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Autore: Himenoshirotsuki    04/03/2018    3 recensioni
Le Jinian, un popolo, una leggenda. Dimenticate dagli umani e anche da tutte le altre razze, questa tribù di quasi solamente donne viaggia da una parte all'altra del mondo. Nascoste agli occhi di ogni mortale, sono le uniche ancora in grado di usare la magia elementale, senza che essa, a lungo andare, le corrompa. Nemeria è solo una delle tante bambine della tribù e non ha niente di speciale. Adora sua sorella Etheram e il suo dolce fratellino Rakhsaan, ama combinare guai e, come tutte le sue compagne, si è sempre esercitata nell'arte della magia e della manipolazione degli elementali che vivono in lei per poter un giorno diventare una Jinian. Ma tutto cambia all'improvviso quando la sua tribù viene attaccata da una banda di briganti, vestiti con un'armatura completamente nera e una maschera bianca a coprir loro il viso. Il destino mette Nemeria davanti a una scelta: diventare un vero guerriero e combattere per sopravvivere oppure vivere all'ombra di ciò che il fato ha scritto per lei.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Fuoco 2

20

La Strada verso Agni

"Tutti, presto o tardi, abbiamo avuto la sensazione che qualcosa ci chiamasse a percorrere una certa strada."
James Hilmann

"Cosa sai dei cakra?"
Nemeria era corsa a prendere la shamshir e si stava esercitando nei movimenti. Pensava d'essere più indolenzita, ma sorprendentemente riusciva quasi a essere precisa. Descrisse un semicerchio davanti a sé e si spostò di tre rapidi passi di lato.
- So che sono dei vortici di energia che assorbono l'energia universale e rilasciano invece il potere degli elementali. -
" Più o meno. Sono molto importanti anche perché mantengono la nostra anima unita al corpo. "
Pavona si era appollaiata su un treppiedi, le cui braci si erano quasi del tutto spente. Sembrava in tutto e per tutto un normale corvo che si godeva il sollievo tiepido del fuoco morente.
"Per lo più i cakra, almeno quelli delle Jinian, rilasciano più energia di quella che assorbono. All'inizio, prima di intraprendere il Primo sentiero, non sussiste una grande differenza tra quelli umani e i nostri. Più si acquista una maggiore consapevolezza, più il bisogno di assorbire l'energia diminuisce. Ma questo immagino lo sapessi già."
Nemeria annuì e bloccò il colpo a metà, allungò la gamba indietro e con una rotazione del polso portò un tondo all'altezza dello sguardo.
"Cos'altro sai?"
- Esistono otto cakra, ognuno corrispondente alle otto facce della Madre. -
"Sì. A seconda dei testi e delle religioni, ce ne possono essere di più o di meno. Come molte altre nozioni troppo vecchie per essere ricordate, anche queste sono state distorte dai mortali. Alla nascita, ogni essere vivente presenta un cakra soltanto. Se ti viene più semplice, immaginali come dei piccoli cuori: tutti potrebbero battere, ma all'inizio soltanto uno, quello che è più affine al nostro essere, permette lo scorrere del sangue."
- È la stessa metafora che hanno usato mia sorella e Fakhri per spiegarlo. -
"Perché è la figura che meglio li rappresenta. Esistono tre arterie principali che irrorano il nostro corpo con il prāna. Nell'Ukiyo-e lo chiamano Ki e qui, talvolta, lo chiamano pneuma, ma qualsiasi nome gli si dia, è semplicemente il soffio vitale che infonde vigore. Anche l'energia degli elementali scorre attraverso queste arterie. Alla nascita, solo uno dei cakra non è del tutto bloccato e il potere di quello a noi più affine si dirama da lì. Alla fine del Primo Sentiero, il passaggio diventa libero. È per questo che le Jinian riescono ad attingere alla forza dei propri elementali senza che questa, a lungo andare, le corrompa."
- Quindi i mortali diventano Jin perché non riescono a... sbloccare i propri cakra? -
" Sì. Devi immaginare gli elementali come dei serpenti raccolti su se stessi, pronti a scattare all'improvviso. I Dominatori li forzano per aprire il o i loro cakra e questo provoca un avvelenamento della loro anima morso dopo morso. Le Jinian, invece, attraverso le pratiche di ogni Sentiero, riescono a risvegliarli e a dominarli."
- E a me, allora, cosa sta succedendo? Perché... - si morse le labbra e si fermò a metà di un fendente, - Perché rischio sempre di perdere il controllo? A volte è come se non fossi nemmeno io, come se ci fosse qualcun altro nei miei pensieri. -
"Gli elementali, tutti, si cibano delle nostre emozioni. Più queste sono forti, più loro le assorbono e le amplificano di rimando quando rilasciano il loro potere. Per quanto il tuo cakra sia più aperto di quella di una normale mortale, ogni volta che i sentimenti ti sopraffanno il tuo elementale smania e lotta per liberarsi. Più reprimi la rabbia, il dolore, la frustrazione e l'angoscia, più diventerà difficile controllarsi. Gli elementali non sono altro che foglie, gocce, refoli e scintille che si sono staccati dagli Spiriti quando la realtà sensibile è stata generata. Quelli dei mortali sono per lo più energia, ma nei nostri permane un residuo della primigenia coscienza che li rende senzienti. Spesso è solo un barlume, una perla custodita nella parte più intima della nostra anima che si risveglia prima, durante o alla fine di un Sentiero per rivelarci il nostro Nome nel Buio. Altre volte la corolla di luce si espande, tocca la nostra coscienza e palesa i nostri sentimenti, amplificando un sussurro in un urlo."
Pavona si mise a fissare il soffitto e una mezzaluna acquosa si rifletté sulla curva della pupilla.
- Mi stai dicendo che volevo davvero fare del male a Durga e ad Ahhotep? -
Nemeria colpì il suo nemico immaginario con un montante, scattò in un rapido passo in avanti e fermò la shamshir dopo un fendente, la punta indirizzata verso l'alto. Rimase così una frazione d'istante e poi cadde a sedere con le braccia abbandonate sulle ginocchia alzate e il sudore che le imperlava il collo e la fronte. Il corvo spiccò il volo e si appollaiò sulla sua spalla. I lunghi artigli non bucarono il tessuto, ma Pavona li strinse quel che bastava a farle capire che doveva fermarsi.
"Tu sei affine al fuoco, Nemeria, e il fuoco è anche questo. Un incendio che distrugge tutto, senza fare distinzioni tra chi meriterebbe pietà e chi, invece, deve pagare il fio delle proprie colpe. Scoppia all'improvviso, alla minima scintilla, e le sue fiamme lambiscono case, persone, campi, cielo e terra. Se però non c'è un terreno adatto, come una sterpaglia arida o una foresta d'alberi secchi, le fiamme non possono attecchire, capisci?"
Nemeria fece un lieve cenno del capo.
- Quel desiderio di distruggere è mio. - constatò con un fil di voce.
"È di tutti. Ogni essere vivente lo possiede ed è una delle possibili reazioni al dolore. Lo si rifugge dormendo, dimenticando, consegnando la propria mente alla follia o lasciandosi dilaniare da esso. Poi ci sono persone che lo combattono opponendo la rabbia, l'odio, il disprezzo o l'indifferenza, senza rendersi conto che, così facendo, il dolore rimarrà per sempre radicato in loro. Magari nascosto e invisibile allo sguardo, ma ci sarà finché non ne poteranno i rami e strapperanno le radici."
Pavona appoggiò la testa contro la sua guancia e raccolse una lacrima con il becco.
"Non serve piangere. Disperandoti non fai altro che alimentare la tua stessa sofferenza. Non posso spiegarti come proseguire sul tuo Sentiero, ma posso rimanerti accanto nel tuo cammino fino alla Prima Verità."
- E qual è? -
Girò la testa in modo da incontrare lo sguardo del corvo. Non sapeva cosa sperare; non era sicura di nulla se non di quanto le colonne del suo mondo fossero fragili, pilastri di sabbia conservati e cementati solo dall'acqua.
"Devi scoprirla da te. È il primo passo per liberarsi dal dolore e per raggiungere una maggiore consapevolezza."
Nemeria allungò la mano senza guardare e Pavona le porse il becco liscio. Le piume della testa erano morbide, incastrate le une con le altre in un unico manto nero e setoso.
- Mia sorella una volta mi disse che a volte è meglio non sapere, che l'effimera beatitudine che nasce dalla conoscenza non sazia il nostro perpetuo bisogno di risposte. -
"Tua sorella com'era?"
- Era la migliore di tutte. Era brava, bella, carismatica, capace quanto e più di Asa. Una volta ho sentito Fakhri affermare che quando avesse portato a termine l'ultimo Sentiero sarebbe stata lei l'erede dell'Alta Sacerdotessa. - strinse l'impugnatura della shamshir per ricacciare indietro le lacrime e, quando una le sfuggì dalle ciglia, se la pulì con un gesto stizzito, - A volte mi manca così tanto che mi sento soffocare. -
"Anche a me è mancata molto mia madre quando me ne sono andata dalla tribù. Sapere che adesso non ci potremo incontrare mai più ha cambiato le mie prospettive."
Non aggiunse altro e svolazzò di nuovo sul treppiedi di prima, dove la brace ora languiva in un alone sempre più tenue. Nemeria avrebbe voluto sapere qualcosa di più sul motivo che l'aveva spinta a lasciare la sua famiglia, ma decise di attendere che fosse Pavona a parlare: adesso era il suo turno di rispettare il suo dolore. Lo doveva a quella donna che aveva scelto di raccogliere il suo sapere per donarglielo in cambio di nulla.
"Riesci a generare una fiamma?"
- Sì, penso di sì. Non ho mai provato a farlo da quando sono arrivata qui. -
"Le placche di quel collare non sono in oricalco puro, altrimenti nessun Dominatore potrebbe attingere al potere del proprio elementale."
"In effetti..."
Prese un profondo respiro, aprì la mano e la portò ad altezza degli occhi.
"Sai già il suo nome?"
- Sì. -
"Non devi rivelarlo a nessuno. È un'informazione troppo importante perché la possa sapere qualcun altro al di fuori di te."
- L'Alta Sacerdotessa diceva spesso che i nomi hanno potere. -
"Sì, ma non puoi immaginare quanto potrebbe essere pericoloso se giungesse alle orecchie di un Dominatore dell'aria o dell'acqua. La Proiezione, così come la Condivisione, se utilizzata contro una mente debole può togliere il controllo del corpo, soggiogare i pensieri e vincolare la volontà dell'individuo senza che lui se ne renda conto. Conoscere il nome dell'elementale significherebbe che anche la tua ultima possibilità di riprendere il comando di te stesso è svanita."
Nemeria deglutì. Provò a immaginare il dominio di Agni sotto il comando di un'altra persona e si sentì raggelare.
"Vedo che hai capito cosa intendo. Non escludo che esista qualcuno che sia in grado di farlo, ma devi essere prudente. Nel migliore dei casi, smetti di esistere come persona, nel peggiore anche chi ti sta attorno potrebbe essere in pericolo. Dipende tutto dalla bravura del Dominatore."
- Quindi dovrò tenerlo per me. -
"Sì. Nessuno, tra i mortali, merita così tanta fiducia. Ora concentrati. Richiama il potere del tuo elementale e dirigilo nella mano, come hai sempre fatto."
Nemeria chiuse gli occhi e inspirò profondamente per scacciare i pensieri e trovare la concentrazione. Consapevolezza del respiro, la chiamava Etheram, ed era stata una delle primissime lezioni che aveva appreso da lei: non doveva imitare nessuno, né forzare il suo flusso respiratorio a essere leggero, profondo o silenzioso.
"Il soffio agisce sul cuore ed è il tuo unico veicolo per controllare ciò che di natura non lo è. Immergi lo spirito nel basso ventre, decongestiona il torace e tutti i tuoi organi."
Nemeria inspirò col naso, chiuse la bocca e trattenne il respiro. Subito dopo compresse l'aria col diaframma e la sospinse verso il basso per poi schiudere le labbra, espirando molto lentamente.
"Non mettere a tacere l'impulso di vagare, non ti opporre. Osserva i suoni, riconoscili e ponili innanzi alla tua attenzione. La mia voce, il sibilo delle spade, gli ansiti spezzati degli altri gladiatori. Lo vedi? Dinanzi alla tua consapevolezza non appare minuscolo e insignificante?"
Nemeria non poté non annuire. Il ventre si espandeva e si contraeva e lei ne poteva sentire le pareti allargarsi e rientrare. Era una sensazione fisica totalizzante che aveva il potere di dividerla dal resto del mondo. Il collare si era appena surriscaldato ed era come un calarsi nelle profondità di una grotta legati a una corda che si incastrava tra i massi, ma bastava che Nemeria la tirasse un paio di volte per riprendere a scendere.
Il contorno di Abayomi e di Zahra, le parole taglienti di Roshanai e l'onnipresente senso di colpa si rimpicciolirono sopra di lei fino a svanire nel nero e nel lucore sempre più intenso che si propagava del fondo della sua discesa. Un focolare allegro e crepitante, racchiuso in un cerchio di pietre rosse, contrastava l'aria satura di umidità e, tra le sue fiamme, Nemeria la scorse. La gonna si generava da esse e si apriva come i petali di un fiore a ogni giravolta. Il velo che stringeva tra le mani volteggiava attorno al suo corpo, appariva e spariva a ogni scoppiettio, sorgendo dalle numerose scintille che, come schegge di sole, zampillavano attorno a lei in una cascata luminosa.
Cuore di fuoco.
- Sono qui, Agni. -
La donna sorrise e si tolse il velo che le copriva il volto. Occhi rossi, labbra sottili, mascella affilata e capelli neri sciolti sulle spalle nude. Nemeria era senza fiato: anche se più adulto, più bello e curato, quello era il suo viso.
- Tu sei... me? -
Agni scosse la testa. I pendagli tra i capelli tintinnarono assieme a quelli della fascia sul seno, un coro allegro e acuto che anticipò la ripresa della danza.
- Prestami il tuo potere. -
Prendilo. É tuo, è sempre stato tuo.
Nemeria avanzò fino al cerchio di pietre, allungò la mano verso le fiamme e queste la avvolsero, aderendo alla pelle come un velo di seta. Nell'aria pesante, l'umidità si stratificò in una patina di sudore, che evaporava lasciandosi dietro il sentore sottile di bagnato.
Qual è il mio nome, Nemeria?
Nemeria esitò. Registrò il rumore delle schegge di legno che scoppiavano, il calore che le investiva la pelle, il torpore rassicurante racchiuso nelle delicate parole di Agni. Se avesse scelto di seguirne la danza tra le lingue di fuoco, sarebbe diventata un tutt'uno con lei, parte ed essenza dello Spirito. Strinse la mano a pugno, sospinse il respiro nel diaframma e in seguito lo udì sibilare nella fessura tra le labbra: la seduzione della fiamma era una tentazione irresistibile.
- Vadavagni. Sei il lume della ragione. -
Agni cominciò a girare su stessa più in fretta, battendo i piedi con maggiore forza, mentre i lembi della cintura svolazzavano sui suoi fianchi, aperte come le ali di un ibis rosso. Le fiamme ne seguivano l'andamento, sfrangiandosi attorno alle sue braccia e sfumando in un pulviscolo sfavillante. Le fiamme turbinarono fino ad avvolgerla completamente in un unico, immenso fuoco, così luminoso da accecarla.
Sii il sole più splendente di tutti.
Quando Nemeria riaprì gli occhi, non capì subito dove si trovasse. Pian piano, con una lentezza pigra e indolente, la percezione della realtà che l'attorniava si riappropriò dei suoi sensi. I suoni ripresero il loro posto, si incastrarono con gli odori e inanellarono le forme, finché la Scuola non si completò. Davanti a lei, una fiammella poco più grande del suo pugno sfrigolava sul palmo della sua mano.
"Sei stata brava."
Pavona era volata vicino a lei e studiava la fiamma con quello che Nemeria avrebbe potuto definire uno sguardo compiaciuto.
- Non mi era mai capitato di dover fare così tanta fatica per una cosa così piccola. -
"Prima non avevi un collare di oricalco alla gola. Questa è la base. Sono trucchetti che, prima o poi, ti avrebbero insegnato anche qui. Ma l'importante, in questa situazione, è il come ti vengono insegnate le cose."
- Dovrò discendere ogni volta per attingere al mio potere? -
"No, ti insegnerò pian piano a richiamarlo volontariamente. Non so se hai notato, ma è stato faticoso entrare in comunione con il tuo elementale. Ormai penso tu l'abbia capito: i sentimenti sono una caduta libera, mentre la via della ragione è una lenta scalata. Loro, i tuoi maestri, ti diranno di lasciarti guidare dal tuo sentire del momento e te lo ripeteranno finché non ti sembrerà l'unica strada possibile. Ma, Nemeria, ricordati che è solo quella più semplice e pericolosa e che, alla fine, conduce a un finale scontato nella sua tragicità."
Si sgranchì le zampe e spostò la testa a destra e a sinistra un paio di volte, prima di appuntare nuovamente gli occhi su di lei.
"Rimarrei qui tutta la notte a parlare, ma domani ti aspetta una dura giornata e dubito che chiunque ti abbia regalato quei lividi si fermerà davanti a un viso stanco."
Bastò l'accenno di una smorfia infastidita perché il dolore tornasse a pungerla. Si trattenne dal massaggiarsi il naso.
- Tornerai anche domani sera? -
"Farò il possibile, ma non posso prometterti nulla."
Nemeria annuì. Spense la fiamma chiudendo la mano a pugno e rimpugnò la shamshir. La pulì sui vestiti e intercettò un rivolo di sudore prima che si infilasse sotto le bende del collo.
- Non so davvero come ringraziarti. Quello che hai fatto per me stasera, significa molto per me. Se imparerò a controllarmi, sarà solo grazie a te. -
"Se vuoi sdebitarti, sopravvivi e non perderti mai d'animo, almeno non qui. Non sopporterei di vederti portata via dal Consorzio o soppressa come un animale. Anche se non ci conosciamo, condividiamo un retaggio e una discendenza comuni. Per me questo tanto basta per considerarti sangue del mio sangue."
Pavona spiegò le ali e si librò in aria affinché Nemeria potesse specchiarsi nei suoi occhi, un riflesso distorto sotto un sottile velo di lacrime. Poi volò via, attraverso il corridoio di colonne rosse e oltre l'aura aranciata dei bracieri e delle torce. Udì qualcuno imprecare, il tonfo di una lancia a terra, un borbottio sorpreso di una donna. I suoni risvegliati da quell'inaspettata visione tacquero in fretta così com'erano sorti.
- Lo prometto. - sussurrò Nemeria e si mise la mano sul cuore.
 
Nelle settimane che seguirono, il tempo parve sbriciolarsi. Dopo le misure del giorno seguente, Nemeria tornò quasi tutti i giorni da Nande, per lo più per farsi cambiare le bende e controllare la guarigione del naso. Poi seguiva la colazione e l'allenamento con Roshanai al campo del fuoco e talvolta con Reza, ma man mano che i giorni passavano la sua presenza venne sempre meno, finché non rimase solo la Ver'ilef.
A differenza di Sayuri, la Syad del fuoco non era così puntuale come Nemeria aveva pensato: rimproverava lei e Durga se arrivavano un paio di minuti dopo rispetto all'orario d'inizio, ma non era raro che lei ritardasse anche di un'ora. Nonostante il fastidio di rimanere sotto il sole ad aspettare, Roshanai era capace. Si presentava ogni volta con un'arma diversa, costringendole così a cambiare strategia, passi e combinazione di colpi. Gli assalti che funzionavano con una surik potevano risultare inefficaci contro un rencong.
Nemeria e Durga impararono sulla loro pelle quanto fosse importante studiare l'avversario prima di compiere qualsiasi azione. Andavano avanti a oltranza fino a pranzo e poi, con ancora il sapore della minestra d'avena sul palato, correvano di nuovo da lei e continuavano l'addestramento fino a sera, a un orario che poteva collocarsi tra un'ora prima o due dopo cena.
Nemeria tornava in camera da Noriko e Batuffolo esausta, aspettava che si addormentassero e andava al campo del fuoco, dove l'attendeva Pavona. Era tornata spesso sotto le fattezze di un corvo o di un topo grigio, non più grande di un pugno. L'addestramento con lei era pesante, molto più di quello con Roshanai, ma la sua vicinanza aveva il potere di alleggerire la fatica e dissiparla in una tensione che le imponeva di impegnarsi ancora di più. Gli esercizi dove doveva dare una forma alla fiamma erano i più difficili, soprattutto quando la obbligava a mantenere la concentrazione e, contemporaneamente, a fare dei calcoli o a recitare una filastrocca. Spesso Pavona le chiedeva di cantare delle canzoni tipiche della tribù e, anche dopo la fine dell'addestramento, se Nemeria non l'aveva conclusa, la esortava a terminare. Lei si limitava ad ascoltare e il suo sguardo vagava lontano, al di là delle mura e oltre il presente.
Se la compagnia di Pavona era ricercata e attesa, gli incontri con Roshanai risvegliavano una commistione di sentimenti che Nemeria faticava a tenere a bada. Non aveva idea di cosa provasse Durga, ma nel suo cuore non c'era altro che odio, un odio misto a rabbia che doveva sforzarsi di reprimere. Se non fosse stato per la pietra di luna e per gli avvertimenti di Pavona, si sarebbe lasciata travolgere e inghiottire fino a consumarsi.
- Stai solo facendo il suo gioco. - l'aveva redarguita Noriko una sera, ma Nemeria non l'aveva ascoltata.
All'interno della sua corazza, non c'era spazio per altro se non per la risolutezza di non farsi schiacciare da una donna del genere e, in confronto alla rabbia che le ribolliva nelle vene, l'odio di cui si era rivestita era una cella con le pareti di ghiaccio, così spesse da intirizzirle l'anima. Non importava quanto faticoso fosse l'allenamento o quanto Roshanai la spingesse al suo limite: l'umiliazione della sconfitta e o il peso dell'inadeguatezza la spingevano a rialzarsi sempre, anche quando era la sola forza di volontà a tenerla in piedi. Le bacche tanu erano una tentazione, una promessa di forza più suadente di Agni. Le riponeva sotto il materasso, nell'angolo più lontano e polveroso per non cedervi, perché avrebbe dovuto ripagare l'energia ricevuta con altre e più pesanti notti insonni.
I giorni divennero sabbia e i granelli scivolarono nella clessidra del tempo nella quale, inevitabilmente, si depositarono anche la maggior parte dei suoi pensieri. Nemeria li disseppelliva di tanto in tanto, in quegli istanti di libertà mentale che si inframmezzavano tra i vari allenamenti, ma questi non avevano l'occasione di riprendere la loro reale dimensione prima che la crudele realtà li relegasse di nuovo sul fondo della clessidra. Solo nel "Tempo del Ritorno" tornavano a farle visita e Nemeria, volente o nolente, era obbligata a fronteggiarli.
C'erano volte in cui la stanchezza accorreva in suo soccorso e altre, più numerose, in cui nemmeno la luce del sole bastava a scacciare i demoni che la tormentavano. Eppure, per quanto lei volesse trovare una risposta, doveva piegarsi alle esigenze della scuola, di Roshanai, di Pavona e di tutti quelli che avevano qualcosa da insegnarle: tutto della sua quotidianità era stato ridotto all'osso, dalle preoccupazioni ai pensieri, alle conversazioni. Persino le persone che le orbitavano attorno, quelle davvero importanti, non erano altro che figure evanescenti, tremolanti nell'arsura delle ore più calde e sfocate al calar del sole.
Era il lento rimarginarsi delle ferite assieme alle visite a Nande a scandire il passare del tempo, più dell'alternarsi del giorno e della notte. Nemeria ci andava spesso, soprattutto per cambiare i bendaggi e disinfettare i nuovi tagli che Roshanai le procurava, e di settimana in settimana la donna le prendeva le misure dalle spalle, delle braccia e delle gambe, annotando anche le fluttuazioni di peso. Nemeria immaginava che fosse un ordine che Tyrron le aveva dato per monitorare i suoi progressi, ma ben presto capì che era molto di più.
Una sera, venne a bussare alla loro porta un ragazzo alto un pollice più di Nemeria, con i capelli come setole di una scopa vecchia e le guance screpolate più delle mani. Indossava un chitone che lasciava scoperte le braccia e un paio di calzoni deformati all'altezza delle ginocchia.
- Tu e Sayuri andare da Nande. - scandì in un sihamnstico incerto.
- Ora? - mugolò Nemeria.
- Sì, ora. - inclinò la testa per sbirciare, ma Noriko gli bloccò la visuale.
Batuffolo aveva deciso che doveva imparare a saltare e il suo trampolino di lancio era il letto di Nemeria. Anche se era mezza addormentata, i diversi fruscii alle sue spalle lasciavano già presagire la fine grama delle lenzuola.
- Sì, veniamo subito. - lo congedò e, prima che il ragazzo potesse aprir bocca, si chiuse la porta alle spalle.
- Perché devi venire anche tu da Nande? Non stai bene? -
- Forse vuole solo controllare di nuovo il taglio. - sospirò e prese gli abiti puliti dall'armadio.
Tyrron aveva comprato cinque capi a testa, tutti chitoni e kandys di ottima fattura. Noriko aveva ricevuto anche un umanori e uno jinbei, che però usava solo per dormire. Mentre si vestivano, Nemeria occhieggiò spesso nella sua direzione, ma la sua amica le dava sempre la schiena. Non le era parso fosse peggiorata, ma rammentava ancora l'ostinazione con cui le aveva taciuto dell'intervento.
"In ogni caso, non sarei stata abbastanza presente per accorgermene."
- Andiamo. -
Come sempre il tono di Noriko aveva l'inflessibilità dell'ordine e Nemeria attese che la raggiungesse.
Ad accoglierle non fu il solito corridoio vuoto, ma una lunga coda di ragazzi e ragazze, i più a loro sconosciuti, ma che a giudicare da com'erano vestiti dovevano essere studenti. Alcuni sedevano per terra, con la testa del loro compagno appoggiata sulla spalla; altri si erano riuniti in piccoli gruppi per chiacchierare. Le guardie sorvegliavano le scale e la fila dal perimetro delle pareti e dal fondo del corridoio, controllando chi entrava e chi usciva dall'infermeria.
- Cos'è tutta questa gente? -
Noriko scosse la testa e si accodò dietro un ragazzo con i capelli ricci e un orecchino d'osso che gli uncinava il lobo da parte a parte.
Nemeria indugiò un istante di troppo a cercare Durga e Ahhotep e una delle guardie le intimò di mettersi subito in fila. Era stupita di vedere così tante persone: certo, la scuola era grande, ma non le era mai capitato di contare quanti studenti ospitasse. Le sembrò strano che, mescolati a bambini dell'età sua e di Durga, ci fossero ragazzi adolescenti.
- Uno così non mi sarebbe sfuggito. - commentò, scrutando un ragazzo di sette piedi abbondanti.
- Cosa ti incuriosisce tanto? - la interrogò Noriko.
- Quel ragazzo. Non ricordo di averlo mai visto. Che sia uno nuovo? -
- È più probabile che appartenga all'altra ala della scuola. -
- Altra ala? -
- Sì. Loro hanno raggiunto la maggiore età. Per legge, non possono stare con noi. -
Nemeria annuì. Forse Arsalan lo aveva menzionato e lei non aveva prestato attenzione.
- E hanno chiamato sia noi sia quelli più grandi? -
- Non tutti, altrimenti vedresti anche degli adulti. - Noriko si appoggiò con una spalla alla parete, - Ti conviene sederti, dovremo aspettare un po'. -
- Credi che Durga e Ahhotep siano già dentro? -
- Non lo so, c'era una lunga coda già quando siamo arrivate. -
Nemeria si sedette vicino al muro, con una gamba inclinata a toccare quella di Noriko. Se il corridoio non avesse pullulato di guardie, sarebbe andata a cercare le sue compagne, quantomeno per chiedere che cosa stava succedendo. Sospirò e socchiuse gli occhi, seguendo attraverso la fessura tra le palpebre l'avanti indietro di una guardia finché la stanchezza non ebbe la meglio.
Noriko la svegliò a intervalli regolari, quando la fila avanzava. Non si poteva dire che fosse un sonno ristoratore, ma il suo corpo aveva bisogno di riposo e ignorava qualsiasi tentativo della sua mente di rimetterlo in piedi. Soltanto quando Noriko la tirò su e la costrinse a camminare per più di dieci passi, capì che era arrivato il loro turno.
L'infermeria era pulita come al solito, ma stavolta, oltre a Nande, c'era Kamyar. Il sorriso che gli si dipinse sul viso arrivò a illuminargli anche gli occhi.
- Svestitevi. Ormai credo conosciate entrambe la procedura. -
Noriko si svolse subito la cintura, mentre Nemeria rimase un attimo imbambolata a fissare il Dominatore dell'acqua, in attesa che uscisse. Invece lui rimase lì, in piedi di fianco a Nande.
- Ti imbarazza? -
Nemeria si morse le labbra e annuì.
- È solo per accelerare i tempi. E poi, mentre mi prendevo cura di te da aghà Tyrron, sono più le volte che ti ho vista senza vestiti che con. - le disse Kamyar brandendo il metro in una mano e le rivolse un sorriso incoraggiante, - Su, prima ti sbrighi, prima potrai andartene. -
Noriko era già nuda, con solo le mutande a coprirle le parti intime. Non si era legata i capelli e questi le ricadevano scomposti in ciocche rosse sulle spalle come fili di seta.
Mentre si toglieva il chitone, con le ombre che danzavano alla luce della lanterna, Nemeria indugiò più d'una volta sulla grazia del suo corpo, che, anche se immobile, sembrava permeare ogni fibra del suo essere. Non c'era muscolo che non fosse cresciuto in maniera armoniosa, definendo solo ciò che prima era meno proporzionato. Soltanto il taglio sul basso ventre, una specie di sorriso a labbra strette, e l'abbronzatura non uniforme ne deturpavano la bellezza.
Quando piegò il chitone sul letto, Nemeria trasse un profondo respiro. Il peso della sua nudità, la consapevolezza di essere completamente esposta allo sguardo di Kamyar, le aveva messo addosso un profondo senso di disagio, ma ben presto, prima ancora che la mente lo recepisse, la tensione aveva già abbandonato il suo corpo. Non c'era malizia né nel tocco né nello sguardo del Dominatore dell'acqua. Come Nande nelle settimane precedenti, la tastò con attenzione medica, senza soffermarsi più di quanto il suo dovere gli imponesse, con una delicatezza che Nemeria non riconobbe, finché il ricordo tattile non scacciò definitivamente l'inquietudine.
- Centotré libbre. - annunciò e segnò quel risultato sul libro aperto sulla scrivania.
- È buono? -
- Quando sei arrivata ne pesavi a malapena ottantasette. È un ottimo risultato, considerando che sei qui solo da due mesi. -
Nemeria strabuzzò gli occhi, abbassò lo sguardo sulle ginocchia e piegò una gamba appena un po' perché il muscolo emergesse da sotto la pelle. Un brivido d'eccitazione si diffuse lungo la spina dorsale e le pervase i lombi.
- Ora potete rivestirvi. Andate nel cortile centrale e aspettate lì. - le informò Nande.
Lo sguardo stanco di Nande fu più esplicativo delle sue sue parole.
Nemeria si infilò il chitone, si legò velocemente la corda attorno alla vita e infilò l'uscita, mentre Noriko che le teneva aperta la porta.
- Stammi vicina. - le soffiò all'orecchio, prima di affiancarla.
Nel cortile centrale si erano radunati almeno una trentina tra ragazzi e ragazze d'ogni età. A Nemeria parve di riconoscere alcuni visi, ma non si soffermò più di tanto. Abayomi e Zahra parlavano a bassa voce in disparte. La Dominatrice della terra, ora che ci faceva caso, era diventata molto più muscolosa di quando si erano scontrate alla cisterna. I capelli, legati in trecce attaccate al cuoio capelluto, le scendevano ben oltre le spalle e, se non fosse stato per l'anello che glieli fermava in una coda sulla nuca, le avrebbero coperto tutta la schiena. La sua ombra soverchiava e inghiottiva quella di Abayomi.
Con la coda dell'occhio, Nemeria scorse Durga sbracciarsi da una delle ultime file. Ahhotep aveva le braccia conserte e un'espressione annoiata. Quando le raggiunsero, si discostò di un passo.
- Voi sapete cosa sta accadendo? - la interrogò Noriko.
- Ve lo stavo per chiedere io. Hanno detto a tutti di aspettare, ma aspettare cosa? Chi? E poi avete visto? Ci sono tantissimissime guardie. - rispose Durga.
- Gli altri? -
- Nessuno lo sa. Ho provato a... -
Lo squillo di un corno richiamò la loro attenzione. Dalle scale vicino all'entrata principale scesero un gruppo di persone, capeggiate da un uomo che Nemeria non aveva mai visto. Indossava un turbante di un rosso vistoso che gli copriva la parte sinistra del volto, lasciando in vista solo l'occhio destro, una polla d'acqua incavata nell'orbita. La tunica lunga gli sfiorava i piedi a ogni passo e le maniche ampie esibivano dei grossi bracciali d'oro, troppo larghi per i polsi stretti del loro portatore. Mina lo seguiva a poca distanza, con uno strascico che accarezzava gli scalini e una tiara d'argento che non riusciva a domare i riccioli ribelli. Nemeria la vide parlare con Adel, che però sembrava ben poco interessato a una conversazione di qualsiasi tipo. Considerando l'espressione concentrata del besajaun, doveva avere ben altro per la testa.
Delle dieci persone che costituivano il gruppo che si aprì a ventaglio sotto il porticato, Nemeria riconobbe anche Morad e Tyrron. Il suo lanista era la mosca bianca: niente oro, niente ostentazione. Indossava con eleganza un semplice paio di calzoni e una candida tunica di cotone con un traliccio d'uva cucito sul collo. Nonostante la semplicità dell'abbigliamento, la sua altezza e il suo portamento fiero catturavano lo sguardo.
Le guardie si erano disposte sul perimetro del cortile e quattro, due per lato, avevano affiancato l'uomo anziano.
- Promessi gladiatori, vi abbiamo addestrato nell'arte dello spettacolo e oggi dovrete dimostrare che il tempo passato qui non è stato vano. A breve vi misurerete in un torneo tra di voi. Non ci saranno premi o punizioni, se non quelle che i vostri padroni potranno decidere di farvi scontare, ma avrete l'onere di mostrarci se siete davvero gli sposi e le spose che l'arena attende. -
Nemeria lo vide prendere un profondo respiro e il sorriso che gli si dipinse sulle labbra spianò le rughe agli angoli della bocca.
- Stasera avrà luogo il vostro battesimo del fuoco. Il torneo è un onore che solo i migliori tra di voi, quelli che davvero hanno la stoffa per diventare gladiatori, potranno affrontare. Davanti agli occhi degli Spiriti e di Ahurmazd Heydar, sarà vostro compito mostrarci che ve lo meritate, che non esiste vento, bufera, freddo o dolore che vi distolga dal vostro obiettivo. Non tornerete a dormire nelle vostre stanze, né potrete mangiare. Se riuscirete a rimanere svegli senza crollare fino a domani mattina, verrete ammessi al torneo. Se, invece, crollerete, significa che la vostra volontà deve ancora essere temprata. Quel che sarà di voi, lo rimetto alle mani dei vostri padroni. -
Roshanai marciò al passo con Reza e, mentre le guardie si facevano indietro, lei, Sayuri e altri, tra uomini e donne, che non erano facce note a Nemeria, ne prendevano il posto. Tutti erano armati e tanto bastava per mettere da parte la sua curiosità.
- Sappiate che, anche se io non sarò qui a sorvegliarvi, sarete tenuti sempre sott'occhio. Se cadrete, lo sapremo. Se proverete a fuggire, la pagherete. - proferì grave e li fissò col suo unico occhio, - Vi dovrete guadagnare tutto ciò che non è una prima necessità. Non importa la vostra età, non importa il vostro passato, non importa il vostro volere. Se non riporterete alcuna vittoria, vi sarà concesso soltanto il minimo indispensabile per la sopravvivenza. Questa regola varrà finché io, Koosha Kodjea, sarò il direttore di questa scuola. -
Nemeria capì cosa intendesse quando vide il ragazzo che era venuto a chiamarle correre a rotta di collo giù dalle scale, con Batuffolo tra le braccia che dormiva tranquillo. Il cuore le precipitò sotto terra quando lo consegnò a Morad e il caracal aprì gli occhi di scatto. Si dibatté agitato, gli artigli che affondavano nella tunica con sempre più determinazione e gli occhi che imploravano aiuto. Nemeria venne investita da un panico viscerale. Fu quando Morad lo colpì sul collo che quel sentimento l'abbandonò all'improvviso, si ritirò come un'onda dal bagnasciuga.
Koosha rivolse gli occhi al cielo e poi incrociò lo sguardo di Tyrron. Si fronteggiarono per un istante più lungo di un'occhiata, quindi il direttore della scuola tornò a interessarsi dei gladiatori. Nemeria aveva il batticuore e voleva correre a riprendere Batuffolo, ma piantò i piedi a terra e rimase lì, a pugni stretti, le unghie dolorosamente conficcate nei palmi e lo stomaco contratto per la fame. Un frullio di ali catturò la sua attenzione: scorse Pavona appollaiata sulla grondaia, la luce lunare ne spruzzava le piume di bianco.
Noriko raddrizzò le spalle, piegò la gamba nell'interno coscia e unì le mani davanti al naso, mentre Durga si limitò a sedersi per terra a meno di un braccio da Ahhotep, che aveva assunto la posizione del loto. Erano tutte lì ed erano pronte.
Rivolse un'ultima occhiata a Pavona e poi a Batuffolo, che dormiva placido tra le braccia di Morad. Se lo rivoleva, il primo passo era guadagnarsi l'accesso al torneo.
"È ora di fare sul serio."
Si impresse quelle parole nella mente e baciò la pietra di luna. Poi, si sedette vicino a Noriko e appuntò la sua attenzione sulle torce, sulla luce che emanavano. Come la farfalla in un tulipano, Agni ondeggiava il bacino sulla musica silenziosa della notte.
- La prova comincia adesso. - annunciò Koosha, - Che la luce di Ahurmazd Heydar sia con voi, gladiatori. -

  
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