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Autore: heliodor    29/03/2018    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Scatta la trappola
 
La gola che separava le due colline era stretta come Maera aveva detto. Le due alture dovevano essere state in origine una sola, ma qualcosa, forse un terremoto, aveva creato una profonda spaccatura, separandole.
Il risultato era uno stretto passaggio profondo decine di metri e largo cinque o sei nel punto più ampio.
Era così stretto che le pareti sembravano prossime a precipitare, chiudendosi sugli incauti che avessero osato attraversarlo.
Gli alfar si disposero negli anfratti, scegliendo con cura i posti migliori per visibilità e copertura. Joyce li vide arrampicarsi sulel rocce sfidando senza paura l'altezza e poi sparire dietro i ripari. Da lì potevano sia tenere d'occhio il sentiero che prendere di mira chi veniva dall'altra parte.
Arwel aveva scelto una decina di arcieri e cinque tre streghe e stregoni.
Leyra, essendo sia l'una che l'altra, era stata la prima a essere scelta.
Joyce si era offerta volontaria.
"Mi sei più utile nelle retrovie" disse Arwel.
"So combattere" disse Joyce con orgoglio.
"Lo so, ma nel nostro caso dovremo solo scappare e impegnare poco il nemico e da lontano. Tu hai incantesimi che ti permettano di colpire a grande distanza?"
"Ho i dardi magici" disse Joyce. "E il mio raggio è potente." L'aveva usato con successo contro il troll quando ne aveva ucciso uno tutto da sola.
Quasi da sola.
"Sono incantesimi efficaci a breve distanza. Una palla di fuoco sarebbe più utile."
Joyce non aveva imparato quell'incantesimo.
"Posso volare" disse cercando una scusa qualsiasi per convincerla. "E diventare invisibile."
"Niente di tutto questo ci sarà utile" disse Arwel. "Sai usare arco e frecce?"
Scosse la testa.
"Allora starai nelle retrovie, con Maera. Lei ti dirà che cosa fare."
Joyce se ne andò a testa bassa.
Leyra la raggiunse poco dopo. "Noi andiamo."
"Voi alfar avete un modo particolare per augurare buona fortuna?"
"In verità non lo facciamo mai" rispose lei imbarazzata. "Porta sfortuna."
"Lo sapevo" fece Joyce delusa.
"Però puoi sempre farlo come si fa dalle tue parti."
Joyce allora l'abbracciò stringendola a sé. "Fai attenzione."
Leyra annuì e andò via.
La vide raggiungere il gruppo di Arwel e poi avviarsi lungo il sentiero che divideva le due colline.
Maera iniziò a dare ordini: "Piazzate quei massi sul sentiero. Rallenteranno il nemico. Piazzate dei tiratori su quell'altura."
Degli esploratori furono inviati per controllare l'avanzata del nemico. Quando tornarono, un paio d'ore dopo, Maera li interrogò subito.
"Sono a mezzo miglio di distanza dall'imboccatura della gola" spiegò uno degli esploratori.
"Quanti?"
"Duecento spade e cinquanta mantelli grigi."
Maera si accigliò. "Sono molti di meno di quanto mi apettassi."
"Forse il grosso delle loro forze è più indietro" suggerì Therenduil.
Il taras si era unito ai difensori quando si erano spostati verso le colline. Joyce non aveva idea di che cosa avesse fatto al santuario.
"Sono andato a pregare" disse il taras rivolgendosi proprio a lei. "Per Diroen, affinché la dea lo protegga e lo accolga, quando arriverà la sua ora."
"Ma non è ancora morto" disse Joyce sorpresa da quelle parole.
Il viso di Therenduil si era indurito. "Lo sarà se lo incontrerò."
"Vuoi ucciderlo?"
"Cosa credi che mi resti da fare? È il simbolo vivente del mio fallimento. Ho impiegato otto anni per forgiarlo come guerriero e stregone e a un prete sono bastati due giorni per rovinare tutto."
Joyce riusciva solo a pensare alla sofferenza che avrebbe provato Leyra se Diroen fosse morto. "E a Leyra non pensi?"
"Lei vorrebbe lo stesso" disse Therenduil duro.
"Non puoi saperlo."
Therenduil la ignorò e si diresse alla parete di roccia. Si arrampicò con ampi balzi passando da una roccia all'altra con agilità innaturale.
Devo imparare quell'incantesimo, si disse. Ripensò al compendio, nascosto nei sotterranei di Valonde. Era ancora lì o qualcuno l'aveva trovato? Era sicura di non aver lasciato alcuna traccia del suo passaggio, ma c'era pur sempre il rischio che qualcuno riuscisse a scoprire da dove veniva e chi lo veva portato lì sotto.
Settimane prima ne sarebbe stata atterrita, ma ora quel pensiero era una preoccupazione lontana. Aveva ben altro di cui occuparsi in quel momento.
C'era una battaglia da combattere.
Come in quella dell'avamposto, passò le ore precedenti allo scontro ripassando a memoria gli incantesimi che aveva imparato con tanta fatica, compresi quelli che aveva usato di meno.
Aveva imparato la Pelle di Quercia mentre era a Valonde, ma non aveva mai avuto la possibilità di usarla. Sapeva solo che era un incantesimo di base, tra i più usati dagli stregoni alle prime armi, ma non l'aveva mai visto davvero all'opera e non aveva idea di quale fosse il suo effetto.
Avrebbe reso la sua pelle più dura e resistente? E quanto?
L'unico modo che aveva per saperlo era fare una prova.
Mormorò la formula magica quando era sicura di non essere vista e attese.
Non accadde niente. Si sentiva la stessa Joyce di prima. Piegò le braccia e fletté le ginocchia. Si sfregò le mani una contro l'altra, sicura di trovare qualche differenza, ma non ne trovò.
Era tutto come prima.
Doveva mettere alla prova quel potere prima di poterlo usare in battaglia.
Si fece prestare una punta di freccia da uno degli alfar e si appartò. Non voleva che la vedessero fare cose strane.
Prese la punta di freccia e la appoggiò sul braccio, premendo con decisione. Sentì la pressione della punta. La pelle si tese, ma non si lacerò. Provò con più decisione, ma non riuscì a far penetrare la freccia nel braccio.
Si fece coraggio e cercò di trafiggersi con tutta la forza che aveva. La punta venne fermata dalla pelle.
Si toccò il punto in cui aveva premuto. Non c'era alcuna traccia né ferita. Sembrava del tutto normale.
Mise via la punta di freccia e tornò soddisfatta tra gli alfar.
Maera stava parlando a quelli che non si erano appostati lungo il sentiero. "Noi formeremo l'ultima linea di difesa" disse indicando l'entrata della gola. "Chiunque riesca a superare lo sbarramento nella gola, dovrà essere fermato da noi."
Gli alfar avevano costruito dei ripari di fortuna con assi di legno e rocce spostate con grande fatica.
Fu dietro una di esse che Joyce trovò riparo.
Assieme a lei c'era Olfin.
Il ragazzo sembrava eccitato, anche se quella era la sua seconda battaglia.
"Ormai sono un esperto" disse.
"E Indis?"
"Lei è appostata lungo il sentiero."
Galaser invece era dietro uno dei ripari di legno, assieme ai guerrieri comandati da Zefyr.
"Sa evocare uno scudo potentissimo" spiegò Olfin.
Thali invece era insieme a Maera.
"Lui è un evocatore" spiegò Olfin. "Forte nel combattimento ravvicinato."
"E Maera?"
"Lei è un illusionista" disse Olfin come se fosse la cosa più naturale del mondo.
"E quali sono i suoi poteri?" chiese Joyce vergognandosi per la sua ingnoranza.
Olfin le scoccò un'occhiata perplessa. "Che razza di strega sei?"
Joyce scrollò le spalle. "Sono una di quelle che si distraeva sempre durante le lezioni teoriche."
Olfin sospirò. "Dunque, un illusionista può creare l'oscurità."
Questo lo so fare, pensò Joyce.
"Trasfigurare."
Anche questo, pensò ancora Joyce.
"Diventare invisibile."
È nella lista.
"Creare miraggi ed evocare uno spettro."
"Vuoi dire un fantasma?"
Olfin scosse la testa. "È più una copia di se stessi, ma magica. Ne hai mai visto uno?"
"Non sembra molto utile in battaglia."
"Aspetta a dirlo."
Zefyr si avvicinò con aria divertita. "Sembra che combatteremo di nuovo fianco a fianco."
"Sta diventando un'abitudine" disse Joyce cercando di stemperare la tensione.
"Cerca di non sparire anche stavolta."
"Non sono sparita" protestò lei.
Zefyr ghignò e tornò al suo posto.
Joyce sbuffò. "Non sono andata via. Un'aquila gigante mi ha rapita."
Olfin ridacchiò.
Una freccia infuocata solcò il cielo in direzione delle due colline.
"Guarda" disse Olfin indicandola con la mano. "È il segnale. Stanno arrivando."
Joyce si fece seria. Poteva solo immaginare cosa stesse accadendo dall'altra parte dello stretto sentiero che divideva le due colline. Sperò che Leyra se la cavasse anche quella volta.
Per molti minuti non accadde niente e Joyce iniziò a sperare che il piano fosse così buono da avere arrestato l'avanzata del nemico prima che arrivasse da loro.
Non c'era molto altro da fare, se non parlare con Olfin. "Se il piano funziona, vinceremo."
"È stata una fortuna che siate riuscite a fuggire" disse l'alfar.
"Abbiamo solo approfittato del vostro attacco a sorpresa."
Olfin la guardò perplesso. "Di che parli?"
"Della sortita che avete tentato al campo nemico" disse Joyce. "Ha distratto i nosri carcerieri dandoci il tempo di scappare."
"Non c'è stato nessun attacco" disse Olfin. "Lo so perché ero tra gli esploratori e Maera aveva dato l'ordine di non attaccare."
"Ma qualcuno ha attaccato il campo" disse Joyce.
"Non siamo stati noi."
"Allora chi..." Un pensiero tremendo iniziò a farsi strada nella sua mente.
Qualcuno gridò, indicando l'imboccatura della gola. Qualcosa di enorme che si muoveva a quattro zampe stava uscendo dal sentiero.
Joyce riconobbe subito due degli orsi giganti che avevano abbattuto la palizzata dell'avamposto. Erano bestie enormi, grandi tre o quattro volte un orso normale e dall'aspetto più feroce. La loro pelle era chiazzata, come se un parassita o un fungo vi avesse attecchito sopra. Gli occhi erano rossi e dalle bocche palancate a mostrare file di denti affilai colava copiosa la bava.
Le loro schiene incurvate erano cariche di frecce come il putaspilli di un sarto. Nonostante questo e le ferite che sanguinavano, continuavano a muoversi come in preda a un furore inestinguibile.
Appena fuori dalla gola puntarono verso quelli nascosti dietro i ripari.
"Colpiteli con tutto quello che avete" gridò Maera.
Olfin si sporse dal suo nascondiglio e lanciò i dardi magici.
Una tempesta di proiettili colpì le due creature, rallentandole un poco.
I due animali, feriti e disorientati, si separarono puntando in direzioni diverse. Joyce notò con orrore che uno di essi si stava dirigendo verso di loro. Uscì dal nascondiglio e puntò il raggio magico verso il mostro, colpendolo al muso.
L'animale di fermò, scosse la testa e si sollevò sulle tozze zampe posteriori. Il verso che emise, un misto di rabbia e frustrazione, la fece rabbrividire.
Era così alto da sfiorare un edificio di tre piani. Quando ricadde sulle zampe anteriori il terreno tremò.
La bestia grattò il terreno e caricò nella sua direzione.
Joyce mormorò la formula della levitazione e si diede una spinta decisa verso l'alto. Con sua sorpresa la bestia balzò a sua volta, mostrando un'agilità che non si aspettava.
Joyce annaspò a mezz'aria, incapace di cambiare direzione per evitare l'attacco della belva. Una delle sue zampe di protese verso di lei, gli artigli lunghi come pugnali pronti a colpirla e dilaniarla.
All'ultimo istante si chinò di lato, evitando di essere colpita in pieno. La zampa mancò il bersaglio, ma gli artigli le graffiarono il braccio e la schiena. Si aspettava di subire una ferita orribile e mortale, invece solo i suoi vestiti vennero strappati.
Gli artigli tentarono di affondare nella pelle indurita dall'incantesimo che aveva evocato poco prima, ma senza riuscirci.
Joyce ruotò su se stessa, in modo da passare sotto il ventre della bestia, la sua parte più vulnerabile. Senza attendere oltre evocò il raggio magico e la colpì provocandole uno squarcio che prese subito a sanguinare.
La bestia atterrò si gambe incerte, gemendo e scuotendo la testa.
Joyce atterrò alle sue spalle ed evocò due dardi magici. Li lanciò verso l'animale colpendolo al collo.
L'orso barcollò scuotendo la testa e soffiando la sua rabbia. Perdeva sangue da decine di ferite ma ancora si reggeva in piedi.
Che razza di magia era all'opera?
"Sibyl" urlò qualcuno.
Lei si voltò e vide un'ombra sfiorarle il fianco. Cadde e rotolò coprendosi di polvere, si rialzò a fatica e disorientata.
Qualcosa sopra la sua testa emise un richiamo profondo che le scosse le viscere. Alzò gli occhi al cielo e vide la gigantesca aquila volteggiare sopra di lei, gli artigli snudati e pronti a colpire.
"Ancora tu" mormorò tra i denti.
L'orso si era ripreso e guardava nella sua direzione, come attendendo un ordine. Dall'alto giunse un fischio prolungato. A quel segnale la bestia caricò nella sua direzione. Nello stesso momento, Joyce vide con la coda dell'occhio che l'aquila eseguiva una stretta virata e puntava verso di lei.
"Questo è sleale" disse prima di voltarsi e correre via, diretta a uno dei ripari sistemati dagli alfar.
"Da questa parte" gridò una voce.
Joyce si diresse verso la fonte, correndo più veloce che poteva. Sentiva vicini i passi dell'orso, comprese le vibrazioni che scuotevano il terreno. Sopra di lei un frullare d'ali preannunciava l'attacco dell'aquila.
"A terra" udì gridare dalla stessa voce.
Joyce ubbidì e si lasciò cadere, rotolò sul fianco e si arrestò in posizione supina, lo sguardo rivolto al cielo terso e azzurro.
Un'ombra caò su di lei ma non avvertì dolore né altro. L'ombra si allontanò com'era veita e lei poté voltarsi.
Vide Olfin avanzare verso di lei, i dardi già pronti per essere lanciati. "Alzati, svelta."
Non se lo fece ripetere due volte. Balzò in piedi e corse con Olfin verso uno dei ripari, una roccia dietro la quale due soldati si nascondevano.
Joyce si lasciò cadere al'ombra del masso, lo sguardo rivolto verso l'alto.
Zefyr arrivò trafelato. "Quel tizio ce l'ha con te" disse indicando l'aquila che volteggiava in cielo. Sopra di essa, seduto a cavalcioni, riconobbe Ertham.
"Diciamo che non corre buon sangue tra di noi" disse Joyce.
"Davvero? E che gli hai fatto per farlo arrabbiare così tanto?"
"Niente, te lo giuro. A parte farlo sbattere contro un albero."
L'aquila si lanciò in picchiata verso un soldato alfar che si era sporto troppo, lo afferrò con le zampe artigliandogli la schiena e lo sollevò in cielo. Qualche istante dopo lo lasciò cadere. L'impatto col suolo produsse un rumore sordo e sollevò una nuvoletta di polvere.
Il soldato non si mosse più.
L'aquila puntò verso un'altra vittima, una strega alfar che stava lanciando dei dardi verso un paio di stregoni dal mantello grigio che erano sbucati dalla gola.
"Sta cominciando a farmi innervosire" disse Zefyr.
Nel frattempo gli orsi seminavano il panico tra gli alfar, scagliandosi contro chiuque osasse sporgersi dal proprio riparo.
"Ertham li controlla tutti" disse Joyce. "Ha una specie di potere che non ho mai visto."
"È un esotico" disse Olfin.
"Come?" fece Joyce. Non aveva mai sentito quella parola.
"Taras Arwel dice che chi ha un potere strano e raro è un esotico. È così che li chiamiamo" spiegò il ragazzo.
"Non importa" dise Zefyr tagliando corto. "Se buttiamo giù quel tizio, fermiamo le sue bestie, no?"
Joyce scrollò le spalle.
"Ce ne occupiamo noi" disse Zefyr.
Joyce non aveva idea di chi fossero quei "noi".
"Tu cerca di distrarlo per qualche minuto" aggiunse il ragazzo.
"Che vuoi che faccia?"
"Sii creativa." Zefyr si lanciò fuori dal riparo e corse senza voltarsi.
"Facciamo come dice lui" disse Joyce a Olfin.
Il ragazzo annuì. "Io ti copro."
Joyce trasse un profondo sospiro e si lanciò fuori dal nascondiglio. Guardò in alto e individuò l'aquila mentre volteggiava su un gruppo di alfar che stavano combattendo.
"Ertham" gridò cercando di farsi sentire sopra il trambusto della battaglia. Ertham non diede segno di averla sentita.
Joyce evocò i dardi magici e li scagliò contro l'aquila, sfiorandola.
Ertham s voltò verso di lei mostrando un ghigno. L'animale eseguì una stretta virata e puntò verso il basso, le ali spalancate e le zampe protese in avanti con gli artigli pronti a chiudersi sul suo corpo.
Joyce attese per qualche istante, poi si gettò di lato evitando d'un soffio di essere afferrata. L'aquila riprese a salire dopo aver sbattuto le ali in maniera convulsa.
Joyce si voltò e corse nella direzione opposta. Sentì sopra la sua testa un minaccioso frullare di ali e l'eco di un richiamo.
Thali apparve all'improvviso davanti a lei, come se fosse uscito dall'invisibilità. Lo vide sollevare le mani e tenderle verso l'alto. Dai suoi palmi partirono centinaia di proiettili di ghiaccio sottili come aghi.
Joyce si gettò a terra per evitare di essere investita dai proiettili, mentre sopra la sua testa udiva un'esclamazione di sopresa seguita da un gemito strozzato.
Un'ombra gigantesca la superò e proseguì la sua corsa verso il suolo, colpendolo così forte da farlo vibrare. Vide l'aquila rotolare su se stessa, le ali ridotte a brandelli e la metà inferiore del corpo ricoperta di ghiaccio.
Quando si fermò, gli occhi erano spalancati e vitrei, senza vita.
Lì accanto, Ertham era inginocchiato nella polvere e cercava di rialzarsi. Perdeva sangue da una decina di ferite e aveva una gamba piegata in maniera innaturale.
Sul suo viso vide dipingersi il terrore quando Thali gli si avvicinò, i dardi già evocati.
Ertham sollevò una mano, come se volesse chiedere il permesso di parlare.
Thali lo colpì al petto con i dardi, aprendo due fori precisi al centro del torace dello stregone.
Ertham crollò al suolo senza vita.
Ancora scossa per quello che era successo, Joyce si rialzò a fatica. La mente cominciava a schiarirsi. Doveva trovare Maera per avvertirla.
Stava per accadere qualcosa di tremendo e lei era l'unica a saperlo.

Nota: è un po' di tempo che annuncio un capitolo e poi lo rimando, non riuscendo rispettare la data di pubblicazione. Purtroppo capita sempre qualche impegno improvviso che non posso rimandare. Dalla prossima settimana dovrei diventare più regolare nella pubblicazione e soprattutto dovrei riuscire a smaltire l'enorme coda di commenti a cui non ho risposto (scusatescusatescusate). Inoltre nel frattempo ho accumulato un bel po' di capitoli extra e posso annunciarvi che vi aspettano ghiotte sorprese (sì, rivederemo tutti i personaggi lasciati in giro più qualcun altro.).
Non mi resta che augurarvi buone feste e felice Pasqua con chiunque e ovunque la passerete. Ci rivediamo Giovedì prossimo! :)

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