20
La Strada verso Agni
"Cosa sai dei cakra?"
Nemeria era corsa a prendere la shamshir e si stava esercitando nei
movimenti. Pensava d'essere più indolenzita, ma
sorprendentemente riusciva quasi a essere precisa. Descrisse un
semicerchio davanti a sé e si spostò di tre
rapidi passi di lato.
- So che sono dei vortici di energia che assorbono l'energia universale
e rilasciano invece il potere degli elementali. -
" Più o meno.
Sono molto importanti anche perché
mantengono la nostra anima unita al corpo. "
Pavona si era appollaiata su un treppiedi, le cui braci si erano quasi
del tutto spente. Sembrava in tutto e per tutto un normale corvo che si
godeva il sollievo tiepido del fuoco morente.
"Per lo più i
cakra, almeno quelli delle Jinian, rilasciano
più energia di quella che assorbono. All'inizio, prima di
intraprendere il Primo sentiero, non sussiste una grande differenza tra
quelli umani e i nostri. Più si acquista una maggiore
consapevolezza, più il bisogno di assorbire l'energia
diminuisce. Ma questo immagino lo sapessi già."
Nemeria annuì e bloccò il colpo a
metà, allungò la gamba indietro e con una
rotazione del polso portò un tondo all'altezza dello sguardo.
"Cos'altro sai?"
- Esistono otto cakra, ognuno corrispondente alle otto facce della
Madre. -
"Sì. A
seconda dei testi e delle religioni, ce ne possono
essere di più o di meno. Come molte altre nozioni troppo
vecchie per essere ricordate, anche queste sono state distorte dai
mortali. Alla nascita, ogni essere vivente presenta un cakra soltanto.
Se ti viene più semplice, immaginali come dei piccoli cuori:
tutti potrebbero battere, ma all'inizio soltanto uno, quello che
è più affine al nostro essere, permette lo
scorrere del sangue."
- È la stessa metafora che hanno usato mia sorella e Fakhri
per spiegarlo. -
"Perché
è la figura che meglio li rappresenta.
Esistono tre arterie principali che irrorano il nostro corpo con il
prāna. Nell'Ukiyo-e lo chiamano Ki e qui, talvolta, lo chiamano pneuma,
ma qualsiasi nome gli si dia, è semplicemente il soffio
vitale che infonde vigore. Anche l'energia degli elementali scorre
attraverso queste arterie. Alla nascita, solo uno dei cakra non
è del tutto bloccato e il potere di quello a noi
più affine si dirama da lì. Alla fine del Primo
Sentiero, il passaggio diventa libero. È per questo che le
Jinian riescono ad attingere alla forza dei propri elementali senza che
questa, a lungo andare, le corrompa."
- Quindi i mortali diventano Jin perché non riescono a...
sbloccare i propri cakra? -
" Sì. Devi
immaginare gli elementali come dei serpenti
raccolti su se stessi, pronti a scattare all'improvviso. I Dominatori
li forzano per aprire il o i loro cakra e questo provoca un
avvelenamento della loro anima morso dopo morso. Le Jinian, invece,
attraverso le pratiche di ogni Sentiero, riescono a risvegliarli e a
dominarli."
- E a me, allora, cosa sta succedendo? Perché... - si morse
le labbra e si fermò a metà di un fendente, -
Perché rischio sempre di perdere il controllo? A volte
è come se non fossi nemmeno io, come se ci fosse qualcun
altro nei miei pensieri. -
"Gli elementali, tutti,
si cibano delle nostre emozioni. Più
queste sono forti, più loro le assorbono e le amplificano di
rimando quando rilasciano il loro potere. Per quanto il tuo cakra sia
più aperto di quella di una normale mortale, ogni volta che
i sentimenti ti sopraffanno il tuo elementale smania e lotta per
liberarsi. Più reprimi la rabbia, il dolore, la frustrazione
e l'angoscia, più diventerà difficile
controllarsi. Gli elementali non sono altro che foglie, gocce, refoli e
scintille che si sono staccati dagli Spiriti quando la
realtà sensibile è stata generata. Quelli dei
mortali sono per lo più energia, ma nei nostri permane un
residuo della primigenia coscienza che li rende senzienti. Spesso
è solo un barlume, una perla custodita nella parte
più intima della nostra anima che si risveglia prima,
durante o alla fine di un Sentiero per rivelarci il nostro Nome nel
Buio. Altre volte la corolla di luce si espande, tocca la nostra
coscienza e palesa i nostri sentimenti, amplificando un sussurro in un
urlo."
Pavona si mise a fissare il soffitto e una mezzaluna acquosa si
rifletté sulla curva della pupilla.
- Mi stai dicendo che volevo davvero fare del male a Durga e ad
Ahhotep? -
Nemeria colpì il suo nemico immaginario con un montante,
scattò in un rapido passo in avanti e fermò la
shamshir dopo un fendente, la punta indirizzata verso l'alto. Rimase
così una frazione d'istante e poi cadde a sedere con le
braccia abbandonate sulle ginocchia alzate e il sudore che le imperlava
il collo e la fronte. Il corvo spiccò il volo e si
appollaiò sulla sua spalla. I lunghi artigli non bucarono il
tessuto, ma Pavona li strinse quel che bastava a farle capire che
doveva fermarsi.
"Tu sei affine al fuoco,
Nemeria, e il fuoco è anche questo.
Un incendio che distrugge tutto, senza fare distinzioni tra chi
meriterebbe pietà e chi, invece, deve pagare il fio delle
proprie colpe. Scoppia all'improvviso, alla minima scintilla, e le sue
fiamme lambiscono case, persone, campi, cielo e terra. Se
però non c'è un terreno adatto, come una
sterpaglia arida o una foresta d'alberi secchi, le fiamme non possono
attecchire, capisci?"
Nemeria fece un lieve cenno del capo.
- Quel desiderio di distruggere è mio. - constatò
con un fil di voce.
"È di tutti.
Ogni essere vivente lo possiede ed
è una delle possibili reazioni al dolore. Lo si rifugge
dormendo, dimenticando, consegnando la propria mente alla follia o
lasciandosi dilaniare da esso. Poi ci sono persone che lo combattono
opponendo la rabbia, l'odio, il disprezzo o l'indifferenza, senza
rendersi conto che, così facendo, il dolore
rimarrà per sempre radicato in loro. Magari nascosto e
invisibile allo sguardo, ma ci sarà finché non ne
poteranno i rami e strapperanno le radici."
Pavona appoggiò la testa contro la sua guancia e raccolse
una lacrima con il becco.
"Non serve piangere.
Disperandoti non fai altro che alimentare la tua
stessa sofferenza. Non posso spiegarti come proseguire sul tuo
Sentiero, ma posso rimanerti accanto nel tuo cammino fino alla Prima
Verità."
- E qual è? -
Girò la testa in modo da incontrare lo sguardo del corvo.
Non sapeva cosa sperare; non era sicura di nulla se non di quanto le
colonne del suo mondo fossero fragili, pilastri di sabbia conservati e
cementati solo dall'acqua.
"Devi scoprirla da te.
È il primo passo per liberarsi dal
dolore e per raggiungere una maggiore consapevolezza."
Nemeria allungò la mano senza guardare e Pavona le porse il
becco liscio. Le piume della testa erano morbide, incastrate le une con
le altre in un unico manto nero e setoso.
- Mia sorella una volta mi disse che a volte è meglio non
sapere, che l'effimera beatitudine che nasce dalla conoscenza non sazia
il nostro perpetuo bisogno di risposte. -
"Tua sorella com'era?"
- Era la migliore di tutte. Era brava, bella, carismatica, capace
quanto e più di Asa. Una volta ho sentito Fakhri affermare
che quando avesse portato a termine l'ultimo Sentiero sarebbe stata lei
l'erede dell'Alta Sacerdotessa. - strinse l'impugnatura della shamshir
per ricacciare indietro le lacrime e, quando una le sfuggì
dalle ciglia, se la pulì con un gesto stizzito, - A volte mi
manca così tanto che mi sento soffocare. -
"Anche a me è
mancata molto mia madre quando me ne sono
andata dalla tribù. Sapere che adesso non ci potremo
incontrare mai più ha cambiato le mie prospettive."
Non aggiunse altro e svolazzò di nuovo sul treppiedi di
prima, dove la brace ora languiva in un alone sempre più
tenue. Nemeria avrebbe voluto sapere qualcosa di più sul
motivo che l'aveva spinta a lasciare la sua famiglia, ma decise di
attendere che fosse Pavona a parlare: adesso era il suo turno di
rispettare il suo dolore. Lo doveva a quella donna che aveva scelto di
raccogliere il suo sapere per donarglielo in cambio di nulla.
"Riesci a generare una
fiamma?"
- Sì, penso di sì. Non ho mai provato a farlo da
quando sono arrivata qui. -
"Le placche di quel
collare non sono in oricalco puro, altrimenti
nessun Dominatore potrebbe attingere al potere del proprio elementale."
"In effetti..."
Prese un profondo respiro, aprì la mano e la
portò ad altezza degli occhi.
"Sai già il
suo nome?"
- Sì. -
"Non devi rivelarlo a
nessuno. È un'informazione troppo
importante perché la possa sapere qualcun altro al di fuori
di te."
- L'Alta Sacerdotessa diceva spesso che i nomi hanno potere. -
"Sì, ma non
puoi immaginare quanto potrebbe essere
pericoloso se giungesse alle orecchie di un Dominatore dell'aria o
dell'acqua. La Proiezione, così come la Condivisione, se
utilizzata contro una mente debole può togliere il controllo
del corpo, soggiogare i pensieri e vincolare la volontà
dell'individuo senza che lui se ne renda conto. Conoscere il nome
dell'elementale significherebbe che anche la tua ultima
possibilità di riprendere il comando di te stesso
è svanita."
Nemeria deglutì. Provò a immaginare il dominio di
Agni sotto il comando di un'altra persona e si sentì
raggelare.
"Vedo che hai capito
cosa intendo. Non escludo che esista qualcuno che
sia in grado di farlo, ma devi essere prudente. Nel migliore dei casi,
smetti di esistere come persona, nel peggiore anche chi ti sta attorno
potrebbe essere in pericolo. Dipende tutto dalla bravura del
Dominatore."
- Quindi dovrò tenerlo per me. -
"Sì. Nessuno,
tra i mortali, merita così tanta
fiducia. Ora concentrati. Richiama il potere del tuo elementale e
dirigilo nella mano, come hai sempre fatto."
Nemeria chiuse gli occhi e inspirò profondamente per
scacciare i pensieri e trovare la concentrazione. Consapevolezza del
respiro, la chiamava Etheram, ed era stata una delle primissime lezioni
che aveva appreso da lei: non doveva imitare nessuno, né
forzare il suo flusso respiratorio a essere leggero, profondo o
silenzioso.
"Il soffio agisce sul
cuore ed è il tuo unico veicolo per
controllare ciò che di natura non lo è. Immergi
lo spirito nel basso ventre, decongestiona il torace e tutti i tuoi
organi."
Nemeria inspirò col naso, chiuse la bocca e trattenne il
respiro. Subito dopo compresse l'aria col diaframma e la sospinse verso
il basso per poi schiudere le labbra, espirando molto lentamente.
"Non mettere a tacere
l'impulso di vagare, non ti opporre. Osserva i
suoni, riconoscili e ponili innanzi alla tua attenzione. La mia voce,
il sibilo delle spade, gli ansiti spezzati degli altri gladiatori. Lo
vedi? Dinanzi alla tua consapevolezza non appare minuscolo e
insignificante?"
Nemeria non poté non annuire. Il ventre si espandeva e si
contraeva e lei ne poteva sentire le pareti allargarsi e rientrare. Era
una sensazione fisica totalizzante che aveva il potere di dividerla dal
resto del mondo. Il collare si era appena surriscaldato ed era come un
calarsi nelle profondità di una grotta legati a una corda
che si incastrava tra i massi, ma bastava che Nemeria la tirasse un
paio di volte per riprendere a scendere.
Il contorno di Abayomi e di Zahra, le parole taglienti di Roshanai e
l'onnipresente senso di colpa si rimpicciolirono sopra di lei fino a
svanire nel nero e nel lucore sempre più intenso che si
propagava del fondo della sua discesa. Un focolare allegro e
crepitante, racchiuso in un cerchio di pietre rosse, contrastava l'aria
satura di umidità e, tra le sue fiamme, Nemeria la scorse.
La gonna si generava da esse e si apriva come i petali di un fiore a
ogni giravolta. Il velo che stringeva tra le mani volteggiava attorno
al suo corpo, appariva e spariva a ogni scoppiettio, sorgendo dalle
numerose scintille che, come schegge di sole, zampillavano attorno a
lei in una cascata luminosa.
Cuore di fuoco.
- Sono qui, Agni. -
La donna sorrise e si tolse il velo che le copriva il volto. Occhi
rossi, labbra sottili, mascella affilata e capelli neri sciolti sulle
spalle nude. Nemeria era senza fiato: anche se più adulto,
più bello e curato, quello era il suo viso.
- Tu sei... me? -
Agni scosse la testa. I pendagli tra i capelli tintinnarono assieme a
quelli della fascia sul seno, un coro allegro e acuto che
anticipò la ripresa della danza.
- Prestami il tuo potere. -
Prendilo. É tuo, è sempre stato tuo.
Nemeria avanzò fino al cerchio di pietre, allungò
la mano verso le fiamme e queste la avvolsero, aderendo alla pelle come
un velo di seta. Nell'aria pesante, l'umidità si
stratificò in una patina di sudore, che evaporava
lasciandosi dietro il sentore sottile di bagnato.
Qual è il mio nome, Nemeria?
Nemeria esitò. Registrò il rumore delle schegge
di legno che scoppiavano, il calore che le investiva la pelle, il
torpore rassicurante racchiuso nelle delicate parole di Agni. Se avesse
scelto di seguirne la danza tra le lingue di fuoco, sarebbe diventata
un tutt'uno con lei, parte ed essenza dello Spirito. Strinse la mano a
pugno, sospinse il respiro nel diaframma e in seguito lo udì
sibilare nella fessura tra le labbra: la seduzione della fiamma era una
tentazione irresistibile.
- Vadavagni. Sei il lume della ragione. -
Agni cominciò a girare su stessa più in fretta,
battendo i piedi con maggiore forza, mentre i lembi della cintura
svolazzavano sui suoi fianchi, aperte come le ali di un ibis rosso. Le
fiamme ne seguivano l'andamento, sfrangiandosi attorno alle sue braccia
e sfumando in un pulviscolo sfavillante. Le fiamme turbinarono fino ad
avvolgerla completamente in un unico, immenso fuoco, così
luminoso da accecarla.
Sii il sole più splendente di tutti.
Quando Nemeria riaprì gli occhi, non capì subito
dove si trovasse. Pian piano, con una lentezza pigra e indolente, la
percezione della realtà che l'attorniava si
riappropriò dei suoi sensi. I suoni ripresero il loro posto,
si incastrarono con gli odori e inanellarono le forme,
finché la Scuola non si completò. Davanti a lei,
una fiammella poco più grande del suo pugno sfrigolava sul
palmo della sua mano.
"Sei stata brava."
Pavona era volata vicino a lei e studiava la fiamma con quello che
Nemeria avrebbe potuto definire uno sguardo compiaciuto.
- Non mi era mai capitato di dover fare così tanta fatica
per una cosa così piccola. -
"Prima non avevi un
collare di oricalco alla gola. Questa è
la base. Sono trucchetti che, prima o poi, ti avrebbero insegnato anche
qui. Ma l'importante, in questa situazione, è il come ti
vengono insegnate le cose."
- Dovrò discendere ogni volta per attingere al mio potere? -
"No, ti
insegnerò pian piano a richiamarlo volontariamente.
Non so se hai notato, ma è stato faticoso entrare in
comunione con il tuo elementale. Ormai penso tu l'abbia capito: i
sentimenti sono una caduta libera, mentre la via della ragione
è una lenta scalata. Loro, i tuoi maestri, ti diranno di
lasciarti guidare dal tuo sentire del momento e te lo ripeteranno
finché non ti sembrerà l'unica strada possibile.
Ma, Nemeria, ricordati che è solo quella più
semplice e pericolosa e che, alla fine, conduce a un finale scontato
nella sua tragicità."
Si sgranchì le zampe e spostò la testa a destra e
a sinistra un paio di volte, prima di appuntare nuovamente gli occhi su
di lei.
"Rimarrei qui tutta la
notte a parlare, ma domani ti aspetta una dura
giornata e dubito che chiunque ti abbia regalato quei lividi si
fermerà davanti a un viso stanco."
Bastò l'accenno di una smorfia infastidita perché
il dolore tornasse a pungerla. Si trattenne dal massaggiarsi il naso.
- Tornerai anche domani sera? -
"Farò il
possibile, ma non posso prometterti nulla."
Nemeria annuì. Spense la fiamma chiudendo la mano a pugno e
rimpugnò la shamshir. La pulì sui vestiti e
intercettò un rivolo di sudore prima che si infilasse sotto
le bende del collo.
- Non so davvero come ringraziarti. Quello che hai fatto per me
stasera, significa molto per me. Se imparerò a controllarmi,
sarà solo grazie a te. -
"Se vuoi sdebitarti,
sopravvivi e non perderti mai d'animo, almeno non
qui. Non sopporterei di vederti portata via dal Consorzio o soppressa
come un animale. Anche se non ci conosciamo, condividiamo un retaggio e
una discendenza comuni. Per me questo tanto basta per considerarti
sangue del mio sangue."
Pavona spiegò le ali e si librò in aria
affinché Nemeria potesse specchiarsi nei suoi occhi, un
riflesso distorto sotto un sottile velo di lacrime. Poi volò
via, attraverso il corridoio di colonne rosse e oltre l'aura aranciata
dei bracieri e delle torce. Udì qualcuno imprecare, il tonfo
di una lancia a terra, un borbottio sorpreso di una donna. I suoni
risvegliati da quell'inaspettata visione tacquero in fretta
così com'erano sorti.
- Lo prometto. - sussurrò Nemeria e si mise la mano sul
cuore.
Nelle settimane che seguirono, il tempo parve sbriciolarsi. Dopo le
misure del giorno seguente, Nemeria tornò quasi tutti i
giorni da Nande, per lo più per farsi cambiare le bende e
controllare la guarigione del naso. Poi seguiva la colazione e
l'allenamento con Roshanai al campo del fuoco e talvolta con Reza, ma
man mano che i giorni passavano la sua presenza venne sempre meno,
finché non rimase solo la Ver'ilef.
A differenza di Sayuri, la Syad del fuoco non era così
puntuale come Nemeria aveva pensato: rimproverava lei e Durga se
arrivavano un paio di minuti dopo rispetto all'orario d'inizio, ma non
era raro che lei ritardasse anche di un'ora. Nonostante il fastidio di
rimanere sotto il sole ad aspettare, Roshanai era capace. Si presentava
ogni volta con un'arma diversa, costringendole così a
cambiare strategia, passi e combinazione di colpi. Gli assalti che
funzionavano con una surik potevano risultare inefficaci contro un
rencong.
Nemeria e Durga impararono sulla loro pelle quanto fosse importante
studiare l'avversario prima di compiere qualsiasi azione. Andavano
avanti a oltranza fino a pranzo e poi, con ancora il sapore della
minestra d'avena sul palato, correvano di nuovo da lei e continuavano
l'addestramento fino a sera, a un orario che poteva collocarsi tra
un'ora prima o due dopo cena.
Nemeria tornava in camera da Noriko e Batuffolo esausta, aspettava che
si addormentassero e andava al campo del fuoco, dove l'attendeva
Pavona. Era tornata spesso sotto le fattezze di un corvo o di un topo
grigio, non più grande di un pugno. L'addestramento con lei
era pesante, molto più di quello con Roshanai, ma la sua
vicinanza aveva il potere di alleggerire la fatica e dissiparla in una
tensione che le imponeva di impegnarsi ancora di più. Gli
esercizi dove doveva dare una forma alla fiamma erano i più
difficili, soprattutto quando la obbligava a mantenere la
concentrazione e, contemporaneamente, a fare dei calcoli o a recitare
una filastrocca. Spesso Pavona le chiedeva di cantare delle canzoni
tipiche della tribù e, anche dopo la fine
dell'addestramento, se Nemeria non l'aveva conclusa, la esortava a
terminare. Lei si limitava ad ascoltare e il suo sguardo vagava
lontano, al di là delle mura e oltre il presente.
Se la compagnia di Pavona era ricercata e attesa, gli incontri con
Roshanai risvegliavano una commistione di sentimenti che Nemeria
faticava a tenere a bada. Non aveva idea di cosa provasse Durga, ma nel
suo cuore non c'era altro che odio, un odio misto a rabbia che doveva
sforzarsi di reprimere. Se non fosse stato per la pietra di luna e per
gli avvertimenti di Pavona, si sarebbe lasciata travolgere e
inghiottire fino a consumarsi.
- Stai solo facendo il suo gioco. - l'aveva redarguita Noriko una sera,
ma Nemeria non l'aveva ascoltata.
All'interno della sua corazza, non c'era spazio per altro se non per la
risolutezza di non farsi schiacciare da una donna del genere e, in
confronto alla rabbia che le ribolliva nelle vene, l'odio di cui si era
rivestita era una cella con le pareti di ghiaccio, così
spesse da intirizzirle l'anima. Non importava quanto faticoso fosse
l'allenamento o quanto Roshanai la spingesse al suo limite:
l'umiliazione della sconfitta e o il peso dell'inadeguatezza la
spingevano a rialzarsi sempre, anche quando era la sola forza di
volontà a tenerla in piedi. Le bacche tanu erano una
tentazione, una promessa di forza più suadente di Agni. Le
riponeva sotto il materasso, nell'angolo più lontano e
polveroso per non cedervi, perché avrebbe dovuto ripagare
l'energia ricevuta con altre e più pesanti notti insonni.
I giorni divennero sabbia e i granelli scivolarono nella clessidra del
tempo nella quale, inevitabilmente, si depositarono anche la maggior
parte dei suoi pensieri. Nemeria li disseppelliva di tanto in tanto, in
quegli istanti di libertà mentale che si inframmezzavano tra
i vari allenamenti, ma questi non avevano l'occasione di riprendere la
loro reale dimensione prima che la crudele realtà li
relegasse di nuovo sul fondo della clessidra. Solo nel "Tempo del
Ritorno" tornavano a farle visita e Nemeria, volente o nolente, era
obbligata a fronteggiarli.
C'erano volte in cui la stanchezza accorreva in suo soccorso e altre,
più numerose, in cui nemmeno la luce del sole bastava a
scacciare i demoni che la tormentavano. Eppure, per quanto lei volesse
trovare una risposta, doveva piegarsi alle esigenze della scuola, di
Roshanai, di Pavona e di tutti quelli che avevano qualcosa da
insegnarle: tutto della sua quotidianità era stato ridotto
all'osso, dalle preoccupazioni ai pensieri, alle conversazioni. Persino
le persone che le orbitavano attorno, quelle davvero importanti, non
erano altro che figure evanescenti, tremolanti nell'arsura delle ore
più calde e sfocate al calar del sole.
Era il lento rimarginarsi delle ferite assieme alle visite a Nande a
scandire il passare del tempo, più dell'alternarsi del
giorno e della notte. Nemeria ci andava spesso, soprattutto per
cambiare i bendaggi e disinfettare i nuovi tagli che Roshanai le
procurava, e di settimana in settimana la donna le prendeva le misure
dalle spalle, delle braccia e delle gambe, annotando anche le
fluttuazioni di peso. Nemeria immaginava che fosse un ordine che Tyrron
le aveva dato per monitorare i suoi progressi, ma ben presto
capì che era molto di più.
Una sera, venne a bussare alla loro porta un ragazzo alto un pollice
più di Nemeria, con i capelli come setole di una scopa
vecchia e le guance screpolate più delle mani. Indossava un
chitone che lasciava scoperte le braccia e un paio di calzoni deformati
all'altezza delle ginocchia.
- Tu e Sayuri andare da Nande. - scandì in un sihamnstico
incerto.
- Ora? - mugolò Nemeria.
- Sì, ora. - inclinò la testa per sbirciare, ma
Noriko gli bloccò la visuale.
Batuffolo aveva deciso che doveva imparare a saltare e il suo
trampolino di lancio era il letto di Nemeria. Anche se era mezza
addormentata, i diversi fruscii alle sue spalle lasciavano
già presagire la fine grama delle lenzuola.
- Sì, veniamo subito. - lo congedò e, prima che
il ragazzo potesse aprir bocca, si chiuse la porta alle spalle.
- Perché devi venire anche tu da Nande? Non stai bene? -
- Forse vuole solo controllare di nuovo il taglio. - sospirò
e prese gli abiti puliti dall'armadio.
Tyrron aveva comprato cinque capi a testa, tutti chitoni e kandys di
ottima fattura. Noriko aveva ricevuto anche un umanori e uno jinbei,
che però usava solo per dormire. Mentre si vestivano,
Nemeria occhieggiò spesso nella sua direzione, ma la sua
amica le dava sempre la schiena. Non le era parso fosse peggiorata, ma
rammentava ancora l'ostinazione con cui le aveva taciuto
dell'intervento.
"In ogni caso, non sarei stata abbastanza presente per accorgermene."
- Andiamo. -
Come sempre il tono di Noriko aveva l'inflessibilità
dell'ordine e Nemeria attese che la raggiungesse.
Ad accoglierle non fu il solito corridoio vuoto, ma una lunga coda di
ragazzi e ragazze, i più a loro sconosciuti, ma che a
giudicare da com'erano vestiti dovevano essere studenti. Alcuni
sedevano per terra, con la testa del loro compagno appoggiata sulla
spalla; altri si erano riuniti in piccoli gruppi per chiacchierare. Le
guardie sorvegliavano le scale e la fila dal perimetro delle pareti e
dal fondo del corridoio, controllando chi entrava e chi usciva
dall'infermeria.
- Cos'è tutta questa gente? -
Noriko scosse la testa e si accodò dietro un ragazzo con i
capelli ricci e un orecchino d'osso che gli uncinava il lobo da parte a
parte.
Nemeria indugiò un istante di troppo a cercare Durga e
Ahhotep e una delle guardie le intimò di mettersi subito in
fila. Era stupita di vedere così tante persone: certo, la
scuola era grande, ma non le era mai capitato di contare quanti
studenti ospitasse. Le sembrò strano che, mescolati a
bambini dell'età sua e di Durga, ci fossero ragazzi
adolescenti.
- Uno così non mi sarebbe sfuggito. - commentò,
scrutando un ragazzo di sette piedi abbondanti.
- Cosa ti incuriosisce tanto? - la interrogò Noriko.
- Quel ragazzo. Non ricordo di averlo mai visto. Che sia uno nuovo? -
- È più probabile che appartenga all'altra ala
della scuola. -
- Altra ala? -
- Sì. Loro hanno raggiunto la maggiore età. Per
legge, non possono stare con noi. -
Nemeria annuì. Forse Arsalan lo aveva menzionato e lei non
aveva prestato attenzione.
- E hanno chiamato sia noi sia quelli più grandi? -
- Non tutti, altrimenti vedresti anche degli adulti. - Noriko si
appoggiò con una spalla alla parete, - Ti conviene sederti,
dovremo aspettare un po'. -
- Credi che Durga e Ahhotep siano già dentro? -
- Non lo so, c'era una lunga coda già quando siamo arrivate.
-
Nemeria si sedette vicino al muro, con una gamba inclinata a toccare
quella di Noriko. Se il corridoio non avesse pullulato di guardie,
sarebbe andata a cercare le sue compagne, quantomeno per chiedere che
cosa stava succedendo. Sospirò e socchiuse gli occhi,
seguendo attraverso la fessura tra le palpebre l'avanti indietro di una
guardia finché la stanchezza non ebbe la meglio.
Noriko la svegliò a intervalli regolari, quando la fila
avanzava. Non si poteva dire che fosse un sonno ristoratore, ma il suo
corpo aveva bisogno di riposo e ignorava qualsiasi tentativo della sua
mente di rimetterlo in piedi. Soltanto quando Noriko la tirò
su e la costrinse a camminare per più di dieci passi,
capì che era arrivato il loro turno.
L'infermeria era pulita come al solito, ma stavolta, oltre a Nande,
c'era Kamyar. Il sorriso che gli si dipinse sul viso arrivò
a illuminargli anche gli occhi.
- Svestitevi. Ormai credo conosciate entrambe la procedura. -
Noriko si svolse subito la cintura, mentre Nemeria rimase un attimo
imbambolata a fissare il Dominatore dell'acqua, in attesa che uscisse.
Invece lui rimase lì, in piedi di fianco a Nande.
- Ti imbarazza? -
Nemeria si morse le labbra e annuì.
- È solo per accelerare i tempi. E poi, mentre mi prendevo
cura di te da aghà Tyrron, sono più le volte che
ti ho vista senza vestiti che con. - le disse Kamyar brandendo il metro
in una mano e le rivolse un sorriso incoraggiante, - Su, prima ti
sbrighi, prima potrai andartene. -
Noriko era già nuda, con solo le mutande a coprirle le parti
intime. Non si era legata i capelli e questi le ricadevano scomposti in
ciocche rosse sulle spalle come fili di seta.
Mentre si toglieva il chitone, con le ombre che danzavano alla luce
della lanterna, Nemeria indugiò più d'una volta
sulla grazia del suo corpo, che, anche se immobile, sembrava permeare
ogni fibra del suo essere. Non c'era muscolo che non fosse cresciuto in
maniera armoniosa, definendo solo ciò che prima era meno
proporzionato. Soltanto il taglio sul basso ventre, una specie di
sorriso a labbra strette, e l'abbronzatura non uniforme ne deturpavano
la bellezza.
Quando piegò il chitone sul letto, Nemeria trasse un
profondo respiro. Il peso della sua nudità, la
consapevolezza di essere completamente esposta allo sguardo di Kamyar,
le aveva messo addosso un profondo senso di disagio, ma ben presto,
prima ancora che la mente lo recepisse, la tensione aveva
già abbandonato il suo corpo. Non c'era malizia
né nel tocco né nello sguardo del Dominatore
dell'acqua. Come Nande nelle settimane precedenti, la tastò
con attenzione medica, senza soffermarsi più di quanto il
suo dovere gli imponesse, con una delicatezza che Nemeria non
riconobbe, finché il ricordo tattile non scacciò
definitivamente l'inquietudine.
- Centotré libbre. - annunciò e segnò
quel risultato sul libro aperto sulla scrivania.
- È buono? -
- Quando sei arrivata ne pesavi a malapena ottantasette. È
un ottimo risultato, considerando che sei qui solo da due mesi. -
Nemeria strabuzzò gli occhi, abbassò lo sguardo
sulle ginocchia e piegò una gamba appena un po'
perché il muscolo emergesse da sotto la pelle. Un brivido
d'eccitazione si diffuse lungo la spina dorsale e le pervase i lombi.
- Ora potete rivestirvi. Andate nel cortile centrale e aspettate
lì. - le informò Nande.
Lo sguardo stanco di Nande fu più esplicativo delle sue sue
parole.
Nemeria si infilò il chitone, si legò velocemente
la corda attorno alla vita e infilò l'uscita, mentre Noriko
che le teneva aperta la porta.
- Stammi vicina. - le soffiò all'orecchio, prima di
affiancarla.
Nel cortile centrale si erano radunati almeno una trentina tra ragazzi
e ragazze d'ogni età. A Nemeria parve di riconoscere alcuni
visi, ma non si soffermò più di tanto. Abayomi e
Zahra parlavano a bassa voce in disparte. La Dominatrice della terra,
ora che ci faceva caso, era diventata molto più muscolosa di
quando si erano scontrate alla cisterna. I capelli, legati in trecce
attaccate al cuoio capelluto, le scendevano ben oltre le spalle e, se
non fosse stato per l'anello che glieli fermava in una coda sulla nuca,
le avrebbero coperto tutta la schiena. La sua ombra soverchiava e
inghiottiva quella di Abayomi.
Con la coda dell'occhio, Nemeria scorse Durga sbracciarsi da una delle
ultime file. Ahhotep aveva le braccia conserte e un'espressione
annoiata. Quando le raggiunsero, si discostò di un passo.
- Voi sapete cosa sta accadendo? - la interrogò Noriko.
- Ve lo stavo per chiedere io. Hanno detto a tutti di aspettare, ma
aspettare cosa? Chi? E poi avete visto? Ci sono tantissimissime
guardie. - rispose Durga.
- Gli altri? -
- Nessuno lo sa. Ho provato a... -
Lo squillo di un corno richiamò la loro attenzione. Dalle
scale vicino all'entrata principale scesero un gruppo di persone,
capeggiate da un uomo che Nemeria non aveva mai visto. Indossava un
turbante di un rosso vistoso che gli copriva la parte sinistra del
volto, lasciando in vista solo l'occhio destro, una polla d'acqua
incavata nell'orbita. La tunica lunga gli sfiorava i piedi a ogni passo
e le maniche ampie esibivano dei grossi bracciali d'oro, troppo larghi
per i polsi stretti del loro portatore. Mina lo seguiva a poca
distanza, con uno strascico che accarezzava gli scalini e una tiara
d'argento che non riusciva a domare i riccioli ribelli. Nemeria la vide
parlare con Adel, che però sembrava ben poco interessato a
una conversazione di qualsiasi tipo. Considerando l'espressione
concentrata del besajaun, doveva avere ben altro per la testa.
Delle dieci persone che costituivano il gruppo che si aprì a
ventaglio sotto il porticato, Nemeria riconobbe anche Morad e Tyrron.
Il suo lanista era la mosca bianca: niente oro, niente ostentazione.
Indossava con eleganza un semplice paio di calzoni e una candida tunica
di cotone con un traliccio d'uva cucito sul collo. Nonostante la
semplicità dell'abbigliamento, la sua altezza e il suo
portamento fiero catturavano lo sguardo.
Le guardie si erano disposte sul perimetro del cortile e quattro, due
per lato, avevano affiancato l'uomo anziano.
- Promessi gladiatori, vi abbiamo addestrato nell'arte dello spettacolo
e oggi dovrete dimostrare che il tempo passato qui non è
stato vano. A breve vi misurerete in un torneo tra di voi. Non ci
saranno premi o punizioni, se non quelle che i vostri padroni potranno
decidere di farvi scontare, ma avrete l'onere di mostrarci se siete
davvero gli sposi e le spose che l'arena attende. -
Nemeria lo vide prendere un profondo respiro e il sorriso che gli si
dipinse sulle labbra spianò le rughe agli angoli della bocca.
- Stasera avrà luogo il vostro battesimo del fuoco. Il
torneo è un onore che solo i migliori tra di voi, quelli che
davvero hanno la stoffa per diventare gladiatori, potranno affrontare.
Davanti agli occhi degli Spiriti e di Ahurmazd Heydar, sarà
vostro compito mostrarci che ve lo meritate, che non esiste vento,
bufera, freddo o dolore che vi distolga dal vostro obiettivo. Non
tornerete a dormire nelle vostre stanze, né potrete
mangiare. Se riuscirete a rimanere svegli senza crollare fino a domani
mattina, verrete ammessi al torneo. Se, invece, crollerete, significa
che la vostra volontà deve ancora essere temprata. Quel che
sarà di voi, lo rimetto alle mani dei vostri padroni. -
Roshanai marciò al passo con Reza e, mentre le guardie si
facevano indietro, lei, Sayuri e altri, tra uomini e donne, che non
erano facce note a Nemeria, ne prendevano il posto. Tutti erano armati
e tanto bastava per mettere da parte la sua curiosità.
- Sappiate che, anche se io non sarò qui a sorvegliarvi,
sarete tenuti sempre sott'occhio. Se cadrete, lo sapremo. Se proverete
a fuggire, la pagherete. - proferì grave e li
fissò col suo unico occhio, - Vi dovrete guadagnare tutto
ciò che non è una prima necessità. Non
importa la vostra età, non importa il vostro passato, non
importa il vostro volere. Se non riporterete alcuna vittoria, vi
sarà concesso soltanto il minimo indispensabile per la
sopravvivenza. Questa regola varrà finché io,
Koosha Kodjea, sarò il direttore di questa scuola. -
Nemeria capì cosa intendesse quando vide il ragazzo che era
venuto a chiamarle correre a rotta di collo giù dalle scale,
con Batuffolo tra le braccia che dormiva tranquillo. Il cuore le
precipitò sotto terra quando lo consegnò a Morad
e il caracal aprì gli occhi di scatto. Si dibatté
agitato, gli artigli che affondavano nella tunica con sempre
più determinazione e gli occhi che imploravano aiuto.
Nemeria venne investita da un panico viscerale. Fu quando Morad lo
colpì sul collo che quel sentimento l'abbandonò
all'improvviso, si ritirò come un'onda dal bagnasciuga.
Koosha rivolse gli occhi al cielo e poi incrociò lo sguardo
di Tyrron. Si fronteggiarono per un istante più lungo di
un'occhiata, quindi il direttore della scuola tornò a
interessarsi dei gladiatori. Nemeria aveva il batticuore e voleva
correre a riprendere Batuffolo, ma piantò i piedi a terra e
rimase lì, a pugni stretti, le unghie dolorosamente
conficcate nei palmi e lo stomaco contratto per la fame. Un frullio di
ali catturò la sua attenzione: scorse Pavona appollaiata
sulla grondaia, la luce lunare ne spruzzava le piume di bianco.
Noriko raddrizzò le spalle, piegò la gamba
nell'interno coscia e unì le mani davanti al naso, mentre
Durga si limitò a sedersi per terra a meno di un braccio da
Ahhotep, che aveva assunto la posizione del loto. Erano tutte
lì ed erano pronte.
Rivolse un'ultima occhiata a Pavona e poi a Batuffolo, che dormiva
placido tra le braccia di Morad. Se lo rivoleva, il primo passo era
guadagnarsi l'accesso al torneo.
"È ora di fare sul serio."
Si impresse quelle parole nella mente e baciò la pietra di
luna. Poi, si sedette vicino a Noriko e appuntò la sua
attenzione sulle torce, sulla luce che emanavano. Come la farfalla in
un tulipano, Agni ondeggiava il bacino sulla musica silenziosa della
notte.
- La prova comincia adesso. - annunciò Koosha, - Che la luce
di Ahurmazd Heydar sia con voi, gladiatori. -