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Autore: Duncneyforever    04/03/2018    1 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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- Ragazzo per l'eternità. -

Proseguo con l'elogio al mio angelo caduto, accarezzando il suo bel viso pallido e versando lente lacrime sulla pelle bruciata, restia nel lasciarlo andare. 

Prima o poi qualcuno lo farà per me, mi strapperà via da lui. 

Zeno mi ripete che non tornerà più e che devo rassegnarmi, ma io non intendo separarmi da lui, non ancora. 

Ma è morto, Sara, Friederick non c'è più. 

La speranza di poter far ritorno a casa, dalla mia famiglia, è morta. L'unica persona su cui potevo contare, che conosceva il mio inconfessabile segreto mi ha lasciata, abbandonandomi al mio destino. 

Probabilmente resterò per sempre qui, relegata in un luogo che ripudio e che non mi appartiene, sola al mondo. 

Mi stendo al suolo, accostandomi a colui che, fino a pochi minuti fa, consideravo la mia ancora. 

Non si alzerà per confortarti, non riaprirà mai più i suoi occhi azzurri, nè ti stringerà al petto per asciugarti le lacrime. Piangi stellina, perché sai di aver perso, di esserti piegata proprio come Rüdiger aveva predetto. Mamma, papà, la mia famiglia, la mia casa, i miei sogni, tutto in frantumi, proprio come il mio cuore in rovina. Arranco per terra in cerca di ossigeno, consapevole di aver perso ogni cosa, persino me stessa. 

Al di fuori della mia epoca non sono nessuno, il mio nome non è registrato, la mia famiglia ( bisnonni, trisnonni ) non sanno nulla di me, non potrebbero mai riconoscermi come loro parente, come potrebbero? In poche parole, non esisto, non sono diversa da coloro che si trovano dietro al filo spinato, così simili a me, eppure così spaventanti dalla mia vicinanza. 

È come se Friederick si fosse portato via la mia immortalità, trascinando la mia vita nel buio eterno insieme alla sua... Mai prima d'oggi mi ero sentita spacciata, in trappola, rinchiusa in una bolla ermetica che mi separa inesorabilmente dalla realtà; i miei genitori, prima o poi, si accorgeranno della mia assenza ( sempre se non se ne siano già resi conto ), mi cercheranno invano per anni e anni, senza mai trovarmi, urleranno il mio nome nella notte credendomi morta, senza che io possa udirli... Papà diceva sempre che non avrebbe potuto vivere senza di me e, se facesse qualche sciocchezza, non potrei mai perdonarmelo: mi getterei contro il filo spinato e metterei fine alle nostre sofferenze, tanto non cambierebbe nulla comunque, farei solo tacere il senso di colpa.

Affondo le unghie nel terreno sporco, cercando di contenere il peso enorme che mi sta schiacciando il petto e ostruendo i polmoni: devo rassegnarmi, questo laido buco diventerà casa mia per i prossimi tre anni, fino alla fine della guerra e, se sopravvivrò, chissà cosa farò; dovrò sposarmi presto, il prima possibile se non vorrò restare nubile per il resto della mia esistenza, dovrò badare ai bambini, accudire la casa come una buona moglie, fingere di sorprendermi quando qualcosa di cui già sono a conoscenza verrà annunciato sui giornali o in televisione e chissà cos'altro; quasi certamente non frequenterò mai l'università, perché il denaro verrà a mancare, non diventerò mai manager di un'impresa, perché ancora non mi sarà consentito, non vivrò mai una vita normale e rimpiangerò per sempre ciò che ho scioccamente perduto... Un giorno, forse, tornerò nella mia amata Italia e, da vecchia signora quale sarò, farò edificare una villetta proprio accanto alla mia, in modo che io possa rivedere, almeno per quel poco che mi resterà, la mia famiglia. 

Non è questo ciò che voglio. 

Rantolo, disperata, immaginando come potrebbe essere il mio futuro. Gli occhi pregni di lacrime osservano il corpo senz'anima di Fried e qui ne scendono di nuove: il biondo era un caro ragazzo, che avrebbe potuto offrirmene uno migliore, se solo fossimo riusciti ad amarci l'un l'altra. 

Chi sarò costretta a prender per marito? Un uomo buono oppure un mostro sadico e prepotente, un tedesco scampato alla guerra oppure un ex prigioniero? Non sono nient'altro che una ragazzina, per di più, irresponsabile e già mi tocca pensare a chi vorrei avere accanto come padre dei miei futuri figli e, tutto ciò, in molto, molto concreto. 

Vedo Zeno asciugarsi furiosamente il viso e tirare su con il naso, colto da un'imprevista vitalità; mi guarda dritto negli occhioni lucidi, pregandomi di separarmi dalle sue spoglie mortali; 

- non temere per lui, perché il vostro Dio ha pietà di questi gesti e non condannerà un povero infelice per la sua scelta. Fried non aveva scampo, ha taciuto il suo dolore per anni ed anni fin quando non ha retto più. Lui è lì dove vuole stare, adesso. Ed è felice, Sara, dobbiamo farcene una ragione. Sì, dobbiamo... Dobbiamo farcene una ragione. - Annuisce ripetutamente con il capo, le iridi spiritate volte al cielo scuro. 

È come se il mondo circostante si fosse annullato nell'esatto momento in cui mi diedi conto della tua scomparsa. 

Lo sai Fried? Non dimenticherò mai il nostro primo incontro... I tuoi capelli color del sole intrappolati sotto l'elmetto verdognolo ed i tuoi occhi incredibilmente azzurri mi conquistarono, ma svanirono all'istante quando vidi quel tuo sorriso impacciato e la luce quasi divina che quegli stessi occhi erano in grado di sprigionare quando distendevi le labbra ad ogni mia battuta, anche a quelle più stupide. Forse ero io ad esser divertente? Tu lo eri tanto e sappi che la tua risata contagiosa tormenterà per sempre i miei ricordi. 

Probabilmente eri un normale ragazzo di diciotto anni, eppure io ti trovai sempre magnifico. 

Quasi sempre.

Il dolore che provasti in vita portò via tutta la bellezza che, solo la morte, ti seppe restituire. 

Perdonami. 

Percepisco una sensazione atipica, come di un lampo che mi attraversa il cranio, una fitta incredibile all'altezza delle tempie e poi una saetta luminosa, una spirale di immagini fitte e distorte quanto una foresta di rovi. Socchiudo incuriosita le palpebre, provo a visualizzare meglio la sequenza, ma è tutto molto confuso. Vedo altre cose, altre persone, altri momenti mai vissuti; un progetto scolastico, una nuova professoressa, una vacanza senza i miei, un compito andato male, tante lacrime, sorrisi, un abbraccio particolare, le voci della mia mamma e del mio papà. 

Vedo tutti noi, insieme, a casa dei nonni, a festeggiare il capodanno duemiladiciotto. 

Duemila e che cosa?! 

Mi tiro indietro con un salto, esterrefatta; raschio i gomiti sul terreno sporco, atterrando nella polvere giallognola e riprendendo coscienza della realtà. Mi accorgo delle persone che hanno assistito al mio patetico sfogo, delle loro espressioni compassionevoli, dei due soldati con cui Zeno sta bisticciando a causa del suo migliore amico, o meglio, a causa della sua salma che, certamente, prima o poi, dovrà essere rimossa. Accantono quelle assurde visioni e mi alzo da terra, mettendomi in mezzo tra Zohan e gli altri crucchi, giusto per impedire che, anche al moro, venga fatto del male. Spingo via le guardie con la poca forza di cui dispongo, avvantaggiata dalle intimazioni del rosso e dai possibili guai in cui potrebbero incorrere in caso uno di loro o chicchessia si " azzardi " a toccarmi senza il suo esplicito consenso. 

Tanto bello quanto dannato, il caro rosso " malpelo " ! Beneficiavo d'una libertà senza confini prima della sua venuta, mentre ora mi riduco ad essere una fragile marionetta di vetro tra le sue mani d'acciaio, succube dei suoi capricci. 

Io stessa, sono un suo capriccio e, come mi disse quella volta, " tutti vogliono ciò che non possono avere " lui desidera me, più di quanto non abbia mai voluto Erika o qualunque altra donna e, se ciò che ho visto prima fosse vero, lui non dovrebbe, in nessun caso, venirlo a sapere. In fin dei conti, Rüdiger sarà anche un sadico malato, tuttavia sa bene quanto immorale sarebbe approfittarsi di una ragazzina di quattordici anni. 

Ma sedici... Se davvero avessi all'incirca sedici anni cosa gli impedirebbe di giostrarmi a suo piacimento? 

È una situazione così drammatica e assurda! 

Non può essere vero.

- Zeno, lasciali stare! Non possiamo abbandonarlo qui, deve essere seppellito! - Dell'ultima parola non mi sfugge che un debole mormorio, poiché non posso immaginare il corpo di Fried rinchiuso per sempre in un'anonima bara, straziato dai vermi e dagli effetti della decomposizione. No, lui meriterebbe d'esser disteso su un letto di rose e ibernato, cosicché il suo viso angelico non venga graffiato dal tempo. Ancora una volta sento gli occhi pizzicare, accuso il colpo, ma non crollo. Gli astanti aprono un varco e si scostano dal mezzo, posizionandosi sui lati.

Deve essere lui, il bastardo che spedì Friederick in Francia.

Schneider.

Riconosco il suo passo baldanzoso, i ciuffi rossi e ribelli guizzati fuori dal suo berretto ed il mio cuore si fa nero, nero di collera. Viene avanti tranquillo, soffermando lo sguardo su particolari irrilevanti, come il cielo plumbeo, dello stesso colore delle sue iridi e sullo sbuffo del mio abito, issato quasi all'altezza della cintola dal venticello levantino. Lo riabbasso, innervosita, benedicendo l'abbondare di vaporoso tulle al di sotto della gonna. Egli, intanto, squadra il cadavere del suo sottoposto con aria disinteressata, sospirando aspramente. 

- Schwach - commenta nauseato, sputando a terra in segno di spregio. 

Dovrei restarmene buona e zitta, ma non ho più niente da perdere.

Mi sfilo una delle scarpette bianche e gliela scaglio addosso, incattivita fino all'inverosimile: il modo in cui ha infangato il suo nome e deriso la sua morte mi è inaccettabile. Friederick era il mio migliore amico e lui... Lui me l'ha portato via. 

- Non osare parlare di Fried! Tu ce lo hai mandato, nessuno ti aveva chiesto niente! Lui non ci voleva andare... Non ci voleva andare lui! È tutta colpa tua, tua! - Il silenzio circostante fa rimbombare la mia voce in ogni dove, distraendo i lavoratori e spezzando la grande catena di montaggio del lager ( in quest'ala di campo, perlomeno ).

Ma non avere paura, Sara, non ce n'è motivo. 

La tua vita si è già interrotta. 

Hai umiliato il colonnello di Auschwitz-Birkenau davanti ai suoi uomini, in mezzo agli " Untermenschen " che tanto disprezza. 

Ti ha fatto del male, hai solo agito di conseguenza. Sei libera, Sara. Sii forte. Non credere alle sue parole, è il sangue di Roma quello che scorre nelle tue vene. 

Combatti.

- Du weißt nicht, was du tust - piega la testa rossiccia d'un lato, abbandonandosi in una risata forzata. - La mia gattina selvaggia, eh? Così mi obbligherai ad ucciderti... - 

- Allora fallo - gli vado incontro a passi molti brevi, mantenendo il contatto visivo fra noi: ho la sensazione di fluttuare nel vuoto, ogni passo è un salto nel buio. Potrebbe anche uccidermi per davvero, questa volta. Nulla mi garantisce che non lo faccia; quindi perché lo sto facendo? Ho così tanta fretta di andarmene? 

- Non mi avvicinerei se fossi in te. - Punto gli occhi sulla fondina in pelle della sua Luger, esortandolo a tirarla fuori. Alzo il mento per guardarlo bene negli occhi, anche fosse per l'ultima volta ma, al loro interno, non vi trovo il solito gelo, bensì una nota di reale dispiacere, affogata nell'amarezza. 

- Guarda Rüdiger, guarda come muore un'italiana. - Chiudo gli occhi per stroncare la paura sul nascere, attendendo il compiersi del mio destino. Sento scattare la sicura della sua pistola, poi il freddo della canna sulla tempia: è la fine, tuttavia, non ho rimpianti; presto raggiungerò Friederick, ovunque lui sia. Avrei voluto poter raccontare di più sulla mia vita, poter riabbracciare i miei genitori, anche solo per una volta soltanto... Non posso lamentarmi, però. Oggi è un bel giorno per morire, magari, qualcuno si ricorderà di me e renderà immortale il mio sacrificio. 

L'Olocausto è sacrificio, è questo il suo significato. 

- Perdonami piccola mia, ma non sarà una ragazzina italiana a macchiarmi la reputazione. - Zeno piange, il corpo del suo migliore amico gli viene strappato via ed il dolore si riversa sugli uomini cui è stato ordinato di tenerlo fermo. Gli altri burattini non intervengono, non fanno altro che fissarci, immobili. Il moro, invece, lotta per liberarsi, aggredendo chiunque ostacoli il suo passaggio. 

Non vuole perdere anche me. 

Ed io non sono indifferente ai suoi lamenti. 

- Pentiti Zohan, espia i tuoi peccati... Ci rivedremo in purgatorio. - Gli sorrido rincuorante, forse, per l'ultima volta. Rudy appoggia il dito sul guardamano e mi guarda, probabilmente chiedendosi come mai io non stia cercando di scappare. Spalanco gli occhi, lui preme il grilletto. 

Io aspetto, aspetto di morire. 

Ma niente, non accade niente. 

Rüdiger ha il fiato corto, si vergogna come un animale per ciò che non ha fatto, non occorrono parole per descrivere ciò che vuole comunicare, mi basta guardare. Si maledice, il colonnello, per non aver avuto la forza di sottrarmi la vita. Tutti hanno visto, eppure hanno cominciato a disperdersi, colti dallo smarrimento. 

- Credevo di averti vinta Italienerin - mi spinge via, strusciando la pelle scura del guanto contro la pelle morbida della mia guancia. - Ma sei tu che hai vinto me. - Arcua le sopracciglia scarlatte, senza nascondere un certo senso di inadeguatezza. - Per oggi. - 

- Perché risparmiarmi, Rudy? Tu non sai nemmeno cosa sia la pietà. - 

- Perchè eliminarti? Ho ucciso due uomini per te, ragazzina, che senso avrebbe avuto a questo punto? - Mi da le spalle, sparendo nella nebbia. Che stia scappando da me? E poi, da dov'è sbucato fuori questo nebbione? 

Forse è Dio stesso che ha voluto mascherare questo strazio, il sangue del suo angelo gocciolante sul filo spinato, sparso in terra. Quale orrore! Tanto da farmi agognare la morte, poiché fu l'invidia e l'egoismo di Schneider a causare la sua. 

Zeno, sopraffatto dagli eventi, si inginocchia nel terreno insozzato, portando al petto la catenina che Fried metteva al collo: una piccola croce dorata dalla quale non si separava mai; Zohan non è mai stato credente, ma adesso stringe a sè quel simbolo che ha sempre rifiutato, proprio come usava fare il suo amico nei momenti più duri. 

- Tetapel bo - sussurra, al vento, in una lingua a me sconosciuta. Dopodiché, si rimette in piedi, incamminandosi verso il suo alloggio ormai vuoto. 

Povero Zohan, è stato lasciato solo con il suo dolore. 

Anche io sono sola. 

Ripenso a ciò che mi ha detto il colonnello e, finalmente, capisco dove intendeva andarmi a parare: ai due uomini che, in Italia, mi avevano aggredita, in quel vicolo... E che sono morti per mano sua. 

Che sono morti per causa mia.

Trattengo ancora le lacrime, mentre mi affretto a rincasare, scossa da tutto un insieme di emozioni discrepanti. Fortunatamente, è mattino presto e non sono costretta ad assistere ad altri scempi sulla via, dato che i prigionieri operano in tutt'altra parte di campo. Non mi consola molto, oggi ho visto tutto ciò che non avrei mai voluto vedere. Il mio Fried... Cosa penserà quella donna, sua madre, sapendo morto il suo unico bambino? E cosa farà suo padre, visto che egli stesso preferì avere il ricordo di un soldato morto piuttosto che il disonore provocato dall'aver un figlio deviato? 

Lungo la strada, incontro alcuni detenuti piegati verso il basso, intenti a rimuovere i corpi di alcuni loro compagni fucilati. Mi viene naturale fermarmi a compatire le anime sfortunate di quegli uomini, trucidati per non si sa quale infimo motivo. Uno di questi ( dei vivi intendo ) alza il viso per asciugarsi il sudore che gli imperla la fronte, che si appiccica ai ricci, per il momento, ancora presenti sul suo capo: in lui riconosco il ragazzo ungherese che vidi prima di partire, colui a cui auspicai un destino diverso rispetto a quello di molti. 

Credo sia un prigioniero " speciale ", poiché il suo aspetto fisico è migliore e tanto più curato della norma; nonostante questo, però, sembra piuttosto malconcio, anche più degli altri, nel senso che il suo corpo e il suo viso sono ricoperti di escoriazioni, tagli ( anche profondi ) e lividi... Ovunque io guardi. Lui si accorge di me e fa un qualcosa che non mi sarei aspettata da un ragazzo nelle sue condizioni, ovvero china il capo, un gesto di riconoscenza, oppure di rispetto. 

È strano; forse ha visto o è venuto a sapere di quanto successo con Schneider, perché i suoi occhi scuri, pieni di paura e sofferenza, si sono riempiti di una nuova luce, più potente del dolore, una luce che prende il nome di speranza. 

Ne resto molto colpita.

Piego il capo a mia volta, un po' impacciata. Provo imbarazzo nell'apprezzare questo gesto, forse perché non me ne ritengo degna e non voglio essere considerata come una " capitana del popolo " senza aver realmente aiutato qualcuno.

No, è inammissibile. Resta con i piedi per terra, Sara, ricorda cos'hai fatto... Hai lasciato morire un giovane innocente. 

Non sei riuscita a salvarlo, ad impedire che la cattiveria del rosso lo uccidesse. 

Egli capta il dolore nel mio sguardo ed io nel suo. Riprendo il mio cammino, accelerando gradualmente il passo, prima di mettermi a correre a perdi fiato nell'ultimo chilometro, fino alle porte della maestosa villa di Rüdiger, al momento, popolata di sola servitù. Picchio furiosamente sul legno, ferendomi le nocche delicate, oppressa dal pianto convulso partitomi direttamente dal cuore. 

Spero che non ci sia nessuno. 

Non vorrei vedere anima viva, se non Ariel. 

Vedo poco, sento la porta scattare, ma non riesco a vedere nelle braccia di chi sono caduta... Sicuramente non di Ariel, perché non urto contro un corpicino magro, bensì contro un torace ingombrante e degli addominali intagliati nel marmo. 

Reiner, sono sicura che sia lui, ma perché si trova proprio qui, nella dimora di un uomo che odia? Non ha importanza, tanto ormai sono già capitolata ai suoi piedi e chissà cosa starà pensando di me; che sono una debole e che farei meglio a tornarmene nel luogo dal quale sono venuta.

Se solo sapesse, che io una casa io non ce l'ho più.

Mi aspetto che mi calci via o che mi sposti malamente per passare oltre, ma nulla di tutto questo avviene: lui flette le gambe per ritrovarsi all'altezza del mio viso e mi chiede di fargli vedere gli occhi, socchiusi e nascosti dal ciuffo castano; io scuoto il capo, facendomi piccola sul pavimento, più piccola di quanto già non sia. 

- Non me li fate vedere quegli occhioni? - Traccia il contorno del mio volto con una delicatezza indicibile, le sue mani sono morbide e mi piacciono tanto che quasi non voglio più separarmene. Ad un certo punto, però, lui mi agguanta da sotto la mandibola, costringendomi ad alzare gli occhi; 

- was ist los, junges Mädchen? - Va a toccarmi un punto, all'incirca nel centro del petto, senza essere volgare o troppo invadente. - Vi fa male qui? - Io annuisco, versando lacrime sulle sue belle mani. 

Lui non è migliore di Rüdiger, è comunque un mostro. 

Perché mi vuole aiutare, allora? Cosa ci guadagna? 

- Vi prego, statemi lontano - pigolo, guardando altrove e opponendo resistenza. Vuol tirarmi su, probabilmente solo per abbracciarmi, ma non si sa mai, non mi fido di un uomo, figuriamoci di un nazista! 

- Se vedo una donna piangere, non posso che consolarla, sarebbe contro i miei principi fare altrimenti, non vi pare? - È troppo forte, non riesco ad impedirgli di prendermi in braccio, ma persisto nel mettere avanti le mani e, per quanto possibile, di fuggire dai suoi occhi apprensivi. - Ma cosa vi hanno fatto? - Alla sua domanda, smetto di agitarmi inutilmente e riprendo a guardarlo in viso, trovando una certa preoccupazione nel suo sguardo. 

- Mi hanno strappato via una cosa per volta, giorno dopo giorno, finché di tutto ciò che amai, non mi rimase più niente. - 

E, non contenti, decisero di togliermi anche la vita, uccidendomi ancor prima che il mio cuore esalasse il suo ultimo respiro. 

Stella, stellina... 

Piangi adesso, perché la sola persona che ti è rimasta davvero vicina è un uomo che non potrai mai evitare di odiare. 

 

 

 

 

 

 

ANGOLINO AUTRICE: 

Ehm... Potete anche linciarmi, so di essere in ritardo come sempre, ma se avessi scritto un capitolo lungo come al solito avrei pubblicato il capitolo tra un secolo, troppo indecisa su come farlo finire e con quale parte. 

Perdono! 

Ok, la smetto...

Passiamo alle NOTICINE: 

- schwach = debole; 

- du weißt nicht, was du tust =  tu non sai quel che fai; 

- tetapel bo = abbi cura di lui ( non è tedesco, ma non vorrei fare spoiler... Anche se si sarà già capito ); 

- was ist los = cos’è successo 

* “ ma perché ” si può usare, a meno che non venga posto ad inizio frase ( nel caso suonasse strano o male ) ‘:) 

 

 

 

  
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