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Autore: heliodor    22/03/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Fuggire per sempre
 
Raggiunse il centro dell'accampamento, dove erano ancora riunite una trentina di persone.
Alcuni sedevano, altri erano in piedi. Un paio discutevano tra loro in maniera animata. Uno, Serime, la fissava con odio.
Galadiel invece la ignorava, guardando altrove.
Maera l'accolse con espressione neutra. Joyce non riuscì a capire dal suo viso se era arrabbiata con lei.
Subito si formò un cerchio attorno a Joyce. Lei guardò i visi in attesa delle sue parole. Non era la prima volta che parlava a una folla, ma mai le era capitato di farlo nell'imminenza di una battaglia.
"Che cosa vuole la straniera?" chiese una donna dai capelli bianchi e la pelle raggrinzita.
"Non ha il diritto di parlare" disse un uomo dal viso paffuto.
"Ascoltiamola" disse una donna dagli occhi chiari.
"Io la conosco bene" disse Serime. "È una vigliacca e un'arrogante. È fuggita durante la battaglia."
"Non è vero" disse Olfin. "Mostragli la cicatrice."
"Da quando è arrivata non abbiamo avto altro che guai" aggiunse Serime ignorandolo. "La dea è adirata con noi per averle dato ospitalità."
"Ci ha avvertiti dell'attacco all'avamposto" disse un uomo di mezza età con un occhio bendato.
Arwel alzò le braccia. "Lasciamo parlare Sibyl. Non è una di noi, ma si è guadagnata il nostro rispetto."
Quasi tutti annuirono. Solo Serime e un paio tra i più ritrosi scossero le teste.
"Puoi parlare" le disse Arwel.
Joyce annuì e dopo aver schiarito la voce disse: "So che avete paura. So che non volete vedere i vostri cari soffrire. E so che non siete dei vigliacchi. Volete fare la cosa giusta, ma andarsene e fare finta di niente non è la soluzione."
"Tu che cosa ci consigli di fare, kodva?" fece Serime con tono di sfida. "Restare e farci massacrare tutti per un pugno di inutili sassi?"
A quella frase ricevette più di un'occhiataccia, ma anche numerosi cenni di assenso.
"Forse per te e per me saranno solo dei sassi" disse Joyce. "Ma per molti alfar significano tutto."
"Che cosa vuoi saperne tu?" urlò Serime.
"Io non so niente della vostra dea e, se devo essere sincera, nemmeno ci credo."
A quella frase quasi tutti i presenti scossero la testa e si levò un mormorio ostile.
"Ma so che Rancey vuole quello che si trova all'interno del santuario. Rancey è la stessa persona che si è alleata con Gajza per massacrarvi e che non esiterebbe un istante ad attaccare i vostri avamposti, come ha fatto con quello di Arwel."
"Non è la nostra guerra" disse Serime.
"Adesso lo è" ribatté Joyce. "Siete fuggiti quando i maghi supremi vi hanno scacciato da Ellor. Siete fuggiti quando gli stregoni hanno dato la caccia ai maghi supremi. Se fuggite adesso, lo farete per sempre."
Sui presenti calò un pesante silenzio. Persino Serime tacque, l'espressione accigliata.
Joyce guardò in alto, dove il sole stava già calando. "Devo andare" disse ad Arwel.
Fece per muoversi, ma Serime le bloccò il passo.
"Dove credi di andare?"
Joyce cercò di superarlo, ma venne bloccata da altri due alfar. "Lasciatemi" protestò.
"Per andare da Gajza e Rancey e riferirgli tutto quello che hai scoperto?" chiese Serime. "È chiaro che sei qui solo per spiarci."
"Non è vero" protestò.
"Lo decideremo in un processo" disse l'alfar.
"Se non torno prima del tramonto uccideranno Leyra."
"Altre bugie. Sei una fonte inesauribile."
Maera si frappose tra lui e Joyce. "Sibyl è libera di andarsene."
Serime le rivolse un'occhiata piena di disprezzo. "Tu non hai l'autorità."
"Invece sì. Qui siamo nel santuario e comando io. Tu sei solo un ospite, non dimenticarlo."
Serime lasciò il braccio di Joyce. "Sei sua complice."
Maera scrollò le spalle. "Torna da Gajza e restaci" disse scortando Joyce verso il confine dell'accampamento.
"Cosa devo dirle?"
"Quello che vuoi, non credo che cambierebbe le cose."
"Ma potrebbe."
"Adesso vai."
Joyce esitò. "Combatterete?"
"Io combatterò. Per il santuario, non per la guerra tra i kodva." Tornò verso il centro del campo.
Joyce la guardò allontanarsi, poi si voltò e procedette verso il confine dell'accampamento. Stavolta procedette con passo veloce. Voleva arrivare molto prima del tramonto per non dare a Gajza una scusa per fare del male a Leyra.
Prima ancora di arrivare in viste delle tende due soldati la scortarono a destinazione. Apparvero all'improvviso sul sentiero, senza che lei se ne accorgesse.
Se avessero voluto ucciderla ci sarebbero riusciti senza alcuno sforzo. Come poteva essere così distratta? Doveva imparare a guardarsi attorno e cogliere ogni minimo rumore se voleva sopravvivere.
La portarono alla tenda di Gajza.
All'interno, la strega l'attendeva insieme a Eryen e Rancey.
Questi in paritcolare aveva un'espressione più tronfia del solito.
"Dov'è Leyra?" chiese subito Joyce.
"Sta bene" rispose Gajza.
"Voglio vederla."
"La vedrai dopo. Ora dimmi che cosa hanno deciso."
"Non lo so" disse Joyce.
Gajza le scoccò un'occhiataccia. "Non era la risposta che mi attendevo."
Joyce era troppo stanca ed esasperata per pensare alle buone maniere e alle conseguenze delle sue parole. "È l'unica risposta che avrai, perciò dovrai fartela piacere."
"Attenta a quello che dici" disse Gajza minacciosa.
"Sono alfar, che cosa ti aspettavi che facessero? Quando sono andata via stavano ancora votando su cosa fare."
Gajza sospirò. Lanciò un'occhiata a Rancey, che annuì. "È vero, sono alfar. Non dovevo aspettarmi un modo di fare diverso. C'è altro che vuoi dirmi?"
"Qualcuno combatterà" disse Joyce. "Non importa cosa gli offrirai in cambio. È l'unica cosa certa."
Gajza annuì. "Avevo previsto anche questo." Guardò Rancey. "Attaccheremo domani all'alba. Colpiremo il perimetro dove è più debole."
Rancey sembrò pensarci su. "Tra le due colline?"
Gajza annuì. "Gli esploratori dicono che è un terreno a noi favorevole e potremo sfondare le loro difese senza alcuna difficoltà. Sarà una vittoria facile e veloce." Guardò Joyce. "Sei ancora qui? Eryen, portala alla sua tenda e che ci resti."
Eryen la scortò fuori senza tanti complimenti. "Quando avremo vinto, mi occuperò io stesso della tua amica alfar" disse con un ghigno.
"Prima dovrai vedertela con me" rispose Joyce a denti stretti.
Eryen rise. "Nemmeno se fossi legata e incappucciata potresti battermi."
"Quante ore sei rimasta in quella cella puzzolente a chiedere aiuto?" le chiese Joyce con un mezzo sorriso.
Eryen tornò seria. "Quella volta mi hai colta di sorpresa. Non accadrà più."
La spinse in malo modo fino alla tenda.
Joyce vi entrò e fu sollevata dal vedere Leyra accoccolata in un angolo, sulla stuoia.
Non appena la vide entrare balzò in piedi. "Nidda. Ce l'hai fatta."
"Purtroppo ho fallito, temo. Volevo evitare la battaglia ma temo che sarà un disastro."
"Sono certa che hai fatto quello che potevi."
Joyce sedette con le gambe incrociate. "Ho visto Indis e Olfin. E anche Galaser sta bene."
"Ma è meraviglioso" disse Leyra felice.
"Hai rivisto Diroen?"
Leyra divenne di nuovo triste. "No."
"Devo dirgli che Therenduil è ancora vivo."
"Taras Therenduil? Ma Diroen ha detto di aver visto il suo corpo."
"Si è sbagliato. O ci ha mentiti. O forse gli è stato riferito così. Non ha importanza. Niente ce l'ha. Tra poche ora saranno tutti morti."
"Che dici?"
"Gajza vuole attaccare. So anche dove lo farà, ma non posso avvertire Maera e Arwel. Se ci riuscissi potrebbero prendere di sorpresa Gajza."
"Non c'è modo per andarsene. Anche diventando invisibili, uno degli stregoni di guardia fuori dalla tenda ha la vista speciale. Ci scoprirebbero subito."
"Dobbiamo pensare a qualcosa" disse Joyce. Nei romanzi d'avventure il protagonista riusciva sempre a inventare un diversivo per distrarre le guardie e fuggire.
Lei che cosa poteva fare?
Era quasi certa che qualsiasi mossa avrebbe provocato una reazioen violenta da parte delle guardie.
Gajza poteva anche aver dato l'ordine di ucciderle al minimo tentativo di fuga. Se fossero morte in maniera stupida o facendo qualcosa di avventato non avrebbero potuto avvertire quelli che difendevano il santuario.
Doveva trovare il modo di uscire dalla tenda e tornare al santuario, ma non da sole. Se lei o Leyra fossero rimaste indietro, Gajza non avrebbe esitato a vendicarsi.
Lo disse a Leyra.
"Lo penso anche io" disse l'alfar. "Ma se non ci fosse altro modo?"
Joyce si accigliò.
"Potrei fare da esca" suggerì Leyra.
"Perché proprio tu e non io?"
"Io conosco meglio la foresta e so muovermi più velocemente. Potrei portarli lontano in modo da darti il tempo di raggiungere il santuario."
"Non mi piace come idea" disse Joyce, ma doveva ammettere che era buona. Non la migliore, ma in mancanza d'altro... No, si disse, non voleva rischiare la vita di Leyra per salvare la sua. Dovevano trovare un altro modo. "Aspettiamo."
"E poi? Mentre siamo qui al santuario verranno colti di sorpresa."
"Maera ha delle buone spie."
"Anche gli uomini di Rancey sono bravi. Non quanto noi, ma potrebbero arrivare alle due colline senza dare il tempo a Maera e i suoi di prepararsi."
"Pensiamo a un'altra soluzione." Joyce non voleva prendere in considerazione un sacrificio. Era stupido, ma ormai aveva deciso e non sarebbe tornata indietro.
Leyra sospirò. "Lo so a che cosa stai pensando, ma credimi, per me sarebbe un onore sacrificare la vita per la difesa del santuario."
"Gente come Serime non la pensa allo stesso modo" disse Joyce. "E se proprio vuoi sapere la verità, non riesco a dargli torto."
"Tu non puoi capire."
"Credimi, ci sto provando. So che per voi quel luogo è importante, ma è solo un posto come tanti."
"Non è così, è molto di più. È il lascito della dea Lotayne."
"Mi chiedo che cosa speri di trovare Rancey lì dentro" disse Joyce per cambiare discorso.
"Qualunque cosa sia, non deve averla. Per questo bisogna fare di tutto per difendere il santuario."
Su quel punto Joyce era d'accordo, ma sacrificare tutte quelle vite l'atterriva. Lo vedeva come uno spreco immenso. Nei libri di storia aveva letto di guerre e conflitti. Gli uomini avevano sempre lottato per la terra, per il potere o per le loro divinità, ma quel conflitto era ancora più assurdo degli altri. Che cosa voleva Malag? Che cosa cercava in un luogo abbandonato da migliaia di anni?
All'improvviso le venne in mente una cosa. "Leyra... e se qualcuno entrasse nel santuario e prendesse ciò che Rancey sta cercando?"
"Sarebbe terribile" rispose la ragazza rabbrividendo. "Non voglio neanche pensarci."
"Ma se non ci fosse altro modo?"
"Nessuno di noi oserebbe violare il santuario."
"E se fosse uno straniero?"
Leyra ci pensò a lungo prima di rispondere. "Potrei ucciderlo con le mie mani" disse guardandola dritta negli occhi. 
Joyce non riuscì a reggere quello sguardo e distolse gli occhi. "Era solo per chiedere." Si distese sulla stuoia. "Provo a dormire. Sono esausta."
Leyra non rispose.
Ore dopo, destandosi da un leggero sonno, si accorse che la tenda era immersa nel buio.
"Bryce?" domandò.
Un'ombra si mosse accanto a lei. "Sono qui. Sono Leyra."
Joyce fece una smorfia di delusione. Si alzò a sedere a gambe incrociate. "Stavo sognando."
"È una persona a cui tieni?"
Joyce annuì.
Dall'esterno giunse il rombo di un tuono, così forte e improvviso da farle sussultare.
Joyce scattò in piedi, i sensi tesi all'ascolto di quanto stava succedendo fuori dalla tenda. Udirono urla e ordini gridati a squarciagola.
"Che succede?" chiese a Leyra.
La ragazza alfar si affacciò all'entrata scostando il velo che la chiudeva. Quando si voltò il suo sguardo era colmo di sorpresa. "Non c'è nessuno di guardia."
Uscirono nel buio rischiarato dalla torce e dai falò accesi dai soldati.
L'accampamento era in preda all'agitazione. Soldati e streghe sciamavano in ogni direzione, diretti chissà dove.
"Da questa parte" gridò qualcuno.
"Ci attaccano" rispose un altro.
"Taras Arwel deve avere atteso il buio per tentare una sortita" disse Leyra.
Il primo istinto di Joyce fu di rientrare nella tenda e attendere che la battaglia si concludesse. Dominò quel desiderio e si costrinse a valutare la situazione. "Posssiamo approfittarne per scappare."
Leyra annuì decisa. "Nessuno bada a noi" disse lanciando dei rapidi sguardi verso i soldati che correvano verso il confine dell'accampamento.
"Andiamo" fece Joyce avviandosi nella direzione opposta.
 
Leyra si muoveva nel buio con abilità consumata. Il suo passo era così leggero che se si fosse distratta, Joyce l'avrebbe persa di vista.
"Da questa parte" disse la ragazza alfar richiamando la sua attenzione con un gesto della mano.
Joyce la seguì cercando di mantenere il passo, ma era stanca e faticava persino a non perderla di vista. Un paio di volte temette di essere rimasta da sola ma in entrambe le occasioni Leyra tornò indietro a prenderla.
"Cerca di tenere il passo" la incalzò lei.
Joyce sbuffò e ansimò. "E tu cerca di non esagerare."
"Dobbiamo arrrivare al santuario prima dell'attacco."
"A questo punto non credo che avverrà prima di domani" disse Joyce. C'era tutto il tempo di avvertire Arwel e Maera e preparare il contrattacco.
Leyra la portò su un sentiero appena visibile. Camminarono per un paio d'ore, fermandosi più volte per tornare indietro e fare un giro più largo.
"Nessuno ci sta seguendo" disse Leyra.
"Devono essere tutti impegnati nell'attacco a sorpresa."
Leyra annuì.
Solo quando raggiunsero il santuario Joyce si sentì al sicuro.
Due guardie le fermarono prima di entrare nell'accampamento vero e proprio. Riconobbero suito Leyra e le scortarono da Maera.
La donna era nella sua tenda e non era sola. Con lei c'erano Arwel, Serime e persino Therenduil, più una dozzina di alfar che non conosceva se non di vista. Era sicura che fossero alla riunione quella mattina.
Arwel sussultò alla vista di Leyra. Tra le due ci fu un lungo abbraccio. "Come vi siete liberate?"
"Te lo racconteremo dopo" disse Leyra. "Ora devi sapere che cosa ha scoperto Sibyl."
Gli occhi dei presenti si posarono su Joyce.
"Gajza e Rancey stanno per attaccare" disse dopo qualche istante di silenzio. "Intendono passare tra le due colline."
"È uno dei nostri punti deboli" disse Maera.
"Ma è anche un ottima posizione per tendere un agguato al nemico" disse Arwel con lo sguardo concentrato.
Maera annuì. "È una gola stretta e scomoda. Abbiamo messo poche guardie da quella parte perché non ci aspettavamo un attacco."
"Gajza vuole prenderci di sopresa, ma sarà lei a subirne le conseguenze." Arwel batté il pugno sul tavolo. "La colpiremo duramente con tutte le nostre forze."
"È una follia" disse Serime.
Tutti lo guardarono.
"Volete fidarvi di questa straniera? E se fosse una trappola?"
Joyce stava per rispondergli per le rime, ma fu anticipata da Leyra. "Sibyl non ci ha mai mentito" disse con tono di sfida.
"Io mi fido di lei" disse Arwel.
"Anche io" le fece eco Maera. "Seguiremo il tuo piano" le disse. "Vado a radunare i taras di tutti gli avamposti."
Mentre Maera usciva dalla tenda, Arwel si avvicinò a Joyce. "Alla fine la maggior parte degli avamposti ha deciso di restare e combattere."
Joyce sorrise.
"Non vantarti troppo" l'ammonì Serime. "Ci stai trascinando in una guerra che non è la nostra."
"Malag è in guerra con tutti i popoli liberi" disse Joyce.
"Davvero? E tu che cosa ne sai?"
Joyce non si era attesa quella domanda. Di solito bastava nominare l'arcistregone per convincere l'interlocutore. Tutti sapevano della sua crudeltà. "Lo so e basta."
"E questo chiude il discorso, vero? La piccola kodva sa tutto" fece Serime con tono sarcastico.
"Rancey serve Malag e guarda che cosa vi ha fatto."
"Rancey è un kodva come tutti gi altri" disse Serime con rabbia. "Per noi non fa alcuna differenza."
"Non siamo tutti uguali."
Per tutta risposta, l'uomo si voltò e uscì dalla tenda.
"Non parla a nome di tutti noi" disse Leyra.
"Lo so" fece Joyce. Serime si sbagliava ed era intenzionata a dimostrarglielo. Era il modo migliore per convincere anche gli altri alfar a passare alla causa dell'alleanza.
Fuori dalla tenda, i taras si stavano radunando.
"Stiamo mandando delle staffette" spiegò Maera. "A tutti i guerrieri e gli stregoni. Ci vorrà qualche ora perché ci raggiungano. Nel frattempo, useremo le forze che abbiamo qui per attirare Gajza in trappola."
"Dobbiamo farle credere che non sappiamo del suo attacco" suggerì Therenduil.
"Ci posizioneremo alla fine della gola" disse Arwel. "Poche forze, lo stretto necessario per non destare sospetti. Li guiderò io stessa, col permesso di Maera."
L'alfar annuì. "Io prenderò il comando delle forze dall'altro lato della gola. Quando Gajza e Rancey avanzeranno, vi farete seguire opponendo una blanda resistenza e li porterete da noi."
"E poi?" fece Serime con tono polemico. "Vi superano almeno di sette volte. Come sperate di resistere?"
"Li porteremo nel punto più stretto e insidioso della gola" disse Maera. "Da lì possono passare al massimo due persone alla volta. Con un po' di fortuna li terremo impegnati per ore, dando il tempo ai rinforzi di arrivare e prenderli alle spalle mentre si trovano ancora nella gola."
Dai taras si levò un brusio di approvazione.
"È un buon piano" disse Therenduil. "Ma dobbiamo ancora discutere qualche particolare."
"A cosa ti riferisci?" chiese Maera.
"Qualcuno deve restare di guardia all'accampamento e al santuario, nel caso le difese non reggano."
"Io non sono d'accordo" fece Arwel. "È meglio concentrare tutte le nostre forze alle due colline. Avremo più possibilità."
"Ma se qualcuno riuscisse a passare..."
"Non succederà, ma se dovesse accadere..." Arwel guardò in direzione del sentiero che portava al santuario. "Vorrà dire che tutto sarà perso e non avrà più alcuna importanza."
Therenduil scosse la testa. "Non posso accettare questo modo di agire. Dobbiamo pensare a una seconda linea di difesa nel caso la prima non sia sufficiente."
"Non abbiamo abbastanza forze a disposizione" tagliò corto Maera. "Mettiamo ai voti la proposta e lasciamo che i taras decidano."
Joyce assistette in disparte alle votazioni.
I taras discussero per alcuni minuti, poi Maera disse a voce alta: "Chi è a favore della proposta mia e di Arwel alzi la mano."
La maggior parte delle mani si alzò. Joyce ne contò almeno trenta.
"Chi invece è d'accordo con Therenduil?"
Le mani si alzarono e Joyce ne contò una decina, comprese quelle di Therenduil e Serime.
"La decisione è presa" disse Maera.
Therenduil scosse la testa e andò via. Joyce lo vide allontanarsi diretto al santuario.
Maera guardò Arwel, che le fece un cenno con la testa. "Gli passerà. Deve solo convincersi che il nostro piano è il migliore."
Maera si rivolse ai taras. "Sapete tutti cosa dovete fare. Oggi dimostreremo ai kodva che non possono venire qui e prendersi ciò che vogliono."
Joyce guardò Leyra. "E adesso?"
"Adesso combatteremo" rispose la ragazza.

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