22
L'inizio del Torneo
La stanza di Abayomi e
Zahra era come Nemeria se la sarebbe aspettata: una copia di quella sua
e di Noriko, solo che i letti erano stati avvicinati e l'armadio, al
posto di essere vicino alla testiera, era stato spostato sul fondo, ad
angolo con la cassettiera. Se non fosse stato per quel cambio di
disposizione e per il disordine – la tunica abbandonata sulla
sedia, i sandali spaiati, il mantello accartocciato ai piedi del letto
– sarebbe stata uguale identica in tutto e per tutto alla
loro.
- Perdona la confusione, ma sai, non aspettavamo ospiti. - si
scusò Abayomi.
Si slacciò le endromìs e con un calcio le
gettò sotto il letto, mentre Zahra si limitò a
buttarsi sul materasso. Le assi emisero un cigolio sofferente, ma in
qualche modo riuscirono ad ammortizzare il contraccolpo del suo peso.
- Siediti, abbiamo molto di cui discutere. - la invitò
Abayomi, indicandole la sedia sempre con quel suo sorriso impertinente,
- Ah, per favore, non bruciare nulla. Sai, a quella tunica ci tengo
particolarmente e mi dispiacerebbe davvero molto dovermela far
ricomprare. -
Nemeria strinse forte il pugno dove teneva la pietra di luna, trasse un
profondo respiro e si sedette con controllata lentezza. Non
spostò la tunica e, a parte il naso arricciato di Zahra,
Abayomi non parve infastidirsi.
- Quindi alla fine ti sei decisa. Lei diceva che non avresti accettato,
io invece ero sicuro che ti saresti fatta viva. - calcò la
voce su quella parola, sibilando la "s" tra i denti.
Si appoggiò con la schiena alla testiera,
accavallò le gambe e intrecciò le dita dietro la
nuca. La luce si incanalava nelle grinze della pelle ustionata del
braccio, ruscellando fino a svanire oltre l'orlo della tunica. Era una
cicatrice rossa, lucente e gonfia come quella che deturpava la mano di
Nemeria, ma a differenza della sua, quella di Abayomi somigliava
più a lana rovinata dal tempo, una seconda pelle striata di
giallo dove i morsi del fuoco erano più profondi.
Se non fosse stato così crudele, avrebbe potuto provare
pietà per lui.
- Eccolo. Lo vedi anche tu, Zahra? Quello sguardo colmo d'odio...
quanto mi piace. - la indicò con un cenno del mento, - Ci
avevo visto giusto nella nostra piccola arena privata. Con quegli occhi
così particolari e quella rabbia farai faville anche qui.
Però cerca di darti un minimo di contegno: lo spettacolo non
è bello se dura troppo poco. -
- Non sono affari tuoi cosa faccio o non faccio. -
- Oh, sì che lo sono. Rimango pur sempre il tuo primo
mentore. Se solo non ci avessero catturato subito, sai quanti soldi
avremmo riscosso? Tutti lì a scommettere contro di te e poi,
sorpresa delle sorprese, sei riuscita a mandare Zahra quasi al tappeto.
Era da tanto che non mi divertivo così. - si volse verso la
sua compagna e sfiorò la sua spalla con una carezza leggera,
prima di tornare a guardare Nemeria, - Ormai quel che è
stato è stato, come diceva un saggio, e ora eccoci tutti
qui, una bella rimpatriata tra vecchi amici. Mi berrei volentieri un
birra. Anche tu la vuoi, Zahra? -
La ragazza annuì. Da quando erano entrati nella stanza, non
le aveva staccato gli occhi di dosso. Spesso Nemeria l'aveva vista
scrocchiare le dita o contrarre la mascella, le narici appena dilatate:
voleva spaccarle la faccia tanto quando lo voleva lei.
- Ma veniamo al dunque. Dammi quel ciondolo e ti dirò tutto
quello che so sui tuoi amici topolini. -
- Come faccio a sapere che non ti rifiuterai di parlare dopo che te
l'avrò dato? -
Abayomi storse le labbra in una smorfia offesa. Era un bravo attore,
glielo doveva riconoscere.
- Fiammella, mi offendi così. Un uomo come me non
può che piegarsi al volere della fortuna se questa ha
sancito la tua vittoria. - tirò fuori la moneta e la
lanciò in aria, per poi riprenderla tra due dita, - Il
nostro accordo era chiaro: se avessi vinto, ti avrei rivelato quello
che sapevo; se avessi perso mi sarei potuto, come dire... dimenticare
alcuni dettagli importanti. Purtroppo la stanchezza mi rende difficile
ricordare tutto, ultimamente. -
La presa si serrò ancora di più attorno alla
pietra di luna. Il suo effetto calmante contrastava appena il tumulto
nel petto di Nemeria, era come se non riuscisse a contenere e
immagazzinare tutta quella rabbia. Già il tenerla in mano,
però, le dava la forza di preservare il controllo e
mantenere a fuoco tutti i consigli di Pavona. L'ultimo regalo di sua
sorella, l'unico oggetto sopravvissuto assieme a lei all'eccidio della
sua tribù... Abayomi non era degno nemmeno di sfiorarlo.
- Devo interpretare questo tuo silenzio come un ripensamento, mia cara?
- la stuzzicò.
- No. -
Afferrò il ciondolo per il laccio e lo issò fino
ad averlo davanti agli occhi. Era un regalo di augurio per il suo
apprendistato come Jinian. Era stato qualche mese prima. Una vita fa,
un'eternità.
Abayomi ridacchiò e si protese verso di lei, scoprendo le
labbra sulla fila di denti rovinati.
- Onora il nostro contratto. -
Allungò il braccio e le fece cenno con il dito di dargli il
dovuto. Nemeria indugiò ancora e poi vi appese il ciondolo.
Prima che si allontanasse, gli artigliò il polso e lo
strattonò verso di sé. Il tepore della sua pelle
svaniva in cenere nel calore della sua stretta.
- Me la riprenderò. - ringhiò, i polpastrelli
premuti contro la vena. - Sappi che me la riprenderò. -
Zahra era già scattata quando Abayomi la rimise al suo posto
con uno sguardo. Quando tornò a guardare Nemeria, aveva la
pupilla dilatata e gli angoli della bocca tremolavano in un ghigno
estatico.
- Non vedo l'ora di giocare di nuovo con te, Fiammella. Sapere che ci
incontreremo di nuovo... non immagini quanto mi ecciti. -
Si umettò le labbra e le stampò un rapido bacio
sul dorso della mano. Nemeria mollò subito la presa e si
pulì sulla tunica, scatenando l'ilarità di
Abayomi. Passò un minuto abbondante prima che riuscisse a
recuperare il controllo. Si asciugò le lacrime e
scrollò le spalle, lisciandosi la tunica sul petto. La
rapidità con cui tornò serio, con le labbra
appena stirate in un accenno di sorriso, aveva un che inquietante.
- Dunque... vuoi che parli io oppure hai delle domande specifiche da
pormi? -
- Voglio sapere tutto di ognuno di loro. Dove sono, se stanno bene, se
c'è un modo per raggiungerli. -
Abayomi si mise il ciondolo al collo e si stravaccò contro
Zahra. Lei lo abbracciò da dietro, allacciandogli le dita
attorno al bacino.
- La ragazza che avevamo preso in ostaggio è stata venduta a
Mina. Adesso fa parte della sua servitù e si occupa delle
faccende di casa. L'ultima volta che sono andato a casa sua, stava
giusto pulendo il pavimento. -
Nemeria si sentiva la gola disidratata e le labbra secche.
Deglutì a vuoto e irrigidì i pugni fino a perdere
la sensibilità nelle dita. Mina e Kimiya. No, non poteva
essere.
- Non ti preoccupare. Finché farà esattamente
quello che Mina le dice non le accadrà nulla. La villa di
Mina è nel Quartiere del Ghiaccio. Adel e Mina sono molto
amici. Sia io che Zahra abbiamo avuto modo di vederla spesso, ma...
diciamo che Mina e Tyrron non vanno molto d'accordo. Se e quando
riuscirai a conquistarti una maggiore libertà, forse potrai
incontrarla.- si fermò, si passò il labbro tra i
denti e soffiò una risata gracchiante, - Sempre che sia
ancora lì, si intende. -
- Cosa intendi? -
- Proprio quello che ho detto. Mina gestisce anche la maggior parte dei
bordelli del Quartiere del Fuoco. Si dice, anche se non ho avuto modo
di appurarlo, che si occupi di soddisfare qualsiasi bisogno per il
giusto prezzo. Per certi lavori la bocca non serva mica per parlare. -
Lo sguardo obliquo che le lanciò, a metà tra il
divertito e l'eccitato, le fece venire i brividi.
- Mi fai schifo. -
- È questo il lato divertente di questa situazione. Tu mi
odi, ma non puoi fare a meno di me. - arrotolò il laccio e
la pietra di luna attorno al dito e continuò, - La puttana
di Dariush e il moccioso intelligente sono riusciti a scappare, invece.
Quando i kalb sono tornati, si sono dileguati nella folla prima che
potessero bloccare le uscite. Non ricordo di averli visti durante la
vendita, no, Zahra? -
- No, non c'erano. -
- Sarai contenta di sapere che probabilmente sono tornati a strisciare
nelle vostre amate catacombe. -
Anche se avrebbe voluto rimanere impassibile, Nemeria non
poté non tirare un sospiro di sollievo. Chiuse gli occhi e
spinse con forza la rabbia contro la parete della sua anima.
- Non chiamarli così. - sibilò.
- Il ratto e la puttana? Perdonami, forse le mie parolacce ti turbano? -
Si stava prendendo gioco di lei; la pungolava e poi si ritraeva,
saltellando lontano come un amdir, un folletto crudele del deserto. La
provocazione del topo nascosto sotto una foglia di stramonio.
- Vai avanti. -
A quel ringhio, Abayomi allungò le gambe e si
sistemò meglio tra quelle di Zahra.
- I due gemelli so solo che sono stati divisi. Il maschio è
stato comprato da Siamak, mentre lei è finita tra le mani di
un Alatfal'yl con un nome insignificante... Arshia, mi pare di
ricordare. Invece, a essere comprate in coppia sono state le due
ragazze, quelle basse che stavano sempre assieme. Come si chiamavano? -
- Afareen e Chalipa. -
Abayomi schioccò le dita con un ghigno vittorioso.
- Ecco, loro sono andate con una donna con le sopracciglia tinte di
rosso e il collo appesantito da almeno dieci collane d'oro. Se non le
hanno spedite a fare le puttane, probabilmente adesso faranno parte
della servitù di qualche nobile. -
- E di Hami? Di Hami si sa nulla? -
- Il fratello del Ratto è stato comprato da un uomo tutto
muscoli, forse un qualche fabbro, considerando le mani unte e sporche
di nero. Non ti so dire chi sia: le armi sono troppo difficili da
rivendere, anche per un genio come me. -
Nemeria rimase in silenzio a macinare tutte le informazioni. Tutti, a
modo loro, stavano bene e si erano salvati. Sopravviveva un solo nome
da spuntare alla lista. Per quanto lo odiasse, era giusto che chiedesse
anche di lui.
- E Dariush, invece? -
- Non credevo ti interessasse sapere qualcosa di lui. -
- Era comunque un membro della famiglia. -
- Questo tuo attaccamento è commovente, Fiammella.
Nonostante tutto quello che ha fatto alla sua donna, a te interessa
sapere se è vivo o se è morto. Sono davvero
colpito. -
- Parla. - ringhiò Nemeria di rimando.
- Ammetto sia anche divertente stuzzicarti, ma per oggi è
meglio non tirare troppo la corda. - gracchiò e si
sistemò in modo da intrecciare le gambe con quelle di Zahra,
- Lui è stato comprato da Mina ed è diventato uno
dei suoi gladiatori preferiti. Domani, se vi affronterete,
sarà una gran bella sfida. -
Il tono crudelmente divertito della sua voce non le piacque affatto.
- Vive nell'altra ala della scuola? -
- Ovviamente. Ho sentito voci interessanti su di lui, roba da farti
tremare fin nelle ossa. -
- Cosa? -
- Cose da paura, come ti ho detto. - alzò la pietra di luna
all'altezza occhi di Zahra, - Che ne dici? Questo vale abbastanza per
rivelarle ciò che abbiamo sentito? Ah, e non dire di no solo
perché ti sta antipatica, capito? -
La Dominatrice non rispose subito. Si prese il suo tempo per
squadrarla, per sezionarla con quegli occhi così colmi di
risentimento che Nemeria poté sentirne il peso tangibile
sulla pelle. Fu allora che le balzò all'occhio la leggera
bruciatura che le deturpava la guancia. Si mimetizzava molto bene nel
colorito scuro, ma più la guardava più coglieva i
segni di diverse cicatrici. Quelli più espansi si
localizzavano sul viso e sulle braccia ed erano ustioni. Lievi,
lievissime ustioni che lei le aveva inflitto durante lo scontro alla
cisterna.
- Non lo so. Sei tu l'esperto di queste cose. - proferì dopo
un po'.
- Dai, pensaci. Sei una Dominatrice della terra, te ne intendi di gemme
e pietruzze. -
Zahra la prese in mano e la osservò in controluce con solo
un occhio aperto. Solo il tenue lucore giallastro che barbagliava sul
fondo della pupilla lasciava intendere a Nemeria che la stava
analizzando.
- È una pietra di luna pura, senza altre contaminazioni. -
la lasciò cadere sul palmo aperto del suo compagno.
- Allora posso scucirmi un po'. - decretò Abayomi.
Non aveva smesso di fissarla nemmeno per un istante. Per quanto la
rabbia le facesse ribollire il sangue, Nemeria non poteva non sentirsi
intimorita. Non sapeva se a raggelarla fosse il suo viso deturpato
dalle fiamme o la follia in quegli occhi senza ciglia che trasfigurava
ogni suo sorriso in un ghigno.
- Dicono che è uno di quei gladiatori che arriva sempre al
suo limite, ma che in qualche modo riesce a tornare indietro. Quando
gli manca tanto così dal diventare un mostro, ecco che
rinsavisce. Mina lo adora proprio per questo. Lo dice spesso quando
andiamo a cena da lei e lo guarda con degli occhi, oserei dire, da
innamorata. - simulò un sonoro sospiro d'amore e
sghignazzò, divertito da se stesso, - Io ci spero sempre che
scoppi mentre siamo lì, ma sa mantenere bene il controllo. -
- Non l'ho visto durante la prova. - obiettò Nemeria.
- Che importanza ha? Mina ha già preventivato che,
probabilmente, non arriverà vivo alla fine del torneo.
È andato troppo in là per poter tornare indietro.
- si massaggiò il mento, corrucciò le
sopracciglia e accarezzò la coscia di Zahra, meditabondo, -
Ammiro la sua stupidità per certi versi. Ha creduto di poter
fare soldi combattendo nell'arena e ha continuato a farlo
finché persino lui ha capito di essere a un passo dal
trasformarsi in Jin. -
- Dariush? Nell'arena? -
- Dalla tua faccia devo dedurre che non ne sapevi nulla. -
batté le mani e le strofinò le une contro le
altre, - Ebbene sì, il vostro amatissimo capo ha sempre
combattuto, da prima di conoscere quella Sha'ir. Poi si è
trovato tra le mani quel piccolo bocconcino di Altea e l'ha presa con
sé. Andava in giro a dire che non le avrebbe mai
più fatto del male, né a lei né alla
sua amica. Ah, chissà cosa penserebbe il suo vecchio se
stesso se solo scoprisse che oltre a scoparsela, la picchiava pure. Ma
d'altronde cosa ci si poteva aspettare da un contadinotto come lui? Non
poteva salvarsi da solo, figuriamoci aiutare due puttane. -
Nemeria non ci vide più. Si alzò così
tanto in fretta da far cadere la sedia e balzò sul letto. Le
sue mani ghermirono il vuoto a un pollice dal collo di Abayomi, i polsi
bloccati dalla stretta di Zahra. Benché la sua pelle fosse
caldissima, le pietre che rivestivano le braccia della Dominatrice
costituivano una corazza troppo spessa perché potesse
ferirla.
- A-ah, stavolta ci hai provato, ma ti è andata male. La
cagna Tian non ti ha insegnato che la stessa tattica non può
funzionare due volte? -
Le mise un piede sul petto e Zahra lasciò la presa nel
momento in cui Abayomi la calciò via, con una forza che
Nemeria non immaginava avesse. Cadde dal letto e sbatté la
testa contro il pavimento. Rotolò su un fianco e si
portò le mani alla testa per proteggersi. La stanza girava e
i contorni pulsavano, dilatandosi e riempiendosi a ogni battito di
ciglia.
- La tattica non è il tuo forte. -
Abayomi si inginocchiò al suo fianco. L'ombra di Zahra
incombeva su di lei dall'altra parte, le mani strette a pugno piegate e
già pronte a colpire.
- Ma non è questo il luogo per il nostro confronto. Ammetto
di preferire l'intimità della nostra piccola arena, ma qui
ci si diverte molto di più. - le prese il mento e le strinse
le guance, costringendola a una smorfia ridicola, mentre descriveva il
contorno dell'orbita col pollice, - Questi occhi mi fanno impazzire.
Gira voce che nelle tue vene scorra sangue di Jarkut'id,
però io sono certo che ci sia qualcosa di più
dietro. Il modo in cui hai usato il fuoco durante lo scontro contro
Zahra, quell'esplosione di fiamme... ho visto solo una persona nella
mia vita usare il potere in quel modo ed è la stessa che mi
ha ridotto così. -
Nell'anima si aprì una crepa e Nemeria si sentì
tremare fin nelle viscere. La sua mente si svuotò, i
pensieri smisero di respirare e le orecchie fischiarono come in apnea.
Tutto rimase immobile e sospeso finché il calore non ridusse
la paura in una nube di vapore.
- Allora? Ci ho preso? -
- No, e sai perché? - Nemeria ricambiò il suo
ghigno con il suo miglior sorriso, - Se fosse stato per me, tu a
quest'ora saresti stato solo un mucchio di cenere. -
Il ghigno sulle labbra di Abayomi divenne incerto, si
accorciò e si allungò un paio di volte prima di
esplodere in una risata sguaiata. Poi la costrinse in piedi e la
attirò a sé, così vicina che i loro
nasi quasi si potevano toccare.
- Spero di poter combattere con te domani. - sibilò euforico.
- Non ho paura di te. Né di te, né di Zahra. -
- Oh, lo so. Ma anche la bambina più cattiva con la giusta
dose di educazione capisce qual è il suo posto. -
La lasciò andare e aprì le braccia, girando su se
stesso, come per raccogliere i consensi di un pubblico invisibile. Si
appoggiò a Zahra e le soffiò qualcosa
all'orecchio che strappò anche a lei una risata.
- Brindiamo a domani e ai nostri scontri. Che la fortuna sia sempre con
noi! - si bloccò, riversò la testa all'indietro e
si passò una mano lungo il collo, - Ora, se non hai altri
affari da proporre, direi che te ne puoi andare. Qualcuno potrebbe
interpretare male la tua permanenza qui. La tua amica... non vorrei mai
fraintendesse i nostri rapporti. -
A Nemeria saltò in mente una parola. Arsalan la ripeteva
spesso quando gli affari andavano male e l'aveva sentita sussurrare da
sua madre, salvo poi rimangiarsela e correggersi subito. Il calore
diminuì e questa prese forma nella sua naturale nitidezza.
- Fottiti. - scandì e alzò il dito medio, prima
di aprire la porta e uscire a grandi passi.
Quando tornò in camera, Noriko era stesa sul letto a leggere
il suo libro. Quando Nemeria rientrò, abbassò il
tomo – "L'arte della calligrafia", lo stesso dell'altra volta
– e dopo un lieve cenno di saluto lo ritirò su.
- Alla fine gliel'hai data. - esordì neutra.
Nemeria prese il chitone dall'armadio, si cambiò e si
buttò sul letto. Si sentiva accaldata, quasi febbricitante,
e l'eccitazione si mescolava alle braci non ancora spente della rabbia.
- Non avresti dovuto farlo. Adesso sarà ancora
più difficile controllarti. -
- È stato necessario e mia sorella... mia sorella avrebbe
fatto la stessa cosa. -
Noriko sospirò, si bagnò il pollice con la lingua
e girò pagina.
- Almeno hai ottenuto ciò che volevi? -
- Sì. Sapere che fine hanno fatto gli altri membri della
nostra famiglia. Non riuscivo a dormire la notte pensando che poteva
esser successo loro qualcosa. -
- Ti eri molto affezionata a loro. -
- Sì. - socchiuse le palpebre e abbandonò il
dorso della mano sulla fronte, - So che per te non era lo stesso, ma
per me era importante. -
- Ti senti meglio, ora? -
Già, come si sentiva? Era successo così tanto e
così in fretta che non aveva avuto tempo di indagare su cosa
provasse. Passò le dita sul collare, sulle placche
d'oricalco calde. Non si era resa conto fino a quel momento di quanto
la pietra di luna attenuasse le sue emozioni. Ora, l'unica cosa
rimasta, era quella striscia di cuoio rinforzato.
- Credo di sì. Però è difficile
capire. -
Noriko annuì come se già avesse intuito la
risposta e appoggiò il libro contro la coscia piegata.
- Pensi di potermi dare delle spiegazioni? -
Nemeria aveva preso la sua decisione. La ponderò ancora nel
breve lasso di tempo che ci mise per mettersi a sedere, ma si rese
conto che l'unica cosa che desiderava era eliminare il disagio che
c'era tra di loro.
- Ti ricordi quando sono andata all'arena a vedere il circo? -
- Sì. -
- Lì ho incontrato una mia vecchia parente. Si chiama Pavona
ed è una Dominatrice della terra molto brava. È
stata lei a venire a trovarmi tutte queste sere per spiegarmi come
controllarmi. -
- E come avrebbe fatto a entrare qui? Sai che solo i Syad e i lanisti
sono ammessi. -
Lo scetticismo nella sua voce la infastidì, ma Nemeria si
sforzò di non darlo a vedere. Distese le gambe, le
tirò su e le allungò di nuovo, incapace di stare
ferma.
- Che tu ci creda o meno, lei è capace sia di dominare la
terra che l'aria. L'aria non benissimo, eh, però riesce a
prendere il possesso del corpo di un corvo e a comunicare
telepaticamente con me. -
Noriko poggiò il libro sul comodino con una lentezza
controllata, si sedette e si protese verso di lei.
- Significa che è come te, dunque. -
- Sì. -
- Deve essere una cosa di famiglia. -
Nemeria assentì con un mesto sorriso: non poteva immaginare
quanto fosse vera quell'ultima affermazione.
Noriko non sembrava sorpresa. Non sembrava nulla, in effetti.
"Forse si è abituata alle stranezze."
- C'è altro che vuoi dirmi? -
- Sì, ma è complicato da spiegare e non so se mi
crederesti. -
- Mettimi alla prova. -
Nemeria si mordicchiò le labbra e volse lo sguardo in alto.
Se i pensieri fossero stati bolle, ora starebbero fluttuando a qualche
pollice dal soffitto.
- Mi piacerebbe parlartene dopo il torneo. È davvero
complicato. Cioè, non lo è, ma io non so come
spiegarlo senza farlo sembrare assurdo. -
Noriko abbozzò un sorriso, il primo da quando la prova era
terminata.
- Cosa ti ha fatto cambiare idea? -
- L'hai detto anche tu. - si tirò su a sedere e chiuse le
proprie gambe attorno a quelle della sua compagna, - Le altre sono
importanti, lo siete tutte per me. Però tu mi sei sempre
stata vicino. Mi hai sostenuta, mi hai supportata e sopportata, anche
quando non facevo altro che piangermi addosso. -
Era così semplice parlare, come non lo era mai stato. A
Nemeria bastava chinarsi per raccogliere i pensieri e porgerli a
Noriko. Erano sempre stati lì, come fiori sbocciati e mai
seccati.
- Quindi grazie. Grazie per esserci stata fin dall'inizio. -
Fece passare le braccia sotto le ascelle e la acchiappò in
un abbraccio soffocante, nascondendo il viso tra la spalla e il collo.
Il sorriso le si formò spontaneo sulle sue labbra quando
Noriko sussultò e si irrigidì.
- Ti voglio bene. Sei la mia migliore amica. - le sussurrò e
la strinse ancora di più.
- Nemeria... -
I polpastrelli sfiorarono le spalle, le mani si aprirono impacciate, si
appoggiarono sulla schiena e sospinsero Nemeria contro il suo petto.
Con solo il chitone addosso, il suo calore, il calore di Noriko,
filtrava attraverso la stoffa, la avvolgeva e le accarezzava il cuore.
- Ti prometto che dopo il torneo ti racconterò tutto. -
- Va bene, aspetterò. L'ho fatto finora, qualche giorno in
più non mi ucciderà. -
Scoppiarono entrambe a ridere. Noriko poi le prese il viso tra le mani
e appoggiò la fronte contro la sua, fissandola da dietro le
ciglia, le palpebre socchiuse. Nemeria non l'aveva mai sentita
così vicina, così presente. Era come se la
barriera che le aveva sempre tenute divise fosse improvvisamente
crollata.
- Promettimi che starai attenta durante il torneo. Ci saranno anche i
membri del Consorzio e se scoprissero quanto sei speciale, ti
porterebbero via in un luogo da cui non puoi fuggire. - si morse le
labbra e inspirò l'aria del suo respiro, - Da cui io non
posso salvarti. -
Nemeria le prese le mani e le raccolse tra le sue. Racchiuse in quel
modo, le sue erano la corolla e quelle di Noriko gli stami di un fiore
nel chiarore dell'albeggio. E l'irritazione che le faceva formicolare
le dita non era abbastanza per deturpare quell'incastro perfetto.
- Se lo prometto, la smetterai di preoccuparti per me? -
- Non lo so... non puoi chiedere a uno scorpione di non pungere. -
Roteò gli occhi al cielo e scosse la testa.
Relegò sotto quel calore il sospetto che Abayomi avesse
intuito qualcosa di lei
- Non mi farò scoprire. L'ho promesso anche a Pavona che
sarei sopravvissuta. -
Noriko assentì. Lentamente, ritirò le mani e si
distese sul letto, braccio sotto la nuca.
- A proposito, hai riportato le bacche tanu a Nande? -
- No, perché? -
Nemeria ebbe come una folgorazione. Saltò giù e
guardò sotto il letto: il sacchetto era sparito.
- Avevi intenzione di usarle? -
- No, ma Nande mi aveva detto di ridargliele se non le avessi usate. -
Noriko sospirò e la prese sottobraccio: - Adesso non ci
pensare. Domani abbiamo il torneo, che è la cosa
più importante per riavere la palla di pelo. Se poi Nande ti
farà domande, le dirai che le hai date a me. -
- Ma non è vero. -
- Preferisci dirle che le hai perse? -
Nemeria sospirò e si infilò sotto le coperte.
Forse non era niente di che, ma sapere che qualcuno si era appropriato
di quelle bacche la faceva sentire inquieta. Chiuse forte gli occhi e
scosse la testa. Batuffolo. Doveva pensare solo a Batuffolo.
- Buonanotte. - le augurò Noriko.
Nemeria strinse il lenzuolo a pugno contro il petto.
- Sogni d'oro. -
Prima di scivolare nell'incoscienza, la sua mente le rimandò
il ricordo tattile del caracal appoggiato contro il suo fianco. E per
un momento fu come se non glielo avessero mai portato via.
La mattina, con grande sorpresa di Nemeria, non fu Noriko a svegliarla.
Un bussare insistente anticipò le mosse della sua compagna e
indirizzarono i suoi passi verso la porta.
- Adunata prima del torneo. Fare colazione e poi andare al campo prova.
- tartagliò Ozgur.
La velocità con cui aveva biascicato le parole tradiva
l'agitazione nella sua voce.
- Abbiamo tempo di fare colazione? -
- Sì. Tutti fare colazione, ma fretta. Poi tutti
lì, come aghà Koosha ordinare. -
- Ho capito. -
Nemeria tentò di alzarsi, ma Noriko chiuse la porta prima
che riuscisse a raddrizzare le ginocchia.
- Ti ho messo la kandys meno stropicciata sul mio letto. -
Il "sì" venne inghiottito da uno sbadiglio. Nemeria si
stropicciò gli occhi finché i pallini multicolori
non svanirono e le parve di avere di nuovo la testa attaccata al collo.
Rimase immobile, con le braccia distese sopra la testa e il lino teso
sui gomiti. Era stano on sentire più il tonfo sordo della
pietra di luna tra le clavicole. Si liberò dalla tunica, la
buttò a terra e colta dal panico fece saettare lo sguardo
per la stanza. Poi il ricordo della sera precedente le si
profilò davanti agli occhi.
- A che pensi? -
Non le servì girarsi per sapere che Noriko si era seduta sul
letto e si stava pettinando i capelli, con la testa inclinata nella sua
direzione.
- A niente. - rispose.
- Nemmeno alla palla di pelo? -
Nemeria scrollò le spalle e strinse il nodo della cintura
sulla vita. Percepiva il suo corpo, le fibre di ogni singolo muscolo,
il battito calmo del proprio cuore, il calore pulsante del potere di
Agni.
- Penso solo che non ho paura. -
Quando lo disse, si rese conto che era vero: anche senza la pietra di
luna, era in grado di camminare da sola. E anche se faceva male sapere
di poterne fare a meno, non si pentiva di essersene separata. L'assenza
della sua confortante presenza non era altro che un'ombra che oscurava
appena l'orgoglio che le colmava il petto.
- Non credo di essermi mai sentita così. -
- Così come? -
- Fiera di me stessa. - si chinò e si allacciò le
calige, - Almeno, non mi sono mai sentita così tanto fiera
di me. Anche se la rivoglio, non ho rimorsi per quello che ho fatto. -
Le venne spontaneo ripensare a sua sorella e sorrise quando le parve di
sentire la sua mano posarsi sulla spalla.
- Se vincerò, dedicherò la vittoria a entrambe le
mie famiglie. - sancì e più quell'idea metteva
radici nella sua mente più il calore nel petto aumentava, -
Sì, se riuscirò ad arrivare alla fine, voglio che
sappiano quanto siano stati importanti per me. E quando
potrò uscire dalla Scuola, brucerò gli incensi
nel deserto e poi andrò a cercare Altea, Hirad, Kimiya e
tutti gli altri per ringraziarli. -
Noriko sorrise, si alzò e le batté una pacca
sulla spalla.
- Andiamo. -
Scesero le scale e andarono a fare colazione, che quella mattina
consisteva in una zuppa d'avena a base di latte e frutta a pezzi.
Ahhotep la mangiò lentamente, fiocco per fiocco, mentre
Durga era già a metà quando presero posto. Con
sollievo e fastidio assieme, Noriko constatò che il tavolo
in fondo al refettorio, quello dove di solito sedevano Abayomi e Zahra,
era vuoto.
- Non so il perché di questa variazione, ma lo apprezzo
davvero molto. - commentò con le labbra cerchiate d'un alone
bianco.
- Anche io. È davvero buona. - concordò Nemeria.
Nonostante avesse lo stomaco sottosopra per l'agitazione, il sapore
dolce della pesca la metteva di buon umore, anzi le sembrava che avesse
un gusto più zuccherino del solito.
- Forse è perché oggi comincia il torneo e questo
è un incentivo per dare il meglio. - suggerì
Durga.
- O forse non avevano voglia di buttare la frutta e hanno deciso di
darla a noi. -
- 'Tep! -
- Era solo un'ipotesi. -
Durga le scoccò un'occhiata risentita e tornò a
raspare il fondo della scodella. Ahhotep ingoiò un altro
paio di cucchiaiate e poi le porse la propria razione.
- Ma non ne hai nemmeno mangiata metà... - il broncio si
asciugò in un'espressione preoccupata, - Non ti senti bene?
Non ti piace? -
La ragazza fece spallucce e si pulì le labbra tamponandole
col tovagliolo.
- La tensione mi ha chiuso lo stomaco. -
- Ma sei sicura? Tu mangi sempre così poco... -
- Tranquilla, sto bene. - le accarezzò la spalla e gliela
strinse per rassicurarla, - Ora muoviti a mangiare. Non voglio essere
l'ultima ad arrivare. -
Durga non se lo fece ripetere e, dopo le prime cucchiaiate, Ahhotep
parve rilassarsi. Diresse lo sguardo oltre le spalle di Noriko,
deviando la sua attenzione sulla sua compagna solo di tanto in tanto,
come se al tavolo ci fossero solo loro due.
Nemeria inspirò profondamente e, ignorando il prurito alle
mani, continuò a mangiare finché non rimasero
altro che i grumi lattiginosi sul fondo della scodella. Senza la pietra
di luna, sopportare quell'atteggiamento di evidente noncuranza metteva
a dura prova la sua pazienza.
Al campo centrale, oltre ai Syad e alle guardie, erano presenti i
diversi lanisti e Koosha. Attesero l'arrivo degli ultimi partecipanti.
Poi le due bambine della volta precedente avanzarono di un paio di
passi e fecero l'appello. Soltanto quando ebbero spuntato anche
l'ultimo nome, due servi portarono davanti a Koosha un carrello con un
vaso con una testa di toro appoggiato sopra, di un bronzo
così lucido da sembrare oro ossidato.
- Miei gladiatori, oggi è il vostro giorno. Ancora mi
sorprendo di vedere così tante facce qui, dinanzi a me,
sotto il sole di Ahurmazd Heydar. Ma d'altronde i vostri padroni mi
avevano accennato che quest'anno c'erano molti diamanti grezzi tra di
voi. - sorrise e l'occhio parve sprofondare ancor di più
nella pelle grinzosa, - La prima parte del torneo si
svolgerà a porte chiuse e solo gli ultimi scontri saranno
ospitati nell'arena principale, dove chiunque potrà vedervi:
uomini, donne, bambini, ricchi e poveri. -
Un mormorio di sorpresa si diffuse tra i partecipanti. Noriko non si
scompose, mentre Nemeria sentì il sudore inumidirle i palmi
delle mani. Quando occhieggiò in direzione di Tyrron e vide
il suo mezzo sorriso soddisfatto, l'emozione le accelerò
ancor di più i battiti, così tanto che le parve
che il rimbombo che sentiva nelle orecchie fosse causato soprattutto
dall'impatto tra il cuore e lo sterno.
- Non è la prima volta che viene presa una decisione simile,
ma era da veramente molti anni che non vedevo così tanti
candidati. - Koosha incrociò le braccia dietro la schiena e
si abbandonò a una risata che risuonò come un
gorgoglio raschiante, - Ed è proprio per questo che ho
deciso che stavolta sarà la sorte a decidere le prime
coppie. Adhara estrarrà i nomi dei primi sedici scontri e
Khalida li segnerà sul tabellone alle mie spalle.
Dopodiché, non perderemo tempo e apriremo le danze. -
Koosha indietreggiò fino a trovarsi a solo qualche passo dai
lanisti, che, senza che lui dicesse nulla, si aprirono per fargli
spazio. Adhara, la ragazza più bassa, si avvicinò
alla testa di toro ed estrasse i primi due nomi.
- Noriko e Sadegh. -
Nemeria si guardò attorno alla ricerca dell'avversario della
sua amica. Captò un movimento dietro un gruppetto compatto,
un fremito d'agitazione che elettrizzò l'aria e si
scaricò subito. Mentre Khalida segnava i nomi sul tabellone,
Adhara stava già estraendo altre due tavolette d'argilla.
- Ahhotep e Lamya. -
La ragazza nominata sussultò, ma poi tirò su il
mento. Le labbra le tremavano e teneva entrambi i pugni stretti al
petto. Era più alta della norma, con le ginocchia
impolverate e la macchia che le oscurava metà del viso,
più che una bruciatura, sembrava fango e cenere incrostati.
Quando si volse verso Nemeria, la studiò per un po', poi si
spostò di lato e si mise a confabulare con una Sha'ir
dell'età di Noriko.
Chiamarono tanti altri nomi, tutti di ragazzi che non conosceva o i cui
volti aveva scorto soltanto. Durga finì in coppia contro un
bambino, che sarebbe stato la copia sputata di Ozgur se non avesse
avuto i capelli biondi e le braccia segnate da cicatrici simmetriche.
Quasi inciampò quando uno Sha'ir gli diede una spinta per
passare. Ancor prima che Adhara ne pronunciasse il nome, Nemeria
l'aveva già riconosciuto.
- Dariush e Nemeria. -
Gelo. Noriko si mise al suo fianco e Durga le si piazzò
davanti, il braccio aperto come per esortarla a stare indietro. Non era
cambiato affatto: si era irrobustito e sfoggiava una barba curata che
cresceva a zolle sul mento e attorno alle labbra.
- Così anche tu sei qui. - sibilò Dariush,
assottigliò lo sguardo, sputò a terra e
schiacciò la macchia di saliva col piede, - Una Dominatrice
del fuoco. Continui a essere una spiacevole sorpresa sotto ogni punto
di vista. -
- Ciao, Dariush. Chi non muore si rivede. -
Lo Sha'ir contrasse la mandibola e avanzò di un altro passo.
Nemeria si sentì infiammare da quello sguardo. Il calore
all'altezza del petto crebbe, bruciò parte dell'ossigeno che
aveva nei polmoni e si riversò nelle mani strette a pugno.
Il fuoco di Agni si innalzò in una vampata di scintille
sfrigolanti.
- Nemeria, calma. -
Durga alzò la guardia e Dariush si bloccò prima
di avvicinarsi ancora. Aprì e chiuse le dita un paio di
volte e le giunture scrocchiarono una a una.
- Abbiamo un conto in sospeso noi due. -
- I disegni di Hirad e tutte le volte che hai fatto del male ad Altea
sono più di uno. -
Nemeria spostò Durga e azzerò la distanza tra
loro due.
- Voi due. -
Sayuri avanzò a grandi falcate e si frappose tra di loro,
una mano sulla spalla di Nemeria e una su quella di Dariush. Roshanai,
Reza e un nutrito gruppo di guardie l'avevano seguita, ma l'unica che
si era fatta avanti era lei.
- Le regole della Scuola valgono ancora. Mantenete il controllo. -
- Noto che gli animi si sono già scaldati. -
I ragazzi si spostarono e Koosha si fece avanti fino a loro. Si
strofinò le mani, spostando lo sguardo da Dariush a Nemeria.
- Perché mai gettare acqua sul fuoco? Facciamo combattere
prima loro. -
Zittì Adhara con un gesto della mano prima che potesse
parlare e poi si rivolse a una delle guardie.
- Scortate i contendenti all'arena. Syad, voi occupatevi degli altri
ragazzi: non deve mancare nessuno, chiaro? -
Sayuri chinò il capo. Nemeria sperò in un'azione
sconsiderata di Dariush quando tolse a entrambi la mano dalla spalla,
ma lui si limitò a continuare a scrutarla mentre si
allontanava, le palpebre assottigliate unici spiragli sulla sua rabbia.
- Reza, valle a prendere l'arma. -
Il Syad annuì e marciò fino all'armeria, tornando
qualche minuto dopo con la shamshir. Non appena Nemeria se l'ebbe
legata alla vita, le guardie si misero in formazione attorno a lei e a
Dariush. A un cenno del loro capo, cominciarono ad avanzare. Li
scortarono su per le scale fino al terzo piano, oltrepassarono la
biblioteca e arrivarono davanti a un corridoio sorvegliato da altri due
soldati. Non appena li videro, si spostarono per permettere loro di
passare. Il tempo che ci misero per scendere le altre rampe di scale
parve dilatarsi all'infinito, in un'attesa che non fece altro che
logorarle i nervi. Quando riemersero all'aperto, lo scoppiettare del
fuoco nelle orecchie si affievolì, smorzato dalla sorpresa.
L'altra ala della scuola, almeno il cortile, era costeggiato da un
lungo porticato di colonne bianche. Non c'era nessun campo centrale,
manichini o gladiatori intenti ad allenarsi; solo un prato simile a una
sterpaglia, dove le uniche punte di colore erano rappresentate da
sparuti e solitari ciuffi verde stinto. L'arena sul fondo dominava
tutto l'ambiente come un re in panciolle sul proprio trono. Era una
riproduzione identica ma meno sfarzosa di quella che Nemeria aveva
visto nel Quartiere della Bestia, con le statue degli dei che
sembravano protendersi verso il cielo.
- Scortate lo sfidante all'altro ingresso. Tu, prendi il comando. -
ordinò il capo.
Quando la scorta di Dariush si fu ricompattata attorno a lui, le
guardie che erano rimaste con Nemeria passarono oltre l'arco
d'ingresso. Percorsero un breve corridoio che alla fine si apriva in
una stanza spoglia. L'umidità aveva scolorito gli affreschi
alle pareti, ma gli alberi da frutto e la ghirlanda di Gemme del
Firmamento in stucco che ne adornavano gli angoli erano così
minuziosi da sembrare veri. Sulla sinistra c'era un cancello con
affisso un cartello di creta, con su scritto "pubblico", mentre sulla
destra ve n'era un altro sul cui stipite era stato inciso "gladiatori".
La guardia lo aprì e Nemeria marciò lungo un
corridoio, anch'esso spoglio se non per gli scudi d'oricalco sbalzato
su cui capeggiava il profilo di uomini, donne o bestie. Sotto ognuno,
c'era una targhetta con il nome del precedente proprietario. Nonostante
l'aria fresca, l'ambiente era opprimente e Nemeria si sentiva quasi
soffocare. Tirò il collare e lo mosse a destra e a sinistra
come se lo volesse allentare, ma più ci provava,
più aveva la sensazione che il cuoio si stesse stringendo.
Soltanto quando la guardia aprì il cancello che la separava
dall'arena vera e propria, i polmoni tornarono a incamerare ossigeno e
le fiamme si rinfocolarono.
Non si accorse di essere rimasta sola finché non
udì, in un suono attutito e distante, i passi dei soldati
allontanarsi. Rimase piegata sulle ginocchia a respirare. Con la coda
dell'occhio riusciva a captare dei movimenti sugli spalti, scorci di
tuniche e teste che si spostavano e si sedevano dove i Syad e le
guardie indicavano. Avrebbe voluto cercare le sue amiche, ma sentiva la
testa ancora troppo pesante e la sua linea visiva era limitata a
quell'ellisse sabbiosa, punteggiata da grossi massi di pietra nera
sparsi come ciliegie su una torta.
Fu il suono prolungato del corno a suggerirle di raddrizzarsi: Dariush
era al centro del campo e Nemeria decise di raggiungerlo.
Koosha e i lanisti sedevano in quello che, se fosse stata l'arena
ufficiale, sarebbe stato il palco riservato al governatore e alla sua
famiglia. Tyrron aveva preso posto di fianco al direttore, con le gambe
larghe e il bacino scivolato in avanti, il gomito appoggiato sul
bracciolo e la mano sulla bocca. Da quella distanza, Nemeria non
avrebbe saputo dire se fosse preoccupato o semplicemente concentrato.
Koosha si alzò e avanzò con passo malfermo fino
alla balaustra.
- Che lo scontro abbia inizio! - dichiarò.
Dariush scrollò le spalle e agitò le mani. La
pelle si disfece e si staccò in un turbinio di cenere,
mettendo in mostra l'armatura di roccia rossa, una lastra uniforme
picchiettata di bianco e ruggine. Nemeria fece appena in tempo a
sguainare la shamshir.
Dariush la caricò a testa bassa. Nemeria schivò
il primo pugno, balzò indietro al secondo e
guadagnò una posizione di sicurezza dopo il terzo.
Le vedeva. Non era in grado di deviarle o di contrattaccare senza
rischiare che le rompesse qualche osso, ma riusciva a vedere le
traiettorie dei suoi colpi.
- Cos'è, hai paura? - Dariush aprì le braccia e
la provocò, - Da quando quella stupida ti ha portato nella
mia tana, niente è andato nel verso giusto. Se tu non ci
fossi stata, adesso saremmo ancora liberi! -
Scattò verso di lei. Nemeria si abbassò sulle
ginocchia, roteò su se stessa e sferrò un colpo
veloce e stretto, aumentando la potenza del colpo con una brusca
rotazione del torso. Dariush vacillò, un ginocchio quasi
cedette e l'altra gamba si piegò sotto il suo peso. Si
voltò, menando un colpo alla cieca che parve fendere l'aria
come un martello da guerra. Nemeria si spinse via e
indietreggiò finché non fu fuori dalla sua
portata. Il taglio obliquo che gli aveva aperto la tunica e la pelle le
causò un brivido d'eccitazione nei lombi.
- Ti avrei dovuto ammazzare prima. -
Digrignò i denti e l'attaccò di nuovo. Destro,
sinistro, destro, destro, sinistro. Un susseguirsi di pugni che le
toglievano il fiato a ogni schivata. Dariush era potente, ma i suoi
colpi erano meno veloci sia di quelli di Durga sia di quelli di
Roshanai. A ogni colpo mancato, l'espressione sul suo volto diventava
sempre più feroce, più cattiva.
- È tutta colpa tua. È solo e soltanto colpa tua!
- ringhiò Dariush.
Una roccia le volò addosso. Nemeria si buttò a
terra, fece una capriola e si rimise in piedi. Non fece in tempo a
raddrizzarsi che Dariush gliene scaraventò un'altra contro
con così tanta forza da conficcarla nel muro.
- Altea si è allontanata da me per colpa tua! Hirad si
è ribellato per colpa tua!- le puntò il dito
addosso, gli occhi neri come pasta vitrea, - Tu sei stata la causa
della nostra rovina. Avrei dovuto lasciarti a morire in quella
squallida arena come ti meritavi! -
Nemeria fece una piroetta prima che la roccia la colpisse. Dagli
spalti, il basso rumoreggiare si era tramutato in un tifo scandito dal
battere di piedi e mani, voci amalgamate in un coro discordante e
sincopato.
- Io non ho fatto niente! - si difese, - Tu hai allontanato Altea da
te, tu hai fatto soffrire Hirad, tu ti sei fatto odiare
perché non avevi il controllo di te stesso! -
La roccia che stava per sollevare ricadde a terra in un tonfo e Dariush
parve calmarsi. Si fermò a fissarsi le mani, con gli occhi
che ondeggiavano dall'una all'altra come se non le riconoscesse.
- Io... io ho tutto sotto controllo. -
Nemeria scosse la testa, ma lui si prese il viso tra le mani e si
graffiò le guance. La pietra stridette contro altra pietra,
mentre la pelle cadeva in un pulviscolo grigio. Il pubblico
sussultò e l'aria divenne più pesante del piombo.
- Dariush, no. Devi fermarti. Devi... -
- Non dirmi che cosa devo fare, puttana! -
L'urlo si tramutò in un gemito sofferente. Dariush cadde in
ginocchio, afferrò le ciocche di capelli e le
strappò con frenesia, mentre il suo corpo si ingrossava,
spaccando la stoffa e il cuoio. Qualcuno gridò quando il
collare saltò via.
- Nemeria, vattene! Allontanati! -
Non sapeva chi avesse parlato, ma non si soffermò troppo a
pensarci. Diede le spalle a Dariush e cominciò a correre
verso il cancello da cui era venuta. La sabbia la rallentava,
intralciava i suoi passi imponendole un'andatura meno spedita di quella
che avrebbe voluto avere. Non era che a metà del campo
quando cadde. Provò a rimettersi in piedi, ma era come
essere finita nelle sabbie mobili e più si dimenava,
più il terreno si allargava sotto il suo corpo, un'onda di
granelli compatta come una frana.
- Mia... ora sei mia. -
L'essere che avanzava verso di lei non poteva essere Dariush, ma per
quanto Nemeria negasse non c'era altra soluzione. Lo osservò
terrorizzata mentre avanzava pesantemente: un Jin grosso tre volte un
uomo adulto, il viso schiacciato, levigato come una roccia di fiume, e
il braccio sinistro appesantito da squame di roccia che fuoriuscivano
dalla spalla come una catena montuosa. Una luce di un verde malato si
spandeva poco sotto quello che prima doveva essere l'ombelico.
Nemeria tentò di alzare le braccia, ma una corda di granelli
compatti le intrappolò sotto la sabbia. Quando
l'afferrò alla gola, l'ombra di Dariush oscurò il
sole. Gli occhi erano feritoie nere, senza null'altro se non i puntini
colorati che sfarfallavano nella vista di Nemeria.
"Non voglio morire!"
Aveva la pelle incandescente e il potere strabordava dalle mani, ma
lì sotto non c'era abbastanza aria perché le
fiamme divampassero. Lo scoppio delle scintille era uno schiocco
fievole nelle sue orecchie.
- Perisci, piccolo fuoco. -
La presa attorno al suo collo divenne un nodo scorsoio che le
strappò il fiato. Nemeria infilò le dita sotto le
corde, puntellò i gomiti a terra e tirò con
quanta più forza poté, con le lacrime che le
bruciavano gli occhi e la bocca spalancata in un grido muto.
Una lancia trafisse Dariush al fianco. Il ruggito di rabbia si
affievolì in un rantolio. La lama di una shamshir gli
tagliò il retro del ginocchio e lui cadde a terra. Le corde
si dissolsero in una frastagliata linea di granelli d'oro. Nemeria
tossì e si massaggiò la gola, annaspando in cerca
d'aria. Oltre la tempesta di macchie davanti allo sguardo, la punta di
una lancia sbucò dal petto di Dariush, schizzandole i piedi
di sangue bianco e appiccicoso come resina.
- Prendetela e portatela via. -
L'ombra di Sayuri precedette la sua figura. Si avvicinò con
una mano protesa in avanti e un vento che le gonfiava la tunica, lo
stesso che aveva formato il muro contro cui si schiantavano i pugni di
Dariush. Mina era al suo fianco e si teneva il lembo del mantello
frangiato avvolto sul polso.
- Aghà Mina, non credo di poter fare nulla per lui, ormai. -
Un soldato prese Nemeria sotto le ascelle e l'aiutò a
rimettersi in piedi. Aveva un accenno di barba attorno alle labbra e le
ciglia lunghe e femminili. Il sorriso d'incoraggiamento che le rivolse
non bastò a calmare i battiti impazziti del cuore.
- Ah, se lo avessi saputo prima che si sarebbe trasformato
così presto, avrei risparmiato un bel po' di shekel. - Mina
studiò il Jin e storse le labbra in una smorfia, -
È una disgustosa perdita di tempo. Toglietemelo dalla vista.
-
Sayuri assentì. Un'altra guardia, sopraggiunta
chissà quando, andò alle spalle del Jin e
sguainò una daga corta. Nemeria cercò di guardare
altrove, ma il suo sguardo rimase incollato alla forma di Dariush in
ginocchio.
- Sopprimetelo. -
Una lacrima le si impigliò tra le ciglia. Quando il soldato
lo sgozzò, Nemeria gridò.