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Autore: heliodor    13/05/2018    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Il nuovo santuario
 
Leyra sedeva all'ombra del grande albero-torre, l'arco adagiato sulle gambe sottili. Osservava da lontano gli alfar che stavano ricostruendo la palizzata distrutta giorni prima.
Si sarebbe unita a loro, se il suo braccio glielo avesse permesso. Galdan, il guaritore, le aveva proibito di fare sforzi per una ventina di giorni e lei aveva ubbidito.
Eryen glielo aveva quasi staccato durante il loro duello, quando si erano affrontate fuori dal santuario.
Lei era arrivata con Gajza e Rancey.
Leyra aveva temuto che per lei fosse la fine, ma lo stregone che serviva Malag l'aveva ignorata ed era entrato nel santuario.
Gajza invece era stata distratta dall'arrivo di due aiuti insperati per Leyra, Thali e Zefyr.
I due fratelli erano sopraggiunti un attimo prima che il combattimento avesse inizio. Senza dire una parola, con intesa perfetta, si erano gettati contro Gajza.
La strega li aveva come attesi, senza muoversi, salvo eseguire un balzo prodigioso prima di venire colpita da una palla di fuoco scagliata da Thali.
Dopo quel primo, rapido scambio, la battaglia era diventata confusa. Eryen aveva cercato di intrappolarla in una ragnatela, ma Leyra era balzata verso gli alberi, seguita da una pioggia di dardi magici. La strega di Nazedir l'aveva inseguita nel folto della foresta, non sapendo che così faceva il suo gioco.
Leyra voleva portarla proprio lì, dove poteva far valere la sua esperienza e abilità. Saltò da un albero all'altro evitando gli attacchi di Eryen, senza stancarsi.
"Vieni giù e battiti lealmente" gridò la strega.
Leyra si nascose dietro il tronco di un albero. "Hai scelto tu di venire qui. Potevi restare al sicuro nel tuo castello."
"Vigliacca" gridò Eryen lanciando una palla di fuoco che abbatté un albero-torre.
È forte, aveva pensato Leyra in quel momento. Se mi colpisce anche solo una volta è finita.
Doveva starsene al sicuro e aspettare che qualcuno venisse ad aiutarla o doveva provare a soprendere Eryen?
La strega aveva lo scudo sempre pronto a deviare i suoi colpi e lei non osava uscire dal suo nascondiglio per non darle un bersaglio.
La classica situazione di stallo, pensò con mestizia. Cosa facevano gli alfar in quei momenti?
Il consiglio degli anziani era di restare nascosti e aspettare che il nemico si stancasse di cercarli, ma Leyra ne aveva abbastanza di nascondersi. Per la prima volta in vita sua, voleva combattere il nemico a viso aperto.
È finito il tempo di nascondersi e fuggire, pensò. Se scappo anche adesso, lo farò per sempre.
Trasse un profondo sospiro ed estrasse le due spade corte che teneva nella cintura, una per lato. Dandosi lo slancio si gettò fuori dal suo nascondiglio, atterrando alle spalle di Eryen.
La strega si voltò di scatto, l'espressione trionfante sul viso. "Ti ho trovata."
Leyra le mostrò la lame.
Eryen dissolse lo scudo ed evocò due lame magiche, una per ogni mano. "Morirai qui."
"Non sai quanto mi renderebbe felice ricongiungermi con la mia dea" disse Leyra. "Ma non è questo il giorno giusto. Lo sento."
"La tua dea è falsa. Era solo una maga crudele e arrogante, come tutti gli altri suoi simili."
Leyra agitò le spade nell'aria. "Vieni e dimostramelo."
Eryen si lanciò in avanti con velocità innaturale.
Sorpresa da quell'attacco, Leyra indietreggiò di un passo. Fino a  quel momento la strega non aveva mostrato quel potere. Che l'avesse sottovalutata?
Le lame magiche di Eryen vibrarono nell'aria e Leyra sentì la loro energia sfiorarle il viso e la schiena mentre si piegava in avanti ed eseguiva una rapida torsione per evitare quel colpo mortale.
Eryen si era girata di scatto e Leyra aveva sentito l'energia della lama vibrarle a pochi centimetri dal viso.
Leyra aveva sollevato la mano e intercettato la lama con la sua daga.
Il metallo, per quanto forgiato con maestria e perizia, non aveva speranze contro la magia. Non quella magia.
Leyra aveva visto con orrore la lama spezzarsi in due e cadere ai suoi piedi. Con un balzo aveva raggiunto una posizione sicura, sottraendosi all'assalto successivo di Eryen.
La strega aveva agitato le lame per sfidarla. "Ti prenderò un pezzo alla volta."
Leyra aveva gettato via ciò che restava della daga tagliata e metà e aveva afferrato quella che le restava con entrambe le mani, poi l'aveva sollevata sopra la testa e con un grido si era gettata verso l'avversaria.
Eryen non l'aveva attesa ed era balzata verso di lei con le lame di energia che mulinavano nell'aria facendola vibrare.
Leyra si era chinata un attimo prima che si scontrassero. Aveva visto balenare le lame verso di lei, ma aveva represso l'istinto di ritrarsi ed era andata avanti.
Con un rapido movimento delle braccia e aiutandosi con il bacino, aveva affondato il colpo.
Qualcosa le aveva colpito il braccio e aveva sentito il dolore avvampare, come il morso di una belva feroce.
Aveva gridato e perso l'equilibrio, cadendo e rotolando sul soffice tappeto di foglie che si era depositato alla base degli alberi-torre.
Con un balzo si era raddrizzata, pronta a fronteggiare un nuovo attacco. Il dolore al braccio era sopraggiunto in quel momento, così intenso da costringerla a piegarsi sulle ginocchia e gemere.
Eryen si era fermata una decina di metri più avanti. Era ancora in piedi, ma si teneva il fianco con una mano, mentre nell'altra aveva la lama d'energia. La sua espressione era sofferente. Dalla ferita sgorgava il sangue che le aveva imbrattato il vestito di raso blu che aveva indossato sotto il corpetto di cuoio.
Aveva tolto la mano dal fianco e le aveva lanciato un'occhiata furiosa. "Mi hai fatto male" aveva detto col tono imbronciato di una bambina.
Leyra era stata tentata di mettersi a ridere, conscia che quello l'avrebbe fatta infuriare ancora di più, ma Arwel le aveva insegnato a rispettare l'avversario, non importava quanto antipatico fosse. "Te ne farò molto di più se..."
Il boato aveva coperto le parole successive. Leyra si era sentita sollevare in alto dal terreno che si gonfiava sotto i suoi piedi. Aveva roteato nell'aria per qualche secondo e poi era ricaduta sulle spalle, battendo la testa sul terreno.
Un albero divelto dalla sua sede era crollato a pochi metri da lei, sfiorandola e una nuvola di detriti aveva nascosto la foresta alla sua vista, come una nebbia innaturale.
Aveva temuto che Eryen ne approfittasse per colpirla, ma l'attacco non era arrivato. In compenso aveva sentito le grida provenire dall'altra parte degli alberi, dove sapeva che Zefyr e Thali stavano combattendo contro Gajza.
D'istinto si era diretta in quella direzione, affidandosi più all'istinto che al suo orientamento.
Aveva raggiunto l'entrata del santuario solo per vederla crollare sotto il peso di tonnellate di roccia e poi sprofondare come ingoiata da un gigante che aveva spalancato le sue fauci.
Poco lontano aveva visto Gajza in ginocchio, le mani protese in avanti come a volersi proteggere. Dietro di lei, Thali l'aveva avvolta in una ragnatela magica creata dalle sue mani, mentre Zefyr, la spada sollevata, si avvicinava a passo lento, come se si stesse godendo quell'attimo.
"Sbrigati" aveva gridato Thali. "Non riesco più a tenerla bloccata."
Nell'angolo opposto, Leyra aveva visto emergere Eryen dalla nube di detriti.
Gli occhi della ragazza erano corsi subito a Gajza.
"Eryen" aveva gridato. "Aiutami. Colpiscilo."
Leyra aveva cercato il suo arco, ma non l'aveva trovato. Doveva averlo perso nella battaglia o quando era stata sbalzata in alto.
Eryen aveva guardato Gajza e poi Leyra e lei riusciva quasi a immaginare che cosa stava passando per la sua testa. Se avesse colpito Thali o Zefyr, poi l'altro o Leyra l'avrebbero colpita a loro volta.
In ogni caso non sarebbe uscita viva da quello scontro, a meno che...
Eryen si voltò di scatto e corse verso il folto degli alberi, sparendo alla vista.
"Eryen" gridò Gajza disperata. Le mani le ricaddero in grembo, come a un burattino al quale avessero tagliato i fili. Aveva tratto un profondo sospiro e guardando Zefyr che sollevava la spada aveva detto: "Mi dispiace per tuo padre, ma dovevo ucciderlo."
"Perché?" chiese Zefyr mentre si preparava a vibrare il colpo.
"Si era avvicinato troppo alla verità. Ci sono cose che..."
Zefyr aveva calato la spada.
Leyra si era gettata verso l'entrata del santuario, ormai ricoperta di detriti e aveva iniziato a scavare con le mani nude. "Aiutatemi" aveva detto a Thali e Zefyr.
I due si erano avvicinati, lo sguardo rassegnato.
"È qui sotto" aveva detto Leyra affondando le mani nel terriccio ancora morbido. "Potrebbe essere a pochi metri o..."
Ci fu un boato e il terreno sembrò inabissarsi ancora di più.
Zefyr l'aveva afferrata per le spalle e trascinata via prima che venisse ingoiata dalla voragine che si era formata.
Leyra aveva lottato per liberarsi, ma alla fine si era arresa, lasciandosi cadere nella polvere che aveva ricoperto la radura.
Solo allora si era abandonata alle lacrime.
Olfin interruppe il filo dei ricordi. Il ragazzo aveva una vistosa cicatrice che gli copriva l'occhio sinistro, ora cieco, e gli sfregiava la guancia fino al meno, ma almeno era vivo.
Galaser non era stato altrettanto fortunato. L'avevano trovato solo due giorni dopo, sigurato dai colpi ricevuti.
Leyra e gli altri lo avevano pianto e poi seppellito con tutti gli onori.
La stessa sorte era toccata a Galadiel e Arwel.
Maera, anche se ferita, era sopravvissuta.
Serime era scomparso e nessuno lo aveva più visto dal giorno della battaglia.
Leyra aveva poi appreso che cosa era successo mentre lei e Eryen combattevano davanti all'ingresso del santuario.
Le forze di Rancey e Gajza avevano superato le difese ed erano penetrate nel campo, compiendo una strage.
Il loro era stato solo un diversivo. Mentre tenevano impegnate il grosso delle forze alfar alla gola, un piccolo gruppo era penetrato da un punto sguarnito e si era fatto strada fino al santuario.
Sibyl aveva fatto appena in tempo a entrare nel santuario e, per quanto ne sapevano, aveva impedito a Rancey di rubare qualsiasi cosa stesse cercando.
Solo che ora il santuario era davvero impenetrabile. Per tutti.
Gli anziani sopravvissuti erano soddisfatti. L'ultima dimora mortale della dea sarebbe rimasta inviolata per sempre grazie a quel sacrificio.
Leyra non era dello stesso avviso e lo aveva detto durante una riunione, guadagnandosi parole di biasimo.
La battaglia era volta a favore degli alfar non appena erano giunti i rinforzi dagli altri avamposti. Le forze di Gajza e Rancey erano state accerchiate e distrutte.
Distrutte.
Quella parola aleggiava come un fantasma sul campo di battaglia.
Leyra aveva saputo che la maggior parte dei combattenti di Rancey non si era arresa. Avevano preferito morire in massa piuttosto che deporre le armi.
Anche Diroen.
Il suo amato Diroen, che componeva poesie su quano fosse bella la vita e degna di essere vissuta, aveva scelto di morire in quel modo assurdo.
Leyra non sapeva spiegarselo e nella sua ricerca di risposte aveva trovato Kather.
Il prete aveva seguito l'esercito di Rancey ma non aveva combattuto in prima fila, restandosene al sicuro nell'accampamento.
Gli esploratori alfar lo avevano trovato che vagava per la foresta come un innocuo pellegrino e lo avevano portato all'avamposto.
Non essendo un guerriero né uno stregone, non sembrava pericoloso.
Leyra era andato a parlargli non appena si era sentita abbastanza in forze.
"Tu" gli aveva detto puntandogli contro l'indice. "Ti ho visto parlare agli uomini di Rancey, quando ero prigioniera."
"È vero" aveva risposto lui con tono sereno.
"Allora lo ammetti."
"Certo. Diffondevo la parola dell'Unico."
"È il tuo dio?"
"È il dio di tutti. Creatore di ogni cosa, signore dei cieli, della terra e degli abissi marini e di tutte le creature che abbitano questi luoghi. Compresi uomini e donne che lui, nella sua saggezza, ha creato."
"Non è il mio dio" aveva detto Leyra.
Kather aveva sorriso. "Lo so, tu sei una strega. L'Unico non vi ha creati."
"Siamo pur sempre uomini e donne."
"Non sai quanto ti sbagli" aveva risposto il prete. "Voi siete solo una pallida imitazione della razza umana. Non potrete mai partecipare alla sua purezza."
Leyra non aveva mai sentito simili parole e per un attimo pensò che Kather fosse impazzito o che la stesse prendendo in giro. "Di che parli?"
"Delle vere origini della stregoneria" disse il prete. "Del fatto che foste creati per un capriccio e che siete tutti figli dei demoni, anche se voi li chiamate maghi."
"Non è vero."
Kather fece spallucce. "È tutto scritto nei libri della cittadella."
"Dove?"
"Ad Azgamoor."
"Vorrei proprio leggerli."
"Tu non potresti. Nessuno che sia nato con i poteri demoniaci è ammesso al suo interno. Chi ci ha provato, è stato giustiziato."
Leyra aveva deciso di lasciar perdere l'argomento. "Non ti senti in colpa?"
"Per cosa?"
"Per tutti quelli che sono morti l'altro giorno."
"Non li ho uccisi io. In verità, non ho mai ucciso nessuno in vita mia."
"Ma tu li hai convinti a morire."
Gli occhi di Kather sembrarono brillare per un momento. "Il giovane alfar di nome Diroen... diceva di tenere per una giovane della sua razza."
Leyra si sentì gelare il cuore.
"L'ha descritta con tale dovizia di particolari che è difficile sbagliarsi" proseguì il prete. "È stato difficile convincerlo che doveva dimenticare quella sciocca infatuazione e concentrasi su ciò che contava veramente."
"Tu hai..."
"È stata una sfida interessante, convertire quel giovane alfar. Tutti ad Azgamor erano convinti che fosse ipossibile con voi selvaggi, ma io ho dimostrato che..."
Leyra lo schiaffeggiò.
Kather rimase impassibile. "So che non dovrei vantarmene ma..."
Leyra gli assestò un altro schiaffo.
"Credo che questa sia la mia punizione per la superbia che io..."
Leyra lo afferrò per il bavero e lo trascinò nella polvere fino al centro dell'accampamento.
Subito gli alfar anziani si allarmarono a quella vista.
"Leyra lascialo" disse Maera.
Leyra gettò Kather a terra e gli puntò contro un dardo magico. "Dammi una buona ragione per tenerti in vita."
Kather si inginocchiò. "Se questo è il desiderio dell'Unico..."
"Leyra no" gridò Maera.
Leyra lasciò partire il dardo.
Il proiettile magico cadde a pochi centimetri dal corpo di Kather.
"Hai mancato il bersaglio" disse il prete.
Maera prese Leyra per il braccio e la portò via. "Che cosa credevi di fare?"
"Volevo solo giustzia."
"Uccidendolo a sangue freddo?"
"Lui ha..."
"Lo so che cosa ha fatto, ma ci serve. Ha delle informazioni utili."
"Informazioni?"
"Ci serviranno per la guerra."
Quella era una novità. "Quale guerra?"
"Quella che dovremo combattere contro Malag" disse la strega. "Vieni, parliamone con calma."
La condusse alla sua tenda, un semplice telo di stoffa sorretto da pali di legno.
Leyra si accomodò su una stuoia, le gambe incrociate. "Dimmi tutto."
"In verità non c'è molto da dire" fece Maera sedendosi di fronte a lei. "Abbiamo combattuto contro un esercito di Malag e un suo luogotenente è morto."
Sibyl l'aveva ucciso, questo lo sapevano tutti gli alfar. Leyra e gli altri si erano assicurati che la notizia girasse.
"Ciò vuol dire" continuò Maera. "Che ora siamo in guerra con Malag."
"Bene" disse Leyra. "Che vengano pure."
"Lo faranno di sicuro" disse Maera con espressione triste. "Ma non prima di essersi assicurati la vittoria della guerra. Noi siamo solo un piccolo fastidio e, per quanto ne sappiamo, Malag è abbastanza forte da spazzarci via quando e come vuole."
"Deve solo provarci."
"Non è questione di se, ma di quando. Io voglio evitare quel giorno."
"Ma hai appena detto..."
"Non staremo ad aspettare che ci attacchino" disse Maera, "Non stavolta."
"Io non capisco."
"Capirai, quando il tuo braccio starà meglio. Voglio mandare i migliori di noi fuori dalla foresta."
Leyra spalancò gli occhi. "Vuoi dire... nel mondo esterno?"
Maera annuì. "Troverete l'alleanza e vi unirete a re Andew."
"Troveremo?"
"Tu e quelli che vorranno seguirti. E non provare a negarlo: è quello che vuoi, no?"
Leyra annuì. "Ma così non resterà nessuno a proteggere il santuario."
"Ora che l'ultima dimora terrena della dea è al sicuro, tutto il mondo è il nostro santuario."
Erano le parole che Sibyl aveva usato quel giorno, Leyra le ricordava bene. Per lei fu una sorpresa sentirle pronunciare da Maera.
E le sorprese non erano ancora finite.
"Thali e suo fratello verranno con te" disse Maera.
"Quei due vanno d'accordo adesso?"
"Dopo quello che è successo con Gajza..."
"Mi sorprende che Thali voglia lasciare il santuario."
"Gli ho fatto lo stesso discorso che sto facendo a te adesso" disse Maera alzandosi. "Ed era d'accordo. Ora vai, devi prepararti."
"Il mio braccio..." fece Leyra. "Oh, sta benissimo" disse scuotendo la testa. "Solo che... lasciare la foresta..." Non sapeva se essere felice o triste. O eccitata e spaventata.
Quando uscì dalla tenda di Maera, andò a cercare Thali.
Lo trovò in compagnia del fratello che discutevano gesticolando.
"Leyra" disse Zefyr accogliendola con un sorriso. "Come sta il braccio?"
"Meglio" disse sollevandolo. "E tu?"
Zefyr scrollò le spalle. "A volte penso a lei."
"Anche io" disse Leyra.
Thali prese un pezzo di stoffa rossa e gliela passò.
Leyra la soppesò tra le mani. "Che novità è questa?" Solo allora notò che Zefyr aveva legato al braccio un drappo rosso e Thali ne portava uno uguale al collo.
"È il nostro simbolo" disse Zefyr.
"È per ricordarla."
"Un fazzoletto rosso?" fece Leyra perplessa.
Zefyr fece spallucce. "Strega rossa, fazzoletto rosso."
Leyra prese il fazzoletto e lo infilò in una tasca. "Non ne sono sicura, ma credo che non le piacesse quel soprannome."
"Lo credo anche io" disse Zefyr sorridendo. "Ma credo che in fondo stesse iniziando a piacerle."
Leyra annuì.
Tra di loro aleggiò un silenzio imbarazzato, finché Leyra non si congedò e si diresse alle tende comuni dove alloggiava.
Camminando tra i feriti e gli alfar che si stavano riposando prima di tornare ai loro avamposti, cercò di leggere nei loro volti che cosa pensassero.
Avevano paura del futuro?
Lei ne aveva.
Erano davvero pronti a lasciare la foresta?
Lei non ne era certa.
E quanti di loro sarebbero partiti?
Impossiile dirlo.
Poi vide i fazzoletti rossi legati alle braccia, al collo e portati tra i capelli come vistosi fiocchi e un po' di quella paura andò via.

Prossimo Capitolo Giovedì 17 Maggio

 
  
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