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Autore: NyxTNeko    03/06/2018    2 recensioni
Roma, 37 d.C.
Una giovanissima schiava proveniente dalla Gallia, abile conoscitrice di ogni tipo di erba, approda nella Città Eterna. Divenuta libera, la sua vita sembra essere destinata a svolgersi nell'ombra della Capitale del Mondo...fino a quando il potere non entrerà dalla porta della sua piccola bottega di filtri e veleni e le stravolgerà l'esistenza risucchiandola inevitabilmente nel suo vorticoso buco nero.
Locusta, la prima serial killer della storia, fu un personaggio enigmatico, quasi leggendario, di cui si sapeva davvero poco anche ai suoi tempi, una cosa, però, era assolutamente certa: la strega di Nerone non sarebbe sopravvissuta a lungo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
Capitoli:
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"Ut pictura poesiserit quae, si propius stes, te capiat magis, et quaedam, si longius abstes; [...] haec placuit semel, haec deciens repetita placebit"
Orazio, Ars poetica, vv. 361 - 365

Roma, 21 giugno 53 d.C.

- Altezza imperiale - esordì Vespasiano con un lieve inchino - Vorrei presentarvi uno dei migliori architetti reclutati negli ultimi anni, Gaudenzio - disse infine allungando il braccio dietro la schiena del giovane.

- Gaudenzio...che nome interessante... - mugugnò tra i denti l'imperatore - Vespasiano mi aveva parlato molto di te e del tuo incredibile ingegno

- So-sono onorato nel trovarmi al vostro cospetto, ma-maestà - tremolò Gaudenzio eccitato e al tempo stesso intimorito, mentre compiva lo stesso gesto del generale.

Mai si sarebbe aspettato di incontrare l'imperatore in persona, nonostante avesse poco fiducia nel governo romano, della mentalità arretrata della maggior parte della comunità romana, radicata su principi e regole che considerava oppressive,
nonostante l'impegno di Claudio nell'eliminare ogni contrasto all'interno e all'esterno del palazzo imperiale.

In quel momento, però, non riusciva a trattenere l'emozione di poter mostrare le proprie abilità all'uomo più potente del mondo. Era la sua occasione.

Ma non era l'unico ad essere entusiasta...

- Finalmente l'architetto di cui tanto parlava Tito Flavio è arrivato - sibilò Nerone, nascostosi dietro una colonna di marmo, non molto lontano dal luogo dell'incontro, intento ad origliare la conversazione - Avrò il piacere di parlare con qualcuno che conosce la realtà romana meglio di chiunque altro...

- Lo potrai fare dopo che avrai finito di studiare, caro il mio Nerone... - sussurrò Seneca all'orecchio del ragazzo che quasi sussultò per la paura. Aveva cercato di fuggire dalla sua parlantina asfissiante in maniera del tutto silenziosa, eppure era riuscito a rintracciarlo; si rese conto che, come sue madre, non era facile sfuggirgli.

- Maestro Seneca sono sempre stato diligente e appassionato negli studi, non ho mai tralasciato nulla, permettetemi di fare un'eccezione una volta ogni tanto, vi ho sempre ubbidito! - pregò il quindicenne scuotendo la testa.

L'anziano filosofo sospirò: doveva ammettere che quel ragazzo aveva tutte le ragioni, era davvero un ottimo studente, anche quando la mole era eccessiva non aveva mai fatto notare le sue fatiche, la sua stanchezza e la sua petulanza. Si era sempre impegnato con grande energia.

- E sia! - l'accontentò Seneca con una fragorosa risata, gli diede una pacca sull'ampia spalla scoperta - Puoi anche andare a teatro stasera - aggiunse con grande gioia per il ragazzo che non desiderava altro in quella giornata - Ma domani dovrai recuperare tutto ciò che hai saltato oggi

- Lo farò, lo farò senz'altro - emise Nerone, allungando la mano su quella che il maestro aveva appoggiato, sorridente - Vi ringrazio immensamente per il vostro permesso

Seneca lo guardò nei suoi occhi azzurri, ridenti, gioiosi, e istintivamente abbassò cupamente la testa; dopo pochi istanti gli mostrò un timido sorriso che non aveva nulla di allegro, anzi, era espressione della sofferenza che il filosofo stava provando: Nerone, con la sua sfrenata, e quasi ingenua, passione per l'ellenismo, per la cultura, per la parte migliore dell'umanità, era entrato nel suo cuore.

Ma non poteva mostrarsi totalmente sincero con lui, avrebbe voluto salvarlo da quella voragine che si stava avvicinando sempre più a Nerone; sapeva che prima o poi il potere avrebbe mutato inesorabilmente quel ragazzo che sognava solamente di essere un artista, il trono, l'Impero non facevano per lui.

- Lucio Anneo Seneca - fu destato dalla potente voce di Vespasiano affiancato da Gaudenzio; avevano appena finito di parlare con l'imperatore che aveva garantito loro l'approvazione dell'intera corte di qualsiasi progetto. Non poteva esserci notizia migliore per il giovane architetto.

Il filosofo si voltò, mascherando il suo stato d'animo turbato, salutò entrambi con gentilezza - L'Impero ha bisogno di ragazzi volenterosi come te, Gaudenzio...

- Ci metterò tutto l'impegno per rendere Roma una capitale ancora più potente e affascinante di quanto già non lo sia - promise il giovane architetto; ovviamente si rendeva conto di aver esagerato non poco nell'affermare ciò, in quanto la città non era per niente sicura, costruita su di una struttura asfissiante.

Anche una minuscola ed involontaria calamità avrebbe provocato una catastrofe immane, era seriamente preoccupato...

- Gaudenzio...hai un nome così particolare che mi piace - s'intromise Nerone, nel suo tono di voce traboccava un'immensa eccitazione, poi si mise una mano sul petto e si presentò come se fosse un attore sul palcoscenico - Perdona la mia irruenza, il mio nome è Nerone e sono il figlio adottivo dell'imperatore

Stupito di un'autopresentazione così originale non poté non osservarlo dalla testa ai piedi: indossava un chitone, abbigliamento tipicamente greco, assai insolito tra i romani, che risaltava il fisico robusto e atletico, ad eccezione delle gambe, innaturalmente gracili; era lievemente più alto di lui.

Portava i ricci capelli rossi lunghi sul collo, un accenno di barba, del medesimo colore, circondava, il volto e il mento; aveva dei grandi e intensi occhi azzurri, un grosso naso greco al centro separava nettamente il viso e le piccole labbra carnose coronavano il tutto. Un miscuglio tra ellenismo e romanità.

- Il piacere è tutto mio, Nerone - rispose gentilmente il giovane architetto.

Furtivamente il ragazzo si avvicinò a Gaudenzio e gli sussurrò - Verresti in un posto con me? Ho bisogno di un giudizio

- In che luogo?

- Seguimi e lo scoprirai! - rispose malizioso Nerone, gli allungò la mano.

Gaudenzio, perplesso, spostò lo sguardo prima verso il filosofo Seneca e poi fissò Vespasiano, entrambi lo incoraggiarono silenziosamente annuendo lievemente; strinse la mano del ragazzo.

- Cosa vuole mostrargli, filosofo Seneca? - domandò incuriosito Vespasiano, postosi al fianco dell'uomo, con le braccia dietro la schiena. Osservò i due allontanarsi velocemente dal palazzo imperiale.

- La sua sensibilità artistica - rispose l'altro con un lungo sospiro che l'ufficiale non comprese, ma neanche tranquillizzare; tornò a guardare nuovamente il punto di prima, però erano già scomparsi dal suo campo visivo.

Erano giunti ai piedi del Circo Massimo dopo una lunga corsa che aveva sfiancato il povero Gaudenzio, non più abituato alle scappatelle dei vecchi tempi, a quel punto Nerone diminuì il passo e gli fece insistentemente segno di continuare a seguirlo - Perdonami se ti ho fatto stancare, ma dovevo farlo, altrimenti mia madre mi avrebbe scovato - si scusò velocemente.

Fece ancora qualche passo ed arrivarono in una zona non molto affollata, composta da case disabitate e fatiscenti; Gaudenzio non poteva credere che il figlio dell'imperatore conoscesse gli angoli più malsani della Capitale. Si chiedeva se facesse sul serio o fosse solo una finta...

Ad un certo punto Nerone si fermò e si voltò, fissandolo negli occhi, serio, come chi è desideroso di rivelare un segreto inconfessabile - Devi giurare sulla tua vita che non rivelarai ad alcuno del posto che andrò a mostrarti, nessuno, nemmeno Seneca lo conosce...

- Ma perché io? - domandò sempre più intimorito, si sentiva in pericolo, come se qualcosa di grave dovesse abbattersi su di lui da un momento all'altro.

- Perché tu conosci la situazione dell'Impero meglio di qualsiasi membro del Senato o del Palazzo stesso - si fermò per poi riprendere - Inoltre non sei corrotto dall'ipocrisia, dal potere, dal servaggio o almeno non ancora - aggiunse lapidario Nerone con l'espressione di chi si considerava irrimediabilmente
contaminato dall'ambiente in cui era vissuto fino ad allora.

Quell'ultima frase, infine, lasciò di stucco Gaudenzio, lo guardava stranito, non si aspettava una maturità così radicale in un membro della famiglia imperiale, inizialmente lo aveva considerato uno dei soliti ragazzini viziati lamentosi, senza tatto e intelligenza.

Non si rese nemmeno conto di sorridere di quella constatazione e con convinzione disse - Potete fidarvi di me, Nerone

Nerone ricambiò il sorriso e gli mostrò la piccola casetta di legno in cui si celava il suo segreto; appena vi entrò rimase a bocca aperta nel vedere simili meraviglie dipinte sui muri - Li ho realizzati io - confessò.

Stupito tastava il muro rossiccio, le osservava attentamente ma solo uno riuscì a coinvolgerlo: quello in cui due dolci amanti si stavano dando l'ultimo, fugace abbraccio prima della partenza dell'uomo per la guerra; gli ricordava tanto la sua separazione con Locusta.

Subito eliminò quel pensiero per concentrarsi alla parte tecnica: lo stile era molto particolare in quanto univa tratti e colori romani a quelli greci, inoltre le pennellate erano leggere ma frenetiche e agitate, ad indicare un urgente senso di liberazione.

Da quei tratti percepì come quello fosse il suo modo per liberarsi dalle frustrazioni, dalle pressioni, anche delle ambizioni di quel mondo che lo opprimeva, lo caricava di responsabilità, regole, compiti i quali lo incatenavano.

- Allora che ne pensi? - interruppe la riflessione dell'architetto.

Gaudenzio aprì la mano sul muro e accarezzò nuovamente l'affresco - Avete uno stile molto particolare, unico, dovete continuare ad applicarvi per migliorarlo
ulteriormente - azzardò non sapendo cosa dire, era più volenteroso di scoprire la vera anima di quel ragazzo.

Si fermarono in un'altra sala, questa aveva solo delle ghirlande dipinte, ma non era state realizzate da lui in quanto erano rovinate dalle infiltrazioni di acqua. Vi era una tenda che copriva gran parte della stanza, Nerone, senza rimostranze, l'aprì e gli mostrò una serie di piccole sculture e busti.

- Siete un artista completo, Nerone! - esclamò Gaudenzio, analizzando i marmi.

- Anche se sono più abile con la penna e i pennelli, gli scalpellini sono strumenti con i quali non ho preso del tutto confidenza - ammise Nerone ridacchiando; era più rilassato e spontaneo rispetto a qualche ora prima.

- Dovete solo smussare gli angoli, con un po' di pratica aggiusterete tutto - gli rivelò Gaudenzio, poi si fermò verso un busto femminile che appariva più curato e levigato degli altri

- Quella è mia zia Domizia Lepida - confessò Nerone appoggiando la testa sul freddo marmo, quasi volesse farsi scaldare da esso - Una persona a cui sono particolarmente affezionato, è grazie a lei se ho scoperto le mie doti di artista

Gaudenzio si convinse sempre più che quella piccola casetta fosse il suo mondo in cui aveva l'opportunità di esprimere tutto se stesso, anche i sentimenti verso le persone che lo circondavano; infatti gli pareva l'unica statua che raffigurasse una persona reale, probabilmente nessuno degli altri componenti era riuscito a fare breccia nel suo cuore e nel suo animo come quella zia.

- Vi manca molto?

- Ultimamente si - sospirò amaramente accarezzando nuovamente il viso, la sua espressione si fece cupa - Mia madre non le permette quasi più di venire in palazzo, non l'ha mai potuta vedere, nonostante fosse stata proprio lei ad affidarmi a mia zia quando ero un bambino mentre era stata esiliata, i nostri incontri sono brevi e in posti sempre diversi

Gaudenzio capì fino a fondo il suo stato d'animo, loro due erano più simili di quando potessero credere: anche la sua famiglia aveva scelto l'apparenza al posto della verità, l'ipocrisia invece della lealtà, la freddezza ai sentimenti; i loro destini erano così simili, così come l'indole.

- Spero di non fare tardi dai verdi... - esclamò improvvisamente Nerone sbattendo la mano sul viso, con evidente preoccupazione.

- I verdi? - turbato chiese Gaudenzio.

- Per fortuna siamo vicini, ti mostrerò le mie ultime due passioni oggi - lo rassicurò sorridendo forzatamente.

Immediatamente abbandonarono la "Casetta delle Arti", come la rinominò mentalmente l'architetto, per arrivare alle scuderie dell'immenso Circo Massimo, una delle strutture più grandi e note della Capitale, conosceva molto bene la sua storia, in quanto gran parte delle sue ultime ricerche e studi erano incentrati proprio su di esso.

Sorgeva tra i colli Palatino ed Aventino e si estendeva per 2187 palmi di lunghezza e 960 di larghezza per una capienza di 250.000 persone, risaliva ai tempi dei Tarquini ma fu ampliato ed ebbe l'assetto definitivo con Giulio Cesare; l'obelisco di Ramses II fu aggiunto da Augusto prima di essere sostituito da un altro, sempre egizio, dopo i continui terremoti ed incendi.

Si sentì subitamente a disagio, in quanto non aveva mai frequentato quell'ambiente; la Corsa delle Bighe non lo attirava affatto e quelle poche che vide in vita sua non gli procurarono alcun entusiasmo.

- Immagino che abbia capito di cosa si tratti, Gaudenzio - lo punzecchiò il ragazzo

Annuì intimidito Gaudenzio, augurandosi di non essere coinvolto direttamente in qualche gara di riscaldamento, seppur non fosse il periodo delle Corse.

- Avete portato un nuovo amico con voi, Nerone - ridacchiò uno degli aurighi, spettinandogli i ribelli capelli rossi; dal tipo di confidenza intuì che era molto conosciuto in quelle parti.

- Si chiama Gaudenzio - rispose prontamente - È entrato nelle grazie dell'imperatore per cui lavorerà per noi e soprattutto per l'Impero

- Devi ritenerti fortunato Ga...ga

- Gaudenzio - l'aiutò l'architetto - Effettivamente mi sento lusingato dal mio nuovo ruolo

- Come sta il mio Achille? - chiese infine il ragazzo all'auriga, curioso di sapere delle condizioni del suo adorato cavallo che non vedeva da una settimana intera - E l'allenamento dei verdi come procede?

- Sta benissimo, anzi non vede l'ora di correre, mentre per quanto riguarda la fazione dei verdi, tranquillizzatevi si stanno esercitando, come potete ben vedere

Con il volto illuminato dalla gioia, Nerone volò verso il suo destriero color terra, nevrile, agile e veloce, per questo lo aveva chiamato Achille, possedeva lo stesso spirito battagliero e combattivo dell'eroe acheo.

Prese una delle bighe disponibile, sellò il cavallo come gli era stato insegnato e si aggiunse al gruppo degli aurighi professionisti, lieti di correre assieme al ragazzo.

- Sei in gamba - effuse l'auriga posizionando le braccia sui fianchi - Cerca di restargli sempre amico, Gaudenzio, ha bisogno di persone che gli diano stimoli, certezze, oltre a quei libri su cui sta seduto quasi tutto il giorno, e in speciale modo di affetto, ne ha così poco

- Sì ho notato - continuava a guardarlo, in quel momento era libero, leggero; quante volte aveva dovuto nascondere i suoi impulsi per accettare le sue responsabilità - Per questo vi mostrate sempre molto gentili e cortesi con lui

- È un giovane nobile che si preoccupa della plebe più umile, è sincero come pochi con noi, non ha pregiudizi, non si sente claustrofobico, nè disgustato tra le gente comune e semplice...

L'auriga continuava a parlare ma Gaudenzio non lo ascoltava più, il cuore gli batteva all'impazzata sapendo che c'era qualcuno veramente interessato al cuore pulsante dell'Impero: la forza più genuina, più vitale, più vera di Roma.

- Appena finirò qui andremo ad assistere ad una commedia di Terenzio, ovviamente pagherò il posto per anche per te - propose Nerone quando si trovò vicino ai due "spettatori".

- Come desiderate, mio caro Nerone...

   
 
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