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Autore: heliodor    09/03/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Il volto del nemico
 
"Non dovevi" disse Leyra parlando sottovoce. "Il santuario è la cosa più importante che possediamo."
"Le nostre vite contano di più" sussurrò Joyce.
Stavano percorrendo un sentiero che si snodava tra gli alberi-torre e altri più piccoli. Era quasi invisibile alla vista, ma Joyce ricordava alcuni particolari. Era seguendo quel percorso che sperava di trovare il santuario.
In effetti era abbastanza sicura che quella fosse la strada giusta.
"No, nidda" disse la ragazza alfar. "Il santuario è rimasto inviolato per migliaia di anni. Non possiamo permettere che persone come Gajza o quel Rancey lo violino."
"Penseremo anche a quello" disse Joyce cercando di concentrasi sul percorso.
"Hai un piano?"
Joyce non ne aveva uno, ma sperava.
Sperava che qualcuno li stesse seguendo da lontano e che avessero già avvisato Galadiel e gli altri del loro arrivo.
Sperava che Arwel e quelli che erano riusciti a fuggire si stessero preparando a un contrattacco.
Sperava di poter ingannare Gajza portandola a fare un giro molto lungo per dare il tempo agli alfar di riorganizzarsi in qualche modo.
La speranza era tutto quello che le restava. "Lo spero" disse.
Lungo il percorso avevano fatto diverse soste. In ognuna di esse aveva visto Gajza inviare dei soldati in direzioni a caso e attendere il loro ritorno. Solo dopo che l'ultima pattuglia era rientrata di erano rimessi in marcia.
"Controlla che nessuno ci stia seguendo" disse Leyra.
"Pare che non ci sia nessuno" osservò Joyce delusa.
"Noi alfar siamo molto abili nel nasconderci" fece la ragazza.
"Lo spero."
Speranza, ancora quella. Joyce odiava affidarsi a qualcosa di così elusivo. Suo padre diceva che con la speranza non si otteneva molto, solo una confortante illusione che precedeva un brusco risveglio dal sonno.
Gajza si avvicinò. "So quello che stai cercando di fare" disse con tono calmo. "Ma sappi che non servirà a niente."
Joyce non rispose subito. "Cosa ci guadagni a distruggere il santuario?"
Gajza scrollò le spalle. "Faccio un favore a un alleato."
"Rancey fa fare tutto a te e lui se ne sta nascosto da qualche parte nella foresta" disse Joyce con tono provocatorio. "Non mi sembrate alleati."
"Rancey mi ha prestato metà dei suoi uomini e stregoni per l'assalto all'avamposto."
Joyce lo ricordava bene. Ertham e Zabriko l'avevano quasi uccisa. Non aveva idea di che fine avessero fatto, ma se erano vivi non erano lì. Forse erano tornati con Rancey?
"Che cosa ottieni distruggendo il santuario?"
"Gli alfar si sottometteranno."
"Sarebbero morti tutti per non dirti dove si trovava."
Gajza sorrise. "Un motivo in più per soffocare una volta per tutte il loro culto blasfemo. Adorano una maga suprema. Un demone delle leggende."
"Demone?"
Gajza sorrise ancora di più. "Non lo sapevi? Tutti i maghi hanno sangue di demone nelle loro vene."
Era la prima volta che sentiva una cosa del genere.
"Non è vero" protestò Leyra. "La dea non era un demone."
Gajza sbuffò. "In ogni caso, i maghi, se sono esistiti, erano esseri crudeli e spietati."
Tu sei stata crudele e spietata con gli alfar, pensò Joyce.
"È un bene che siano stati sterminati."
"Tu hai ucciso tutte quelle persone."
Gajza sospirò. "Non mi ha fatto piacere, ma lo rifarei, se necessario. L'ho fatto per Nazedir."
Joyce scosse la testa.
"Mi giudichi perché credi di essere migliore di me?"
Joyce si sentiva migliore di Gajza, ma non glielo disse. Non le importava affatto in realtà.
"Scommetto che al mio posto faresti lo stesso" disse Gajza con tono provocatorio.
"No" fece Joyce con decisione.
"Non hai mai ucciso nessuno?"
Joyce scosse la testa.
"E non hai mai desiderato uccidere qualcuno per il bene delle persone che ti sono care?"
Quello sì, pensò Joyce. Voleva uccidere Rancey per salvare Oren. Voleva uccidere Gauwalt per l'attacco a Valonde. E voleva uccidere Malag perché era il responsabile di tutto quello che le stava accadendo. Ma quando si era trattato di uccidere Wena, qualcosa l'aveva bloccata.
C'era un confine che non aveva il coraggio di superare e non sapeva se ce l'avrebbe mai fatta, neanche in quel momento.
"Come pensavo" disse Gajza soddisfatta. "Non esiteresti un attimo a spezzare una vita, se lo riterresti necessario. Non sei molto diversa da me."
Joyce non replicò, preferendo concentrarsi sul sentiero. Si stavano avvicinando al santuario, anche se da quel punto non era ancora visibile. Quanti altri giri a vuoto poteva far fare a Gajza prima che la strega se ne rendesse conto? O lo sapeva già e la stava mettendo alla prova?
La colonna di soldati e stregoni si fermò a un ordine di Gajza.
"Non siamo ancora arrivati" disse Joyce allarmata.
"Lo so" fece Gajza. "Ma abbiamo un appuntamento."
Dalla foresta apparvero Arthem e Zabriko, assieme a due dozzine di streghe e stregoni con i mantelli grigi del circolo di Malag. Dopo di loro arrivarono decine di soldati con scudi e vessilli di ogni genere e fattura.
Infine apparve Rancey. Indossava la stessa tunica marrone che aveva a Taloras. Il viso era sempre lo stesso.
Joyce ricordò che lui la conosceva e che l'aveva vista nel tempio dell'Unico, il giorno del suo matrimonio. Non aveva modo di sfuggirgli e poteva solo sperare che la sua memoria non fosse molto buona.
Rancey andò da Gajza, che lo accolse con un sorriso freddo. "Dove stai andando?"
"Al santuario."
Rancey la guardò stupito. "Sei riuscita a sapere dove si trova? Ho interrogato decine di questi selvaggi e nessuno ha voluto rivelarmelo."
"Ho i miei metodi" disse la strega rimanendo sul vago.
Rancey annuì. "Allora andiamoci subito, che stiamo aspettando?"
"Quello." Gajza indicò un punto tra gli alberi da dove erano emersi due soldati. Tra di loro, trascinato per le ascelle, un terzo uomo. Lo depositarono ai piedi della strega.
Joyce notò con orrore gli spuntoni di legno conficcati nell'addome e le gambe.
"Trappole" disse Gajza. "La foresta ne è piena. Ho già perso dodici uomini mandati di pattuglia e non voglio perderne altri."
Rancey fece una smorfia. "Selvaggi. Non hanno nemmeno il coraggio di combattere a viso aperto." I suoi occhi vagarono verso un punto del sentiero. "Cosa intendi fare?"
"Avvicinarmi il più possibile" disse Gajza. "E poi decidere il da farsi, con cautela."
Rancey non sembrava soddisfatto. "Non abbiamo tutto questo tempo. Lord Malag vuole risultati."
"Li avrà" disse Gajza. "Ma tu ricorda la tua promessa."
L'altro scrollò le spalle. "Lord Malag ti ha dato la sua parola. Non ti basta?"
"Vedremo." Guardò Joyce. "Hai sentito? Muoviamoci e basta con i giri a vuoto, se non vuoi che cominci a maltrattare la tua amica."
Rancey si voltò nella sua direzione. Joyce sentì il suo sguardo scivolarle addosso come qualcosa di viscido.
"È lei la tua guida?" chiese Rancey.
"Un regalo di Jhazar" disse Gajza.
Lo stregone si avvicinò per guardarla meglio. "Mi ricordi qualcuno. Ci siamo già visti?"
Joyce cercò di mantenere la calma. "Me la ricorderei una faccia brutta come la tua." Fu tentata di evocare un dado magico e colpirlo subito, sfruttando la sorpresa, ma rinunciò. Non era certa di ucciderlo al primo colpo e avrebbe solo ottenuto di farsi ferire o morire. Doveva essere sicura di colpirlo a morte, non avrebbe avuto una seconda occasione.
Rancey le scoccò un'occhiataccia, poi scoppiò a ridere. "Un regalo di Jhazar, dici?"
Gajza annuì. "Cercava di farla passare per sua nipote, ma era qui per raccogliere informazioni in maniera discreta."
"Quel folle cercava ancora di scoprire chi fa parte del circolo supremo?"
Joyce si fece attenta.
"Era pazzo" disse Gajza tagliando corto. "Come molti credeva alle favole."
"Favole, dici?" fece Rancey storcendo la bocca. "Lord Malag ha promesso una ricca ricompensa a chi gli fornirà informazioni sui membri di quel circolo."
"Allora Malag è pazzo quanto Jhazar" disse Gajza con tono acido.
Rancey non rispose e andò via.
"Come fai a fidarti di quell'uomo?" le chiese Joyce quando si fu allontanato.
"Non mi fido" disse Gajza senza guardarla.
"Ma tu hai..."
"Ti prego, fai silenzio. Ora portaci al santuario o ti giuro che farò soffrire l'alfar a cui tieni tanto."
Joyce vide Leyra irrigidirsi. "Io non ho paura delle tue minacce."
Gajza le scoccò un'occhiata severa. "Dovresti, piccola selvaggia."
"E non sono..."
"Basta" fece la strega alzando la voce. Guardò Joyce. "Allora?"
Joyce indicò un punto tra gli alberi. "Da quella parte. Dobbiamo trovare una pietra a forma di tavolo rovesciato e quindi andare a nord. Il santuario si trova lì vicino."
"Nidda" protestò Leyra.
Joyce le fece cenno con la mano di tacere. "È l'unica cosa che possiamo fare, Leyra."
L'alfar scosse la testa e si allontanò.
 
Trovarono la pietra dove Joyce aveva idicato e poi si diressero a nord. Dopo un paio dd'ore di macia, Gajza ordinò alla colonna di fermarsi e attendere.
Joyce era pronta a riceverla.
"È qui?"
Joyce annuì. "Vai sempre dritta e troverai il santuario."
Gajza ordinò a tre pattuglie di dirigersi verso il punto indicato da Joyce. Nessuna di esse fece ritorno.
"Siamo nel posto giusto" disse con espressione cupa.
Rancey riapparve insieme ai suoi stregoni. "Ci serve un piano di battaglia."
"Prima vorrei provare a trattare" disse Gajza.
Rancey ghignò. "Con quei selvaggi? È impossibile."
"Penso di avere un piano." I due si appartarono e Joyce non fu in grado di ascoltare altro.
I soldati e gli stregoni che non erano di guardia o di pattuglia ne approfittarono per mangiare. Qualcuno si ricordò di Joyce e Leyra e fu loro offerta della carne e qualche frutto raccolto nella foresta.
Leyra rifiutò la carne e Joyce divise con lei la sua frutta.
"Sei ancora arrabbiata con me?" le chiese Joyce addentando una mela.
"Non sono arrabbiata con te" disse Leyra.
"Ma non sei d'accordo con quello che sto facendo."
Leyra non rispose.
"Gajza avrebbe dato fuoco a tutta la foresta. La sua minaccia era reale."
La ragazza alfar però non la stava guardando. I suoi occhi erano rivolti verso un punto oltre le spalle di Joyce.
Lei si voltò e vide un giovane dagli occhi chiari che avanzava verso di loro. Le ci volle qualche istante per riconoscerlo.
Era Diroen.
Non indossava gli abiti alfar, ma una tunica grigia e un mantello scuro.
Leyra gli andò incontro. "Diroen" disse con voce rotta dall'emozione. "Stai bene?"
Il ragazzo sedette con loro. "Sto bene" disse dopo qualche secondo di silenzio. "In verità, non sono mai stato meglio in vita mia."
"Ma ti trattano bene?" chiese Leyra preoccupata.
"Non mi fanno mancare niente" disse Diroen. "I miei nuovi compagni mi hanno accolto subito come uno di loro."
Leyra lo fissò stupita.
Joyce, che aveva già intuito qualcosa, rimase in silenzio.
"Che vuol dire uno di loro?"
"Significa" disse Diroen con tono pacato. "Che adesso faccio parte degli stregoni di Rancey."
Leyra lo fissò in silenzio, gli occhi sgranati.
"So che può sembrare assurdo" disse Diroen. "Ma è la scelta migliore che potessi fare."
"Ma tu sei un alfar" protestò la ragazza. "Sei uno di noi."
"Noi, voi" disse Diroen infastidito. "È questo il grande errore. Prima di essere catturato ero cieco e adesso ci vedo."
"E taras Therenduil che dice?"
Il viso di Diroen fu attraversato da una fugace ombra. "Purtroppo lui non c'è più. Ha cercato di fuggire il secondo giorno ed è stato ucciso."
"Non è possibile" disse Leyra con le lacrime agli occhi.
"Ho visto il suo corpo."
"Ma perché? Che cosa è cambiato?"
"Ho visto" disse Diroen convinto. "Kather mi ha aiutato."
"Chi è questo Kather? Non lo conosco."
"È un prete che viaggia con Rancey" spiegò il ragazzo. "Un sacerdote che diffonde la parola dell'Unico ovunque vada. Lui mi ha aperto gli occhi. Mi ha fatto vedere la verità."
"E quale sarebbe?" chiese Leyra.
"Che esiste solo l'Unico e per lui non fa alcuna differenza se siamo alfar o kodva. Per lui siamo tutti uguali."
"Quindi non credi più nella dea madre?"
Diroen scrollò le spalle. "Lotayne era una maga, una persona crudele e maligna. Ogni sua parola era dettata dall'inganno. Ma soprattutto era una donna mortale. Non ha senso venerarla come dea."
Leyra scosse la testa. "Questo lo sapevamo anche prima. Gli anziani dicono..."
"Gli anziani" fece Diroen con tono esasperato. "Ci hanno sempre mentito. Hanno fatto in modo che credessimo di essere diversi dai kodva. Di essere speciali. E ci hanno isolati dal mondo per secoli, quando invece avremmo dovuto reclamare a gran voce il posto che ci spettava di diritto."
"Ma la foresta di protegge e noi proteggiamo lei" insistette Leyra.
Joyce aveva compassione per lei e la forza con la quale stava difendendo le sue idee, ma era chiaro che Diroen non sarebbe tornato sui suoi passi così facilmente.
"Anche se fosse vero quello che dici" disse Joyce. "Non ha senso che ti sia schierato con Rancey e Gajza. Hanno attaccato l'avamposto e ucciso centinaia di alfar... di persone."
Diroen la guardò con sguardo neutro. "È vero, ma la colpa ricade sugli anziani e ne dovranno rispondere. Proteggere una menzogna non ha senso e glielo dimostreremo. E Lord Malag ha promesso di liberare tutti gli alfar che lo aiuteranno nella sua battaglia."
"Lui ti ha promesso questo?"
"Kather dice..."
"Quindi è stato Kather a prometterlo?" lo incalzò Joyce.
Diroen le rivolse un ghigno beffardo. "So cosa stai cercando di fare, Kather mi ha avvertito. Guardati attorno: qui è pieno di persone che una volta erano dei reietti, dei rinnegati. Persone nate povere e costrette a strisciare nella polvere, senza poter alzare la testa per paura che un potente stregone gliela tagliasse."
"Gli stregoni non fanno queste cose" protestò Joyce. "Loro seguono un codice." Poi ricordò quello che aveva visto a Mar Qwara e come si erano comportate persone come Gajza e Wena.
"Gli stregoni, i nobili, gli anziani" continuò Diroen come se non l'ascoltasse più. "Per l'Unico tutto ciò non ha importanza. Siamo tutti uguali nella sua immensa luce."
"Ma è di Malag che stiamo parlando" disse Joyce disperata. "Credi che anche per lui valga questa regola?"
Diroen respirò a fondo. "Kather e i preti del culto si fidano di lui e lo seguono. Dicono che è l'eroe delle profezie, inviato dall'Unico nel tempo in cui la stregoneria finalmente cadrà e un nuovo mondò sorgerà dalle ceneri di quello vecchio."
"La profezia del re stregone?" chiese Joyce.
Diroen sorrise. "Vedo che conosci la storia."
"È solo una leggenda."
"Ma è vera. L'Unico farà in modo che si avveri." Si alzò pulendosi dalla terra che si era attaccata alla tunica. "Adesso devo andare, ho dei compiti cui devo assolvere prima della battaglia."
"Combatterai contro i tuoi amici?" gli chiese Leyra.
"Sono loro che hanno scelto di seguire la strada sbagliata" disse il ragazzo. Fece per andarsene, sembrò ripensarci e si voltò. "Se non siete convinte di quello che vi ho detto, fatevi un giro per l'accampamento e vedrete se non ho ragione."
Rimaste sole, Leyra si abbandonò a un pianto sommesso.
Joyce non ebbe il coraggio di dirle niente e si limitò a tenerle compagnia. La ragazza alfar si addormentò qualche decina di minuti dopo. Joyce decise di seguire il consiglio di Diroen. Era solo desiderosa di smentire le sue parole ed era convinta che andandosene in giro avrebbe trovato il modo di fargli cambiare idea per il bene di Leyra.
L'accampamento era un insieme di tende e tendaggi sparsi in giro e montati a ridosso degli alberi-torre.
Gli uomini di Gajza avevano eretto un campo molto ordinato e sorvegliato da soldati armati di lancia e scudo. Joyce poté avanzare fino a un certo punto, ma poi fu costretta a tornare indietro.
Nessuno sembrava badare a lei. Per un attimo fu tentata di approfittarne per fuggire, ma rinunciò all'idea. Se lo avesse fatto le avrebbero dato la caccia e stavolta per ucciderla. Era ancora stanca per il combattimento del giorno prima e non si era ripresa dalla ferita alla spalla. Inoltre non conosceva la foresta e aveva paura di cadere in una delle trappole preparate dagli alfar come era capitato ai soldati mandati di pattuglia.
Doveva aspettare e pazientare. Il momento giusto sarebbe arrivato, ne era sicura.
Si diresse verso la zona occupata dagli uomini di Rancey. Qui il campo era meno organizzato e l'operosa organizzazione dei soldati di Nazedir cedeva il passo a un più caotico assembramento di soldati e stregoni.
A differenza dei Nazedir non semravano esserci differenze tra i primi e i secondi. Vide soldati armati riposare nel proprio giaciglio e una strega dal mantello grigio in quello accanto.
Attorno a un fuoco da campo sedevano soldati e stregoni. Le insegne che portavano erano di ogni tipo. Vide leoni rampanti, viverne, falchi, tori, castelli stilizzati e animali ancora più esotici.
Tutti sedevan insieme e sebravano di buonumore, per niente preoccupati per l'imminente battaglia.
In un angolo del campo notò un uomo dal saio rosso chiaro che arringava una piccola folla. Calzava dei sandali e il suo viso barbuto era sporco di fango. Accompagnava le parole con ampi gesti delle mani ossute. "...i sette cicli del mondo. L'era della stregoneria non è che l'ultimo di essi e, come i precedenti, presto finirà, dando vita a una nuova era" stava dicendo. "Prima di essa vi fu l'era della magia e prima ancora quella del terrore. Prima di questa, l'era in cui i falsi dei camminarono tra gli uomini e prima di essa quella del grande deserto, quando i continenti si spopolarono all'improvviso. E prima ancora l'era delle grandi bestie primordiali che iniziò subito dopo l'era del vuoto e del respiro cosmico, quando solo l'Unico esisteva."
Joyce passò oltre e raggiunse un gruppo di uomini e donne riuniti attorno al fuoco. Avvicinandosi notò che erano poco più che ragazzi. La maggior parte poteva avere l'età di Oren e Bryce. I più grandi, quella di Vyncent.
Uno di essi la invitò a sedersi con loro. "Abbiamo del cibo caldo e da bere" disse in tono amichevole.
Joyce rifletté per qualche secondo e si avvicinò. Due ragazze le fecero spazio e lei sedette tra di esse.
"Come ti chiami? Sei nuova?" le chiese il più grande del gruppo.
"Sibyl" rispose d'istinto.
"Non è un nome comune qui" disse una delle ragazze, la cui pelle scura le ricordò quella degli abitanti di Mar Qwara. "Io sono Valik" disse con un sorriso amichevole. "E quello che ha parlato è Ganston, il capo di questo manipolo."
Gli altri la salutarono dicendo il proprio nome. Joyce cercò di tenerli a mente ma faticava ad associare ogni nome a un viso.
Tutti erano sorridenti e sembravano fiduciosi verso il futuro.
"Quando la guerra sarà finita" disse Valik. "Me ne tornerò a casa mia, a Mar Shedda."
"Non hai paura degli albini?" le chiese un ragazzo. "So che fanno razzie in tutto il deserto per trovare nuovi schiavi."
Valik fece spallucce. "Dicono che il circolo degli albini sia caduto."
"Davvero?" fece una ragazza.
Valik annuì. "Ho sentito dire che Mar Qwara è stata attaccata da un gigante. Ha distrutto il circolo e ora gli albini non possono più fare i prepotenti."
"Io invece ho sentito di una strega rossa" disse un ragazzo dai capelli biondi come l'oro e gli occhi scuri. "È stata lei a dare una lezione agli albini e poi è sparita così come è arrivata."
Joyce ascoltò divertita i loro racconti.
"Quello che mi chiedo" disse un ragazzo grassoccio dai capelli scuri come la notte e il naso schacciato. "È perché stiamo paedendo tempo qui invece di andare a Malinor."
"Malinor?" chiese Joyce. Era la patria di Bardhian, se non ricordava male.
Il ragazzo annuì deciso. "È lì che si svolgerà la battaglia decisiva. Se vinciamo l'alleanza di Valonde verrà sconfitta."
"Lo volesse l'Unico" disse Valik.
Joyce pregò che non accadesse.
"Se vincessimo" continuò la ragazza. "La guerra finirebbe subito."
Gli altri annuirono.
"Non sarà facile" dise Ganston. Gli altri lo guardarono in silenzio. "L'alleanza ha un esercito immenso e potenti stregoni. Kory Mani di Fuoco, Valifur Mantogrigio e la peggiore di tutti, la Strega Dorata."
"Nimlothien la batterà" disse il ragazzo grassoccio.
"Nimlothien è stata sconfitta" disse Valik. "La Strega Dorata l'ha uccisa in duello."
"Non è vero" protestò il ragazzo.
"Me l'ha detto Tayley" disse Valik, come se quello dimostrasse qualcosa.
"E lui da chi l'ha sentito?"
"Da un marinaio di Heriskal."
Il ragazzo grassoccio sbuffò. "Sono tutte sciocchezze. La Strega Bianca non può perdere."
"È vero" disse Ganston azzittendoli. "Bryce di Valonde ha sconfitto la Strega Bianca in duello."
Udire il nome di sua sorella le provocò un tuffo al cuore.
"Ma dicono che Nimlothien l'abbia ferita gravemente" proseguì Ganston. "A quest'ora sarà già morta."
No, gridò Joyce dentro di se. Bryce non può morire. Non aveva avuto il tempo di chiederle scusa per come l'aveva trattata.
"Tutto quello che sappiamo è che la Strega Dorata non è alla testa dell'esercito dell'alleanza" disse Ganston.
Bryce non si sarebbe mai tirata indietro. Se non era con l'esercito, allora le era davvero successo qualcosa. Joyce ne aveva abbastanza e si sentiva soffocare. Si alzò di scatto sorprendendo tutti. "Scusatemi" disse andando via.
Camminò verso una direzione a caso, i pensieri in subbuglio. Se Bryce era morta...
"Tu" disse Eryen col solito tono sgarbato.
Stava per risponderle per le rime, ma si trattenne.
"Gajza vuole parlarti. Adesso."
Joyce sospirò rassegnata e la seguì. "Cosa vuole ancora?"
Sul viso della strega apparve un ghigno. "Non lo so di preciso, ma non sarà niente di buono per te, fidati."
Joyce la seguì.
Il volto del nemico
 
"Non dovevi" disse Leyra parlando sottovoce. "Il santuario è la cosa più importante che possediamo."
"Le nostre vite contano di più" sussurrò Joyce.
Stavano percorrendo un sentiero che si snodava tra gli alberi-torre e altri più piccoli. Era quasi invisibile alla vista, ma Joyce ricordava alcuni particolari. Era seguendo quel percorso che sperava di trovare il santuario.
In effetti era abbastanza sicura che quella fosse la strada giusta.
"No, nidda" disse la ragazza alfar. "Il santuario è rimasto inviolato per migliaia di anni. Non possiamo permettere che persone come Gajza o quel Rancey lo violino."
"Penseremo anche a quello" disse Joyce cercando di concentrasi sul percorso.
"Hai un piano?"
Joyce non ne aveva uno, ma sperava.
Sperava che qualcuno li stesse seguendo da lontano e che avessero già avvisato Galadiel e gli altri del loro arrivo.
Sperava che Arwel e quelli che erano riusciti a fuggire si stessero preparando a un contrattacco.
Sperava di poter ingannare Gajza portandola a fare un giro molto lungo per dare il tempo agli alfar di riorganizzarsi in qualche modo.
La speranza era tutto quello che le restava. "Lo spero" disse.
Lungo il percorso avevano fatto diverse soste. In ognuna di esse aveva visto Gajza inviare dei soldati in direzioni a caso e attendere il loro ritorno. Solo dopo che l'ultima pattuglia era rientrata di erano rimessi in marcia.
"Controlla che nessuno ci stia seguendo" disse Leyra.
"Pare che non ci sia nessuno" osservò Joyce delusa.
"Noi alfar siamo molto abili nel nasconderci" fece la ragazza.
"Lo spero."
Speranza, ancora quella. Joyce odiava affidarsi a qualcosa di così elusivo. Suo padre diceva che con la speranza non si otteneva molto, solo una confortante illusione che precedeva un brusco risveglio dal sonno.
Gajza si avvicinò. "So quello che stai cercando di fare" disse con tono calmo. "Ma sappi che non servirà a niente."
Joyce non rispose subito. "Cosa ci guadagni a distruggere il santuario?"
Gajza scrollò le spalle. "Faccio un favore a un alleato."
"Rancey fa fare tutto a te e lui se ne sta nascosto da qualche parte nella foresta" disse Joyce con tono provocatorio. "Non mi sembrate alleati."
"Rancey mi ha prestato metà dei suoi uomini e stregoni per l'assalto all'avamposto."
Joyce lo ricordava bene. Ertham e Zabriko l'avevano quasi uccisa. Non aveva idea di che fine avessero fatto, ma se erano vivi non erano lì. Forse erano tornati con Rancey?
"Che cosa ottieni distruggendo il santuario?"
"Gli alfar si sottometteranno."
"Sarebbero morti tutti per non dirti dove si trovava."
Gajza sorrise. "Un motivo in più per soffocare una volta per tutte il loro culto blasfemo. Adorano una maga suprema. Un demone delle leggende."
"Demone?"
Gajza sorrise ancora di più. "Non lo sapevi? Tutti i maghi hanno sangue di demone nelle loro vene."
Era la prima volta che sentiva una cosa del genere.
"Non è vero" protestò Leyra. "La dea non era un demone."
Gajza sbuffò. "In ogni caso, i maghi, se sono esistiti, erano esseri crudeli e spietati."
Tu sei stata crudele e spietata con gli alfar, pensò Joyce.
"È un bene che siano stati sterminati."
"Tu hai ucciso tutte quelle persone."
Gajza sospirò. "Non mi ha fatto piacere, ma lo rifarei, se necessario. L'ho fatto per Nazedir."
Joyce scosse la testa.
"Mi giudichi perché credi di essere migliore di me?"
Joyce si sentiva migliore di Gajza, ma non glielo disse. Non le importava affatto in realtà.
"Scommetto che al mio posto faresti lo stesso" disse Gajza con tono provocatorio.
"No" fece Joyce con decisione.
"Non hai mai ucciso nessuno?"
Joyce scosse la testa.
"E non hai mai desiderato uccidere qualcuno per il bene delle persone che ti sono care?"
Quello sì, pensò Joyce. Voleva uccidere Rancey per salvare Oren. Voleva uccidere Gauwalt per l'attacco a Valonde. E voleva uccidere Malag perché era il responsabile di tutto quello che le stava accadendo. Ma quando si era trattato di uccidere Wena, qualcosa l'aveva bloccata.
C'era un confine che non aveva il coraggio di superare e non sapeva se ce l'avrebbe mai fatta, neanche in quel momento.
"Come pensavo" disse Gajza soddisfatta. "Non esiteresti un attimo a spezzare una vita, se lo riterresti necessario. Non sei molto diversa da me."
Joyce non replicò, preferendo concentrarsi sul sentiero. Si stavano avvicinando al santuario, anche se da quel punto non era ancora visibile. Quanti altri giri a vuoto poteva far fare a Gajza prima che la strega se ne rendesse conto? O lo sapeva già e la stava mettendo alla prova?
La colonna di soldati e stregoni si fermò a un ordine di Gajza.
"Non siamo ancora arrivati" disse Joyce allarmata.
"Lo so" fece Gajza. "Ma abbiamo un appuntamento."
Dalla foresta apparvero Arthem e Zabriko, assieme a due dozzine di streghe e stregoni con i mantelli grigi del circolo di Malag. Dopo di loro arrivarono decine di soldati con scudi e vessilli di ogni genere e fattura.
Infine apparve Rancey. Indossava la stessa tunica marrone che aveva a Taloras. Il viso era sempre lo stesso.
Joyce ricordò che lui la conosceva e che l'aveva vista nel tempio dell'Unico, il giorno del suo matrimonio. Non aveva modo di sfuggirgli e poteva solo sperare che la sua memoria non fosse molto buona.
Rancey andò da Gajza, che lo accolse con un sorriso freddo. "Dove stai andando?"
"Al santuario."
Rancey la guardò stupito. "Sei riuscita a sapere dove si trova? Ho interrogato decine di questi selvaggi e nessuno ha voluto rivelarmelo."
"Ho i miei metodi" disse la strega rimanendo sul vago.
Rancey annuì. "Allora andiamoci subito, che stiamo aspettando?"
"Quello." Gajza indicò un punto tra gli alberi da dove erano emersi due soldati. Tra di loro, trascinato per le ascelle, un terzo uomo. Lo depositarono ai piedi della strega.
Joyce notò con orrore gli spuntoni di legno conficcati nell'addome e le gambe.
"Trappole" disse Gajza. "La foresta ne è piena. Ho già perso dodici uomini mandati di pattuglia e non voglio perderne altri."
Rancey fece una smorfia. "Selvaggi. Non hanno nemmeno il coraggio di combattere a viso aperto." I suoi occhi vagarono verso un punto del sentiero. "Cosa intendi fare?"
"Avvicinarmi il più possibile" disse Gajza. "E poi decidere il da farsi, con cautela."
Rancey non sembrava soddisfatto. "Non abbiamo tutto questo tempo. Lord Malag vuole risultati."
"Li avrà" disse Gajza. "Ma tu ricorda la tua promessa."
L'altro scrollò le spalle. "Lord Malag ti ha dato la sua parola. Non ti basta?"
"Vedremo." Guardò Joyce. "Hai sentito? Muoviamoci e basta con i giri a vuoto, se non vuoi che cominci a maltrattare la tua amica."
Rancey si voltò nella sua direzione. Joyce sentì il suo sguardo scivolarle addosso come qualcosa di viscido.
"È lei la tua guida?" chiese Rancey.
"Un regalo di Jhazar" disse Gajza.
Lo stregone si avvicinò per guardarla meglio. "Mi ricordi qualcuno. Ci siamo già visti?"
Joyce cercò di mantenere la calma. "Me la ricorderei una faccia brutta come la tua." Fu tentata di evocare un dado magico e colpirlo subito, sfruttando la sorpresa, ma rinunciò. Non era certa di ucciderlo al primo colpo e avrebbe solo ottenuto di farsi ferire o morire. Doveva essere sicura di colpirlo a morte, non avrebbe avuto una seconda occasione.
Rancey le scoccò un'occhiataccia, poi scoppiò a ridere. "Un regalo di Jhazar, dici?"
Gajza annuì. "Cercava di farla passare per sua nipote, ma era qui per raccogliere informazioni in maniera discreta."
"Quel folle cercava ancora di scoprire chi fa parte del circolo supremo?"
Joyce si fece attenta.
"Era pazzo" disse Gajza tagliando corto. "Come molti credeva alle favole."
"Favole, dici?" fece Rancey storcendo la bocca. "Lord Malag ha promesso una ricca ricompensa a chi gli fornirà informazioni sui membri di quel circolo."
"Allora Malag è pazzo quanto Jhazar" disse Gajza con tono acido.
Rancey non rispose e andò via.
"Come fai a fidarti di quell'uomo?" le chiese Joyce quando si fu allontanato.
"Non mi fido" disse Gajza senza guardarla.
"Ma tu hai..."
"Ti prego, fai silenzio. Ora portaci al santuario o ti giuro che farò soffrire l'alfar a cui tieni tanto."
Joyce vide Leyra irrigidirsi. "Io non ho paura delle tue minacce."
Gajza le scoccò un'occhiata severa. "Dovresti, piccola selvaggia."
"E non sono..."
"Basta" fece la strega alzando la voce. Guardò Joyce. "Allora?"
Joyce indicò un punto tra gli alberi. "Da quella parte. Dobbiamo trovare una pietra a forma di tavolo rovesciato e quindi andare a nord. Il santuario si trova lì vicino."
"Nidda" protestò Leyra.
Joyce le fece cenno con la mano di tacere. "È l'unica cosa che possiamo fare, Leyra."
L'alfar scosse la testa e si allontanò.
 
Trovarono la pietra dove Joyce aveva idicato e poi si diressero a nord. Dopo un paio dd'ore di macia, Gajza ordinò alla colonna di fermarsi e attendere.
Joyce era pronta a riceverla.
"È qui?"
Joyce annuì. "Vai sempre dritta e troverai il santuario."
Gajza ordinò a tre pattuglie di dirigersi verso il punto indicato da Joyce. Nessuna di esse fece ritorno.
"Siamo nel posto giusto" disse con espressione cupa.
Rancey riapparve insieme ai suoi stregoni. "Ci serve un piano di battaglia."
"Prima vorrei provare a trattare" disse Gajza.
Rancey ghignò. "Con quei selvaggi? È impossibile."
"Penso di avere un piano." I due si appartarono e Joyce non fu in grado di ascoltare altro.
I soldati e gli stregoni che non erano di guardia o di pattuglia ne approfittarono per mangiare. Qualcuno si ricordò di Joyce e Leyra e fu loro offerta della carne e qualche frutto raccolto nella foresta.
Leyra rifiutò la carne e Joyce divise con lei la sua frutta.
"Sei ancora arrabbiata con me?" le chiese Joyce addentando una mela.
"Non sono arrabbiata con te" disse Leyra.
"Ma non sei d'accordo con quello che sto facendo."
Leyra non rispose.
"Gajza avrebbe dato fuoco a tutta la foresta. La sua minaccia era reale."
La ragazza alfar però non la stava guardando. I suoi occhi erano rivolti verso un punto oltre le spalle di Joyce.
Lei si voltò e vide un giovane dagli occhi chiari che avanzava verso di loro. Le ci volle qualche istante per riconoscerlo.
Era Diroen.
Non indossava gli abiti alfar, ma una tunica grigia e un mantello scuro.
Leyra gli andò incontro. "Diroen" disse con voce rotta dall'emozione. "Stai bene?"
Il ragazzo sedette con loro. "Sto bene" disse dopo qualche secondo di silenzio. "In verità, non sono mai stato meglio in vita mia."
"Ma ti trattano bene?" chiese Leyra preoccupata.
"Non mi fanno mancare niente" disse Diroen. "I miei nuovi compagni mi hanno accolto subito come uno di loro."
Leyra lo fissò stupita.
Joyce, che aveva già intuito qualcosa, rimase in silenzio.
"Che vuol dire uno di loro?"
"Significa" disse Diroen con tono pacato. "Che adesso faccio parte degli stregoni di Rancey."
Leyra lo fissò in silenzio, gli occhi sgranati.
"So che può sembrare assurdo" disse Diroen. "Ma è la scelta migliore che potessi fare."
"Ma tu sei un alfar" protestò la ragazza. "Sei uno di noi."
"Noi, voi" disse Diroen infastidito. "È questo il grande errore. Prima di essere catturato ero cieco e adesso ci vedo."
"E taras Therenduil che dice?"
Il viso di Diroen fu attraversato da una fugace ombra. "Purtroppo lui non c'è più. Ha cercato di fuggire il secondo giorno ed è stato ucciso."
"Non è possibile" disse Leyra con le lacrime agli occhi.
"Ho visto il suo corpo."
"Ma perché? Che cosa è cambiato?"
"Ho visto" disse Diroen convinto. "Kather mi ha aiutato."
"Chi è questo Kather? Non lo conosco."
"È un prete che viaggia con Rancey" spiegò il ragazzo. "Un sacerdote che diffonde la parola dell'Unico ovunque vada. Lui mi ha aperto gli occhi. Mi ha fatto vedere la verità."
"E quale sarebbe?" chiese Leyra.
"Che esiste solo l'Unico e per lui non fa alcuna differenza se siamo alfar o kodva. Per lui siamo tutti uguali."
"Quindi non credi più nella dea madre?"
Diroen scrollò le spalle. "Lotayne era una maga, una persona crudele e maligna. Ogni sua parola era dettata dall'inganno. Ma soprattutto era una donna mortale. Non ha senso venerarla come dea."
Leyra scosse la testa. "Questo lo sapevamo anche prima. Gli anziani dicono..."
"Gli anziani" fece Diroen con tono esasperato. "Ci hanno sempre mentito. Hanno fatto in modo che credessimo di essere diversi dai kodva. Di essere speciali. E ci hanno isolati dal mondo per secoli, quando invece avremmo dovuto reclamare a gran voce il posto che ci spettava di diritto."
"Ma la foresta di protegge e noi proteggiamo lei" insistette Leyra.
Joyce aveva compassione per lei e la forza con la quale stava difendendo le sue idee, ma era chiaro che Diroen non sarebbe tornato sui suoi passi così facilmente.
"Anche se fosse vero quello che dici" disse Joyce. "Non ha senso che ti sia schierato con Rancey e Gajza. Hanno attaccato l'avamposto e ucciso centinaia di alfar... di persone."
Diroen la guardò con sguardo neutro. "È vero, ma la colpa ricade sugli anziani e ne dovranno rispondere. Proteggere una menzogna non ha senso e glielo dimostreremo. E Lord Malag ha promesso di liberare tutti gli alfar che lo aiuteranno nella sua battaglia."
"Lui ti ha promesso questo?"
"Kather dice..."
"Quindi è stato Kather a prometterlo?" lo incalzò Joyce.
Diroen le rivolse un ghigno beffardo. "So cosa stai cercando di fare, Kather mi ha avvertito. Guardati attorno: qui è pieno di persone che una volta erano dei reietti, dei rinnegati. Persone nate povere e costrette a strisciare nella polvere, senza poter alzare la testa per paura che un potente stregone gliela tagliasse."
"Gli stregoni non fanno queste cose" protestò Joyce. "Loro seguono un codice." Poi ricordò quello che aveva visto a Mar Qwara e come si erano comportate persone come Gajza e Wena.
"Gli stregoni, i nobili, gli anziani" continuò Diroen come se non l'ascoltasse più. "Per l'Unico tutto ciò non ha importanza. Siamo tutti uguali nella sua immensa luce."
"Ma è di Malag che stiamo parlando" disse Joyce disperata. "Credi che anche per lui valga questa regola?"
Diroen respirò a fondo. "Kather e i preti del culto si fidano di lui e lo seguono. Dicono che è l'eroe delle profezie, inviato dall'Unico nel tempo in cui la stregoneria finalmente cadrà e un nuovo mondò sorgerà dalle ceneri di quello vecchio."
"La profezia del re stregone?" chiese Joyce.
Diroen sorrise. "Vedo che conosci la storia."
"È solo una leggenda."
"Ma è vera. L'Unico farà in modo che si avveri." Si alzò pulendosi dalla terra che si era attaccata alla tunica. "Adesso devo andare, ho dei compiti cui devo assolvere prima della battaglia."
"Combatterai contro i tuoi amici?" gli chiese Leyra.
"Sono loro che hanno scelto di seguire la strada sbagliata" disse il ragazzo. Fece per andarsene, sembrò ripensarci e si voltò. "Se non siete convinte di quello che vi ho detto, fatevi un giro per l'accampamento e vedrete se non ho ragione."
Rimaste sole, Leyra si abbandonò a un pianto sommesso.
Joyce non ebbe il coraggio di dirle niente e si limitò a tenerle compagnia. La ragazza alfar si addormentò qualche decina di minuti dopo. Joyce decise di seguire il consiglio di Diroen. Era solo desiderosa di smentire le sue parole ed era convinta che andandosene in giro avrebbe trovato il modo di fargli cambiare idea per il bene di Leyra.
L'accampamento era un insieme di tende e tendaggi sparsi in giro e montati a ridosso degli alberi-torre.
Gli uomini di Gajza avevano eretto un campo molto ordinato e sorvegliato da soldati armati di lancia e scudo. Joyce poté avanzare fino a un certo punto, ma poi fu costretta a tornare indietro.
Nessuno sembrava badare a lei. Per un attimo fu tentata di approfittarne per fuggire, ma rinunciò all'idea. Se lo avesse fatto le avrebbero dato la caccia e stavolta per ucciderla. Era ancora stanca per il combattimento del giorno prima e non si era ripresa dalla ferita alla spalla. Inoltre non conosceva la foresta e aveva paura di cadere in una delle trappole preparate dagli alfar come era capitato ai soldati mandati di pattuglia.
Doveva aspettare e pazientare. Il momento giusto sarebbe arrivato, ne era sicura.
Si diresse verso la zona occupata dagli uomini di Rancey. Qui il campo era meno organizzato e l'operosa organizzazione dei soldati di Nazedir cedeva il passo a un più caotico assembramento di soldati e stregoni.
A differenza dei Nazedir non semravano esserci differenze tra i primi e i secondi. Vide soldati armati riposare nel proprio giaciglio e una strega dal mantello grigio in quello accanto.
Attorno a un fuoco da campo sedevano soldati e stregoni. Le insegne che portavano erano di ogni tipo. Vide leoni rampanti, viverne, falchi, tori, castelli stilizzati e animali ancora più esotici.
Tutti sedevan insieme e sebravano di buonumore, per niente preoccupati per l'imminente battaglia.
In un angolo del campo notò un uomo dal saio rosso chiaro che arringava una piccola folla. Calzava dei sandali e il suo viso barbuto era sporco di fango. Accompagnava le parole con ampi gesti delle mani ossute. "...i sette cicli del mondo. L'era della stregoneria non è che l'ultimo di essi e, come i precedenti, presto finirà, dando vita a una nuova era" stava dicendo. "Prima di essa vi fu l'era della magia e prima ancora quella del terrore. Prima di questa, l'era in cui i falsi dei camminarono tra gli uomini e prima di essa quella del grande deserto, quando i continenti si spopolarono all'improvviso. E prima ancora l'era delle grandi bestie primordiali che iniziò subito dopo l'era del vuoto e del respiro cosmico, quando solo l'Unico esisteva."
Joyce passò oltre e raggiunse un gruppo di uomini e donne riuniti attorno al fuoco. Avvicinandosi notò che erano poco più che ragazzi. La maggior parte poteva avere l'età di Oren e Bryce. I più grandi, quella di Vyncent.
Uno di essi la invitò a sedersi con loro. "Abbiamo del cibo caldo e da bere" disse in tono amichevole.
Joyce rifletté per qualche secondo e si avvicinò. Due ragazze le fecero spazio e lei sedette tra di esse.
"Come ti chiami? Sei nuova?" le chiese il più grande del gruppo.
"Sibyl" rispose d'istinto.
"Non è un nome comune qui" disse una delle ragazze, la cui pelle scura le ricordò quella degli abitanti di Mar Qwara. "Io sono Valik" disse con un sorriso amichevole. "E quello che ha parlato è Ganston, il capo di questo manipolo."
Gli altri la salutarono dicendo il proprio nome. Joyce cercò di tenerli a mente ma faticava ad associare ogni nome a un viso.
Tutti erano sorridenti e sembravano fiduciosi verso il futuro.
"Quando la guerra sarà finita" disse Valik. "Me ne tornerò a casa mia, a Mar Shedda."
"Non hai paura degli albini?" le chiese un ragazzo. "So che fanno razzie in tutto il deserto per trovare nuovi schiavi."
Valik fece spallucce. "Dicono che il circolo degli albini sia caduto."
"Davvero?" fece una ragazza.
Valik annuì. "Ho sentito dire che Mar Qwara è stata attaccata da un gigante. Ha distrutto il circolo e ora gli albini non possono più fare i prepotenti."
"Io invece ho sentito di una strega rossa" disse un ragazzo dai capelli biondi come l'oro e gli occhi scuri. "È stata lei a dare una lezione agli albini e poi è sparita così come è arrivata."
Joyce ascoltò divertita i loro racconti.
"Quello che mi chiedo" disse un ragazzo grassoccio dai capelli scuri come la notte e il naso schacciato. "È perché stiamo paedendo tempo qui invece di andare a Malinor."
"Malinor?" chiese Joyce. Era la patria di Bardhian, se non ricordava male.
Il ragazzo annuì deciso. "È lì che si svolgerà la battaglia decisiva. Se vinciamo l'alleanza di Valonde verrà sconfitta."
"Lo volesse l'Unico" disse Valik.
Joyce pregò che non accadesse.
"Se vincessimo" continuò la ragazza. "La guerra finirebbe subito."
Gli altri annuirono.
"Non sarà facile" dise Ganston. Gli altri lo guardarono in silenzio. "L'alleanza ha un esercito immenso e potenti stregoni. Kory Mani di Fuoco, Valifur Mantogrigio e la peggiore di tutti, la Strega Dorata."
"Nimlothien la batterà" disse il ragazzo grassoccio.
"Nimlothien è stata sconfitta" disse Valik. "La Strega Dorata l'ha uccisa in duello."
"Non è vero" protestò il ragazzo.
"Me l'ha detto Tayley" disse Valik, come se quello dimostrasse qualcosa.
"E lui da chi l'ha sentito?"
"Da un marinaio di Heriskal."
Il ragazzo grassoccio sbuffò. "Sono tutte sciocchezze. La Strega Bianca non può perdere."
"È vero" disse Ganston azzittendoli. "Bryce di Valonde ha sconfitto la Strega Bianca in duello."
Udire il nome di sua sorella le provocò un tuffo al cuore.
"Ma dicono che Nimlothien l'abbia ferita gravemente" proseguì Ganston. "A quest'ora sarà già morta."
No, gridò Joyce dentro di se. Bryce non può morire. Non aveva avuto il tempo di chiederle scusa per come l'aveva trattata.
"Tutto quello che sappiamo è che la Strega Dorata non è alla testa dell'esercito dell'alleanza" disse Ganston.
Bryce non si sarebbe mai tirata indietro. Se non era con l'esercito, allora le era davvero successo qualcosa. Joyce ne aveva abbastanza e si sentiva soffocare. Si alzò di scatto sorprendendo tutti. "Scusatemi" disse andando via.
Camminò verso una direzione a caso, i pensieri in subbuglio. Se Bryce era morta...
"Tu" disse Eryen col solito tono sgarbato.
Stava per risponderle per le rime, ma si trattenne.
"Gajza vuole parlarti. Adesso."
Joyce sospirò rassegnata e la seguì. "Cosa vuole ancora?"
Sul viso della strega apparve un ghigno. "Non lo so di preciso, ma non sarà niente di buono per te, fidati."
Joyce la seguì.

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