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Autore: heliodor    31/05/2018    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Una vita in cambio di una vita
 
Gladia e Marget cavalcarono per tutta la notte e il giorno successivo, concedendosi solo qualche breve pausa per far riposare i cavalli e la regina, esausta.
"Mi chiedo se sia stata una buona idea partire senza dire niente a nessuno" disse Marget guardandosi alle spalle.
"Era la soluzione migliore. Andew non avrebbe mai permesso che tu ti allontanassi dal castello e da Valonde."
Stavano percorrendo una strada secondaria, lontana decine di miglia dalla città e dagli altri centri abitati. Da ore si erano immerse nella natura selvaggia, circondate da una densa foresta di alberi-sentinella.
"È stata una fortuna che non fosse presente" disse Marget. "Khone lo ha convocato al circolo per una riunione d'urgenza."
Non è stata fortuna, si disse Gladia. E quella riunione faceva parte del piano che lei e Khone avevano elaborato per allontanare il re dal palazzo.
"È la strada giusta?" chiese Gladia aiutandola a rimontare in sella.
"Sì" disse Marget respirando a fatica.
Deve essere stremata, si disse Gladia.
Provava pena per lei, ma allo stesso tempo non poteva concederle più di qualche breve pausa. Ormai la loro assenza doveva essere stata notata e poteva esserci qualcuno sulle loro tracce.
Soprattutto, poteva esserci Robern. Non era certa che lui la stesse seguendo, ma il suo potere doveva permettergli in qualche modo di rintracciarla.
Era impossibile rompere quel legame.
"Proseguiamo allora" disse Gladia dando di sperone.
Viaggiarono per altre due ore prima che la foresta si diradasse per mostrare colline verdi e dolci. Non c'erano fattorie né campi coltivati e l'unico edificio che si vedeva in lontananza era di aspetto squadrato, con un'ampia cupola che rifletteva i raggi del sole come un faro.
Fu verso quel punto che si diressero.
"L'osservatorio di Manarkal" disse Marget.
Mano a mano che si avvicinavano, aumentavano i dettagli visibili. Gladia vide l'ampio parco che lo circondava, ora in stato d'abbandono e invaso dalle erbacce, le panchine disposte lungo i sentieri e ciò che rimaneva delle aiole e dei gazebo. Due colonne annerite dal tempo reggevano un arco alto sette metri, sotto al quale si apriva un portone in bronzo.
Per entrare nell'edificio dovettero attraversarlo nel silenzio più assoluto, rotto solo dai loro passi.
Gladia si guardava attorno con aria stupita. "Perché costruire qui questo edificio?"
"Non hai mai visto un osservatorio prima d'ora?"
"Certo che sì, a Taloras ce ne sono due, ma sono stati costruiti sulle montagne, dove è più semplice osservare il cielo di notte."
"Re Natham la pensava diversamente" disse Marget divertita.
L'interno dell'osservatorio era spoglio e grigio. Le pareti erano incrostate d'umidità e c'erano cumuli di macerie dove l'intonaco aveva ceduto.
"Comunque" proseguì la regina. "Questo osservatorio non è stato costruito per osservare le stelle, ma il sole." Indicò una grande vasca vuota, profonda alcuni metri. Tutto intorno, poste a intervalli regolari, c'erano delle fontane.
Gladia notò che sul fondo si aprivano delle grate che dovevano servire per far defluire l'acqua.
Guardando in alto vide che nella cupola si apriva un leggero spiraglio da dove filtrava una lama di luce. Complessi ingranaggi dovevano regolare l'apertura e l'orientamento della cupola, ma il meccanismo era nascosto nelle pareti.
 
"Il sole, dici?" si chiese ad alta voce. "A cosa serve osservare il sole?"
Marget si strinse nelle spalle. "All'epoca, parliamo di quasi mille anni fa, a Valonde non c'era il Culto dell'Unico, ma quello di Elionden, il dio del sole."
"Quindi questo era un edificio di culto?" chiese Gladia.
Marget andò a sedersi in un angolo e distese le gambe, come se stesse cercando una posizione comoda.
Gladia notò per l'ennesima volta il suo ventre e si sentì afferrare dalla nostalgia e dalla rabbia. Sedette accanto alla regina, le gambe raccolte.
"Tu credi che verrà?" le chiese Marget.
Non ne era sicura, ma annuì lo stesso. Se Robern le stava sorvegliando, a quest'ora si stava già dando da fare per trovarle e raggiungerle.
Le ore passarono senza che accadesse molto. Parlarono dei vecchi tempi e delle battaglie e Marget le raccontò dei figli che aveva già avuto, del matrimonio e della prima notte d'amore e di quanto Andew fosse impacciato e timido. Risero di gusto al ricordo di una cena divisa davanti a un bivacco, mentre assediavano una fortezza.
A un certo punto, vinta dalla stanchezza, Marget reclinò la testa di lato e si assopì.
Rimasta sola, al buio, Gladia lottò per non addormentarsi a sua volta. Erano giorni, mesi, forse anni, da quando aveva paeso il bambino, che le sue notti erano brevi e tormentate dagli incubi.
Si chiese se anche quella l'avrebbe passata in compagnia dell'angoscia o se il destino le avrebbe concesso qualche ora di tranquillità.
Sentiva già le palpebre pesanti quando vide un'ombra muoversi.
Si destò, subito all'erta. A tutta prima pensò che Andew le avesse trovate, ma il re non si sarebbe presentato nascosto nelle tenebre, ma in piena luce.
L'ombra si mosse ancora e lei seppe che non stava sognando e non si era sbagliata. C'era qualcuno lì con loro.
Balzò in piedi. "Chi sei?"
L'ombra si fermò a qualche decina di passi di distanza. Ora poteva vederla bene, anche se i dettagli le sfuggivano. Era una figura non imponente, ma solida, vestita di un mantello scuro. Solo gli occhi vividi sembravano brillare nel buio.
Era la vista speciale? Cercò di ricordare se Robern avesse quel potere.
Evocò due dardi magici, uno per mano. "Non te lo ripeterò di nuovo. Chi sei?"
L'ombra si mosse verso di lei. Gladia la vide sollevare le mani come in segno di resa. Così vicina, riconobbe i tratti del viso. Le guance scavate, il naso aquilino e il mento pronunciato. E quegli occhi.
Non poteva dimenticare quegli occhi.
"Robern" disse con un singulto.
Vicino a lei, Marget si destò e balzò in piedi, i dardi già pronti. "È lui?"
Gladia annuì.
Robern fece un altro passo avanti.
"Che vuoi?" fece Gladia.
Robern sembrò sospirare. "Lo sai che cosa voglio, Gladia."
"Non te lo lasceremo fare" disse lei, decisa.
Il viso di Robern venne attraversato da un'ombra fugace. "Se mi uccidete, ne verranno altri, molti di più. E sarà peggio."
"Che cosa c'è di peggio in quello che vuoi fare?" gli chiese Gladia.
"Molti dei servitori di Lord Malag provano piacere nell'infliggere sofferenza agli altri."
"E tu invece?"
"Io eseguo solo gli ordini."
Gladia si sentì afferrare dalla rabbia cieca. Voleva colpire Robern e punirlo per quello che le aveva fatto, ma sapeva che così facendo avrebbe sprecato l'unica occasione che aveva. Riuscì a dominarsi a fatica e disse: "Non devi per forza uccidere Marget. Puoi fare a lei quello che facesti a me."
"Non posso, ormai è andata troppo avanti. Non potrei uccidere il suo bambino senza uccidere anche lei."
"E allora non lo fare, Rob." Si pentì subito di aver usato quel nomignolo. Quante volte l'aveva chiamato così, durante i giorni in cui avevano condiviso la loro passione? Le sembrava fosse passato un secolo da allora. "Non sei obbligato."
"Nessuno mi obbliga a farlo" rispose Robern con tono calmo. "Io credo in quello che sto facendo."
Gladia sentì le forze mancarle. "Tu credi che uccidere una donna e il suo bambino servirà a qualcosa? Ti macchierai solo di un crimine tremendo."
"Non pretendo che tu capisca. Ti chiedo solo di farti da parte."
"No" disse Gladia frapponendosi tra lui e Marget. "Non te lo permetterò. L'altra volta ero troppo sconvolta, ma stavolta combatterò. E Marget lo farà con me."
"È incinta ed è debole" osservò Robern. "La sua energia vitale è stata quasi tutta assorbita da suo figlio."
"Io però sono in piena forma." Gladia gli mostrò le mani con i dardi già pronti.
Robern sospirò. "Non voglio ucciderti ma se sarà necessario..."
"Allora fallo" disse Gladia.
Lui scosse la testa. "Gladia..."
"Sei in debito con me" disse addolcendo il tono della voce. "Mi hai portato via la cosa a cui tenevo di più. Me lo devi."
"Che cosa vuoi dire?" fece Robern.
"Ti offro uno scambio. Una vita per una vita."
"Non è la tua vita che mi interessa."
"Non è quella che ti sto offrendo" disse Gladia indicando il ventre di Marget. "Prendi l'erede e risparmia il bambino."
"Ti ho già detto che non posso..." Robern si arrestò, lasciando la frase a metà.
"Malag vuole l'erede, no?" disse Gladia. Cercò di restare calma mentre sceglieva con cura le parole successive. "Che se lo prenda, allora. Ma quel bambino è innocente e non merita di morire."
"Non posso prendere l'erede senza prendere anche lui" disse Robern.
Gladia colse l'incertezza nella sua voce. "Quando mi hai fatto perdere il bambino" disse faticando a dire quelle parole, tanto grande era il dolore che provava solo a parlarne. "Tu mi hai maledetta, vero?"
"Ho maledetto sia te che lui" disse Robern. "In modo che non nascesse e che tu non potessi mettere al mondo altri figli."
"Fallo anche con Marget" disse Gladia.
"No" protestò la regina. "Non glielo permetterò."
"È la tua unica speranza" disse Gladia trattenendola con le braccia. Guardò Robern. "Maledici Marget, in modo che metta al mondo un bambino senza poteri e non possa avere altri figli. Così Malag avrà ottenuto ciò che vuole e tu non dovrai uccidere nessuno."
Robern sembrò rifletterci. "Non ho mai fatto una cosa del genere. Non so se ne sarò capace."
"Prova. Sei uno stregone abile."
"Non si tratta solo della mia abilità. Molte cose potrebbero andare per il verso sbagliato e sia Marget che il bambino morirebbero."
"Correremo il rischio."
"Non te lo permetterò" disse Marget, ma sembrava meno convinta di prima.
Gladia la trattenne. "Per voi la guerra sarà finita e Malag non avrà più nessun motivo per tormentarvi."
"Lui ha solo agito per difendersi" disse Robern.
Gladia gli scoccò un'occhiata furente. "Come? Uccidendo un bambino innocente?"
"È un'arma che il circolo supremo vuole usare contro di lui" disse Robern. "Ti sembra accettabile usare un bambino innocente come arma?"
Gladia non ebbe la forza di replicare.
Robern si avvicinò a Marget, che si ritrasse inorridita.
"Non farlo, ti prego" lo implorò la regina.
"Tienila ferma" disse Robern rivolto a Gladia.
Lei ubbidì.
Robern pose le mani sul ventre di Marget e chiuse gli occhi. "Farò in fretta, ma non dovete interrompermi o..." Dai palmi eruppe un chiarore leggero. Durò solo pochi secondi e poi Robern sollevò le mani e si allontanò.
Marget si piegò sulle ginocchia ed esplose in lacrime.
Gladia si sentì travolgere dall'odio e dal risentimento. Voleva attaccare subito Robern e colpirlo con tutta la forza che aveva, ma se non fosse riuscito a sconfiggerlo o se fosse stata ferita non avrebbe potuto aiutare Marget.
Robern fece per voltarsi.
"Te ne vai così? Senza dire una parola?"
"Terrò d'occhio il figlio di Marget. Se mostrerà dei poteri tornerò per finire il lavoro che ho iniziato."
"Che cosa dirai a Malag?"
"Non credo che sarà contento del lavoro che ho fatto, ma se ne farà una ragione."
"Ti punirà?"
Robern scrollò le spalle. "Gli servo per i suoi progetti."
"Di cosa parli?"
Robern sembrò esitare, poi disse: "La stregoneria sta per finire, così è stato profetizzato tremila anni fa. Ci sarà un periodo di caos e di sofferenza per tutti i popoli, a meno che qualcuno non ci guidi attraverso le ombre verso una nuova era."
"E credi che Malag sarà quella guida?"
"Così è stato predetto. Lui è l'eroe profetizzato. Ora lo so."
Gladia non ebbe la forza di replicare. Si limitò a scuotere la testa affranta.
Marget si inginocchiò, costringendola ad afferrarla per non farla cadere. Quando rialzò la testa, vide che Robern era sparito.
"Siedi" disse alla regina aiutandola a stendersi sul pavimento. "Tra poco ti passerà."
"Sta per nascere" disse Marget.
"Ora?"
"Adesso o tra un giorno, ma sento che sta per nascere."
"Di quanto è in anticipo?"
"Venti giorni."
Era un rischio accettabile. "Dobbiamo tornare a Valonde."
"Non so se ce la faccio."
Gladia sollevò di peso Marget. "Ce la farai. Sei tu la più forte, lo hai dimenticato?"
Faticò per rimettere in sella Marget, ma alla fine riuscì ad assicurarla in modo che non scivolasse e cadesse a terra.
La regina tenne duro per tutto il tragitto, stringendo i denti e lamentandosi solo di tanto in tanto.
"Come stai?" le chiese Gladia a metà strada.
"Sono stata meglio. Ma anche peggio. Ricordi quella volta che sfidai quello stregone e quasi mi tagliò via il braccio?"
Gladia sorrise. Era successo due lune dopo che si erano conosciute. "Tu lo segasti in due, se non ricordo male."
"Sì, e poi vomitai il pranzo. Ecco, in quel momento mi sono sentita molto peggio di adesso."
Risero entrambe a quel ricordo.
"Arriva qualcuno" disse Gladia notando una dozzina di cavalieri che si avvicinavano a loro. A guidarli c'era Andew in persona, lo sguardo cupo.
"Marget" disse il re balzando giù dal cavallo prima ancora che si fermasse. Corse dalla moglie e afferrò le briglie della sua cavalcatura. "Che cosa vi è saltato in mente? Andare via nelle tue condizioni..."
"È tutto a posto" disse Marget. "Mi serve solo un po' di riposo."
"Dove siete state?" chiese Andew.
Gladia gli raccontò come erano andate la cose dal momento in cui avevano lasciato Valonde a quello in cui si erano incontrati sulla via del ritorno.
Andew ascoltò tutto il racconto in silenzio, poi diede ordine ai soldati di tornare in città e portare una carrozza.
Il ritorno a Valonde e i due giorni successivi furono una specie di incubo per Gladia.
Appena entro le mura Andew ordinò alle guardie di arrestarla e condurla nelle prigioni. "Per il tentato rapimento della regina" disse il re. "E per averla messa in pericolo."
"Andew, caro..." disse la regina con la voce spezzata dalla sofferenza.
Il re la ignorò.
Gladia accettò con rassegnazione la prigionia e se ne stette in silenzio nella cella, rannicchiata in un angolo e immersa nei suoi pensieri.
Dopo due giorni Khone passò a trovarla. "La regina è entrata in travaglio" disse il decano.
Gladia si limitò ad annuire. "Quante speranze ci sono che nasca un bambino sano?"
"I guaritori dicono che sarà un parto difficile" disse Khone. "Sei stata molto coraggiosa."
"O stupida."
"A volte bisogna essere un po' stupidi per trovare il coraggio necessario. Ma non è il tuo caso. Dirò ad Andew che agivi per conto mio."
"Così farà rinchiudere anche te."
"Non si metterà contro il circolo di Valonde."
"Ho quasi ucciso suo figlio."
"Capirà. E gli farò una proposta."
Gladia si accigliò.
Khone se ne andò senza aggiungere altro.
Il giorno successivo non tornò e Gladia iniziò a preoccuparsi. Da un momento all'altro si aspettava di sentire le campane suonare a lutto. Sapeva che in quel caso la porta della sua cella si sarebbe aperta solo il giorno della sua esecuzione.
Non aveva paura e dopo tante battaglie non temeva più la morte. L'aveva vista troppe volte da vicino e la considerava quasi una vecchia amica che ogni tanto passava a trovarla.
Poco male, si disse. Almeno ho dato uno scopo alla mia vita, anche se era quello sbagliato.
Il pomeriggio del terzo giorno, le campane suonarono. A festa.
Gladia si sentì sollevata. Forse non aveva paura della morte, ma non si sentiva ancora pronta per affrontarla. Voleva morire in battaglia, come le streghe famose, non sul patibolo come una comune criminale.
Fu lo stesso Khone a presentarsi il giorno dopo. "È una bambina" disse appoggiando le mani alle sbarre.
Dietro di lui, due guardie attendevano in silenzio.
Il decano fece loro un cenno della testa e aprirono la cella.
Gladia venne scortata fino allo studio di re Andew, dove entrò in compagnia di Khone.
All'interno c'era il re, il cui sguardo era raggiante. Si rabbuiò non appena la vide. "Sei fortunata che la mia bambina non sia morta. I guaritori dicono che è sana e forte, ma si sa, i guaritori non sono nemmeno dei veri stregoni."
"È vero" disse Khone. "So che non è il momento più adatto e che vuoi festeggiare con tua moglie, ma dobbiamo discutere di alcune cose importanti."
"Prima io" disse il re. "Voglio che quella donna non venga più a Valonde. Se lo farà, le farò dare la caccia da tutto il circolo."
"E io la proteggerò" disse il decano.
Andew sembrò sorpreso, ma incassò il colpo. "Credevo di avere il tuo supporto almeno in questo."
"Hai il mio appoggio incondizionato" disse Khone. "E tu lo sai. Così come lo avevano tuo padre e tuo nonno. Spero di proseguire con te il progetto che abbiamo iniziato insieme molti anni fa."
Andew scosse la testa. "Quando mio padre mi parlò degli eredi e del ritorno di Malag gli dissi che era un pazzo. Ora mi rendo conto che il pazzo ero io a non credergli."
"Tu sei solo te stesso" disse Khone.
"Perché non mi hai detto subito come stavano le cose?"
"Per proteggerti" disse il decano. "E proteggere la tua famiglia."
"Dovevi dirmi dei rischi che stavamo correndo" disse Andew con tono accusatorio.
"L'avrei fatto, a tempo debito, ma non mi è stata concessa questa possibilità."
Andew si avvicinò alla finestra e gettò un'occhiata fuori. "Eri pronto a sacrificare la mia bambina."
"Era un rischio calcolato. Speravo che il piano di Gladia funzionasse" disse Khone. "E se ho agito così è stato per un bene superiore. C'è molto di più in gioco."
"Non vedo l'utilità."
"Ora Malag pensa di aver eliminato tutti gli eredi, le nostre migliori risorse per batterlo. Ha ucciso il bambino che Gladia portava in grembo e ha reso inoffensiva la tua bambina."
Sentendosi chiamata in causa, Gladia disse: "Ora tua figlia crescerà in pace e lontana dal pericolo."
Andew si voltò. "Il mondo è pieno di pericoli e quello peggiore è Malag. Chi mi assicura che non manderà uno dei suoi per finire il lavoro?"
"Nessuno" disse Gladia. "Ma se restiamo qui ad attendere che ci colpisca, faremo solo da bersaglio."
"Cosa vuoi che faccia allora?" chiese il re.
"Inizia a combattere Malag" disse Khone. "Entra nel circolo supremo."
"Un'altra delle follie di mio padre" disse Andew. "Immagino che anche questa sia vera."
Khone annuì.
"E qual è il suo scopo?"
"Distruggere Malag una volta per tutte."
"E come?"
"Primo" disse il decano. "Ti dirò qual è la sua vera natura."
Andew si accigliò.
"Secondo" proseguì Khone. "Ti spiegherò come faremo a batterlo."
"Con gli eredi?" domandò il re. "Le armi che avete creato con così tanta cura? Malag le ha già eliminate."
"Questo non è del tutto esatto" disse Khone. "Ne esiste ancora uno. L'ultima speranza."
"E dove si trova?"
"Nel continente vecchio, al sicuro. Per ora."
"E cosa aspettiamo a usarlo contro Malag?"
"È ancora un bambino, ma crescerà. Fino ad allora, il nostro compito sarà di proteggerlo e assicurarci che Malag non lo scopra."
"E poi?"
"Poi toccherà a te, Andew. Tu guiderai l'alleanza che aiuterà l'erede ad affrontare Malag il giorno in cui ritornerà. Fino ad allora lui non dovrà sapere chi è."
Andew sospirò affranto. "Porti la guerra in casa mia."
"La guerra arriverà comunque, che tu lo voglia o meno" disse Khone. "Sei con noi, maestà?"

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