Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Himenoshirotsuki    22/04/2018    3 recensioni
Le Jinian, un popolo, una leggenda. Dimenticate dagli umani e anche da tutte le altre razze, questa tribù di quasi solamente donne viaggia da una parte all'altra del mondo. Nascoste agli occhi di ogni mortale, sono le uniche ancora in grado di usare la magia elementale, senza che essa, a lungo andare, le corrompa. Nemeria è solo una delle tante bambine della tribù e non ha niente di speciale. Adora sua sorella Etheram e il suo dolce fratellino Rakhsaan, ama combinare guai e, come tutte le sue compagne, si è sempre esercitata nell'arte della magia e della manipolazione degli elementali che vivono in lei per poter un giorno diventare una Jinian. Ma tutto cambia all'improvviso quando la sua tribù viene attaccata da una banda di briganti, vestiti con un'armatura completamente nera e una maschera bianca a coprir loro il viso. Il destino mette Nemeria davanti a una scelta: diventare un vero guerriero e combattere per sopravvivere oppure vivere all'ombra di ciò che il fato ha scritto per lei.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fuoco 2

23

Sfida contro se stessi

"Chi ama soffre, chi soffre lotta, chi lotta vince. Ama molto, soffri poco, lotta tanto, vinci sempre."
Oriana Fallaci

Il corpo Dariush venne portato via subito. Lo pungolarono con ferri roventi per accertarsi che fosse morto, poi lo caricarono su un carro e uscirono dallo stesso ingresso da cui, nemmeno un'ora prima, era entrato.
Nemeria lo seguì con lo sguardo dalle gradinate con la mente svuotata da ogni pensiero. Quelle mani gigantesche e quella testa innaturalmente piccola e squadrata non poteva essere appartenuta a un uomo. Non c'era più alcuna somiglianza tra il ragazzo e quella specie di mostro, eppure Nemeria, mentre il carro sfilava, vide Dariush, lo sha'ir, disteso sulla paglia. Se non gli avessero incrociato le braccia sul petto, avrebbe potuto credere che stesse dormendo, che il sangue che affossava la sabbia fosse latte. Avrebbe potuto credere che era stato soltanto un incubo.
- Come ti senti? - le chiese Durga.
Nemeria sospirò e si passò una mano sulla fronte. Anche se sentiva l'impulso di piangere, i suoi occhi erano asciutti, aridi come la cortina di sabbia che le era finita nei polmoni e bruciava più dei segni sul collo.
- Non credevo che avrebbe perso il controllo. Speravo... - si interruppe, deglutì e si coprì la bocca con una mano, - Non meritava di fare quella fine. -
Durga concordò e tornò a guardare oltre la balaustra. Le linee lasciate dal carro svanirono rapidamente, disfatte dalle impronte dell'altra coppia di gladiatori, la prima che avrebbe dovuto gareggiare.
- Sayuri lo dice sempre: questa è la fine che attende quelli come noi. Per Dariush è arrivata prima del tempo, ma è il destino dei Dominatori. -
Nemeria aveva la gola secca. Durga aveva già provveduto a far portare l'absaiyah da uno degli schiavi che giravano per le gradinate, ma non avvertì il bisogno di bere finché l'odore di aceto non le solleticò le narici.
- Mi dispiace per quello che è successo. Deve essere stato orribile per te. -
Nemeria fissò in silenzio i due nuovi combattenti. Lo scambio di colpi si susseguiva frenetico, con Noriko che bloccava e respingeva ogni assalto del suo avversario. La grazia con cui muoveva il tessen, il ventaglio da guerra, sottolineava ancora di più la goffaggine di Sadegh e della sua lancia.
Non ricevendo risposta, Durga continuò a cianciare, come se così avesse potuto indurla ad aprirsi. Nemeria però non aveva voglia di parlare. La sensazione di smarrimento, dolorosa più d'una ferita purulenta, era l'unica cosa che provava. Lasciò che le parole dell'amica si affastellassero l'una dietro l'altra, che si sedimentassero riempiendo i vuoti della sua mente con immagini incolori e concetti privi di senso. Dopo un po' quel brusio tacque e nelle orecchie di Nemeria non rimase altro che lo scoppiettare lontano del fuoco.
- Tu. -
Nemeria si girò e incontrò gli occhi di Ahhotep. Tra loro c'era una distanza di un mezzo braccio, abbastanza per dare un'idea di confidenza. Durga si era spostata chissà dove.
- Che cosa vuoi? -
- Parlare. -
- Non ne ho voglia. - ringhiò.
Un brivido accapponò la pelle di Ahhotep e Nemeria pensò che se ne sarebbe andata. Invece la ragazza rimase lì, con i pugni chiusi e le spalle rigide.
- Adesso capisci perché non voglio che tu faccia amicizia con Durga? Lei si è davvero affezionata a te e ne soffrirebbe molto se tu ti trasformassi in Jin. L'hai visto anche tu quanto è brutta la soppressione. -
- Anche tu lo sai, eppure non mi sembra che ti sia allontanata. -
- Perché lei ha bisogno di me. -
"Perché pensi che di me non abbia bisogno?!"
Si prese la testa tra le mani e appoggiò la fronte sulle ginocchia, schiena alla gradinata. Il contatto della sua pelle calda contro la pietra fredda la raggelò.
- Anche se mi odi, mi dispiace per quello che ti è successo. So cosa significa perdere qualcuno in questo modo. - aggiunse Ahhotep.
Nemeria tornò a osservare lo scontro. Sadegh era riuscito a farsi largo nella difesa di Noriko, anche se l'impressione era più che fosse lei a permettergli di metterla in difficoltà.
- Da come ti sei sempre comportata, sembrava fossi tu a odiare me. - sospirò dopo un po'.
- È vero. Le persone ingenue come te le trovo insopportabili. -
- Però mi temi. - dichiarò, poi ridacchiò, - Non capisco nemmeno perché stiamo parlando. -
Ahhotep scrollò una spalla. Si era spostata un paio di pollici in là, alla giusta distanza per mantenere una parvenza di familiarità e per concederle al contempo di allontanarsi al primo segno di pericolo.
- Me lo ha chiesto Durga. -
- Ed è stata lei a chiederti di dirmi di starle lontana? -
- Sai già qual è la risposta. -
Nemeria strozzò una parolaccia tra i denti e si alzò bruscamente. Si sentiva le gambe anchilosate e i nervi fin troppo recettivi. Ahhotep schizzò più in là come un gatto in presenza di un cane randagio.
- Non... non si può uscire dall'arena. - l'avvertì, ma Nemeria la ignorò.
Prese il bicchiere con l'absayah rimasta, scese giù dalle gradinate e imboccò le scale di accesso al pubblico. Era un corridoio più ampio, dove erano state dipinte scene di combattimento tra gladiatori e tra gladiatori e bestie. A metà, una porta si apriva verso l'interno. Nemeria la imboccò subito.
La accolse una stanza semicircolare, con due file di sedili di pietra lungo entrambe le pareti e un sottile canale dove scorreva l'acqua. L'aria che filtrava attraverso i fori tra muro e soffitto si raffreddava a contatto con quella che aleggiava all'interno, ma né quella, né la lavanda, né l'acqua profumata che zampillava dalle fontane era sufficiente a scacciare la puzza di escrementi.
Nemeria vomitò la colazione. Bevve ancora e il suo stomaco rigurgitò quell'acqua sporca in una brodaglia acida e rivoltante. Se avesse potuto, avrebbe sputato anche il cuore e tutti gli organi che le galleggiavano in corpo. Invece riuscì appena ad appoggiare la testa al muro, con un filo di saliva che le penzolava come una tela di ragno spezzata dalle labbra. Attese finché i crampi allo stomaco non cessarono e poi si lasciò cadere su uno di quei sedili, abbracciando le ginocchia al petto. Singhiozzò così forte che le parve che il respiro le dilaniasse la gola, stringendo le palpebre per trattenere lacrime che non aveva.
Rimase rannicchiata lì per così tanto che alla fine non si sentì più le gambe e le braccia. Quando la porta si aprì e Senan entrò, non ci fece caso. Da dietro le ciglia vedeva solo una figura indefinita. Riacquistò un minimo di contorno quando prese la spugna dalla cesta affissa sulla parete in fondo e la immerse nella vasca davanti a Nemeria.
Senan puntò lo sguardo su di lei. Le pitture da guerra, tracciate con grande precisione su guance, fronte e bocca, erano di un blu granuloso, leggermente più scuro della kandys sbracciata che indossava.
Nemeria si ritirò ancora di più. Non era lì, lei. Il suo corpo si era rintanato nelle latrine, ma la sua mente era rimasta inchiodata... dove? Nell'arena o all'accampamento della sua tribù? Era il sangue di Dariush o quello di sua madre a macchiare la sabbia? Strinse ancora di più le braccia attorno alle gambe, come se così facendo avesse potuto contenere il tumulto che le scavava nelle viscere.
Senan sospirò. Rilavò le mani e la spugna che aveva usato per sciacquarsi nelle parti intime e la lanciò nella cesta di fianco a quella da cui l'aveva presa.
- Se non torni, qualcuno potrebbe farsi delle domande. -
"Perché nessuno mi vuole lasciare in pace?"
Lo avrebbe respinto se solo ne avesse avuto la forza. Invece, quando Senan le si inginocchiò davanti e sciolse le dita intrecciate, le sue mani cedettero all'istante.
- Come ti chiami? - le domandò con un sorriso.
Aveva la voce rauca. Gli occhi erano di un ardesia chiaro, con una ragnatela bianca e azzurra che raccoglieva una pupilla grande come un bottone e una piccola come una capocchia di spillo.
- Nemeria.-
- Bene, Nemeria. Ascolta, non dovresti stare qui. Le tue amiche ti stanno cercando da un pezzo e sono davvero preoccupate per te. Non è giusto trattarle così, non credi? -
Nemeria si ritrovò ad annuire. Si lasciò aiutare a rimettersi in piedi. I muscoli delle gambe protestarono quando si distesero. Prese il sapone ancora bagnato dalla conchiglia sul bordo della vasca di pietra e cominciò a strofinare le mani con forza, per togliere ogni goccia di sangue. Ci dovevano essere, anche se non riusciva a vederle.
- Basta, adesso sono pulite. -
Senan le bloccò i polsi e li tirò fuori dall'acqua. Le dita erano arrossate e le vene sotto pelle così visibili da sembrare tracciate con l'inchiostro.
- Era un tuo amico quello che ha perso il controllo? -
Nemeria negò, annuì e poi negò di nuovo. Dariush era l'aguzzino di Altea e, nel periodo passato con la Famiglia, Nemeria aveva spesso sperato che sparisse.
- Non meritava quella fine. Anche se era crudele, non meritava di essere soppresso come un animale. -
- Lo so, ma è necessario. Se le guardie non fossero intervenute, tu saresti morta e anche noi saremmo stati in pericolo. Se avesse perso il controllo fuori da qui, sarebbe stato anche peggio. -
- Sì, ma... ma è difficile da accettare. -
Il sorriso di Senan era sincero, ma non gli illuminò gli occhi: - Devi imparare a sopportarlo, altrimenti non ce la farai a sopravvivere. -
Le asciugò le mani con il lembo della sua kandys. Le sue, callose e ruvide, ricordavano a Nemeria quelle del vecchio Arsalan, la stessa vissuta gentilezza che animava i suoi movimenti quando lavorava il cuoio o si prendeva cura di una giumenta ferita. Forse era quella somiglianza tattile a renderla vulnerabile e a ispirarle più fiducia di quanta avrebbe dovuto riservargliene.
- Sei una bambina, non dovresti neanche fare questa vita. Ma visto che non puoi scappare, devi imparare a sopportare, altrimenti perderai il senno prima del tempo. -
Senan le diede le spalle e si passò l'acqua sul collo. Nemeria intravide le lettere finali di diverse parole che sbucavano da sotto la stoffa della kandys e tra i capelli lasciati sciolti, schiarite da diverse e profonde cicatrici.
- Tu sei uno dei gladiatori di Siamak, vero? -
- Sì. E adesso se non torno, mi verrà a cercare. -
Le indicò la porta con un cenno del capo. Quando la aprì, l'aria fresca le punse il naso e nelle orecchie rimbombarono le urla d'incoraggiamento del pubblico.
- Eccola! -
Durga la investì e la avvolse in un abbraccio stritolante che quasi la scaraventò a terra. Noriko la raggiunse subito dopo, assieme ad Ahhotep.
- Dov'eri finita? Ti abbiamo cercato per un sacco di tempo! -
- Durga... Durga così mi uccidi. - rantolò.
La bambina la lasciò andare e le piantò addosso un broncio condito da un'espressione offesa.
- Ti sei persa il mio scontro, cattiva. - borbottò in tono lamentoso.
- Mi dispiace, è che non mi sentivo bene. -
- Sì, in effetti hai una brutta cera. - confermò Noriko, - Torna a sederti e bevi qualcosa. Stare nelle latrine non ti farà stare meglio. -
La prese sottobraccio e Durga fece lo stesso con Ahhotep. Nonostante la polvere su mani e ginocchia e il brutto livido all'angolo della bocca, era ancora piena di energie e non smise di saltellarle intorno e sciorinarle dettagli su come fosse andato il suo scontro. Quando tornarono sulle gradinate, Nemeria aveva un gran mal di testa.
- Durga, credo che Nemeria abbia bisogno di riposare, ora. -
- Ma non ho ancora finito di raccontarle tutto! -
Ahhotep mitigò la voce in un tono più accondiscendente: - Lo so, ma dovresti darle un momento per riprendersi. -
- Uhm... va bene. -
- Piuttosto, accompagnami a prendere qualcosa da mangiare. - indicò un carretto dall'altro lato, - Voi due volete qualcosa? -
- Fai tu. - rispose Noriko.
Quando Ahhotep e Durga si allontanarono, Nemeria tirò un sospiro di sollievo. L'aria di mezzogiorno era torrida e gli schiavi si erano già premurati di dispiegare il complesso sistema di corde e veli per ombreggiava tutta la cavea.
- Ricordati che ancor prima di essere gladiatori, siamo attori. - le disse Noriko.
Nemeria si umettò le labbra e si passò una mano sul collo. Il sudore le inumidiva la nuca e la piegatura delle ginocchia, incollandole la kandys alla scapole.
- Senan è stato gentile, però. -
- Tutti lo sono, specialmente quando vogliono qualcosa. -
- E cosa potrebbe volere Senan da me? -
Noriko sospirò. Seguì lo scambio di colpi tra i due nuovi sfidanti, un ragazzo imberbe e un altro più basso ma più muscoloso, che maneggiava un tridente. I tre rebbi si conficcarono con così tanta forza nel terreno da mandare l'avversario a gambe all'aria.
- Uno scontro contro un gladiatore che non combatte al meglio delle sue possibilità annoia il pubblico. Nella nostra ottica, è meglio perdere contro un avversario che ci mette in difficoltà, piuttosto che vincere contro una persona che a malapena si difende. -
Nemeria cercò Senan con gli occhi, ma era difficile individuarlo in mezzo a tutta quella gente.
- A me è sembrato sincero. -
- Te l'ho detto: siamo attori e lui è un Eoin'id che deve aver superato da un bel po' il secolo di vita. Ha avuto tutto il tempo per imparare a fingersi una brava persona. -
- Lui quindi era già un gladiatore? -
Noriko si terse il sudore con una mano.
- Potrebbe essere. Sicuramente non è un novellino come noi, penso te ne sia accorta anche tu. -
Nemeria non poté che concordare. Le pitture sul viso, le cicatrici e le mani callose erano tutti indizi di un passato ben preciso.
"Aveva qualcos'altro tatuato sulla schiena..."
Il piatto che apparve tra lei e Noriko richiamò bruscamente la sua attenzione.
- Allora, ho preso un po' di tutto. Questo è col pollo, questi con tacchino e questi ultimi qui nell'angolo sono con lo struzzo. Visto che non sapevo se avevate fame come me, mi sono fatta mettere anche un po' di lenticchie, fagioli e una manciata di fave per pulirvi la bocca. - Durga consegnò il piatto a Noriko e si sedette di fianco a Nemeria, - Ho preso anche la salsa allo yogurt e aglio, la toum, la tasia e l'hummus. L'hummus so che ti piace, ma le altre due puoi assaggiarle da me, se vuoi. -
Ahhotep arricciò il naso, l'espressione così disgustata che persino Noriko non riuscì a rimanere impassibile.
- A lei non piace l'aglio. - spiegò Durga, intingendo uno spiedino nella salsa allo yogurt, - Io invece lo adoro! Rende tutto più buono, come il sale. -
- Non penso ci sia qualcosa che non ti piaccia, a parte i sassi. - la rimbeccò Ahhotep.
Nemeria scoppiò a ridere e Noriko dovette intervenire dandole diverse pacche sulla schiena per non farla strozzare.
- E tu sei la solita schizzinosa. -
- Mai negato d'esserlo. -
Durga fissò dapprima lo spiedino, poi Ahhotep e poi Nemeria che cercava di recuperare un minimo di contegno. Tutta impettita, tirò su una grossa quantità di hummus con lo spiedino.
- Non c'è gusto a litigare con te. - borbottò.
- Più parli, più il cibo si fredda. -
- Va bene, va bene. - sbuffò e il ciuffetto di capelli si alzò e le ricadde proprio sul naso.
Nemeria prese uno spiedino e lo masticò con gusto. La carne era un po' bruciacchiata, ma era così tenera che quasi si scioglieva in bocca. Una gomitata la fece voltare e si ritrovò faccia a faccia con Durga, i denti affondati nello spiedino, gli occhi spalancati e il naso sporco d'una goccia di hummus. Rimase un momento perplessa, ma prima che potesse capire davvero cosa stava accadendo, la sua compagna si infilò entrambi gli spiedi nelle narici e si girò verso Ahhotep.
- Mai negato d'essere schizzinosa. - le fece il verso, allungando la "a" finale per alitarle addosso.
- Per Ahurmazd Heydar, cosa c'era in quella salsa... -
- Shono Ahhotep, la gladiatrice schizzinosa. -
In risposta, Ahhotep si tappò il naso e le mise una mano in faccia, mentre Durga rideva. E la sua risata strappò un sorriso a Noriko e contagiò Nemeria. Il dolore, un grumo pulsante di sangue e senso di colpa, si sgretolò e si sciolse in lacrime.
- Piangi perché Durga è stupida? - le domandò Noriko.
- Non shono shtupida! - ribatté e stavolta arcuò la lingua nel tentativo di toccarsi il naso, - Ahhhh, scappa! Il mio naso scappa! -
Nemeria rise più forte. Non sapeva nemmeno lei se era per Dariush o per quelle stupide facce buffe. E, sinceramente, non gliene importava molto.
- Se... se continui così il mio cuore esploderà. -
- Se esplode perché sei felice, va bene. - le prese le guance e gliele tirò su in un sorriso, - La mia mamma diceva che il riso può guarire anche le malattie più brutte. Quindi quando sei triste, devi ridere più forte che puoi, così il dolore andrà via e tu tornerai a stare bene. -
- È vero, lo dicevano anche al tempio. - disse Noriko.
Nemeria tossicchiò un paio di volte e tornò a mangiare. Anche se non aveva molta fame, vedere Durga mangiare con quella voracità le mise appetito e alla fine si prese anche qualche spiedino destinato a Noriko. Le poche volte che intercettò le occhiate preoccupate di Ahhotep, decise di ignorarle: la sua allegria era già in bilico, sarebbe bastato troppo poco per farla precipitare nel crepaccio che le aveva spaccato il cuore.
La giornata da quel momento proseguì lenta, scandita soltanto dagli scontri che si avvicendavano sotto i loro sguardi.
Senan fu uno degli ultimi a scendere in campo e non diede chissà che spettacolo, anche se Nemeria rimase colpita quando lo vide entrare nell'arena a petto nudo, mostrando un reticolo in rilievo di cicatrici e scritte nere, tatuate in una calligrafia elegante. A differenza di lei e Noriko, indossava delle cavigliere placcate in oricalco. Si misurò con un altro gladiatore, un uomo con il petto villoso e il collo taurino piantato in mezzo alle spalle come un chiodo nel legno. Non ci fu praticamente sfida: Senan era agile, schivava ogni colpo della sua shamshir con grazia felina, roteando in semi cerchi come se stesse ballando su una musica lenta che si velocizzava a ogni suo cambiamento di passi. Non appena il suo avversario cominciò ad accusare i primi segni di stanchezza, passò al contrattacco e, dopo nemmeno due scambi, lo disarmò e lo costrinse a terra. Non attese nemmeno che l'arbitro ne dichiarasse la sconfitta e subito imboccò l'uscita.
Al calar del sole, le guardie radunarono tutti i vincitori nel centro dell'arena. Adhara li chiamò uno ad uno e appuntò i loro nomi: dai trentadue che c'erano quella mattina, erano rimasti soltanto in sedici.
- Domani fatevi trovare all'arena come stamattina. - ordinò Koosha.
Tyrron le scoccò un sorriso più che compiaciuto. Nemeria ricambiò, più per dovere che per reale partecipazione. Gli avrebbe voluto chiedere come stesse Batuffolo, ma lui andò via scortato da un manipolo di soldati, assieme a tutti gli altri lanisti.
Ad attenderli al refettorio c'era la solita cena deludente a base di legumi, verdura e uova, niente a che vedere con gli spiedini che avevano consumato per pranzo, ma tanto bastava per mettere a tacere la fame.
Durga era ancora piena di energia e non smetteva di parlare, e mentre parlava gesticolava, con gli occhietti gialli che brillavano d'eccitazione ogni volta che raccontava i dettagli degli scontri. Nemeria non si capacitava da dove avesse tirato fuori tutta quella loquacità, quando lei desiderava soltanto buttarsi sul letto. Nel momento in cui Noriko propose di andare a dormire, colse la palla al balzo e, dopo essersi lavate, la seguì fino in camera.
- Vado a chiedere a Nande se ha qualche erba per conciliarti il sonno. -
- Ma non mi serve... -
- Ti serve, invece. La morte di Dariush ti ha sconvolta e rischi di non chiudere occhio stanotte. -
Nemeria annuì e rimase lì finché Noriko non tornò con un infuso di semi di papavero.
Quella notte si sedette vicino al focolare di Agni. Il suo calore tenne lontani i mostri, gli spettri e il profondo, tagliente senso di colpa.
La giornata seguente si trascinò con fatica fino a sera, quando Nemeria andò al tempio. Fino a quel pomeriggio non ne immaginava nemmeno l'esistenza. Lo aveva sentito nominare da un servo mentre rientrava dal suo scontro e per risalire alla sua collocazione le era stato sufficiente chiedere. Noriko l'aveva sentita, ma non aveva fatto domande quando, dopo essersi cambiata, Nemeria era uscita di nuovo.
Il tempio era un luogo angusto, una stanza quadrangolare dove la luce delle stelle e delle candele sfiorava le immagini della lotta di Heydar e degli Spiriti contro la Madre in rilievo sulle pareti. Le ombre le facevano sembrare vive, carne intrappolata nella pietra in cerca di una vita di fuga.
Nemeria prese un incenso e si inginocchiò davanti all'altare, sotto lo sguardo vigile di quel dio crudele, circondato dai suoi fedeli sudditi armati con lance e spade d'oro. Compose i segni dei cakra.
Si sentiva la testa e il cuore pesanti e quella pesantezza sembrava aver incancrenito ogni appendice del suo corpo. Quando si era scontrata nell'arena, il suo avversario era rimasto indefinito, anche dopo che l'arbitro ne aveva annunciato la sconfitta. Erano gli strascichi della malattia, la convalescenza del dolore.
Chiuse gli occhi e raddrizzò le schiena. Pregò per Altea e Hirad, che avessero una buona vita; per Kimiya, che trovasse la forza di opporsi alla crudeltà di Mina; per Chalipa e Afareen, che riuscissero a trovare la loro strada nel mondo esterno. Pregò per i gemelli e per Hami, che la vita gli fosse dolce.
Strinse la mano a pugno sul petto, dove un tempo penzolava la pietra di luna, e trasse un profondo respiro. Non c'era un'anima da vegliare o un corpo da vestire e lavare. Non sopravviveva niente, se non il ricordo di quegli ultimi istanti passati assieme nell'arena.
- Madre, nel tuo tramonto soggiace la pace dell'alba.
Tutte le cose sono effimere e la vita è vita solo se si può spegnere.
Anche se la mia anima tramonterà, io non ho paura
perché in ognuno cammina la morte
e colui che sempre scompare, sempre si incamminerà verso il cielo.
Madre, nell'ora più buia guida a te chi non ha più stelle. -
Rimase inginocchiata fino a quando l'incenso non bruciò del tutto e il formicolio alle gambe non divenne insopportabile. Indugiò sulla soglia del tempio, lo sguardo fisso sul viso impassibile di Heydar. Quasi per spregio, ripeté i segni degli otto cakra e poi uscì a passo di marcia.
 
La mattina successiva vennero svegliati prima del solito. Stavolta, però, al posto di Ozgur, a tirarle giù dal letto fu Bahar.
- Su, su, in piedi. Oggi ci sarà la sfilata in città. -
- Di cosa stai parlando? -
- Ieri non vi hanno detto nulla? - si grattò la nuca e poi si rivolse a Noriko, - Davvero non ne sapete niente? -
- Aghà Koosha ci ha solo ordinato di andare all'arena. -
- Ah, fanno i misteriosi. - ridacchiò e allungò le braccia, scrocchiando le dita, - Allora nemmeno io vi dico nulla. Ora muovetevi. Prima arriviamo, meglio è. -
Noriko annuì, prese a braccetto Nemeria e la scortò in bagno. Nonostante fosse tornata presto, il sonno non aveva scacciato la pesantezza. Si lavò e si cambiò quanto più in fretta poté, ma pur con tutti gli sforzi Bahar le rivolse una smorfia carica di sussiego.
Marciarono fino all'arena, dove li attendevano gli altri otto gladiatori. C'erano meno guardie del solito, o almeno questa era l'impressione di Nemeria. Li contarono come il giorno prima e poi, contro ogni pronostico, i lanisti richiamarono i propri gladiatori. Diedero loro delle cappe e li scortarono fuori dall'arena.
- Ma... ma che sta succedendo? - mormorò Nemeria.
- Non lo so, sembra che stiamo per uscire da qui. - rispose Noriko, avvolgendosi nel mantello.
- Non vi preoccupate, non sta per accadere niente di brutto. - ridacchiò Bahar, - Per stasera sarete splendide. -
Giunti davanti al portone, Tyrron si voltò verso di loro. Quella mattina si era fatto una treccia e il chitone bianco con rifiniture d'oro gli conferiva un'aria autorevole, da uomo di potere.
- Appena usciremo, ci saranno già molte persone. Le guardie li terranno lontani, ma voi dovete cercare di farvi vedere il meno possibile, quindi testa bassa e procedete spedite, senza mai fermarvi. -
I soldati che costituivano la sua scorta personale si misero in formazione attorno a tutti loro, con Noriko e Nemeria dietro a Tyrron, Bahar e Morad. Quando le porte si aprirono, furono accolti da una folla di curiosi. C'erano donne, uomini, ragazzi e ragazze d'ogni età, persino bambini che avevano sì e no l'età di Rakhsaan. Da sotto il cappuccio Nemeria non riusciva a vedere bene, ma l'euforia e l'entusiasmo che trapelava a ogni loro esclamazione le metteva addosso la voglia di strapparsi il mantello di dosso e correre in mezzo a loro.
- Tyrron! Tyrron! Tyrron! -
Il suo lanista alzò un braccio e salutò la folla che gli rispose con uno scroscio di applausi e inneggiando con voce ancora più alta il suo nome. L'eccitazione sfrigolava nell'aria, era nettare per le orecchie e vino sulle fiamme di Agni.
Camminarono per un paio di minuti prima di arrivare davanti a un carro coperto da un telo di iuta.
- Su, entrate. Siamo già abbastanza in ritardo sulla tabella di marcia. - le incitò irritato Tyrron.
Bahar saltò su prima di loro. Morad fu l'ultimo, assieme ad altre quattro guardie. Lo schiocco di frusta preannunciò il nitrito dei cavalli e la messa in moto del carro. Seduta tra due uomini armati fino ai denti, Nemeria era combattuta tra l'eccitazione per la novità e il timore per ciò che l'aspettava.
- Niente facce tristi, mica siete delle condannate a morte! Andate a farvi belle per la parata di stasera. -
- Pensavo che oggi avremmo combattuto. -
- No, domani tornerete a menar le mani, ma oggi trascorrerete la giornata alle terme più lussuose di Kalaspirit. Verrete pettinate, truccate, depilate e vi verranno forniti dei vestiti per l'occasione, cuciti proprio su misura per voi. - si batté le mani sulle cosce e il suo sorriso si allargò, - Uscirete da lì che non vi riconoscerete più. -
Rimasero sul carro per molto tempo. Quando scesero, si trovarono davanti a un ingresso monumentale, con sei colonne di marmo bianchissimo che si stagliavano alte a sostenere un'architrave ornata con fregi bronzei.
- Benvenute alle terme di Revati! - chiocciò Bahar.
- Anche... anche gli altri lanisti le hanno? - balbettò impressionata Nemeria.
Per la Madre, nemmeno nelle sue fantasie si sarebbe mai potuta immaginare un posto del genere.
- Oh sì, ma davanti alle mie sbiadiscono. E lo dico senza modestia. - rispose Tyrron, - Non stare lì impalata, sbrigati. -
All'ingresso vennero loro incontro uno stuolo di giovani, tutti vestiti con una tunica bianca stretta in vita da una cintura di cuoio lucidissima e i capelli raccolti in una coda alta.
- Nemeria e Noriko, andate con loro. Morad e Bahar, sorvegliate l'altra uscita. - ordinò Tyrron e poi si rivolse alle due gladiatrici, - Non penso serva, ma niente colpi di testa nelle mie terme. I soldati rimarranno fuori durante i trattamenti, però sono autorizzati a intervenire al primo segnale di pericolo. Spero vivamente che non sia necessario. -
Noriko rispose con un'alzata di spalle, mentre Nemeria assentì. A quel gesto, Tyrron sorrise e rilassò le spalle.
Salirono una rampa di scale sulla destra. Al primo piano c'era una sala rotonda, con diversi uomini che si allenavano sollevando pesi, nella corsa o in vari esercizi di corpo libero, mentre altri riprendevano fiato tra una chiacchiera e l'altra.
Il nutrito gruppo di ragazze che era stato assegnato a Noriko la condusse in un altro corridoio, più piccolo rispetto a quello da cui erano venute.
Nemeria venne dapprima portata in una stanza con una vasca dove poté lavarsi e, in seguito, all'interno di una stanzetta piacevolmente riscaldata, con un lettino al centro.
- Prego, cambiati e poi rilassati. Ci pensiamo noi a te. -
Il sorriso della ragazza la metteva un po' a disagio, ma alla fine Nemeria obbedì. Quando si distese, con solo il pestemal addosso, tutte le altre ragazze si affollarono attorno a lei.
- Ebbene sì, ragazzo, hai bisogno di una bella ripulita. -
- Non è un ragazzo, è una ragazza, Lada. -
Quella che aveva parlato, una Ver'ilef con il naso aquilino e la fossetta sul mento, si portò una mano alla bocca in un risolino nervoso.
- Perdonami, è che sei davvero... -
- Mascolina? -
- Sì... sì, mascolina. - ridacchiò e, mentre un'altra ragazza passava dell'olio, tirò su con una spatola della crema gialla che profumava di miele e gliela spalmò sulle gambe, - Sei bella comunque, ma ammetto che a primo impatto non avevo capito che eri femmina. -
Nemeria nascose un sospiro sconsolato.
"Non vedo l'ora che mi crescano i capell..."
Cacciò un urlo e afferrò la sponda del lettino con entrambe le mani. Stava già per ritrarre la gamba, quando si sentì afferrare per le caviglie.
- Ferma, altrimenti appiccichi la crema ovunque. - l'ammonì Lada.
- Cosa... cosa mi state facendo? - pigolò e sussultò di nuovo quando percepì il profilo freddo di una lama sulla pelle.
- Ti togliamo tutta la pelliccia che hai addosso, bambina. -
- Ma... ma perché? A che serv- ah! -
- Devi essere bella stasera e domani. Sarai anche una gladiatrice, ma se vuoi avere degli sponsor devi avere un aspetto più che accettabile. - le mostrò la striscia di crema gialla, punteggiata da peli nerissimi, - So che la prima volta fa male, ma vedrai che ti abituerai presto. -
Nemeria aveva le lacrime agli occhi per il dolore, ma riuscì comunque a fare un lieve cenno di assenso prima che riprendessero. Cercò di contenersi, anche se a ogni strappo le veniva da piangere. Più di una volta ritrasse la gamba e sferrò un calcio a vuoto. Se Lada e l'altra ragazza non avessero avuto i riflessi pronti, probabilmente le avrebbe centrate in pieno.
Non si limitarono a toglierle i peli dalle gambe. Nelle successive cinque ore le strapparono quelli sulle dita dei piedi, sulle braccia e sotto le ascelle, finché non furono soddisfatte. Alla fine, quando la girarono supina e si dedicarono e regolarle le sopracciglia e i pochi arditi peli che sbucavano dal naso, non sentiva quasi più niente.
- Sei stata bravissima. - le sorrise indulgente Lada.
- Sì, davvero. Io la prima volta ho urlato per tutto il tempo. - aggiunse l'altra ragazza, quella che l'aveva invitata a stendersi.
Non che per Nemeria facesse tanta differenza: se avesse potuto, avrebbe volentieri evitato di essere "bravissima" e "coraggiosa".
Lada aprì l'armadio e le porse un paio di mutande e una fascia di stoffa, uguali identici a quelli che aveva indossato per il bagno. Prima ancora che le dicesse qualcosa, Nemeria si era già messa in piedi e se li stava mettendo addosso. Non si rese conto di aver trattenuto il fiato finché non la portarono nella stanza attigua, quella con la vasca. Come prima, la cosparsero con un unguento grumoso che aveva un profumo delicato di cannella, resina e mandorle. La massaggiarono a lungo prima di permetterle di scivolare in acqua e, mentre Nemeria si risciacquava, loro le strofinarono la schiena e le spalle con una spugna ruvida. Con sua grande sorpresa, le applicarono anche una crema sul viso, che, nonostante avesse un profumo nauseante, quando poté lavarla le lasciò la pelle morbida e profumata.
Stava già imbrunendo quando finalmente la lasciarono andare. O meglio, la scortarono in una stanza dove non c'erano né lettini né vasche né nessuno di quegli strani attrezzi per la cura del corpo.
- Aspettate qui. Aghà Ehsan arriverà a breve. -
Attesero che le guardie prendessero posizione e richiusero la porta. Noriko alzò lo sguardo e la fissò. Il rossore sulle sopracciglia e sul labbro le gonfiava il viso, facendolo apparire più tozzo di quanto in realtà fosse.
- Traumatico? -
Nemeria annuì e si lasciò cadere sulla panca di legno, gambe e braccia aperte, testa reclinata all'indietro. Non capiva come la gente potesse spendere dei soldi per andare lì: si sentiva esausta e dolorante come al termine di un allenamento con Roshanai.
- Chi è Ehsan? - chiese dopo un po'.
- Spero non un altro amante della pulizia del viso. -
Nemeria ridacchiò e Noriko abbozzò un mezzo sorriso. Le avevano tagliato i capelli, eliminando le punte rovinate e accorciando quelle troppo lunghe o fuori posto. Vista così, sembrava più grande e matura.
La porta si aprì ed entrò un uomo giovane con una kandys blu, con un ricamo di tralicci d'uva sullo scollo e sulle maniche svasate d'oro, come d'oro erano gli orecchini a forma di serpente che gli pendevano dai lobi. Batté le mani e i servi che lo seguivano si spostarono ai lati, con le braccia appesantite da una cascata di stoffe colorate.
- Quindi siete voi le promesse gladiatrici. Tyrron mi ha parlato molto di voi. - le scrutò con i suoi occhi azzurri, l'angolo della bocca alzato in un mezzo sorriso, - Siete una più particolare dell'altra, non c'è che dire, non ha esagerato. -
Nessuna delle due osò parlare. Noriko non sembrava interessata, ma lei non riusciva a staccare lo sguardo da quel tripudio di colori. Parevano delle stoffe, tuttavia più le guardava più le pareva di riconoscere il profilo di una manica o la piegatura di un colletto.
- … e tu, invece? -
Noriko le diede una gomitata, che Nemeria incassò con un grugnito. Le stava per rispondere a tono quando notò che nella stanza c'era silenzio e che l'uomo stava guardando proprio lei.
- Dicevate a me, aghà? -
- Sì, dicevo proprio a te. Volevo sapere qual era il tuo nome, se mi è concesso chiederlo, bayenni. -
Il tono con cui pronunciò "signorina" era a metà tra il serio e il faceto, e le strappò un sorriso.
- Nemeria, aghà. -
- Nemeria... scelta particolare. Nella lingua Školt significa “indomabile”, mi pare di ricordare. - si avvicinò di un paio di passi e inclinò la testa, fissandola in volto, - Zanminant vser'ez. -
- Non... capisco. -
L'uomo scoppiò a ridere e poi fece un cenno alle sue spalle. Come a un segnale convenuto, fluirono nella stanza almeno un'altra decina di servi, tutti con in mano vasetti, pennelli, matite e tanto altro. Mentre i due che avevano portato gli abiti li disponevano sui nuovi manichini, l'uomo tornò a guardarla.
- Ti ho solo detto che sei molto interessante, bambina. Spero davvero che voi due riusciate a farvi notare. Sarebbe un peccato che due creature così fuori dal comune finissero nel dimenticatoio prima del tempo. - srotolò un metro dalla cintura e si lisciò la barba sulle guance, - Lasciate fare tutto a noi, ora. Stasera anche le stelle dovranno inchinarsi a voi, quanto è vero che Ehsan è il miglior sarto di Kalaspirit. -
 
La sera giunse in fretta. Come ogni giorno, la luce del sole era retrocessa lentamente, per poi cedere il passo al buio luminoso, mantello della luna e delle stelle. Le terme avevano chiuso prima e, in quel momento, a parte lei, Noriko, Tyrron e i soldati che le avevano scortate fino a lì non c'era nessuno. Sotto la luce lattiginosa che invadeva l'atrio, le rifiniture delle loro armature splendevano come se al loro interno scorresse dell'acqua.
Nemeria trasse un profondo respiro, aprì e strinse i pugni molleggiando le ginocchia. Per quanto il velo che le copriva la bocca fosse leggero, l'aria sembrava sfuggirle.
- Signore. - un soldato scese la rampa di scale a grandi passi, - Tutti hanno acceso i fuochi. -
- Ottimo. -
Tyrron si girò verso Nemeria e Noriko. Per l'occasione, sopra i calzoni bianchi, portava una tunica nera con ampie maniche, chiusa in vita da una fusciacca frangiata rossa. I fili di seta che cucivano lo stemma della lince fiammeggiavano sulla spalla.
- Andiamo. -
L'aria fresca e frizzante della sera le investì in un soffio di vento che ingrossò le vesti e asciugò il sudore. Quando anche il cancello venne aperto per la gioia della folla, Nemeria dovette trattenere l'eccitazione. Le persone sgomitavano per vederle meglio, si mettevano sulla punta dei piedi tirando in alto i figli piccoli o facevano leva sulle ringhiere di ferro che delimitavano la strada per scorgere al di là del muro di guardie. E le loro acclamazioni e il loro indicarle con gli occhi spalancati non faceva altro che accrescere in Nemeria la voglia di soddisfare le loro aspettative. Tutto quello che era successo negli ultimi due giorni impallidiva sempre più a ogni sorriso o sguardo sognante che riceveva.
La strada si allargò in una via più grande e, contemporaneamente al loro arrivo, sulla sinistra giunse il gruppo di Tana. Ahhotep vestiva con un abito leggero di un grigio che sfumava sull'ampia gonna, che lasciava scoperte le gambe. Perle azzurre erano state cucite sul petto, seguendo la forma delle ali di una farfalla che sembravano abbracciare i piccoli seni e il collo. Nemeria ci mise un po' a capire che ai piedi portava dei semplici calcei bianchi e che i crisantemi che si inerpicavano fin sotto lo spacco erano dipinti. L'eterea grazia di Ahhotep si stemperava nell'allergia di Durga.
Non appena intercettò lo sguardo di Nemeria, la bambina la salutò con un sorriso raggiante. Prima che Tana potesse dirle qualcosa, in uno slancio corse in avanti, aprì le braccia e salutò il pubblico passando rasente alle guardie, battendo il cinque agli arditi che non si ritraevano. La cintura che le sosteneva i pantaloni sulla vita si aprì come la coda di un pavone, garrendo al vento accompagnata dal trillo impazzito dei sonagli sulla fascia, sulle braccia e sui ricci, pettinati in morbide onde.
Una delle guardie stava per scattare per andarla a riprendere, ma Tana gli fece cenno di no con la testa e tornò a guardala con un sorriso indulgente. Con quel peplo azzurro e le maniche semitrasparenti, sembrava una dea dell'aria, così effimera che sarebbe bastato una raffica più forte per farla volare via.
Attraversarono tutti i Quartieri della città, passando attraverso le piazze e le vie più conosciute. Per Nemeria era strano rivedere quelle strade che per mesi erano state la sua casa, ma senza l'angoscia di tornare alla tana senza aver recuperato abbastanza cibo. Al loro gruppo si unirono gli altri lanisti con i loro gladiatori, i loro vestiti sgargianti e le loro armature luccicanti. Nemeria avrebbe voluto osservarli meglio, ma un'occhiata di Noriko la dissuase.
Giunsero in una piazza rettangolare del Quartiere del Sole. Il vento gonfiava le tende dei negozi e faceva oscillare le fanoos che illuminavano l'ambiente, decine e decine di lanterne colorate sospese come bolle di sapone sopra le teste del pubblico. Su un palco addossato sotto un palazzo di tre piani, c'era un'orchestra, che al loro arrivo attaccò con una canzone dal ritmo scandito da cembali e tamburi. La folla accompagnò la musica battendo le mani o, quando anche gli altri strumenti si unirono alla melodia, ballando sul posto.
Quando terminarono di suonare, Koosha salì sul palco e tutti, persino i bambini, ammutolirono.
- Signori, benvenuti! Non mi dilungherò in chiacchiere. Quelli che vedete sono i nostri migliori gladiatori, gli otto selezionati che domani gareggeranno nell'arena. -
Aveva una voce stentorea che pareva arrivare direttamente dallo stomaco ed esplodergli in bocca.
- Ciò a cui assisterete stasera è solo una piccola parte di quello che sono capaci di fare. Divertitevi e, soprattutto, ricordatevi di loro domani: la loro vittoria dipende anche da voi, non dimenticatelo mai. -
Mentre scendeva dal palco il pubblico applaudì, ma l'attenzione di tutti era già fissata sul ragazzo al centro della piazza. Nemeria aveva l'impressione di averlo già visto, anche se non riusciva a ricordare dove o in che occasione.
- Abayomi di Adel, gladiatore. -
Il ragazzo marciò in mezzo alla piazza fino alla rastrelliera d'armi, fece un inchino fin troppo cerimonioso e poi afferrò due katane.
"Ma che sta facendo?"
Nemeria guardò Noriko in cerca di una spiegazione, ma anche la sua amica sembrava sorpresa tanto quanto lei.
- Che cosa sta succedendo? - le soffiò Durga all'orecchio, - E perché siamo qui? -
- Non lo so. -
- Non avete sentito Koosha? Dobbiamo esibirci davanti al pubblico. - rispose pacata Ahhotep, - Vogliono mettere alla prova la nostra capacità d'improvvisazione. -
Nemeria deglutì.
Abayomi sguainò le spade che aveva poggiato a terra in un ruggito, indietreggiò spostandosi di lato e le incrociò davanti al petto. Attese immobile con le gambe divaricate finché il suono delle tube e del liuto non si affievolì sotto il ritmo incalzante dei tamburi. Allora scattò in avanti, parando il colpo di un nemico immaginario con una spada, mentre l'altra tagliò l'aria in diagonale. Balzò indietro, girò su se stesso e rieseguì le tecniche, così in fretta che a malapena Nemeria riuscì a vederle prima che lui rotolasse fino alla rastrelliera e sfilasse una lancia. Ritornò in guardia un paio di secondi più tardi, di nuovo immobile sulle note calme della canzone. La mulinò piano, a destra e a sinistra, avanzando di qualche passo con quel suo sorriso da sberle stampato in faccia che Nemeria tanto odiava. Abayomi puntò lo sguardo su di lei e per un momento la sua coreografia parve fermarsi. Il rullare dei tamburi divenne un battito unico e sincronizzato che cresceva d'intensità. Il clangore metallico dei piatti sancì il colpo al volto, la finta al petto, spazzata sulle gambe e affondo nel piede. Nemeria strinse i pugni, reprimendo le fiamme sotto la pelle dei palmi: nella sua mente, era lei l'avversario che stava facendo a pezzi.
- Ti sta provocando, non cascarci. - l'avvertì Noriko.
- E dovrei rimanere impassibile davanti a una cosa del genere? -
- Sì, anche se non è nella tua natura. Se vuoi batterlo devi capire cosa sa e cosa non sa fare. E non sottovalutarlo: è l'unico umano in mezzo a Dominatori, eppure viene trattato con rispetto. A te le conclusioni. -
Seppur avesse ragione, per Nemeria era difficile concentrarsi. Più l'esibizione proseguiva, più la voglia di afferrare la shamshir e affrontarlo cresceva. Doveva ammettere però che era bravo, molto più bravo di quanto si sarebbe aspettata. Impugnava diverse armi come se fossero state un'estensione del sue braccio e le maneggiava con una tale naturalezza da far sembrare tutto semplice, immediato. Nemeria non si stupì più di tanto quando terminò l'esibizione e ricevette uno scroscio di applausi.
Un corno suonò e piombò di nuovo il silenzio.
- Zahra di Adel, dominatrice della terra. -
Zahra diede il cinque ad Abayomi e si diresse anche lei al centro della piazza. Guardò le armi nella rastrelliera con una smorfia di sufficienza prima di rivolgersi al pubblico. Come Abayomi, il trucco le allungava gli occhi e i diversi tatuaggi tribali a motivi geometrici che le avevano dipinto sulle braccia e sulle guance barbagliavano di una luce verde intensa. La tunica si ingrossò quando la pelle di Zahra si spaccò, esponendo lo strato di rocce compatto al di sotto. Richiamò i sassolini e la polvere e li compattò in una spessa lastra di pietra. Il pugno che sferrò la ruppe. I pezzi non fecero in tempo a cadere che, come attratti da una forza magnetica, scattarono contro di lei. Zahra li afferrò e li sgretolò fino a ridurli in sabbia.
Nemeria contemplò rapita i suoi movimenti. Sul finale, la dominatrice diede un pugno a terra. La calce che manteneva insieme l'acciottolato si ruppe e i sassi che ricaddero vennero fracassati da una rapida serie di calci. Al primo, cauto applauso ne seguirono altri e, mentre Zahra tornava vicino ad Abayomi, la piazza parve tremare sotto le urla entusiaste del pubblico.
Le esibizioni successive furono accolte allo stesso modo. Noriko eseguì una serie di tecniche di lotta a mani nude e con il tessen. A volte il vento cominciava a soffiare all'improvviso e i veli che le coprivano i capelli e la bocca si libravano in aria, lasciando scorgere ai più vicini un angolo del viso o una ciocca dei capelli sciolti. Quando compì una capriola in aria e rimase sospesa a tre piedi da terra, con le piume bianche che fuoriuscivano dai fiancali dell'armatura di cuoio colorata, poteva essere scambiata per un'assassina venuta dal deserto a cui fossero improvvisamente spuntate le ali.
Ahhotep, invece, si guadagnò più di un'occhiata meravigliata da parte del pubblico con la sua grazia. Snobbò le armi e gli altri strumenti che erano stati lasciati a disposizione e ballò sulle note di una canzone romantica, dove a farla da padrona erano il suono dolce della cetra, delle lire e dei sistri. La gonna catturava il vento a ogni giravolta e le scompigliava i capelli in una ruota perfetta, mentre la sua voce si accordava alle note e lei saliva i gradini di un'ampia scala immaginaria. Nemeria l'ammirò con meraviglia. Era come se la piazza fosse il suo palco e lei gli appartenesse.
- ...via di qua. -
Su quelle ultime parole, Ahhotep si lasciò cadere nel vuoto. Il vento la trattenne a qualche spanna da terra e la depositò sulla nuvola bianca che si era formata tipo materasso.
L'unico dominatore di Mina, una ragazza di nome Uriah, con i capelli a caschetto e la gonna fatta di sole piume nere, e Senan fecero due esibizioni piuttosto brevi: lui perché era chiaramente svogliato, lei perché era talmente agitata che le fu difficile richiamare il suo elemento come avrebbe voluto. Il pubblico parve contrariato, soprattutto quando pensò che lo spettacolo di Senan si fosse limitato a qualche tondo e fendente, ma quando questi buttò a terra l'acqua di entrambi i barili e la trasformò in una lastra di ghiaccio ammutolì all'improvviso. Poi il dominatore si gettò sulla pista, innalzandosi in avvitamenti, piroette e salti che esaltarono tutti. Anche Uriah fece una cosa simile, con la sola differenza che non riusciva a muovere la frusta e a pattinare con la stessa grazia dell'Eoin'id.
Quando giunse il suo turno, Nemeria non aveva la più pallida idea di che fare. Durga aveva usato la maggior parte degli strumenti a sua disposizione e l'olio, creando uno spettacolo in cui lei era una mangiatrice di fuoco, e poi aveva dato prova di essere brava anche nel maneggiare il suo amato kilij. A Nemeria sarebbe piaciuto fare qualcosa di originale, ma quando il ragazzo chiamò il suo nome, qualsiasi idea avesse si dissipò in una nuvola di fumo.
Avanzò al centro della piazza e per prima cosa prese la sua shamshir dalla rastrelliera. Era ancora leggermente umida, ma le bastò stringerla perché il calore delle sue mani la asciugasse. Il pubblico attendeva trepidante la sua esibizione. Anche se aveva desiderato avere tutti quegli occhi puntati addosso, in quel momento Nemeria avrebbe voluto essere altrove.
Non devi agitarti.
La voce di Pavona le risuonò nelle orecchie come se fosse alle sue spalle.
Controlla il respiro e poni un freno al battito del cuore, come ti ho insegnato.
"Non so cosa potrei fare per farmi amare. Le altre esibizioni sono state fenomenali e io... io non so davvero come potrei distinguermi."
Il brutto di essere gli ultimi a esibirsi. Quando mi capitava una cosa del genere, semplicemente facevo quello che mi veniva meglio o quello che, sul momento, avevo voglia di fare. L'improvvisazione è soprattutto questo, ricordatelo bene.
Il pubblico rumoreggiava, infastidito dall'attesa. Qualcuno sbuffò, altri si voltarono a parlare con la persona che avevano di fianco. La tensione estatica creata da Durga e dai suoi compagni si stava sfilacciando come una vecchia calza.
"E se non funziona?"
Non lo sai finché non provi.
Nemeria intercettò lo sguardo del corvo appollaiato sulla tettoia del palazzo vicino. Il cuore le batteva veloce nel petto, le sembrava di non avere abbastanza aria nei polmoni, ma lo scoppiettio del fuoco di Agni era forte, così forte che se chiudeva gli occhi e allungava la mano nel buio era certa che ne avrebbe potuto percepire il calore sui polpastrelli.
Strinse la shamshir e disegnò nell'aria un fendente che sprigionò una sventagliata di scintille. Poi parò un tondo da dietro e rispose con un affondo. Quando distese il braccio, le fiamme avvilupparono la lama e attecchirono sulle poche gocce d'olio rimaste. Si alzarono alte, in una rapida combustione, e si torsero su se stesse, prendendo la forma di uno stormo di colombe che si librarono attorno a lei. Le note delicate dell'orchestra tentennarono, rallentarono ancora e poi cedettero il passo all'incalzante suono dei sistri, dei cembali e dei flauti. Nemeria non si fermò. Sul nuovo ritmo, si gettò in un duello immaginario contro Zahra e Abayomi. A ogni colpo andato a segno, li cercava con lo sguardo perché voleva che sapessero che li avrebbe sconfitti. Si piegò sulle gambe e si aprì un varco nella difesa della dominatrice in un tondo che sprigionò un'altra sventagliata di lingue di fuoco. Allungò la gamba indietro e, impugnando la shamshir a due mani, menò un colpo diagonale, dal basso verso l'alto.
- Io vi batterò! - urlò ad Abayomi e poi aprì le braccia.
Il potere fluì come un fiume in piena ed eruppe dalla sua mano in una fiammata che illuminò a giorno la piazza. Una donna gridò e si tirò indietro, un ragazzo rimase a bocca aperta, mentre altri, molti altri, presero a battere le mani in alto. E quel battito divenne un lungo ed entusiasta applauso quando il fuoco prese la forma di un cavallo che trottava attorno alla piazza, con la criniera che si dissolveva al vento in petali fiammeggianti.
- Io vi batterò. - esalò stremata e abbassò la shamshir.
Sulle ultime note, il cavallo svanì e Nemeria si inchinò. Il sangue bollente le accaldava le guance e le rendeva difficile respirare. Ma più il pubblico applaudiva, più l'incendio che aveva dentro divampava incontrollato. Tutte le preoccupazioni erano delle macchie indistinte sullo sfondo del cielo stellato.
"Vincerò, perché non ho altra scelta."

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Himenoshirotsuki