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Autore: HarleyHearts    03/05/2018    1 recensioni
Adrien un giorno, dopo aver sconfitto l'ennesimo nemico di Papillon, si sente male e sviene. Al suo risveglio capisce, e si rende conto, che qualcosa è andato completamente storto.
-
- Plagg? - lo chiamò
- Sì? - tremò quasi, lo spiritello.
- Sono un gatto? -
- ... Sì -
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ladybug & Chat Noir stories'
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Capitolo 5

 

Adrien si stiracchiò pigramente la schiena, prima di appallottolarsi nuovamente sul sedile della macchina di Master Fu.

L’anziano uomo era stato così gentile da offrirsi di accompagnare i tre felini in un posto vicino a dove dovevamo recarsi: la Città dei gatti.

Macchietta si era premurato di spiegare all’ex-modello cosa fosse di preciso, e gli diede più informazioni possibili a riguardo.

Nascosto agli occhi degli esseri umani, la Città dei gatti di Parigi era un vero e proprio piccolo nucleo dove tutti i felini del posto si potevano ritrovare giornalmente.  Posti come quello esistevano da secoli, ed ogni città del mondo ne era provvista.

Adrien non aveva mai pensato che potesse esistere una cosa del genere, una comunità segreta di gatti nascosta sotto i loro nasi.

Era completamente assurdo!

Non sapeva se definirlo più o meno rispetto all’essere diventato un gatto. Forse le due cose si equivalevano, a stramberia.

- La Città… è fantastica - gli aveva detto Macchietta, con gli occhi che brillavano di puro entusiasmo - Quella di Parigi è strutturata come un ampio mercato a più piani circolare, da cui partono numerose vie ramificate verso l’esterno. Lì non importa a nessuno se sei un gatto d’appartamento o un randagio dalla nascita; la Città è sempre aperta e pronta ad aiutarti. Quando arriveremo, vedrai, te ne innamorerai anche tu -

Dire che Macchietta fosse profondamente innamorato di quel posto, non sarebbe risultato abbastanza.

Per lui la Città era tutto, e se era arrivato alla sua veneranda età lo doveva ai numerosi gatti che vi vivevano, che l’avevano accolto quando era poco più di un micino randagio spaurito e senza famiglia.

- È mai capitato prima che un umano arrivasse lì? -

Macchietta scosse la testolina, appallottolandosi sul sedile opposto a quello dell’ex-ragazzo.

- Che io sappia no -

Avrebbe dovuto immaginarlo.

L’idea di essere l’unico essere umano, o meglio ex-umano, a visitare quel posto lo rendeva parecchio nervoso. Si domandava come avrebbero reagito gli altri gatti, e se avesse dovuto nascondere la sua vera natura.

- Perché quell’aria triste, Sardina? C’è qualcosa che non va? - gli domandò Macchietta, sinceramente preoccupato.

- Stavo solo pensando se fosse un problema il mio arrivo. D’altronde, io non sono un vero gatto -

- Non ti preoccupare di questo - lo tranquillizzò - Non ci sarà alcun problema -

Adrien non sembrò molto convinto dalle sue parole, e Plagg dall’alto se ne accorse.

- Tranquillo, Adrien. Non succederà niente; abbiamo Mac dalla nostra parte -

L’ex-ragazzo alzò gli occhi verdi per osservare meglio il proprio kwami svolazzare in giro con aria tranquilla.

Che cosa voleva dire? Voleva forse insinuare che non sarebbe successo niente perché sarebbe stato il gattone randagio a proteggerli?

O forse, sarebbe stato così tanto gentile da mettere una buona parola per loro?

Come aveva notato prima, Macchietta sembrava essere parecchio rispettato dagli altri felini, perciò poteva essere una possibilità più che plausibile.

- E poi… - riprese a parlare il randagio - La Città è obbligata a dare rifugio e aiuto ad ogni felino. È scritto nel nostro regolamento d’onore. Non importa se eri o sarai umano, resti comunque un gatto dentro ed è questo quello che conta -

 

 

Il viaggio in macchina durò molto meno di quello che Adrien si sarebbe aspettato.

Arrivato il momento di separarsi, Master Fu li lasciò vicino ad un parchetto abbandonato che il giovane gatto nero non aveva mai visto prima. Si rese conto di non riconoscere nemmeno la zona in cui si trovavano, nel momento in cui scese dall’autovettura ed iniziò a guardarsi intorno.

Si domandava in quale parte di Parigi fossero finiti.

Nonostante il parchetto fosse visibilmente in disuso da molti anni, donava comunque all’ambiente circostante colore e vivacità. La plastica variopinta delle giostrine brillava accesa sotto i caldi raggi del sole, così come l’erba alta, quasi più dello stesso Adrien. Quella visione era in completo contrasto con i muri degli edifici scuri che li circondavano. Cemento grigio, sporco, segnato dalla vernice sbiadita delle bombolette spray. Un angolo fatato, incorniciato dalla tristezza della città.

- Le nostre strade si separano qua - parlò l’anziano maestro, richiudendo la portiera da cui i tre felini erano appena usciti - Spero di poterti rivedere molto presto, ragazzo. Ti auguro di trovare ciò che cerchi -

Il piccolo Adrien annuì con la testolina, e miagolò un cordiale saluto. Una volta salutato l’uomo, i tre aspettarono che la macchina sparì dalla loro vista prima di iniziare ad incamminarsi. A guidarli c’era ancora una volta Macchietta, a capo del gruppo. Adrien era solo a qualche zampata da lui, mentre Plagg svolazzava poco sopra le loro teste in completo silenzio.

Il passaggio che stavano attraversando era stretto ed umido, ricco di svincoli improvvisi e piccole erbacce che facevano capolino dalle spaccature del cemento.

Destra, sinistra.

Destra, sinistra.

Sinistra, ed ancora destra…

Il piccolo Adrien credeva di star sul serio impazzendo, in quell’infinito conseguirsi di svolte su svolte. Più andavano avanti, più i cambiamenti di direzione improvvisi si facevano sempre più frequenti, tanto da fargli quasi male alla testa.

- Manca ancora tanto? - riuscì a domandare il neo-felino. 

Senza mai fermarsi, Macchietta volse appena il muso per lanciargli un’occhiata.

- Ancora poco, Sardina. Dobbiamo solo scendere le scale, e saremo finalmente arrivati - disse, prima di riportare lo sguardo sulla stradina davanti a sé. 

Il giovane rimase interdetto, dopo le sue parole. Di quali scale stava parlando? Lui non intravedeva nulla di simile davanti al possente micione.

La confusione dentro di lui crebbe ancora di più quando girarono per l’ultima volta a destra, e si ritrovarono davanti ad un vicolo cieco.

Adrien passò rapidamente lo sguardo su tutta la superficie della parete, ma non vide altro che cemento e sporco.

Che si fossero persi, così?

Eppure, Macchietta li aveva guidati fino a quel luogo con una sicurezza e disinvoltura incredibile. Era impossibile che si fosse sbagliato; Adrien non riusciva a crederci.

Però… questo non toglieva il fatto che davanti a loro non ci fosse nemmeno l’ombra di una scalinata o di qualcosa anche solo lontanamente simile. Solo grigio, spoglio e cupo cemento.

- Plagg? A te l’onore -

Il kwami annuì con la testolina, prima di svolazzare sopra di loro verso il muro davanti a loro. Adrien rizzò le orecchie incuriosito, ed osservò attentamente ogni più piccola mossa dello spiritello. Quando lo vide spingere con le zampette una leggera sporgenza, che in precedenza non aveva affatto notato, realizzò cosa stesse accadendo.

Il terreno iniziò a tremare, e nell’aria si levò il suono di vecchi ingranaggi meccanici che venivano azionati.

Sia Adrien che Macchietta dovettero fare un balzo all’indietro, quando iniziarono a sentire il cemento mancare sotto i gommini rosa.

In pochi secondi andò a formarsi, davanti ai loro occhi felini, una lunga scala sotterranea.

Adrien allungò appena il collo per cercare di intravedere qualcosa, ma oltre ai primi tre-quattro scalini che avevano davanti, non riuscì a vedere niente.  Il fondo era un enorme pozzo nero, di cui era impossibile riuscire a scorgervi anche solo la più che minima cosa.

- Andiamo? -

 

 

 

Dovettero scendere una decina di scalini, prima di ritrovarsi in un lungo cunicolo scuro. Zampettarono un paio di minuti, avvolti da un’oscurità quasi confortevole, prima d’iniziare a notare uno schiarimento.

All’aumentare della luce si unì anche un lieve vociare, che crebbe d’intensità di pari passo alla fonte luminosa.

All’inizio erano stati solo dei mormorii incomprensibili, così sottili alle loro orecchie, ma poi iniziarono a cambiare.

I mormorii divennero voci, risate ed esclamazioni gioiose, mentre la luce si trasformò in un’arcata in pietra che dava… su quelli che, agli occhi felini di Adrien, sembravano essere tendoni e striscioni di stoffa colorata.

- Ci siamo, Sardina - si fermò Macchietta, sedendosi a poca distanza dall’entrata ad arco - Benvenuto alla Città dei Gatti -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DELLA MENTE MALATA:

Salve. Lo so, avevo detto che avrei aggiornato l’1, e non l’ho fatto. Avevo poi detto che l’avrei fatto il 2, ma manco lì ho rispettato la parola data.

Ho avuto, penso sia quasi ovvio, dei problemi… e sono parecchio in down.

Nonostante il mio attuale stato d’animo sia andato a buttarsi giù da un grattacielo, senza paracadute ovviamente, mi sono buttata completamente nella scrittura. Infatti sono andata avanti nella stesura del prossimo capitolo, e con i capitoli di una nuova che vedrà la luce nel 2000ECREDICI se tutto andrà bene.

Purtroppo il capitolo non è molto emozionante, proprio per niente, ma con il prossimo iniziano le cose BELLEH. Con i prossimi capitolini cercherò di dare il massimo >-< promesso.

Se volete, fatemi sapere cosa ne pensate. I vostri commentini sono sempre ben accetti :3

-Harl

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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