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Autore: Road_sama    03/03/2018    2 recensioni
-Bambino con la giacca rosa maialino!- il bambino si fermò e quando si girò verso di lui poté notare un sorriso divertito. Era la prima volta che lo vedeva sorridere e di nuovo gli diede la speranza che pensava di aver perso.
-Come ti chiami?- domandò allora Seunghyun mettendosi in piedi facendo leva sulle ginocchia grassocce.
-Non ha importanza.- disse mettendosi le mani in tasca -Bambino con la giacca rosa maialino è carino!- mormorò come se volesse dirlo più a se stesso che altro.
//GTOP centric/accenni a Se7enxTop e altri//
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: G-Dragon, T.O.P.
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Epilogo
 



Jiyong prese un lungo respiro mentre si guardava intorno. Non si prese nemmeno la briga di alzarsi gli occhiali da sole sulla testa e uscì dall’aeroporto. Era sera ed erano le ultime giornate d’autunno quindi si sistemò meglio il cappello nero sulla testa. Le macchine sfilavano numerose sulla strada davanti agli Arrivi e molti erano i taxi fermi lì davanti. Una strana eccitazione gli ribolliva nelle vene e fece molta fatica ad accendersi la sigaretta che stringeva tra le dita. La mano quasi gli tremava. Ispirò con cura come se in quella parte del mondo le sigarette avessero un altro sapore e gli parve che fosse davvero diverso, che fosse più buono ma probabilmente era solo suggestione.

-Finiscila in macchina, non vedo l’ora di tornare a casa e dormire per tre giorni di fila.- Minzy lo spinse delicatamente da dietro e lo costrinse ad attraversare le strisce pedonali. Dall’altra parte della strada li attendeva un Suv nero. Lui si ritrovò a sbuffare ma fu praticamente gettato nell’auto quindi non ebbe tempo di protestare.

L’autista mise in moto e la macchina cominciò a sfrecciare per strade familiari. Non voleva sembrare melodrammatico però gli sembrava che tutto fosse esattamente come l’aveva lasciato. Le luci della sua città illuminavano le strade in un modo diverso, i cartelli stradali nella sua lingua madre, macchine con targhe familiari e poi il centro città. Palazzi che aveva visto per anni, strade che aveva percorso, uffici in cui lo avevano chiamato a fare servizi fotografici quando ancora era alle prime armi. Una stretta gli attanagliò il cuore perché ogni angolo di quel posto faceva traspirare qualche ricordo felice o doloroso che fosse. Finì di fumare la sigaretta e la gettò dal finestrino che aveva tenuto leggermente aperto. Sorrise mentre si faceva riportare indietro negli anni. Minzy non disse nulla, probabilmente anche lei si sentiva allo stesso modo.
La macchina si fermò all’improvviso, non si era nemmeno reso conto di essere arrivato davanti a casa sua. L’autista smontò per aiutarlo a portare i bagagli. Lui scese dalla macchina e rimase per un po’ con gli occhi piantati sul condominio, il suo condominio. Lo guardò con la bocca semi aperta e percorse la sua forma nella sua interezza come se dovesse ripartire da un momento all’altro e lasciarla di nuovo indietro. Guardò i mattoni che ora sembravano di un rosso più acceso rispetto a quando se ne era andato, poi guardò la scala antincendio sul lato destro e infine osservò ogni singola finestra fino a che individuò quella del suo soggiorno. Si passò la lingua tra le labbra mentre le sue dita incontravano le chiavi di metallo che aveva in tasca. Aprì il portone con il solito scatto rumoroso che faceva sempre e tenne aperta la porta per fare entrare anche l’altro uomo. Guardò la porta chiudersi alle sue spalle e fissò intensamente un punto particolare nel vetro, ma era passato così tanto tempo e quel vetro era stato lavato così tante volte che era normale non avesse nemmeno un alone. Il pianerottolo sapeva di pulito ed era poco illuminato come al solito. Da quando se n’era andato avevano messo un ascensore, fece salire l’autista con le valigie ma lui decise di fare le scale. Appoggiò la mano sul corrimano e lasciò che il palmo si adattasse al ferro freddo. Salì i piani di scale fino a che giunse all’appartamento numero otto. L’autista lasciò le valigie lì davanti e lo salutò con un cenno della mano mentre riprendeva l’ascensore. Jiyong lo sentì a malapena. Infilò la seconda chiave nella toppa e aprì la porta del suo appartamento. Prima di accendere la luce spinse le valigie dove un tempo lasciava il borsone che usava per i servizi fotografici. Si chiuse la porta alle spalle e nel buio della casa cercò gli interruttori. Non appena le luci illuminarono il soggiorno si ritrovò a sorridere. Il divano bianco, il televisore, il tavolino con la lampada accanto alla finestra e poi i suoi quadri, belli e imponenti proprio come se li ricordava. La sua libreria, la cucina non troppo grande e la camera da letto con il letto completamente in ordine.
Fece un lungo sospiro prima di gettarsi a peso morto sul suo letto.

-Finalmente sono a casa.-
 


I giorni che seguirono li spese a riallacciare i rapporti. Incontrò tutti i suoi amici che non vedeva da moltissimo tempo e ritornò in tutti i locali in cui aveva passato dei bei momenti. I primi che incontrò furono Lee Soo-hyuk e CL che erano sempre impegnati con il lavoro per cui si potevano vedere solo raramente.

-Jiyong, ti trovo bene!- aveva detto la ragazza attirandolo in un abbraccio.

-Non è che mi firmi l’ultimo cappello della Peaceminusone?- aveva aggiunto il ragazzo con un sorriso ammiccante. Andarono a cena e bevvero qualche bicchiere di vino e rise come non aveva fatto da tempo.
Poi fu il turno di Teddy e Kush. Loro due lo invitarono ad un loro evento: musica assordante, gente ammassata in un posto troppo piccolo e fiumi di alcol. Con loro parlò poco ma fu abbastanza, considerando quanto erano ubriachi e quante ragazze gli giravano attorno. Ragazze che non potevano che rifiutare visto che si erano entrambi sposati e avevano figli. Teddy si era trovato una ex spogliarellista mentre Kush una cameriera, sembravano entrambi felici e questo a Jiyong non faceva altro che piacere.
Incontrò tutti i modelli con cui aveva lavorato e lo staff che lo aveva aiutato. Rivide anche Gee Eun che era rimasto a gestire la sede principale di Peaceminusone nella loro città natale.

-Visto che sei qui che ne dici di fare un servizio per i nuovi prodotti?- gli aveva chiesto stringendo tra le mani un gin tonic. Erano in un locale che aveva inaugurato da poco ma che faceva dei drink fantastici. Jiyong aveva annuito.

-Va bene, ma almeno per un po’ ho voglia di staccare.- Gee Eun sbuffò.

-Ci sarebbero delle persone che ti vogliono conoscere, che ne dici di domani?- questa volta fu Jiyong a sbuffare.

-Lasciami respirare!- sorrise scherzoso -Domani mi vedo con Yougbae e per almeno una settimana non ci sono per nessuno.- il ragazzo davanti a lui aveva alzato a mezz’aria il bicchiere.

-E va bene, super star.- il modello ridacchiò.

Alla fine incontrò Yougbae. Loro due si erano incontrati già qualche volta nel corso di quei cinque anni in cui era stato in Europa. L’idol aveva fatto carriera ed era diventato così famoso da riempire gli stadi perfino in Europa, era stato in quelle occasioni che si erano visti.

-Quindi con Min Hyorin come va?- chiese Jiyong sorseggiando un po’ del suo Malibù. Yougbae arrossì violentemente e abbassò lo sguardo.

-Bene…però lei è sempre in viaggio per Parigi…- mormorò. Il modello sorrise. Tre anni prima a Parigi aveva incontrato questa ragazza con cui aveva subito legato, erano diventati amici e uscivano sempre insieme. Poi era arrivato Yougbae, lui gliel’aveva presentata ed improvvisamente avevano cominciato a vedersi. Jiyong non aveva mai visto l’amico fare così sul serio con qualcuno quindi era decisamente felice per lui. Il loro problema è che entrambi erano molto occupati con i loro lavori ma se avessero avuto l’occasione di stare un po’ più vicini sarebbe stato l’ideale per tutti e due.

-Le ho detto che se vuole posso parlare con Chanel e farla trasferire qui, al mio posto.- disse distrattamente. Taeyang alzò di nuovo lo sguardo.

-Me l’ha detto. Però prima vuole essere sicura che tu non voglia tornare qui definitivamente.- Jiyong fece ciondolare la testa di lato mentre guardava fuori dalla finestra. Già, lui non sapeva davvero cosa fare. Quei cinque anni in Europa erano stati un’esperienza molto positiva per lui: viaggi continui, nuovi marchi per posare e Parigi dove aveva vissuto la maggior parte del tempo. Parigi era una città magica che gli aveva fatto sognare la vita bohemien dell’ottocento e che gli regalava emozioni forti. Emozioni che però non potevano essere paragonate alla città in cui tutto aveva avuto inizio: la sua carriera da modello, Peaceminusone, la decisione di partire e la parte più importante della sua vita.

Si sarebbe preso un po’ di tempo per fermarsi e riflettere. Non lo faceva da molto tempo e tornare nel suo vecchio mondo lo avrebbe aiutato decisamente. Vedere i suoi vecchi amici, le persone che lo avevano da sempre sostenuto e poi riposarsi e distendere i nervi. Era proprio questo che gli serviva: fermarsi.

-Ci penserò.- disse prendendo un altro sorso dal suo drink. Youngabe gli mollò un’amichevole pacca sulla spalla.
 


Il giorno dopo lo trascorse in casa a fare nulla in particolare. Aveva ascoltato un po’ di musica e riletto un paio di libri della sua libreria. Guardò il suo profilo Instagram e caricò qualche foto. Gli arrivò tra i consigliati la pubblicità di una mostra di Mark Grotjahn che ci sarebbe stata nella sua città per due settimane. I quadri venivano direttamente dall’America per cui era un’occasione che era obbligato a cogliere. Decise che ci sarebbe andato il giorno dopo.
La giornata volò via con una velocità disarmante. Non si era mai reso conto di quanto veloce potesse andare il tempo nonostante non avesse nulla da fare. Solo verso sera si distese a letto e accese la televisione nuova che aveva messo in camera. Cominciò a fare zapping tra i canali distrattamente, era da molto che non aveva il tempo per guardare la tv. Si interruppe di fronte al live di uno show televisivo. Era una replica perché la data che riportava in alto a destra era di qualche mese fa. Si trattava della finale un qualche talent in cui avevano invitato dei cantanti già affermati per fare ascolti. Il presentatore annunciò un ragazzo che aveva appena fatto il comeback dopo un anno passato a girare un film. Jiyong nemmeno sapeva perché dovessero fare tutto quel chiasso per un cantante che recitava. Lo presentò come T.O.P. e lui non riuscì a fare a meno di pensare che quel tipo fosse piuttosto arrogante. Stava per cambiare di nuovo canale quando le luci del palcoscenico si abbassarono e una chitarra classica cominciò a suonare. Il ritmo era lento e simile a quello delle ballad.

“La mia mente sa che ci sono le stelle cadenti”

Una voce fin troppo conosciuta lo scosse da capo a piedi.

“Tutto è faticoso e angoscioso”

Il cuore cominciò a battere a mille mentre si ritrovò a sedersi di scatto sul letto.

“In questa notte buia ho pensato ‘chi sono io?’”

Le luci nel televisore si fecero blu e lasciarono intravedere il profilo di un ragazzo che non vedeva da anni ma che era rimasto lo stesso di sempre.

“Il lampione silenzioso della strada sta brillando e il mio cuore sa”

Una serie infinita di domande si stavano susseguendo nella mente di Jiyong ma nessun pensiero era chiaro. La voce di Seunghyun cominciò ad entrargli dentro proprio come aveva fatto la prima volta.

“che è lì che ho visto la tua immagine”

Il cuore gli faceva male perché quella era una canzone d’amore e sembrava che fosse indirizzata proprio a lui. Forse, Jiyong era decisamente troppo agitato per capire se quelle parole erano rivolte a lui eppure sapeva che quello era diverso dal rap che era stato abituato a sentire e non appena le luci si alzarono si ritrovò a fissare la figura di un uomo diverso da quello che conosceva. Più forte, più intimidatorio e carismatico. Jiyong si ritrovò a deglutire e non riuscì ad elaborare quello che stava vedendo. A tentoni prese il cellulare tra le mani e digitò il suo nome nella barra di ricerca di google. Era stato lontano per cinque anni e nessuno dei suoi amici gli aveva mai detto che Seunghyun era diventato un idol sotto la stessa compagnia di Taeyang come artista indipendente. Nessuno gli aveva mai detto nulla e lui non aveva cercato nulla. Gli ci erano voluti anni per riuscire a recuperare se stesso dopo quello che era successo con Seunghyun e aveva semplicemente deciso di non pensarci e tenersi impegnato. Eppure adesso eccoli lì, tra le coperte del suo letto a guardare l’uomo che aveva incasinato le loro vite ed ora il suo cuore stava battendo in modo incontrollato proprio per lui. Proprio come se non fossero passati anni.
Quel sentimento era ancora lì come una fiamma immortale.
 
 

Quella notte non dormì e decise che la cosa ideale era passare la mattinata nel museo di Mark Grotjahn. L’arte lo avrebbe aiutato a rilassarsi, a dirsi che sarebbe andato tutto bene e ad autoconvincersi che il fatto di aver visto Seunghyun in televisione non cambiasse proprio nulla ai suoi piani. Si sistemò gli occhiali da sole sopra alla testa poco dopo essersi dato una sistemata ai capelli appena tinti di verde fluo. Pagò il biglietto all’entrata e lasciò il giubbotto nel guardaroba rimanendo con il suo maglione a righe nere e verdi acqua, bretelle con stampe a pantera che sostenevano dei jeans vintage. Gli faceva ancora strano sentire tutte quelle persone che gli parlavano con la sua lingua madre e lui doveva ancora riabituarsi a parlare. Prese il piccolo opuscolo che spiegava la disposizione dei quadri e diede una veloce letta alla biografia dell’autore. Si lasciò l’entrata del museo alle spalle e non appena si fece controllare il biglietto, ebbe accesso alla prima sala. Avevano deciso di arredare in modo molto semplice: le pareti erano completamente bianche e il parquet era di un marroncino chiaro messo completamente a lucido. Jiyong apprezzò quell’atmosfera calda e accogliente e lentamente camminò tra i dipinti. Osservò attentamente ogni dettaglio degli Untitled, a partire da quelli in cui le pennellate erano numerose e così tanto spesse da far sporgere la pittura, fino a quelli con gli sfondi bianchi e fasci di righe colorate nel centro della tela. Davanti ad ogni quadro stette molto più tempo del previsto ma del resto, c’era stato un periodo in cui Grotjahn era il suo autore preferito e l’unico modo che aveva di vedere i suoi quadri era sui libri. Uno in particolare gli tornò in mente, quello era l’unico che si era portato a Parigi.
La sala che decise di tenere per ultima era quella con i Butterfly Paintings. Ad occupare una sola parete c’era uno dei suoi preferiti e fu proprio davanti a quello che si fermò. Inizialmente non si era nemmeno accorto della persona che stava già guardando il quadro accanto a lui. Di solito non faceva nemmeno troppo caso a quelli che passeggiavano per i musei perché erano solo figure sfocate che oscuravano il vero argomento della stanza: i quadri. Quella volta però c’era qualcosa che stonava. Forse era la giacca di un rosso acceso abbinato a dei corti capelli rosa o forse era il fatto che era così alto da impedirgli di vedere bene il quadro. Non sapeva cosa di preciso l’aveva infastidito, sapeva solo che la sua attenzione slittò completamente dal quadro all’uomo davanti a lui. Più lo guardava e più qualcosa dentro di lui si muoveva, era come se ci fosse qualcosa di sbagliato nel fatto che lui gli desse le spalle. Lo squadrò da capo a piedi e non riuscì a fare a meno di pensare che avesse un certo stile: pantaloni neri leggeri fasciavano le gambe magre, le scarpe erano scure ma riuscì a capire con una certa facilità che fossero Louis Vuitton, guardò la giacca rossa che gli ricadeva larga sul busto e infine i capelli rosa acceso. Jiyong pensò che era decisamente quell’accostamento a non piacergli. Storse il naso e pensò di spostare lo sguardo verso un altro quadro ma il ragazzo davanti a lui si voltò per tornare indietro e il tempo parve fermarsi.
Jiyong incontrò un viso terribilmente conosciuto e due occhi scuri e profondi leggermente spalancati come se fossero spaventati. Era curato, stava bene, non aveva quasi nulla di quello che si ricordava. Il fiato gli si mozzò in gola mentre un formicolio strano si localizzava per tutto il suo corpo. Da molto tempo non gli capitava di rimanere senza parole di fronte a qualcuno. E forse, era sempre stato solo Seunghyun a fargli quell’effetto.

-Ciao.- fu lui il primo a parlare dopo essersi schiarito la voce. Jiyong percepì la sua voce dieci secondi dopo che era uscita dalle labbra dell’altro. Si sentì arrossire e non riuscì a fare nulla per impedirlo.

-Ciao.- sussurrò. Voleva distogliere lo sguardo, evitare che l’altro vedesse il suo stato di agitazione ma non ci riusciva. Non riusciva ad impedirsi di guardare quegli occhi, ancora e ancora come se fosse l’ultima volta.

-Quindi…sei tornato?- disse cauto Seunghyun facendo un mezzo passo in avanti. Il cuore di Jiyong prese a battere così forte che pensò che in quel silenzio l’altro ragazzo potesse sentirlo.

-Si, pochi giorni fa.- il silenzio calò di nuovo tra di loro.

-Beh, ti trovo bene.- Seunghyun gli rivolse un mezzo sorriso e il modello davvero voleva riscuotersi e dire qualsiasi cosa perché era da cinque anni che non si vedevano e quella conversazione era così impacciata da farlo sentire uno stupido.

-Tu come stai?- trovò il coraggio di dire dopo lunghi istanti.

-Bene, credo.- di nuovo il silenzio riempì lo spazio tra di loro. Perché Jiyong aveva la sensazione di essere così distante da Seunghyun nonostante fossero a poco più di un metro l’uno dall’altro? All’improvviso sentì addosso la pesantezza di quei cinque anni di distanza.
C’era come una frattura sulla porzione di pavimento tra di loro e non sembrava poter essere aggiustata. Si passò la lingua tra le labbra. Probabilmente era passato troppo tempo.

-Forse è meglio che vada ora.- disse facendo un passo di lato per superarlo ed era convinto che non avrebbe trovato ostacoli. In fondo, ormai lo sapevano bene entrambi che i loro universi erano sempre stati troppo diversi. Ma una mano grande e tiepida si strinse delicatamente attorno al suo avambraccio come se avesse paura di spezzarlo. I loro sguardi si incrociarono di nuovo e Jiyong sentì il cuore fargli male perché dopo tutto quel tempo passato a cercare di dimenticare tutto, in realtà non aveva dimenticato proprio niente.
Si guardarono per interminabili istanti e se Jiyong non fosse stato così focalizzato a ripensare a tutte le cose che erano successe, avrebbe notato sicuramente lo sguardo terribilmente insicuro e vulnerabile di Seunghyun.

-Non voglio che tu te ne vada.- furono parole quasi sussurrate con una voce fin troppo roca. Il modello si sentì scuotere nel profondo, fu come se la testa avesse cominciato a girare e le gambe sembravano essersi fatte molli. Jiyong voleva dire qualcosa, qualsiasi cosa, magari sul fatto che non era una buona idea continuare quella conversazione, magari mostrare ad entrambi quanto disastroso fosse stato il loro rapporto. Eppure c’era qualcosa nel Seunghyun di quel momento che lo faceva vacillare. Era davvero cambiato. Non sembrava essere più il ragazzo che indossa felpe extra large e che spaccia nel ghetto. In quel momento sembrava una persona completamente diversa, quasi sicura, che per la prima volta tra di loro è pronto a prendere l’iniziativa.

-Uhm…ti va di venire a prendere un caffè con me?- gli propose all'improvviso e la gola gli si fece secca ma non riuscì nemmeno per un secondo a distogliere lo sguardo. Sentiva che quei secondi avrebbero determinato il resto della loro vita. Aveva sempre dato per scontato che loro due appartenevano a due mondi diversi, aveva sempre pensato che loro non erano mai stati destinati ad essere insieme. E allora perché gli eventi continuavano a farli incontrare? Strinse le labbra ad una fessura prima di spostare lo sguardo ai capelli tirati indietro di Seunghyun. Avevano una sfumatura di rosa molto accesa, quasi fluorescente eppure non poteva non pensare al fatto che quel colore fosse sempre stato una costante nei loro incontri.

Fece un respiro profondo per cercare di calmare i suoi pensieri.

In fondo, solo Seunghyun era stato lì nei momenti decisivi della sua vita e solo con lui aveva imparato cosa voleva dire veramente lasciarsi andare. Non poteva negare di non aver voluto tutto quanto. E non poteva nemmeno fingere di non volerne ancora.

-Va bene,- disse dopo quello che sembrò un’eternità.

-Ma solo perché questa volta sei tu il ragazzo in rosa maialino.- Seunghyun fece un sorriso storto come se tutto il nervosismo di poco prima stesse scomparendo.

Era così stupido lasciarsi andare ancora una volta a Seunghyun? Jiyong fece un sorriso a sua volta.

Forse erano solo due stupidi che giocano a rincorrersi da tutta una vita.
Si lasciarono alle spalle la stanza con i Butterfly Paintings e cominciarono a camminare, questa volta però le loro mani si sfioravano e loro erano uno accanto all’altro.








Note dell'autriciah:
E finalmente siamo giunti all'ultimo capitolo! 
Finire questa fanfiction è stato un po' triste, perché con lei si chiudono tante cose (basti pensare all'arruolamento di gdragon e taeyang), però come tutte le cose belle ci deve essere una fine.
La canzone che c'è nella storia è quella che ha scritto TOP come colonna sonora di un drama e si chiama "Hi Haruka" e su YouTube si trova tranquillamente.
Volevo ringraziare tutti quelli che hanno letto la fanfiction e che l'hanno inserita tra le seguite/ricordate/preferite che mi hanno spronato a continuare a scriverla (soprattutto perché all'inizio non ero molto convinta di voler pubblicarla). Un ringraziamento particolare va a greenlove che ha recensito molti capitoli facendomi sapere cosa ne pensava e supportando molte "pieghe" che facevo prendere alla storia.
Detto questo, spero che questo finale aperto vi abbia dato un po' di speranza e che la storia abbia rappresentato per voi, come per me e i personaggi della stessa, una sorta di viaggio.
Spero di tornare in futuro con qualche altra storia sia gtop che non,
grazie a tutti
Road_sama
  
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