardava attorno allungando anche
il naso oltre la sua postazione.
Sorseggiò di
nuovo la bevanda, cosa c'era che non andava in quella ragazza!?
Fu un attimo e il
suo sguardo incrociò quello smeraldino di Isabel, la quale
si voltò
altrove al limite dell'imbarazzo. Da quand'era così
vergognosa?
«Hey
smetti di
fissare Sunshine o me la consumi!» La voce squillante di
Hanji lo
richiamò e con nonchalance prese una bustina per zuccherare
la
bevanda da lui tanto odiata. «Non mi dire che bevi il
caffè per
spiarla!»
«Ma ti fai i
cazzi tuoi maledetta!?» La risposta era decisamente troppo
sopra
alle righe, se ne rese conto troppo tardi, facendogli guadagnare
un'occhiata sconcertata dalla collega. «Oh.Mio.Dio».
Sospirò buttando
giù quello schifo tutto d'un fiato e voltandosi per
rifugiarsi nel
suo ufficio.
«OMMIODDIO
LEVI!» L'urlo di quella dannata fece voltare tutti nella loro
direzione, Isabel compresa.
Riuscì solo a
riservarle un'occhiata di traverso e con tono deciso intimò
a tutti
di tornare a lavoro.
Perché quella
maledetta riusciva sempre a metterlo in difficoltà?
Perché aveva
notato lei i suoi comportamenti anomali senza che
se ne
rendesse conto da solo!?
Decise di
risparmiare a tutti l'inutile incombenza di sopportare il suo
caratteraccio e si chiuse nel suo ufficio lasciando espressamente
detto di non voler vedere nessuno, se non strettamente necessario.
Poteva
essere
una tranquilla mattinata come le altre ma Hanji gliel'aveva stravolta
con le sue accuse, tra l'altro più che fondate.
Perché era vero,
stava bevendo quella porcheria solo per osservare Isabel, per capire
cosa ci fosse che non andava in lei. E sorpresa delle sorprese, era
esattamente la Isabel che vedeva tutti i giorni.
E allora perché
dopo averla ignorata per un anno intero ora si ritrovava incuriosito
da lei?
Era uscito con
altre ragazze in precedenza ma se non attiravano la sua attenzione
dal primo momento non le teneva in considerazione; ed Isabel era pur
sempre la stessa ragazza dei giorni precedenti e da che lui
ricordasse non gli era mai interessata.
E
poi non era il
tipo che rubava la ragazza agli altri! Sapeva benissimo quanto Farlan
fosse interessato a lei e lui non si sarebbe mai messo in mezzo.
Si pietrificò
quando realizzò in quel momento la piega che stavano
prendendo i
suoi stessi pensieri, l'eventualità di volerci provare con
Isabel
aveva sfiorato -anche se solo per un momento- la sua mente.
Sospirò
pesantemente mollando la schiena contro la poltrona, guardò
la
scrivania dove erano appoggiati alcuni documenti pronti per essere
firmati e spediti, e altri che richiedevano la sua più
totale
attenzione. Per fortuna che era il capo, altrimenti sarebbe stato
licenziato in tronco per la negligenza che stava dimostrando!
Mentre
cercava
di espletare i suoi compiti, il pensiero dell'episodio della
mattina precedente fece capolino nella sua mente e vi si
soffermò
sopra forse per troppo tempo cercando una spiegazione.
Era sempre la
solita Isabel, forse un po' più grezza
del suo solito, però
non la conosceva a sufficienza per dire se non fosse il suo reale
modo di essere.
Dopo che l'aveva
beccata a fissarlo con quei suoi occhi che non ricordava nemmeno lui
così tanto- come dire... brillanti?
L'aveva fissata
negli occhi ogni volta che parlavano durante le giornate lavorative,
ma mai, nella maniera più assoluta, gli avevano fatto
quell'effetto. Non li aveva mai tenuti in considerazione più
di tanto, erano solo
dei normali occhi verdi.
Solo il giorno
precedente aveva notato come fossero espressivi, quando erano stati
dominati dall'interesse che gli aveva conferito quella nota
giallastra in più.
Poi, dopo che gli
aveva fatto notare come si fosse incantata nel fissarlo
insistentemente, l'imbarazzo aveva preso il sopravvento sfociando in
quella serie di imprecazioni mal trattenute tra i denti e poi quella
risposta.
Perché poche
balle, lei gli aveva risposto e ciò implicava
che comprendesse il tedesco.
Altre volte gli era capitato di dare voce ad alcuni pensieri nella sua
lingua madre, ma
mai nessuno gli aveva risposto.
Non che fosse
chissà quale domanda, l'orario... però il fatto
che quella risposta
così spontanea fosse pronunciata con tanta noncuranza
lasciava
intendere quanto padroneggiasse il tedesco.
Di sicuro non gli
era estraneo come voleva fargli credere!
Non capiva
nemmeno lui perché si stesse crucciando tanto su quel
dettaglio,
poteva ignorare la cosa e lasciare perdere tutto tornando alla solita
routine.
Il viso della giovane sfigurato dall'imbarazzo riprese possesso dei suoi pensieri. No, non poteva ignorarla.
Quando poi la giovane bussò alla sua porta con il suo amato tè del pomeriggio tra le mani -al 90% su richiesta di Hanji- gli stava porgendo l'occasione di sperimentare le sue teorie.
Isabel entrò nel suo studio con un sorriso piuttosto tirato, gli occhi erano spalancati e sembrava allarmata per qualcosa; l'andatura solitamente decisa e sicura era un po' traballante.
«La
signorina
Zoe mi ha chiesto di portarvelo, lei era impegnata»
«Grazie, ne
avevo proprio bisogno, ma prego accomodati»
Notò come
l'incarnato ambrato perse per un attimo colore e gli dedicò
un'occhiata spaesata e confusa, alcune parole le morirono sulle
labbra -che solo in quel momento notò essere sottili e
sottolineate
dal leggero lucidalabbra-.
Non ci fu alcuna
replica nonostante avesse percepito la voglia di contestarlo e prese
posto sulla poltrona davanti alla scrivania.
Era rigida come
una statua di sale e sembrava avere un leggero affanno, la situazione
peggiorò quando le appoggiò una
mano sulla spalla per tranquilizzarla, ottenendo solo di farla
sussultare per la sorpresa e irrigidire maggiormente.
Però... Si stupì quando saggiò le
spalle piene e toniche.
Aveva anche il
tempo per fare palestra?
«Vista la
giornata tranquilla vorrei condividere con te i miei pensieri sul tuo
operato in studio»
«Ho fatto- ehm
intendo dire-»
Perché stava
andando nel panico? Gli era sempre sembrata molto sicura di
sé,
quasi arrogante in certi casi.
«Bevi»
Le
rigirò la tazza che era stata preparata per lui iniziando a
saggiare
il terreno, sembrava aver bisogno di qualcosa per allentare la
tensione e infatti la accettò senza
indugiare.
Quel dettaglio
non gli sfuggì, l'aveva sentita diverse volte demonizzare
quella
bevanda con commenti sarcastici e rifiutarne diverse tazze che le
erano state offerte.
«Da quando di
piace il tè?» Il tono volutamente indifferente.
Non capì perché
quell'osservazione tanto sincera e senza malizia le fece andare di
traverso il sorso che aveva appena preso facendola iniziare a tossire
violentemente.
«Mi sembra- coff
sembrava scortese coff coff rifiutare»
Quando riuscì a
riprendere il fiato ne bevve un sorso sospirando.
«Grazie»
Il timido
ringraziamento fece nuovamente sprofondare la stanza nel silenzio
più
imbarazzante.
Tornò a sedersi
alla scrivania, l'approccio informale l'aveva quasi uccisa, forse era
meglio rimanere con le solite abitudini.
«Allora,
sono
soddisfatto del tuo operato, devo ancora decidere alcune cose
però
nel complesso mi piace il tuo modo di lavorare» Isabel si
stava
torturando le mani e gli occhi brillavano contenti e colmi di
stupore?
«Davvero!?» Sì,
era stupita dalle sue parole. «Non sarai la dipendente
più puntuale
o la più ordinata ma ti sei data da fare e ciò mi
basta» Mentre
rispondeva dovette distogliere lo sguardo con la scusa di armeggiare
con alcuni documenti; quegli occhi brillanti l'avevano folgorato e
non riusciva a rimanere concentrato sui suoi pensieri.
A tal proposito,
c'era ancora un'altra prova che doveva fare.
«Posso andare?
Avrei del lavoro da sbrigare» Le mani sembravano artigliate
ai
braccioli pronte per agevolare la fuga dalla stanza.
«Prego»
Attese solo un
momento che si fosse alzata per saggiare meglio il terreno, la rossa
era già sulla soglia e aveva afferrato la maniglia della
porta.
«Ah Jaeger»
«Mi dica»
«Ich sah
dich» [Ti vidi]
Iniziò a recitare un vecchio Lied
imparato durante gli anni del liceo in madrepatria. Gli occhi di
Isabel si spalancarono per lo stupore così come la bocca che
si
schiuse leggermente.
«...und die
milde Freude floß aus dem süßen Blick auf
mich» [...e una
mite gioia passò dal tuo dolce sguardo su di me]
Non distolse gli
occhi per un momento dalla ragazza che deglutì
rumorosamente, il
make-up che aveva indossato non riuscì a mascherare il
violento
rossore che prese possesso delle sue guance. Lei aveva capito, lei
sapeva!
«Io- Ma che-
ehm» Si schiarì la voce in modo
inquieto e cercò di
riprendere il controllo mentre si portava una mano alla gola
mascherando il tentativo di allentare la tensione del collarino di
raso. Una leggera risata finta
accompagnò il tutto. «Ma che
sta dicendo?»
Alzò un
sopracciglio a quella reazione, i suoi gesti, il suo viso, i suoi
occhi, tutto urlava come avesse capito quello che aveva detto!
Perché
negava!? Però non voleva agitarla maggiormente e
lasciò cadere il
discorso. «Niente scusa, mi hai fatto venire in mente un
vecchio
Lied... va' pure»
Si buttò sulla sedia della sua postazione iniziando a sfogliare quella montagna di fogli, nel tragitto che lo separava dall'ufficio del capo riuscì a salvarsi da una rovinosa caduta solo per il provvidenziale intervento del damerino dagli occhi azzurri.
Non solo aveva fatto una figura pessima davanti al capo e i suoi gesti avevano dichiarato apertamente come avesse capito ogni singola parola che era uscita da quelle labbra sottili e invitanti, ma aveva anche scostato in malo modo il pretendente della sorella.
In
quel momento
però riusciva solo a pensare al signor Ackerman...
Sì, il tedesco
gli piaceva come lingua, ma non pensava che potesse ridurlo in quello
stato una banale frase.
Sospirò mentre
ripassava nella mente le movenze della bocca del capo mentre
decantava quelle semplici parole. E quel süßen...
“Scheiße-!” -Da
quando imprecava in tedesco!?.
Non pensava che
potesse essere tanto intrigante una semplicissima parola.
Aveva impresso a
fuoco nella mente il leggero arricciarsi delle labbra mentre
pronunciava quella ü tanto insignificante
quanto galeotta e
lo distendersi delle stesse alla Scharfes, che lasciava intravedere
la linea brillante dei denti.
Il tutto fu
accompagnato da una decisamente spiacevole sensazione a livello
dell'inguine. Poteva essere tanto idiota da farsi venire un'erezione
sul posto di lavoro.
Alla seconda
fitta che accompagnò i suoi pensieri ebbe la conferma che
sì, era
un idiota.
Buttò la testa
sulla scrivania mentre cercava di riprendere un contegno e cercava di
capire se recarsi al bagno fosse o meno una buona idea.
«Sunshine!»
Il tono
squillante della psicopatica lo fece saltare sulla sedia e i
pantaloni si tesero ulteriormente all'altezza del suo inguine. Ci
mancava solo lei in quel momento.
«Allora com'è
andata da- Oh ma che succede sei già in quel periodo?»
Stava per urlare
inorridito, quella donna sapeva persino quando avevano il ciclo le
sue colleghe!? Poi gli venne l'illuminazione e la ringraziò
mentalmente per la scusa che gli aveva servito.
«Mi sono venute
in anticipo mi sa...» Non fece finta nel rilasciare un gemito
dolente. «Tieni, prendi un Buscofen e assentati pure se hai
bisogno,
fra donne bisogna aiutarsi» Tirò fuori una bustina
da una trousse
che teneva chissà dove e gliela allungò.
La afferrò e
tirando un po' la maglia per coprire eventuali gonfiori
indesiderati-non era certo dell'effettiva coprenza di
quell'intimo maledetto- si recò in bagno.
Fortunatamente
c'erano 3 bagni le cui porte arrivavano al pavimento, almeno non
rischiava di essere scoperto in posizioni non consone
per il
bagno femminile.
Si
sbottonò i
pantaloni sedendosi sulla tavoletta del water emettendo un sospiro di
sollievo, maledette origini tedesche di Ackerman e maledette poesie!
Liberò la mente
da tutti i pensieri disdicevoli e cercò di ricomporsi;
quando la
situazione tornò sotto al suo pieno controllo si
rialzó.
Era solo al terzo
giorno, non sarebbe mai arrivato vivo alla fine della settimana.
Sussultò
quando
sentì bussare alla porta. «Occupato»
«Dov'è la mia
Sunshine?»
La voce di Hanji
era monocorde, la bocca gli si seccò e non riuscì
ad emettere altro
che un gemito strozzato.
“E adesso?”
«Fammi entrare»
Ubbidì all'ordine e aprì la porta permettendo
alla castana
l'ingresso nell'angusto spazio. «Allora?» Lo
sguardo era indagatore
e l'espressione dannatamente seria. «Non preoccuparti non
dirò
niente a nessuno... -mi fai pure usare una tripla negazione-»
Sospirò cavandosi gli occhiali per un momento e
massaggiandosi gli
occhi. «Voglio solo essere certa che sia tutto a
posto» Concluse
reinforcandoli.
«Sta bene, aveva
bisogno di prendersi alcuni giorni»
L'occhiata che
gli dedicò sottolineava la tacita domanda, quindi
tu chi sei?
Allungò
l'orecchio cercando di sentire rumori sospetti. «Non
preoccuparti
sono più donne che uomini in questo ufficio e ho fatto in
modo di
dirottarli momentaneamente»
«Perc-»
«Sei entrato nel
bagno degli uomini, non sono stupida, le azioni dettate
dall'inconscio sono le più sincere... e poi sono qui
perché ci
vuole di peggio per fermarmi, ne ho già visti alcuni e posso
assicurarti che l'avete tutti uguale»
Chi era davvero
quella donna!? Sentì una vampata di calore prendere possesso
del suo
viso e d'istinto portò una mano a coprirsi i genitali.
«Uff non ho di
certo la vista ai raggi X! Su forza non abbiamo tutto il
tempo»
«Sono
Eren, suo
fratello...» A quell'ammissione banale e forse scontata, gli
occhi
di Hanji brillarono e iniziò a squittire contenta.
«Ah lo sapevo!
Sì! Ti adoro!» In un impeto di gioia gli
saltò al collo e lo
abbracciò. «Sapevo che c'era una spiegazione
logica!»
Spiegazione
logica per cosa? Lei continuò a parlare concitata battendo
le mani
soddisfatta mentre usciva dal bagno. «Stammi dietro, ci penso
io».
Perché non si era indispettita alla spiegazione?
Perché non l'aveva
minacciato di dire tutto al capo?!
Eren si stupì di
come quella donna dicesse e facesse tutto da sola, non gli aveva dato
possibilità di replica. Si ritrovò obbligato a
seguirla in
silenzio, ne andava della sua copertura dopotutto.
Quando furono
sulla soglia Hanji gli appoggiò una mano sulle spalle
protettiva.
«Nelle emergenze non si fanno distinzioni, un bagno vale
l'altro!
Su…su… tornate a lavoro, non c'è
niente da vedere». Sancì a
voce alta facendo scattare tutti sull'attenti e rispedendoli a
lavorare.
Passò
il
pomeriggio con uno strano formicolio al collo, sentiva gli occhi
della pazzoide puntati sulla sua nuca, era difficile lavorare in
quelle condizioni!
Anche se la
consapevolezza di avere una sorta di spalla in quella strana
situazione che si era ritrovato a vivere, gli faceva piacere per
certi versi, ma per altri...
«Stasera
voglio
compagnia per cena» Fu tutto quello che gli disse
mentre lo
seguiva all'uscita.
E lui che sperava
di potersi ritirare a casa per cavare quei trampoli infernali,
provò
a guardarla supplichevole. «Sunshine prendiamo da asporto e
mangiamo
da te come le altre volte»
“Ah già,
perché non ci avevo pensato...” Provò
a immaginare il
rapporto che poteva esserci fra sua sorella ed Hanji; un brivido di
terrore gli corse su per la spina dorsale. “Meglio
non pensarci”
«Vedi di non
farle fare troppo tardi, domani ho bisogno di lei» Il capo li
sorpassò impassibile seguito da un crucciato Farlan che gli
riservò
un'occhiata di traverso per poi superarlo con un grugnito scocciato.
«Ho fatto un
casino»
«Non
preoccuparti! C'è Hanji!» Quella frase
sortì l'effetto contrario
facendolo preoccupare maggiormente. Quanti giorni aveva ancora?
Quattro?!