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Autore: LysandraBlack    17/05/2018    2 recensioni
Aenor Mahariel, fiera Cacciatrice tra i Dalish.
Geralt Amell, ambizioso mago intrappolato nella Torre del Circolo.
Kallian Tabris, sogna una vita tranquilla nell'Enclave di Denerim.
Elissa Cousland, ansiosa di mettersi alla prova.
Natia Brosca, che non conosce altro che i bassifondi di Orzammar.
Duran Aeducan, comandante dell'esercito e Principe della città dei nani.
Sei eroi, provenienti da ambienti radicalmente diversi, si ritroveranno loro malgrado a fermare il Flagello che si abbatte sul Ferelden. Ce la faranno?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alistair Therin, Custode, Leliana, Morrigan, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO VENTISEI:

ORZAMMAR – DISTRETTO DEI DIAMANTI
 


 

 

«Quindi ogni nano della superficie deve avere dei tatuaggi quando scende qui sotto?» Chiese Zevran, indicando il marchio a forma di S che Natia aveva sulla guancia destra, proprio sotto l'occhio.

L'argomento dei tatuaggi dei senzacasta sembrava interessarlo particolarmente.

La nana annuì, bevendo la sua birra. «Così i culi di pietra possono riconoscere meglio su chi sputare. Noi veniamo marchiati alla nascita, ed è indelebile, ma quelli della superficie che scendono qui di solito usano inchiostro lavabile, in modo da tornare là sopra ad essere come tutti gli altri.»

Geralt prese un altro po' di nug, aggiungendoci una salsa dolce di dubbia provenienza e accompagnandolo con l'ennesimo boccale di birra. Aveva la testa che girava leggermente, ma scelse di non preoccuparsene. «A me sembra che questo posto faccia schifo per viverci.»

Natia scoppiò a ridere di gusto. «Sì, immagino che per voi spilungoni sembra così...»

L'Antivano ridacchiò anche lui. «Il nostro mago non ha tutti i torti, però... come mai volevi tanto tornarci?»

«Tu vorresti tornare ad Antiva, no?» Ribattè la nana.

Zevran si portò una mano al petto, in un gesto esasperato di offesa. «Non starai certo mettendo a confronto il gioiello del mare del nord con...» indicò l'ambiente intorno a loro. «Insomma, non dubito che vivere sottoterra tra Prole Oscura, polvere e gemme preziose possa essere affascinante, e il vostro modo di gestire i rivali in politica mi ricorda molto il nostro, ma insomma...»

«Beh, detto da un assassino che è stato comprato come schiavo ed addestrato alla sottile arte dell'omicidio e delle belle parole, scusa se non ti credo granchè.» Ribattè Natia piccata. «E poi, hai un feticismo per gli stivali puzzolenti.»

Geralt quasi si strozzò col nug, tossendo per riprendere fiato e smettere di ridere. «In che senso?»

«Ah, la nostra amica si riferisce al mio amore per la pelle lavorata!»

«Stivali puzzolenti.»

«Pelle? Perchè proprio la pelle?» Chiese il mago, incuriosito.

L'elfo gli sorrise ammiccante. «Ad Antiva, la mia stanza era proprio sopra una conceria. Facevano stivali dall'aria morbida e confortevole, giacche ricamate e pantaloni di tutti i generi... l'odore saliva fino alla mia finestra, portato dalla brezza marina, e mi dava il buongiorno tutte le mattine.»

Geralt storse la bocca. «Immagino il fetore.»

L'altro ridacchiò. «Ci si fa l'abitudine, come in molti altri casi si impara ad apprezzare le cose più strane...»

«Ora mi dirai che apprezzi l'odore di pesce marcio, solo perché ti ricorda il mare?»

«Oh, il mare non è l'unica cosa che mi viene in mente, pensando alla mia città. L'aria di Antiva sa di salsedine, di pelle, di pesce lasciato a seccare, ma anche di spezie, sangue e sesso...»

Il tono lascivo dell'elfo mandò una serie di brividi lungo la sua spina dorsale. Geralt si rifugiò nuovamente nell'alcol.

«Ora capisco perché ti manca!» Esclamò Natia divertita, alzando il proprio boccale e brindando in direzione di Zevran. «Dovresti dare lezioni a questo qui, l'ultima volta che l'ho portato a divertirsi se n'è scappato come un verginello.»

Diede una pacca sulla spalla a Geralt, che le lanciò un'occhiataccia inviperita. «Solo perché so controllare i miei istinti e tenermi addosso i pantaloni, non significa che sia un “verginello”.»

Leliana ridacchiò composta, mentre Kallian si limitava a far vagare lo sguardo da tutt'altra parte, chiaramente disinteressata al loro battibeccare.

«Controllare i tuoi istinti?» Lo sbeffeggiò la nana. «Sapete cosa stava facendo la prima volta che l'ho visto?»

«Brosca, ti avverto...»

«Stava martellando un de-»

«NATIA!» Le lanciò una scarica elettrica, abbastanza forte da creare uno schiocco che risuonò per tutta la sala, la sedia che si rovesciò a terra, la nana che rideva di gusto.

«D'accordo, spilungone, ho capito!» Alzò le mani, ancora a terra, in segno di resa.

L'intera sala si era girata a fissarli, gli sguardi di aperta disapprovazione e disgusto puntati su di loro. Geralt deglutì a vuoto, abbassando la mano e interrompendo il flusso di energia, cercando di riprendere la calma. Si sentiva le guance in fiamme.

Quella volta col demone era stato un momento di debolezza, ma... dovette ammettere che, nell'eventualità che una situazione del genere si fosse riproposta senza conseguenze di possessioni, avrebbe fatto lo stesso. Si ricordava come il demone del desiderio avesse preso le esatte sembianze di Jowan, replicandone la voce, il filo di barba sfatta da qualche giorno, il fisico magro, le mani affusolate più avvezze a girare le pagine dei libri che a maneggiare oggetti pesanti, il-

Scosse la testa, cercando di nascondersi nel boccale.

Lo sguardo di Zevran puntato su di sè non gli facilitava il compito.

 

 

Uscirono dal Tapster che era ormai notte inoltrata.

Non che fosse chiaro, stando chiusi là sotto senza la luce del sole, ma avevano trascorso tutto il tempo a chiacchierare, lasciando che il pranzo cedesse il posto alla cena, bevendo e mangiando fino a scoppiare.

Bevendo, soprattutto.

La testa gli girava, e mentre Leliana e Kallian andavano a dare un'occhiata a dei cristalli luccicanti esposti su una bancarella del mercato, Natia raccontava loro esilaranti storie riguardanti un capo del Carta, un lavoro andato particolarmente bene o altri aneddoti della sua vita. Si lasciò convincere a provare del lichene in pasta, che masticato dava un effetto simile a quello del lyrium, probabilmente perché cresceva accanto alle vene del prezioso metallo, di cui prendeva il colore.

Il risultato fu che, una volta finito di gironzolare tra la merce esposta, a stento ricordava come si salisse al distretto dei nobili.

La guardia posta all'ingresso del piano superiore, dove erano alloggiati al palazzo di Harrowmont, li squadrò con disgusto.

«Dove credete di andare?»

«Siamo qui con i Custodi Grigi.» Rispose Kallian, che era l'unica perfettamente sobria. Persino Leliana aveva le guance imporporate e continuava a ridacchiare.

Il nano li scrutò uno ad uno, scuotendo il capo. «Non fate baccano o vi rinchiudo tutti in cella.»

Natia lo superò con una smorfia, che le distorse tutta la faccia e strappò ai suoi compagni l'ennesima risata. Geralt si appoggiò al muro mentre salivano le scale, la testa che girava furiosamente.

«Tutto bene?» Gli chiese Zevran, la mano appoggiata sulla sua schiena, sbiascicando un po' le parole. Non tolse la mano mentre Geralt saliva lo scalino successivo, facendola scivolare più in basso. Il suo sorriso ammiccante traballava alla luce delle lampade.

Riuscirono a raggiungere il palazzo di Harrowmont con solo un paio di deviazioni. Incontrarono un nano ubriaco fradicio, che vedendoli arrivare emise un rutto poderoso, svenendo per terra dal ridere.

Lo superarono, il puzzo di alcol che gli aleggiava addosso, la barba rossiccia incrostata di schiuma di birra, i capelli scarmigliati.

«Non sono mai stata qui, sapete?» Disse loro Natia, portandoli ad ammirare dall'alto il resto della città. Sotto di loro, il quartiere comune e, ancora più in basso, qualche piccola luce sparsa dove dovevano essere i bassifondi.

Con un ghigno, la nana sputò dalla balaustra.

«Ficcatevelo in culo!»

Scoppiò a ridere di gusto, contagiando anche gli altri.

Geralt agitò la mano nel vuoto, creando una serie di piccole gocce d'acqua che caddero nel vuoto sotto di loro.

«Fine come al solito, eh, spilungone!»

Due nane particolarmente svestite, appoggiate al muro di un portico, attirarono la sua attenzione. Le indicò, biascicando qualcosa a Natia.

«Quelle? Sono in cerca di un nobile a cui dare un figlio maschio.» Rispose lei. «Con un maschio, prenderebbero la casta del padre e vivrebbero da ricche per tutta la vita!»

«Questo sistema di caste è orribile.» Disse Leliana, infervorata. «Duran deve fare qualcosa.»

Le dita dell'Orlesiana, appoggiata alla balaustra, sfioravano quelle dell'elfa, che tuttavia non sembrava infastidita dalla cosa.

Si girò a guardare Zevran, ma non appariva sorpreso.

Proseguirono fino al palazzo di Harrowmont, raccogliendo sguardi in tralice e commenti a mezza voce da tutti i nani che incontrarono.

«Stiamo disturbando la quiete.» Commentò Zevran.

«Oh, che peccato!» Ghignò Natia.

Le guardie poste di fronte al palazzo di Harrowmont li lasciarono passare senza dire niente, ma non cercarono di nascondere il proprio disappunto.

Arrivati di fronte al corridoio che conduceva alle loro stanze, Natia si esibì in un traballante inchino, sul punto di cadere. «Beh, è stato un piacere.»

Kallian la afferrò delicatamente per un braccio, impedendole di cozzare contro il muro. «Buonanotte.»

Leliana ridacchiò, aprendo la porta per la camera che divideva con Kallian e Natia e scortandole dentro. «A domani, voi due.»

«Spero tu non sia così stanco da volermi abbandonare tutto solo...» Mugolò Zevran una volta che furono rimasti soli.

«Abbiamo la stessa camera, non vai a dormire da solo.» Bofonchiò il mago.

«Non credo di essere in vena di dormire...» Gli accarezzò lascivamente la barba, spedendogli immediatamente il sangue verso il basso.

La testa gli girava. Si pentì di aver bevuto così tanto. Si allontanò di scatto, barcollando un poco, riuscendo a raggiungere la porta della loro stanza e aprirla di scatto. «Zevran, non-»

Non riuscì neanche a finire la frase che l'elfo richiuse la porta dietro di loro, appoggiandovisi contro. «In effetti, potremmo fare tante altre cose molto più divertenti.»

Quando l'elfo ammiccò, un accenno di lingua che compariva a leccare il labbro superiore, Geralt ebbe una chiara immagine di come altro potesse rendersi utile, quella lingua. La stanza aveva preso a girare e i pantaloni gli erano terribilmente stretti.

Da quanto non...?

Zevran era chiaramente conscio dell'effetto che aveva su di lui, perché prese ad aprirsi la maglia, impiegandoci un tempo esasperatamente lungo.

“Per le palle del Creatore!”

Lo afferrò per il colletto, traendolo a sé. «Stai tirando la corda.»

Il profumo dell'elfo lo colpì a tradimento, inebriandolo.

«E spezziamola allora, cosa stiamo aspettando?» Rispose quello, facendo scivolare la mano verso il basso, accarezzandogli il petto e gli addominali, posandosi sulla protuberanza nei pantaloni. «Direi che anche qualcun altro è stufo dei giochetti...»

Una scarica elettrostatica fece vibrare l'aria intorno a loro nell'attimo in cui le dita dell'elfo lo massaggiarono, strappandogli un gemito di frustrazione, mentre le ultime resistenze lo abbandonavano. Zevran ridacchiò.

Geralt grugnì, spingendolo contro il muro, impossessandosi della sua bocca e soffocando la risatina dell'altro, togliendogli in fretta la maglia.

L'elfo lo stuzzicò, giocando con la sua lingua e spingendolo via da sé, inspiegabilmente forte per essere così minuto. Lo condusse verso il letto, armeggiando con gli alamari delle sue vesti, lasciandolo a torso nudo.

Un brivido di freddo ed eccitazione lo scosse, l'alcol che lo rendeva leggero, libero. Spinse l'elfo sul letto, salendo a cavalcioni sopra di lui. L'altro fece per alzarsi, ma Geralt liberò una scintilla dalle proprie dita, spedendolo sui morbidi cuscini con gemito.

Gli occhi marroni dell'elfo puntati nei suoi, la pelle scura, così diversa da-

Digrignò i denti, afferrando i capelli dell'altro, tornando a baciarlo con prepotenza. Lo sentì armeggiare con i lacci dei propri indumenti, e fu libero a sua volta.

Come dal nulla, l'elfo tirò fuori da una tasca una boccetta, leccandosi le labbra. Il tatuaggio a lato del viso sembrava danzare sulla pelle color caramello.

Il corpo di Zevran era praticamente glabro, liscio al tatto, asciutto e muscoloso. I tatuaggi scendevano lungo la schiena, aggrovigliandosi fino a mezza coscia.

Con un gesto della mano spense le candele, voltando l'altro di spalle.

I capelli erano sottili, del colore sbagliato e troppo lunghi...

Li strinse tra le dita fino a farlo gemere, spingendolo contro i cuscini, soffocando quella voce che non era quella giusta.

Lo preparò in fretta, la boccetta di olio che cadeva a terra, infrangendosi in mille pezzi, le dita affusolate dell'elfo ad accompagnare le proprie.

Entrò in lui con facilità, cercando di ignorare quanto si sentisse sbagliato.

«Più forte.»

Lo zittì con una mano, chiudendo gli occhi, il volto di Jowan impresso in mente, il suo corpo, il suo profumo, la sua voce...

Aveva il respiro affannoso. Portò la mano sull'erezione del compagno.

Le spinte si fecero più erratiche. Una scarica di scintille illuminò per un attimo la stanza.

“Jowan...”

Si abbandonò sul compagno, sfinito, rotolando da un lato.


 

 

Si sentiva una merda.

Di fronte alla terza tazza di tè nero, bollente e amaro come piaceva a lui, il mal di testa che sembrava spaccargli a metà il cervello e lo stomaco aggrovigliato da nausea e sensi di colpa, prese per un attimo in considerazione l'idea di sbattere la testa contro il muro. Almeno c'era una vaga possibilità che si sarebbe dimenticato quanto accaduto la notte prima.

Aveva ignorato il buongiorno di Zevran, che si era alzato come se niente fosse, lavandosi e vestendosi per poi uscire dalla stanza.

Geralt era rimasto a letto, sepolto sotto le coperte, fingendo di dormire. Anche se l'elfo molto probabilmente se n'era accorto.

«Hei, tutto bene?»

Alzò lo sguardo. Leliana lo guardava preoccupato. I capelli perfettamente a posto, della sera prima non restavano altro che un filo di occhiaie sull'incarnato pallido.

Annuì poco convinto.

«Se è per il mal di testa, Wynne fa un infuso eccezionale. Posso andare a chiederne un po' per te...»

«Non credo che il suo problema sia il mal di testa!» Fece il suo ingresso Natia, dandogli una pacca sulle spalle e sedendogli di fronte. «Allora, che ci racconti?»

Le rivolse un'occhiata astiosa che ebbe l'unico effetto di farla ridere, mentre si serviva dal vassoio della colazione.

«Con quei capelli, non faresti paura a nessuno, manco se usi la tua magia del sangue.»

«Natia!» La rimproverò Leliana, guardandosi attorno allarmata.

«Tranquilla, qui nessuno sa manco cosa significa...»

«Beati loro.» Kallian si sedette di fianco a Natia, sbadigliando vistosamente. «Non ho dormito niente, tutto quel cibo mi è rimasto sullo stomaco.»

«Vuoi del tè?» Le offrì Geralt, sperando di guadagnare qualche punto.

L'altra annuì dopo qualche attimo di incertezza, lasciando che il mago prendesse una ciotola d'acqua, la scaldasse con un po' di magia e ci mettesse dentro le foglie.

Una volta pronto, fissò la tazza con aria circospetta, annusandone il profumo.

«Non è veleno, giuro.»

«Grazie.» Rispose asciutta l'elfa, prendendone un sorso.

«Ce n'è pure per me?»

Si voltarono. Aenor arrivava stropicciandosi gli occhi, i capelli ancora in disordine, gli occhi cerchiati di nero. Si accasciò sulla panca, appoggiando la testa sul tavolo di pietra.

«Ti chiederei come hai passato la serata, ma credo che la risposta sarebbe meno divertente della nostra.» La salutò Natia, porgendole un boccale pieno di birra.

L'altra non annusò nemmeno per controllare cosa fosse, bevendone un sorso e tossendo disgustata. «Ma di prima mattina?!»

«Ormai è quasi mezzogiorno, altro che mattina...» Ribattè la nana ridacchiando. Si riprese il boccale, prendendone qualche generoso sorso.

Geralt sospirò, preparando un tè anche alla Custode. Quella storse la bocca, aggiungendoci tre cucchiai di sciroppo di licheni. Il mago quasi si sentì offeso che stesse rovinando il sapore delle foglie con quella robaccia dolcissima, ma lasciò perdere. L'elfa sembrava avere avuto una nottata disastrosa, quasi quanto la propria.

«Quei cazzo di culi di pietra hanno discusso tutta notte.»

Natia rise, divertita dal sentirla usare i suoi soprannomi per i nobili. «Che avete deciso?»

«A quanto pare, dovremmo andare a spaccare qualche osso in una stupida arena, e poi risolvere il problema della criminalità nella Città della Polvere.» Biascicò l'elfa. «E, se siamo ancora tutti interi, scendere ulteriormente sottoterra alla ricerca di una pazza che è sparita due anni fa a cercare un modo per creare altri golem.»

«Quindi vogliono davvero andare a cercare Branka?» Chiese Leliana, sbocconcellando un dolcetto.

«Piuttosto, sua altezzosità crede sia facile eliminare l'intero Carta?»

Geralt sospirò. Voleva soltanto avere una mattinata tranquilla, era troppo da chiedere?

«Domani ce ne andiamo all'arena, oggi annunciano che i Custodi Grigi parteciperanno agli scontri a favore del Principe Duran Aeducan.» Aenor non sembrava molto convinta della cosa.

«Bene, sappiamo già chi scenderà in campo?» Le chiese Natia interessata.

«Io, Alistair, Shale e...»

«Combatterò anche io, ovviamente.»

Si voltarono sorpresi. Duran, la barba curata e la nuova armatura lucidata a puntino, li salutò con un cenno del capo. «Non si dica che non combatto le mie battaglie.»

«Non sarà pericoloso?» Si preoccupò Leliana. «Dopotutto, sareste un facile bersaglio per i sicari di vostro fratello...»

Il principe scosse la testa. «No, ormai Bhelen non può permettersi di uccidermi di fronte a tutti. Anzi, se avesse un minimo di fegato scenderebbe in campo contro di me, ma so già che non sarò così fortunato...»

Geralt aggrottò le sopracciglia. «Non c'era un processo sulla vostra testa? Avete già risolto con l'Assemblea?»

Duran rise di gusto. «No, per niente.» Prese anche lui della birra, sedendosi al tavolo. «Ogni processo e altra questione sono stati rimandati a dopo che Orzammar avrà eletto un Re. E quando ieri Lord Harrowmont ha ritirato la propria candidatura a favore della mia, rigirando i propri voti a me... Bhelen non aveva nemmeno abbastanza seggi per rinchiudermi in cella, figuriamoci condannarmi a morte.» Si aprì in un sorriso divertito. «Avreste dovuto vedere con che faccia ha dichiarato che avremmo risolto l'omicidio di nostro fratello conquistando la corona... pensavo si sarebbe usurato, da quanto digrignava i denti.»

Natia sbuffò. «Ecco, avessimo potuto risolvere quel piccolo incidente alle Prove nello stesso modo, ora ci sarei io a capo del Carta...»

«Brosca, proprio di questo ti volevo parlare.»

L'altra rimase sorpresa col boccone a mezz'aria. «Mhf?»

«Qualcuno dovrebbe sistemare questa Jarvia, e nessuno meglio di te qui conosce il Carta, i suoi punti deboli e tutti i passaggi segreti per entrare nel loro covo...»

«Non se ne parla.»

Il principe cambiò subito espressione. «Non è negoziabile. Dovrai fare la tua parte, e in cambio otterrai una ricompensa quando verrò eletto Re.»

Natia, con sommo stupore di tutti, si alzò in piedi. «Mi spiace, ma non posso. Non posso aiutarti contro Bhelen.»

Geralt intercettò la rabbia proveniente dal principe e cercò di intromettersi. «Natia, siamo venuti qui apposta no?»

L'altra scosse la testa, un'espressione tesa sul volto. «Non posso fargli questo.»

«Brosca, per gli Antenati, si può sapere cosa stai farneticando?!» Sbottò Duran. «Credevo di averti dalla mia parte, e adesso decidi di appoggiare quello schifoso di mio fratello?! Che ti ha promesso, soldi? Il Carta? Un titolo nobiliare?!»

Anche lei alzò la voce. «Non è quello!»

«E allora cosa, di dargli anche tu un figlio, come quella senzacasta che si è portata dietro-»

«È mia sorella!» Urlò la nana, sbattendo una mano sul tavolo e facendo volare a terra il piatto, che si schiantò sul pavimento andando in frantumi. «Cazzo!»

Scese il silenzio. Un raggelato, orribile silenzio.

Geralt non sapeva cosa dire. Incrociò lo sguardo di Kallian, che fissava Natia con occhi sgranati. Aenor era rimasta con la tazza di tè a mezz'aria, lo sguardo fisso sui due.

Duran chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo e poi un altro.

«Natia, sono certa che nessuno volesse metterti contro tua sorella... Il Principe semplicemente non ne era a conoscenza.»

Leliana, come al solito, sembrava salvare la situazione sapendo sempre cosa dire.

«Beh, adesso lo sa. E non posso farle rispedire nella polvere, non posso.» Grugnì Natia, lo sguardo puntato a terra.

Il principe sembrava aver ripreso l'uso delle parole. «Brosca, avresti potuto dirmelo prima.»

«Sarebbe cambiato qualcosa?»

Facendo sobbalzare tutti, Duran si avvicinò di scatto all'altra, costringendolo a guardarlo negli occhi. «Pensavo che ormai avessi capito di poterti fidare di almeno un culo di pietra, no?»

Natia cercò di distogliere lo sguardo.

«Pensi davvero che possa spedire mio nipote e la sua famiglia nei bassifondi, o peggio?» Proseguì Duran. «Rispondimi, per gli antenati!»

«Non lo so, va bene?!» Sbottò l'altra, divincolandosi e facendo qualche passo indietro. «Prima di salire in superficie non te n'è mai fregato un cazzo di noialtri, eravamo soltanto feccia! Me lo ricordo, sai, come mi hai trattata in cella. O quando tu e il tuo amico Gorim mi avete ignorato per la maggior parte del viaggio verso Denerim!»

«Non-»

«Tuo nipote?! Probabilmente non è altro che carne da macello per te, soltanto un altro da mandare nelle Vie Profonde a morire, vestito con una bella armatura e addestrato ad uccidere! L'unico modo che abbiamo per farci notare da voi è sfornarvi dei maschi, e ti chiedi perché non mi fido?!»

Duran lasciò passare qualche attimo. «Hai finito?»

La nana lo guardò, furibonda. Geralt notò che aveva gli occhi lucidi. «No.»

«Urlami addosso quanto ti pare, accusami pure di essere nato figlio di re, di essere un maledetto culo di pietra, di appoggiare il sistema delle caste ed essere un privilegiato. Avanti, forza, fallo.» La sfidò a continuare. «Ma non accusarmi, mai, di essere un assassino o di volere il male della mia famiglia.»

Natia tirò su col naso. «Non è la tua famiglia.»

«Il bambino è figlio di mio fratello. Sangue del mio sangue.»

«Tu odi tuo fratello!»

«Non cambia il fatto che il bambino sia innocente dei crimini del padre. Che razza di mostro credi che sia?»

La nana abbassò di nuovo lo sguardo, fissandosi i piedi. «Non potevo saperlo.»

«Potevi chiedere. Potevi fidarti di me.»

Geralt la capiva. Fidarsi di qualcuno appartenente ad un ceto sociale così alto da non essere nemmeno degna di guardarlo? Qualcuno che rappresentava l'intero sistema di abusi e soprusi? Non c'era da stupirsi se Natia non gli avesse confidato della sorella.

«Una volta che otterrò il mio trono, il piccolo Endrin resterà un principe, e tua sorella continuerà a vivere a palazzo. È un Aeducan, e come tale verrà trattato, non come carne da macello. Avrà gli stessi diritti di qualsiasi mio figlio, lo giuro sulla Pietra.»

«Rica non ci crederà.»

«Vai a parlarci, allora.»

Natia sollevò lo sguardo facendo una smorfia. «Credi che mi faranno entrare a palazzo così, semplicemente chiedendo?»

«Ci saranno dei momenti in cui esce di casa. Le faremo recapitare un messaggio da parte di un uomo fidato, qualcuno che Bhelen non conosce, e vi incontrerete nel Quartiere Comune.»

Dopo qualche attimo, Natia annuì. «Cosa vuoi in cambio?»

Duran sospirò. «Non lo chiedo in cambio, ma come favore. Mi serve il tuo aiuto per risolvere la faccenda del Carta, e nessuno meglio di te può farcela. Non sei obbligata però, e potrai incontrare ugualmente tua sorella anche se rifiuti.»

«No, lo faccio.» Ribattè Natia. «Mi stai chiedendo di uccidere Jarvia, no? Posso farlo. Cazzo, ho un conto in sospeso con quella stronza.»

«Ne sono contento.»

«Però,» proseguì lei «se mi stai prendendo per il culo, ti uccido.»

Il principe sorrise, annuendo. «D'accordo.»

«Affare fatto.»

Si strinsero la mano.

«Ora, immagino che voi dovete venire con me!»

Geralt sobbalzò, gli occhi della nana puntati addosso. Sembrava essersi ripresa completamente, il momento di debolezza passato per sempre.

«Dobbiamo proprio?»

«Non puoi passare tutto il tempo al Modellatorio, spilungone.»

«Per le mutande fiammeggianti di Andraste...» Borbottò, annuendo suo malgrado. «E va bene.»

«Ottimo, allora Natia, Geralt, Kallian, Leliana e Zevran andranno ad occuparsi del Carta.» Proclamò Duran.

L'umore di Geralt sprofondò ulteriormente a sentir nominare l'elfo.

«Perchè non mandare anche Morrigan e Sten?» Chiese la Custode, preoccupata. «Potrebbero aver bisogno di una mano in più.»

Natia scosse la testa. «Nah, ce la caveremo. Poi, Sten non passerebbe nella metà delle gallerie, e sinceramente mi sento più a mio agio senza una strega ragno gigante al fianco.»

«Per non parlare del fatto che potremmo avere noi bisogno di supporto.» Disse Duran. «Non credo di dover temere niente da mio fratello nell'Arena, ma meglio essere previdenti...»




Il resto del pomeriggio Geralt scelse di passarlo al Modellatorio. Si immerse nel silenzio, ignorando gli sguardi curiosi e alle volte ostili dei nani che andavano e venivano. Vagò per gli scaffali, sfogliando pagine di libri vecchissimi riguardando la storia dell'impero perduto, le rune che usavano per incantare armi e armature, finché trovò quello che stava cercando: una decina di trattati, tutti sulla Prole Oscura e la Corruzione portata da essa.

Quando il Modellatore arrivò ad avvisarlo che era l'ora di chiudere, si rese conto di non aver toccato cibo per tutto il pomeriggio. A malincuore si alzò dalla sedia. Aveva raccolto preziose informazioni, certo, ma non aveva trovato ciò che stava cercando.

Avviandosi verso l'uscita, incontrò Shale, che stava discutendo con un assistente.

«Deve esserci un modo per ritrovare la mia memoria!»

«Mi dispiace, ma la maggior parte dei testi sui Golem sono questi che vedi qui. Se non hai trovato niente, significa che non c'è un modo.»

«Sciocchezze!» Tuonò la creatura, incrociando le braccia, i cristalli sulla schiena che brillavano minacciosamente. «Mi hanno creato qui, devo pur avere un passato.»

«Ecco perché hanno inventato i bastoni del comando, quando hanno creato i golem...» Sentì bisbigliare un altro nano, vestito in maniera elegante. I baffi erano intrecciati con la lunga barba, e guardava Shale con un misto di fastidio e interesse scientifico. «Golem, dovresti parlare coi tuoi simili, magari sanno qualcosa.»

«Quelle statue prive di un pensiero proprio?! Vuoi farti schiacciare come un piccione, minuscola creatura molliccia e arrogante?!»

Geralt non aveva alcuna intenzione di mettersi in mezzo, soprattutto contando quanto il Golem detestasse tutti i maghi, ma i nani attorno a loro cominciavano a spazientirsi e non voleva chiamassero le guardie. «Shale, non credo sia il caso di fare una scenata...»

«Meglio per il mago rosso stare fuori dagli affari che non lo riguardano!»

Il mago sospirò, il mal di testa che ancora lo attanagliava. «Se ti rispediscono in superficie, rimarrai da solo, senza risposte e circondato da pennuti con l'intestino volubile.»

Il golem sembrò rifletterci un attimo. Senza rispondere, girò su sé stesso, uscendo dal Modellatorio a passi pesanti.

«Grazie per esservene occupato, straniero.» Si rivolse a lui l'assistente. «Di golem ne sono rimasti pochissimi ad Orzammar, ma nessuno è così problematico...»

Geralt scosse la testa. «A volte sa essere molto utile, ma è un po' una testa calda. Per quanto possa essere calda quella zucca di pietra che si ritrova.»

Il nano non sembrò divertito dalla battuta, quindi il mago si affrettò a levare le tende.

Si ritrovò a vagare per le strade del Distretto dei Diamanti, tornando alla balconata accanto alle scale che portavano al piano di sotto, ammirando la vista.

Gli mancava l'aria fresca, quel posto gli ricordava troppo la torre. Opprimente, senza via di fuga e con guardie in ogni dove pronte ad attaccare per qualsiasi futile motivo.

«Hei, spilungone, non vorrai buttarti di sotto.»

«No, barilotta, sto aspettando che si apra un buco nel soffitto.»

«Per la Pietra, vuoi farli cadere tutti in cielo?»

Sorrise. La nana si tolse il cappuccio, liberando le treccine sottili che le imbrigliavano i capelli rossi. Si era data una lavata e sembrava quasi presentabile. «Ancora credi di poter cadere in cielo?»

«Io no, ma loro sì.» Rispose, indicando la massa di luci sotto di loro.

Geralt non sapeva se chiederle com'era andata con sua sorella. Rimasero un po' in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.

«Rica mi ha detto che posso anche smettere di considerarla mia sorella.»

Si voltò a guardarla. Il tono di voce era piatto, il viso contratto in una smorfia.

«Mi dispiace.»

Natia si strinse nelle spalle. «Me lo aspettavo. Ma mi sarei almeno meritata un sorriso, un abbraccio... Ancora prima che sapesse che sto dalla parte di sua altezzosità, mi ha guardata come se fossi un ghoul.»

«Non era contenta di saperti viva?»

«Forse per un attimo. Poi si è ricordata di come io abbia disonorato le Prove e molto probabilmente liberato il fratello omicida del suo amato e perfetto principe Bhelen. Avrei dovuto spiegarle la situazione prima di partire, ma ho come l'impressione che sarebbe stato inutile.» Sbuffò. «Era già incinta, sai? Me l'ha detto. Non voleva che Beraht lo sapesse, per non lasciarlo troppo deluso nel caso fosse stata una femmina.»

«Sarebbe stato così grave?»

«Un'altra bocca da sfamare, mia sorella diventata inutile e Beraht furibondo per non essere riuscito ad entrare nel palazzo reale? Sì, parecchio grave.» Si grattò la nuca, facendo penzolare la mano dalla balaustra. «Speravo almeno fosse un poco riconoscente per aver ammazzato quella merda di Beraht, ma non è stata neanche capace di ringraziarmi, incolpandomi del fatto che lei e nostra madre sono dovute fuggire immediatamente, cercando la protezione di Bhelen.»

«Crede davvero che sia una brava persona? Nonostante tutte le accuse contro di lui?»

«Le ha fatto il lavaggio del cervello. Crede che sia il meglio che c'è, un principe pieno d'onore e gloria che aspetta solo di diventare re per salvare Orzammar e risollevarci dalla polvere.» Natia sputò nel vuoto. «Tutte stronzate.»

«Magari se provassi a spiegarle-»

«Non c'è niente da spiegarle!» Ringhiò l'altra. «Non mi vuole più parlare. Ha detto chiaramente che se provassi anche solo ad avvicinarla, mi denuncerebbe alle guardie. Preferirebbe mettere la sua stessa sorella a morte piuttosto che vedere che razza di persona di merda è Bhelen.»

«Se lo ama...»

«Quanto puoi essere stupido?!»

Geralt si zittì, offeso.

«Non c'è posto per l'amore, qui sotto. Se sei polvere, muori polvere, a meno che non ti riesce di farti mettere incinta da un culo di pietra e, per botta di fortuna, dargli un maschio. E comunque sarai soltanto la madre di un principino, sotto tutti i bei vestiti e gioielli, sei sempre uno straccio vecchio pronto ad essere rimpiazzato da qualcun'altra.» Si voltò a guardarlo, aveva gli occhi rossi e gonfi. «Deve essere bello poter sognare un amore come nelle canzoni, ma qui impari fin troppo presto che non sono altro che stronzate.»

Il mago non sapeva cosa rispondere. Era l'amara, dura realtà dei bassifondi, oppure Natia stava ripetendo quelle parole soltanto per auto-convincersi di non potersi aspettare nulla di meglio?

Prima che potesse ribattere, la nana gli voltò le spalle, andandosene verso il palazzo di Harrowmont. «Dormi, che domani abbiamo da fare.»

Rimase lì, imbambolato come un deficiente.

«Ti ha dato una bella strigliata, eh.»

Alzò gli occhi al cielo. Non aveva bisogno di altre scenate...

«Sai, mi è già capitato che qualcuno mi evitasse dopo una bollente notte di passione, ma mai quando ero costretto a viaggiarci assieme.»

«Non ti ho-»

L'elfo sorrise, l'aria di chi la sapeva lunga. «Credi che non sappia riconoscere quando il cuore di qualcuno appartiene ad un altro?»

Geralt si appoggiò con la schiena alla balaustra. «Sono stato uno stronzo. Mi dispiace.»

«Ah, amico mio, non fingiamo che non abbia cercato di sedurti per settimane... In verità, ti avevo messo gli occhi addosso fin da quando era ancora mio obbiettivo uccidervi tutti.» Ridacchiò l'Antivano. «Mi ricordo che avevo pensato “se sopravvive, potrei persino curargli le ferite”...»

«Come no, non avevi alcuna possibilità fin dall'inizio.»

L'elfo ammiccò. «Forse, ma sono noto per tentare imprese impossibili.»

«Non può andare avanti. Questa cosa. Tra noi due.»

«Me ne sono accorto. Anche se si può a stento dire che ci sia qualcosa...»

Stava per ribattere, quando l'altro sollevò una mano.

«Lasciamo finire. Sto solo dicendo che il sesso può essere un divertimento fine a sé stesso, ed è così che mi piace considerarlo. Tuttavia, dato che la cosa ti mette chiaramente a disagio, e non ho alcuna intenzione di mettermi in competizione con il tuo amato Jowan, in quanto so che ho già perso in partenza... Dico solo che è stata una bella nottata, e se fosse per me lo rifarei, ma se ti crea problemi me ne starò da parte ed eviterò persino di rivolgerti la parola.»

«Non c'è bisogno di essere così estremi.» Ribattè Geralt. «Solo, non avrei dovuto cedere.» “O almeno, evitare di pensare a Jowan in quel momento...”

«Ah, ma almeno mi sono tolto lo sfizio.» Rise Zevran. «Posso quindi proporre una semplice amicizia, mettendoci alle spalle tutto questo imbarazzante trascorso?»

Geralt riflettè per qualche attimo. L'elfo non gli stava antipatico, era divertente ascoltarlo blaterare, e aveva una visione affascinante del mondo. Certo, c'era da combattere contro il fastidioso accento e le continue allusioni sessuali, ma...

«Possiamo fare un tentativo.»

Gli tese la mano.

L'altro ammiccò per un attimo, afferrandola. «Ad una proficua amicizia!»

Il mago annuì, incerto.

«Ora, secondo te, tra la nostra cara sorella della Chiesa e una certa elfa...»









Note dell'Autrice: ecco che la tensione tra Geralt e Zevran si è finalmente risolta. Non mi è mai passato per la testa di farli finire in una relazione romantica, ma una scena come questa ce l'avevo in mente da un po'. Uno, perchè Zevran non si sarebbe mai fatto scappare uno gnocco del genere, due, perchè anche il nostro Geralt ha momenti di debolezza, tre, perchè se il mago fosse rimasto ad aspettare Jowan per il resto della sua vita, sarebbe davvero arrivato come un "verginello" fino alla fine dei suoi giorni. Invece, sia nella Torre prima che succedesse tutto il macello che poi in viaggio, alle volte gli capita di cedere. Perchè ok l'amore, ma c'è un limite a tutto e non è detto che non possa avere altre relazioni nel frattempo. Solo, ora che Jowan è rinchiuso in una cella, lui si sente terribilmente in colpa, soprattutto dopo essersi dichiarato in quel modo disastroso. Natia trova la faccenda estremamente divertente, soprattutto dopo quanto successo invece al bordello di Denerim. Che non l'avesse fatto bere abbastanza, oppure era solo l'idea di farlo con qualcuno pagato per e non di sua volontà? Chissà... In ogni caso, Zevran e Geralt si sono tolti il cosiddetto prurito, e da qui può nascere invece un'amicizia basata su qualcosa di più che semplice attrazione fisica. Mi piacerebbe esplorare il personaggio di Zevran al di là della sfera sessuale e romantica.

Per quanto riguarda il rapporto tra Natia e Duran... Ovviamente lei non si è fidata del principe, ha passato la vita ad odiare tutti quelli come lui e a vederli come avversari e diretti responsabili della sua condizione di emarginata dei bassifondi. Certo è che Duran si aspettava un minimo di fiducia dopo tutto questo tempo, senza rendersi conto che per il momento non ha fatto granchè per meritarsela. Il tentativo di riavvicinare le sorelle e dare comunque la possibilità a Rica e al bambino di continuare a vivere a palazzo gli ha dato un po' di punti, ma Natia ancora non è completamente convinta. E soprattutto, dovrà schierarsi apertamente con il Carta, contro la sua famiglia e contro tutto ciò che ha sempre considerato come parte di sè, per favorire quello che fino a qualche mese prima era un odiato oppressore dal culo di pietra. La reazione di Rica quando si supporta Harrowmont, per chi non avesse mai giocato ad Origins come un nano popolano, è una delle peggiori di sempre.
Per quanto riguarda Duran, non si sognerebbe mai di prendersela con un bambino innocente, indipendentemente dal fatto che sia suo nipote o meno, figuriamoci in questo caso, quando la famiglia e l'onore sono la cosa che gli sta più a cuore.
Ah, nel gioco non si specifica mai quanto tempo passi tra il reclutamento da parte di Duncan e il ritorno ad Ostagar, ma è certo che non possano essere nove mesi e passa, quindi per rendere plausibile il bambino ho modificato qualcosa. 

Al prossimo capitolo!

  
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