Ringrazio anche solo chi legge.
Il guerriero mistico della morte
Gamora
strinse a sé il
suo pugnalino d’argento, decorato da rubini rosso sangue,
spasmodicamente. Le
nocche delle sue minute manine dalla pelle verde, sbiancarono.
Le urla
della coetanea
Nebula risuonavano nel salone di pietra, ai piedi
dell’immenso trono di roccia.
“Il
caso mi ha donato
un’erede e una perdente. Renderò te una macchina
esteriormente, Nebula, mentre
tua sorella un’arma interiormente. Tutto ciò che
avrete, ogni dote e
caratteristica mi apparterrà e non riuscirete in ogni cosa
che non sarà “mia”
stabilì il titano.
Teneva
Nebula bloccata
in terra, sotto il suo poderoso piede.
Sotto lo
sguardo di
una paralizzata Gamora, Thanos strappò il braccio della
piccola Nebula.
Le urla
della bambina
dalla pelle azzurra cessarono, mentre la piccola kree perdeva i sensi
in una
pozza di sangue violetto.
<
Odio questo
posto, odio quel trono ed odio te, ‘padre’. Tu non
sai cos’è l’affetto o la
pietà > pensò Gamora.
Gamora allungò la mano
verso Thanos, nella propria caduta.
Vide il viso del titano deformato dal dolore.
< Mi hai preso la mano quel
giorno, da bambina, sul mio
pianeta per salvarmi ed ora nuovamente per sacrificarmi >.
Notò le lacrime
sul viso del padre adottivo, deformato dalla sofferenza.
Urlò, mentre sotto lo
sguardo atono di Teschio Rosso
precipitava lungo il dirupo, davanti all’alta parete di
pietra nera.
< Mi ero sbagliata, tu eri
capace di provare affetto, ma…
come il mio per te te era malato, il tuo non era da meno.
Addio Peter, non fallire anche
nell’uccidere mio padre come
hai fallito con me. Distruggilo come hai fatto con Ego. Staccagli la
testa!
Nebula, sorella mia, perdonami, non
ti starò accanto,
proteggi il mio Quill > pensò.
Il suo corpo rovinò sulla
scogliera, infrangendosi contro le
rocce e il suo sangue macchiò il duro terreno.
Gli occhi di Gamora rimasero
sgranati, mentre la gemma dell’anima
si alzava dal suo cadavere, volando verso il titano, che
l’afferrò con le dita
tremanti.