Parte Quinta
Sollevo
le palpebre e una flebile lama di luce mi ferisce gli occhi. Ho la
testa indolenzita, tento di massaggiarmi la spalla che non è
messa
meglio. Mi sento uno straccio. Mi sfugge qualche colpo di tosse,
mentre mi rendo conto di essere sdraiata su una delle brande del
Falcon e finalmente ricordo quello che è successo. Ben deve
avermici
adagiata dopo avermi spiccicato dalla parete contro la quale mi ha
sbattuta usando la Forza.
Avrei
dovuto immaginare che avrebbe reagito in modo violento a qualsiasi
tentativo di avvicinamento, ma non lo ha fatto intenzionalmente. Non
ho percepito il desiderio di farmi del male nei suoi intenti.
Sollevo
di poco la testa e cerco di capire se si trova nei paraggi. Lo scorgo
poco lontano, seduto sul pavimento freddo, con la testa nascosta tra
le gambe, le mani tra i capelli, perso in chissà quali
elucubrazioni
mentali e sensi di colpa.
“Sei
uno stronzo...” riesco a malapena a mormorare,
“ecco, quello che
sei.”
“Credevo
che avessi smesso di godere nell'insultarmi,” reagisce
indignato,
senza sollevare lo sguardo nella mia direzione.
“Cosa
fai lì a terra come un disperato? Vieni qui,” lo
esorto,
sollevandomi sui gomiti, battendo con il palmo della mano il
materasso per invitarlo a sedersi accanto a me.
Mi
ignora. Devo insistere ancora un po' per costringerlo a muoversi.
Si
alza svogliatamente e si avvicina titubante, come se avesse paura di
farmi male con la sua sola presenza. Poi finalmente si siede, dandomi
il fianco, evitando accuratamente il mio sguardo. Nasconde la testa
tra le mani e si lascia sfuggire qualcosa. “Mi dispiace...
Non
volevo farti del male, ho solo... desiderato che smettessi di parlare
e che mi lasciassi in pace...”
Con
la mano gli accarezzo la coscia attraverso la stoffa ruvida dei
pantaloni, nella speranza che comprenda che non ce l'ho con lui.
“Lo
so. È
da molto che non usi la Forza, è normale che tu non ne abbia
il
controllo.”
Inaspettatamente
lo sento più calmo e ragionevole e mi scopro più
tranquilla
anch'io. Nonostante il bernoccolo in testa, sono sicura che non abbia
fatto danni più seri. Ma mi rendo conto che, come quando
eravamo
nemici, non posso permettermi di abbassare la guardia con lui,
neanche per un momento.
Mi
sollevo a sedere sulla branda incrociando le gambe e le mani
abbandonate in grembo, facendomi più vicina, ma evitando di
toccarlo.
“Adesso
sei disposto ad ascoltare quello che ho da dirti?” Il mio
tono è
dolce e tranquillo, perché sono sicura che non
otterrò nulla se mi
mostrerò ostile o peggio, vendicativa.
Annuisce,
evitando ancora i miei occhi e questo mi infastidisce, ma mi rendo
conto che devo procedere un passo alla volta.
“Ho
capito da dove proviene la sensazione
strana
che abbiamo percepito entrambi e quello che ne è venuto di
conseguenza,” istintivamente mi viene da sorridere, ma mi
trattengo, “se ritrovare la tua vera identità e
ricordare tutto
quello che è successo ti ha sconvolto così
tanto... preparati,
perché le rivelazioni scioccanti non sono ancora
finite.”
Finalmente
riesco ad attirare la sua attenzione, solleva la testa e si volta
verso di me con un'evidente espressione interrogativa stampata in
viso. Mi viene spontaneo prendergli una mano e stringergliela appena.
Una lieve scarica elettrica mi solletica le dita, per lui è
lo
stesso e sospiro felice nel constatare che, nonostante tutto, certe
cose non sono cambiate.
“Quella
leggera vibrazione nella Forza non proviene da me. E nemmeno da
te...” aggiungo cauta.
Mi
fissa con più intensità, assottigliando lo
sguardo e aguzzando i
sensi e, nei suoi occhi leggo chiaramente la paura dell'ignoto. Prima
di sganciare la bomba mi auguro ardentemente che quello che sto per
dire non sancisca la fine di tutto, ma che sia solo l'inizio di una
nuova dimensione del nostro rapporto.
“Proviene
da nostro figlio.” Finalmente riesco a dirlo e mi sento
sollevata. Adesso, qualunque cosa succeda, sono in pace con me stessa.
“Nostro
figlio?” Ripete, sgranando gli occhi, sollevando le
sopracciglia in
una meravigliosa manifestazione di stupore.
“Nostro
figlio,” confermo, sorridendo sincera. Mi fermo ad osservare
la sua
reazione con curiosità ma anche apprensione. I suoi
lineamenti tesi
sembrano sciogliersi e la sua espressione nervosa si fa più
dolce.
Istintivamente mi stringe la mano più forte.
“Perdonami...
” sussurra con la sua voce profonda e calda ma non mi sfugge
nel
suo tono una leggera nota di dolore. “Sono un
idiota.” Confessa
lievemente in imbarazzo, sento che vorrebbe avvicinarsi ma si
trattiene.
“Per
una volta hai detto una cosa sensata,” mi viene spontaneo
reagire.
“Non
dovevamo essere solo
noi due?”
Scherza con un'adorabile impertinenza che mi strappa una breve
risata.
“Beh...
dobbiamo solo espandere
il concetto, ampliarlo leggermente,” spiego mimando il gesto
con le
mani. Inspiro profondamente per racimolare ancora un po' del coraggio
che mi serve per provocarlo ulteriormente. “Lo so che questo
non
era esattamente nei nostri programmi a breve termine. Ma è
successo.
Perciò se avevi intenzione di svignartela e piantarmi in
asso, caro
il mio Ben Solo, adesso non potrai più evitare di assumerti
le tue
responsabilità. Non te lo permetterò.”
Il mio
tono è ironico, ma quello che voglio fargli capire, non
può essere
più serio. Dal modo in cui accoglie le mie parole comprendo
che ho
colpito nel segno.
“Non
avevo intenzione di squagliarmela, né prima... e nemmeno
adesso,”
reagisce un po' risentito e la tenerezza che scatena dentro di me la
sua espressione imbronciata e ancora leggermente stravolta, non ha
confini. “Il condensatore era completamente morto, volevo
solo
evitare di passare la notte al buio, al freddo e con lo stomaco
vuoto...” mi confida imbarazzato.
“Perché hai pensato che
volessi lasciarti?” Questa volta il suo tono è
più duro, ma
riesce lo stesso a disintegrare in me ogni più piccola
briciola di
risentimento nei suoi confronti.
“Dal
modo molto elegante con cui mi hai scaricata sulla collina, per
esempio?” Lo provoco leggermente, ma in realtà il
mio timore è
che volesse riprendere la sua antica missione da dove l'aveva
interrotta. Però mi rendo conto che se non
riuscirò a dargli un
minimo di fiducia, tutto quello che è stato compiuto per
salvarlo
sarà stato vano.
“Ascoltami
bene. Ti ho portato qui, perché era l'unico modo per tenerti
al
sicuro. Volevano che ti lasciassi morire... Hanno cercato di
convincermi che fosse la cosa migliore. Ma io non potevo accettarlo.
Così, ho fatto qualcosa di cui non avrei mai immaginato di
essere
capace. Ti ho curato la ferita con l'aiuto della Forza, non so
nemmeno io come sia stato possibile, ho solo seguito l'istinto. Ma ha
funzionato.
Quando
hai ripreso conoscenza non ricordavi niente, né chi eri e
nemmeno
quello che è successo da quando tutto ha avuto inizio. È
stato allora che, nella mia incauta presunzione, ho sperato di poter
risvegliare il Ben Solo che era stato schiacciato da Kylo Ren. Ho
creduto di potergli dare un'esistenza serena e dignitosa, dopo tutto
quello che ha dovuto sopportare, qui al sicuro e lontano da tutto il
resto della galassia. Ma adesso... mi rendo conto, di aver agito in
modo molto egoista.”
La mia
animata confessione viene accolta freddamente.
“Avresti
dovuto dare ascolto ai tuoi amici. E lasciarmi morire... sarebbe
stato meglio per me e per tutti,” mi comunica tagliente.
Sgrano gli
occhi incredula di quello che ho appena sentito.
“Perché?”
Ho solo la forza di sussurrare mentre sento le lacrime pungermi gli
occhi.
“Io
non sono una brava persona, Rey. Non sono quello che credi. Tu volevi
salvare Ben Solo, quello che speravi di trovare sepolto dentro Kylo
Ren, ma ti sei innamorata di una tua illusione, non di quello che
sono realmente.”
“Oh!
È
questo quello che pensi? Mi dispiace demolire drasticamente la tua
tesi, ma ti amavo già dai tempi in cui tutti ti
consideravano una
causa persa,” sospiro esasperata, “credevo che
avessi superato la
fase del tutti
mi odiano
invece, a quanto pare, continui a crederci e soprattutto... ad avere
paura,” lo provoco volutamente. A costo di passare tutta la
notte
svegli a sviscerare il problema voglio che finalmente si apra. Voglio
che non ci siano più nubi ad oscurare il cielo. Voglio fare
chiarezza nelle nostre vite, una volta per tutte.
“Certo
che ho paura,” ringhia mostrandomi i denti, mentre nei suoi
occhi
compare quella scintilla di rabbia che ha da sempre animato il suo
sguardo, “la mia vita è stata scandita
costantemente dalla paura.
Avevo paura di deludere i miei genitori, che mi considerassero un
mostro, avevo paura di non essere degno dell'ammirazione di Sonke, di
non essere in grado di assolvere degnamente ai miei compiti, di non
diventare mai forte quanto Vader...” mi vomita addosso
ansimando e
io capisco che questo è solo una piccola parte di qualcosa
di più
terribile, doloroso e angosciante. “Ho creduto che solo
incutendo
terrore, facendomi odiare, non avrei più avuto bisogno di
farmi
accettare da nessuno. La paura sa essere un efficace mezzo di
persuasione...” finalmente si apre e io non posso fare a meno
di
deglutire con angoscia.
“E
adesso, di cosa hai paura ancora, Ben?”
Sospira
ed esita, prima di parlare. “Non lo so. Forse di rovinare
tutto, di
non meritare il tuo amore, e farti... farvi del male, adesso che
c'è
anche lui...”
Lo dice rivolgendo un fugace sguardo al mio ventre e mi coglie un
sussulto, come se i suoi occhi fossero davvero riusciti a toccarmi.
La sua confessione invece mi lascia senza fiato.
“Stai
bene?” Mormora piano, con aria preoccupata, probabilmente
temendo
le conseguenze della botta che ho preso.
“Sto
bene,” confermo, sorridendogli appena. “Vuoi
sentirlo?” gli
chiedo prendendo la sua mano grande dalle dita affusolate e perfette,
posandola sul mio ventre. “Chiudi gli occhi e ascolta... puoi
percepire la sua energia, anche se è ancora così
piccolo, è chiara
e potente,” gli spiego mentre faccio lo stesso.
In
questo istante così intimo tra noi, con la mia mano sulla
sua,
riesco a cogliere in modo ancora più vivido l'amore che ci
lega a
questa nuova vita. Ed è come se il legame si fosse ampliato,
espanso, ed ora racchiudesse anche lui. E non poteva essere
altrimenti visto che è frutto dell'unione di noi due. Anche
se è
ancora troppo piccolo per avere una vera e propria consapevolezza,
l'impercettibile variazione nella Forza che ci restituisce, ci
dà la
prova che ci percepisce e si sente amato a sua volta.
“Lo
sento...” mi confida e questa volta colgo chiaramente una
punta di
emozione nella sua voce. Riapre gli occhi ma evita il mio sguardo.
“Non credo di meritare tanto.”
Ritrae
la mano in modo brusco e inaspettato e tutta la magia del momento va
in frantumi. La
sua abilità di rovinare i momenti più intensi tra
noi rasenta
l'opera d'arte.
“Ben
Solo sei un idiota!” L'imprecazione mi esce spontanea e non
posso
fare a meno di esternarla.
“Non
riesci proprio a trattenerti eh?” Reagisce offeso.
“Perché
mai non dovresti meritare di essere felice? Hai scontato le tue
colpe, hai rischiato la vita per salvarmi e fermare quell'essere
immondo, sei stato sul punto di morire... Non credi di aver sofferto
e pagato abbastanza?”
“Rey,
per un dannato momento cerca di essere razionale!” Si rivolta
verso
di me rabbioso, istintivamente indietreggio e ne ho quasi paura.
“Io
ho ucciso mio padre.” Lo scandisce per bene, come se volesse
urlarlo a se stesso prima che a me, “con che coraggio
potrò
guardare negli occhi mio figlio? Che razza di esempio potrei mai
essere per lui? Non c'è redenzione per quelli come
me.” I suoi
occhi sono due pozze nere di disperazione. Il dolore con il quale gli
sento pronunciare quelle parole ferisce anche me.
“Potrai
insegnargli a non commettere i tuoi stessi errori, tanto per
cominciare,” gli suggerisco, prima che il desiderio di
malmenarlo
si concretizzi sul serio.
“Ti
ostini a non capire. Kylo non se andrà mai, non
può sparire come se
non fosse mai esistito. Averlo messo da parte per qualche tempo non
significa che se ne sia andato. Lo hai visto, prima, lo hai provato
sulla tua pelle. È dentro di me, Rey. È parte di
me, e distruggerà
tutto prima o poi. Distruggerà tutto di nuovo.”
“Sbagli
a pensarla così, non eri in te quando hai ucciso tuo padre,
eri
sotto l'influenza di Sonke. È lui che te lo ha ordinato, ti
ha
plagiato. So che non potevi ribellarti, ti ha fatto credere che
saresti diventato più potente. Ti ha illuso. So cosa
significa
averlo nella testa, l'ho sperimentato quando eravamo su Ares. È
qualcosa di terribile...”
“Ma
sei stata più forte.”
“Solamente
perché il mio cuore non era corrotto, e i miei sentimenti
verso di
te erano puri e potenti. Tu invece nutrivi del risentimento verso tuo
padre, lo consideravi stupido e debole, pensavi che ti avesse
abbandonato, e Snoke ha fatto leva sulle tue debolezze.”
Questa
volta non riesco ad evitare di avvicinarmi a lui e sfiorargli la
schiena ampia, incurvata sotto un peso che sembra insopportabile,
immergere le dita tra i suoi capelli scuri e morbidi, scompigliandoli
leggermente. Sapevo che prima o poi l'argomento Han
Solo
sarebbe saltato fuori, e non mi resta che lasciarlo sfogare.
“Mio
padre mi
ha
abbandonato, Rey.” Lo vedo sospirare con lo sguardo perso nel
vuoto
e scuotere la testa immerso in ricordi troppo dolorosi. “Non
facevano altro... che litigare a causa mia. Avevano paura di me, del
mio potere. Per loro ero un enigma, qualcosa di incomprensibile, una
seccatura che li distraeva dalle loro questioni, e hanno preferito
lavarsene le mani. Quando mia madre ha deciso di mandarmi da Luke,
lui se n'è andato... Non è stato capace di
opporsi e difendermi.”
Si volta verso di me e mi fissa con uno sguardo infinitamente triste
che mi stringe il cuore. “Io volevo solo essere un pilota,
come mio
padre. Ma nessuno mi ha dato ascolto.”
Inspiro
profondamente. “Nessun genitore è perfetto, ma
loro ti amavano.
Hanno solo cercato di aiutarti, sbagliando, ma hanno tentato.
È
sicuramente meglio che essere venduti per una bevuta...” mio
malgrado la mia affermazione nasconde una punta di gelosia che
ovviamente a lui non sfugge.
“È
questo che non riesco a capire, avresti dovuto odiare i tuoi genitori
con tutta te stessa per averti costretta a sopravvivere da sola in un
un deserto, invece hai continuato a sperare che un giorno si
sarebbero ricordati di te... Perché?”
Gli
sorrido e la mia mano si sposta ad accarezzargli la guancia sfregiata
dalla cicatrice che io stessa gli ho procurato, se sono riuscita a
rendermi conto di quello che sto per dire, è solo grazie a
lui.
“Continuavo a ripetermi che sarebbero tornati. Me lo sono
ripetuto
per giorni, mesi, anni... E mi sono autoconvinta che mi avessero
lasciato lì per una valida ragione. Ricordavo una voce che
mi
gridava Tornerò
a prenderti, tesoro.
Ma in realtà quella voce in cui confidavo, con la quale mi
addormentavo tutte le notti, da sola, al freddo, tra i morsi della
fame... non era altro che la mia. E sei stato tu a farmelo capire,
costringendomi a guardare oltre quella barriera che mi ero costruita
per difendermi dalla realtà. Ho guardato oltre quel muro e
ho
scoperto quello che avevo sempre saputo.
Il
loro abbandono però mi ha resa forte, mi ha resa quella che
sono. Mi
ha insegnato a contare su me stessa prima che su chiunque altro.
Allora, dentro di me, ho cercato la forza di perdonarli... e mi sono
sentita finalmente libera,” gli confido con le lacrime agli
occhi e
la voce spezzata dall'emozione. “Ed è questo che
dovresti fare
anche tu. Dovresti perdonare tuo padre, tua madre, e Luke... e tutti
quelli che ti hanno fatto soffrire, che ti hanno tolto qualcosa.
È
l'unico modo per guardare al tuo passato come una tappa dolorosa ma
necessaria, senza rinnegarlo. È
l'unico modo per perdonare te stesso e accettare quello che
sei.”
“Detto
così sembra facile...” mi sussurra poco convinto
ma, per la prima
volta, riesco a leggere chiaramente nel suo sguardo, nella
profondità
dei suoi occhi scuri, il desiderio di andare oltre il dolore, oltre
la rabbia e la disillusione.
“Non
devi farlo adesso, né domani, o dopodomani. Devi prenderti
del
tempo... tutto il tempo che sarà necessario. Ti
aiuterò, se me lo
permetterai... Non sei più solo...”
Il
modo disperato e possessivo con cui improvvisamente mi abbraccia mi
lascia senza fiato, mi coglie di sorpresa e, per un istante, mi
lascia frastornata. Mi stringe a sé con una dolcezza e una
tenerezza
disarmanti, di cui non lo ritenevo capace.
Ricambio
stringendolo con forza e, per la prima volta, da quando siamo qui, lo
sento veramente mio.
Restiamo
così, uniti a respirare piano, per un tempo che mi sembra
infinito.
“Adesso
voglio che tu mi dica una cosa,” gli sussurro sciogliendomi a
malincuore da quella calda stretta in cui mi sono rifugiata,
fissandolo negli occhi, “e sai che posso capire se non sarai
totalmente sincero. Quindi ti prego di esserlo.”
Annuisce
corrugando la fronte, con una punta di preoccupazione nello sguardo.
“Qual
è il vero motivo che ti ha spinto a distruggere
Snoke?” Gli
poso due dita sulla bocca impedendogli di dare una risposta
affrettata. “No... non dire che lo hai fatto per salvare me,
perché
non ti crederò. Tu avevi in mente di farlo da prima che
iniziasse il
nostro legame...”
Mi
scosta delicatamente le dita dalla bocca e mi fissa in un modo
sottilmente diabolico, “Perché era la cosa
giusta.”
Quelle
poche parole che fluiscono decise dalla sua bocca sono la conferma
che volevo, che stavo aspettando. “Allora non sei quel mostro
che
pensi ancora di essere. Non lo sei mai stato,” sussurro,
mentre le
lacrime mi rigano le guance, e mi è impossibile fermarle.
Nello
stesso istante sento qualcosa frantumasi, sgretolarsi per sempre,
come se le pareti di una prigione invisibile si fossero sbriciolate
lasciando entrare un raggio di luce, la luce della speranza e della
libertà.
Ci
fissiamo in silenzio, ognuno perso nelle sensazioni che l'altro emana
e il tempo sembra rallentare, fermarsi. Qualcosa dentro di me scatta
e mi spinge ad addolcire il mio sguardo, a mutare espressione. Con
un gesto molto sensuale mi sposto una ciocca di capelli dietro
l'orecchio pensando intensamente di voler fare di nuovo l'amore con
lui e lascio che il mio desiderio si espanda, lo penetri, lo invada.
“Ti
voglio,” mi sussurra con un tono profondo e caldo che riesce
a
farmi vibrare l'anima. “Qui, adesso...” e a me
sfugge un sospiro.
“È
Kylo o Ben che lo vuole?” Lo stuzzico maliziosa mordendomi il
labbro.
“Entrambi...”
mi spiazza, come è il suo solito, “mercante di
rottami.”
Sorrido
tra i denti, ma mi e quasi mancato sentirmi chiamare così.
“Serpente
assassino...” sibilo velenosa, arricciando il naso.
“Non
provocarmi...” il suo tono calmo ma sottilmente tagliente, mi
smuove qualcosa al basso ventre.
“È
proprio quello che ho intenzione di fare,” lo affronto
decisa,
mentre inizio a slacciargli la camicia. Mi blocca le mani e mi
fissa come non lo ha mai fatto prima.
Il suo sguardo è ipnotico e riesce a paralizzarmi i sensi.
“Ti
costringerò ad implorarmi di non smettere, lo sai,
vero?” Quella
velata minaccia mi dà il colpo di grazia.
Si
avvicina lento, ansimando leggermente, fino a cancellare ogni
distanza tra i nostri visi. Le sue labbra mi sfiorano delicate,
gustano la mia bocca prima dolcemente poi sempre più
fameliche
prendendomi in un bacio impetuoso che ha il sapore vagamente salato
delle lacrime.
Un
desiderio cocente simile a magma mi invade le vene. È
incredibile come il legame che abbiamo ritrovato ci porti a percepire
le sensazioni in modo reciproco amplificando il desiderio,
intensificando il piacere.
Lentamente,
inframezzando baci e carezze, ci alziamo e ci liberiamo dei nostri
vestiti che finiscono svogliatamente a terra o scaraventati da
qualche parte, fino a quando non rimane più nulla ad
impedire di
unirci.
Nudi
nel corpo e nell'anima, uno di fronte all'altra, restiamo in piedi a
fronteggiarci. Ben mi fissa negli occhi con un calore che non gli ho
mai visto, solleva una mano e mi sfiora una guancia e poi, affondando
le dita tra i miei capelli mi attira di nuovo a sé. Avvicina
la
bocca carnosa ed umida alla mia e non riesce a trattenersi dal
baciarmi avidamente. Nella flebile luce della stanza, lentamente,
tutto intorno a noi scompare. Resta solo il suo viso, il suo odore,
le sue braccia forti che mi sollevano come fossi una piuma e mi
conducono verso la branda dove delicatamente mi adagia. Senza
staccarsi dai miei occhi, si spinge sopra di me ricoprendomi,
scaldandomi, avvolgendomi completamente.
Affamato
come un felino che sta per assaporare la sua preda si insinua tra le
mie gambe, mi bacia dappertutto, ed è semplicemente
meravigliosa la
sensazione delle sue labbra tiepide e morbide che mi esplorano e
assaggiano ovunque in modo irresistibile.
Sento
l'eccitazione crescere sempre di più e il desiderio di
accoglierlo
dentro di me diviene irrefrenabile, quasi doloroso.
Dolcemente
lo afferro per i capelli facendolo desistere da quella piacevole
tortura e lo attiro verso il mio viso. Sapientemente lui torna sulla
mia bocca prendendola questa volta in un bacio ancora più
intenso ed
esigente. Immersi in un turbinio di sensazioni frenetiche ed
inebrianti scivola dentro di me per fondersi totalmente con il mio
corpo.
Una
lieve scarica elettrica si genera dal nostro contatto e le luci
soffuse del dormitorio per un attimo sono intermittenti ed infine si
spengono. È
la prima volta che facciamo l'amore dopo esserci riaperti alla Forza
e ogni sensazione ha un sapore diverso, più intenso. È
come se le nostre percezioni fossero amplificate, centuplicate. Ma
soprattutto condivise.
Ben
inizia a muoversi lentamente, quasi a voler ritardare e prolungare
all'infinito il nostro piacere, come se avessimo tutto il tempo
dell'universo e nulla avesse più importanza.
Incoraggio
i suoi movimenti gemendo e perdendomi a tratti nel suo sguardo caldo,
profondo come l'oscurità nella quale ora siamo piacevolmente
immersi.
La
branda è stretta e non ci consente chissà quale
libertà di
movimenti, ma non ci importa.
L'espressione
di Ben è indescrivibile e ad ogni sferzata di piacere che
gli procura
il nostro intimo contatto socchiude le labbra. Quelle labbra
così
carnose e sensuali che mi hanno fatta morire tante volte, adesso
sembrano chiamarmi.
Mi
sporgo per baciarlo, in completa balia del mio desiderio e del suo.
I
suoi movimenti iniziarono a farsi sempre più rapidi ed
intensi,
tanto da riuscire a portarmi quasi al culmine dell'eccitazione, gli
avvolgo le braccia intorno al collo e lo imprigiono tra le mie gambe
per sentirlo ancora più in profondità ma lui
inaspettatamente si
ferma. Mi fissa per qualche istante con un'espressione indecifrabile,
languida per l'eccitazione, infinitamente carica d'amore.
Non
percepisco nulla di oscuro nel suo cuore, solo il desiderio di
donarsi totalmente e incondizionatamente a me. Gli sorrido estasiata
ma un po' frustrata per quella interruzione che mi fa sentire come se
mi mancasse l'ossigeno da respirare. Tutto quello che mi circonda
sparisce, ogni suono diventa ovattato, desidero solo lasciarmi andare
definitivamente ai movimenti del suo corpo e al piacere che mi
provoca. Lo anelo, ne ho bisogno disperatamente o rischio di
impazzire. “Ben...” mi sfugge e non so se l'ho
sussurrato o l'ho
urlato, “ti prego...” lo imploro.
Misericordiosamente
lui accoglie la mia supplica e le sue spinte riprendono sempre
più
intense, profonde, sempre più veloci fino a quando l'estasi
del
piacere si impadronisce totalmente dei miei sensi e dei suoi,
esplodendo in una vibrazione reciproca, incontrollabile e
incontenibile, irradiandosi dal corpo all'anima mentre i nostri
cuori impazziti battono all'unisono, i nostri respiri caldi e
irregolari si fondono insieme.
Il
momento in cui tutto si quieta e il piacere si placa è
quello che
preferisco.
Lo
stringo forte, accarezzandogli la schiena come adoro fare da sempre,
dopo averlo amato. Ben è completamente abbandonato su di me,
il viso
nascosto nell'incavo del mio collo, il suo fiato caldo a solleticarmi
l'orecchio, ma stranamente non è pesante né
opprimente. Mi piace
sentirmi avvolta dal calore del suo corpo. Gioco con le ciocche
morbide dei suoi capelli e desidero che questo momento non abbia mai
fine.
Restiamo
ancora uniti e abbracciati fino a quando il sonno prende il
sopravvento sui nostri sensi.
Mi sveglio di soprassalto
sbattendo le palpebre e ansimando, mi rendo conto che è
ancora notte
fonda. Le deboli luci del dormitorio si sono riaccese. Sono stesa
supina schiacciata contro la parete della cuccetta e Ben mi dorme
accanto sdraiato su un fianco, con la mano sotto al cuscino. Sulla
branda del Falcon stiamo eccessivamente stretti e lui praticamente
sta quasi sul ciglio del materasso.
Lo osservo curiosa mentre
dorme, nella flebile luce della cabina e mi sfugge un sorriso. Quel
suo adorabile broncio infantile mi suscita una tenerezza infinita:
quando è profondamente addormentato sembra così
innocuo, sereno. Ma
nello stesso tempo un pensiero doloroso mi scuote, so che la strada
che abbiamo intrapreso è solo all'inizio, inevitabilmente in
salita
e non sarà affatto facile da affrontare. Ma adesso non ho
più
paura.
Lentamente mi giro sul
fianco e lo osservo ancora un po' compiaciuta e felice, studio i suoi
lineamenti come se volessi imprimerli per sempre nella mia mente. Il
mio sguardo si posa incautamente sulla sua meravigliosa bocca carnosa
e non posso fare a meno di cedere al suo richiamo insistente. La
assaggio appena, temendo di interrompere il suo sonno e il brivido
che mi suscita mi scuote fin nel profondo.
“Come
hai osato svegliarmi... Lo sai che potrei ucciderti per
questo?” Lo
pronuncia con gli occhi ancora chiusi.
Trattengo a stento una
risata e poso nuovamente le mie labbra sulle sue, questa volta
mordicchiandogliele brutalmente. “Non ne saresti mai
capace,” gli
faccio notare sorniona.
Apre gli occhi, scuote un
paio di volte le palpebre e poi mi fissa imbronciato. “Stai
pericolosamente abusando della mia pazienza, mercante di
rottami.”
Mi avverte dolcemente e io resto piacevolmente impressionata da
quanto impegno ci stia mettendo nell'apparire minaccioso.
“Che
c'è, perché non dormi?” Mi chiede,
questa volta con un tono un
po' spazientito e serio.
“Non
ci riesco” gli confesso sospirando, “Sono ancora
eccitata e
scossa da quello che è successo.”
“Uhm
capisco... alla prima posso rimediare,” mi provoca senza
ritegno
e io non posso fare a meno di scoppiare in una sana risata.
“Posso
farti una domanda, visto che siamo in vena di confidenze?” Se
ne
esce sogghignando e io sgrano gli occhi per la sorpresa.
“Mi
meraviglio di te, Kylo Ren, non riesci più a prendere
ciò che
vuoi?” Lo canzono brutalmente.
“Non
scherzare,” reagisce serio e io subito mi inquieto.
“Certo
che puoi,” lo rassicuro, ma temo di non essere stata
abbastanza
convincente nel mascherare la mia preoccupazione.
“Davvero
hai avuto una storia con quel pallone gonfiato di Dameron?”
Mi
spiazza ridacchiando e io mi sciolgo da ogni tipo di tensione
mollandogli un pizzicotto sul braccio che lo coglie impreparato.
“Ahi!”
Protesta vivamente arricciando le labbra e strizzando gli occhi.
Non posso fare a meno di
recriminare, “Non ti permetto di infangare la sua memoria...
sei un
bastardo.”
“Temo
di sì,”ammette impertinente e a me sfugge un
risatina sarcastica.
“Ecco
perché mi sono chiusa alla Forza, non sai che sollievo
è stato non
averti più nella mia testa.”
“Uhm...
Sarà divertente scoprire tante altre belle cose di te,
signorina nessuno”
mi provoca
sensuale.
“Credi
davvero che te lo lascerò fare? Non scoprirai niente che non
voglia
farti sapere,” uccido drasticamente ogni suo intento.
“Questo
lo vedremo...” sibila velenoso, assottigliando lo sguardo.
“Io
e Poe non abbiamo avuto nessuna storia, l'avrò baciato un
paio di
volte. La mia vera prima volta è stata con te, te lo sei
dimenticato? Ed è stata un mezzo disastro. E comunque quel pallone
gonfiato
era il miglior pilota della Resistenza,” gli ricordo con una
leggera punta di soddisfazione e malinconia.
“Della
Resistenza, forse... non certo della galassia,” ironizza e a
me non
sfugge il suo sottile riferimento. Mi sollevo leggermente e non
riesco a trattenere un sospiro.
“Hai
ragione...” mi esce spontaneo, sperando di non aver riaperto
una
ferita.
Lui si gira goffamente nello
spazio angusto della branda mettendosi supino. “Il migliore,
era
mio padre...” ripete, con una leggera punta di tristezza
nella
voce, e lo sguardo malinconico puntato verso il soffitto.
Dentro di me esulto nel
sentirgli nominare di nuovo Han Solo, in un tono profondamente
diverso, privo di rancore. La strada che ha intrapreso è di
certo
lunga e difficoltosa, ma la sua reazione mi dimostra che non ha
nessuna intenzione di abbandonarla. E di questo non posso che esserne
felice.
Gli poso una mano sul petto
caldo, ancora leggermente impelato di sudore e lo accarezzo
leggermente. Restiamo in silenzio per qualche istante a goderci la
calma e la pace della notte.
Poi d'improvviso lui si
solleva sui gomiti e mi rivolge uno sguardo impertinente.
“Vado a
vedere se riesco a rimediare qualche vecchia razione dalla stiva. Se
dobbiamo proprio passare la notte in bianco è meglio farlo a
stomaco
pieno.”
Si
alza e muove alcuni passi nella stanza completamente nudo, si china
per recuperare i calzoni e io lo maledico con tutte le mie forze.
Lentamente si riveste e io mi mordo il labbro in uno sfogo frustrato.
È
una vera ingiustizia nascondere quei meravigliosi glutei tondi e sodi
sotto tutta quella stoffa. Ammiro le sue spalle possenti e i suoi
muscoli tesi fino a quando non sparisce dietro la porta automatica.
Mi riapproprio di tutto lo
spazio della branda, avvolgendomi nella coperta calda,
stiracchiandomi per bene.
* * *
“Sembri
un Rantor a digiuno da un mese.” Ben mi schernisce impietoso
rifilandomi un'occhiata disgustata nel vedermi divorare la mia
razione con voracità.
“Sono
terribilmente affamata,” mugugno in risposta con la bocca
piena, “e
poi queste vecchie razioni sono deliziose,” aggiungo,
leccando con
dovizia tutto il piatto.
“Sono
terribili, vorrai dire,” mi corregge con un espressione
schifata.
Mi fermo prima di dare un
morso al mio boccone, “Oh il principino ha il palato
delicato, se
avessi sofferto la fame nel deserto di Jakku, non saresti
così
schizzinoso, te lo posso assicurare,” reagisco sconcertata.
“Ho
passato tre quarti della mia vita con il caro zio Luke e sei
anni sotto
Snoke, è andata di gran lunga meglio a te,
credimi.”
“Scusami...”
mormoro appena, sentendomi un idiota.
Lui non demorde e riprende a
provocarmi. “Di questo passo diventerai tonda come un
Hutt.”
Non
posso evitare di incenerirlo con gli occhi. “È
a causa tua
se lo diventerò,” gli ricordo scuotendo la testa,
dando fondo
anche all'ultimo boccone.
“Perché
deve essere sempre colpa mia?” Si finge indignato.
Gli lancio un'occhiata truce
dal mio sgabello sbilenco e lui ricambia il mio sguardo arricciando
il naso. Sorseggia tranquillo il suo surrogato di caffè in
piedi,
poggiato con il sedere sul piano attrezzato con indosso solo i
pantaloni e io non riesco a concepire come faccia a non congelarsi,
d'istinto mi stringo ancora di più nella coperta calda che
ho
trafugato dal letto.
“Mi
passi un po' di caffè?” Chiedo facendo gli occhi
dolci, visto che
ce l'ha proprio di fianco.
Non si
muove dal suo posto e già questo mi infastidisce, ma in
compenso una
tazza fumante sospesa a mezz'aria inizia a fluttuare verso di me. La
afferro al volo e gli rivolgo un'occhiata inferocita. Lui fa finta di
nulla ma lo intravvedo sghignazzare di gusto.
“Ben!”
Lo rimprovero, aggrottando la fronte.
“Che
ho fatto di male?” Reagisce con un'insopportabile aria
innocente da
cucciolo di lupo mannaro. “L'hai detto tu che devo riprendere
il
controllo dei miei poteri... sto solo facendo esercizio.” Ha
pure
il coraggio di giustificarsi.
Sospiro
scuotendo il capo, sorseggiando il mio delizioso surrogato,
inalandone l'aroma, già scoraggiata da quello che mi
attende. Sarà
dura, lo so. Ma ce la posso fare.
“Dì
la verità, non mi hai detto nulla del mio passato
perché temevi che
avrei ripreso la mia missione da dove l'ho interrotta...” mi
provoca brutalmente con un diabolico sorrisino sghembo e, per la priva
volta, riesce ad ammutolirmi. “Sorpresa eh? Non ho bisogno di
entrarti nella testa per sapere che lo hai pensato, ormai ti conosco
abbastanza,” sghignazza, riuscendo a diventarmi antipatico.
“Attento
a te,” lo scruto di sottecchi, “ho detto che non ti
avrei colpito
a tradimento. Non che non avrei cercato di fermarti,” meglio
mettere le cose in chiaro da subito, prima che la conversazione possa
degenerare.
“Sei
una rompiscatole.” Protesta, arricciando il naso e
assottigliando
lo sguardo.
“E
tu sei un adorabile stronzo!”
“Tranquilla,
non mi è mai importato nulla dei tuoi amici. E non me ne
importa
tanto meno adesso... Se se ne staranno debitamente alla larga da
me.” Le sue
parole, seppur velatamente minacciose, mi rincuorano e non posso fare
a meno di tirare un sospiro di sollievo.
Finalmente
si decide a staccare il sedere dal ripiano e si avvicina lentamente
camminando a piedi nudi, posa la tazza vuota sul tavolo a poca
distanza dalla mia mano e si china su di me per assaggiare appena le
mie labbra in un bacio leggero, al sapore di caffè. Lo
ricambio anche
se mi sento ancora indignata.
Si
solleva e mi riserva un'occhiata sorniona. “Domani, per prima
cosa dobbiamo
procurarci i pezzi per un condensatore secondario. Non ho intenzione
di passare un'altra nottata su questo rottame. Reclamo il mio
letto!”
Sentenzia imperioso e il suo tono non ammette obiezioni.
Sospiro
felice mentre lo vedo imboccare il corridoio che porta agli alloggi,
un senso di pace invade i miei sensi e finalmente posso guardare al
futuro con occhi nuovi, con la speranza nel cuore. Sono consapevole
che il percorso che abbiamo intrapreso non sarà privo di
ostacoli, ma quale profondo legame non lo è?
Scendo
dallo sgabello e, ancora scalza, mi dirigo verso il portello di
ingresso, sento Ben armeggiare nel bagno e, senza farmi sentire
sguscio fuori dal Falcon. Sento la necessità di respirare
aria
fresca, scrutare e interrogare le stelle. Cammino in mezzo all'erba
bagnata dall'umidità della notte stringendomi alla mia
coperta e un
brivido intenso mi scuote.
Raggiungo
un gruppo di grosse pietre e mi siedo su una di esse, chiudo gli
occhi e inspiro profondamente l'aria frizzante, ma inaspettatamente
qualcosa mi impedisce di lasciarmi andare, mi distrae. Mi sento
stranamente osservata.
Istintivamente
mi volto verso il bosco e intravvedo un bagliore azzurrognolo
luminescente. Mi sforzo di metterlo a fuoco e mi accorgo che qualcosa
sta prendendo forma nel buio. Anzi qualcuno.
Luke,
il mio maestro, mi rivolge uno sguardo sereno e carico di
ammirazione. Il mio cuore sussulta e mi sento sollevata nel
percepirlo finalmente in pace con se stesso.
Inaspettatamente
lo vedo voltarsi verso qualcos'altro che si sta materializzando
accanto a lui, è un altro fantasma di Forza, un uomo
più giovane
con i capelli castani mossi, lunghi fino alle spalle, ed un viso
vagamente familiare. Scorgo una cicatrice che gli sfiora l'occhio
destro, sorride prima a Luke e poi si volta verso di me. Anakin...
non avrei mai creduto di poterlo vedere. È
incredibile
quanto Ben gli somigli, sia nell'aspetto che nelle espressioni del
viso.
Entrambi
ora mi guardano sereni e fiduciosi, ed io non posso fare a meno di
sorridere.
Dopo
tutto quello che è accaduto ho finalmente compreso una cosa:
il
futuro non è univoco ma è mutevole. Quello che
avevo creduto di
vedere tra me e Ben era solo uno dei tanti possibili. Era una mia
interpretazione. Il destino lo plasmiamo noi stessi, con le nostre
azioni e le nostre scelte. A volte però sono le scelte
altrui ad
influenzarci, a distruggerci e a trasformarci in qualcosa che non
avremmo mai voluto essere. Ma, abbiamo sempre la possibilità
di
cambiare le cose, di credere di poter diventare delle persone
migliori.
Nessuno
è mai veramente perduto.
Annuisco
decisa, mentalmente non posso fare a meno di ringraziarli dal
profondo del cuore, prima di tornare a rifugiarmi tra le braccia di
Ben.
F I N E
Angolino dell'autrice:
Eccoci giunti alla fine.
Scrivere questa prima Reyo è stata un'impresa diffcile ma
anche molto stimolante e divertente. Non ho molto da dire se non che
ringrazio tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite e in
modo particolare ringrazio chi ha voluto farmi sapere cosa ne pensava
con una recensione. Ci ho impiegato ben tre mesi a scrivere questa mini
long, che inizialmente doveva essere solo una shot, ma poi i personaggi
mi hanno preso la mano e hanno preteso che raccontassi molto di
più su di loro. Non è colpa mia, prendetevela con
quei due ragazzacci che mi hanno sconvolto l'esistenza, mannaggia a
loro, e spero vivamente che nel prossimo film non facciano una brutta
fine Y.Y
Non so se questa mini long avrà un seguito. Ci sto pensando
ma, boh... tutto dipenderà dal tempo e dall'ispirazione.
Grazie a tutti e... CHE LA FORZA SIA CON VOIH! XD