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Autore: LanceTheWolf    04/04/2018    2 recensioni
Fen è una ragazza distratta, un po’ troppo spesso con la testa tra le nuvole, ma con un cuore grande, che vive sola con sua nonna e suo cugino a Ba Sing Se. Studia alla facoltà di archeologia e si strugge d’amore per l’ex-ragazzo che l’ha lasciata, preferendole una ragazza diversissima da lei, sia fisicamente che caratterialmente.
Questa è una storia scritta a due mani (Lance e Mokuren), che si svolge nel mondo di Avatar, ma in un epoca più moderna. Le nazioni sono ancora divise, anche se il clima appare più disteso, non fosse per la guerra civile tra le Tribù dell’Acqua che si protrae da quasi un secolo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il Dominatore del Fuoco


-Tutto bene?- Quella voce profonda fece sobbalzare Fen, distogliendola dai pensieri pesanti che si erano affastellati nella sua mente. Si voltò verso la porta e lo vide li: incorniciato nel vano, molto poco vestito e con i capelli umidi che gli ricadevano sulle ampie spalle. Lo sguardo le cadde inevitabilmente sulle cicatrici, troppo evidenti per non essere notate. Il cuore della ragazza sussultò a quella vista. Quei segni narravano una storia di lotta, di sacrificio e di sofferenza che lei poteva immaginare solo lontanamente. Chissà quante di quelle ferite erano state sul punto di ucciderlo, si trovò a domandarsi: non se ne intendeva, ma alcune erano talmente marcate da non permetterle di pensare che fossero dovute solo all’addestramento. Si sentì invadere da un senso di colpa che non riusciva a capire completamente: lei era lì, a struggersi per un amore perduto, mentre c’era chi si batteva duramente per un bene superiore; un bene che la gente comune probabilmente neanche sospettava, per la pace e l’equilibrio. Quelle cicatrici non facevano che mostrarle, come se il corpo del guerriero che aveva dinanzi non fosse altro che una pergamena scritta nel sangue, gli sforzi dell’Avatar e dei suoi compagni lungo un cammino che le parve troppo duro per dei ragazzi della sua stessa età.
–Mi sembri triste, è a causa nostra? Ti abbiamo turbata in qualche modo?- Le parole del ragazzo le giunsero troppo dolci per non spingerla ad alzare gli occhi fino ad incontrare quelli rossi di… era Fumio o Eiji?
Fen vide chiaramente la preoccupazione del ragazzo e non le ci volle molto a intuire che doveva averla vista mentre si sentita schiacciata dai suoi stessi pensieri.
Quella premura la scaldò più di quanto si potesse immaginare, ma le dispiaceva che il suo ospite potesse collegare la presenza di lui e dei suoi compagni al suo sciocco rattristarsi.
-Non guardarmi così. Lo so! Domino il fuoco, dovrei sapermi asciugare i capelli con questo, ma… ehi… lo farei, non fosse che non sia il massimo dopo girare con un cespuglio arruffato in testa!- A quella nuova uscita, il ragazzo riuscì a strapparle una risatina, trovandosi improvvisamente a immaginarlo con dei capelli orribili. Non potè però non imbarazzarsi nel notare immediatamente l’espressione soddisfatta negli occhi del giovane a quella sua reazione.
-No, tranquillo.- Gli disse appena riacquistato un po’ di controllo. -Voi non c’entrate nulla, stavo ripensando ad alcuni fatti successi prima che arrivaste, molto prima. Anzi, la vostra presenza mi dà l’occasione di pensarci il meno possibile… veramente. Piuttosto, con chi sto parlando? Sei Fumio o Eiji? Siete identici e io non vi conosco abbastanza da notare differenze negli atteggiamento o altro. E… non sono certo la nonna.- La battuta del ragazzo le aveva veramente risollevato lo spirito e, dopo quel primo doloroso impatto, si rese conto di trovarselo davanti con solo un paio di pantaloni mezzi calati sui fianchi. Malgrado l’imbarazzo non le riuscì di staccare lo sguardo da quei muscoli incredibilmente definiti.
Le persone più muscolose che conosceva erano Jin e Jeong Jeong, ma i loro fisici da sportivi non erano paragonabili a quanto si trovava sotto gli occhi in quel momento. Le cicatrici non facevano che enfatizzare le linee di demarcazione dei muscoli tesi del ragazzo confondendole i sensi: intimidendola ed eccitandola al tempo stesso.


Min aveva finalmente attorcigliato l’ultimo raviolo. Era stato un lavoraccio, ma doveva ammettere a sé stessa che, malgrado tutta la fatica, ne era valsa la pena pur di poter passare un po’ di tempo accanto a Jin senza paura… non sapeva neanche lei a che paura si riferisse, ma certo era che il cuore le saliva in gola ogni volta che le era vicino e… seppure non avesse smesso nemmeno questa volta di battere come impazzito, almeno aveva resistito all’istinto di fuggire via, lontano da lui.
Poi d’improvviso se ne ricordò: -Accidenti!- Disse, battendo un pugnetto infarinato sul palmo della mano e alzando un gran polverone bianco.
Jin si voltò a guardarla e lei, allargando un sorriso imbarazzato, aggiunse: -Avevamo promesso ai ragazzi di pensare noi ad avvisare il professore del ritardo, ma se io sono qui a cucinare e Fen a fare i letti…- Tentò di spiegare al ragazzo che però l’interruppe sorridendole affabile e dicendo: -Vai, qui finisco io. Il telefono infondo sai dov’è!-
Annuì repentinamente a Jin sorridendogli grata e filò via dalla cucina dicendo: -Vedrai, ci metto un secondo. Tornerò in tempo per darti una mano a pulire!-

Jin se la rise divertito. La cugina era terribile, ma almeno la sua amichetta sembrava una tipetta apposto, non fosse che… “Non sarà davvero una sciarpa di lana quella che indossa, voglio sperare!” Fece spallucce a quel pensiero. Chiuse la prima busta di spazzatura e passando dalla porta che dava al cortile, gettando lo sguardo attraverso la vetrata della sala, vide Min al telefono annuire con fare allegro mentre giocava con il filo della cornetta, arrotolandoselo attorno a un dito.
Sorrise, asciugandosi il sudore. Era una giornata calda e afosa.
Gettato il primo carico di immondizia, ripassando davanti alla finestra, la trovò ancora lì, attentissima negli atteggiamenti verso l’interlocutore al di l’ha del filo. Probabilmente, il professore di cui gli aveva parlato, doveva avere molto da discutere riguardo all’incontro con l’Avatar, e come dargli torto, non erano certo cose che capitavano tutti i giorni.
Diede un paio di colpi leggeri al vetro per richiamarne l’attenzione, ottenne l’effetto desiderato: Min si voltò e, nel vederlo, sgranò quegli occhioni nocciola, paralizzandosi per la sorpresa. Al suo gesto di mimare lo spazzare in terra la ragazza sembrò afferrare al volo la sua richiesta, riavendosi ed allargando un sorrisone nella sua direzione, prima annuire convinta.

-No, tranquillo.- Rispose Fen. -Voi non c’entrate nulla, stavo ripensando ad alcuni fatti successi prima che arrivaste, molto prima. Anzi, la vostra presenza mi dà l’occasione di pensarci il meno possibile… veramente.-
Il dominatore del fuoco non poté non dispiacersi a quell’uscita, accostandosi a lei ancora di un passo.
-Piuttosto, con chi sto parlando? Sei Fumio o Eiji? Siete identici e io non vi conosco abbastanza da notare differenze negli atteggiamento o altro. E… non sono certo la nonna.-
Al dire della ragazza lui non riuscì a trattenere un sorriso amaro e senza volere… -A volte non lo so nemmeno io.- Disse, rendendosi conto con un secondo di ritardo di quanto le aveva appena gettato addosso, vedendola scorrere con lo sguardo dal suo volto in basso, riprese: -Siamo talmente abituati a scambiarci di ruolo che non esistono più differenze sostanziali, né per quanto riguarda le scelte che compiamo, né, tantomeno, negli atteggiamenti… beh, tranne il dominio chiaramente! Io all’ultimo allenamento ancora mi limitavo a usare il fuoco, se non erro, quindi…- Lasciò cadere la frase così, cercando di metterci più ironia possibile. -Ripensandoci però, non sono stato poi molto onesto con te, diciamo che, se è vero che quando vesto i panni di mio fratello compio le scelte che so lui avrebbe intrapreso, questo non vuol dire che io le condivida appieno. Anzi, a dirla tutta, sono abbastanza poche le sciocchezze che mi sento davvero di spartire con lui. E se te lo domandi: sì, anche gli Avatar fanno sciocchezze!- Aveva ricercato volutamente un tono allegro. Poggiò l’asciugamano sulle spalle e, tenendosi con le mani hai rispettivi lembi, riprese: -Ma… ti va di parlarmene? Insomma, non mi sembra un nonnulla quello che stavi pensando se una ragazza carina e gentile come te, di punto in bianco, interrompe il suo canticchiare per mettere su il visetto più triste che io abbia mai visto. So che a volte è più facile tenerci tutto dentro, per paura di far preoccupare chi amiamo o semplicemente nel timore di essere giudicati. Credimi, in questo sono un esperto, ma so anche che non fa bene farlo. Io, infondo, non ti conosco. So il tuo nome, ma non so davvero nient’altro di te. Non posso giudicarti o farmi un’idea sbagliata, proprio perché non ho realmente idea di chi tu sia. Proprio per questo a volte è più semplice aprirsi con un estraneo. Se me lo concedi, mi piacerebbe essere il tuo estraneo, che ne dici?- Il tono era delicato, come poteva essere diversamente? Quella ragazzina si era portata, lui e il resto della combriccola, in casa, offrendo loro aiuto, senza nemmeno sapere realmente chi fossero. Certo, suo fratello era l’Avatar, ma… questa poteva davvero essere una garanzia sulla qualità delle persone che lo circondavano?
Sul finire della frase, le arrivò vicino a sufficienza da poterla sfiorare e, per quanto non volesse essere molesto, ora che la ragazza non indossava più quella felpa ingolfante, non poté evitarsi di scorrere con lo sguardo nella scollatura di quella magliettina troppo aderente per non esaltarne le curve. Lo stesso, in effetti, era accaduto con i pantaloni che la giovane indossava, particolarmente attillati sui fianchi tanto da attirargli lo sguardo; motivo per il quale la “Nonnina” di quella casa, lo aveva ripreso solo qualche ora prima, nel trovarlo a fissare il fondoschiena della nipotina.
-Ehi!- Le disse dolcemente, cercando di richiamarne l’attenzione accarezzandole il viso con la mano, fino a scivolare con le dita fin sotto il mento e, da lì, forzarla deliacatamente per alzarle il viso. -Dai, non mordo mica, puoi credermi.- Disse senza dismettere la dolcezza nel tono, cercando di catturarle lo sguardo con il proprio nel reale tentativo di rincuorarla.


-A volte non lo so nemmeno io.- Quella frase gelò Fen sul posto, come una doccia fredda che le tolse ogni ardore. Fumio ed Eiji si scambiavano di identità per proteggere l’Avatar e di questo era cosciente grazie a sua nonna, ma solo ora realizzava quello che poteva significare. -Siamo talmente abituati a scambiarci di ruolo che non esistono più differenze sostanziali, né per quanto riguarda le scelte che compiamo, né, tantomeno, negli atteggiamenti… beh, tranne il dominio chiaramente! Io all’ultimo allenamento ancora mi limitavo ad usare il fuoco, se non erro, quindi…- “Fumio.” Tradusse la ragazza nella sua testa, chiedendosi quante delle cicatrici del ragazzo fossero di ferite subite mentre fungeva da controfigura per il fratello.
Si ricordò che la nonna aveva affermato che l’Avatar aveva la fortuna di avere un gemello, e ne capiva le implicazioni, ma quanto era veramente fortunato il gemello dell’Avatar? E quanto doveva starci male Eiji nel sapere che suo fratello rischiava al suo posto?
Fumio parlava, ma non le riusciva ancora di guardarlo in viso: gli occhi erano fermi sul torace del ragazzo mentre riusciva solo a pensare che i suoi problemi in confronto a quanto quei giovani affrontavano nella vita di tutti i giorni erano semplicemente delle cavolate.
Le chiese di raccontargli i fatti, di permettergli di essere il “suo estraneo”, in modo da potersi sentire libera di sfogarsi come meglio credeva e… aveva ragione, eccome!
Era sicura che Min sapesse come si sentisse veramente, ma nemmeno con lei era riuscita a eviscerare tutta la sua frustrazione, malgrado la loro amicizia. La ragazza era aggressiva a sufficienza per entrambe e Fen era certa che se avesse avuto la possibilità di vendicarsi di Jeong Jeong e della sua nuova ragazza, non se la sarebbe fatta scappare, anche se lei non condivideva: quella delicata bambolina che ora si accostava al suo ex, non meritava la sua ira. Infondo lei e quella non si conoscevano, non le aveva giurato eterno amore solo il giorno prima per poi lasciarla senza una spiegazione.
-Hei!- La voce di Fumio la distolse da quei pensieri, notando solo in quel momento quanto le si fosse fatto vicino. La carezza gentile del ragazzo la sorprese, ma se ne sentì riscaldata, come dalla voce che le diceva: -Dai, non mordo mica, puoi credermi.-
In un attimo si trovò a guardarlo negli occhi, costretta a inclinare il capo all’indietro per l’altezza di lui e la vicinanza tra loro. Quegli occhi rossi le parlavano di preoccupazione e, vinta da quella sensazione di calore, Fen si trovò a parlare, suo malgrado: -Quasi due mesi fa il mio ragazzo mi ha lasciata. Senza una spiegazione, senza segni di perdita d’interesse, senza perderci più di tanto tempo, come se non importasse; come se non mi avesse detto ti amo solo il giorno prima.- Prese un respiro prima di continuare. -Meno di una settimana dopo mi ha parato davanti la sua nuova ragazza: una bambolina graziosa dalle curve delicate. Dopo questo non l’ho più visto in giro.- Fece una smorfia. -Continuo a chiedermi il perché nella mia testa; continuo a richiamare alla mente tutti i mesi che siamo stati insieme e a chiedermi cosa è andato storto, ma non ne vengo a capo in nessun modo. Perfino Jin, con cui di solito battibecco a non finire, continua a dirmi che è lui quello in colpa, ma la verità è che questa sensazione di incertezza, questo “non aver mai chiarito il perché mi abbia lasciata”, mi ha riempito di ansie, di un senso di inadeguatezza che non riesco a togliermi di dosso.- Senza distogliere lo sguardo da quegli occhi rossi, Fen si strinse nelle braccia come a voler coprire il proprio seno. -È il mio fisico che non gli stava bene? So di essere prosperosa anche per i canoni della terra, ma non mi pareva avesse mai avuto problemi al riguardo… eppure… la sua nuova ragazza è così… graziosa e minuta ed io… non so cosa pensare.-


Il guerriero del fuoco sorrise rassicurante verso Fen, appena questa cominciò a parlargli. Non riuscì a non trovarla adorabile con quelle sue pene. Le dispiaceva per lei, questo era ovvio, ma una parte di lui si rallegrava che esistessero luoghi nel mondo dove alle persone era ancora permesso di innamorarsi, di soffrire per amore. Poteva sembrare una sciocchezza, ma lui avrebbe dato un occhio della testa pur di avere una fortuna del genere. Ancora le sorrise, posandole le mani sulle spalle, guardandola teneramente mentre parlava. Chissà se si fosse mai soffermata a pensare di quale miracolo disponesse, quando ad alcuni quel suo malessere sarebbe parso un lusso.
Il ragazzo si sentì “cattivo” a provare tenerezza verso quella situazione, verso quella ragazza amareggiata, ma Fen non poteva certo sapere quanto in realtà fosse bello per quelli come lui, al seguito del Custode, che esistessero persone come lei. Senza volere era come se dicesse alla sua amina: “Vedete, mi è permesso di soffrire e di sognare, e questo grazie a quelli come voi. Non state lottando in vano seguendo utopie vecchie di millenni”.
Sospirò quasi impercettibilmente a quel pensiero. La verità era che si trovava spesso a pensare che stessero gettando via la loro vita inseguendo un’ideale, poi… poi accadeva che, volente o nolente, non poteva fare altro; non poteva abbandonare suo fratello e i suoi amici, per fare cosa poi? Non c’era molto che sapesse realmente fare oltre essere l’ombra dell’Avatar. E… succedeva che, una ragazzina dalla faccia pulita di Ba Sing Se, gli aprisse il cuore e tutto riprendeva ad avere un senso; così, si ritrovava a ringraziare gli spiriti per avergli dato la forza di non mollare, per aver evitato che altri popoli si unissero a quell’assurda guerra, e che l’Avatar fosse schierato contro le manie di grandezza del Regno della Terra e della Nazione del Fuoco, se questo poteva permette a persone come Fen, e alla sua famiglia, di poter vivere serene e preoccuparsi di cose talmente belle e semplici come l’amore.
La ragazza dagli occhi verdi lo guardava fissamente mentre gli parlava. Aveva promesso di non giudicarla, ma non gli riusciva di non pensare che ogni persona era fatta in modo diverso, e che per questo ognuno soffriva in maniera diversa, ma non voleva dire che non stesse realmente male. Forse quella giovane avrebbe preferito trovarsi in qualche luogo sperduto del mondo a dover pensare come sopravvivere alla giornata pur di dover fare i conti con i suoi dubbi. La vide stringersi in sé, mentre quegli occhioni le si facevano ancora più grandi. Avrebbe voluto dirle qualcosa, ma prima… doveva finire di sfogarsi, gli era chiaro. Quella fanciulla doveva riuscire a sentire dalla propria voce quanto l’attanagliava per capire da dove cominciare per risollevarsi.
-Non so cosa pensare.- Disse quella vocina vellutata.
“Oh no, piccola Fen Shu, sai cosa pensare, lo stai pensando proprio adesso! Adesso che ascolti la tua voce. Sta prendendo forma lentamente nella tua bella testolina rossa, ma continua, io sono qui!” Pensò a quelle parole, stringendo misuratamente la presa delle sue mani attorno a quelle spalle minute, cercando di farle percepire che non era da sola a sopportare quel dolore; non era sola mentre ripensando a quanto le era accaduto si trovava gettata in un faccia a faccia con quanto più l’aveva ferita; accrescendone il peso, al punto tale, da diventare insostenibile per quelle spalle esili, se fosse stata l’unica a dover portare quel peso.
-Come può una persona che diceva di amarti farti così male? Come può, in poche ore, riuscire a dare un colpo di spugna a tutti i mesi passati insieme… come?- Ed eccole arrivare, le aspettava da un po’ ed eccole: tutte quelle domande che non richiedevano una reale risposta, perché erano rivolte a lei stessa, non certo a lui e… Fen conosceva già la risposta, anche se ancora non la vedeva chiaramente, ma era proprio lì, nascosta timidamente dietro la vergogna che provava.


Fen si lasciò sfuggire un sospiro. -La sai la cosa peggiore, Fumio? Quello che non ho detto neppure a Min… Mi sto struggendo per questa storia, ma… sono addolorata e furiosa. Come può una persona che diceva di amarti farti così male? Come può, in poche ore, riuscire a dare un colpo di spugna a tutti i mesi passati insieme… come? Una parte di me vorrebbe capire; forse spera ancora che ci sia stato un malinteso, che possa trovargli una motivazione, una scusante. Una parte di me, quella che non mostro mai, neppure alla mia amica, è piena di rabbia. Verso di lui, ma soprattutto verso me stessa. Questa è la parte che non vorrei tirare mai fuori, perché è quella che è carica di rancore e che mi continua a sussurrare quanto sono stata fessa ad essermi lasciata abbagliare da un sorriso affascinante; che non ha visto quello che “doveva” vedere, ma solo quello che “voleva” vedere, o peggio ancora, quello che “lui voleva” io vedessi. Mi ci tormento sopra da quando è successo, tanto che non sono più riuscita ad andarmene in giro senza quella felpa.- Finì la sua frase volgendo appena lo sguardo verso l’angolo del letto dove aveva abbandonato quel suo indumento.

Quando la ragazza quietò il suo parlare, prima di lasciarle il tempo di trovarsi nuovamente gettata nelle sue paure, Fumio le sorrise, lasciando scivolare le mani fino a stringerla in un abbraccio. La tenne stretta, sapendo che dopo le parole anche la frustrazione di quel piccolo corpo doveva essere sfogata, che fosse un fremito o un pianto, questo non aveva importanza, l’importante era che gettasse fuori tutto quello che l’opprimeva. Respirò profondamente tenendosi quella testolina stretta al petto. Quante volte l’aveva fatto con Eiji quando questi sentiva il mondo precipitargli addosso?
Troppe per non sapere di cosa aveva bisogno quella testolina rossa.
Aspettò che si calmasse mutando quell’abbraccio in un stretta più leggera pian piano che il tempo passava, portando una mano a carezzarle i capelli, lentamente senza fretta; a costo che suo fratello, terminata la doccia, passando davanti a quella porta lo guardasse con diniego, convinto che stava facendo una delle sue sciocchezze, travisando tutto come era solito fare nei suoi riguardi. Ma d’altro canto, quando si ha a che fare con un dominatore del fuoco come lui, sono davvero poche le volte in cui si può realmente travisare.
-Alcune persone possono sopportare grandi sofferenze e sentirsi devastate dal pianto di un bambino.- Disse sottovoce, sapendo bene che la vicinanza avrebbe comunque portato alle orecchie di Fen Shu quel sussurro. -Sei una “fessa” perché ti sei lasciata abbagliare da un sorriso? Può darsi, ma credimi, non sei la sola.- Ancora una carezza. Lui non era capace di consolare le persone dicendo loro di trovarsi nel giusto e che era il mondo ad essere crudele: lui “sapeva” che il mondo era “davvero” crudele, questa era la differenza sostanziale. Sapeva che leccare una ferita faceva stare meglio, ma dovevi bruciarla col fuoco se volevi evitare che alle lunghe ti divorasse. E sapeva anche che, chi sa guardare davvero intorno a sé può scorgere la bellezza infinita che si cela tra le maglie del destino.
-Sei stata bene con lui, altrimenti non ci staresti tanto male e hai una paura fottuta che avendolo perso non potrai più vivere momenti di gioia. È normale, credimi, ma non è così che funziona. Una mattina ti sveglierai e ti accorgerai che il sole sorge e tramonta ogni giorno, incurante di quello che provi. Che il mondo intorno a te va avanti e che… anche tu sei andata oltre.- Fermò la carezza tra i capelli della ragazza affondando la mano tra quei fili di rame per darle chiara l’idea della sua presenza lì accanto, tenendo quella testolina sul suo cuore.
-Fa male? Sì, e farà male ancora di più se non lascerai uscire la paura che hai dentro, ma passerà. So che adesso questo non ti consola. Ma so anche che nulla ora può davvero riuscirci se non cerchi dentro di te la voglia e la forza di rialzarti. Se la tua non basta, ti regalo un po’ della mia, vuoi?- E nel dire quell’ultima frase, riportò entrambe le mani alle spalle della ragazza, scostandola appena da lui, in modo da poterla osservare nuovamente negli occhi. Voleva essere dolce con lei, di dolcezza ce n’era sempre bisogno nella vita e… le sorrise. Attento a quello sguardo di smeraldo, a ogni sua reazione, fosse questa un tremito o una carezza.
-Tu dici di provare rabbia Fen Shu, e sembra che questo… questa parte di te, ti faccia paura, ma non dovresti. Sai, non sono molte le cose che so, ma se c’è né una che conosco veramente bene, è proprio la rabbia. La rabbia fa paura, è vero, ma non è un cattivo sentimento. È pericoloso, questo sì, ma non cattivo. È cattivo solo se lo è la persona che lo prova. Esistono due tipi di rabbia: quella che proviamo verso chi ci danneggia e quella che proviamo verso chi danneggia gli altri, ma in tutti e due i casi nasce da quella vocina dentro che ci dice cosa è giusto e cosa è sbagliato…- Una breve pausa. –…Per noi. Non confonderla mai con la giustizia, quella è opera dell’uomo non degli Idei; loro ci hanno fatti molto più complessi di così e se ci hanno dato la rabbia e per offrirci una misura di quel che siamo e a cosa teniamo davvero, tanto da non sopportare che venga sfiorata nemmeno dal più gentile dei venti. Se conosci la tua rabbia conosci te stessa, Fen Shu.-
Un ghigno divertito si fece largo sul suo viso. -Se a dirtelo poi, è un guerriero del fuoco, dovresti dargli credito. Sai, si tratta di uno di quelli che hanno fatto della rabbia un’arma temibile per chiunque abbia anche solo provato ad intralciargli il passo. Ti ha insegnato nulla la storia, mia bella archeologa?- Ancora le sorrise, strizzandole l’occhio e tornando a posarle una carezza a lato del viso. Si perse a scostarle una cioccia di capelli fino a portarla dietro un orecchio, poi riprese: -Perché pensi che sia tanto importante conoscere la rabbia del nemico? Conoscerla equivale a conoscerne le debolezze. Pensa quanto è grande questo sentimento, e, a suo modo, buono con noi e dolce; dolce, perché non c’è nulla che ti sazi di più che nutrire quel desiderio rovente, ma devi sapere di cosa ha bisogno per farlo. Tu, Fen Shu, di cosa hai bisogno?- Ancora una pausa gettando lo sguardo, che fino a quel momento aveva seguito le linee che le dita disegnavano su quel visetto gentile, di nuovo negli occhi di lei. -Dovresti ascoltare di più la tua rabbia e smettere di temerla, assecondarla. Ti dice di fronteggiarlo, di parlare con lui? Bene, fallo. Cosa te lo impedisce Fen? Non sei frenata dalla rabbia, ma solo da te stessa. Ti fa rabbia che lui abbia disprezzato qualcosa che per altri, te compresa, era bella? Bene, non nasconderla, ma mostra al mondo che ne vai orgogliosa, perché fa parte di te, perché tu sei così. Se stai male come pensi di poter guarire nascondendo il tuo dolore? La rabbia ti grida dentro che lui ti ha ferita, ma è l’insicurezza a farti comportare da sciocca, non la rabbia. La rabbia ti rivela chi sei e fino a dove puoi spingerti quando toccano qualcosa a cui tieni. Tu tenevi al vostro amore, più di lui probabilmente, ed è questo che ti fa male. La tua rabbia sta cercando di dirti da sempre, da quando è successo, come curare quel male: ti dice di cercare una risposta, non di chiuderti a crogiolarti nei tuoi timori. A dirtelo è l’insicurezza, la paura… la paura di continuare a soffrire, ma credimi, non smetterai di soffrire solo coprendoti con una felpa o facendo finta con gli altri che vada tutto bene. Tutto il tuo essere ti sta dicendo da sempre di cosa hai bisogno e hai bisogno di sapere. Il dolore probabilmente non cesserà, non subito almeno, ma potrai accantonare i dubbi e dare spazio ad altri sentimenti, che meritano sicuramente di più dell’essere calpestati come ha fatto chi non ha saputo rispettare quello che sei veramente. Non credi?-


Dopo aver parlato Fen si era sentita svuotata, quasi al punto di non riuscire a reggersi in piedi e quell’abbraccio caldo ed avvolgente in cui venne avvolta dal dominatore del fuoco fu il benvenuto. Stranamente non si sentiva neppure di piangere, anche se l’umidore era lì, in un angolo dei suoi occhi, ma la furia troppo a lungo trattenuta, celata agli altri ed a sé stessa, la faceva fremere come non mai. Stretta a quel petto forte, a quello sconosciuto dalle mani grandi e calde, si concesse finalmente di lasciare andare un po’ della tensione accumulata, sollevando le braccia, inerti fino a quel momento, per stringersi al corpo che le offriva sostegno. Lui la lasciò fare, forse percependo quel suo tremare leggero, passandole dita gentili tra i capelli e per alcuni attimi, tanto lunghi da sembrarle eterni, rimasero così, fino a che Fen sentì quel tremolio che le veniva da dentro rilassarsi fino a calmarsi del tutto. Solo allora udì la voce di Fumio, lieve, sussurrarle: -Una mattina ti sveglierai e ti accorgerai che il sole sorge e tramonta ogni giorno, incurante di quello che provi. Che il mondo intorno a te va avanti e che… anche tu sei andata oltre.-
Quanto vorrei che quella mattina arrivasse il più presto possibile.” Pensò Fen a quel discorso, sentendo le dita del ragazzo affondarle tra i capelli, sentendo contro il viso il battito del cuore contro cui era posata. Si sentì restia a lasciarsi abbandonare da quell’abbraccio, quando lui la scostò delicatamente, quel tanto che bastava per tornare a fissarla in viso; ma gli occhi del ragazzo catturarono di nuovo i suoi e non le fu possibile fare altro oltre ascoltarlo parlarle ancora in quella maniera dolcissima, anche mentre la spronava a guardare in faccia la realtà e smetterla di piangersi addosso.
Rimase a fissarlo silenziosa mentre, senza nemmeno rendersene conto, le mani le scivolavano su quel petto ampio, acutamente conscia di ogni cicatrice che percepiva sotto le dita, fino ad allacciarsi dietro il collo del ragazzo, intrecciando le dita in quei fili di seta nera ancora umidi.
La rabbia, quando Fumio cominciò a parlare della rabbia lo scopri ghignare compiaciuto alle sue stesse parole mentre Fen non poteva non ragionarci sopra. Si trovò così a sorridergli appena, finalmente cosciente di quanto gli stava dicendo, e annuì, anche se forse quelle che le aveva posto erano semplicemente domande retoriche.
Si sentì accarezzare una guancia con incredibile dolcezza; di nuovo sentì le dita di lui scivolarle tra i capelli, scostarle una ciocca portandola dietro un orecchio e nello sfiorarla si sentì percorrere da un brivido.
Di cosa aveva bisogno, le domandò ancora. Non riuscì a rispondergli, ma lo sapeva. Aveva bisogno di uscire da quel limbo; le serviva una risposta chiara alla sua domanda basilare: “perché diavolo l’aveva mollata?”
Gli occhi di lui vagarono per alcuni attimi a seguire i tratti del sul viso, riscaldandola ancora di più in un atteggiamento che, pur non essendo sessuale, era maledettamente confortante e intimo, al punto che si dovette trattenere dal tremargli contro. Mai si era sentita così vulnerabile e al contempo così al sicuro come in quel momento. Si sentiva come se l’avesse sezionata mettendo a nudo tutte le sue insicurezze, ma stranamente non se ne era impaurita.
Faceva male, certo, molto male, dover ammettere con sé stessa di essere stata una stupida, una piagnucolona, una codarda. Eppure il calmo modo di fare di Fumio le infondeva una certa risolutezza che finora le era mancata. Veramente, parlare con quel gigante del fuoco era stato più facile che con la sua migliore amica, proprio perché estraneo ai fatti, come aveva detto lui; poteva analizzare la situazione senza coinvolgimento emotivo e quindi parlarle con una razionalità che altri non potevano possedere.
Ricordò le parole dei suoi cari: le avevano detto semplicemente che doveva metterci una pietra sopra, dimenticarsene ed andare avanti. Fumio, al contrario, aveva capito che, per riuscire a farlo, avrebbe dovuto prima avere delle risposte, o non sarebbe mai riuscita a mettersi il cuore in pace.
Prese un respiro non riuscendo a spiccicare parola, ma sciogliendo la lieve presa intorno al collo del ragazzo per portare una mano ad accarezzargli il viso, come poco prima aveva fatto lui con il suo.
-Non sarà così facile… Rialzare la testa dopo tanto tempo passato a piangermi addosso, non sarà facile, ma… non poso continuare così, me ne rendo conto.- Disse a lui ed a sé stessa. -Ma… grazie. Grazie del supporto, Fumio. Veramente… Grazie.- Prese un altro respiro profondo, azzardando un sorriso verso il dominatore, il petto ricolmo di emozione e, dopo tanto tempo, di voglia di lasciarsi alle spalle tutta quella mestizia che si era portata dentro per due lunghi mesi.


Per sua natura il dominatore del fuoco era sicuro di sé stesso e anche quando questo non corrispondeva a verità ostentava comunque quell’aria ferma, tranquilla. Era così da sempre, da che ricordasse.
Aveva apprezzato il fare dalla ragazza: adorava sentirsi, in un qual modo, vezzeggiato; gli infondeva un calore e una sicurezza che lo fortificava e accresceva in lui la certezza di stare nel giusto. Per questo, dovette ammettere a sé stesso, di aver provato un senso di dispiacere nel sentire le mani della ragazza abbandonare dapprima il suo volto, poi i suoi capelli e in fine la sua pelle. Vedere però quel visetto sollevare lo sguardo verso il suo; vedere quegli occhioni verdi socchiudersi nel ringraziarlo, mentre finalmente sembravano aver ripreso fiducia nelle loro possibilità, lo ripagarono appieno di quel distacco.
-Non c’è di ché, Fen Shu.- Le disse sorridendole soddisfatto della reazione ottenuta.
Non passò però che un unico secondo che esibendo il miglior ghigno del suo repertorio… -Peccato però, devo ammettere di apprezzare i caldi abbracci!- Disse divertito e, infondo, qualcosa doveva pure dirla: normalmente quelle chiacchierate con suo fratello, o i suoi amici, terminavano con una bella dormita, cosa che era decisamente da evitare con quella ragazza se non voleva sembrare più invadente di quanto già non fosse stato fino a quel momento. Aggiunse un po’ di pepe azzardando una risata piena, divertita, vera; dovuta più a quel suo ridicolo stato di cose che al resto della situazione.
Distrattamente infilò le mani in tasca, piegandosi verso la ragazza tanto da arrivarle viso a viso. Fissandola, scrutandola nel profondo di quegli occhioni ancora lucidi, dopo essersi fatto improvvisamente serio. Qualche secondo, prima di allargare nuovamente uno dei suoi sorrisi beffardi e dire: -Ricorda una cosa, Fen Shu: se dovessi servirti, vienimi a cercare. Sai dove trovarmi e non farti scrupoli al riguardo, sono o non sono il “tuo” estraneo? Beh… questo almeno fin tanto ci tratterremo nella tua casa.-
Era divertito e si vedeva. Forse avrebbe dovuto andarsene a quel punto, ma giusto per averne la certezza rialzandosi e guardando per aria con aria distratta… -Quindi? Adesso quale dovrebbe essere il nostro prossimo passo?-


Fen dovette fare forza su se stessa per mettere anche quella poca distanza dal corpo di Fumio, imponendosi di non essere ingorda, di non desiderare, come stava facendo, di perdersi in quell’abbraccio. La voce del ragazzo che dichiarava di amare i caldi abbracci, quella risata piena e spontanea contribuirono alla lieve sensazione di freddo che la invase nel non essere più a contatto con la pelle del dominatore; trattenne a stento un respiro strozzato quando si chinò su di lei: il viso così vicino al suo, tanto da sentirne il respiro carezzarle la pelle. Eppure gli sorrise; Fen gli sorrise quando le chiese quale fosse il passo successivo, prendendo un ampio respiro, l’ennesimo, prima di asserire sicura: -Ora, mio caro guerriero della fiamma, è il caso che io vada a rimettere quella felpa nel mio armadio e che tu vada a vestirti.- Fece il verso a quel fare canzonatorio che ancora aleggiava su quelle belle labbra maschili.

Al dire della ragazza Fumio non poté non annuire convinto abbassando lo sguardo a osservare quel suo misero vestiario. -In effetti…- Si lasciò sfuggire tra le labbra, trovandosi costretto a rammentare che la sua idea iniziale, dopo quella bella doccia fresca, non era certo quella di fermarsi a parlare con la padroncina di casa, non in quelle condizioni almeno.

-Anche se la vista è apprezzabile, quei pantaloni rischiano di lasciarti da un momento all’altro con i gioielli di famiglia al vento.- Il tono di Fen era volutamente esagerato per palesare lo scherzo, anche se cominciava a capire come si sentiva Min quando suo cugino se ne andava in giro per casa a torso nudo. -Per non parlare del fatto …- Continuò con lo stesso tono scherzoso, ma dolce. -… che rischi di far scivolare qualcuno se i tuoi capelli continuano a gocciolare sul pavimento.- Fen lo guardò con tenerezza, intrecciando le dita delle mani dietro la schiena ed assumendo un finto fare da bambina innocente. -E tu non vuoi essere la causa di incidenti domestici, vero?-
Si trovò a flettere le dita, nascoste allo sguardo di Fumio, sentendo sui polpastrelli ancora il tepore e l’impressione delle cicatrici sul corpo del ragazzo. Si rese conto di essere terribilmente eccitata al pensiero di infilargli una mano tra i capelli, afferrargli la nuca e tirarlo giù verso di sé pur di rubargli il respiro con un bacio. Quel pensiero l’intimidì terribilmente, ma perché i suoi sensi cercavano maggior conforto dal ragazzo dopo quanto aveva già fatto per lei? Perché proprio ora e in quel momento? Perché?


-Non vuoi essere la causa di incidenti domestici, vero?- Fen lo stava chiaramente prendendo in giro e quel fare scatenò in Fumio un nuovo moto di ironia. Le sue labbra si piegarono in un ghigno divertito.
-Assolutamente.- Dichiarò deciso, approfittando di quel fare derisorio di Fen per farsi sotto di un passo; non sapeva ancora esattamente cosa fare, ma una cosa era certa: non si sfida un dominatore del fuoco, senza rimanere bruciacchiati almeno un pochino.
-Fammi capire, quindi… mi trovi apprezzabile?- Lei era lì che ciondolava su sé stessa con le mani incrociate dietro la schiena, un po’ troppo spavalda per non aumentare in lui il desiderio di giocare a quello stesso gioco. -E sentiamo, “quanto” apprezzabile?- Disse assumendo volutamente un tono malizioso e tornando a fronteggiarla mettendo meno distanza possibile tra loro. -Non sarai così crudele da lasciarmi con questa curiosità?- Sapeva che si trattava di un gioco e se quegli occhioni verdi volevano giocare che giocassero pure: dopo tanta tristezza, un po’ di riso non poteva che giovare a quel visetto gentile.


La domanda del dominatore del fuoco colse Fen di sorpresa, seppure non avrebbe dovuto: aveva straparlato infondo e lo sapeva, ma si era sentita, in qualche modo, leggera dopo quel momento emozionale e le parole le erano uscite dalla bocca senza nemmeno rendersene conto. Il sorrisetto che si era dipinto sulle labbra di Fumio avrebbe dovuto far suonare campanelli d’allarme dentro di lei, ma al contrario le provocò un senso di divertimento che le rilasciò un brivido di euforia.
Fumio, in quel momento, le ricordava Miyuki quando adocchiava qualcosa che attirava la sua felina attenzione e con cui voleva giocare.
Fen inclinò il capo di lato facendo scivolare i capelli fino a scoprire appena parte del collo sottile, mentre lui si avvicinava maggiormente, con quell’espressione sorniona ancora più evidente in viso. La ragazza sembrò considerare le parole dell’incendiario, assumendo un’aria sbarazzina, per poi rispondere: -Non lo so… sei veramente così curioso di sapere quanto questa povera signorina ti trova apprezzabile? Tanto da etichettarla come una creatura crudele se non ti risponde?- Poi, portandosi un pugnetto alla bocca, sempre fermamente calata nel suo ruolo di “brava bambina”: -Ma dai, col corpo che ti ritrovi non dovresti avere dubbi su quanto tu possa essere considerato “apprezzabile”… - Ripeté la parola soffermandosi sul suono, come assaporandolo mentre lo lasciava uscire dalle labbra, fissando quegli occhi rossi così diversi da quelli che era abituata a vedere e più affascinanti proprio per questo.


Ok, stava giocando, costatò Fumio, con un sorrisetto divertito alle uscite della Rossa. Sembrava volersi far valere, eppure, malgrado l’audacia ostentata, ad ogni passo che il dominatore del fuoco muoveva, la ragazza indietreggiava.
C’era da dire, però, che qualcosa su di lui quegli occhioni verdi l’avevano indovinata: era sempre stato sicuro del suo aspetto, questo sì, sapeva di essere un ragazzo piacente, a maggior ragione per chi apprezzava i canoni della Nazione del Fuoco. Quello di cui non era sicuro era quanto una persona sopportasse doversi confrontare con i segni sul suo corpo e non solo per l’impatto visivo, ma per quel che potevano scatenare nella mente dell’altro. Per questo, malgrado il suo senso del pudore fosse praticamente inesistente, esitava nel mostrarsi poco vestito da chi riteneva troppo lontano dal suo stile di vita.

A Min si era bloccato il cuore in petto quando si era vista Jin, immerso nella luce mattutina, sorriderle a quel modo. Va bene, cinque secondi dopo le mimava che ormai mancava solamente di dare una spazzata in terra e rendendosi conto di averci messo più del dovuto, se ne dispiacque immediatamente, eppure… eppure lui sorrideva. Possibile che la prendesse in giro? Possibile che era bastato tanto poco per riuscire ad essere considerata almeno un briciolino da quel gigante dalla pelle scura? Forse era tutto un sogno, anzi, sicuramente era un sogno; non poteva essere diversamente!
Cercò di affrettarsi, appena terminata la telefonata.
Entrando in cucina vide Jin afferrare per le orecchie l’ennesima busta di spazzatura, grazie al cielo sembrava ancora in tempo per poter dare una mano.
Diede un attimo uno sguardo intorno: sembrava impossibile, ma avevano cucinato per un esercito!
Lui la vide immediatamente di sottecchi e le sorrise sempre con quell’aria divertita che sembrava non averlo abbandonato un attimo durante tutta quella mattinata.
-Non crederai di essertela scampata!- Le disse, indicando il pavimento, per poi tirarsi su portando con lui quel sacco di sporcizia e socchiudendo verso di lei quegli incredibili occhi verdi. -Il pavimento è tutto tuo! la scopa è nello stanzino, signorina Min.- La stava prendendo in giro con un fare che avrebbe potuto definire ‘affettuoso’, incredibile, ma vero! La cosa non poteva non emozionarla… accidenti avrebbe fatto qualunque cosa le avesse chiesto, se impostata con quel tono di voce. -Dai solo una pulita superficiale, giusto per raccogliere le verdure cadute e il grosso dello sporco, al resto ci penso io. Essere un dominatore dell’acqua ha i suoi vantaggi, no? L’importante è evitare di ostruire lo scarico.-
Min si sbrigò ad annuire, mentre Jin usciva dalla porta che dava sul cortile.
Un respiro e poi di corsa, verso il ripostiglio delle scope.
Il tempo di aprire la porta e lo vide, accovacciato sulla cesta degli abiti sporchi: un mostro bianco dagli occhi rubino che si puliva dietro le orecchie con piccole mani dagli artigli minuscoli e sottili.

Jin era esausto e sentiva ancora più la stanchezza al pensiero che quello stesso lavoro gli sarebbe toccato anche la sera e, probabilmente, senza la tipetta tutt’occhi ad aiutarlo. Ma doveva ammettere di essere ancora troppo entusiasta, per quanto avvenuto, da sentire la necessità di lamentarsi. Qualcosa se lo sarebbe inventato infondo, per pranzo si era dovuto arrangiare, ma aveva tutto il pomeriggio per cercare qualche piatto abbondante da preparare con il minimo sforzo.
Che ora era?
Mezzogiorno passato ed era tutto pronto. Non restava altro che riposarsi, alle brutte intrattenere gli ospiti, aspettare che la nonnina abbassasse la saracinesca del negozio, che si unisse a loro per pranzo e, a quel punto, non rimaneva che buttare in pentola i ravioli, riscaldare la salsa, la carne… solo qualche minuto e il gioco era fatto!
Si sgranchì la schiena passando davanti alla sala dove poco prima aveva visto Min chiacchierare con quell’aria beata. Incredibile avevano l’Avatar e il suo team in casa e mentre lui si sentiva a mille per quel che stava succedendo, quella ragazza se ne stava lì con solo un velo d’emozione nello sguardo… da non credere!
E dire che non avrebbe mai creduto che potesse rivelarsi meno imbranata di sua cugina, ma, a quanto sembrava, almeno su questo, si era sbagliato della grossa: Fen era imbattibile!
Se la rise tra sé e sé e mentre quella ilarità stava per emergere in superfice il cuore gli perse un colpo: un grido echeggiò da dentro la casa gelandogli il sangue.
Era la voce di Min, ne era certo. Cosa poteva mai esserle successo?
Il terrore che si potesse essere ferita in qualche modo, lo portò a ritrovarsi in cucina senza accorgersi del momento preciso in cui era scattato in corsa.


-Però… se può essere utile a farti stare meglio con te stesso …- Continuò Fen enfatizzando esageratamente ogni singola parola, proprio come poco prima, cercando di continuare a palesare il suo scherzo.
“Spiriti quanto è affascinante quando assume quell’espressione giocherellona.” Si trovò a pensare mentre la sua voce dichiarava: -… Posso dire che …- Non terminò quella frase perché un grido risuonò per la casa terrorizzandola: -Min!!!- Riconobbe immediatamente quella voce.
Cercò di scattare verso la porta della stanza, ma da imbranata qual era, a detta del cugino, un suo piede pestò malamente una porzione di lenzuolo sulla quale scivolò sentendosi cadere all’indietro. Le braccia si spalancarono cercando appigli pur di trattenerne la caduta, mentre gli occhi si strinsero aspettando con inquietudine l’impatto.


Quella ragazza sembrava intelligente, divertente, maliziosetta, ma non al punto da cadere nella volgarità; tutte qualità che Fumio apprezzava, ma… senza che lei se ne rendesse conto, l’aveva costretta accanto al letto. Un passo ancora e si sarebbe trovata impossibilitata a indietreggiare a allora sì, che lui si sarebbe divertito. Già pregustava l’immagine di quel visetto imbarazzato e le mille scuse raffazzonate pur di fare retro front, già sentiva un moto di ilarità salirgli in petto, ma doveva anche ammettere che, se c’era una cosa che gli piaceva più di fare lo sciocco con le ragazze, era vederle arrossire.
Peccato che i suoi intenti vennero mozzati da un grido improvviso.
Prontamente fece per lanciarsi verso la porta, alla ricerca di cosa avesse generato quell’urlo, di cosa stesse succedendo, non fosse che anche la rossa, probabilmente del suo stesso avviso, si mosse: un sol passo, prima di perdere stabilità e scivolare all’indietro, inciampando su “solo lei sapeva cosa”. D’istinto le afferrò un polso e tirandola verso di sé le cinse saldamente la vita.
La strinse tra le braccia, non potendosi evitare di sorridere sprezzante a quel visetto agitato fisso sui suoi occhi.
Se la tirò tra le braccia, alzandola da terra, come fosse una bambina e, riguadagnata così stabilità, fissandola in quegli occhi verdi, le disse: -Ci penso io. Rimani qui.-
Si piegò per adagiarla sul letto, le sorrise rassicurante e si gettò rapido fuori la porta.

Mai stava finendo di vestirsi, quando quell’urlo la scosse nel profondo. Sentì di aver sbagliato ad aver accettato la cortesia che le era stata offerta e di essersi presa un po’ di tempo per sé stessa. Era uno dei guardiani dell’Avatar, prima di ogni cosa, ed Eiji sarebbe dovuto essere la sua sola e unica priorità, non certo le sue stupide vanità femminili.
Trasportata dal suo stesso elemento si trovò proiettata nel corridoio di quella casa ancora a piedi scalzi e con il cuore in gola.

Eiji stava uscendo dalla doccia, quando a quel grido il piede mal tenne l’equilibrio scivolando sul pavimento bagnato. Si ritrovò in terra, sul tappeto arrotolato, e con il fondoschiena dolorante.
Ancora non aveva fatto in tempo ad alzarsi che dei passi veloci per il corridoio si bloccarono proprio dietro la porta di quel bagno. Dei colpi decisi annunciarono la voce di Mai: -Eiji, tutto bene!-
-Sì, tutto bene!- Rispose alzandosi e soprassedendo sul dichiarare d’aver battezzato quel pavimento con le sue più intime nudità.
-Bene.- Com’era priorità, la dominatrice dell’aria si era, prima di ogni cosa, informata sul suo stato. -Non muoverti da lì, fin tanto che io non abbia chiarito la natura del problema.-
-Come sempre, Mai.- Rispose a malincuore: conosceva la prassi, ma non si sarebbe mai abituato a mandare avanti gli altri al suo posto e questo gli rendeva l’orgoglio più dolorante del suo fondo schiena.

Ling stava tamponandosi i capelli quando quell’urlo improvviso fece scattare ogni recettore del suo corpo.
D’istinto acuì il suo senso sismico trovando istantaneamente la fonte di quel terrore.
L’espressione preoccupata sul suo viso lascio pieno spazio alla rassegnazione, abbandonando le spalle verso il basso.
-Ahhh, Kiki!- Sospirò tornando ad asciugarsi. -Mi domandavo dove fosse finito.-

Nella pasticceria, la nonnina e Nana, sommerse dal vociare dei clienti e dalla musica di sottofondo, non si accorsero di nulla.

 

Mercoledì 4 Aprile 2018

Salve a tutti,
Scusate il ritardo, purtroppo questi giorni di festa sono stati piuttosto movimentati al punto di farmi perdere, e non poco, la cognizione del tempo.
Ho sistemato queste parti di cronaca un po’ in fretta e non sono sicura del risultato, quindi vi chiedo scusa in anticipo. :(

Un salutone a tutti e tanti auguri di Buona Pasqua anche se in ritardo!

Lance

 
   
 
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