«Ora che siamo di nuovo solo tra noi, vorrei chiarire una cosa.» Disse Resha, chiudendosi la porta dell’hotel alle spalle. Tutti si voltarono verso di lei e la rossa fece un breve cenno di seguirla, diretta alla palestra. Decise di andare lì, perché era l’unica stanza dove solo lo staff poteva accedere, inoltre era abbastanza appartata, in modo da impedire a clientela e persone varie di sentire la discussione che aveva intenzione di iniziare.
Una volta entrati tutti e otto, Resha chiuse la porta e, con sguardo tenace, si rivolse all’unico ragazzo presente: «Chi sei tu, in realtà?»
Quella domanda fece voltare gli occhi, fattisi confusi, di tutti su di sé. La custode della perla arancione non indietreggiò, anzi, diminuì la distanza che c’era tra lei e Tadashi. Pronunciò poi le domande che più volte le erano passate per la testa in quegli ultimi giorni: «Una volta Meru mi disse che, se non volevo inimicarti a vita, non avrei mai dovuto dire nulla riguardo al fatto che sei un tritone del mio regno, né tantomeno chiederti del tuo passato prima di arrivare in questo hotel.»
Gli occhi di Tadashi si strinsero appena, sempre puntati in quelli della ragazza. Nel suo sguardo, Resha riusciva a vedere il nervosismo che iniziava a percorrerlo, ma non sarebbe certamente bastato a fermare i suoi quesiti: «Cosa voleva dire? Dovremmo temerti, per caso? Sei un esiliato dell’Oceano Indiano? Un assassino?»
«Resha! Ma che stai dicendo!» Scattò Yumi, incredula che la sorella stesse davvero ponendo domande del genere. La maggiore le rispose, senza distogliere lo sguardo dagli occhi di Tadashi nemmeno per mezzo attimo, con la voce che cresceva in arroganza man mano che esponeva i propri punti interrogativi: «Sto solo facendo delle ipotesi più che ragionevoli. Noi non sappiamo nulla su di lui e ci è stato intimato di non chiedergli niente, come se nascondesse chissà quale segreto. Con la situazione attuale, credete davvero che possiamo fidarci di qualcuno di cui passato non sappiamo nulla? Non credete che, almeno tra noi otto, non dovrebbe esserci nessun segreto? Possiamo davvero permetterci il lusso di fidarci di qualcuno che non vuole mettere piede nell’Oceano se non da solo e che si è rifiutato di accompagnarci dalla Regina? E guarda caso, proprio durante quell’incontro, siamo state attaccate e ci siamo salvate per puro miracolo.»
«Vorresti dire che non ti fidi di me?» Chiese a bruciapelo il giovane, in volto un’espressione completamente neutrale.
«Tad…» Provò a intervenire Hazelle, venendo però interrotta dal gesto e dalla voce del tritone: «No! Lasciala parlare.» Il giovane fece quel paio di passi che ancora lo separavano dall'angloindiana, mentre sul suo volto si andava a dipingere uno strano e inquietante sorrisetto irrisorio: «Allora? Come stanno le cose, Principessa Reesham?»
«Non ho detto che ho perso la fiducia in te, voglio solo sapere perché sei stato scelto proprio tu dalla Regina per proteggerci. Esigo di conoscere il passato della persona alla quale devo affidare non solo la mia vita, ma anche quella di tutte le future regnanti del mondo sottomarino.» Disse Resha, convinta della propria posizione. “Se pensa di intimidirmi chiamandomi con il mio nome intero e il titolo, si sbaglia di grosso.”
«Perché? Cosa cambierebbe? Se io fossi un assassino, se fossi un esiliato del tuo regno o ancor peggio di tutti quanti i sette regni per aver, che so, rubato qualcosa di inestimabile valore, condannato delle vite o qualsiasi altro reato, che cosa faresti?» Il sorriso scomparve dalle labbra di Tadashi, mentre i suoi occhi emettevano fulmini, i quali andavano a scontrarsi e schioccare con quelli della giovane che aveva di fronte: «Non ti faresti più difendere da me? Proveresti a cacciarmi?»
Le sopracciglia di Resha si avvicinarono e il suo sguardo si fece più tenace che mai: «Che tu lo voglia o meno, finché non saprò la verità sul perché non vuoi più avere nulla a che fare con il tuo mondo di nascita, ti puoi scordare di non essere un mio suddito. E come tale, sei sotto la mia responsabilità. Quando saprò, potrò valutare tutto ciò che avrà bisogno di essere preso in considerazione. Ma finché ti ostinerai in questo tuo silenzio, non ti permetterò di tagliare i ponti con il nostro regno.»
Calò un silenzio pesante, prima che Tadashi lasciasse ricadere il capo in avanti e sorridesse mesto. Quello stesso piccolo sorriso, andò subito a svanire nel nulla nella manciata di pochi istanti, con uno schiocco di lingua sul palato. Il tritone si diresse verso l’uscita, dicendo semplicemente con tono cupo: «Avresti fatto meglio a dare retta a Meru, Principessa dell’Oceano Indiano.»
Le sette ragazze rimasero immobili e in silenzio, anche dopo che la porta si fu chiusa alle spalle del giovane. La tensione era tanta che tutte, in quella stanza, si sentivano come pressate a terra da una forza a loro invisibile, ma non per questo meno potente.
A rompere l’assenza di suoni, fu il sussurro triste di Moni: «Resha… Credo che stavolta tu abbia davvero esagerato…»
«Io invece sento di darle in parte ragione…»
Tutte si voltarono verso la custode della perla indaco, mentre le labbra di Reana furono le uniche a esternare il pensiero generale: «Cosa?»
«Aisu! Come puoi dire una cosa del genere?» Hazelle, con gli occhi sorpresi più fra tutte, accennò a un passo verso l’amica. «Proprio tu che…»
«Proprio io, cosa?» La interruppe la norvegese, brusca. Tese poi il braccio verso la principessa dell’Oceano Indiano, aggiungendo: «Resha ha ragione. Non possiamo fidarci di nessuno in questa guerra, nemmeno dei nostri familiari! Come possiamo davvero affidare la nostra vita a qualcuno di cui non sappiamo assolutamente nulla?»
«Tadashi è una brava persona! Io mi fido ciecamente di lui!» Sbottò la tedesca, i pugni serrati all'altezza del petto. Yumi abbassò il proprio sguardo, sfiorandosi il ciondolo che portava al collo, come per farsi forza e far uscire la propria voce: «Ci ha sempre protette fino a ora, mettendo a repentaglio la sua stessa vita, eppure voi…»
«E guarda caso, durante l’attacco più pericoloso, lui non c’era!» La interruppe la sorella maggiore. Aisu tirò un sospiro, in modo da calmare la propria voce per non sembrare troppo dura, dopodiché cercò di spiegare il punto di vista suo e della rossa al suo fianco: «Stiamo solo dicendo che, forse, dovremmo tenere più alta la nostra guardia e cercare un modo di difenderci per i fatti nostri, anziché affidarci completamente a lui. Non è per essere cattive, ma non possiamo sapere se sia davvero dalla nostra parte.»
«Basta, non ho più intenzione di stare a sentire.» Esclamò Hazelle, battendo il piede a terra e imperterrita nello spalleggiare l’amico. «Tadashi è il nostro guardiano, rischia la sua vita per noi e voi osate davvero accusarlo di stare dalla parte dei nemici?» Perso il controllo, si mise a urlare: «Ma siete uscite di testa, per caso?»
«Hazelle, calmati…» Julia cercò di farle riaquistare la calma, poggiandole le mani sulle spalle, ma l’europea si scansò con un gesto. «Col cavolo che mi calmo! Le persone possono avere i loro segreti e le loro cose di cui non vogliono parlare, è un loro sacrosanto diritto!»
«Si può sapere perché ti stai alterando così tanto? Noi stiamo solo cercando di risolvere la situazione.» Disse Resha, ripresasi dalla sfuriata a sorpresa della sirena viola.
«Mettendo alla gogna un nostro caro amico!» Ribatté questa.
Per tutta risposta, ricevette il tono glaciale di Aisu: «Da quando è diventato nostro amico?»
Mentre le altre ancora guardavano incredule il dibattito delle tre, Resha riprese la parola: «Siamo in guerra, ce lo vogliamo mettere bene in testa tutte quante?»
«Amicizie, alleanze, gli stessi rapporti di sangue in guerra sono solo effimeri. Non contano più nulla, anzi vengono sfruttati per ottenere la vittoria. Che ne sappiamo che il piano di Tadashi non sia quello di farci fidare di lui per poi consegnarci ai nemici?»
Calò nuovamente il silenzio, che stavolta venne rotto dalla voce incrinata di Hazelle, prima che uscisse dalla stanza, seguita da Julia e Moni. «Io so solo… Che non vi riconosco più. Però, questa Resha e questa Aisu, sappiate che non mi piacciono affatto.»
Castello dell'Oceano Indiano
«Dobbiamo tornare al castello, adesso.» La voce di un altro guardiano la riscosse. «La Regina Luchia ha bisogno di voi.» Seira non si mosse minimamente. I suoi occhi erano spenti e le lacrime che ancora le scorrevano sul volto ne rendevano i lineamenti sofferenti.
Quando i nemici erano svaniti nel nulla, dall’interno del castello si era udito un urlo straziante provenire dal giardino, dove si trovava la regina. Tutti erano corsi da Luchia, nessuno si era curato di lei e di Takeshi, che magari poteva ancora essere salvato.
Una volta riottenuto il controllo della situazione, gli anziani l’avevano anche ripresa per non essere accorsa dalla regina. Nessuno aveva mosso un dito o sprecato una parola per lei o Takeshi e i due erano rimasti soli a loro stessi. “È tutta colpa sua… Solo sua… È tutta colpa di Luchia…” La regina è più importante. La regina ha diritto alle prime cure. La regina ha bisogno di tutte le sue consigliere. “La regina ha bisogno di me, certo… Anche io ho bisogno, ma nessuno mi ha sostenuta… Anche Takeshi aveva bisogno, ma nessuno si è fatto avanti… Luchia di qua, Luchia di là…” Venne trascinata via dalle guardie come fosse stata una bambola, in quanto non si sarebbe mai mossa di sua volontà dalla tomba di Takeshi per andare da Luchia. In quel momento, un sentimento mai provato prima, nemmeno quando era stata imprigionata nel corpo del nemico anni addietro, si stava insinuando in lei. Un sentimento brutto e pesante, freddo e triste, che portava con sé una certezza assoluta, la quale si faceva sempre più sicura nella sua mente. “Se solo lei non fosse mai esistita, ora Takeshi… Takeshi…”
Che fosse odio, quel sentimento?
Niijima, Giappone
«Hey, Zelle. Possiamo entrare?» Fuori della stanza, Julia e Harmony aprirono la porta rimasta accostata. La custode della perla viola si trovava stesa sul letto, con il volto immerso nel cuscino. Un lieve mugolio di approvazione fece entrare le due. Moni si chiuse la porta alle spalle e andò a sedersi sul letto accanto all’amica, Julia restò in piedi con le braccia sotto il seno.
Attesero qualche secondo e la tedesca liberò il volto dal cuscino, fissando la testata del letto senza davvero vederla. «Sono certa che Tada’ sia una brava persona. Anche Robin ne era certa. E io mi fido ciecamente dell’istinto di mia sorella.» Borbottò, guadagnandosi due occhiate interrogative, ma comunque d’accordo con la sua opinione. Hazelle si tirò su a sedere e ripensò alla prima volta che aveva incontrato il tritone. «Quegli occhi di smeraldo… Quegli occhi portano con loro un’enorme sofferenza. Me ne sono resa conto la prima volta quando l’ho portato a fare il giro dell’hotel, il giorno in cui è arrivato da noi. All’inizio mi aveva fatto la stessa impressione che aveva fatto ad Aisu, ovvero quella di un gran sbruffone scontroso, ma mentre gli mostravo la struttura è successa una cosa che mi ha fatto completamente ricredere.»
Il fatto di appartenere, seppur solo in parte, al mondo marino, era ancora una forte novità per lei, perciò aveva deciso di chiedere al purosangue nato e cresciuto in acqua informazioni a riguardo.
«Cosa vuoi sapere?» Tadashi aveva un tono disponibile, ma allo stesso tempo leggermente frustrato. “Non avrei mai creduto che le due cose potessero essere compatibili…”
«Prima di tutto, dov’è la tua collana?» Aveva chiesto la tedesca, indicando il proprio shell locket. Lui l’aveva guardata un istante, per poi fermarsi e mostrarle il braccialetto che portava al polso destro. «Solitamente, i tritoni non tengono le proprie perle nelle collane. Preferiamo decisamente accessori dall’aspetto più sobrio.» Aveva abbassato il braccio e nascosto la mano nella tasca dei jeans. «I braccialetti di questo tipo sono i più comuni… Ma c’è anche chi incastona la perla in un orecchino o un ornamento per la testa, o semplicemente in un anello. O in oggetti che si portano sempre dietro per lavoro.» Aveva fatto una pausa di qualche secondo, scostando lo sguardo, per poi aggiungere: «E quando si cambia accessorio, si è soliti regalare il vecchio contenitore, anziché gettarlo, se ancora utilizzabile. Quando si diventa soldati, ad esempio, si è soliti far divenire la propria perla un tutt’uno con la propria arma. Durante le cerimonie di passaggio, i nuovi soldati donando i loro accessori ad altri.» La voce era diventata flebile, tanto che sul momento Hazelle non era nemmeno sicura di aver udito bene l’ultima parte del discorso. Quando i sussurri del tritone erano diventate parole con significato, nella sua testa, aveva chiesto: «Quel bracciale te lo ha regalato un soldato?»
Lui non aveva risposto, ma alla custode della perla viola non era sfuggito quello sguardo. Vi aveva riconosciuto un tumulto di emozioni paragonabili solo a un oceano in piena tempesta. Nonostante ciò, quella più evidente era stata certamente la sofferenza. E non una sofferenza comune, ma quella di qualcuno che si è sentito e si sentiva tuttora in colpa non per aver fatto, ma per non aver fatto qualcosa in un dato momento della sua vita.
«Non so nemmeno bene io perché ho dato tanta importanza a quella cosa, ma mi ha colpita. E nel corso del tempo, l’ho rivisto spesso lanciare occhiate a quel bracciale, ognuna contenente un oceano di emozioni. Credo che per lui quel braccialetto sia la cosa più importante, un qualcosa che lo lega al suo passato e, che per quanto si sforzi a trattenersi, il suo desiderio di tornare nei regni sia incredibilmente potente. Forse, è persino il suo più grande desiderio.»
«E allora perché non è tornato prima? Perché non è voluto venire con noi dalla regina?» Domandò Julia, mettendosi a sedere sul bordo del proprio letto. La custode della perla viola scostò lo sguardo prima di rispondere, dirigendolo verso la finestra della stanza. «Non ne sono sicura, ma… Credo che abbia paura.»
«Paura?»
Hazelle annuì. «Penso che, questo suo desiderio sia tanto grande e forte, quanto pauroso. Io almeno, mi sono fatta quest’idea. Lui vuole tornare, ma la paura lo blocca e non ha ancora capito come riuscire ad affrontarla.»
«Perché tutto questo non lo hai detto giù alle altre?» Chiese la rossa, lanciando un’occhiata perplessa all’amica.
«Perché mi era presa la rabbia!» Esclamò la tedesca, lasciandosi cadere con un mugolio frustrato all’indietro sul proprio letto e portandosi il cuscino sul volto. Sui volti di Julia e Moni si dipinse un sorriso quasi materno, dovuto al sollievo di riavere la “normale” Zelle con loro.
Dopo pochi istanti, la castana abbassò il cuscino fino al petto, sussurrando con occhi pensierosi: «Sentire Aisu e Resha parlare così di Tada’, mi ha davvero fatta arrabbiare…»
«Pensi che se fosse pericoloso, ne avrebbero fatto la nostra guardia?»
La discussione non era ancora finita per le due sorelle Shell, nel mentre percorrevano la via di casa. Si erano già da un po’ separate da Reana, che era dovuta rientrare in collegio per via del coprifuoco, mentre avevano lasciato Aisu poco prima, in quanto la bionda se ne era andata a fare un tuffo, per schiarirsi le idee.
Da quando erano rimaste solo loro due, erano restate in silenzio. Tempo durante il quale Yumi era riuscita a raccogliere coraggio per porre quella domanda alla sorella.
«Già, bella guardia. Ci lascia da sole nei momenti più critici.» Sbuffò la maggiore per risposta, aumentando l’andatura. Yumi, invece, si arrestò. La rossa si voltò verso di lei pochi passi più avanti, ma prima che potesse incitarla a muoversi, la minore parlò: «Mi dispiace Resha, stavolta non ce la faccio proprio a essere d’accordo con te.» Scrollò appena la testa, lasciandosi andare in un respiro di disaccordo, prima di ricominciare a camminare verso casa.
“Mi dispiace Yumi, ma io devo proteggere te prima di tutti”, pensò la custode della perla arancione, guardando di sottecchi la sorella. “E non posso permettermi di fare errori.”
Da qualche parte negli Oceani
«Soffri troietta, soffri!» L’immagine della di Luchia agonizzante nel proprio letto era una vista meravigliosa per colei che si professava come la futura regina dei mari. «Tu soffri, io ci godo!»
Attraverso la sfera, studiò le reazioni dei presenti in sala: quel mollusco del re che non si schiodava dal capezzale della moglie, quelle insulse di Hanon e Rina che mentre cantavano le tenevano le mani e tutte le altre ragazze attorno al suo letto a cantare. Solo Seira, appena tornata al castello, se ne stava in apatia a fissare fuori dalla finestra.
«Quella giovane consigliera arancione si sta comportando in modo molto interessante.» Commentò ad alta voce con la mano sotto al mento. «E’ debole e indifesa, magari potrei portarla dalla mia… L’incantesimo del cuore nero potrebbe avere dei risultati interessanti se unito al potere della sua perla...» Si voltò verso Eiji, al suo fianco, sorridendogli da dietro la maschera. «Non ti piacerebbe un po’ di compagnia?» Il ragazzo non rispose, né si mosse. Non che lei si aspettasse diversamente.
Tornò a osservare la regina, in preda al dolore più assoluto, mentre i medici si affannavano a somministrarle in fretta forti dosi di antidoto. «Devo ammetterlo, il suo attaccamento alla vita è immenso, un altro al posto sarebbe già morto… Questo può essere un problema… Dannazione!» Si interruppe di botto. «Elementali! Al mio cospetto, subito!» I suoi sottoposti arrivarono immediatamente. «Ho voglia di divertirmi un pochino, l’assalto ormai è un vago ricordo! E ho avuto un’idea geniale in merito.» Si fregò le mani, mentre l’unica donna presente prese la parola: «A proposito di quanto ho iniziato tempo fa… Posso andare avanti? Sono stufa di rimandare in eterno…» Permesso che le venne accordato.
Dopo aver dato delle dispositive agli altri, tornò a guardare la sfera e un’espressione di disappunto le si formò sul viso deturpato perchè sì, la regina aveva appena perso i sensi, ma purtroppo era ancora viva.
Pearl Piari - Niijima, Giappone