23
Sfida contro se stessi
Il corpo Dariush venne
portato via subito. Lo pungolarono con ferri roventi per accertarsi che
fosse morto, poi lo caricarono su un carro e uscirono dallo stesso
ingresso da cui, nemmeno un'ora prima, era entrato.
Nemeria lo seguì con lo sguardo dalle gradinate con la mente
svuotata da ogni pensiero. Quelle mani gigantesche e quella testa
innaturalmente piccola e squadrata non poteva essere appartenuta a un
uomo. Non c'era più alcuna somiglianza tra il ragazzo e
quella specie di mostro, eppure Nemeria, mentre il carro sfilava, vide
Dariush, lo sha'ir, disteso sulla paglia. Se non gli avessero
incrociato le braccia sul petto, avrebbe potuto credere che stesse
dormendo, che il sangue che affossava la sabbia fosse latte. Avrebbe
potuto credere che era stato soltanto un incubo.
- Come ti senti? - le chiese Durga.
Nemeria sospirò e si passò una mano sulla fronte.
Anche se sentiva l'impulso di piangere, i suoi occhi erano asciutti,
aridi come la cortina di sabbia che le era finita nei polmoni e
bruciava più dei segni sul collo.
- Non credevo che avrebbe perso il controllo. Speravo... - si
interruppe, deglutì e si coprì la bocca con una
mano, - Non meritava di fare quella fine. -
Durga concordò e tornò a guardare oltre la
balaustra. Le linee lasciate dal carro svanirono rapidamente, disfatte
dalle impronte dell'altra coppia di gladiatori, la prima che avrebbe
dovuto gareggiare.
- Sayuri lo dice sempre: questa è la fine che attende quelli
come noi. Per Dariush è arrivata prima del tempo, ma
è il destino dei Dominatori. -
Nemeria aveva la gola secca. Durga aveva già provveduto a
far portare l'absaiyah da uno degli schiavi che giravano per le
gradinate, ma non avvertì il bisogno di bere
finché l'odore di aceto non le solleticò le
narici.
- Mi dispiace per quello che è successo. Deve essere stato
orribile per te. -
Nemeria fissò in silenzio i due nuovi combattenti. Lo
scambio di colpi si susseguiva frenetico, con Noriko che bloccava e
respingeva ogni assalto del suo avversario. La grazia con cui muoveva
il tessen, il ventaglio da guerra, sottolineava
ancora di più la goffaggine di Sadegh e della sua lancia.
Non ricevendo risposta, Durga continuò a cianciare, come se
così avesse potuto indurla ad aprirsi. Nemeria
però non aveva voglia di parlare. La sensazione di
smarrimento, dolorosa più d'una ferita purulenta, era
l'unica cosa che provava. Lasciò che le parole dell'amica si
affastellassero l'una dietro l'altra, che si sedimentassero riempiendo
i vuoti della sua mente con immagini incolori e concetti privi di
senso. Dopo un po' quel brusio tacque e nelle orecchie di Nemeria non
rimase altro che lo scoppiettare lontano del fuoco.
- Tu. -
Nemeria si girò e incontrò gli occhi di Ahhotep.
Tra loro c'era una distanza di un mezzo braccio, abbastanza per dare
un'idea di confidenza. Durga si era spostata chissà dove.
- Che cosa vuoi? -
- Parlare. -
- Non ne ho voglia. - ringhiò.
Un brivido accapponò la pelle di Ahhotep e Nemeria
pensò che se ne sarebbe andata. Invece la ragazza rimase
lì, con i pugni chiusi e le spalle rigide.
- Adesso capisci perché non voglio che tu faccia amicizia
con Durga? Lei si è davvero affezionata a te e ne
soffrirebbe molto se tu ti trasformassi in Jin. L'hai visto anche tu
quanto è brutta la soppressione. -
- Anche tu lo sai, eppure non mi sembra che ti sia allontanata. -
- Perché lei ha bisogno di me. -
"Perché pensi che di me non abbia bisogno?!"
Si prese la testa tra le mani e appoggiò la fronte sulle
ginocchia, schiena alla gradinata. Il contatto della sua pelle calda
contro la pietra fredda la raggelò.
- Anche se mi odi, mi dispiace per quello che ti è successo.
So cosa significa perdere qualcuno in questo modo. - aggiunse Ahhotep.
Nemeria tornò a osservare lo scontro. Sadegh era riuscito a
farsi largo nella difesa di Noriko, anche se l'impressione era
più che fosse lei a permettergli di metterla in
difficoltà.
- Da come ti sei sempre comportata, sembrava fossi tu a odiare me. -
sospirò dopo un po'.
- È vero. Le persone ingenue come te le trovo
insopportabili. -
- Però mi temi. - dichiarò, poi
ridacchiò, - Non capisco nemmeno perché stiamo
parlando. -
Ahhotep scrollò una spalla. Si era spostata un paio di
pollici in là, alla giusta distanza per mantenere una
parvenza di familiarità e per concederle al contempo di
allontanarsi al primo segno di pericolo.
- Me lo ha chiesto Durga. -
- Ed è stata lei a chiederti di dirmi di starle lontana? -
- Sai già qual è la risposta. -
Nemeria strozzò una parolaccia tra i denti e si
alzò bruscamente. Si sentiva le gambe anchilosate e i nervi
fin troppo recettivi. Ahhotep schizzò più in
là come un gatto in presenza di un cane randagio.
- Non... non si può uscire dall'arena. -
l'avvertì, ma Nemeria la ignorò.
Prese il bicchiere con l'absayah rimasta, scese giù dalle
gradinate e imboccò le scale di accesso al pubblico. Era un
corridoio più ampio, dove erano state dipinte scene di
combattimento tra gladiatori e tra gladiatori e bestie. A
metà, una porta si apriva verso l'interno. Nemeria la
imboccò subito.
La accolse una stanza semicircolare, con due file di sedili di pietra
lungo entrambe le pareti e un sottile canale dove scorreva l'acqua.
L'aria che filtrava attraverso i fori tra muro e soffitto si
raffreddava a contatto con quella che aleggiava all'interno, ma
né quella, né la lavanda, né l'acqua
profumata che zampillava dalle fontane era sufficiente a scacciare la
puzza di escrementi.
Nemeria vomitò la colazione. Bevve ancora e il suo stomaco
rigurgitò quell'acqua sporca in una brodaglia acida e
rivoltante. Se avesse potuto, avrebbe sputato anche il cuore e tutti
gli organi che le galleggiavano in corpo. Invece riuscì
appena ad appoggiare la testa al muro, con un filo di saliva che le
penzolava come una tela di ragno spezzata dalle labbra. Attese
finché i crampi allo stomaco non cessarono e poi si
lasciò cadere su uno di quei sedili, abbracciando le
ginocchia al petto. Singhiozzò così forte che le
parve che il respiro le dilaniasse la gola, stringendo le palpebre per
trattenere lacrime che non aveva.
Rimase rannicchiata lì per così tanto che alla
fine non si sentì più le gambe e le braccia.
Quando la porta si aprì e Senan entrò, non ci
fece caso. Da dietro le ciglia vedeva solo una figura indefinita.
Riacquistò un minimo di contorno quando prese la spugna
dalla cesta affissa sulla parete in fondo e la immerse nella vasca
davanti a Nemeria.
Senan puntò lo sguardo su di lei. Le pitture da guerra,
tracciate con grande precisione su guance, fronte e bocca, erano di un
blu granuloso, leggermente più scuro della kandys sbracciata
che indossava.
Nemeria si ritirò ancora di più. Non era
lì, lei. Il suo corpo si era rintanato nelle latrine, ma la
sua mente era rimasta inchiodata... dove? Nell'arena o all'accampamento
della sua tribù? Era il sangue di Dariush o quello di sua
madre a macchiare la sabbia? Strinse ancora di più le
braccia attorno alle gambe, come se così facendo avesse
potuto contenere il tumulto che le scavava nelle viscere.
Senan sospirò. Rilavò le mani e la spugna che
aveva usato per sciacquarsi nelle parti intime e la lanciò
nella cesta di fianco a quella da cui l'aveva presa.
- Se non torni, qualcuno potrebbe farsi delle domande. -
"Perché nessuno mi vuole lasciare in pace?"
Lo avrebbe respinto se solo ne avesse avuto la forza. Invece, quando
Senan le si inginocchiò davanti e sciolse le dita
intrecciate, le sue mani cedettero all'istante.
- Come ti chiami? - le domandò con un sorriso.
Aveva la voce rauca. Gli occhi erano di un ardesia chiaro, con una
ragnatela bianca e azzurra che raccoglieva una pupilla grande come un
bottone e una piccola come una capocchia di spillo.
- Nemeria.-
- Bene, Nemeria. Ascolta, non dovresti stare qui. Le tue amiche ti
stanno cercando da un pezzo e sono davvero preoccupate per te. Non
è giusto trattarle così, non credi? -
Nemeria si ritrovò ad annuire. Si lasciò aiutare
a rimettersi in piedi. I muscoli delle gambe protestarono quando si
distesero. Prese il sapone ancora bagnato dalla conchiglia sul bordo
della vasca di pietra e cominciò a strofinare le mani con
forza, per togliere ogni goccia di sangue. Ci dovevano essere, anche se
non riusciva a vederle.
- Basta, adesso sono pulite. -
Senan le bloccò i polsi e li tirò fuori
dall'acqua. Le dita erano arrossate e le vene sotto pelle
così visibili da sembrare tracciate con l'inchiostro.
- Era un tuo amico quello che ha perso il controllo? -
Nemeria negò, annuì e poi negò di
nuovo. Dariush era l'aguzzino di Altea e, nel periodo passato con la
Famiglia, Nemeria aveva spesso sperato che sparisse.
- Non meritava quella fine. Anche se era crudele, non meritava di
essere soppresso come un animale. -
- Lo so, ma è necessario. Se le guardie non fossero
intervenute, tu saresti morta e anche noi saremmo stati in pericolo. Se
avesse perso il controllo fuori da qui, sarebbe stato anche peggio. -
- Sì, ma... ma è difficile da accettare. -
Il sorriso di Senan era sincero, ma non gli illuminò gli
occhi: - Devi imparare a sopportarlo, altrimenti non ce la farai a
sopravvivere. -
Le asciugò le mani con il lembo della sua kandys. Le sue,
callose e ruvide, ricordavano a Nemeria quelle del vecchio Arsalan, la
stessa vissuta gentilezza che animava i suoi movimenti quando lavorava
il cuoio o si prendeva cura di una giumenta ferita. Forse era quella
somiglianza tattile a renderla vulnerabile e a ispirarle più
fiducia di quanta avrebbe dovuto riservargliene.
- Sei una bambina, non dovresti neanche fare questa vita. Ma visto che
non puoi scappare, devi imparare a sopportare, altrimenti perderai il
senno prima del tempo. -
Senan le diede le spalle e si passò l'acqua sul collo.
Nemeria intravide le lettere finali di diverse parole che sbucavano da
sotto la stoffa della kandys e tra i capelli lasciati sciolti,
schiarite da diverse e profonde cicatrici.
- Tu sei uno dei gladiatori di Siamak, vero? -
- Sì. E adesso se non torno, mi verrà a cercare. -
Le indicò la porta con un cenno del capo. Quando la
aprì, l'aria fresca le punse il naso e nelle orecchie
rimbombarono le urla d'incoraggiamento del pubblico.
- Eccola! -
Durga la investì e la avvolse in un abbraccio stritolante
che quasi la scaraventò a terra. Noriko la raggiunse subito
dopo, assieme ad Ahhotep.
- Dov'eri finita? Ti abbiamo cercato per un sacco di tempo! -
- Durga... Durga così mi uccidi. - rantolò.
La bambina la lasciò andare e le piantò addosso
un broncio condito da un'espressione offesa.
- Ti sei persa il mio scontro, cattiva. - borbottò in tono
lamentoso.
- Mi dispiace, è che non mi sentivo bene. -
- Sì, in effetti hai una brutta cera. - confermò
Noriko, - Torna a sederti e bevi qualcosa. Stare nelle latrine non ti
farà stare meglio. -
La prese sottobraccio e Durga fece lo stesso con Ahhotep. Nonostante la
polvere su mani e ginocchia e il brutto livido all'angolo della bocca,
era ancora piena di energie e non smise di saltellarle intorno e
sciorinarle dettagli su come fosse andato il suo scontro. Quando
tornarono sulle gradinate, Nemeria aveva un gran mal di testa.
- Durga, credo che Nemeria abbia bisogno di riposare, ora. -
- Ma non ho ancora finito di raccontarle tutto! -
Ahhotep mitigò la voce in un tono più
accondiscendente: - Lo so, ma dovresti darle un momento per
riprendersi. -
- Uhm... va bene. -
- Piuttosto, accompagnami a prendere qualcosa da mangiare. -
indicò un carretto dall'altro lato, - Voi due volete
qualcosa? -
- Fai tu. - rispose Noriko.
Quando Ahhotep e Durga si allontanarono, Nemeria tirò un
sospiro di sollievo. L'aria di mezzogiorno era torrida e gli schiavi si
erano già premurati di dispiegare il complesso sistema di
corde e veli per ombreggiava tutta la cavea.
- Ricordati che ancor prima di essere gladiatori, siamo attori. - le
disse Noriko.
Nemeria si umettò le labbra e si passò una mano
sul collo. Il sudore le inumidiva la nuca e la piegatura delle
ginocchia, incollandole la kandys alla scapole.
- Senan è stato gentile, però. -
- Tutti lo sono, specialmente quando vogliono qualcosa. -
- E cosa potrebbe volere Senan da me? -
Noriko sospirò. Seguì lo scambio di colpi tra i
due nuovi sfidanti, un ragazzo imberbe e un altro più basso
ma più muscoloso, che maneggiava un tridente. I tre rebbi si
conficcarono con così tanta forza nel terreno da mandare
l'avversario a gambe all'aria.
- Uno scontro contro un gladiatore che non combatte al meglio delle sue
possibilità annoia il pubblico. Nella nostra ottica,
è meglio perdere contro un avversario che ci mette in
difficoltà, piuttosto che vincere contro una persona che a
malapena si difende. -
Nemeria cercò Senan con gli occhi, ma era difficile
individuarlo in mezzo a tutta quella gente.
- A me è sembrato sincero. -
- Te l'ho detto: siamo attori e lui è un Eoin'id che deve
aver superato da un bel po' il secolo di vita. Ha avuto tutto il tempo
per imparare a fingersi una brava persona. -
- Lui quindi era già un gladiatore? -
Noriko si terse il sudore con una mano.
- Potrebbe essere. Sicuramente non è un novellino come noi,
penso te ne sia accorta anche tu. -
Nemeria non poté che concordare. Le pitture sul viso, le
cicatrici e le mani callose erano tutti indizi di un passato ben
preciso.
"Aveva qualcos'altro tatuato sulla schiena..."
Il piatto che apparve tra lei e Noriko richiamò bruscamente
la sua attenzione.
- Allora, ho preso un po' di tutto. Questo è col pollo,
questi con tacchino e questi ultimi qui nell'angolo sono con lo
struzzo. Visto che non sapevo se avevate fame come me, mi sono fatta
mettere anche un po' di lenticchie, fagioli e una manciata di fave per
pulirvi la bocca. - Durga consegnò il piatto a Noriko e si
sedette di fianco a Nemeria, - Ho preso anche la salsa allo yogurt e
aglio, la toum, la tasia e l'hummus. L'hummus so che ti piace, ma le
altre due puoi assaggiarle da me, se vuoi. -
Ahhotep arricciò il naso, l'espressione così
disgustata che persino Noriko non riuscì a rimanere
impassibile.
- A lei non piace l'aglio. - spiegò Durga, intingendo uno
spiedino nella salsa allo yogurt, - Io invece lo adoro! Rende tutto
più buono, come il sale. -
- Non penso ci sia qualcosa che non ti piaccia, a parte i sassi. - la
rimbeccò Ahhotep.
Nemeria scoppiò a ridere e Noriko dovette intervenire
dandole diverse pacche sulla schiena per non farla strozzare.
- E tu sei la solita schizzinosa. -
- Mai negato d'esserlo. -
Durga fissò dapprima lo spiedino, poi Ahhotep e poi Nemeria
che cercava di recuperare un minimo di contegno. Tutta impettita,
tirò su una grossa quantità di hummus con lo
spiedino.
- Non c'è gusto a litigare con te. - borbottò.
- Più parli, più il cibo si fredda. -
- Va bene, va bene. - sbuffò e il ciuffetto di capelli si
alzò e le ricadde proprio sul naso.
Nemeria prese uno spiedino e lo masticò con gusto. La carne
era un po' bruciacchiata, ma era così tenera che quasi si
scioglieva in bocca. Una gomitata la fece voltare e si
ritrovò faccia a faccia con Durga, i denti affondati nello
spiedino, gli occhi spalancati e il naso sporco d'una goccia di hummus.
Rimase un momento perplessa, ma prima che potesse capire davvero cosa
stava accadendo, la sua compagna si infilò entrambi gli
spiedi nelle narici e si girò verso Ahhotep.
- Mai negato d'essere schizzinosa. - le fece il verso, allungando la
"a" finale per alitarle addosso.
- Per Ahurmazd Heydar, cosa c'era in quella salsa... -
- Shono Ahhotep, la gladiatrice schizzinosa. -
In risposta, Ahhotep si tappò il naso e le mise una mano in
faccia, mentre Durga rideva. E la sua risata strappò un
sorriso a Noriko e contagiò Nemeria. Il dolore, un grumo
pulsante di sangue e senso di colpa, si sgretolò e si
sciolse in lacrime.
- Piangi perché Durga è stupida? - le
domandò Noriko.
- Non shono shtupida! - ribatté e stavolta arcuò
la lingua nel tentativo di toccarsi il naso, - Ahhhh, scappa! Il mio
naso scappa! -
Nemeria rise più forte. Non sapeva nemmeno lei se era per
Dariush o per quelle stupide facce buffe. E, sinceramente, non gliene
importava molto.
- Se... se continui così il mio cuore esploderà. -
- Se esplode perché sei felice, va bene. - le prese le
guance e gliele tirò su in un sorriso, - La mia mamma diceva
che il riso può guarire anche le malattie più
brutte. Quindi quando sei triste, devi ridere più forte che
puoi, così il dolore andrà via e tu tornerai a
stare bene. -
- È vero, lo dicevano anche al tempio. - disse Noriko.
Nemeria tossicchiò un paio di volte e tornò a
mangiare. Anche se non aveva molta fame, vedere Durga mangiare con
quella voracità le mise appetito e alla fine si prese anche
qualche spiedino destinato a Noriko. Le poche volte che
intercettò le occhiate preoccupate di Ahhotep, decise di
ignorarle: la sua allegria era già in bilico, sarebbe
bastato troppo poco per farla precipitare nel crepaccio che le aveva
spaccato il cuore.
La giornata da quel momento proseguì lenta, scandita
soltanto dagli scontri che si avvicendavano sotto i loro sguardi.
Senan fu uno degli ultimi a scendere in campo e non diede
chissà che spettacolo, anche se Nemeria rimase colpita
quando lo vide entrare nell'arena a petto nudo, mostrando un reticolo
in rilievo di cicatrici e scritte nere, tatuate in una calligrafia
elegante. A differenza di lei e Noriko, indossava delle cavigliere
placcate in oricalco. Si misurò con un altro gladiatore, un
uomo con il petto villoso e il collo taurino piantato in mezzo alle
spalle come un chiodo nel legno. Non ci fu praticamente sfida: Senan
era agile, schivava ogni colpo della sua shamshir con grazia felina,
roteando in semi cerchi come se stesse ballando su una musica lenta che
si velocizzava a ogni suo cambiamento di passi. Non appena il suo
avversario cominciò ad accusare i primi segni di stanchezza,
passò al contrattacco e, dopo nemmeno due scambi, lo
disarmò e lo costrinse a terra. Non attese nemmeno che
l'arbitro ne dichiarasse la sconfitta e subito imboccò
l'uscita.
Al calar del sole, le guardie radunarono tutti i vincitori nel centro
dell'arena. Adhara li chiamò uno ad uno e appuntò
i loro nomi: dai trentadue che c'erano quella mattina, erano rimasti
soltanto in sedici.
- Domani fatevi trovare all'arena come stamattina. - ordinò
Koosha.
Tyrron le scoccò un sorriso più che compiaciuto.
Nemeria ricambiò, più per dovere che per reale
partecipazione. Gli avrebbe voluto chiedere come stesse Batuffolo, ma
lui andò via scortato da un manipolo di soldati, assieme a
tutti gli altri lanisti.
Ad attenderli al refettorio c'era la solita cena deludente a base di
legumi, verdura e uova, niente a che vedere con gli spiedini che
avevano consumato per pranzo, ma tanto bastava per mettere a tacere la
fame.
Durga era ancora piena di energia e non smetteva di parlare, e mentre
parlava gesticolava, con gli occhietti gialli che brillavano
d'eccitazione ogni volta che raccontava i dettagli degli scontri.
Nemeria non si capacitava da dove avesse tirato fuori tutta quella
loquacità, quando lei desiderava soltanto buttarsi sul
letto. Nel momento in cui Noriko propose di andare a dormire, colse la
palla al balzo e, dopo essersi lavate, la seguì fino in
camera.
- Vado a chiedere a Nande se ha qualche erba per conciliarti il sonno. -
- Ma non mi serve... -
- Ti serve, invece. La morte di Dariush ti ha sconvolta e rischi di non
chiudere occhio stanotte. -
Nemeria annuì e rimase lì finché
Noriko non tornò con un infuso di semi di papavero.
Quella notte si sedette vicino al focolare di Agni. Il suo calore tenne
lontani i mostri, gli spettri e il profondo, tagliente senso di colpa.
La giornata seguente si trascinò con fatica fino a sera,
quando Nemeria andò al tempio. Fino a quel pomeriggio non ne
immaginava nemmeno l'esistenza. Lo aveva sentito nominare da un servo
mentre rientrava dal suo scontro e per risalire alla sua collocazione
le era stato sufficiente chiedere. Noriko l'aveva sentita, ma non aveva
fatto domande quando, dopo essersi cambiata, Nemeria era uscita di
nuovo.
Il tempio era un luogo angusto, una stanza quadrangolare dove la luce
delle stelle e delle candele sfiorava le immagini della lotta di Heydar
e degli Spiriti contro la Madre in rilievo sulle pareti. Le ombre le
facevano sembrare vive, carne intrappolata nella pietra in cerca di una
vita di fuga.
Nemeria prese un incenso e si inginocchiò davanti
all'altare, sotto lo sguardo vigile di quel dio crudele, circondato dai
suoi fedeli sudditi armati con lance e spade d'oro. Compose i segni dei
cakra.
Si sentiva la testa e il cuore pesanti e quella pesantezza sembrava
aver incancrenito ogni appendice del suo corpo. Quando si era scontrata
nell'arena, il suo avversario era rimasto indefinito, anche dopo che
l'arbitro ne aveva annunciato la sconfitta. Erano gli strascichi della
malattia, la convalescenza del dolore.
Chiuse gli occhi e raddrizzò le schiena. Pregò
per Altea e Hirad, che avessero una buona vita; per Kimiya, che
trovasse la forza di opporsi alla crudeltà di Mina; per
Chalipa e Afareen, che riuscissero a trovare la loro strada nel mondo
esterno. Pregò per i gemelli e per Hami, che la vita gli
fosse dolce.
Strinse la mano a pugno sul petto, dove un tempo penzolava la pietra di
luna, e trasse un profondo respiro. Non c'era un'anima da vegliare o un
corpo da vestire e lavare. Non sopravviveva niente, se non il ricordo
di quegli ultimi istanti passati assieme nell'arena.
- Madre, nel tuo tramonto soggiace la pace dell'alba.
Tutte le cose sono effimere e la vita è vita solo se si
può spegnere.
Anche se la mia anima tramonterà, io non ho paura
perché in ognuno cammina la morte
e colui che sempre scompare, sempre si incamminerà verso il
cielo.
Madre, nell'ora più buia guida a te chi non ha
più stelle. -
Rimase inginocchiata fino a quando l'incenso non bruciò del
tutto e il formicolio alle gambe non divenne insopportabile.
Indugiò sulla soglia del tempio, lo sguardo fisso sul viso
impassibile di Heydar. Quasi per spregio, ripeté i segni
degli otto cakra e poi uscì a passo di marcia.
La mattina successiva vennero svegliati prima del solito. Stavolta,
però, al posto di Ozgur, a tirarle giù dal letto
fu Bahar.
- Su, su, in piedi. Oggi ci sarà la sfilata in
città. -
- Di cosa stai parlando? -
- Ieri non vi hanno detto nulla? - si grattò la nuca e poi
si rivolse a Noriko, - Davvero non ne sapete niente? -
- Aghà Koosha ci ha solo ordinato di andare all'arena. -
- Ah, fanno i misteriosi. - ridacchiò e allungò
le braccia, scrocchiando le dita, - Allora nemmeno io vi dico nulla.
Ora muovetevi. Prima arriviamo, meglio è. -
Noriko annuì, prese a braccetto Nemeria e la
scortò in bagno. Nonostante fosse tornata presto, il sonno
non aveva scacciato la pesantezza. Si lavò e si
cambiò quanto più in fretta poté, ma
pur con tutti gli sforzi Bahar le rivolse una smorfia carica di
sussiego.
Marciarono fino all'arena, dove li attendevano gli altri otto
gladiatori. C'erano meno guardie del solito, o almeno questa era
l'impressione di Nemeria. Li contarono come il giorno prima e poi,
contro ogni pronostico, i lanisti richiamarono i propri gladiatori.
Diedero loro delle cappe e li scortarono fuori dall'arena.
- Ma... ma che sta succedendo? - mormorò Nemeria.
- Non lo so, sembra che stiamo per uscire da qui. - rispose Noriko,
avvolgendosi nel mantello.
- Non vi preoccupate, non sta per accadere niente di brutto. -
ridacchiò Bahar, - Per stasera sarete splendide. -
Giunti davanti al portone, Tyrron si voltò verso di loro.
Quella mattina si era fatto una treccia e il chitone bianco con
rifiniture d'oro gli conferiva un'aria autorevole, da uomo di potere.
- Appena usciremo, ci saranno già molte persone. Le guardie
li terranno lontani, ma voi dovete cercare di farvi vedere il meno
possibile, quindi testa bassa e procedete spedite, senza mai fermarvi. -
I soldati che costituivano la sua scorta personale si misero in
formazione attorno a tutti loro, con Noriko e Nemeria dietro a Tyrron,
Bahar e Morad. Quando le porte si aprirono, furono accolti da una folla
di curiosi. C'erano donne, uomini, ragazzi e ragazze d'ogni
età, persino bambini che avevano sì e no
l'età di Rakhsaan. Da sotto il cappuccio Nemeria non
riusciva a vedere bene, ma l'euforia e l'entusiasmo che trapelava a
ogni loro esclamazione le metteva addosso la voglia di strapparsi il
mantello di dosso e correre in mezzo a loro.
- Tyrron! Tyrron! Tyrron! -
Il suo lanista alzò un braccio e salutò la folla
che gli rispose con uno scroscio di applausi e inneggiando con voce
ancora più alta il suo nome. L'eccitazione sfrigolava
nell'aria, era nettare per le orecchie e vino sulle fiamme di Agni.
Camminarono per un paio di minuti prima di arrivare davanti a un carro
coperto da un telo di iuta.
- Su, entrate. Siamo già abbastanza in ritardo sulla tabella
di marcia. - le incitò irritato Tyrron.
Bahar saltò su prima di loro. Morad fu l'ultimo, assieme ad
altre quattro guardie. Lo schiocco di frusta preannunciò il
nitrito dei cavalli e la messa in moto del carro. Seduta tra due uomini
armati fino ai denti, Nemeria era combattuta tra l'eccitazione per la
novità e il timore per ciò che l'aspettava.
- Niente facce tristi, mica siete delle condannate a morte! Andate a
farvi belle per la parata di stasera. -
- Pensavo che oggi avremmo combattuto. -
- No, domani tornerete a menar le mani, ma oggi trascorrerete la
giornata alle terme più lussuose di Kalaspirit. Verrete
pettinate, truccate, depilate e vi verranno forniti dei vestiti per
l'occasione, cuciti proprio su misura per voi. - si batté le
mani sulle cosce e il suo sorriso si allargò, - Uscirete da
lì che non vi riconoscerete più. -
Rimasero sul carro per molto tempo. Quando scesero, si trovarono
davanti a un ingresso monumentale, con sei colonne di marmo
bianchissimo che si stagliavano alte a sostenere un'architrave ornata
con fregi bronzei.
- Benvenute alle terme di Revati! - chiocciò Bahar.
- Anche... anche gli altri lanisti le hanno? - balbettò
impressionata Nemeria.
Per la Madre, nemmeno nelle sue fantasie si sarebbe mai potuta
immaginare un posto del genere.
- Oh sì, ma davanti alle mie sbiadiscono. E lo dico senza
modestia. - rispose Tyrron, - Non stare lì impalata,
sbrigati. -
All'ingresso vennero loro incontro uno stuolo di giovani, tutti vestiti
con una tunica bianca stretta in vita da una cintura di cuoio
lucidissima e i capelli raccolti in una coda alta.
- Nemeria e Noriko, andate con loro. Morad e Bahar, sorvegliate l'altra
uscita. - ordinò Tyrron e poi si rivolse alle due
gladiatrici, - Non penso serva, ma niente colpi di testa nelle mie
terme. I soldati rimarranno fuori durante i trattamenti,
però sono autorizzati a intervenire al primo segnale di
pericolo. Spero vivamente che non sia necessario. -
Noriko rispose con un'alzata di spalle, mentre Nemeria
assentì. A quel gesto, Tyrron sorrise e rilassò
le spalle.
Salirono una rampa di scale sulla destra. Al primo piano c'era una sala
rotonda, con diversi uomini che si allenavano sollevando pesi, nella
corsa o in vari esercizi di corpo libero, mentre altri riprendevano
fiato tra una chiacchiera e l'altra.
Il nutrito gruppo di ragazze che era stato assegnato a Noriko la
condusse in un altro corridoio, più piccolo rispetto a
quello da cui erano venute.
Nemeria venne dapprima portata in una stanza con una vasca dove
poté lavarsi e, in seguito, all'interno di una stanzetta
piacevolmente riscaldata, con un lettino al centro.
- Prego, cambiati e poi rilassati. Ci pensiamo noi a te. -
Il sorriso della ragazza la metteva un po' a disagio, ma alla fine
Nemeria obbedì. Quando si distese, con solo il pestemal
addosso, tutte le altre ragazze si affollarono attorno a lei.
- Ebbene sì, ragazzo, hai bisogno di una bella ripulita. -
- Non è un ragazzo, è una ragazza, Lada. -
Quella che aveva parlato, una Ver'ilef con il naso aquilino e la
fossetta sul mento, si portò una mano alla bocca in un
risolino nervoso.
- Perdonami, è che sei davvero... -
- Mascolina? -
- Sì... sì, mascolina. - ridacchiò e,
mentre un'altra ragazza passava dell'olio, tirò su con una
spatola della crema gialla che profumava di miele e gliela
spalmò sulle gambe, - Sei bella comunque, ma ammetto che a
primo impatto non avevo capito che eri femmina. -
Nemeria nascose un sospiro sconsolato.
"Non vedo l'ora che mi crescano i capell..."
Cacciò un urlo e afferrò la sponda del lettino
con entrambe le mani. Stava già per ritrarre la gamba,
quando si sentì afferrare per le caviglie.
- Ferma, altrimenti appiccichi la crema ovunque. - l'ammonì
Lada.
- Cosa... cosa mi state facendo? - pigolò e
sussultò di nuovo quando percepì il profilo
freddo di una lama sulla pelle.
- Ti togliamo tutta la pelliccia che hai addosso, bambina. -
- Ma... ma perché? A che serv- ah! -
- Devi essere bella stasera e domani. Sarai anche una gladiatrice, ma
se vuoi avere degli sponsor devi avere un aspetto più che
accettabile. - le mostrò la striscia di crema gialla,
punteggiata da peli nerissimi, - So che la prima volta fa male, ma
vedrai che ti abituerai presto. -
Nemeria aveva le lacrime agli occhi per il dolore, ma riuscì
comunque a fare un lieve cenno di assenso prima che riprendessero.
Cercò di contenersi, anche se a ogni strappo le veniva da
piangere. Più di una volta ritrasse la gamba e
sferrò un calcio a vuoto. Se Lada e l'altra ragazza non
avessero avuto i riflessi pronti, probabilmente le avrebbe centrate in
pieno.
Non si limitarono a toglierle i peli dalle gambe. Nelle successive
cinque ore le strapparono quelli sulle dita dei piedi, sulle braccia e
sotto le ascelle, finché non furono soddisfatte. Alla fine,
quando la girarono supina e si dedicarono e regolarle le sopracciglia e
i pochi arditi peli che sbucavano dal naso, non sentiva quasi
più niente.
- Sei stata bravissima. - le sorrise indulgente Lada.
- Sì, davvero. Io la prima volta ho urlato per tutto il
tempo. - aggiunse l'altra ragazza, quella che l'aveva invitata a
stendersi.
Non che per Nemeria facesse tanta differenza: se avesse potuto, avrebbe
volentieri evitato di essere "bravissima" e "coraggiosa".
Lada aprì l'armadio e le porse un paio di mutande e una
fascia di stoffa, uguali identici a quelli che aveva indossato per il
bagno. Prima ancora che le dicesse qualcosa, Nemeria si era
già messa in piedi e se li stava mettendo addosso. Non si
rese conto di aver trattenuto il fiato finché non la
portarono nella stanza attigua, quella con la vasca. Come prima, la
cosparsero con un unguento grumoso che aveva un profumo delicato di
cannella, resina e mandorle. La massaggiarono a lungo prima di
permetterle di scivolare in acqua e, mentre Nemeria si risciacquava,
loro le strofinarono la schiena e le spalle con una spugna ruvida. Con
sua grande sorpresa, le applicarono anche una crema sul viso, che,
nonostante avesse un profumo nauseante, quando poté lavarla
le lasciò la pelle morbida e profumata.
Stava già imbrunendo quando finalmente la lasciarono andare.
O meglio, la scortarono in una stanza dove non c'erano né
lettini né vasche né nessuno di quegli strani
attrezzi per la cura del corpo.
- Aspettate qui. Aghà Ehsan arriverà a breve. -
Attesero che le guardie prendessero posizione e richiusero la porta.
Noriko alzò lo sguardo e la fissò. Il rossore
sulle sopracciglia e sul labbro le gonfiava il viso, facendolo apparire
più tozzo di quanto in realtà fosse.
- Traumatico? -
Nemeria annuì e si lasciò cadere sulla panca di
legno, gambe e braccia aperte, testa reclinata all'indietro. Non capiva
come la gente potesse spendere dei soldi per andare lì: si
sentiva esausta e dolorante come al termine di un allenamento con
Roshanai.
- Chi è Ehsan? - chiese dopo un po'.
- Spero non un altro amante della pulizia del viso. -
Nemeria ridacchiò e Noriko abbozzò un mezzo
sorriso. Le avevano tagliato i capelli, eliminando le punte rovinate e
accorciando quelle troppo lunghe o fuori posto. Vista così,
sembrava più grande e matura.
La porta si aprì ed entrò un uomo giovane con una
kandys blu, con un ricamo di tralicci d'uva sullo scollo e sulle
maniche svasate d'oro, come d'oro erano gli orecchini a forma di
serpente che gli pendevano dai lobi. Batté le mani e i servi
che lo seguivano si spostarono ai lati, con le braccia appesantite da
una cascata di stoffe colorate.
- Quindi siete voi le promesse gladiatrici. Tyrron mi ha parlato molto
di voi. - le scrutò con i suoi occhi azzurri, l'angolo della
bocca alzato in un mezzo sorriso, - Siete una più
particolare dell'altra, non c'è che dire, non ha esagerato. -
Nessuna delle due osò parlare. Noriko non sembrava
interessata, ma lei non riusciva a staccare lo sguardo da quel tripudio
di colori. Parevano delle stoffe, tuttavia più le guardava
più le pareva di riconoscere il profilo di una manica o la
piegatura di un colletto.
- … e tu, invece? -
Noriko le diede una gomitata, che Nemeria incassò con un
grugnito. Le stava per rispondere a tono quando notò che
nella stanza c'era silenzio e che l'uomo stava guardando proprio lei.
- Dicevate a me, aghà? -
- Sì, dicevo proprio a te. Volevo sapere qual era il tuo
nome, se mi è concesso chiederlo, bayenni. -
Il tono con cui pronunciò "signorina" era a metà
tra il serio e il faceto, e le strappò un sorriso.
- Nemeria, aghà. -
- Nemeria... scelta particolare. Nella lingua Školt
significa “indomabile”, mi pare di ricordare. - si
avvicinò di un paio di passi e inclinò la testa,
fissandola in volto, - Zanminant vser'ez. -
- Non... capisco. -
L'uomo scoppiò a ridere e poi fece un cenno alle sue spalle.
Come a un segnale convenuto, fluirono nella stanza almeno un'altra
decina di servi, tutti con in mano vasetti, pennelli, matite e tanto
altro. Mentre i due che avevano portato gli abiti li disponevano sui
nuovi manichini, l'uomo tornò a guardarla.
- Ti ho solo detto che sei molto interessante, bambina. Spero davvero
che voi due riusciate a farvi notare. Sarebbe un peccato che due
creature così fuori dal comune finissero nel dimenticatoio
prima del tempo. - srotolò un metro dalla cintura e si
lisciò la barba sulle guance, - Lasciate fare tutto a noi,
ora. Stasera anche le stelle dovranno inchinarsi a voi, quanto
è vero che Ehsan è il miglior sarto di
Kalaspirit. -
La sera giunse in fretta. Come ogni giorno, la luce del sole era
retrocessa lentamente, per poi cedere il passo al buio luminoso,
mantello della luna e delle stelle. Le terme avevano chiuso prima e, in
quel momento, a parte lei, Noriko, Tyrron e i soldati che le avevano
scortate fino a lì non c'era nessuno. Sotto la luce
lattiginosa che invadeva l'atrio, le rifiniture delle loro armature
splendevano come se al loro interno scorresse dell'acqua.
Nemeria trasse un profondo respiro, aprì e strinse i pugni
molleggiando le ginocchia. Per quanto il velo che le copriva la bocca
fosse leggero, l'aria sembrava sfuggirle.
- Signore. - un soldato scese la rampa di scale a grandi passi, - Tutti
hanno acceso i fuochi. -
- Ottimo. -
Tyrron si girò verso Nemeria e Noriko. Per l'occasione,
sopra i calzoni bianchi, portava una tunica nera con ampie maniche,
chiusa in vita da una fusciacca frangiata rossa. I fili di seta che
cucivano lo stemma della lince fiammeggiavano sulla spalla.
- Andiamo. -
L'aria fresca e frizzante della sera le investì in un soffio
di vento che ingrossò le vesti e asciugò il
sudore. Quando anche il cancello venne aperto per la gioia della folla,
Nemeria dovette trattenere l'eccitazione. Le persone sgomitavano per
vederle meglio, si mettevano sulla punta dei piedi tirando in alto i
figli piccoli o facevano leva sulle ringhiere di ferro che delimitavano
la strada per scorgere al di là del muro di guardie. E le
loro acclamazioni e il loro indicarle con gli occhi spalancati non
faceva altro che accrescere in Nemeria la voglia di soddisfare le loro
aspettative. Tutto quello che era successo negli ultimi due giorni
impallidiva sempre più a ogni sorriso o sguardo sognante che
riceveva.
La strada si allargò in una via più grande e,
contemporaneamente al loro arrivo, sulla sinistra giunse il gruppo di
Tana. Ahhotep vestiva con un abito leggero di un grigio che sfumava
sull'ampia gonna, che lasciava scoperte le gambe. Perle azzurre erano
state cucite sul petto, seguendo la forma delle ali di una farfalla che
sembravano abbracciare i piccoli seni e il collo. Nemeria ci mise un
po' a capire che ai piedi portava dei semplici calcei bianchi e che i
crisantemi che si inerpicavano fin sotto lo spacco erano dipinti.
L'eterea grazia di Ahhotep si stemperava nell'allergia di Durga.
Non appena intercettò lo sguardo di Nemeria, la bambina la
salutò con un sorriso raggiante. Prima che Tana potesse
dirle qualcosa, in uno slancio corse in avanti, aprì le
braccia e salutò il pubblico passando rasente alle guardie,
battendo il cinque agli arditi che non si ritraevano. La cintura che le
sosteneva i pantaloni sulla vita si aprì come la coda di un
pavone, garrendo al vento accompagnata dal trillo impazzito dei sonagli
sulla fascia, sulle braccia e sui ricci, pettinati in morbide onde.
Una delle guardie stava per scattare per andarla a riprendere, ma Tana
gli fece cenno di no con la testa e tornò a guardala con un
sorriso indulgente. Con quel peplo azzurro e le maniche
semitrasparenti, sembrava una dea dell'aria, così effimera
che sarebbe bastato una raffica più forte per farla volare
via.
Attraversarono tutti i Quartieri della città, passando
attraverso le piazze e le vie più conosciute. Per Nemeria
era strano rivedere quelle strade che per mesi erano state la sua casa,
ma senza l'angoscia di tornare alla tana senza aver recuperato
abbastanza cibo. Al loro gruppo si unirono gli altri lanisti con i loro
gladiatori, i loro vestiti sgargianti e le loro armature luccicanti.
Nemeria avrebbe voluto osservarli meglio, ma un'occhiata di Noriko la
dissuase.
Giunsero in una piazza rettangolare del Quartiere del Sole. Il vento
gonfiava le tende dei negozi e faceva oscillare le fanoos che
illuminavano l'ambiente, decine e decine di lanterne colorate sospese
come bolle di sapone sopra le teste del pubblico. Su un palco addossato
sotto un palazzo di tre piani, c'era un'orchestra, che al loro arrivo
attaccò con una canzone dal ritmo scandito da cembali e
tamburi. La folla accompagnò la musica battendo le mani o,
quando anche gli altri strumenti si unirono alla melodia, ballando sul
posto.
Quando terminarono di suonare, Koosha salì sul palco e
tutti, persino i bambini, ammutolirono.
- Signori, benvenuti! Non mi dilungherò in chiacchiere.
Quelli che vedete sono i nostri migliori gladiatori, gli otto
selezionati che domani gareggeranno nell'arena. -
Aveva una voce stentorea che pareva arrivare direttamente dallo stomaco
ed esplodergli in bocca.
- Ciò a cui assisterete stasera è solo una
piccola parte di quello che sono capaci di fare. Divertitevi e,
soprattutto, ricordatevi di loro domani: la loro vittoria dipende anche
da voi, non dimenticatelo mai. -
Mentre scendeva dal palco il pubblico applaudì, ma
l'attenzione di tutti era già fissata sul ragazzo al centro
della piazza. Nemeria aveva l'impressione di averlo già
visto, anche se non riusciva a ricordare dove o in che occasione.
- Abayomi di Adel, gladiatore. -
Il ragazzo marciò in mezzo alla piazza fino alla
rastrelliera d'armi, fece un inchino fin troppo cerimonioso e poi
afferrò due katane.
"Ma che sta facendo?"
Nemeria guardò Noriko in cerca di una spiegazione, ma anche
la sua amica sembrava sorpresa tanto quanto lei.
- Che cosa sta succedendo? - le soffiò Durga all'orecchio, -
E perché siamo qui? -
- Non lo so. -
- Non avete sentito Koosha? Dobbiamo esibirci davanti al pubblico. -
rispose pacata Ahhotep, - Vogliono mettere alla prova la nostra
capacità d'improvvisazione. -
Nemeria deglutì.
Abayomi sguainò le spade che aveva poggiato a terra in un
ruggito, indietreggiò spostandosi di lato e le
incrociò davanti al petto. Attese immobile con le gambe
divaricate finché il suono delle tube e del liuto non si
affievolì sotto il ritmo incalzante dei tamburi. Allora
scattò in avanti, parando il colpo di un nemico immaginario
con una spada, mentre l'altra tagliò l'aria in diagonale.
Balzò indietro, girò su se stesso e
rieseguì le tecniche, così in fretta che a
malapena Nemeria riuscì a vederle prima che lui rotolasse
fino alla rastrelliera e sfilasse una lancia. Ritornò in
guardia un paio di secondi più tardi, di nuovo immobile
sulle note calme della canzone. La mulinò piano, a destra e
a sinistra, avanzando di qualche passo con quel suo sorriso da sberle
stampato in faccia che Nemeria tanto odiava. Abayomi puntò
lo sguardo su di lei e per un momento la sua coreografia parve
fermarsi. Il rullare dei tamburi divenne un battito unico e
sincronizzato che cresceva d'intensità. Il clangore
metallico dei piatti sancì il colpo al volto, la finta al
petto, spazzata sulle gambe e affondo nel piede. Nemeria strinse i
pugni, reprimendo le fiamme sotto la pelle dei palmi: nella sua mente,
era lei l'avversario che stava facendo a pezzi.
- Ti sta provocando, non cascarci. - l'avvertì Noriko.
- E dovrei rimanere impassibile davanti a una cosa del genere? -
- Sì, anche se non è nella tua natura. Se vuoi
batterlo devi capire cosa sa e cosa non sa fare. E non sottovalutarlo:
è l'unico umano in mezzo a Dominatori, eppure viene trattato
con rispetto. A te le conclusioni. -
Seppur avesse ragione, per Nemeria era difficile concentrarsi.
Più l'esibizione proseguiva, più la voglia di
afferrare la shamshir e affrontarlo cresceva. Doveva ammettere
però che era bravo, molto più bravo di quanto si
sarebbe aspettata. Impugnava diverse armi come se fossero state
un'estensione del sue braccio e le maneggiava con una tale naturalezza
da far sembrare tutto semplice, immediato. Nemeria non si
stupì più di tanto quando terminò
l'esibizione e ricevette uno scroscio di applausi.
Un corno suonò e piombò di nuovo il silenzio.
- Zahra di Adel, dominatrice della terra. -
Zahra diede il cinque ad Abayomi e si diresse anche lei al centro della
piazza. Guardò le armi nella rastrelliera con una smorfia di
sufficienza prima di rivolgersi al pubblico. Come Abayomi, il trucco le
allungava gli occhi e i diversi tatuaggi tribali a motivi geometrici
che le avevano dipinto sulle braccia e sulle guance barbagliavano di
una luce verde intensa. La tunica si ingrossò quando la
pelle di Zahra si spaccò, esponendo lo strato di rocce
compatto al di sotto. Richiamò i sassolini e la polvere e li
compattò in una spessa lastra di pietra. Il pugno che
sferrò la ruppe. I pezzi non fecero in tempo a cadere che,
come attratti da una forza magnetica, scattarono contro di lei. Zahra
li afferrò e li sgretolò fino a ridurli in sabbia.
Nemeria contemplò rapita i suoi movimenti. Sul finale, la
dominatrice diede un pugno a terra. La calce che manteneva insieme
l'acciottolato si ruppe e i sassi che ricaddero vennero fracassati da
una rapida serie di calci. Al primo, cauto applauso ne seguirono altri
e, mentre Zahra tornava vicino ad Abayomi, la piazza parve tremare
sotto le urla entusiaste del pubblico.
Le esibizioni successive furono accolte allo stesso modo. Noriko
eseguì una serie di tecniche di lotta a mani nude e con il
tessen. A volte il vento cominciava a soffiare all'improvviso e i veli
che le coprivano i capelli e la bocca si libravano in aria, lasciando
scorgere ai più vicini un angolo del viso o una ciocca dei
capelli sciolti. Quando compì una capriola in aria e rimase
sospesa a tre piedi da terra, con le piume bianche che fuoriuscivano
dai fiancali dell'armatura di cuoio colorata, poteva essere scambiata
per un'assassina venuta dal deserto a cui fossero improvvisamente
spuntate le ali.
Ahhotep, invece, si guadagnò più di un'occhiata
meravigliata da parte del pubblico con la sua grazia. Snobbò
le armi e gli altri strumenti che erano stati lasciati a disposizione e
ballò sulle note di una canzone romantica, dove a farla da
padrona erano il suono dolce della cetra, delle lire e dei sistri. La
gonna catturava il vento a ogni giravolta e le scompigliava i capelli
in una ruota perfetta, mentre la sua voce si accordava alle note e lei
saliva i gradini di un'ampia scala immaginaria. Nemeria
l'ammirò con meraviglia. Era come se la piazza fosse il suo
palco e lei gli appartenesse.
- ...via di qua. -
Su quelle ultime parole, Ahhotep si lasciò cadere nel vuoto.
Il vento la trattenne a qualche spanna da terra e la
depositò sulla nuvola bianca che si era formata tipo
materasso.
L'unico dominatore di Mina, una ragazza di nome Uriah, con i capelli a
caschetto e la gonna fatta di sole piume nere, e Senan fecero due
esibizioni piuttosto brevi: lui perché era chiaramente
svogliato, lei perché era talmente agitata che le fu
difficile richiamare il suo elemento come avrebbe voluto. Il pubblico
parve contrariato, soprattutto quando pensò che lo
spettacolo di Senan si fosse limitato a qualche tondo e fendente, ma
quando questi buttò a terra l'acqua di entrambi i barili e
la trasformò in una lastra di ghiaccio ammutolì
all'improvviso. Poi il dominatore si gettò sulla pista,
innalzandosi in avvitamenti, piroette e salti che esaltarono tutti.
Anche Uriah fece una cosa simile, con la sola differenza che non
riusciva a muovere la frusta e a pattinare con la stessa grazia
dell'Eoin'id.
Quando giunse il suo turno, Nemeria non aveva la più pallida
idea di che fare. Durga aveva usato la maggior parte degli strumenti a
sua disposizione e l'olio, creando uno spettacolo in cui lei era una
mangiatrice di fuoco, e poi aveva dato prova di essere brava anche nel
maneggiare il suo amato kilij. A Nemeria sarebbe piaciuto fare qualcosa
di originale, ma quando il ragazzo chiamò il suo nome,
qualsiasi idea avesse si dissipò in una nuvola di fumo.
Avanzò al centro della piazza e per prima cosa prese la sua
shamshir dalla rastrelliera. Era ancora leggermente umida, ma le
bastò stringerla perché il calore delle sue mani
la asciugasse. Il pubblico attendeva trepidante la sua esibizione.
Anche se aveva desiderato avere tutti quegli occhi puntati addosso, in
quel momento Nemeria avrebbe voluto essere altrove.
Non devi agitarti.
La voce di Pavona le risuonò nelle orecchie come se fosse
alle sue spalle.
Controlla il respiro e
poni un freno al battito del cuore, come ti ho
insegnato.
"Non so cosa potrei fare per farmi amare. Le altre esibizioni sono
state fenomenali e io... io non so davvero come potrei distinguermi."
Il brutto di essere gli
ultimi a esibirsi. Quando mi capitava una cosa
del genere, semplicemente facevo quello che mi veniva meglio o quello
che, sul momento, avevo voglia di fare. L'improvvisazione è
soprattutto questo, ricordatelo bene.
Il pubblico rumoreggiava, infastidito dall'attesa. Qualcuno
sbuffò, altri si voltarono a parlare con la persona che
avevano di fianco. La tensione estatica creata da Durga e dai suoi
compagni si stava sfilacciando come una vecchia calza.
"E se non funziona?"
Non lo sai
finché non provi.
Nemeria intercettò lo sguardo del corvo appollaiato sulla
tettoia del palazzo vicino. Il cuore le batteva veloce nel petto, le
sembrava di non avere abbastanza aria nei polmoni, ma lo scoppiettio
del fuoco di Agni era forte, così forte che se chiudeva gli
occhi e allungava la mano nel buio era certa che ne avrebbe potuto
percepire il calore sui polpastrelli.
Strinse la shamshir e disegnò nell'aria un fendente che
sprigionò una sventagliata di scintille. Poi parò
un tondo da dietro e rispose con un affondo. Quando distese il braccio,
le fiamme avvilupparono la lama e attecchirono sulle poche gocce d'olio
rimaste. Si alzarono alte, in una rapida combustione, e si torsero su
se stesse, prendendo la forma di uno stormo di colombe che si librarono
attorno a lei. Le note delicate dell'orchestra tentennarono,
rallentarono ancora e poi cedettero il passo all'incalzante suono dei
sistri, dei cembali e dei flauti. Nemeria non si fermò. Sul
nuovo ritmo, si gettò in un duello immaginario contro Zahra
e Abayomi. A ogni colpo andato a segno, li cercava con lo sguardo
perché voleva che sapessero che li avrebbe sconfitti. Si
piegò sulle gambe e si aprì un varco nella difesa
della dominatrice in un tondo che sprigionò un'altra
sventagliata di lingue di fuoco. Allungò la gamba indietro
e, impugnando la shamshir a due mani, menò un colpo
diagonale, dal basso verso l'alto.
- Io vi batterò! - urlò ad Abayomi e poi
aprì le braccia.
Il potere fluì come un fiume in piena ed eruppe dalla sua
mano in una fiammata che illuminò a giorno la piazza. Una
donna gridò e si tirò indietro, un ragazzo rimase
a bocca aperta, mentre altri, molti altri, presero a battere le mani in
alto. E quel battito divenne un lungo ed entusiasta applauso quando il
fuoco prese la forma di un cavallo che trottava attorno alla piazza,
con la criniera che si dissolveva al vento in petali fiammeggianti.
- Io vi batterò. - esalò stremata e
abbassò la shamshir.
Sulle ultime note, il cavallo svanì e Nemeria si
inchinò. Il sangue bollente le accaldava le guance e le
rendeva difficile respirare. Ma più il pubblico applaudiva,
più l'incendio che aveva dentro divampava incontrollato.
Tutte le preoccupazioni erano delle macchie indistinte sullo sfondo del
cielo stellato.
"Vincerò, perché non ho altra scelta."