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Autore: Alicat_Barbix    31/03/2018    4 recensioni
Nel 2130 il mondo non è più contaminato dalle diversità. Diversità che hanno portato a lotte e guerre sanguinose nel corso dei tempi. La nuova società si impegna ad eliminare tutti gli Incompleti. Il diverso deve essere schiacciato. Ma come in ogni organizzazione, anche in questa c'è una falla.
Sherlock Holmes e John Watson si incontreranno quando meno se l'aspettano, ma saranno dalla stessa parte? Ma se così non fosse, cosa comporterebbe la nascita di qualcosa di forte, qualcosa di pericoloso?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CUORE SUL GRILLETTO
Epilogo

 
 
Avevano detto che sarebbe durato. Avevano detto che non si sarebbe svegliato mai più. Avevano detto che non avrebbe sentito niente. E invece, un ampio squarcio impresso col fuoco al centro del suo cuore buttava sangue così come i suoi occhi buttavano lacrime. Ogni singola cellula del suo corpo sembrava chiedere pietà per quanta sofferenza si spandeva per il suo intero corpo. L’avevano inchiodato al muro, gli avevano immobilizzato mani e piedi e una flebo gli pompava nel sangue i principi nutritivi necessari a non farlo morire di fame, visto che per una settimana intera si era rifiutato di toccare cibo anche quando gli avevano premuto la faccia contro i resti del piatto che aveva fatto volare con uno scossone della testa. Non dormiva da giorni, perché dormire era nocivo, doloroso: nel sonno, lo venivano a trovare troppe immagini fasulle che, nonostante lo astraessero dalla sanguinante realtà, quando riapriva gli occhi lo facevano risprofondare in essa con ferocia, schernendolo per aver anche solo sperato che un mero sogno potesse essere vero. Moriarty – o chi per lui – spesso entrava e gli faceva domande su un qualche progetto a cui stava lavorando – domande a cui, ovviamente, lui non rispondeva – e alcuni dottori gli iniettavano in corpo quel maledetto siero, sperando di piegarlo alla loro volontà, ma sembrava aver sviluppato una sorta di autoimmunità al farmaco.
Dopo lunghi giorni senza bere e mangiare, senza dormire, Sherlock Holmes si concesse il privilegio di chiudere gli occhi per un momento, uno soltanto, ma quel momento gli fu fatale. Quando li riaprì, si ritrovò in un ambiente completamente avvolto nell’ombra, così diverso dalla cella perennemente illuminata da quei fari abbaglianti. Si guardò intorno, il suo subconscio che ingranava laboriosamente i vari listelli della sua mente, mentre il suo sguardo cercava nell’oscurità.
“John?” chiamò istintivamente. Era ormai l’unica parola che fuoriusciva dalle sue labbra. Un nome. Una vita. Un amore. Un lutto. John era tutto quello che era capace di dire, l’unica cosa che la sua lingua fosse in grado di articolare. Non importava se sogno o realtà, ormai anche in quella cella gli capitava di chiamare debolmente l’amato perduto. Fungeva come una sorta di ricarica: gli ricordava che non c’era più, ma che c’era stato, che i farmaci, che gli estrogeni non avrebbero potuto cancellare nuovamente quella dolce immagine che lo cullava beatamente.
I suoi occhi sondarono il buio, e, nella congerie di tenebre, scorse una luce. Le corse incontro, la inseguì come un bambino spensierato insegue una farfalla, come il sole rincorre la luna nel suo ciclo giornaliero, come lui aveva rincorso e rincorreva tuttora John.
“John!” urlò con le lacrime agli occhi, sperando che quel barlume luminoso si arrestasse, che, sentendolo, interrompesse la sua avanzata, ma quello, anzi, sembrò velocizzarsi, scappare da lui. “John, non te ne andare! John! John!”
“Sherlock.”
Una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare. Si voltò di scatto e davanti a lui apparve la figura minuta di una ragazza dai lunghi capelli rossi e gli occhi vividi e accesi di affetto. La studiò per lunghi istanti. Non gli sembrava di conoscerla. Non gli sembrava di averla mai vista. Eppure, c’era qualcosa di inconfutabilmente familiare nel modo in cui sorrideva, nel modo in cui i suoi luccicavano.
“Chi sei?”
“Tu non mi conosci. Ma io conosco te. Ho passato così tanto tempo ad osservarti.”
“Che cosa vuoi?”
Lei scrollò semplicemente le mani. “Niente. Una persona mi ha semplicemente incaricato di prendermi cura di te.”
Gli occhi di Sherlock si accesero di consapevolezza e al contempo di nostalgia. “Dov’è? Dov’è lui?”
“In un posto migliore. Lontano dal dolore e dallo schifo umano.”
“Voglio parlargli, voglio vederlo…”
La ragazza si affrettò verso di lui e gli accarezzò una guancia. “Lo so, ma non è possibile, Sherlock. Non gli è consentito essere qui con te. E anche il mio tempo sta per scadere.”
“Solo un attimo. Voglio vederlo anche solo un attimo.” la pregò Sherlock inginocchiandosi di fronte a lei e tirandole la maglietta d’ombra che indossava, piangendo. “Io l’ho ucciso… l’ho ammazzato, capisci? E devo chiedergli perdono, devo dirgli che lo amo, devo dirgli che non volevo…”
“John non ti ha perdonato perché non c’è niente da perdonare. Lui lo sa, Sherlock, l’ha sempre saputo. Sa che non sei stato tu il responsabile, sa la verità.”
Sherlock affondò il volto piangente nel ventre morbido della ragazza. “Lui credeva in me… credeva in me anche quando gli ho sparato dritto in cuore. E’ colpa mia…”
“Non è colpa tua.” lo bloccò lei stringendogli le spalle e costringendolo a guardarla negli occhi. “Non è colpa tua.”
“Lui è tornato indietro per me, è stato catturato per me, è morto per me! E io che cosa ho fatto? Che cosa ho mai fatto per lui?”
La ragazza sorrise dolcemente e gli asciugò le lacrime dal viso. “L’hai amato. Fino alla fine. Il tuo cuore ha raggiunto il suo nonostante quel siero. Lui ti ha sentito, Sherlock. Ha sentito la tua voce e ad essa si è aggrappato.”
“Il mio amore non era abbastanza forte… il mio amore non era abbastanza forte da contrastare il siero.”
“Ah no? Non ti sei chiesto come mai non ha più effetto su di te? Purtroppo, Sherlock, troppo spesso un cuore spezzato è più forte di un cuore innamorato. Il ricordo di John, così vivo in te, il terrore di poter, in qualche modo, fargli ancora del male a causa del siero, tengono in vita la tua coscienza e annullano l’effetto del liquido.”
Sherlock sospirò e cercò di cacciare le lacrime che, copiose, gli rigavano le guance. “Vorrei dirgli solamente che lo amo.”
“Lo sa già.”
“Sì, ma vorrei guardarlo negli occhi e dirglielo.”
Lo sguardo della ragazza si oscurò appena e un amaro sospiro lasciò le sue labbra. Chiuse gli occhi e restò immota per diversi secondi, infine li riaprì, alzandoli in un punto indefinito, dietro a Sherlock.
“E allora fallo.”
Sherlock batté confusamente le ciglia, ma lentamente, si volse, seguendo lo sguardo dell’altra, e il suo cuore sussultò. La luce che stava inseguendo si era improvvisamente aperta come la corolla di un fiore al mattino, rivelando una figura non troppo alta, forse leggermente tarchiata, ma bellissima. Gli occhi di Sherlock percorsero ogni centimetro di quella visione idilliaca, soffermandosi sul volto radioso e sorridente.
“John.” sussurrò, osando un timido passo verso di lui. Quando John aprì le braccia, si lanciò in una corsa disperata verso di lui, urlando il suo nome e piangendo lacrime di gioia. Affondò contro di lui e lo tenne stretto, imprigionandolo contro il suo corpo, temendo che un qualche ordine superiore lo potesse portare via senza alcun preavviso. Le braccia di John lo avvolsero interamente e un dolce e tiepido calore lo pervase placidamente.
“John…”
“Sono qui.”
“Sei tu, vero? Non sei un altro John, sei davvero tu?”
Lo sentì ridacchiare sulla sua spalla. “Credi che se fossi uno dei falsi te lo verrei a dire?”
“No.” sospirò strofinando il naso contro il collo dell’altro, lasciandovi sporadici baci, come a testare il sapore tanto amato. “Mi dispiace, John… Mi dispiace.”
“No, Sherlock, a me dispiace. Nel mio egoismo, non ho fatto altro che sperare che tu ti salvassi, che vivessi… non avrei mai immaginato che… Cristo, Sherlock, è così orribile…”
“E allora portami con te.” rispose prontamente. “Portami dovunque tu sia ora.”
Ma il sorriso mesto che sfociò sulle labbra di John fu più chiaro di mille spiegazioni. “Mi chiedi l’impossibile, Sherlock. Un giorno, te lo giuro… Un giorno verrò a prenderti, quando sarà il momento.”
“Ma io ho bisogno di te, non voglio… non voglio che tu te ne vada.”
“E io non voglio andarmene, ma non ho altra scelta, capisci? Siamo bloccati in due mondi opposti, che per quanto vicini non si toccheranno mai. Ma arriverà presto, Sherlock, te lo prometto. Presto avremo il nostro per sempre.”
“Non ci credo più, ormai.” mormorò il detective scansandosi appena da quell’abbraccio per poter osservare il volto luminoso di John.
“Credici, Sherlock.” John afferrò la mano di Sherlock e in essa depositò qualcosa di freddo e piccolo, poi la chiuse con deferenza. “Aggrappati ai ricordi di noi due, come ho fatto io. Fallo e ti prometto che andrà tutto bene.”
“John…” farfugliò Sherlock notando che l’immagine dell’altro si era fatta improvvisamente più sbiadita e che quella luce che li circondava, lentamente, svaniva.
“Non guardare, Sherlock. Chiudi gli occhi e non combattere.”
“No, John, che sta succedendo? Non puoi andartene ora.” balbettò cercando di afferrargli il braccio, ma le sue dita incontrarono un nulla impalpabile. “John…”
“Ti amo, Sherlock. Ricordatelo. Ricordatelo sempre.”
“John… John! JOHN!”
Aprì gli occhi e si ritrovò scosso da profondi tremori. Il suo corpo era pervaso da un gelo assoluto e al contempo da un fuoco rovente che imperversava impietoso.
Si guardò intorno, il volto bagnato di lacrime, e in piedi, di fronte a lui, scorse una figura. Trattenne il fiato a quella visione e pensò di star ancora sognando, di non essersi ancora svegliato.
“Pensavo fossi morto…”
“Lo pensavo anch’io.” rispose Mycroft tirando via dalle tasche dei pantaloni le mani. “E probabilmente, da un lato, lo sono.”
“Dove sei stato?”
Le labbra del fratello maggiore si ridussero ad una mera fessura percorsa da tremiti. “Ho provato a seguire le tue orme… ma mi hanno portato semplicemente alla distruzione di una delle poche persone che abbia mai contato in vita mia.” Sherlock assottigliò lo sguardo e come conseguenza, due lacrimoni rotolarono giù dai suoi occhi, tintinnando a terra. “C’era una persona nella mia vita. C’era. Adesso è morta. L’ho uccisa io. Proprio come tu hai ucciso John.” La bocca tremante di Mycroft emise una mezza risata stonata e quasi soffocata. “Purtroppo, a quanto pare, noi Holmes vantiamo una forza d’animo superiore alle persone comuni. E per questo, il siero non ha eterna durata e la nostra vita risparmiata non sarà altro che una mera maledizione.”
“Chi?”
“Non ha importanza.” sospirò. “Nostro padre aveva ragione: tenere a qualcuno non è un vantaggio.”
“Che cosa ci fai qui? Perché non sei in prigione come me?”
“Perché io, al contrario tuo, non ho alcuna intenzione di ribellarmi nuovamente a Moriarty.” Gli occhi di Sherlock s’ingigantirono improvvisamente e di limitò a guardare il fratello con stupore, ma al contempo attesa. “La persona che… che amavo, è morta odiandomi. Ha creduto che volessi solo raggirarlo e che per questo mi sono avvicinato a lui.” La voce di Mycroft tremò irregolarmente e così fu costretto a passarsi una mano sul volto per evitare di lasciare alle lacrime il potere di solcargli le gote pallide.
“E credi davvero che la persona che amavi sarebbe felice di vederti assecondare l’uomo che vi ha distrutto?”
“No.” rispose semplicemente il maggiore. “Resterò nelle file di Moriarty e lo distruggerò pezzo per pezzo. Ma per farlo, devo portarlo a fidarsi di me. Il mondo sta cambiando, Sherlock, la morte di John ha sconvolto la nazione, il tuo risveglio improvviso ha creato scompiglio, domande… si stanno scatenando rivolte, è in atto un colpo di Stato, e la cosa si sta diffondendo per l’Europa intera e, chissà, magari presto anche nelle parti del mondo restanti.”
Sherlock distolse lo sguardo: il mondo si stava risvegliando, il mondo stava reagendo, il mondo stava cambiando. E tutto questo, grazie a John. Sorrise sofferentemente rendendosi conto di quanto fosse stato fortunato ad esser stato amato da lui. John Watson ce l’aveva fatta, alla fine. Aveva cambiato il mondo. Tutto era cominciato con la ricerca di sua sorella ed ora… ora ogni cosa si stava smuovendo.
Distruggere Moriarty. Moriarty che aveva distrutto Cuba. Cuba che aveva distrutto inutili pregiudizi. Pregiudizi che avevano distrutto milioni di persone. Milioni di persone che avevano distrutto il sistema.
Un cane che si mordeva instancabilmente la coda. E lui, lui era stanco di lottare. Stanco. L’unica cosa che voleva ora era chiudere gli occhi e non riaprirli mai più.
“Deduco che tu non hai alcuna intenzione di seguirmi in questo progetto.”
Un debole sorriso si affacciò sulle labbra di Sherlock. “Ho lottato troppo per continuare a lottare. Un tempo avevo qualcuno per farlo, ora non mi è rimasto neppure quello. L’unica cosa che voglio è smettere di sentire…” La sua voce venne incrinata dal dolore riapparso come l’impronta di un tirannosauro sul suo cuore. “… di sentire questo vuoto enorme.”
Mycroft annuì debolmente e con lentezza, si avvicinò al fratello minore, le mani che scivolarono nelle ampie tasche dei pantaloni. Si fermò a poca distanza da lui e studiò il suo volto devastato dal dolore. Con estrema calma, estrasse una siringa con all’interno un liquido trasparente. Sherlock osservò quell’ago affilato e se ne sentì rapito, infine, un sorriso sollevato gli esplose in viso.
“Grazie, Mycroft.”
“Non ringraziarmi. Questo non ti ucciderà: le tue funzioni vitali sono strettamente monitorate e qualunque valore sballato farebbe scattare una serie infinita di allarmi e di protocolli per ripescarti dalla morte e riportarti nel mondo dei vivi. Questo farmaco ti ridurrà in uno stato vegetativo: la tua mente sarà libera da ogni paletto che la tiene ora attiva. Sarà come vivere nel tuo Palazzo Mentale fino a quando il tuo corpo non cederà inevitabilmente.”
Sherlock ponderò quelle parole e si trovò a sorridere. Il suo Palazzo Mentale… Ci aveva passato così tante ore, vagando per quelle stanze ingombre di scaffali e archivi. Nell’ultima settimana, aveva cercato disperatamente di rinchiudersi in esso e riprendere la sua vita spezzata assieme a John a cui aveva dedicato un’intera, gigante ala. Le torture degli scagnozzi di Moriarty, però, l’avevano sempre catapultato fuori con violenza ed era diventato sempre più difficile chiudere gli occhi e trovare quella calma necessaria per ricominciare a vivere tra quei muri confortanti. Ora, aveva la possibilità di restare là dentro per sempre. O meglio, finché anche il suo corpo non fosse morto. Ci sarebbe stato anche John, con lui. Era perfetto.
“Fallo.” sussurrò Sherlock sorridendo. “Fallo, te ne prego.”
“Come desideri.”
Mycroft si inginocchiò di fronte a lui, la siringa in mano e gli occhi arrossati. Non aveva bisogno di tirar su alcuna manica, dato che il torso di Sherlock era completamente nudo e deturpato da profonde ferite e bruciature a causa delle torture. “Mi dispiace così tanto, Sherlock…” mugugnò allora, chinando appena la testa e scuotendola con aria sconfitta. “Avrei voluto far di più, avrei voluto rendermi prima conto della mia follia, avrei voluto…”
“Ti voglio bene, fratello mio.” lo interruppe Sherlock. “Alla fine, ti sei rivelato il fratello che speravo di avere.”
Mycroft non riuscì più a trattenere due amare lacrime. “Greg.” biascicò alla fine. “Era Greg.”
“Lo sospettavo.” rispose il minore con un mezzo sorriso.
“Addio, fratello mio.”
“Addio, Mycroft.”
E l’ago s’infilò dolce nella carne.
 
***
 
Sherlock era steso su un prato fiorito e osservava le scaglie di cielo azzurro che s’intravedevano attraverso le fronde verdeggianti dei pochi alberi che componevano quel piccolo boschetto.
“Ah, allora eri qui.”
Volse appena la testa, quel tanto che gli bastava per scorgere la figura di Clara in piedi accanto a lui, le braccia rigidamente conserte.
“Dove pensavi che fossi?”
“Dio solo lo sa.” rispose lei sospirando con fare annoiato. “Signor Holmes, vorrebbe gentilmente degnarmi della sua presenza all’interno della locanda?”
Sherlock roteò gli occhi e si girò su un fianco, dandole le spalle. “Gary ha di nuovo sbagliato prenotazione e Billy è sull’orlo di mangiarselo? Chiama qualcun altro, Clara, non ho voglia di muovermi di qui.”
Una serie di passi si avvicinarono lesti e pesanti. “No, sono io che sono sull’orlo di mangiarmi tuo fratello.”
La voce di Lestrade lo fece sobbalzare, ma a quelle parole non riuscì a trattenere una risata. “Che ha combinato, stavolta?”
“Ho preso le ferie per andare in vacanza con lui, ma il signor Governo non può più, dato che è stato trattenuto da impegni irrimandabili.”
“Lo conosci mio fratello, Greg. E poi, si sa, alla fine lo perdoni sempre.”
“Eh no!” esclamò fuori di sé l’ispettore alzando le braccia al cielo, suscitando in Clara una risatina divertita. “No! Stavolta, non la passerà liscia. Ora tu vieni dentro con me e lo convinci a rimandare qualsiasi cosa ritenga irrimandabile. O al limite, mi basta che mi trattenga dallo sbranarlo senza pietà.”
Sherlock sospirò nuovamente e si tirò su, ciuffi d’erba gli si erano impigliati nei riccioli corvini. “E va bene, va bene.”
“Clara!”
Clara si voltò, appena in tempo per accogliere il corpo di una giovane donna dalla voce squillante e i capelli color del grano. “Harry, per l’amor del cielo, hai intenzione di farmi cadere e sbattere la testa?”
Harriet si staccò, un sorriso furbo a illuminarle il viso radioso. “Può darsi, anche perché sua intelligenza l’ispettore Lestrade l’avrebbe fatto archiviare come un semplice incidente domestico.”
“Poi però sarebbe arrivato Sherlock e ti avrebbe fatta sbattere al fresco.” replicò l’altra ridendo, per poi accarezzarle dolcemente i capelli spettinati dalla corsa.
“Così però non vale…”
Lestrade incrociò le braccia, infastidito dalle parole di Harriet, ma decise di soprassedere, visto che lo aspettava un’altra guerra, e tirò via l’amico per un braccio, trascinandolo su per la salita che conduceva alla locanda.
Sherlock si guardava attorno con gli occhi che brillavano: ovunque c’erano volti conosciuti e altri no, vi erano persone scure, chiare, dagli occhi a mandorla, dalle labbra sporgenti, vi erano individui su carrozzine, bambini con visibili difetti fisici abbracciati a mamme, papà, nonni… Se avesse creduto nel Paradiso, Sherlock avrebbe detto che fosse quello.
Dalla locanda, uscì di corsa la figura austera di suo fratello, in mano il suo inseparabile ombrello, ma appena li vide arrivare s’immobilizzò, l’incertezza che andava a colorargli il volto pallido.
“Cielo, Greg, spero che tu stia scherzando…”
“Non chiamarmi Greg quando sai che sono fuori di me.” lo interruppe l’altro. “Sherlock, ti prego, parlaci tu.”
“Oh, tutto questo è semplicemente puerile da parte di entrambi.”
“Sono qui non di mia volontà, Mycroft, te l’assicuro.” ribatté il fratello cercando di divincolarsi dalla presa ferrea di Lestrade.
“L’ho chiamato io per risolvere questa storia.”
“Non c’è niente da risolvere, Greg, non posso non…”
“Non mi chiamare Greg!”
“Whoa, ragazzi, calmatevi!” esclamò Gary comparendo alle spalle di Mycroft e circondandolo con un braccio, in una stretta amichevole. “Oggi è un giorno speciale, non roviniamolo.”
Sherlock assottigliò lo sguardo. “Che giorno speciale?”
Billy apparve accanto al compagno, sorridendo come un ragazzino spensierato. “Vieni dentro e lo scoprirai.”
Clara ed Harriet, comparse da chissà dove, afferrarono il detective per le braccia e lo condussero ridendo dentro la locanda e ciò che Sherlock vide fu semplicemente incredibile: per quanto l’ambiente fosse piccolo, migliaia e migliaia di persone vi giravano sorridenti, parlottando fra di loro, ridacchiando, scambiandosi aneddoti. Fra di essi, riconobbe alcuni volti che aveva visto da qualche parte, in una vita passata: c’erano la piccola Alexandra con sua madre e il suo finalmente ritrovato padre, c’era il giovane Matias assieme ai suoi fratellini e alle sue sorelline, c’erano Davis e Loghan che se ne stavano in un angolino abbracciati, c’era Thao con la sua fidanzata che aveva lasciato in Cina, c’erano Molly e la signora Hudson, e tanti, tanti altri ancora… Colori caldi e vivaci dominavano per la stanza e tutti tenevano in mano un calice di champagne intonso, come pronti per un brindisi. Sherlock si guardò attorno con gli occhi che brillavano e, per qualche strana ragione, fra quei volti allegri e quelle teste, cercava qualcosa… o qualcuno? Una voce al suo orecchio lo fece sobbalzare:
“Trovalo.” gli mormorò Clara mentre Harriet lo spingeva con fare incoraggiante in mezzo alla calca.
Trovarlo? Trovare chi? Si mosse tra quei corpi e quelle persone con fluidità, per niente oppresso dalla torma che lo circondava, e il suo sguardo vagava in cerca di qualsiasi cosa dovesse trovare. Sentiva che mancava qualcosa a quel quadro meraviglioso. Sentiva che mancava qualcuno. A mano a mano che passava, gli occhi di tutti si posavano ridenti su di lui e in molti lo salutavano, porgendogli la mano o dandogli amichevoli pacche sulle spalle.
Una luce. In mezzo alla folla, una luce. E Sherlock prese a seguirla, aumentando il passo e cominciando quasi a correre, ancora, ancora, ancora… finché non si ritrovò in un appartamento. Intonaco verde, tende marroni, due poltrone, un divano… Familiare. Tutto quello era straordinariamente e innegabilmente familiare. Studiò col cuore in gola lo smile giallo dipinto sulla parete di fondo e il teschio adagiato sul camino.
“Baker Street…” mormorò dentro di sé.
“Sherlock.”
Si voltò di scatto, gli occhi che, inspiegabilmente, presero a lacrimare. Davanti a lui, un ometto dalla statura infima, capelli biondi, occhi cristallini.
“John…”
E John sorrise. Sorrise mentre annuiva serenamente. Sorrise mentre si avvicinava a lui con sguardo dolce. Sorrise mentre circondava il suo corpo scosso dai singhiozzi con le sue braccia forti. Sorrise mentre gli mormorava che andava tutto bene, che adesso era tutto finito.
“John…” ripeté Sherlock gustando quella parola dolce e fruttata.
Quando sciolsero l’abbraccio, i loro corpi rimasero vicini, i nasi che si sfioravano, e le labbra a pochi centimetri di distanza.
“Perché sto piangendo?” chiese con un sorriso imbarazzato Sherlock mentre chiudeva appena gli occhi e poggiava la fronte contro quella dell’altro.
“Non ne ho idea. Forse, col passare del tempo, sei solo diventato il più sentimentale di tutti.”
E Sherlock rise. Rise mentre chiudeva nuovamente gli occhi. Rise mentre le sue labbra s’incontravano con quelle di John. Rise mentre il suo cuore batteva felice in sintonia con quello di suo marito. Rise mentre sussurrava tutto il suo amore e John rispondeva con i suoi baci dolci e vellutati.
“Credo che tu abbia qualcosa che mi appartiene.” sussurrò infine il medico staccandosi appena. All’altro, bastò aprire il palmo della mano dov’era magicamente apparsa una banda dorata, al cui interno era inciso un nome. Il suo nome.
“Credo proprio di sì.”
E detto questo, l’anello sfilò sul dito di John come fosse una seconda pelle. Le loro mani sinistre s’incontrarono e le fedi luccicarono beatamente.
“All’amore!”
Un boato li fece sussultare e quando si voltarono scorsero la locanda di Billy e Gary colma di persone che innalzavano verso di loro i propri calici, sorridendo.
John e Sherlock tornarono a fissarsi reciprocamente, occhi negli occhi, cuore nel cuore.
“All’amore.” sussurrò John.
“All’amore.” rispose Sherlock.

SPAZIO AUTRICI
Eccoci qui, alla fine... E' stato un percorso impervio, sofferto. Un percorso che, personalmente, ci ha regalato molte soddisfazioni grazie a tutti voi. Non abbiamo commentato il capitolo precedente proprio perché abbiamo intenzione di aprire e chiudere una piccola-grande parentesi qui. D'accordo, il finale potrà sembrarvi ingiusto, anche per noi è così, e fino all'ultimo ci siamo interrogate su quale fosse la scelta migliore. Poi, ovviamente, è prevalso il nostro lato sadico e quindi eccoci qui. Speriamo che, nonostante il finale drammatico, abbiate apprezzato questa storia, abbiate apprezzato noi due bastarde - perché è esattamente quello che siamo - e abbiate apprezzato l'amore sconfinato dei nostri protagonisti. E' vero, l'esecuzione di John ci lascia con un "ma allora l'amore non vince su tutto". E noi vi rispondiamo: no, non vince su tutto. Non in vita, perlomeno. Ma noi siamo certe che l'amore, quello vero, quello che provano Sherlock e John l'uno per l'altro, sopravvive alla morte. Se vogliamo, è anche un finale aperto perché non sapremo mai come si concluderà la rivoluzione, i piani di Mycroft... lasciamo a voi l'immaginarvelo, se volete potete anche scriverci come pensate possa finire nelle recensioni. E niente, fra poco è Pasqua, perciò SU COL MORALE, siete liberi di odiarci con tutto il vostro cuore, insultateci pure nelle recensioni - se volete - e speriamo di rivederci prossimamente ad un'altra fan fiction. Ciao, Cuore sul grilletto, e grazie per tutte le emozioni che hai regalato in primis a noi autrici. E grazie anche a tutti voi, davvero. 
Un bacio
Alicat_Barbix
   
 
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