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Autore: Melabanana_    22/03/2018    1 recensioni
A un certo punto della storia che conosciamo, in tutto il globo terrestre hanno cominciato a nascere bambini con poteri sovrannaturali, dando inizio alla generazione dei "portatori di doni". Assoldati dalle "Inazuma Agency" come agenti speciali, Midorikawa e i suoi coetanei dovranno lottare contro persone disposte a tutto pur di conservare e accrescere il proprio potere. Ma possono dei ragazzini salvare il mondo?
Avvertimenti: POV in 1a persona, AU, forse OOC, presenza di OC (secondari).
Questa storia è a rating arancione per via delle tematiche trattate (violenza di vario grado, morte, trauma, occasionale turpiloquio). Ho cercato di includere questi temi con la massima sensibilità, ma vi prego comunque di avvicinarvi alla materia trattata con prudenza e delicatezza. -Roby
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Jordan/Ryuuji, Xavier/Hiroto
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Spy Eleven -Inazuma Agency '
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Questo capitolo è un po' più lungo dei soliti e probabilmente anche i prossimi lo saranno! Ringrazio infinitamente Ren che mi ha fatto da beta per questo capitolo, aiutandomi a correggere errori vari ed eventuali.
Dopo aver lasciato il team A, ora seguiamo il team B, riprendendo con il P.O.V. di Midorikawa. Per chi non lo ricordasse, il team B è formato da Chang Soo (al comando), Afuro, Burn, Midorikawa, Kazemaru, Endou e Gouenji, ai quali si è aggiunto Desarm.


Buona lettura!
 
[Midorikawa's P.O.V.]

I condotti di aerazione erano terribilmente stretti.
Era passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ero entrato in un edificio così; quando svolgevo soltanto lavoro abitudinario con Kazemaru, capitavano spesso incarichi di ricognizione, o pedinamenti, e passare inosservati era fondamentale. Era quasi nostalgico trovarsi di nuovo a gattonare nell’ombra, scrutando il percorso davanti a sé per tenere d’occhio il proprio compagno.
La squadra A aveva svolto un lavoro impeccabile; nonostante quel piano fosse stato sgomberato, tuttavia, una volta arrivati lì ci eravamo resi conto che usare semplicemente le scale per il piano superiore sarebbe stato un azzardo. Le scale erano state costruite in modo tale da ostruire la visuale; a meno di non arrivare almeno a metà rampa, non avremmo potuto sapere ancora cosa avremmo trovato. Metterci in condizione di vedere cosa ci sarebbe arrivato addosso in tempo utile per reagire era la priorità.
Un’altra situazione inattesa si presentò quando, al nostro arrivo, Desarm lasciò la sua squadra per unirsi alla nostra. A giudicare dalle espressioni degli altri, non ero l’unico sorpreso: era stata una decisione improvvisa e soltanto le Spy Eleven ne erano state messe al corrente. Non avevo idea di cosa avesse potuto spingere Desarm a prendere una decisione così impulsiva. Ma Chang Soo non sembrava avere nulla in contrario; si era limitato ad accettare la nuova situazione, poi, dopo una rapida ispezione dei dintorni, aveva preso la decisione di usare il condotto di aerazione.
Un sussurro raggiunse le mie orecchie scivolando attraverso i nostri auricolari.
Chang Soo, che guidava il gruppo, aveva individuato la grata da cui saremmo scesi. Proseguendo, il condotto si sarebbe stretto ulteriormente, costringendoci a strisciare, e impossibilitando troppo i nostri movimenti. Un rumore sinistro, graffiante si diffuse all’interno del condotto, come se qualcuno stesse grattando il rivestimento di ferro, oppure… svitando una grata.
Mi sporsi un pochino di lato, inclinando il capo per cercare di cogliere le macchioline di luce che si formavano sul soffitto del condotto, luce proveniente senza dubbio dal corridoio sotto di noi.
In quel momento Chang Soo stava lavorando con mani esperte per disfarsi della grata. Dalla mia posizione, non potevo vedere con cosa la stesse aprendo, poco a poco, con pazienza infinita. Stava cercando di fare meno rumore possibile. Un altro suono acuto, seguito da una maggiore quantità di luce all’interno del condotto, ci fece capire che la grata era stata rimossa. Chang Soo la spostò di lato, fuori dai piedi, poi scivolò attraverso il quadrato vuoto con l’agilità di una scimmia o di un circense. Subito dopo di lui, iniziammo a calarci nell’ordine in cui ci trovavamo; prima Afuro e Burn, poi Endou, Gouenji, Kazemaru ed io, lasciando per ultimo Desarm. Anche posizionare le due Spy Eleven come apri-fila e chiudi-fila era stata una decisione ponderata da Chang Soo. Desarm si era adattato, una volta unitosi alla nostra squadra Chang Soo era diventato anche il suo comandante. Forse anche lui pensava fosse più saggio mettere i combattenti veterani in posizioni strategiche.
In apparenza, Desarm aveva un’espressione mite, quasi stoica; se qualcuno avesse notato una certa rigidità nei suoi lineamenti, avrebbe probabilmente pensato che fosse soltanto molto concentrato sulla propria missione. Tuttavia, non poteva ingannare me. Percepivo benissimo la sua irrequietudine, un nervosismo che aveva una consistenza lievemente diversa dal nostro, dall’ansia di noi ragazzi più giovani appena lanciati nella missione più grande e pericolosa delle nostre vite. Desarm non era solo nervoso per la missione; ad inquietarlo era qualcosa di diverso, che non riuscivo ad afferrare. È frustrante avere un dono che ti permette di scoprire una cosa, ma non ti fornisce istruzioni sul cosa fare a riguardo.
Ma non potevo distrarmi così. Chang Soo fece cenno di non muoverci mentre lui, Afuro e Burn andavano in avanscoperta per alcuni metri, ispezionando il corridoio. Approfittando di questo momento di sospensione, mi appoggiai alla parete più vicina per un momento, mi premetti le dita contro le tempie ed iniziai a massaggiarle con movimenti circolari per qualche secondo; dovevo concentrarmi per tenere tutte le emozioni altrui fuori dal mio spazio personale, così da poter incanalare i miei sforzi tutti in una sola direzione: cercare di capire se eravamo soli sul piano, o meno. Era una cosa a cui avevo pensato soltanto di recente, quella di provare a spazzare via ogni cosa, per far luce solo su una. Mi costava grande sforzo, perché la mia empatia mi bombardava continuamente di paure, ansie, aspettative altrui, come un’onda che ti sommerge ad intervalli regolari. Ma questa non era una missione qualsiasi. Dovevo affinare tutte le mie armi.
Presi un respiro profondo e provai a fare il vuoto intorno a me. Riconoscevo ognuna delle singole emozioni che mi circondavano al punto che avrei potuto indicare con dito a chi appartenevano.
Eccetto una.
Mi arrivò addosso come l’onda che non ti aspetti, quella che spezza il ritmo della marea, e ti lascia senza fiato; un denso grumo di sensazioni come raramente mi capitava. L’unica cosa che riuscivo a distinguere dalla matassa era una vivida, acuta sete di sangue. Mi fece rabbrividire. Poche persone in passato mi avevano comunicato esattamente quel tipo di sensazione.
Senza pensarci due volte, mi portai il microfono alle labbra.
-Credo che stia arrivando qualcuno del team Garshield- sussurrai. -Lo sento arrivare.
I compagni rimasti al mio fianco, compreso Desarm, si voltarono immediatamente verso di me. In un attimo, si strinsero in un cerchio rivolto all’esterno, pronti a difendersi. Qualche metro più avanti, anche Chang Soo, Afuro e Burn si irrigidirono e assunsero una posizione di difesa.
-Dimmi di più, Midorikawa- mi ordinò la voce di Chang Soo attraverso l’auricolare.
-Sì, signore. Uhm… mi sembra che sia una sola persona- dissi.
-Sei sicuro che si tratti di uno dei ragazzi?
-Sì, signore. Questa… questa sete di sangue…- deglutii, strizzai gli occhi per un momento per scacciare via i ricordi insanguinati che mi tornavano in mente ogni volta che si menzionavano i ragazzi di Garshield. Concentrati, mi ordinai, finalmente possiamo fermarli. Fermare quel ciclo di morti orribili, quella catena di sangue.
-Midorikawa, stai calmo- disse Chang Soo, intuendo la mia ansia. -Ottimo lavoro a individuarlo. Ora preparati a combattere.
-Sì, signore- risposi piano. Mi staccai dalla parete, unendomi al cerchio formato dai miei compagni. Kazemaru mi scoccò un’occhiata complice ed annuì. Aveva i miei stessi pensieri. Sapere che era lì con me, dove potevo vederlo ed assicurarmi stesse bene, era confortante. Dovevo mantenere il sangue freddo; Kazemaru era solo una delle persone che volevo proteggere. Pensai a Diam, che al piano di sotto mi aveva abbracciato, mi aveva stretto la spalla ed augurato buona fortuna. Pensai a Reina, alla quale avevo promesso di non morire.
Pensai a Hiroto e ritrovai la forza di andare avanti.
-La sensazione si è affievolita, penso si sia allontanato- dissi nel microfono.
Seguì un attimo di silenzio, poi Chang Soo ci ordinò di raggiungerlo lentamente. Non dovevamo abbassare la guardia, né smettere di guardarci intorno. Da una placca dorata fissata ad una parete appresi che ci trovavamo al secondo piano dell’edificio.
Chang Soo mi mise un braccio sulla spalla, portandomi vicino a sé per un momento.
-Midorikawa, voglio che ascolti molto attentamente- mi disse, -La tua abilità può esserci molto utile. Voglio che ti concentri su questi corridoi. Voglio che tu faccia il vuoto di qualsiasi cosa, eccetto i nostri nemici e gli ostaggi. Se percepisci anche solo un minimo segno che la signorina Hitomiko e Gazel siano qui, dimmelo immediatamente. Voglio che tu sia i miei occhi, per illuminarmi su tutto ciò a cui sono cieco. Noi, i tuoi compagni, ti proteggeremo. È chiaro?
Lo guardai  ed annuii senza esitazioni.
Volevo rendermi utile con tutto me stesso, perciò ripresi subito a concentrarmi sul mio lavoro. Con la coda dell’occhio, vidi gli altri stringersi attorno a me, ma come richiesto da Chang Soo smisi di farci attenzione e feci del mio meglio per incanalare ogni briciolo della mia empatia nella direzione giusta. Cercai ogni traccia di sete di sangue, benché ne fossi terrorizzato e disgustato. Cercai segni della mia stessa paura in altre persone, di ansia o, se fosse stato possibile, speranza da parte di Hitomiko e Gazel. Il tempo per me sembrava essersi fermato.
Dopo un’attesa interminabile, mi parve di percepire Hitomiko. Da Gazel non proveniva niente, ma mi sforzai di ingoiare il mio panico per informare Chang Soo.
-Capisco- disse la Spy Eleven, con espressione pensosa.  Scrutò i nostri volti ansiosi e scosse il capo.
-Non allarmartevi ancora. Gazel potrebbe essere privo di sensi. Non possiamo permetterci di tirare conclusioni affrettate- aggiunse con fermezza.
-Giusto. Intanto, abbiamo appurato che Hitomiko è su questo piano. È così, Reize?- Desarm si rivolse a me, e stavolta chiunque avrebbe potuto notare la nota speranzosa nella sua voce. Hitomiko. Sapevo che Desarm e Hitomiko erano in costante contatto benché in sedi diverse, forse erano amici, forse era per lei che Desarm era preoccupato. Era per lei che si era unito alla nostra squadra.
Annuii e percepii subito il suo sollievo.
-Non affrettiamo i tempi. È una buona notizia- disse Chang Soo. -Ma c’è ancora almeno un potenziale nemico che si aggira qui intorno… Dobbiamo essere cauti…
Un’esplosione inghiottì le sue ultime parole.
Istintivamente balzai accanto a Kazemaru, Endou e Gouenji e mi coprii il volto con le braccia per proteggere gli occhi dai detriti e dall’enorme nuvola di polvere che si era sollevata.
Avvertii di nuovo la stessa sete di sangue e rabbrividii.
Kazemaru non perse tempo: il vento da lui sollevato spazzò via la polvere, così da annullare il vantaggio del nemico. Il corridoio riemerse nuovamente davanti ai nostri occhi, come se il velo che lo copriva fosse scivolato via, e ci rivelò la presenza di un individuo di stazza non indifferente, avvolto nell’inconfondibile mantello che distingueva i ragazzi di Garshield. Era fisicamente il doppio di me sia in altezza che in larghezza. Si girò verso di noi, con occhi scavati e cerchiati di nero, con i denti digrignati, poi emise un basso ringhio e ci caricò come un toro da combattimento.
Il mio primo istinto fu di sparargli, mirando alle gambe, ma lui evitò i proiettili saltando; con un’agilità e rapidità inaspettata, si lanciò di lato per sfuggire anche al Pugno di Giustizia di Endou. Il vento scatenato da Kazemaru, tuttavia, parve rallentarlo: nonostante il suo peso gli impedisse di essere spazzato via, non riusciva con facilità a combattere contro la corrente contraria. Frustrato ed impaziente, si gettò allora a terra e diede un pugno al pavimento. Il colpo, sferrato con una forza bruta inimmaginabile, strappò la moquette, spaccò il marmo sottostante e creò uno spostamento d’aria tale da annullare il potere di Kazemaru. Detriti e polvere si alzarono nuovamente e Kazemaru fu costretto di nuovo a toglierli di mezzo; nel frattempo il nemico si era portato pericolosamente vicino a noi.
Mi chiesi se non volesse davvero caricarci come un toro da corrida, un bufalo o un orso; una belva feroce più che un essere umano. Era abbastanza vicino da poterlo guardare negli occhi, e così mi resi conto che non erano semplicemente cerchiati di nero, non truccati con una linea di matita scura, come talvolta faceva Diam. Quella persona non aveva bianco negli occhi: la sclera era nera come pece e su quello sfondo scuro risaltavano ancora di più le iridi gialle. Era difficile anche solo pensare che fosse umano come noi, o che almeno lo fosse stato. Cos’aveva fatto Garshield a quei ragazzi, cosa aveva potuto trasformarli in belve assetate di sangue? Non sembrava aver nemmeno paura di morire. Gouenji eresse un muro di fiamme, ma il ragazzo non si fermò. Continuò a correrci incontro, finché non si sollevò da terra per lanciarsi su di noi. Kazemaru era il più vicino, gli sarebbe finito direttamente addosso; afferrai rapido il braccio del mio partner, ed in quel momento scorsi un altro movimento sospetto lungo la parete alla mia destra. Fu solo un attimo, come un lampo, ed i miei occhi non riuscirono a seguire il movimento.
Prima che il mio cervello potesse registrare cosa stava accadendo, un drago di luce si staccò dal muro come un disegno che prende vita, si sollevò in aria ed avvolse le proprie spire intorno a braccia e gambe del nemico, smorzando il suo impeto e costringendolo a toccare nuovamente terra. Il ragazzo emise un altro ringhio, urlò, si dibatté nella presa, ma le spire sembravano stringersi di più ad ogni tentativo di fuga. Il drago abbassò la testa fiammeggiante verso la sua preda, spalancò le fauci e chiuse l’enorme bocca su di lui. Il ragazzo si trovò avvolto in un turbine di fiamme rosse e dorate, ma riuscì a liberarsene scrollandosi di dosso il mantello che aveva preso fuoco: così si trovò costretto a scoprire il volto abbronzato, i capelli scompigliati mantenuti da una fascia rossa, ed una sciarpa di colore identico legata al collo, un altro segno distintivo del suo gruppo.
Dall’intensità del suo sguardo era evidente che ci stava facendo già a pezzi nella sua immaginazione.
Alle sue spalle, c’erano Chang Soo, Desarm, Afuro e Burn. Chang Soo aveva il braccio teso in avanti, la mano aperta che irradiava un alone dorato così sottile da essere visibile solo come una sorta di iridescenza. Nient’altro che un’emanazione del suo potere, il drago di fiamme continuava a scivolare su e giù dal soffitto alle pareti, coi lunghi baffi che ondeggiavano, pendendo dalle forti mascelle, pronto a sferrare un altro attacco se necessario. Desarm e Burn erano ugualmente sul piede di guerra.
Ma quando Desarm azzardò un passo, pistola alla mano, con un solo cenno di mano Chang Soo gli segnalò di arrestarsi e aspettare. Desarm gli scoccò un’occhiata frustrata, ma non si mosse. Accettare di non avere il comando era la condizione sotto cui gli era stato permesso il cambio di squadra e, benché in conflitto con se stesso, Desarm non era il tipo da rompere le righe.
Dopo aver bloccato lui, Chang Soo fece invece segno ad Afuro di muoversi. Divenne chiaro allora che intendeva utilizzare la voce ammaliante di Aphrodi sul nemico per provare a controllarlo, o almeno a distrarlo e metterlo fuori gioco; sembrava che non avesse intenzione di ucciderlo. Non avevamo ricevuto ordini precisi in proposito. Probabilmente le Spy Eleven speravano di tenere in vita quante più persone possibili, in modo da avere testimoni nel futuro processo contro Garshield. Nel caso di Chang Soo, sentivo da parte sua un interesse di altro tipo, un misto di curiosità e pena verso quei ragazzi, come se si stesse interrogando su come fossero, se fosse possibile riportarli indietro.
Afuro trasse un respiro profondo, poi si tolse microfono ed auricolare ed iniziò a camminare verso l’energumeno ostentando sicurezza.
-Non muoverti- disse. -Resta fermo dove sei e guarda soltanto me.- La sua voce era chiara e forte, e le parole rimbombarono nel corridoio. Il nemico trasalì e si voltò di scatto verso Afuro, ringhiando tra i denti come un molosso rabbioso. Come primo istinto, scattò in avanti, probabilmente con l’intento di caricare Afuro come aveva fatto con noi, ma il suo corpo si stava già paralizzando: muscoli facciali e delle braccia scoperte si irrigidirono, tesi come corde di violino, nello sforzo di combattere contro l’istinto di assecondare gli ordini di Afuro. Ogni nervo del suo corpo stava lottando per non spezzarsi, per mantenere il controllo su di sé, mentre la voce di Afuro lo spingeva a rilassarsi, arrendersi, cadere. Non avendo ricevuto da Chang Soo un segnale contrario, Afuro continuava a camminare verso il ragazzo, senza smettere di parlare e senza interrompere il contatto visivo.
-Dimmi il tuo nome- gli disse, con lo stesso tono di prima.
L’altro digrignò i denti, strabuzzò gli occhi, strinse i pugni lungo i fianchi.
-Buffalo- soffiò infine, con voce logora, lacerata. Subito dopo si morse la lingua, come per auto-punirsi di aver ceduto, e soffocò un mugolio di dolore. Misi a fuoco le sue emozioni, cercando di cogliere il suo umore, e vi trovai un misto di rabbia e sofferenza, ma anche paura. Sapeva chi era Afuro, cosa poteva fare. Probabilmente tutti loro erano stati messi in guardia, perché avevano raccolto informazioni su di noi. E qualcuno di loro era anche già caduto nella trappola di Afuro.
-Buffalo, non muoverti. Non attaccare. Ascoltami. Dimmi il luogo dove tenete gli ostaggi. Dimmi in che direzione andare- ordinò Afuro.
Il ragazzo serrò la mascella con maggiore forza, mentre l’umiliazione divampava dentro di lui. Stava avendo fantasie piuttosto cruente su come avrebbe ucciso Afuro, se solo avesse potuto liberarsi dall’incantesimo e reagire. Intuivo che uccidere era l’ordine che gli era stato impartito, che questa era la differenza tra noi e loro. Noi non avevamo né ordine né desiderio di uccidere, eravamo pronti a farlo, ma soltanto se necessario; per loro, al contrario, era la priorità, il divertimento più gustoso.
-Buffalo, dimmi dove si trovano gli ostaggi.- Usare il nome della vittima sembrava rendere ancora più efficace il potere di Afuro e, finalmente, Buffalo iniziò a piegarsi alla sua voce. Ci indicò il corridoio alle mie spalle con un braccio tremante, il corpo intero scosso da convulsioni; poi cadde a terra, esausto, in ginocchio. Afuro era ormai a pochi passi da lui, lo guardava gelido dall’alto in basso.
-Dove dobbiamo andare? Dimmelo- gli ordinò.
-Seguite il corridoio… In fondo… dietro l’angolo… c’è una porta- Buffalo si morse ancora una volta la lingua, questa volta tanto forte da strapparsi un verso di dolore. Afuro scrutò il suo viso con un’espressione indecifrabile, apparentemente indifferente.
-Bene- disse infine. -Ora dormi, Buffalo. Vai a dormire adesso.- Poi alzò una gamba, gli premette un piede contro il petto e diede uno spintone. Buffalo non resistette nemmeno un minuto, cadde a terra di lato e le sue palpebre si chiusero. Il suo corpo rimase rigido ancora per qualche secondo, poi si rilassò, i suoi pugni si aprirono e i suoi lineamenti si distesero nel sonno.
-Resterà fuori dai giochi per un po’. Dovremmo avere il tempo di trovare Gazel e Hitomiko- esclamò Afuro. -Come state voi? Tutti interi?
Endou, Gouenji, Kazemaru ed io ci scambiammo qualche sguardo.
-Tutti interi, per fortuna- confermò Endou con un lieve sorriso. -Certo, è stato inaspettato…
-Credo che nessuno di loro si presenterà su invito- bofonchiò Afuro.
Chang Soo si schiarì la voce. -Ottimo lavoro, Aphrodi. Ora leghiamolo e proseguiamo- affermò. Istintivamente mi girai verso la parete e notai che il drago era scomparso.
-Sì, signore- esclamò Afuro, sistemandosi di nuovo microfono ed auricolare, poi si rivolse a noi.
-Forza, muoviamoci. Non voglio perdere un minuto di più.
Era chiaro che eravamo tutti d’accordo con lui su questo punto, per cui non ci fu nessuna esitazione. Tutti e quattro scavalcammo il corpo di Buffalo, lo trascinammo verso un muro in modo da metterlo in posizione seduta e lo legammo con una delle corde che ci erano state provviste; per avere una sicurezza in più, dopo avergli legato mani e piedi, gli tappammo anche la bocca, attenti a non coprirgli il naso perché potesse respirare.
Lo lasciammo lì, sperando che restasse fuori dai piedi per molto più tempo del previsto, e ci affrettammo a raggiungere Chang Soo. Notai che Desarm non aveva rinfoderato la pistola e, in effetti, mi sembrò la cosa più intelligente da fare, perciò lo imitai prontamente. Non avevo piena confidenza nei miei poteri, ma ero pur sempre in grado di sparare.
 

Avanzavamo, immersi nel silenzio. Non potevo fare a meno di pensare che fosse un’atmosfera innaturale, per non dire inquietante.
Benché Buffalo avesse letteralmente aperto un buco in una parete, non si era presentato nessun altro nemico oltre lui. Anche in seguito avevamo di certo fatto un bel po’ di confusione, eppure nessuno era intervenuto. Eravamo riusciti davvero a passare inosservati? O stavano solo aspettando la loro occasione? Tutto sembrava fin troppo pacifico.
Non avvertivo nessuna emozione estranea, nessun’aura al di fuori delle persone che erano con me, eppure non riuscivo a stare del tutto tranquillo. Decisi di provare nuovamente a mettere a fuoco Hitomiko e Gazel, nel caso ci stessimo avvicinando. Riuscivo a percepire un’aura simile a quella di Hitomiko, le sue paure, i suoi dubbi. La sua sofferenza. Adesso che ero più vicino a lei, ne sentivo chiaramente il dolore. Doveva esserci qualcosa che non andava in lei. Forse era ferita.
-Qualcosa non va? Tutto bene?
Trasalii, sbattei le palpebre più volte per tornare alla realtà. Alzai lo sguardo verso Desarm, improvvisamente comparso al mio fianco.
-Mm… Scusi, diceva a me?- chiesi, stordito.
-Ti ho chiesto se va tutto bene- ripeté Desarm senza battere ciglio. -Avevi un’espressione contrita, come se stessi soffrendo. Sicuro di non esserti fatto male durante lo scontro di prima? Nascondere una ferita non è mai una mossa saggia, soprattutto se potrebbe incidere sulla missione.
-Oh, sì… Volevo dire, sì, signore, sto bene- farfugliai. Lui non parve esserne convinto.
-Sei sicuro?- chiese, infatti. Annuii, cercando di apparire più deciso, e lui sospirò.
-Va bene, ti crederò. Ma se succede qualcosa, promettimi che non tenterai di nasconderlo. Ti ho avuto come cadetto per poco tempo, ma ho capito che sei il tipo che si sacrifica troppo. Fai attenzione.
-Uhm, sì, signore- risposi. Desarm mi rivolse un ultimo sguardo prima di rallentare il passo, in modo da tornare a chiudere la fila.
-Non è ferita?- insistette. Scossi il capo.
-Potrebbe esserlo… ma non sta soffrendo in questo momento. Mi dispiace, non posso fare più di così- risposi con più chiarezza possibile. Desarm annuì.
-Ti ringrazio. Non è molto, ma me lo farò bastare…- mormorò. -Se possibile, informami se percepisci qualche cambiamento.
-Lo farò- dissi, anche se in cuor mio non ero sicuro fosse una buona idea. Per quanto fosse rispettoso delle regole o riluttante a rompere le righe, riuscivo benissimo a immaginare Desarm farlo se fosse stato per salvare Hitomiko. Dopotutto, era innamorato di lei.
Non ero certo che qualcuno ne fosse al corrente, lei compresa, e probabilmente Desarm non si era reso conto di avermi appena rivelato, senza volere, il suo segreto. In quel momento, le sue emozioni per lei mi apparivano così chiare che anche volendo non avrei potuto ignorarle. Non avrei detto nulla, ma ora sentivo di dover essere più cauto con Desarm quando mi chiedeva di Hitomiko.
Pur sapendo che mi stava osservando anche in quel momento, decisi di non lasciarmi distrarre. Feci nuovamente il vuoto intorno a me e questa volta incanalai tutte le mie energie direttamente verso Hitomiko. Immaginai il suo volto ed il suo nome nella mia mente. Quanto più chiara era l’immagine di lei nella mia testa, più facilmente l’avrei trovata. Le sue emozioni non erano cambiate; non c’era traccia di dolore fisico, ma di certo molta sofferenza a livello emotivo e psicologico, molto stress dovuto alla situazione in cui era finita e, forse, anche a causa di Gazel. Tra le sue incertezze e le sue paure, infatti, riuscii a districare un filo di preoccupazione, di apprensione per il prossimo. Non era da sola. C’era in lei il desiderio di proteggere qualcuno. C’era Gazel con lei…
La mia mano iniziò a tremare. La fissai, confuso, chiedendomi se non fosse per lo sforzo mentale, ma non mi sentivo affatto così stanco. Ma poi il tremito si estese fino all’intero braccio, si diffuse in tutto il corpo, e d’un tratto mi resi conto che a tremare non ero io.
Erano il pavimento e le pareti ed il soffitto; l’intero edificio stava tremando. Le scosse diventano più violente ed intense ad ogni minuto che passava. Eravamo nel pieno di un terremoto.
A circa metà del corridoio da cui eravamo venuti, alle nostre spalle quindi, erano comparse due figure incappucciate. Ci avevano trovato di nuovo. Uno dei due sogghignò sotto il largo naso e premette una mano contro la parete alla nostra destra.
Un rumore assordante ci fece sobbalzare.
Mi voltai di scatto e notai che nel muro che il ragazzo aveva appena toccato si stavano aprendo numerose crepe, sempre più lunghe e profonde, che si diradavano come lacci di rampicanti, fino a coprire del tutto la superficie. Il suo potere doveva essere la causa dell’improvviso terremoto. Desarm provò a sparargli, ma il compagno che era con lui deviò i proiettili estraendo una lunga sciabola lucente.
In un attimo, Chang Soo si fece largo agilmente fra di noi e si posizionò esattamente nello spazio che ci separava da quegli individui. Allargò le braccia, come per tenerci dietro di lui e farci da scudo, ed urlò:- Andate. Mi occuperò io di questo.- Le sue mani già si stavano illuminando per invocare il drago di fuoco, mentre la sua voce veniva inghiottita dal frastuono.
Per la prima volta, Afuro non obbedì subito al suo ordine. Al contrario, rimase immobile, indeciso se restare col proprio comandante o meno. La sua esitazione durò un attimo di troppo.
Gridando il suo nome, Burn scattò verso di lui per afferrarlo e tirarlo via, ma era già troppo tardi.
Le scosse ci tolsero letteralmente la terra da sotto i piedi, ci fecero perdere l’equilibrio ed annullarono il nostro tempo di reazione. L’esplosione ed il crollo che seguirono furono inevitabili e così brutali da sollevarci e scagliarci all’indietro; anche Burn si trovò sbalzato via dall’impatto. Questa volta, si sollevarono ben più di una nuvola di polvere ed una pioggia di detriti, erano venuti giù larghi pezzi di muro.
Mi coprii il volto con un braccio e cercai di scrutare lo spazio intorno a me, per capire dove fossi, dove si trovassero i miei amici e dove i miei nemici. Era impossibile vedere più lontano del proprio naso. Kazemaru trovò la mia mano per primo e la strinse forte. Alla mia destra intravidi Gouenji e Burn, inconfondibili grazie alla forma dei loro capelli. Riconobbi a stento anche Desarm, il più alto tra noi, prima di accorgermi che oltre a Chang Soo e Afuro mancava anche Endou.
-Endou…! Endou!- urlai. Pensai subito a Hiroto, a cosa Endou significava per lui, poi a Kazemaru...
Il mio partner mi strinse di nuovo forte la mano. Mi girai a guardarlo e la voce mi venne a mancare, ma lui non sembrava allarmato; al contrario, mi posò l’altra mano sulla spalla e mi scosse con delicatezza.
-Ryuuji, stai calmo… Mamoru sta bene… Guarda…- Seguii la direzione indicata dal suo dito attraverso la fitta nuvola di polvere ed intravidi la schiena di Endou, dritta davanti a noi. Lo fissai, incredulo. Non solo era riuscito miracolosamente a rimanere in piedi, ma si era anche frapposto all’ultimo tra noi e l’esplosione; d’un tratto scorsi la familiare iridescenza scorrere lungo le sue mani sporche e graffiate e, alzando lo sguardo, vidi l’enorme mano di luce che Endou aveva evocato perché ci servisse da scudo: i pezzi di muro e le schegge erano rimbalzate su di essa, proteggendoci. Endou era salvo, stava bene. Stavo per tirare un sospiro di sollievo, ma in quel momento la polvere iniziò a diradarsi, permettendoci di intravedere le figure di Afuro e Chang Soo e la sensazione di panico mi montò nuovamente dentro.
Afuro era in ginocchio nello sporco, con i vestiti strappati e rivoli di sangue che colavano dai numerosi graffi sul corpo. Chang Soo era steso a terra e non si muoveva. Non dava cenni di vita.
Barcollando, mi rimisi in piedi e aiutai Kazemaru a fare lo stesso. Ora più che mai non riuscivo a lasciargli la mano: avevo bisogno di restare aggrappato a qualcosa o qualcuno. E Kazemaru mi capì, mi sostenne, anche se lui stesso aveva paura. C’erano talmente tanti sentimenti negativi nell’aria che ne fui sommerso, mi sentivo soffocare. Endou non si mosse, mentre Desarm avanzò al suo fianco con la pistola puntata, facendo segno a Gouenji di venire con lui. Non c’era traccia dei nostri nemici, ma erano sicuramente ancora lì, in agguato.
Incurante delle schegge su cui si stava muovendo, Afuro gattonò verso Chang Soo e si chinò su di lui; i capelli gli scendevano su viso e collo, rendendo impossibile leggere la sua espressione. Le sue mani rimasero sospese in aria per qualche secondo, come se non sapessero esattamente cosa fare. Burn li osservava con un’espressione contratta; ancora stordito, stava tentando di mettere a fuoco la scena e, quando vi riuscì, trattenne bruscamente il respiro. Seguii subito il suo sguardo ed il fiato mi si spezzò in petto. Kazemaru ed io ci stringemmo istintivamente l’uno all’altro.
Chang Soo non aveva più le gambe: erano intrappolate, dalle cosce in giù, sotto le macerie.
Superato lo shock iniziale, le mani di Afuro cominciarono a scavare tra i detriti per liberare il corpo del suo comandante, ma più continuava più appariva chiaro quanto tutto fosse inutile. Endou fece per scattare verso di loro; con il suo potere, era l’unico che avesse davvero la capacità di spostare le macerie in tempo utile, tuttavia Chang Soo lo fermò.
-Stai fermo dove sei, Endou Mamoru- gli disse.
Endou si bloccò per la sorpresa e guardò Chang Soo ad occhi sgranati.
-Signore, io posso…
-So cosa puoi fare, ma in ogni caso sarebbe inutile- lo interruppe Chang Soo, secco, e l’espressione di Endou si adombrò.
Chang Soo era un uomo pratico. Stava già pensando al futuro, mentre noi eravamo bloccati a quel momento. Quando pure lo avessimo liberato, cosa avremmo fatto dopo? Dal momento che Chang Soo non poteva camminare sulle proprie gambe, avremmo dovuto trascinarlo. Per quanto crudele fosse, tutti sapevamo che sarebbe stato un peso. Naturalmente, Chang Soo lo sapeva.
Nessuno di noi voleva accettare la verità, ma lui lo aveva già fatto.
-Aphrodi… può bastare- mormorò, le sue dita si chiusero attorno al polso di Afuro per fermarlo.
Afuro lo fissò con gli occhi pieni di lacrime e scosse il capo, come se non volesse capire.
-Mi lasci… lei è… dobbiamo...
-No- lo interruppe Chang Soo, con una tale fermezza che Afuro si pietrificò.
-Il nemico è ancora qui da qualche parte. Non possiamo perdere tempo. Il crollo giocherà a nostro favore, impedirà loro di raggiungervi in fretta ed io li tratterrò come posso.
Girò il capo quanto più possibile per guardare Desarm.
-Te li affido- disse. -Sai cosa devi fare… Dovrai trattenere la tua impazienza e guidare questi ragazzi al posto mio… Gli ostaggi e le squadre di Urupa e Kruger aspettano il nostro arrivo.
-Certamente. Conta su di me, Chang Soo- affermò Desarm con voce roca. Giunto finalmente ad una decisione, ogni esitazione o traccia di irrequietezza scomparve dal suo viso.
Chang Soo annuì lentamente, poi guardò verso di noi.
-Ah, Nagumo… Sei così insolitamente silenzioso- mormorò. -Non hai nulla da aggiungere?
Solo a quel punto, Burn si riscosse, reagì e corse verso di loro.
Con mia sorpresa, la prima cosa che fece fu prendere Afuro per le spalle e tirarlo su. Afuro lo guardò sorpreso, poi nascose il viso contro la sua spalla e strinse una mano nella sua maglia, in cerca di conforto. Burn gli avvolse le spalle con un braccio e si volse verso Chang Soo. L’uomo lo stava osservando placidamente, attendendo ancora una sua risposta.
-Ehi… stai per morire, non è vero?- mormorò Burn.
Chang Soo sollevò un sopracciglio, quasi interdetto.
-Hai già smesso di darmi del lei, Nagumo?
-Ha davvero importanza adesso?- La voce di Burn era bassa e stanca, vulnerabile.
Chang Soo abbozzò un sorriso sardonico, ma il suo tono era rassegnato, malinconico.
-Suppongo di no. In fondo, come hai detto tu, sto per morire- rispose. Afuro strinse le dita nella mano di Burn, mentre l’altro serrava la mascella. Chang Soo non ci badò.
-Comunque, riuscirò a fare il mio dovere fino all’ultimo respiro. Il drago di fuoco è ancora vivo in me- proseguì Chang Soo. Il suo volto era madido di sudore, pallido come un cencio. Sembrava avesse deciso di non mostrare il proprio dolore fino alla fine.
Burn abbassò lo sguardo e calciò via alcune pietruzze con rabbia.
-Lei è davvero…- cominciò, ma prima di insultarlo si fermò e cambiò idea. L’espressione del suo viso si distese lievemente mentre la rabbia si attenuava. Sospirò, rassegnato alla natura irritante del suo ex-maestro.
-Una vita piena di rimpianti è una vita ben spesa… giusto?- disse Burn, con voce più ferma.
Chang Soo lo fissò per un momento, poi gettò il capo all’indietro e scoppiò in una risata rauca, quasi allegra, finché non gli venne la tosse. -Ah, sì- mormorò, ghignando tra i colpi di tosse.
-Voi ragazzini… sempre con questa faccia tosta…
Smise di ridere e, sebbene il sorriso fosse ancora al suo posto, era tornato serio.
-Dovete andare, ora- affermò. Burn si era preparato ad eseguire quell’ordine. Si girò e s’incamminò verso di noi, trascinando Afuro con sé. Arrivati davanti a Desarm, i due ragazzi alzarono lo sguardo verso di lui, in attesa di ricevere nuovi ordini.
Desarm serrò la mascella e, in un tono che non ammetteva discussioni, disse:- Andiamo.
E così voltammo le spalle al campo di battaglia.
Quando girammo l’angolo, imboccando un lungo corridoio uguale a tutti gli altri, nuove esplosioni rimbombarono dietro di noi facendo tremare tutto l’edificio. Dovevano aver attaccato di nuovo, pensando di averci in pugno, sepolti sotto le macerie, o almeno indeboliti…
-Non voltatevi. Proseguiamo- ordinò Desarm, alzando la voce per sovrastare il frastuono.
Sentimmo delle urla. Un bagliore di luce abbracciò il corridoio alle nostre spalle, arrivando quasi fino a noi; per un attimo si spense, ma poi tornò a splendere, ancora più accecante: tingendosi di rosso e dorato, si distese e si snodò lungo le pareti, assumendo la forma di un drago.
La figura aleggiò per pochissimi secondi e, quando si spense per la seconda volta, non tornò più.
Burn sembrava sul punto di fermarsi, ma stavolta fu Afuro a strattonarlo.
-Proseguiamo, Haruya… Se mi volto indietro adesso, non riuscirò più a proseguire- lo esortò. Sembrava che avesse anche qualche difficoltà a camminare. Burn gli mise prontamente un braccio intorno alla vita per supportarlo, poi si girò e guardò dritto davanti a sé, determinato.
-Riporteremo Gazel indietro, te lo prometto- disse. Afuro annuì, sforzandosi di ricacciare indietro le lacrime.
 

Riuscivamo già a scorgere la porta che Buffalo ci aveva indicato. Non era per nulla nascosta, il che mi rese subito sospettoso e, a quanto pareva, non ero l’unico.
Desarm si parò davanti a noi e stese un braccio per bloccare la strada.
-Reize- mi chiamò sottovoce -ho bisogno che tu mi dica cosa senti in questo momento.
Chiusi gli occhi per un istante e annuii. In quel punto, avvertivo la presenza di Hitomiko più forte che mai; le sue emozioni erano così intense da darmi quasi la sensazione di essere punto da mille spine. Alzai lo sguardo verso Desarm e di nuovo feci cenno di sì col capo.
-Diamoci da fare, allora- mormorò lui.
Dopo averci guardati uno ad uno, valutando chi di noi potesse farcela, scelse Gouenji e Burn. Prima ancora che Burn potesse reagire, Afuro iniziò a districare l’abbraccio per fargli spazio.
-Vai- gli disse, piano, e gli strinse forte una mano. Burn annuì e, insieme a Gouenji, seguì Desarm verso la porta.
Mi mossi subito per offrire ad Afuro una spalla a cui appoggiarsi in assenza di Burn. Lui mi scoccò un’occhiata grata, tuttavia mi premette una mano sul petto e mi allontanò con delicatezza.
-È meglio se non mi stai così vicino- disse, con il viso chino ed i capelli che gli scendevano davanti agli occhi. -Le mie emozioni, adesso… potrebbero essere un po’ troppo per te.
Scossi il capo, strinsi la sua mano e mi passai il suo braccio attorno alle spalle.
-Non è niente. Se tu puoi sopportarlo, posso farlo anch’io. Lasciati aiutare.
-Sei troppo buono, Midorikawa- sussurrò Afuro. Abbassò ancora di più il volto, rendendo quasi impossibile vedere la sua espressione. Mi accorsi che gli tremavano le labbra, che le mordeva pur di non scoppiare in lacrime.
Incrociai lo sguardo di Kazemaru; al suo sguardo interrogativo, risposi solo con un cenno del capo. Un attimo dopo, lui e Endou arretrarono fino a mettersi davanti a me e Afuro, come a farci lo scudo.
Intanto, Desarm, Gouenji e Burn stavano cercando il modo di aprire la porta che, sebbene in bella vista, non era certo facile da aprire: ricoperta di acciaio, disponeva di numerosi tre lucchetti a combinazione. Non avevamo tempo da perdere in decifrazioni di codici o password, per cui Desarm optò per il piano B.
-Abbattetela- ordinò, e dallo sguardo di Burn era chiaro che non stesse aspettando altro.
-La ridurrò in cenere- soffiò, poggiando una mano contro la superficie metallica. Si girò verso Gouenji. -Cerca di starmi dietro. Per come mi sento adesso… non credo riuscirò a controllarmi- lo avvisò, con uno scintillio negli occhi.
Gouenji si sfilò il guanto dalla mano destra; finora aveva sempre combattuto senza toglierli.
-Non devi preoccuparti di questo. Anch'io dubito di riuscire a trattenermi- ribatté. La sua voce era controllata, ma la mascella contratta e lo sguardo acceso tradivano il suo reale stato d’animo.
Non perse neanche un attimo e, con uno schiocco di dita, incendiò uno dei lucchetti, causando una piccola esplosione di scintille. Il congegno cadde a terra e sulla porta, al suo posto, restò una macchia di bruciato da cui esalava un filo di fumo. Le labbra di Burn si incurvarono in un sorriso distorto.
-Capisco. Facciamo sul serio, allora- sibilò, poi poggiò anche l’altra mano sulla porta.
Trattenni istintivamente il fiato. Endou e Kazemaru ebbero la mia stessa reazione. Afuro tacque, mentre Desarm si allontanò saggiamente dalla porta, osservando da qualche metro più in là.
Il corpo di Burn era completamente avvolto di fiamme, fino alla punta dei capelli, che ondeggiavano come il fuoco di un camino, con mille sfumature luminose. Cercare di guardarlo direttamente era accecante. La temperatura nel corridoio cominciò a salire, per fortuna non al punto di diventare soffocante; in contraddizione con le sue parole, nei fatti Burn stava trattenendo almeno l’energia necessaria a non trasformare quel posto in una fornace. Sentivo il sudore scorrermi sulla fronte, nel colletto della maglia, lungo la schiena. Non sembrava che le fiamme provenienti dal suo corpo lo disturbassero, o che facessero male. Burn, pensai. Bruciare. Era nel suo elemento.
Dopo alcuni minuti di resistenza, il metallo iniziò a cedere, ad arrossarsi. Gouenji eliminò gli altri lucchetti presenti, poi premette a sua volta la mano nuda sulla superficie, per niente spaventato dalla sua iridescenza o dal fatto che dovesse essere più che bollente. Così come Burn, Gouenji non aveva paura di scottarsi. Il suo corpo non si ricoprì di fiamme, ma le sue dita erano piccoli turbini di fuoco che penetravano come trivelle nell’acciaio.
La porta cominciò lentamente a sciogliersi come fosse stata di burro, mentre una nuvola di fumo grigio saliva verso l’alto, inghiottendo Burn e Gouenji. Intravidi la sagoma di Burn spegnersi, letteralmente, mentre le fiamme che lo avvolgevano si diradavano. La temperatura, una volta raggiunto il suo picco, iniziò a calare lentamente.
-Gazel! Gazel!- Chiamando il compagno quasi con disperazione, Burn scavalcò i resti della porta in un balzo e si gettò nella stanza senza aspettare che lo raggiungessimo o che Desarm desse un qualsiasi ordine. Desarm e Gouenji, più vicini, furono i primi a seguirlo di corsa.
Endou si posizionò dall’altro lato di Afuro, si passò l’altro suo braccio sulle spalle e mi rivolse uno sguardo determinato. Con il suo aiuto, e Kazemaru che ci guardava le spalle, mi incamminai verso la stanza portando con me Afuro che zoppicava.
La prima camera in cui ci trovammo era ampia e spaziosa, tuttavia spoglia, vuota. Gli unici oggetti presenti erano un orologio da parete, appeso troppo in alto perché potessimo arrivarci, ed un tappeto che era stato scalciato in un angolo, per assicurarsi che non nascondesse una botola o altri passaggi segreti. Ora, Burn, Gouenji e Desarm stavano osservando le pareti.
-Deve averci mentito!- sbottò Gouenji, strinse i pugni con frustrazione.
-No- ribatté Afuro, stanco, ma ancora combattivo. -Non avrebbe potuto… Era sotto il mio potere e gli ho fatto delle domande precise. Non poteva mentirmi.
-Se ha detto la verità, allora dobbiamo solo cercare- concluse Desarm. -Sparpagliamoci, la stanza è grande, ma non enorme. Non dovremmo metterci molto.
Mi morsi l’interno della guancia. Il mio istinto mi diceva che Hitomiko si trovava lì, dietro uno di quei muri, tuttavia, ora che era così vicina e le sue emozioni così pungenti, individuarla in modo netto era più difficile del previsto. Stavo affogando nelle sensazioni. Scossi il capo ed il mio sguardo scivolò su ogni parete, in cerca di una distrazione per sgombrare la mia mente e ricominciare daccapo. Non cercavo nulla di preciso, ogni dettaglio poteva essere utile. Gli indizi avrebbero potuto trovare dappertutto, ad un palmo dal nostro naso.
I miei occhi passarono oltre l’orologio, ma vi tornarono subito. Era impossibile che segnasse l’ora giusta. Non sapevo perché quel dettaglio mi disturbasse. Potevano essere passate al massimo un paio di ore da quando eravamo entrati nell’edificio. Mi costrinsi a smettere di fissarlo e ripresi ad osservare i dintorni. Dove potevano aver nascosto due persone, in una stanza così? C’era qualcosa di decisamente innaturale. Tornai di colpo a guardare l’orologio, preso da un dubbio: come pensavo, era perfettamente immobile.
Mi scostai da Afuro per potermi avvicinare e, osservandolo da sotto, mi resi conto che quell’oggetto non aveva il minimo spessore. Abbassai lo sguardo, poggiai con cautela la mano contro la parete davanti. Ora ne ero certo.
Mi allontanai rapidamente ed estrassi la mia pistola dal fodero.
-Ragazzi- dissi, ad alta voce per farmi sentire da tutti -penso di aver trovato il trucco.
Consapevole di avere l’attenzione di tutti, sparai un singolo proiettile, ben centrato, contro la lastra di vetro che avevo di fronte. Era stata posizionata ad arte, truccata in modo da fondersi col resto della stanza e darci l’impressione che fosse del tutto reale. Lo sparo fece tremare la superficie, aprì al suo interno un singolo foro, dal quale però si allargarono decine di fratture, finché il vetro non andò in pezzi davanti ai nostri occhi. Si frantumò in un soffio, svelandoci la presenza una seconda porta interna. Non appena fu visibile, Burn mi superò di corsa, calpestò i vetri, non gli importava. Fece saltare in un’esplosione di scintille la maniglia della porta e la spalancò gridando il nome di Gazel.
Lo seguimmo subito, Desarm in testa al gruppo.
In un angolo di quell’angusto stanzino, c’erano i nostri amici. 
La sensazione di sollievo generale si smorzò bruscamente non appena notammo che nessuno dei due si muoveva. Hitomiko era seduta, con la schiena appoggiata ad una parete, rannicchiata su se stessa; il suo respiro era pesante, affannoso. Gazel giaceva svenuto a pochi centimetri da lei.
Burn si gettò in ginocchio a fianco a Gazel.
-È soltanto svenuto- lo rassicurò Hitomiko con voce rauca. Il suo volto era privo di colore, gli occhi lucidi e arrossati. Burn spostò lo sguardo da Gazel a lei e i suoi occhi si spalancarono per lo stupore.
-Lei… La sua gamba…- esclamò, strozzato. Non riuscì a dire altro, ma le sue parole bastarono ad allarmare Desarm. In un attimo, l’uomo fu al loro fianco, in ginocchio accanto a lei.
-Fratturata, forse- soffiò Hitomiko d’un fiato. Il suo pantalone era strappato in più punti lungo la gamba destra, la pelle gonfia e tumefatta.
Desarm strinse i denti e le prese il volto tra le mani, accarezzandole le guance e scostandole i capelli dal viso umido di sudore e lacrime.
-Tra poco sarai fuori da qui, sarai al sicuro, te lo prometto- le disse, con voce carica di emozione.
-Osamu…- mormorò Hitomiko, poi chiuse gli occhi, abbandonandosi a lui. Non aveva la forza di aggiungere altro, ma almeno era sollevata di essere in mani fidate. Desarm la osservò ancora per un istante, poi si sfilò la giacca, la strappò e la usò per fasciarle la gamba, usando quanta più delicatezza possibile per non farle male. Nessuno di noi osava fiatare.
Una volta terminato il lavoro, Desarm si rialzò e si asciugò il sudore dal viso. Aveva un’espressione combattuta.
-La cosa migliore da fare è separarci qui- disse infine, spostando lo sguardo su ognuno di noi.
-Dobbiamo ricongiungerci con le squadre di Urupa e Kruger, ma anche assicurarci che gli ostaggi siano sani e salvi è una priorità. Burn, Afuro, Gouenji-. Si girò verso le persone che aveva interpellato. -Prendetevi cura di Hitomiko e Gazel. Parlerò con il comando e farò in modo che la mia squadra venga a prendervi. Mentre non ci sono, Afuro, tu hai il comando di questo gruppo.
Fece una pausa, trattenendo le parole che voleva dire. Afuro capì ugualmente.
-Ero il secondo di Chang Soo. Non la deluderò- disse. -Sono ferito, ma posso comunque usare il mio potere.
Per una manciata di secondi rimasero a fissarsi. Desarm distolse lo sguardo per primo; lasciare Hitomiko da sola nel momento del bisogno doveva costargli moltissimo, ma non aveva scelta. Aveva una missione da svolgere, l’incarico che Chang Soo gli aveva affidato di persona.
Si voltò, tornò nell’altra stanza e cominciò a parlare rapidamente nel proprio microfono. Non avevamo la possibilità di sentire la risposta dall’altro lato; a quanto pareva, le Spy Eleven avevano una linea privilegiata, chiusa, che soltanto loro potevano usare per comunicare: era una telefonata privata.
Una volta che aveva finito, Desarm si affacciò alla porta.
-Afuro, restate nascosti. Salvo imprevisti, la mia squadra arriverà a breve, assieme a quella di Ardena... Non abbassate mai la guardia- esclamò, poi si voltò verso di me.
-Reize, Kazemaru, Endou... Voi siete con me. Proseguiamo.
Endou strinse le mani di tutti prima di lasciare la stanza, augurando loro buona fortuna.
Mi voltai un’ultima volta indietro, sulla porta, poi insieme a Endou e Kazemaru seguii Desarm fuori dalla stanza e nel corridoio. Speravo con tutto il cuore che riuscissero a uscire sani e salvi, che per una volta tutto sarebbe andato liscio come l’olio. Tutti avevamo bisogno di almeno un pizzico di speranza, quella notte.



 
~Angolo dell'Autrice~
Buongiorno! Come al solito, i miei aggiornamenti sono molto sporadici, chiedo perdono ;u;
Però porto buone notizie, ovvero: 1.) Ho già iniziato a scrivere il capitolo 45 e, dal momento che i due capitoli successivi sono in realtà già scritti, non dovrei metterci un altro anno a finire questo arc (lol); 2.) Ho quasi finito anche una delle storie spinoff che avevo intenzione di pubblicare, quindi vi svelo il progetto. Sarà una raccolta di spinoff, sia prequel che sequel, intitolata "Spy Eleven: Alternative". Il primo capitolo sarà un prequel sui Fubuki!
Passando a parlare di questo capitolo: 
Intanto, spero che sia stata una buona lettura. Mi dispiace per Chang Soo, ma in verità avevo pensato a questo svolgimento per il suo pg fin da quando l'ho fatto apparire in No Light (infatti, troverete il parallelo riguardo alla frase sui rimpianti che Burn dice a Chang Soo in questo capitolo). Penso che sia uno dei miei personaggi preferiti di questo capitolo, insieme ad Afuro e Desarm. Afuro è il più figo di tutti (sì) e non è stato facile rendere quanto sia vulnerabile. Come dire, Afuro è un personaggio che riesce ad essere forte anche nelle situazioni disperate, ma allo stesso tempo è molto fragile. Per quanto riguarda Desarm, spero di essere riuscita a far capire il contrasto che sta vivendo tra i suoi sentimenti personali e il suo senso del dovere. Midorikawa è l'unico ad essersi accorto di questo contrasto, per cui ho cercato di far emergere i sentimenti di Desarm quanto più possibile attraverso il POV di prima persona.
Nei prossimi capitoli appariranno di nuovo alcuni membri del Team Garshield, in caso di dubbi sui pg vi rimando alla wikia!
Al prossimo aggiornamento,
 Roby


 
   
 
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