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Autore: Lady Lara    24/03/2018    2 recensioni
Tratto dall'incipit.
“Mi dispiace … mi dispiace veramente … ma il mio cuore deve restare di ghiaccio!”
La sua mente se ne stava facendo una convinzione e stava alzando dei muri spessi intorno a quel cuore. Ne aveva bisogno perché … perché quegli occhi verdi e quelle labbra di ciliegia, erano riusciti a scalfire quel ghiaccio irrimediabilmente!
Una giovanissima Emma Swan, studentessa universitaria, incontra "casualmente" un giovane che sconvolgerà la sua vita e la condizionerà nelle sue scelte professionali e sentimentali. Il destino è spesso crudele e la vita lascia traumi difficili da superare. L'amore a volte può essere un trauma, specialmente quando ti viene strappato agli albori, quando le speranze sono tante e i sentimenti sono potenti ma, una nuova possibilità fa risorgere la fenice dalle sue ceneri. Emma si chiederà come si è potuta ingannare e innamorare in breve così profondamente. Dovrà lavorare duramente su se stessa per erigere i muri che la proteggeranno, ma se la fenice risorgerà dalle sue ceneri? Sboccerà ancora l'amore? Sarà Emma la fenice? O sarà il bellissimo uomo misterioso che, da un quadro visto in un museo, tormenta i suoi sogni con i suoi magnetici occhi azzurri?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 17
 
 Amore inarrestabile
 
7 Agosto 2008. Dublino
Henry O’Danag aveva ascoltato suo nipote silenziosamente. Conosceva il suo lavoro, sapeva la necessità di tenerlo incognito, ma una delle cose di cui voleva parlargli, in quell’incontro dopo il pranzo, era la possibilità di rivelare anche a suo fratello maggiore Liam la verità, soprattutto ora che la famiglia si sarebbe ingrandita con l’entrata in scena della sua futura moglie.  Per l’altro argomento, di cui voleva parlare a Killian, non ce ne era stata necessità, poiché il giovane lo aveva anticipato, spiazzandolo con la sua conoscenza dettagliata sia dei fatti, che avevano visto la morte di sua madre Nora in quell’orribile incidente, sia per la conoscenza della famiglia delle altre vittime coinvolte.
 
“Strane coincidenze del destino!”
 
Henry vi aveva riflettuto sorridendo. Un nipote innamorato della figlia della sorella della vittima, poteva starci, ma anche l’altro nipote innamorato della figlia stessa della vittima,  era veramente un caso eccezionale e quasi incredibile! Quando poi Killian era passato a raccontargli come avesse incontrato Emma e come si fossero evolute le cose, con l’invischiamento del suo lavoro, la sceneggiata della sua morte e la scoperta che lei fosse incinta, beh! Lì Henry O’Danag era rimasto veramente senza parole.
 
– Zio, di qualcosa per favore!
 
Henry aveva alzato le sopracciglia sgranando leggermente i suoi occhi cerulei, aveva inspirato profondamente e si era passato la mano tra i capelli d’oro rosso, mandandosi indietro il ciuffo. Killian lo guardava con il fiato sospeso. Il giudizio di suo zio era sempre stato molto importante per lui, poiché Henry era la persona che più stimava al mondo. Il suo silenzio era come un macigno sul petto per il giovane.
 
– Hai una grande responsabilità verso Emma e tuo figlio Killian!
– Si, ne sono pienamente cosciente.
– Cosa intendi fare?
– Il mio dovere! Emma non è stata un’avventura per me.  Quello che sento per lei è qualcosa di forte e importante. Voglio che realizzi i suoi sogni, sia nello studio che nel lavoro. Se mi perdonerà, quando saprà la verità, ho intenzione di sposarla, dare a lei e al nostro bambino la famiglia che ha sempre desiderato.
– Come procederai? Per lei sei morto!
– Purtroppo dovrò aspettare di risolvere questo maledetto caso. È una situazione in cui sono coinvolti pesci molto grossi, scaltri e pericolosi. Lei ne doveva stare fuori. Non avevo calcolato di ritrovarla e innamorarmi così di lei. Non so cosa mi abbia fatto, ma ormai fa parte di me.  Per il momento non posso uscire allo scoperto, correrebbe pericoli anche lei e la devo proteggere.  Spero di chiudere il caso prima del parto.
– Quando dovrebbe arrivare il bambino?
– Per la metà di dicembre.
– Pensi di farcela per allora?
– Lo spero! Al momento le cose non sono andate come dovevano. È una situazione molto diversa dal solito. Sono stato coinvolto in prima persona.
– Sapevo che il tuo fosse più un lavoro di direzione, da stanza dei bottoni!
– Per lo più è così, ma questa volta abbiamo adottato una strategia diversa. Dovevamo aver concluso già da un paio di settimane, ma sono capitate delle coincidenze  e degli imprevisti che hanno mandato a monte l’azione.
– Ricordo che Emma dovette subire un intervento urgente con l’asportazione della milza. In quei casi ci possono essere delle controindicazioni per la gravidanza. Sta andando tutto bene?
– So i rischi! Mi sono documentato. Per il momento va tutto bene. Sono in contatto con il suo ginecologo.
– La tua deformazione professionale ti ha dato questa tendenza al controllo assoluto vedo!
– Purtroppo non riesco a controllare tutto! La gravidanza, nonostante le precauzioni, non sono riuscito a controllarla, ma sono felice all’idea di avere un figlio da lei.
– Non ci sono dubbi di sorta che tu la ami veramente!
– Io non ne ho mai avuti su di Emma! Lei è ciò che di più bello sia capitato nella mia vita!
– Spero vada tutto per il meglio Killian! Tu e tuo fratello meritate di essere felici e anche Emma, con tutto quello che ha passato … Ti coprirò con Liam come mi hai chiesto, ma conosci tuo fratello! Non potrai tergiversare a lungo con lui, non è meno intelligente e scaltro di te, lo sai. Inoltre lui, diversamente da te, ha un buon rapporto con Brennan, vorrà coinvolgerlo. 
– Quella di nostro padre sarà una buona scusa per giustificare la mia assenza! Tienimi al corrente dei suoi movimenti con Liam.
 
Guardando negli occhi suo nipote, Henry annuì con un cenno della testa. Poi si alzò dalla sedia della sua scrivania e si diresse verso l’armadietto dove teneva sempre qualcosa da bere, per le conversazioni private con Killian o altri. Quando si chiudeva nel suo studio con un ospite, che fosse un parente o un collega, sua moglie Janette sapeva che quella diventava per lei una stanza preclusa. Lì suo marito aveva il suo consenso di poter fumare un sigaro o bere un bicchiere con il suo ospite di turno.
 
– Ti va qualcosa da bere Killian?
 
Il giovane Capitano della D.E.A. sorrise.
 
– Credo proprio di averne bisogno zio, non è stato facile per me dirti della situazione!
 
Henry lo guardò ancora con i suoi occhi cerulei e annuì nuovamente. Immaginava che per suo nipote non fosse stato facile parlarne e non era facile nemmeno viverla quella situazione! Da uomo saggio e nel suo ruolo paterno per Killian, immaginava quanto fosse per lui duro stare lontano dalla donna che amava, sapendola in  attesa del suo primo figlio. Lui e Janette non avevano avuto figli loro, quel vuoto era stato colmato dai due adorati nipoti. Henry stimava e ammirava moltissimo suo nipote Killian, per le sue doti poliedriche e per il suo temperamento caratteriale. Durante l’ adolescenza aveva dovuto spesso confrontarsi con la sua impulsività e passionalità, cercando di aiutarlo ad indirizzare le sue forti pulsioni affettive, nel modo più razionale possibile. Non era stato facile per Henry, in quegli anni, capire cosa agitasse l’animo del ragazzo. Ora sapeva che Killian avesse scoperto fin da subito alcune verità e, sicuramente, il suo essere un giovane pulito, onesto e di sani principi, dotato di un’intelligenza fuori dal comune, lo avevano portato a soffrire della situazione, molto più di Liam, specialmente quando aveva ricevuto e scoperto le bugie degli adulti, se pur dette con l’intento di un suo bene.
 
Henry si chiedeva tra sé, mentre osservava Killian sorseggiare il rum che gli aveva versato in un bicchiere di cristallo, quanto, di ciò che avesse imparato dagli adulti, lo avesse portato a sviluppare lo stesso meccanismo. Anche Killian, ora, per il bene di Emma, aveva adottato il metodo della menzogna.
 
– So di averti deluso zio …
 
Killian parlava con gli occhi puntati al residuo di rum che aveva in mano, con la fronte corrucciata e due ombre scure sull’azzurro delle iridi, mentre se ne stava seduto sulla poltrona di fronte alla scrivania di Henry.
 
 – Deluso?! No, Killian … non è delusione ciò che provo! In fin dei conti mi hai spiegato bene le circostanze. Hai meno di trent’anni e sei innamorato. Ciò che vorresti con il cuore, è impossibilitato da un dovere maggiore e la tua razionalità ti ha fatto agire secondo quanto hai ritenuto più opportuno. Ma come vedi ci sono sentimenti incontrollabili, nonostante tutta la formazione che tu abbia ottenuto a Quantico. L’amore è inarrestabile … Quello che sento veramente è un senso di pena per la tua attuale impossibilità ad essere con la persona che ami e sono preoccupato, molto preoccupato, per il dopo. Per il momento in cui Emma saprà la verità …
- Lo sono anche io zio. La cosa che mi spaventa … è la possibilità che l’amore che provava possa diventare odio. So che non avrebbe tutti i torti, ma il suo rifiuto mi ucciderebbe!
– Non esagerare ora! E soprattutto non bendiamoci la testa prima! Io non posso conoscere il carattere di Emma, ma tu dovresti conoscerla abbastanza. Hai tu gli strumenti per renderti conto di come possano andare le cose con lei.
– Emma è la persona più pura che io abbia mai conosciuto zio. Nei pensieri e nei sentimenti …
- Spero che si mantenga così allora, significherebbe che hai buone speranze!
– Grazie zio … grazie per il tuo incoraggiamento!
 
***
Era passata una settimana dall’incontro con lo zio Henry e Killian ripensando alle parole di quello che considerava più un padre che uno zio, non poteva che ringraziarlo ancora. Si chiedeva come sarebbe cresciuto se non avesse avuto al suo fianco quell’uomo. Sapeva di avergli dato grandi soddisfazioni ma anche grandi pene. Suo zio era stato il confidente a conoscenza della maggior parte dei suoi segreti e non aveva mai mancato di dargli i suoi saggi suggerimenti e il suo supporto. Anche quando era partito per l’addestramento a Quantico, Henry aveva gestito la cosa tenendo all’oscuro il resto della famiglia. Insieme a Killian aveva preso degli impegni con l’F.B.I, che andavano assolti. Il Maggiore Lorna Stone aveva mantenuto le sue promesse e Killian era intenzionato a mantenere le proprie. Anche in quel periodo Henry gli aveva fornito la necessaria copertura, dicendo che il nipote doveva affrontare gli studi di Legge in America, cosa che era avvenuta veramente, ma con l’inserimento contemporaneo a Quantico.
In quegli anni Henry aveva provveduto al suo sostentamento economico e Killian aveva completato la formazione come agente speciale e come avvocato, ottenendo, a 20 anni d’età, la sua seconda laurea.
 
Era nel suo appartamento quel tardo pomeriggio di lunedì. Il caldo d’agosto si faceva sentire, nonostante il climatizzatore fosse acceso al massimo in quella stanza. Era la stanza più luminosa della casa e Killian, a dorso nudo, con solo i jeans addosso e i piedi scalzi ad assaporare il fresco del pavimento, stava dando gli ultimi ritocchi alla seconda tela che aveva completato. Si tirò indietro per guardare la sua opera e sorrise soddisfatto. Immerse il pennello nel solvente e stemperò il colore ad olio. Gli era venuta fame, guardò l’orologio, era quasi ora di cena! Un’insalata con del tonno in scatola poteva andar bene. Aveva voglia di qualcosa di fresco. Non si spiegò nemmeno lui il perché, ma a pensare a qualcosa di fresco gli venne in mente il sorriso di Emma e il suo viso giovane.
 
“Cosa starai facendo in questo momento amore mio? Sarai andata da Lorna? È lunedì in effetti e so che sei costante con lei! Ho voglia di sentirti, dovresti essere a casa ormai. Come Killian Jones posso chiamarti, anche se non devo esagerare!”
 
Si voltò verso il divano, dove aveva lasciato il suo cellulare. Era riuscito ad installare un congegno per alterare la voce, collegato al numero di telefono di Emma. Si avvicinò per prendere il cellulare e chiamarla a casa, ma lo vide illuminarsi ancor prima di suonare. Leggendo il nome di chi lo stava chiamando, una strana inquietudine gli diede un brivido lungo la schiena nuda, nonostante il caldo. Rispose immediatamente.
 
– Seb?! … Coosa?! Non è possibile! … Quando è successo? … Solo ora mi chiami? Sono passate ore! … L’uomo è morto? … Certo che ci sarà dietro Gold! Ne ha tutti gli interessi! … Ci sono testimoni? … Ovvio! Hanno aspettato il momento migliore! Sono stati più scaltri di noi maledizione! … Cosa fare? Me lo chiedi?! Ricerca a tappeto da parte anche della polizia ordinaria!
 
Killian chiuse la chiamata con un’espressione tetra in volto. Se la polizia non fosse  riuscita nel suo compito sarebbe stato troppo tardi! In un attimo realizzò che Emma fosse in serio pericolo, nonostante il suo fascicolo come testimone della morte di Kim Steward fosse stato segretato. Il cuore iniziò a battergli all’impazzata. Doveva chiamarla immediatamente. Fece il numero di casa sperando che fosse rientrata.
 
– Pronto?!
 
La voce allegra della cugina minore di Emma rispose al secondo squillo.
 
– Signorina Anna, salve!
– Signor Jones!
– Mi ha riconosciuto?!
– Si, ho buona memoria per le voci, specie per le belle voci!
– La ringrazio!
 
Killian aveva riso teso.
 
– Voleva parlare con Emma immagino!
– Si … è un po’ che non la sento e mi chiedevo come stesse e se fosse in casa …
- Emma sta benone, ma è fuori adesso, anzi è un po’ in ritardo devo dire, ma doveva fermarsi in un negozio per compere … ma non ha il suo numero di cellulare? 
- In effetti no Anna, potreb …
 
Anna, con il suo entusiasmo, non lo fece finire di parlare e gli dettò in due secondi il numero di Emma. Se Killian non lo avesse già saputo a memoria, non avrebbe fatto in tempo nemmeno a segnarselo, ma doveva fingere di non conoscerlo, come Jones non aveva mai chiesto il numero del cellulare ad Emma.
 
                             ***          
 
Emma sorrideva serena, mentre stringeva tra le mani quei batuffoli di lana bianca. Guardò dal finestrino dell’autobus e vide che stava per raggiungere la sua fermata, rimise nella tracolla ampia i gomitoli che aveva appena acquistato e l’uncinetto per lavorarli. 
Quella mattina si era alzata un po’ più tardi. L’Università era in pausa e lei aveva completato brillantemente gli esami del secondo anno. Voleva godersi quei giorni di vacanza e riposarsi, avrebbe fatto bene anche al piccino nel suo grembo. Ogni volta che lo pensava la sua mano scendeva ad accarezzarsi il ventre. Non le sembrava vero quel piccolo miracolo di vita dentro di lei. C’erano dei momenti che quasi non ci credeva, ma bastava ricordare l’ecografia e l’emozione meravigliosa provata, per tornare con i piedi per terra.
Quella mattina, scendendo nel salottino di sua zia, aveva trovato lei ed Anna a parlare fitto fitto, sedute sul divano con una rivista sulle ginocchia. 
 
– Cosa state leggendo di tanto interessante?
– Ehi! Pigrona! Ti sei alzata finalmente!
– Oh Emma! Anna ha preso poco fa in edicola questa rivista di moda per bebè!
– Moda per bebè?!
– Emma sapessi che cose dolcissime ci sono! Vieni a vedere!
 
Come al solito l’entusiasmo di Anna era alle stelle. Ora che finalmente aveva completato gli esami di maturità, la sua mente era tutta indirizzata ai progetti di un futuro matrimoniale con il suo Kristoff!  Emma si chiese se Anna non avesse iniziato a pensare di mettere in cantiere un piccolo Iceman, visto l’interesse per una simile rivista!
Nonostante sua cugina fosse più piccola di lei, il suo rapporto con Kris era molto maturo. Ambedue erano persone piuttosto pratiche e come il suo fidanzato, neppure Anna aveva intenzione di andare all’Università, preferendo inserirsi lavorativamente nell’azienda della famiglia di Kris.
 
– Non sono meravigliosi Emma?!
 
Anche lei era rimasta affascinata ad osservare quei piccoli indumenti indossati da bellissimi neonati. Alcuni abitini erano in lana, lavorata ai ferri o all’uncinetto. Ingrid amava lavorare a maglia e aveva puntato un modellino molto grazioso che poteva andar bene sia per un maschietto che per una femminuccia.
Emma aveva scherzato con la cugina facendo sgranare gli occhi ad Ingrid.
 
– Anna per caso aspetti un bambino anche tu?
– Magari!
 
Anna aveva sospirato rispondendo, rivelando un sincero desiderio.
 
– No eh! Una gravidanza per volta figliole! Ora dobbiamo pensare a te Emma! Anna dovrà aspettare almeno il matrimonio con il suo Kris, non facciamo scherzi mi raccomando!
 
Emma ed Anna si erano guardate in faccia ridendo.
 
– Ho comperato la rivista perché mamma me lo ha chiesto. Vuole farti degli abitini a maglia per il piccolino.
– Ma mamma non è un po’ prematuro? Non so nemmeno il sesso ancora!
– Ma che prematuro Emma! Voglio essere la prima a regalarti qualcosa per il piccolo, è una tradizione della nostra famiglia fare qualcosa a mano. Il bambino nascerà in dicembre e farà freddo. Una bella cuffietta e un abitino di lana lo terrà ben caldo. Bisogna iniziare a pensare al suo corredino!
 – Se lo dici tu, ma esistono tante cose già pronte! Quale vorresti fare di questi che hai visto?
– Questo qui all’uncinetto! La lavorazione è perfetta per abbinarci una cuffia e una copertina in tinta, per la carrozzina sai?
– Molto grazioso veramente! In quale colore lo vuoi realizzare?
– Che domande Emma! Bianco ovviamente!
– Ovviamente!
 
Emma ed Anna avevano risposto in coro, ridendo. Il bianco era il colore preferito di Ingrid. Tutto il salotto era in bianco, con le lampade di cristalli e quel magnifico specchio alla parete, sopra il divano, che ricordava i cristalli di neve nella cornice!
 
– Nel quartiere di Lorna ho visto un negozio italiano di stoffe e filati di Vicenza, sono molto pregiati! Tra poco dovrò andare da lei, al ritorno posso fare un salto lì e vedere se trovo qualcosa di adatto!
– Buona idea figlia mia! Se trovi la lana adatta inizio oggi stesso! Mi raccomando! Una lana anallergica per bambini!
---
La fermata era arrivata ed Emma scese dall’autobus. Aveva trovato la lana adatta e sua zia ne sarebbe stata entusiasta. Il cellulare suonò nella tracolla e lei rallentò il passo, fino a fermarsi per prenderlo dalla tasca esterna. Il numero era sconosciuto.
 
 – Pronto?
– Ciao Principessa! Dove sei?
– Killian?! Non mi avevi mai chiamata al cellulare! Come hai il mio numero?!
– Ti ho cercata a casa e tua cugina ha insistito per darmelo, dicendo che eri fuori!
– Anna ha insistito?
 
Emma rideva, quel ragazzo sconosciuto le metteva sempre allegria quando la chiamava.
 
– Beh! Diciamo che non ho dovuto faticare troppo a chiederglielo!
– Si, con Anna immagino! Come mai mi chiami a quest’ora?
– Sentivo la mancanza della tua voce da usignolo!
– Wow Jones! Perché ogni volta che ti sento ho l’impressione che tu ci stia provando spudoratamente?
– Forse perché ci sto provando spudoratamente?
– Dai Killian! Non ci conosciamo nemmeno! Mi hai vista mezza volta!
– Mezza volta, ma ti ho vista bene Emma! Non sarei un uomo se non  facessi il filo a una bellezza come te!
 
Emma rise ancora.
 
– Ma cosa hai bevuto Jones! Hai esagerato con la birra irlandese?
– Ti piacerebbe! Sono sobrio e pienamente cosciente!
– Se lo dici tu! Comunque io non posso dire di averti visto bene quella mezza volta!
– Non ho lasciato il segno! Il mio fascino è in serio declino! Non mi avevi proprio guardato!
– Diciamo che non ero particolarmente in vena di guardare ragazzi! Ti avevo visto, ho notato che sei alto e atletico. Sei sicuramente  bruno di capelli, ma tra occhiali, barba e cappello, il tuo viso era indefinibile.
- Ti andrebbe di conoscermi?
– Vedere il tuo viso? Si sono curiosa ora, ma sei piuttosto distante mi pare! Sei a Dublino?
 – Si sono qui. Ma dicevo sul serio quando ho detto che mi mancava la tua voce Emma!
 
Emma era rimasta in silenzio mentre camminava lungo il parco vicino casa.
 
– Emma sei ancora lì?
– Killian … io … mi fa piacere sentirti … veramente. Apprezzo anche questo tuo tentativo di legare con me ma, è vero non ci conosciamo, non sai nulla di me, come sono veramente, oltre la mia voce e il viso che hai visto. Non mi sento di creare legami campati in aria. Con nessuno. Specialmente ora.
– Pensi ancora al ragazzo che hai perduto?
– Potrei non pensarlo quando aspetto un figlio da lui?
– Mi avevi detto di essere contenta del bambino!
– Ne sono felicissima, ma non credo che sarò appetibile per nessuno con un piccolo da crescere.
– Emma per me lo saresti anche con il bambino. E in fin dei conti avrà bisogno di un padre no?
– Jones tu sei proprio strano! Sembra quasi che mi vuoi sposare!
– Sarebbe così strano?
– Ma sei impazzito proprio oggi?! Sicuro che non hai bevuto qualcosa?
 
Emma rideva di nuovo. 
 
– Come puoi fare tutti questi pensieri su una ragazza che senti a telefono una volta ogni tanto! Stai correndo come un diretto lo sai?
– Magari sono stato colpito da un fulmine quando ti ho incontrata! Potrei essere irreversibilmente innamorato di te! Non credi al colpo di fulmine?
“Se credo al colpo di fulmine? L’ho vissuto in prima persona Killian e ancora sto bruciando!”
– Forse è solo una favola per romantici Jones e per due che come noi scherzano a telefono, in un moment di pausa dal lavoro o mentre tornano a casa a piedi.
– Sei quasi arrivata? Sei lungo il parco?
– Si, sono più o meno dove stavo svenendo quando mi hai soccorsa!
– Allora sei quasi arrivata, si vede la villetta da lì!
 
– Signorina Swan? Emma Swan?
– Si sono io!
 
– Ma con chi stai parlando Emma?
– Due signori che si sono fermati con una grossa auto!
– Non ti fidare di loro Emma!
 
– Mi conoscete?
– Signorina siamo della Polizia! Deve seguirci in Centrale per il caso di Kim Steward!
– Per Kim?
 
– Emma non ascoltarli! Non è possibile che siano poliziotti! CORRI EMMA! VAI VIA DI LÀ! 
 
I due uomini erano usciti entrambi dall’auto. Erano vestiti elegantemente, ma non avevano un’aria raccomandabile.
 
– Non avete un distintivo?
 
Un formicolio adrenalinico dietro il collo fu il segnale per Emma che Killian avesse ragione. Quei due avrebbero dovuto mostrarle immediatamente il distintivo, già prima di chiamarla! Doveva fare come aveva detto Kiillian. Correre!
Il cellulare era ancora aperto e lui era ancora in linea che le gridava di scappare. Provò a farlo.  I due uomini le furono addosso in un attimo. Uno l’afferrò per i polsi, stringendoli talmente forte che il cellulare le cadde per terra, facendo staccare nell’urto la batteria. L’altro la prese per le gambe e, insieme, la caricarono in macchina, sul sedile posteriore, spingendola verso un terzo uomo che le chiuse la bocca con un panno umido di una sostanza dal forte odore. In un attimo Emma perse completamente i sensi.
 
***
 
Killian aveva sentito le urla di Emma, il trambusto della colluttazione, poi più nulla, il cellulare doveva esserle caduto dalla mano. 
 
– No, no, no, Emma Dio mio no!
 
Come una belva in gabbia, ancora a dorso nudo e piedi scalzi, passandosi ambedue le mani tra i capelli, Killian, impotente, andava avanti e indietro nel salotto del suo appartamento. Riprese il suo cellulare e digitò il numero di Sebastian quasi senza vedere la tastiera. Winter Soldier rispose subito.
 
– Seb! Emma è in grave pericolo! Hanno rapito anche lei! Dirama la sua foto a tutte le centrali. Vai a casa di sua zia! L’hanno presa vicino casa, lungo il parco, troverai quello che resta del suo cellulare! Purtroppo le è caduto e non potrò rintracciarla col satellite!
 
***
 
Quel forte odore di cloroformio ancora le invadeva le narici. Fece una smorfia disgustata mentre iniziava a riprendersi. Si accorse di avere la testa ciondoloni sul petto. Non vedeva nulla, una benda sugli occhi lo impediva. Era seduta su una sedia. Cercò di muoversi, ma si rese conto di essere bloccata alla spalliera. Il dolore ai polsi le ricordò la stretta ferrea che le aveva fatto cadere il cellulare e la rese cosciente dei legacci che li trattenevano dietro la spalliera. Tentò di muovere le gambe. Niente da fare! Legate alle caviglie alle zampe della stessa sedia.
Rapita! Era stata rapita. Perché? Cosa aveva fatto lei? Quegli uomini avevano nominato Kim Steward e ovviamente, vista la situazione, non erano della Polizia. Killian lo aveva capito prima di lei! Si chiese come avesse fatto. Le aveva detto letteralmente:
 
“Non è possibile che siano poliziotti!”
 
Strano! Cosa ne poteva sapere? Non li aveva nemmeno visti! Comunque Killian Jones, quello sconosciuto giovane che l’aveva soccorsa settimane prima e con il quale era iniziata una strampalata amicizia telefonica, era l’unico a sapere che fosse stata rapita. Sperò che avesse dato in qualche modo l’allarme. Se quegli uomini avevano a che vedere con Kim, erano individui pericolosi. Kim, da quanto aveva saputo dopo la sua morte, era invischiato nel mondo dello spaccio della droga e in quel mondo di malavitosi, morire era la cosa più facile che potesse capitare. Erano arrivati a lei perché si era saputo che fosse stata la sua ragazza? Eppure il Sergente Roger, come aveva promesso, non aveva fatto trapelare nulla sui giornali che lei fosse la testimone della morte di Kim! Cosa potevano mai volere da lei i suoi rapitori?
 
La paura le stava attanagliando il cuore. Cercò di muovere i polsi, sperando di allentare le corde che li tenevano stretti e uniti. Doveva provare a fuggire. Qualcosa le diceva che non sarebbe tornata viva a casa. Non poteva permettersi di farsi uccidere, lei non poteva permetterlo, perché con lei avrebbero ucciso il suo piccino innocente. Avrebbe voluto piegarsi su se stessa e abbracciarsi la pancia per proteggerlo, ma non poteva fare nemmeno quello. La disperazione le fece uscire lacrime che imbevvero la stoffa che le copriva gli occhi. Iniziò a respirare affannosamente, poi all’improvviso sentì delle urla agghiaccianti provenire da non molto distante. Sentì delle orribili risa riecheggiare insieme a quelle urla  femminili.
 
– Nooo! Maledetti! Lasciatemi!
 
La donna stava cercando di ribellarsi, stava combattendo in qualche modo per salvarsi da ciò che le volevano fare. Emma sentì uno schiocco violento, tipo uno schiaffo dato con forza. Sentì un tonfo e una voce con un forte accento che dava ordini.
 
– Rialzate questa puttana! Spogliatemela e legatela al letto! Ora ti faccio sentire qualcosa che il tuo amichetto Kim Steward era troppo checca per farti provare!
 
La donna continuava a ribellarsi e a gridare, mentre quegli uomini la picchiavano e le strappavano gli abiti di dosso. Ad Emma si era accapponata la pelle e il terrore, unito allo sgomento, nel sentire nominare Kim Steward, la stava facendo sudare freddo. Cosa le avrebbero fatto? Le attendeva lo stesso destino della donna nella stanza vicina?
 
– Maledetta puttana!
 
Un altro ceffone.
 
– Mordi pure? Tieni questo! Se soffochi mi divertirò lo stesso con il tuo cadavere! Uscite voi! Quando avrò finito se c’è rimasto qualcosa ve la prenderete a turno anche voi!
– Capo non ti divertire troppo allora, lasciacene un pezzo!
 
Il tizio dallo strano accento, che avevano chiamato Capo, doveva aver infilato qualcosa in bocca alla malcapitata, per impedirle di gridare. Emma sentì le risa degli altri e il rumore della porta che si apriva e richiudeva, lasciando che quell’uomo soddisfacesse la sua crudeltà con la sua vittima. Lo sentì dire una serie di sconcezze ed emettere versi bestiali di piacere, mentre approfittava di quel corpo indifeso.
Emma aveva il cuore in gola e la disperazione nell’anima, diventando, ogni secondo di più, consapevole che non avrebbe avuto un migliore trattamento della povera disgraziata nella stanza attigua.
Gli uomini che ridevano si erano avvicinati alla sua porta. Sentì che stavano girando la chiave nella serratura. Doveva resistere! Doveva resistere per suo figlio! Inspirò profondamente, cercò di calmarsi, ma la cosa era difficilissima! Forse le conveniva fingere di essere ancora priva di sensi! Forse quegli uomini per il momento non l’avrebbero toccata! Le sue reazioni fisiche potevano tradirla! Doveva annullare la sua mente, svuotarla del tutto per ritrovare uno spazio sereno in cui rifugiare la sua anima! Doveva farlo in pochi secondi! Il sudore le colava dalla schiena, ma era anche il caldo di Agosto e lì dentro si soffocava! Forse li avrebbe convinti!
Reclinò la testa in avanti, ciondoloni, e rimase inerme.
 
– Ehi Porky! La pollastrella non si è ancora ripresa! Ma quanto ce ne hai messo di cloroformio in quel fazzoletto! Non l’avrai mica ammazzata! Manguso ci ammazza a noi!
– E che ne so! Mica a tutti fa effetto allo stesso modo! Ma vedi di non fare nomi!
– E che credi?! Pensi che il capo, dopo, la rimandi a casa?
 
L’uomo rise mentre le si accostava.
 
– Certo che quel bastardo d’un irlandese aveva buon gusto! Milah è una gran figa, ma la pollastrella qua non ci scherza!
 
Emma stava riuscendo a tenersi chiusa in quell’angolo della mente dove sembrava sospesa in un limbo, ma continuava ad ascoltare.
Il rumore della porta vicina, che si apriva e richiudeva di nuovo, distrasse anche i due uomini.
 
– Il Capo deve aver finito con Milah! Dici che sia ancora viva?
– Se non ha usato il coltello alla fine!
– Naah! Ha detto che ci potevamo divertire anche noi. Gold si è spiegato bene sul trattamento che vuole per la moglie!
 
La porta si aprì cigolando e l’uomo dall’accento strano entrò.
 
– Allooora! Ancora svenuta è la picciotta?!
– Capo, Porky ha esagerato con il cloroformio, vuoi che la svegli a schiaffi?
– Mmm! Vuoi rovinare quel bel visetto prima che ci faccia due chiacchiere Jim?
 
L’uomo chiamato Capo si era posto davanti ad Emma e le aveva sollevato il mento per guardarla meglio. Lei doveva recitare la sua farsa. Fu contenta di essere bendata, i movimenti degli occhi non l’avrebbero tradita e sperò che non gliela togliessero.
 
– Guarda che bella boccuccia di rosa!
 
L’uomo dall’accento strano, mentre le teneva alzato il viso, le passò il pollice sulle labbra, inserendoglielo poi in bocca e ruotandolo accarezzandole la lingua. Emma dovette trattenere lo schifo e le colò della saliva dall’angolo della bocca. La cosa convinse maggiormente l’uomo della sua incoscienza.
 
– La “bella addormentata” non reagisce! L’irlandese se la sarà goduta per bene! Un bel bocconcino fresco la picciotta! Peccato che mi sono già svuotato con Milah! Che femmina! Era un pezzo che la tenevo puntata!
– Anche noi Capo!
 
Quello chiamato Porky aveva parlato con un tono allusivo, ridacchiando.
 
– Tranquilli! Ancora ce ne sta pure per voi! Lasciamo perdere la picciotta per il momento! Io me ne vado a pranzo! Voi fatevi un giro con la mora, dopo se la spasseranno pure gli altri. Più tardi torno dalla biondina! Vediamo che mi racconta sull’irlandese!
 
I tre uomini, ridacchiando, uscirono dalla stanza e richiusero a chiave la porta. Emma sentì che riaprivano e richiudevano la porta vicina, dopodiché sentì ancora dire sconcezze nei riguardi di Milah, altri rumori di schiaffi e suoni di dolore soffocati da parte della donna. I due delinquenti si alternarono nel prendersi il divertimento con la loro vittima, che Emma aveva capito ormai chi fosse.
 
Era Milah Gold, la moglie del Professor Robert Gold. La donna che aveva visto baciare Kim, il lunedì pomeriggio di quella maledetta settimana del suo assassinio! Suo marito l’aveva consegnata a quegli uomini per farle pagare il suo tradimento?!
 
Emma non doveva perdere tempo! Avrebbero ucciso Milah e con lei avrebbero alla fine fatto lo stesso? Quegli uomini non sarebbero tornati presto da lei. Il “Capo” era andato via in macchina, aveva sentito mettere in moto e partire. Quando sarebbe durato il suo pranzo? Come poteva fare per liberarsi i polsi dalle corde? Cercò di muovere le mani tirando, cercando di sfilarle. Aveva poco gioco! Poi le venne un’idea. L’orologio!
Aveva un orologio con il bracciale in acciaio! Se fosse riuscita ad aprirlo, magari, con la listarella rigida della chiusura, poteva provare a tagliare le corde. Doveva riuscirci! Ne valeva della sua vita, di quella di suo figlio e di quella della donna nell’altra stanza. Non sapeva perché ma la sentiva emotivamente molto vicina. Milah aveva amato Kim, probabilmente conosceva di lui cose che lei non sapesse, avrebbe voluto parlarle, capire.
 
All’ennesimo tentativo fallito, riuscì finalmente a sganciare il bracciale dell’orologio. Con perseveranza, iniziò a strofinare la piastrina della chiusura ad una delle corde.
I due uomini continuavano a divertirsi nell’altra stanza e più sentiva i loro gemiti e le loro oscenità, più la sua caparbietà aumentava e con essa la velocità delle dita a seghettare la corda.
Non le parve vero! La sentì cedere, si stava sfibrando! Ancora un piccolo sforzo!
 
Gli uomini nell’altra stanza avevano finito, ridevano soddisfatti e si vantavano delle loro reciproche prestazioni e del gusto che avevano provato con una bella donna come quella. Emma non volle nemmeno chiedersi in che condizioni fosse Milah Gold. I due malavitosi uscirono richiudendo a chiave anche la porta della prigione di Milah. Si allontanarono continuando con le loro battute rozze e volgari.
Si sentì battere gli sportelli di un’auto, mettere in moto e partire.
 
La corda si era finalmente spezzata! Emma si liberò le mani da essa e si tolse la benda sugli occhi. Si guardò intorno. Era in un container poco illuminato. C’erano solo due piccole finestrelle, era caldissimo la dentro!
Oltre alla sedia su cui sedeva ce ne erano altre due e un tavolo. Su un lato vide una cucina. Quel container aveva quella funzione? Era una cucina? Mentre si liberava anche le caviglie si chiese dove si trovasse. Un cantiere edile? Un magazzino?
Buttata per terra, vicino alla porta, c’era la sua tracolla. Non le era caduta quando l’avevano presa, grazie al fatto che la portava per traverso da una spalla al fianco opposto. Poi, evidentemente, gliela avevano tolta di dosso prima di legarla.
Si avvicinò alla porta e cercò di aprire la maniglia. Nulla! Era chiusa a chiave. Un’ondata di disperazione invase ancora il suo cuore. Si poggiò con le spalle all’uscio di metallo e scivolò a terra, accovacciata sulle sue stesse gambe, a stringersi le ginocchia con le braccia. Come poteva fare? Se non fosse riuscita ad aprire la porta sapeva che cosa l’aspettasse. Come? Come fare? Le idee non sembravano uscire dalla sua mente, poi un ricordo le affiorò tra i pensieri, un ricordo legato al suo piccino. Il maglioncino che zia Ingrid voleva realizzare! Si! L’uncinetto!
La borsa era lì per terra! L’apri velocemente. La busta con la lana e il piccolo strumento lungo, con la punta ricurva erano lì! Poteva farcela! Doveva farcela!
Per lei era un’impresa ardua ma non impossibile! Non era uno scassinatore e non aveva idea alcuna di come funzionasse quella serratura, ma quando sentì lo scatto le speranze aumentarono. Schiacciò la maniglia e la porta si aprì. Era libera, doveva fuggire più velocemente possibile, ma guardandosi indietro vide la porta vicina chiusa. Dietro quella porta c’era Milah! Doveva aiutarla! Tornò sui suoi passi e usò ancora quell’uncinetto. Fu più facile di prima!
Aprì e si trovò davanti uno spettacolo  raccapricciante!
Era proprio lei. La bella donna dai capelli lunghi e neri che aveva visto baciare Kim. Ora non sembrava così bella. L’avevano denudata e legata mani e piedi divaricati ai quattro angoli di una branda. Le fece una pena infinita vederla così esposta e sporca di sangue. L’avevano pestata e violentata ripetutamente in modo brutale. Aveva lividi su tutto il corpo. Un occhio era pesto e gonfio, con un taglio che le partiva dall’angolo del sopracciglio. Aveva segni di morsi sui seni e del sangue usciva dalle lacerazioni più profonde. Aveva un panno appallottolato infilato nella bocca e fu la prima cosa che Emma le tolse. La donna tossì e vomitò, torcendosi sul letto, ancora legata.
 
– Cerca di stare calma Milah, ti tolgo i lacci! Dobbiamo sbrigarci ad andar via di qui! Presto torneranno!
– Tu … io ti ho già vista!
– Non ha importanza ora! Ce la fai a metterti in piedi?
– Io … non lo so! Ho tanto dolore!
– Ti credo Milah, ma devi sforzarti di camminare. Ti aiuto a rimetterti qualcosa addosso!
 
L’intimo e l’abito strappato della donna erano sparsi per terra, insieme alle sue scarpe con il tacco. Emma l’aiutò a rivestirsi, ma Milah faceva molta fatica. Provò ad alzarsi e si ripiegò su se stessa. Aveva forti dolori al ventre e sanguinava dalla vagina.
 
– Non ce la faccio … non ce la faccio!
 
La donna piangeva per il dolore e la disperazione.
 
-  Devi farcela! Non ti lascio qui a morire! Hai bisogno di cure, stai avendo un’emorragia! Usciamo di qui!
 
Trascinandosi Milah dietro, che barcollava ad ogni passo, ripiegandosi su se stessa, Emma riuscì a portarla fuori di lì.  Un rumore di automobile in arrivo, sulla strada coperta di ghiaia scricchiolante, la fece bloccare.
 
– Sono già qui! Nascondiamoci dietro quella balla!
 
Il posto dove si trovavano sembrava una rimessa di vecchi mezzi per l’edilizia e c’erano varie balle coperte con teloni di plastica. Riuscirono a nascondersi appena in tempo, prima di poter essere viste dall’auto in arrivo.
 
L’automobile era una di quelle lunghe, affusolate. Una Cadillac di recente produzione, in un grigio antracite scuro. Ne uscì un uomo di altezza media, vestito con un abito giacca e pantaloni nero. Anche la cravatta sulla camicia bianca era in tinta con l’abito. Emma notò la sua pancia prominente e il bozzo sotto l’ascella sinistra che tradiva la presenza di un’arma da fuoco.
Mentre le due donne stavano dietro la balla coperta da teli plastificati, Milah rannicchiata per terra ed Emma in piedi che cercava di sbirciare, l’uomo si diresse sicuro verso la porta della prigione di Milah. Emma lo vide inserire la chiave per aprire e tirarsi indietro sorpreso, allo scoprire che la porta già fosse aperta. Il tizio si spostò guardingo, di lato e si portò la mano destra alla pistola custodita sotto l’ascella. La tirò fuori e la portò in alto vicino alla guancia. Improvvisamente poi, aprì con la mano sinistra la porta e si infilò velocemente dentro il container. Emma sapeva che non avrebbe trovato nulla lì dentro ed infatti l’uomo uscì presto, si guardò intorno e si diresse alla porta vicina, quella dove era stata tenuta lei. Ovviamente ciò che constatò, fu egualmente l’uscio aperto e l’assenza della prigioniera. Uscito anche da quel secondo luogo di prigionia, l’uomo si guardò ancora intorno, facendo pochi passi. Mentre camminava e teneva ancora puntata in avanti la pistola, con la mano libera prese il suo cellulare e digitò un numero.
 
– Capo! Sono tornato qui ma delle due donne non c’è traccia … non so come abbiano fatto a fuggire. Qualcuno le avrà liberate di sicuro, le serrature sono scassinate! Dici Capo? Se è così sono ancora nei paraggi! OK! Aspetto gli altri allora!
 
Emma riconobbe dalla voce il tizio chiamato Jim. Le sembrò strano che fosse senza il suo compare Porky.
Jim si rimise in moto con la pistola in mano e con un’espressione di chi ha intenzione di usarla. Emma pensò che sicuramente, dopo quella telefonata, il Capo avrebbe mandato rinforzi.  Si abbassò verso Milah. 
 
– Sta venendo verso di noi sulla sinistra, resta qui e non avere paura, io mi sposto sulla destra, non reagire esageratamente quando ti trova!
– Vai via … salvati almeno tu, io non ce la faccio!
– Zitta ora e fa quello che ti ho detto, non ti lascio qua!
 
Il tizio di nome Jim aveva sentito qualcosa dietro quell’alta balla dalla forma di un parallelepipedo e si diresse verso di essa, con l’intento di scoprire chi si celasse là dietro.
 
– Ooh! La nostra bella Milah! Non sei andata lontano vedo!
 
In un attimo era arrivato sulla donna e l’aveva tirata su per un braccio, mentre la minacciava con la pistola nell’altra mano.
 
– Lasciami … lasciami …
 
Milah aveva ben poca voce ormai e l’uomo se la rideva.
 
– Ora ti riporto nella tua gabbia bellezza, siamo in parecchi ancora a doverci abbeverare del tuo vinello! Ti piacerà vedrai, come ti è piaciuto farti sbattere dall’irlandese!
 
Milah continuava a barcollare, malferma sulle proprie gambe e l’uomo dovette rimettersi la pistola nella fondina ascellare per sorreggerla con ambedue le braccia.
Come fece per voltarsi e trascinarsi dietro la donna, si trovò davanti una silenziosa Emma Swan, esile ed alta nei suoi Jean e maglietta di cotone. Preso alla sprovvista dalla sorpresa, non ebbe il tempo di reagire, ma ebbe il tempo Emma di assestargli velocemente un pugno, da boxer allenata, nel pieno centro del viso, spaccandogli il setto nasale e facendolo stramazzare a terra. Milah era caduta con l’uomo ed Emma la tirò nuovamente in piedi.
 
– Fai un ultimo sforzo Milah! Dobbiamo prendere l’auto di questo porco e scappare da qui!
 
Forse fu l’istinto della sopravvivenza o la disperazione a dare le ultime forze a Milah. Con Emma che la sosteneva, affrontò quei pochi metri che le separavano dalla Cadillac.
L’auto era aperta e la chiave inserita, Jim non si era certo aspettato che le due donne fossero libere e in possibilità di fuggire con la sua auto!
Emma aiutò l’altra ad entrare e sedersi sul sedile del passeggero, mentre lei si mise alla guida. Girò la chiave e mise in moto, il suono le sembrò una dolce melodia, ingranò la marcia, giocò di frizione e acceleratore e partì a tutta velocità. Non aveva idea di dove si trovassero, ma dopo poco iniziò ad orientarsi. Erano sulla zona a sud-sud-est di Boston, una zona periferica, piuttosto distante e ben poco abitata. Doveva correre, evitare di incontrare gli altri uomini in arrivo, portare Milah ad un pronto soccorso ed avvisare la polizia. Avesse avuto con sé il cellulare! Era andato sicuramente distrutto nell’urto, aveva potuto recuperare la sua tracolla ed era lì con lei. Dall’orologio aveva potuto vedere che erano passate quattro o cinque ore dal suo rapimento. Se Killian avesse avvisato sua zia o direttamente la Polizia, sicuramente la stavano già cercando. In ogni caso sua zia si era allarmata non vedendola rientrare, né rispondere al cellulare, e in ogni modo la polizia era stata allertata.
Continuò a fare l’unica cosa che poteva, correre per trovare l’ospedale più vicino. Le strade che stava percorrendo non le erano ben conosciute e iniziavano ad essere trafficate, erano quasi le 17,00 ed era un orario intenso per quello. Doveva trovare le indicazioni per imboccare l’autostrada Southeast Expressway, la I – 93, uscire all’uscita Storrow Drive, da lì uscire poi a Government Center e poco dopo, al primo semaforo, prendere a sinistra verso North Grove Street, per trovarsi finalmente al Massachusetts General Hospital International.
 
– Milah stai sveglia ti prego! Aiutami a trovare le indicazioni per la I – 93, da lì saremo velocemente all’ospedale più vicino!
 
Milah aveva tutta l’aria di una persona che stava per perdere i sensi, ma si ridestò alle parole della ragazza, in fin dei conti quella giovane  stava cercando di salvarle la vita, già lo aveva fatto in effetti.
 
– Come ti chiami?
 
La sua voce era fioca.
 
– Mi ricordo di averti visto al Parco Universitario …
- Mi Chiamo Emma, Emma Swan!
– Che ci facevi lì anche tu?
– Mi hanno rapita, non so cosa volessero, ma credo che sia a causa di una caratteristica in comune: Kim Steward!
– Sei proprio tu allora! Avevo avuto la sensazione che lui ti conoscesse quando ho visto che si è girato verso di te. Sei tu il motivo per cui mi stava lasciando! Mi aveva detto di non sapere chi fossi!
– Io non sapevo nulla di te! Evidentemente si è preso gioco di entrambe.
– No Emma, non credo! Forse si è preso gioco di me, ma non di te!
– Come puoi dirlo? Mi ha fatto credere di lui cose non vere, a te cosa aveva raccontato? Ho saputo solo dai giornali che fosse un delinquente! Non lo avrei mai creduto 
– Lo so! Non posso crederlo nemmeno io Emma. Kim è stato la cosa più bella che potesse capitarmi nella mia triste e vuota vita. L’ho incontrato per caso, siamo diventati amici, mi vedevo con lui una volta a settimana e facevamo due chiacchiere, poi lui ha scoperto le violenze che mi faceva mio marito. Mi è stato più vicino da allora e siamo diventati amanti, l’ho voluto io in fin dei conti, lui non ci avrebbe nemmeno provato, ma io mi ero innamorata di lui. Mi faceva sentire viva come non mi sentivo più da anni. Iniziammo a vederci in un Motel quado lui tonava dall’Irlanda. Sapevo che facesse il consulente finanziario, non sapevo che era invischiato in traffici illegali! Mi aveva sempre parlato in modo incoraggiante, da uomo con sani principi morali ed umani. Fu lui ad indirizzarmi al centro per donne abusate, mi pregò di andarvi quel giorno che ci salutammo per l’ultima volta al Parco Universitario. Erano un paio di mesi che quando ci incontravamo non voleva più fare l’amore con me, avevo pensato che avesse un’altra, ma lui aveva negato, dicendo che avesse solo pensieri di lavoro. Probabilmente aveva anche quei pensieri, in quell’ambiente i rischi che si corrono si sa quali sono ed evidentemente lui sapeva di essere sotto il mirino. Quel lunedì pomeriggio mi disse che doveva rientrare con urgenza a Dublino, che il suo lavoro stava diventando troppo impegnativo e che non si sentiva di continuare la nostra relazione a distanza! Doveva dirmi addio. Io ero angosciata e gli chiesi un ultimo bacio. Poi mi accorsi che si era voltato e lì c’era una giovane con i capelli biondi che svolazzavano al vento. Ricordo la tua espressione Emma. Eri delusa, avevi visto che ci stavamo baciando. Non era vero che tu non eri nessuno per lui! Da quanto lo conoscevi?
– Erano solo due mesi in effetti, i due mesi migliori della mia vita …
- Lui sapeva come renderti felice …
- Si … mi rendeva felice …
- Per me era lo stesso, ma per lui mi accorsi che non era così, ora so perché! Tu eri importante per lui, ti amava, per quello da che ti aveva conosciuto non era più stato con me. Nonostante tutto quello che è capitato dopo … sono felice di averlo conosciuto.
– Per me è lo stesso Milah, io non avevo amato mai nessuno come ho amato lui e porterò con me l’ultima cosa che  mi è rimasta di lui.
 
Mentre guidava Emma tolse la mano desta dal volante e si accarezzo il ventre. Milah capì il gesto.
 
– Un bambino … aspetti suo figlio …
 
Non era una domanda quella di Milah bensì un’affermazione ed Emma con un dolce sorriso sulle labbra, fece un cenno di assenso con il capo.
 
– Capisci perché dobbiamo vivere Milah? Io devo salvare il mio bambino e insieme dobbiamo consegnare alla giustizia gli assassini di Kim. Non ha importanza chi sia stato, ha importanza cosa ha saputo darci. Io l’ho visto morire, sto male ancora adesso al ricordo. Gli uomini che hanno fatto tutto questo a lui, a te e a me, devono finire in galera!
 
Milah aveva gli occhi lucidi mentre la guardava e assentiva con il capo. Non aveva ancora superato il lutto della perdita di Kim, ma stranamente non sentiva gelosia nei confronti di Emma ed era commossa all’idea che qualcosa di lui vivesse ancora in quella giovane coraggiosa che stava cercando di portarla ad un ospedale.
 
Emma lanciò improvvisamente un’esclamazione di trionfo che riattivò l’attenzione della donna al suo fianco, aveva visto le indicazioni stradali per la I – 93, svoltò verso la strada indicata, consapevole che presto avrebbero avuto l’aiuto necessario.
Mentre prendevano la rampa che portava verso la super strada, Emma  si accorse che un’auto nera aveva iniziato a seguire la Cadillac, deviando improvvisamente dal percorso che stava facendo nel senso contrario.
 
– Milah, temo che ci stiano inseguendo! Quel delinquente, se si è ripreso, avrà detto ai suoi amici che abbiamo la sua auto. Il loro Capo ci avrà sguinzagliato dietro i suoi cani. Tieniti forte che ora dovrò accelerare ancora!
 
Milah era terrorizzata all’idea di finire nuovamente nelle mani di quei mostri e iniziò ad agitarsi sul sedile.
 
– Cerca di stare calma e non muoverti troppo, perdi sangue e potresti peggiorare! Vedrai che li semineremo!
 
La giovane Swan lo diceva per incoraggiare anche se stessa, anche lei in realtà era spaventata, ma l’adrenalina nel suo sangue la stava rendendo particolarmente vigile. Le sue, comunque, furono le ultime parole famose, poiché l’auto nera stava accorciando le distanze a vista d’occhio e da quello che Emma vedeva dal retrovisore, chi stava alla guida aveva l’intenzione di tamponarle.
Accelerò ancora, ma l’auto dietro aveva un motore più potente o, probabilmente, un pilota più esperto. Nel giro di una frazione di secondo, l’auto inseguitrice urtò posteriormente la Cadillac, facendola sbalzare in avanti. Emma gridò a Milah di stare attenta. Subirono ambedue uno strattone in avanti e il contraccolpo della cintura di sicurezza che, fortunatamente, si erano messe subito entrando in macchina.
Emma non si scoraggiò e portò a tavoletta l’acceleratore, prendendo uno sprint che la distanziò di parecchio dall’altra auto. Riuscì a sorpassare altre auto e, camminando a serpentina, ne evitò altre che sopraggiungevano dalla parte opposta. I claxon suonavano impazziti per redarguire “la pazza” che guidava la Cadillac, ignari che la giovane stava facendo tutto ciò per la sopravvivenza. Gli inseguitori fecero le stesse manovre di Emma, urtando un’auto che finì fuori strada.
 
Tutto quel movimento e la gran velocità delle due auto, non potevano restare inosservate, infatti Emma e Milah sentirono, con un certo sollievo, il suono lamentoso delle auto della Polizia. Emma ne fu contenta, poiché da diversi punti stavano giungendo diverse auto della stradale, avrebbero fatto il loro dovere con gli inseguitori, ma lei non si sarebbe fermata, Milah intanto, un po’ per le forti emozioni e parecchio per i danni subiti, era svenuta sul sedile. Emma la chiamò ripetutamente ma la donna non rispondeva.
 
Finalmente la Cadillac giunse al semaforo che rappresentava l’ultimo punto di riferimento prima di giungere all’ospedale. Deviò verso la giusta direzione e finalmente Emma avvistò la grande e rassicurante costruzione del nosocomio internazionale.
 
***
 
L’aereo per Boston era appena partito dall’aeroporto internazionale di Dublino. Era notte fonda e quello era il primo volo che Killian aveva trovato disponibile. Non avrebbe dovuto tornare in America quei giorni, ma non gliene importava un accidenti. Doveva tornare per Emma!
 
Distolse lo sguardo dall’oblò dell’aereo, tanto fuori non si percepiva che il buio. Cercò di rilassarsi un minimo sul sedile, inclinando all’indietro la spalliera. Niente! Non ce la faceva a rilassarsi. Si passò la mano sugli occhi inspirando a fondo. Non poteva credere che sia Milah sia Emma fossero state rapite. A pensare che aveva cercato di mettere in protezione entrambe! Milah con la casa famiglia ed Emma facendo segretare dal Sergente Roger, tramite Seb, la sua testimonianza sul fasullo omicidio di Kim Steward.
In tutta quella storia c’era qualcosa che ogni tanto sfuggiva al suo controllo e uno come lui non poteva sopportarlo.
 
Milah era stata rapita nel momento in cui uno degli operatori della casa famiglia la stava accompagnando dall’avvocato che stava curando la sua situazione. Evidentemente era da un po’ che i rapitori controllassero i suoi movimenti e avevano trovato il momento giusto per prenderla. L’operatore che l’accompagnava era stato gravemente ferito ed era in coma in una stanza di rianimazione. Ovviamente dietro il rapimento della donna non poteva esserci altro che la volontà di suo marito Robert Gold e del suo compare Manguso. Gold aveva tutti gli interessi a chiudere la bocca di sua moglie e conoscendo i trattamenti che le aveva sempre riservato, Killian non dubitava che la povera donna avrebbe fatto una fine orribile!
Aveva avuto modo di conoscere bene  Milah per il suo lavoro sotto copertura. Era diventato per esigenze lavorative suo amante, pur non innamorandosi di lei aveva provato dell’affetto  per la persona dolce e fragile che era. Fare l’amore con lei era stato anche un modo per consolarla, farla sentire la donna desiderabile che fosse veramente, anche se aveva perso le sue sicurezze a causa delle violenze domestiche perpetrate da suo marito.
Quando Seb l’aveva chiamato al cellulare per dirgli del suo rapimento, erano già passate diverse ore e lui era andato su tutte le furie. In quei casi bisognava muoversi tempestivamente e, purtroppo, per Milah Killian nutriva poche speranze!
Riguardo ad Emma era invece alla disperazione assoluta!
 
L’aveva chiamata proprio perché sentiva un presentimento nei suoi confronti, non solo per la mancanza che soffrisse di lei pesantemente. In conseguenza a quella telefonata, aveva in pratica assistito in diretta audio al suo rapimento ed era stato lui stesso ad avvisare immediatamente l’ F.B.I.
Aveva chiamato anche Ingrid e quella non era stata una telefonata facile! Ricordava la voce angosciata della donna a telefono, preoccupata per Emma e per il bambino che aspettava.
Gli si era stretto il cuore e ancora aveva un groppo in gola all’idea di perdere la donna che amava e il loro bambino. Si era informato riguardo il primo volo per Boston, aveva dato le ultime direttive alla sua squadra e, prendendo l’indispensabile, era partito per l’aeroporto.
 
Seduto su quel comodo sedile, che mai come in quel momento gli era sembrato fatto di spine, Killian Jones, Capitano della squadra speciale indipendente della D.E.A., cercò di placare la sua angoscia ragionando sul come quegli uomini fossero arrivati ad Emma.
Non conosceva il Sergente Roger di persona, ma aveva letto un fascicolo su di lui procuratogli da Sebastian Jefferson e da quanto scritto si evinceva che fosse un uomo ligio al dovere, un Poliziotto tutto d’un pezzo. Sebastian lo conosceva piuttosto bene, essendo l’agente federale che aveva i contatti diretti con i vari distretti della Polizia di Boston. Winter Soldier si era accordato con Martin Roger per tenere nascosta la testimonianza di Emma. Il cadavere di Steward in fin dei conti era stato ripescato nel fiume, la ragazza era incensurata e non era invischiata nei traffici del morto.  Come avevano saputo di lei? Chi altro c’era alla centrale di polizia la sera che Emma era stata ascoltata?
Su Roger, Killian non aveva dubbi che avesse rispettato l’accordo fatto con Seb. Ma una cosa era sempre più certa nella mente di Captain Hook.
 
“Manguso ha una talpa nella Polizia!”
 
Con rabbia strinse la mascella e un muscolo si tese in un guizzo veloce, sotto la pelle barbuta della guancia. Strinse anche i pugni, quasi a conficcarsi le unghie nei palmi.
 
“Non permetterò che ti facciano del male Emma! Farò tutto ciò che sarà in mio potere per ritrovarti! Non mi importa di far saltare la mia copertura, forse già è saltata! Voglio solo stringerti ancora tra le braccia e sentire che tu e nostro figlio ci siete!”
 





Angolo dell’autrice
 
Dopo un inizio di confidenze con il caro zio Henry e un momento tenero a telefono, sono iniziati i veri problemi! Avete sentito l’angoscia e la disperazione di Emma e di Killian? Spero di non aver provocato danni emotivi a nessuno.
Emma sta giungendo all’ospedale, le cose dovrebbero mettersi bene … forse!
 
Un appunto su zio Henry, immaginatelo come il tipo fisico dell’attore Sir Roger Moore intorno ai 65 anni. Sir Moore ci ha lasciati ormai, ma restano i suoi film, con il suo fascino e la sua simpatia, ho voluto rendergli un piccolissimo omaggio. Da ragazzina ho visto praticamente tutti i suoi lavori.  Mi commuove l’idea che possiamo conoscere persone con simile fascino e bellezza attraverso film e telefilm dove non invecchieranno mai, rendendoli immortali nonostante la caducità della vita e della bellezza. Ho visto le ultime foto di Sir Roger, ma lo ricorderò nei suoi momenti migliori. Se volete, per chi non lo conosce,  fate un giro su internet. Zio Henry sarà più vicino!
Grazie a tutti coloro che leggono, a chi commenta e a chi segue appassionatamente questa storia in silenzio!
Un abbraccio.
Lara
   
 
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