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Autore: Nalawagel    06/06/2018    1 recensioni
[...] La guerra è finita. Gli Almogaveri sono stati sconfitti. Di fronte a tutte le avversità, e di fronte alla più grande minaccia che questa galassia abbia mai conosciuto, siamo sopravvissuti.
Ora, mentre percorriamo i primi passi verso il ripristino di ciò che abbiamo perso, dobbiamo ricordare che cosa ci ha permesso di vincere. Non è stata una vittoria di una singola flotta, di un singolo esercito, o di una sola specie. Se questa guerra ci ha insegnato qualcosa, è che siamo più forti quando lavoriamo insieme. E se possiamo abbattere le nostre divergenze per fermare qualcosa di potente come gli Almogàveri, immaginate cosa possiamo ottenere ora che sono stati sconfitti. Ci vorrà tempo, ma possiamo ricreare tutto ciò che è stato distrutto. Le nostre case, i nostri mondi, le nostre navi. Tutto questo e altro ancora. Insieme possiamo costruire un futuro più grande di chiunque di noi possa mai immaginare. Un futuro pagato dai sacrifici di coloro che hanno combattuto accanto a noi. Un futuro che molti non vedranno mai. Nonostante abbiamo ancora molte sfide davanti a noi... possiamo affrontarle insieme. E onoreremo quelli che sono morti per darci quel futuro. [...]
Amadeus IV - Cronache di una guerra infinita.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Julian si era alzato presto quel giorno, aveva davvero troppe cose da fare per lamentarsi dell'ennesimo giorno nuvoloso. In realtà aveva visto ben poche mattine assolate ad 'Evreux, pioveva un giorno sì e l'altro pure, per cui, non solo non se ne lamentava, ma non lo sorprendeva neppure. Mentre metteva in ordine l'ennesimo fascicolo nella libreria della sagrestia, avvertì una lieve fitta al braccio, un attimo di distrazione e i fogli scivolarono tutti via dal raccoglitore, frusciando sul pavimento pulito e lucido. Sospirò, era da qualche giorno che si sentiva debole e stanco, persino padre Boutrox se n'era accorto e gli aveva premurosamente consigliato di rimanersene a letto finché non fosse stato meglio. Ma Julian era troppo preso dalla sua nuova vita e dal suo nuovo importante compito per permettere ad un lieve malessere di avere la meglio su di lui. Raccolse i vari fogli, indugiando sull'ultimo, il quale portava il nome del fascicolo e quindi, del paziente. Infilò tutto nella cartella e la mise assieme alle altre. Non era certo che “paziente” fosse il termine più adeguato, ma aveva conosciuto ben poco della religione per trovare un altro termine, considerando che “posseduto” gli suonava piuttosto male. Non che li guardasse con disprezzo- al contrario- sapeva bene cosa volesse dire convivere con un demone, lui stesso ne era la prova e sapeva quanto fossero importanti le persone come padre Boutrox che combattevano instancabilmente questo male, per questo non voleva riposarsi, non voleva essere da meno. Ancora un paio di giorni e sarebbero stati sei mesi da quando era arrivato in quella cittadina della Provenza- chissà come- stravolto e con i vestiti stracciati, era stato accolto da padre Boutrox il quale si era preso cura di lui. Quando Julian capì quali altre mansioni avesse il parroco della più bella cattedrale della città, lo ritenne un segno parecchio ironico del destino, rafforzato anche dal prolungato silenzio di Gerda. Così, quando il prete gli propose di restare con lui per occuparsi delle scartoffie o degli aspetti burocratici che potevano essere facilmente gestiti, Julian accettò subito e molto volentieri. Dopo un mese di permanenza, oltre a mettere in ordine pratiche e documenti, Boutrox aveva cominciato a portarlo con sé anche durante gli esorcismi e, in cinque mesi, erano stati davvero tanti. Probabilmente era per quello che non era così sorpreso dall'aria greve e uggiosa di 'Evreux, c'era talmente tanto “male” in quella città che persino il sole temeva di illuminarla, eppure, per fortuna, c'era padre Boutrox. Lungi dall'essere un fanatico, Boutrox trattava tutti, pazienti e amici – e, nel caso di Julian, le due cose coincidevano – con affabile premura, ridendo e scherzando con il suo spirito attento e vivace. Non mancavano le battute sulle sue mansioni, sia quelle più allegre che quelle più drammatiche.

“Camminiamo sempre con i demoni, ragazzo mio, alcuni si scacciano via con Pater Nostrum, altri non basta la finanza a scacciarli dai seggi comunali ma...c'est la Vie ” e questa ed altre massime comparivano spesso tra i discorsi dell'uomo di chiesa. Ma se c'era qualcosa che davvero Julian ammirava del suo nuovo mentore era l'instancabile tempra e spirito nel fronteggiare le difficoltà e nel sostenere i suoi “pazienti” nei loro momenti più bui, il tutto senza far loro pesare nulla, trattandoli con compassione e rispetto, nonostante tutto. Si chiese quando avrebbe raccontato la sua storia al prete, anche se in cuor suo era convinto che Boutrox sapesse, ma che appunto fosse fiducioso nello spirito di Julian. Per cui, quel periodo ad 'Everux, sebbene non godesse del benestare del sole, fu comunque uno dei più felici che Julian riuscì mai a ricordare, complice anche, l'imperterrito silenzio di Gerda. La voce nella sua testa infatti era quasi del tutto sparita, sopravvivevano sporadici sogni, flash di luoghi impervi e aspri dirupi, o strani mostri antropomorfi e non, la cui memoria di certo non apparteneva al ragazzo. Ancor più raramente Julian poteva isolare come un sibilo nella sua mente, sottile come la voce della brezza, ma che per lui, abituato a conviverci da quindici anni, era l'unico segno lasciato dalla sua scomoda coinquilina. Questo prolungato silenzio Julian lo attribuì subito alla presenza di padre Boutrox e questa fu l'ennesima conferma che la diagnosi di psicosi dell'Umd aveva un risvolto molto meno medico di quanto anche la dottoressa Lemair avesse creduto. Provava sempre una certa malinconia pensando a lei, non sapeva se l'avesse in un certo senso tradita fuggendo via dall'Umd, ma la bellezza di 'Everux era anche quella dell'oblio, come se prima di quel periodo tutto fosse avvolto nella foschia. Julian aveva poco alla volta lasciato scomparire i suoi ricordi in una nebbia indistinta in cui non aveva la minima voglia di reimmergersi. Così accompagnato dalle varie riflessioni il ragazzo continuò a riassettare documenti, correggere bilanci e aprire lettere. Proprio mentre stava compilando la domanda di restauro di uno degli affreschi della sublime chiesa gotica, la porta della sagrestia si aprì con un sibilo acuto. Julian sussultò e con lui anche qualcuno che non si faceva sentire da un po', il ragazzo boccheggiò per qualche istante, rivolgendo i suoi occhi smeraldini verso l'uscio. La vista della figura massiccia di padre Boutrox mise un freno al suo cuore impazzito.

-Buongiorno sign...- ma la voce gli si strozzò in gola quando vide lo sguardo truce del suo mentore, fu solo un istante, talmente rapido da far chiedere a Julian se non si fosse sbagliato.

-Julian... sei qui...- disse brusco l'uomo, vederlo così, sudato e nervoso, allarmò Julian.

-Signore è successo qualcosa, posso...?-

-Il fascicolo- lo incalzò subito il prete avventandosi sulle scartoffie sulla scrivania, aveva il fiatone e grosse gocce di sudore gli scendevano dalle tempie.

-Li ho appena messi tutti nella teca- balbettò il ragazzo – Cosa è successo?-

Boutrox lo fissò per qualche istante, il petto si alzava e abbassava affannosamente – Io... il bambino... quello della crisi ...-

-Josh Atrax!- ricordò subito Julian, era uno degli ultimi pazienti, quello che aveva accusato i malesseri peggiori, debilitato fino allo sfinimento, scosso da incubi, visioni e altri strani fenomeni che avevano fatto venire i brividi a Julian.

-Sì, sì, proprio il giovane Atrax, ti ricordi dove hai messo il suo fascicolo?- chiese il prete, nonostante avesse smesso di rovistare nelle carte, aveva ancora le mani scosse da fremiti.

-Certo che sì!- Julian aprì subito la teca della libreria, estraendo con sicurezza un raccoglitore tra i tanti dello stesso tipo – Eccolo!- lo porse subito al prete, il quale quasi glielo strappò dalle mani

-Molto bene, lasciami solo ragazzo!-

Julian annuì – Chiamo la signora Atrax ? L'avviso, se questa sera andremo da loro...-

Boutrox alzò lo sguardo pensieroso, ma molto più calmo, sul ragazzo – No, no, grazie Julian, stanno già venendo loro anzi, per favore, non appena arrivano portali nel mio studio e vienimi a chiamare!-

-Certo signore!- affermò il ragazzo sollevato dalla solita risolutezza del suo mentore. Julian lasciò quindi Boutrox immerso nella lettura e nella riflessione. Uscì dalla sagrestia e si ritrovò in una delle navate della chiesa. Rimase per qualche istante a contemplare le volte a sesto acuto sorrette dalle svettanti colonne decorate, i cori arabescati ed i ricchi affreschi. A volte si sentiva quasi schiacciato dalla magnificenza di quel gusto spiccatamente gotico che rivendicava con superbia la propria augusta bellezza fatta di pinnacoli, vetrate e forme sinuose. In realtà tra le varie decorazioni vi erano anche bassorilievi, alcuni rappresentavano scene del Vangelo, altri l'Apocalisse. Julian indugiò sulle figure mostruose, deformi e cornute ritratte in quelle lastre di pietra. Molte di quelle creature avevano le ali da pipistrello, contrapposte a quelle piumate degli angeli. Julian fece un sorriso amaro, le piume rimandavano alla leggerezza e alla morbidezza, rispetto alle membranose e artigliate ali dei demoni, eppure il ragazzo si chiese se davvero gli angeli non nascondessero qualche lama sotto quelle piume, visti gli avversari che si ritrovavano ad affrontare. I demoni erano grossi, nerboruti, massicci, con le fauci ritorte da zanne affilate: che Boutrox ne avesse appena visto uno? E se lui se ne fosse trovato davanti uno simile? O se lo avesse avuto dentro?

La risata di Gerda gli tornò alla mente accompagnata da un brivido.

Scosse la testa dandosi dell'idiota. Stava vaneggiando, probabilmente era stato lo spavento nel vedere atterrito Boutrox a fargli venire quelle stupide fisime. Si chiese cosa mai avesse potuto avere un simile effetto sul prete e sul suo rinomato contegno. Il pensiero di dover riceve il “paziente” che aveva scatenato quella reazione non lo esaltava, ma Julian intraprese comunque una delle vecchie scale laterali per scendere nella chiesetta inferiore. Si sentiva sempre soffocare ogni qual volta scendeva, preferiva di gran lunga i luoghi ariosi e la vecchia chiesetta sotterranea di sicuro non ne faceva parte. Era una costruzione precedente di appena un secolo a quella superiore, infatti veniva usata giusto per qualche occasione più intima, quali funerali o celebrazioni più specifiche del calendario liturgico. Boutrox aveva adibito la vecchia cripta a studio e, nonostante tutto, era riuscito a renderlo accogliente. Julian accese subito le luci, il buio rendeva solo più soffocante quel luogo. Sebbene ogni angolo fosse illuminato, il ragazzo non riusciva ad apprezzare lo stile spoglio ed essenziale di quella chiesa soprattutto se paragonata alla costruzione sovrastante. Il soffitto era basso, piatto, tutto in pietra fredda e sagomata, giusto qualche inserto in legno, forse solo l'altare e il tabernacolo, ma nulla avevano a che vedere con il solenne ostensorio della chiesa superiore. Julian passò accanto all'altare, fece un inchino e il segno della croce, rimanendo abbagliato per un istante dallo sportellino lucido del tabernacolo. Osservandolo meglio vide che era leggermente accostato. Con il trambusto padre Boutrox l'aveva certamente lasciato aperto. Julian salì con reverenza sul presbiterio e si avvicinò al tabernacolo, lo sportello lasciava entrare la luce, la quale colpiva il piedistallo dell'ostensorio. Julian lo guardò interdetto, aprì del tutto lo sportello: l'oggetto non era per nulla simile a quello della chiesa grande, anzi, non aveva neppure la classica forma a raggiera, somigliava per lo più ad una sorta di salsiera, era bassa e affusolata, laccata in oro e con i bordi decorati da un sottile filo di rubini. Aveva un manico sottile e arricciato, il quale bilanciava sul lato opposto il beccuccio del medesimo gusto sinuoso. Julian si chiese in che modo venisse conservata l'ostia lì dentro, sollevò il coperchio il cui pomolo era costituito da un rubino sanguigno e sfaccettato.

-Una candela!?- Julian osservò stranito il vivace stoppino rosso, che, nel nero della cera, sembrava un papavero venuto fuori dall'asfalto. Rimase a fissare lo strano oggetto nelle sue mani, girandolo e rigirandolo, studiando i piccoli caratteri che ne decoravano la superficie.

-Dunque è stata quella...-

Julian sussultò, la lampada gli sfuggì dalle mani, cadendo rumorosamente per terra. Il ragazzo si affrettò a recuperarla, terrorizzato non solo dalla sottile voce femminea, ma anche dalla prospettiva di aver rotto o danneggiato il turibolo.

-E' una lampada, idiota!-

Julian prese la lampada, per un istante gli parve di vederla brillare, ancora più atterrito la schiaffò nel tabernacolo e richiuse immediatamente lo sportello – Chi è là!?- urlò poi mentre i suoi occhi sfrecciavano da un angolo all'altro dell'essenziale sala sacra.

-Io... sono... sono la signora Atrax- disse allora una voce sottile. Julian sbatté più volte le palpebre, la gola gli si era fatta improvvisamente secca.

-Ah, sì, sì, certo, signora Atrax... Venga, padre Boutrox... Vado a chiamarlo... si accomodi-

La signora Atrax era una donna minuta, Julian l'aveva vista un paio di volte, aveva i capelli corti e lisci e il viso piccolo e rotondo. Quando la vide sbucare fuori da una delle scale di servizio, il ragazzo rimase sconcertato da come quel viso fosse dimagrito e di come lei si fosse fatta persino più piccola, stava tremando. Julian cercò di farle un sorriso e di calmarsi, nonostante si fosse reso perfettamente conto che la voce che aveva sentito non aveva nulla a che fare con quella della signora Atrax.

-Signora Atrax, venga avanti, padre Boutrox mi ha detto di farla accomodare nel suo studio!- insistette Julian allontanandosi grandi passi dall'altare. La signora Atrax si ritrasse verso la breccia della scalinata. Julian si fermò, osservandola attentamente, quella donna non era solo spaventata: aveva il terrore negli occhi, gonfi e lucidi. Julian sentì una stretta al cuore.

-Signora Atrax...- disse senza fare un altro passo verso di lei, si limitò a incrociare il suo sguardo, riempiendolo di tutta la compassione e premura avesse in corpo, proprio come faceva padre Boutrox. Sperò di avere almeno la minima empatia di quell'uomo – La prego, sono qui per aiutarla, non abbia paura, qualsiasi cosa sia successa... Padre Boutrox arriverà presto, venga avanti!-

La donna annuì ancora titubante, ma fece un passo avanti e, trattenendo un fremito, portò avanti la piccola figura dietro di sé. Non appena la luce della sala accolse il figlio, la donna emise un gemito, portandosi la mano alla bocca mentre gli occhi si riempivano di lacrime. Julian rimase impassibile, ad una prima occhiata il bambino sembrava perfettamente normale, eppure un dettaglio inquietante bastava a rompere l'incantesimo: gli occhi del bambino erano completamente neri, la sclera sembrava invasa da denso inchiostro, inoltre la madre lo trascinava dietro come se fosse una bambola inanimata. Julian aveva visto anche Josh, una volta o l'altra, a letto, pallido, ma effettivamente il suo aspetto non si era mai scostato troppo da quello di tanti altri malati che aveva visto nell'Umd, ma quella era davvero tutt'altra storia, quello era davvero un mostro. Julian si sentì pervadere dal gelo, era questo quello che succedeva in realtà? Una cosa annientava nel suo nero un'intera persona, anche la più innocente, dall'interno. Forse anche lui aveva avuto quell'aspetto quando aveva appiccato l'incendio fatale nella sua casa. La donna stava ancora singhiozzando, per cui non si accorse di Julian, il quale si avvicinò al bambino, si inginocchiò e gli prese delicatamente le fragili spalle tra le mani

-Andrà tutto bene Josh, resisti! Vado a chiamare padre Boutrox!-

La donna si fermò osservando sconcerta il gesto del ragazzo. Julian si voltò verso di lei, abbozzando un timido sorriso – E' un bambino forte, vedrà, padre Boutrox riuscirà ad aiutarlo!-

La signora aveva ancora gli occhi pieni di lacrime, ma tra tanto dolore Julian vide brillare la tenue luce di una speranza e finché quella risplendeva, nessuna battaglia poteva dirsi conclusa.

-Resisti, campione, va bene ? Io torno subito!- Julian gli prese il volto tra le mani, la pelle era gelida – Andate nel suo studio, quella porta lì!- il ragazzo si rialzò e indicò la porta – Il tempo di chiamarlo!- fece per andare, ma la manina del bambino si serrò sul lembo della camicia, Julian si girò, la bocca del bambino si aprì appena, il ragazzo colse un unico inquietante sussurro, basso, ma chiarissimo, diceva “scappa”.

 

Julian continuò a pensare al bambino e a ciò che gli aveva sussurrato anche dopo che padre Boutrox era accorso. Il prete aveva riacquistato tutto il suo contegno, persino mentre raggiungevano lo studio, il suo passo era rapido, ma non frettoloso come quello di Julian. Il ragazzo da parte sua cercava di ostentare quanta più tranquillità il momento richiedesse, sebbene dentro di lui quell'avvertimento aveva lasciato uno squarcio significativo. L'apprensione per il destino del suo mentore lo stava soffocando e, nonostante lo stesso Boutrox gli avesse consigliato di tornare nelle sue stanze, Julian, una volta che la porta dello studio si era richiusa alle sue spalle, non ebbe il cuore di lasciare sola la signora Atrax né tanto meno Boutrox. Così aveva aspettato insieme alla signora, confortandola quando i nervi di lei si facevano più tesi o quando le crisi di pianto esplodevano violente. Dopo un paio di ore interminabili, la porta dello studio si era aperta, l'espressione di Boutrox era grave, ma non allarmata e un primo nodo nello stomaco di Julian si era sciolto. Il prete si confrontò con la madre del “paziente”, le mostrò il figlio, il quale si era addormentato- o per lo meno così sembrava - sulla sedia. La signora aveva ascoltato in silenzio le parole del diacono in silenzio, stritolando nelle proprie mani la tracolla della borsa. Il verdetto di padre Boutrox non fu troppo drammatico, ma vista la situazione invitò la signora a rimanere nella chiesa assieme al figlio. La signora Atrax era entrata in una sorta di catatonia, per cui Boutrox l'affidò a Julian, il quale non appena la vide crollare, la sistemò nei propri alloggi, lasciandole una luce accesa, un gramo pasto (che non avrebbe sicuramente mangiato) e una piantina della struttura nel qual caso si fosse svegliata e avesse voluto raggiungere la chiesetta. Sistemati tutti gli accorgimenti che gli vennero in mente, il ragazzo provò a tenersi occupato, ma l'agitazione e il nervosismo non accennavano a smorzarsi. Julian ritrovava sempre a rigirare davanti alle scale per la chiesa inferiore, con quella parolina di Josh che non accennava ad uscirgli dalla testa. Era un avvertimento di Josh, o del demone? Cosa sarebbe accaduto a padre Boutrox? Tutte quelle domane divennero insostenibili al punto che Julian non se la prese poi tanto con le sue gambe che lo avevano condotto alla chiesetta inferiore. Le luci, ad eccezione di quella proveniente dallo studio del prete, erano spente, l'ambiente in penombra aveva un'aria a dir poco spettrale. Julian cercò di immaginarlo alla luce, ripercorrendone tutti i dettagli come se fosse illuminato, gli occhi ricaddero sul tabernacolo. Il sottile cono di luce gettato dalla porta semiaperta veniva intercettato dallo sportello aperto. Julian aguzzò la vista, il tabernacolo sembrava una scatola vuota. Il ragazzo proseguì automaticamente verso lo studio del prete, attirato dalla luce come una falena. Scostò la porta con una delicatezza tale da non fare minimamente rumore, si affacciò appena per assicurarsi che non ci fossero problemi, lo fece con quella leggerezza caratteristica di chi sa di fare drammatici voli pindarici con la fantasia, per questo, probabilmente, la scena gli risultò talmente surreale, da percepirla con un certo ritardo.

Josh era ancora sulla sedia, ma in una posa innaturale, inarcato sullo schienale e con la testa rovesciata all'indietro, la bocca aperta, gli occhi neri e sbarrati. Padre Boutrox era in piedi accanto a lui mentre, sorreggendo la lampada adornata di rubini, ne versava la cera- densa e scura come la sclera del bambino- nella bocca di Josh. Julian alzò lo sguardo sul volto di Boutrox, colse una scintilla sanguigna nel ghigno diabolico del prete, i cui occhi erano neri come la pece. Julian aprì la bocca, inspirò : un urlo stridulo e assordante lo fece sussultare, la porta venne spalancata con una violenza inaudita. La signora Atrax si scagliò sul bambino, avvolgendolo nel suo abbraccio. Julian vide la goccia di cera caderle sulla spalla e corroderle la stoffa della maglia. La donna urlò ancora per il dolore. Quello che accadde poi Julian non lo seppe ricostruire, aveva solo visto la mano del prete diventare una sorta di zampa artigliata, pronta a lacerare la signora Atrax. Le gambe erano scattate da sole, il ragazzo si era lanciato a sua volta contro il prete, spingendolo contro la libreria a muro. Il peso del prete ridusse gli scaffali in pezzi, la lampada gli era caduta dalle mani schiantandosi rumorosamente contro il pavimento.

-SCAPPATE!- gridò il ragazzo contro la donna. La signora Atrax lo guardò istupidita per qualche istante, come se si fosse appena svegliata da un incubo, ma si sbagliava, l'incubo era appena cominciato-ANDATE! VIA! ORA!- le ruggì contro Julian. La donna trascinò via il bambino con sè schizzando oltre la porta e superando Julian. Il ragazzo si voltò per seguirla con lo sguardo, colse un guizzo con la coda dell'occhio, arretrò con un salto, ma sentì il petto bruciargli dal dolore. Allarmato vide la stoffa candida della camicia lacerata e imporporata mentre gli artigli di padre Boutrox erano bagnati del proprio sangue.

-Non ti avevo forse detto che non volevo essere disturbato?- gracchiò il mostro con una voce crudele. Julian alzò lo sguardo atterrito su padre Boutrox: l'abbagliante iride rossa brillava al centro di una sclera completamente nera, entrambe le braccia erano zampe dai lunghi artigli affilati, la pelle in necrosi era nera e squamosa.

-Oh Julian, chi sistemerà questo disastro una volta che ti avrò smembrato?- chiese il mostro schioccando la testa e mostrando una fila di denti aguzzi -Allora!?- Boutrox si avventò su Julian, il quale si lanciò a terra per eluderlo.

-La lampada, prendi la lampada!-

Julian si voltò, la lampada era a pochi centimetri da lui, incrociò lo sguardo con il mostro. Si tuffarono entrambi verso la lampada, ma Julian fu più rapido, l'afferrò e scattò in piedi. Non appena la strinse tra le mani avvertì una scossa percorrergli il braccio, nella testa gli esplosero una marea di voci, grida, urla. Julian si accartocciò a terra, con la testa tra le mani. Boutrox afferrò subito il manufatto, prendendo a girare attorno a Julian come uno squalo.

-Quelle voci...- bisbigliò il ragazzo. Boutrox proruppe in una risata

-Voci!? Cos' è Julian, ora senti le voci? Non verrai a dirmi che vedi anche i demoni?-

Julian alzò lo sguardo carico di risentimento – Lei!- ringhiò- E' lei, è sempre stato lei!- la pedata lo colpì dritto in faccia spedendolo contro il muro. Julian sentì esplodergli il sapore del proprio sangue nella bocca – Non la passerà liscia... tutte quelle persone...- cercò di biascicare Julian le gambe gli tremavano, si appoggiò al muro per rialzarsi.

-Tutte quelle persone mi hanno assicurato abbastanza energia per continuare a svolgere il mio lavoro indisturbato! Servo una causa più alta Julian!- rise – E pensavo che proprio tu avresti capito, devo dirlo, sono piuttosto deluso, credevo ci fosse qualcosa di più in te...- padre Boutrox aprì la lampada, lo stoppino bruciò immediatamente. Julian si ritrovò a terra, le mani serrate sulle orecchie mentre un fischio acuto gli perforava i timpani, urlò, ma alla sua voce si aggiunse un altro grido, uno che non sentiva da tempo. Il prete appoggiò la lampada sulla scrivania, più la fiamma divampava, più il richiamo si faceva acuto e insopportabile. Julian si accartocciò a terra urlando disperato, lacerato dal richiamo e dallo stridore di Gerda.

-E a quanto pare non mi ero sbagliato...- Boutrox assestò un calcio al ragazzo, girandolo sulla schiena – Chi sei? -chiese in tono perentorio. Julian aveva gli occhi sbarrati puntati sul prete senza vederlo davvero, la testa gli stava esplodendo e anzi, sperò accadesse davvero.

-Rispondi!- Boutrox afferrò la testa del ragazzo sollevandolo come un peso morto. Julian sentì le punte acuminate di quelle unghie affondargli nelle tempie.

-Julian... Storm...- biascicò. Il prete sorrise ferino, scagliò la testa di Julian contro il piano della scrivania.

-E' inutile che ti nascondi! Chi sei?- gli urlò direttamente nelle orecchie. Julian emise un altro stridore agghiacciante – SPENGA QUELLA COSA!-

Boutrox per tutta risposta premette con ancora più forza la testa di Julian contro la scrivania

-Solo quelli come me possono sentire il richiamo della lampada magica, non gli umani!- gli scandì – E' un oggetto straordinario, sai? E' con questa che sono giunto qui... Un portale tra dimensioni, ne esistono pochi preziosi esemplari e tutti in mano nostra!-

Julian implorò Gerda di tacere, ma la voce di lei continuava a stridere per il dolore, mai in vita sua l'aveva sentita così. La vista del ragazzo cominciava ad appannarsi, tempo qualche minuto e sarebbe svenuto per il dolore e, a quel punto, non si sarebbe più svegliato. Lo sguardo del ragazzo saettò sul piano gremito di scartoffie, tra cui molte lettere aperte. Boutrox amava la corrispondenza cartacea, per questo il sindaco gli aveva regalato un elegante set da scrivania in cuoio, completo di tutto, tra cui un finissimo tagliacarte in peltro e acciaio, con il manico adorno. La punta lucida e affilata era ormai l'unica cosa che il ragazzo fosse in grado di vedere, ma era appena fuori dalla sua portata.

-Voi?- tentò il ragazzo. Boutrox gli rissò la testa

-Esattamente! Perchè nessuno ne saprebbe sfruttare i segreti meglio di noi... Tutti pensano che sia solo una porta dimensionale, uno strumento per richiamare le esper più potenti di sempre, ma in realtà può essere un richiamo per qualsiasi esper! La notte in cui ti trovai, l'avevo appunto accesa per richiamare qualche esper sperduta in questa valle di lacrime, ed eccoti qui, un giovane senza passato caduto dal cielo! Non te lo chiederò una seconda volta, CHI SEI?-

Boutrox scaraventò Julian contro la scrivania per la seconda volta, il ragazzo si mosse velocemente, afferrò il tagliacarte e, con tutta forza che aveva, lo lanciò dietro di sé, sperando di colpire il suo aguzzino. Il suono che seguì, assieme al rammollirsi della stretta di Boutrox fu di buon auspicio. Julian sgusciò via afferrando la lampada e spegnendo il tremendo oggetto, strozzando finalmente quel suono acuto e pungente che lo stava facendo impazzire. Boutrox cadde all'indietro, il tagliacarte era affondato nella fronte sino al manico, un rivolo di sangue gli colò lungo il naso diritto. Julian gli lanciò un breve sguardo disgustato, poi, portando con sé la lampada, scappò via da quella sala degli orrori.

-Gerda? Gerda, dannazione, rispondi! Ho la lampada!- grosse gocce di sudore freddo gli scendevano, assieme a qualche goccia di sangue, lungo le tempie. Julian inciampò più volte sulla rampa di scale. Varie immagini presero a scorrere nella sua mente, la lampada accesa, padre Boutrox con i suoi occhi demoniaci, il prete steso a terra con un tagliacarte conficcato nella fronte e poi le sue folli parole; non aveva parlato di demoni, aveva parlato di Esper. A quella parola Gerda parve risvegliarsi

-Distruggila!-

Julian si ritrovò, nel buio, sul pianerottolo della chiesa grande, si fermò esasperato cercando di riprendere fiato.

-Come dovrei fare?- aveva visto quella lampada cadere un paio di volte e sopravvivere. Gerda tacque per qualche istante, abbastanza da sentire, dalle profondità della chiesa inferiore dei frusci poco rassicuranti. Julian corse nella sagrestia, fece per accendere la luce, ma la sua mano si bloccò

-Cosa vuoi fare, idiota?-

Il ragazzo stava per obiettare che al buio non vedeva nulla, ma prima ancora di formulare la frase, la stanza gli parve immediatamente distinta.

-Prendi quello che devi e fai in fretta!-

Julian cercò subito qualcosa con lo sguardo, ma nulla sembrava in grado di scalfire l'oggetto brillante nelle sue mani

-Gerda qui non c'è niente!- l'occhio gli cadde sul turibolo e sulle boccette accanto. Julian ne agguantò un paio e prese poi l'accendino che il sagrestano teneva per riserva. Intanto, nella chiesa grande, pesanti passi echeggiavano tra le navate. Avvantaggiato dalla visione al buio, il ragazzo sgattaiolò verso il presbiterio e si nascose dietro l'ambone. La figura tetra e caracollante del prete lo superò, lungo gli artigli del prete colava ancora qualche goccia di sangue. Persino nell'oscurità gli artigli affilati sembravano persino brillare, tradendo tutto il loro potere distruttivo

Solo le esper più potenti...”

Prima ancora che Gerda potesse fermarlo, Julian si alzò di scatto

-Ehi, ESPER!-

Il mostro si voltò di scatto, gli occhi erano due fessure color rubino, mentre ormai la pelle sembrava aver subito una necrosi precoce, il manico del tagliacarte nell'oscurità sembrava il corno di quel demone spaventoso. Boutrox fece per avventarsi su Julian, il ragazzo gli lanciò contro le boccette. Il frastuono di vetri infranti coprì il sibilo della miccia, passarono secondi interminabili, poi, il fuoco divampò arrampicandosi lungo le vesti del prete. Questi cominciò ad emettere stridori e gracidii terrificanti, lanciandosi contro il ragazzo. Julian prese la lampada e la usò come scudo. Gli artigli del mostro si conficcarono nel metallo, Julian allora gli dette un calcio, aprì un altro vaso d'olio lanciandoglielo contro. La fiamma si alzò ancora di più e avvolse l'uomo nelle sue spire, dalla bocca e dagli altri orifizi prese a fuoriuscire un liquido nero e viscoso che alimentò ulteriormente le lingue infernali e consumò qualsiasi cosa venisse a contatto. Quando il liquido toccò la lampada, questa emise un sibilo acuto, poi, prese a tremare: sulla superficie metallica si aprirono delle crepe infuocate. Le urla disumane di Boutrox si combinarono allo stridore dell'oggetto infernale, l'intero ammasso di carne e stoffa venne ingoiato da un globo di fuoco, il quale si ingigantì, staccandosi da terra, rivelando nel suo centro un nucleo nero e lucido come l'inchiostro. Julian fece per allontanarsi, ma il globo di fuoco esplose, l'onda d'urto investì il ragazzo. Riaprì gli occhi giusto un secondo dopo, avvertendo sulla pelle delle piccole bruciature generate da quella pioggia di fiamme. Ci volle un po' per mettere a fuoco, ma quando accadde, il sangue di Julian gli si raggelò nelle vene, davanti a lui, sospeso nel vuoto c'era un enorme mostro con gigantesche ali da pipistrello.

A Julian era capitato spesso di vedere rappresentazioni di demoni, sia nei libri della chiesa, che tra i basso rilievi, ma nulla era paragonabile a ciò che aveva davanti agli occhi: il mostro aveva un corpo antropomorfo, ma di proporzioni tali da coprire l'intera navata centrale, la grossa testa nera e lucida portava due paia di corna affilate, il mento acuminato e sporgente sembrava la lunga lama di un pugnale, la bocca, completamente priva di labbra era occupata da grosse zanne bianche e brillanti. Tutto in lui era letale, persino la coda, la cui estremità sembrava la punta di una freccia, frustava l'aria in attesa di ghermire qualche preda.

-Diablos...-

Julian sussultò, lo sguardo sanguigno del mostro si abbatté su di lui. Il ragazzo, ipnotizzato dal terrore, non riusciva più a muoversi.

-Sembra che il mio involucro sia saltato...- disse con una strana voce gutturale il mostro, si osservò le zampe artigliate – E la lampada è anche andata distrutta... Pagherai per questo, umano!-

Il mostro planò su Julian, il quale rotolò di lato per evitarlo nascondendosi dietro l'altare.

-Gerda devi aiutarmi!- bisbigliò terrorizzato il ragazzo, mentre si appiattiva quanto più poteva sotto l'altare.

-Vieni fuori Julian, ora che hai visto come sono davvero, credo sia il minimo vedere come sia tu!-

-Gerda...- sussurrò ancora Julian, il cuore prese a martellargli nel petto.

-Allora, ragazzino?-

-Non posso farcela, mi ucciderà-

-Taci- la voce di Gerda divenne una fredda lama di ghiaccio. Il pesante artiglio della bastia si abbatté sull'altare dietro cui si era nascosto Julian. Il marmo si spaccò come fosse porcellana, il ragazzo rotolò di lato, ma un dolore lancinante al braccio lo avvertì di essere stato preso. Julian colse il guizzo cremisi del proprio sangue imbevergli le maniche della camicia. Il clangore di candelabri appena caduti accompagnò il ruggito delle fiamme divampate dagli stoppini, le lingue infernali si arrampicarono sui drappi del vecchio coro, propagandosi rapide e fameliche. Il ragazzo osservò ipnotizzato quello spettacolo terrificante, al centro della cornice infuocata sospeso nel centro della navata, c'era il messaggero oscuro: torreggiava su di lui con i suoi denti affilati e gli occhi rubino pieni di una innata ed implacabile ferocia.

-Mi ucciderà!- gridò disperato il ragazzo cercando di evitare l'ennesimo attacco del mostro. Fece appena in tempo a scartarlo, riparandosi dietro un banco, ma la coda affilata riuscì a fendergli la gamba, un ventaglio di sangue imporporò l'antico pavimento sacro. Stava giocando con lui: chiaramente avrebbe fatto soffrire la sua preda sino all'ultimo e forse anche oltre, per segnare definitivamente la sua esistenza nel dolore e nella sconfitta -Mi ucciderà Gerda! Aiutami!- implorò il ragazzo tra i singhiozzi, le ferite gli bruciavano così tanto da impedirgli di pensare. Il caldo era insostenibile, grosse gocce di sudore gli scesero lungo il collo. Il silenzio di Gerda fu più crudele di qualsiasi sua parola. Julian, cercò di alzarsi, ma era solo un povero verme contro un gigantesco rapace, sovrastato allora, come sempre, da una oscura presenza sovrannaturale: non poteva farcela, come le vittime di quella creatura prima di lui, era completamente inerme. Le lacrime calde come il sangue gli scesero sulle guance sporche. Il muso di Diablos si distorse in un ghigno malvagio, aprì le braccia lunghe e muscolose, tra gli artigli si materializzarono dei globi luminosi, energie risucchiate via dalle vite attorno a lui.

-Se non sei in grado di convivere con i tuoi demoni, Julian, non meriti di vivere- commentò disgustata Gerda. I suoi lunghi silenzi, il profondo risentimento per essere rimasta nascosta per sei mesi, e tutto perché in qualche modo sapeva di quel mostro. Presagito il pericolo, la sua inquilina era rimasta nell'ombra ascoltando tutto l'odio e il disgusto che Julian provava per lei. Julian osservò quei globi luminosi crescere mentre sentiva il suo tempo scadere

-Ne sai molto tu Gerda, vero?- ringhiò allora il ragazzo cercando di sopprimere i singhiozzi – Hai passato quindici anni nascosta... La vita non sarà per i deboli come me, ma non lo è nemmeno per i codardi come te!- Julian alzò gli occhi verso Diablos, il quale inclinò appena la testa cornuta , pronto a scagliare i suoi colpi. Il ragazzo si raddrizzò mentre il suo corpo si stagliava contro il bagliore accecante di quei globi.

-Sei morto ragazzo!- grugnì il mostro. I colpi partirono, seppellendo nella loro luce l'esile figura di Julian.

I colpi anti-elementali di Diablos assorbirono tutto, colori, suoni e odori, annullando per qualche istante la realtà lì dove erano stati scagliati. Il grande mostro emise un verso roco, una cavernosa risata sostenuta dal crepitare delle fiamme.

-Un colpo devastante...- squillò una voce acuta – Mi avevano parlato di voi Diablos: feroci, forti, possenti, peccato non accennassero alla vostra abissale stupidità!-

Il mostro sussultò, guardandosi attorno, scrutò tra le navate della chiesa, le quali, rischiarate dalla luce del fuoco, rivelavano solo ombre e i severi cipigli di santi sconosciuti nascosti nelle nicchie finemente decorate.

-Sopra di te, idiota!- il mostro non ebbe neppure il tempo di alzare la testa, una raffica di vento lo colse con una forza brutale, accompagnata da una stridula onda sonica che frantumò le vetrate dalla chiesa gotica. Diablos venne scagliato contro il suolo duro mentre le schegge di vetro gli ricadevano addosso come pioggia. L'onda sonica si trasformò in una risata cristallina e crudele. La raffica di vento si schiuse come la corolla di un fiore, rivelando al suo interno una creatura poco più piccola di Diablos, con due paia di ali sulla schiena, il corpo sinuoso lasciava poi spazio a braccia e zampe artigliate come quelle dei rapaci

-Io sono Gerda, il vento della distruzione!- disse la creatura alzando teatralmente le braccia e inarcando la schiena mentre le ali incorniciarono la sua figura. La luce delle fiamme rischiarò i suoi folli occhi completamente neri.

-Un esper... il vecchio non aveva tutti i torti... Una Garuda...- Diablos emise un'altra profonda risata e si rialzò in volo. Le schegge tintinnavano ad ogni colpo d'ali, ammutolendo non appena l'esper fronteggiò la nuova creatura: era un grande demone nero che ne fronteggiava uno bianco.

-Ti eri nascosta in quel fragile umano! Che vergogna...-

-Parlò il Diablos uomo di Dio... Non si accennava neanche alla vostra ironia!- rispose Gerda sbadigliando

-Oh, ma io sono davvero un missionario – ghignò la creatura mettendo in mostra le sue zanne aguzze – Sono qui per riportare pace alle anime perdute!- Diablos si scagliò contro Gerda. L'artiglio cremisi della bestia affondò nell'aria. Gerda gli servì una zampata sul muso, spingendolo via con tutta la sua forza e riversandogli addosso un'altra delle sue assordanti strida. Diablos venne scaraventato contro il grande crocifisso d'ottone: marmo e metalli gli ricaddero addosso non appena scivolò sul pavimento dell'altare maggiore.

-Sulla lunga distanza... Voi creature insulse e incapaci...- Diablos scattò in avanti, Gerda si avvitò su sé stessa, afferrò la coda di Diablos e con tutte le sue forze lo scagliò contro il pavimento. Il grande mosaico si frantumò, ma di Diablos ne rimase solo l'impronta delle possenti membra.

-Sopra di te!-

Gerda dette un colpo d'ali in avanti, arretrando giusto in tempo, gli artigli di Diablos trafissero solo qualche piuma. La Garuda urlò, generando un muro sonico per impedire a Diablos di avvicinarsi. Il demone oscuro però rise, opponendo tutta la sua mole a quella spinta e avanzando lentamente verso la sua avversaria.

-Sei una povera, fragile... rondine-Lo stridio della creatura venne strozzato. la stretta di Diablos si serrò sul collo di Gerda. I serpetini occhi cremisi si specchiarono in quelli color onice. Una delle zampe di Gerda si avvinghiò alle braccia nerborute del Diablos, cercando di graffiarlo o di allentare, senza successo, la presa. La Garuda cercò di divincolarsi, ma la stretta del mostro era una tenaglia di acciaio avvinghiata alla sua trachea.

-Pensavi davvero di sopravvivere, essere indegno?-

Gerda si specchiò nel suo stesso sguardo pieno di odio -Mi er..a... stata... promessa... la... libertà...- biascicò mentre ancora cercava di dimenarsi.

Diablos gorgogliò divertito – Povera ingenua creatura, è proprio per questo che sono qui, sai? Fare pulizia di te e di quelli come te! Ne verranno altri come me, molti altri, qualcosa si sta muovendo, sciocca Garuda e quando avremo finito qui, i Diablos avranno preso in mano la situazione a Nalawagel! - Gerda sentì gli artigli di Diablos affondarle lentamente nel collo, alzò la testa, boccheggiando e smaniando per un alito d'aria.

-No..i.ta.....la..iNa..gel- tossì la creatura piumata.

Il Diablos rise ancora, avvicinò la Garuda a sé tenendo sempre ben salda la stretta -Come hai detto, piccola rondine?-

Gli occhi piedi d'odio di Gerda si riempirono di altro, un solo guizzo, poi il ruggito di Diablos fece tremare le fondamenta della chiesa, la stretta si sciolse. Gli spuntoni sulle ali di Gerda erano affondati, per lato, nelle clavicole del Diablos, facendo zampillare fiotti di sangue dalle profonde pugnalate. Il corpo dell'enorme bestia prese a tremare, Gerda allora conficcò i suoi artigli nell'addome del suo avversario, le cui zanne vennero travolte da un primo flusso di sangue. Gli occhi rubino cominciarono a spegnersi mentre la vita sgocciolava via, allora Gerda tirò a sé il suo avversario, appoggiò le labbra sui condotti uditivi del Diablos

-Ho detto...- sussurrò – “Non m'importa nulla di Nalawagel!”- la risata di Gerda si trasformò in un attimo in uno stridulo grido che divampò direttamente nel condotto uditivo del Diablos, facendo esplodere la grossa testa del mostro. Così mentre la pioggia di sangue e grumi spegneva le ultime fiamme rimaste, Gerda estrasse le proprie ali affilate dal corpo decapitato, lasciandolo cadere. Si sgranchì il collo, facendo schioccare le vertebre. Si voltò un istante sul corpo monco del suo avversario – Davvero... La vostra stupidità dovrebbe essere documentata! Au revoir, mon ami!- La creatura uscì fuori dalla chiesa maledetta, fece frusciare le sue ali mentre il ticchettio della pioggia e il boato dei tuoni copriva la sua selvaggia e crudele risata.

-Dove andremo adesso Gerda?- la voce spaventata di Julian riemerse dalle profondità della sua mente. Gerda fece roteare gli occhi, presto o tardi Julian avrebbe ripreso il controllo e le ali sarebbero state utili ancora per un po'

-Dobbiamo trovare una persona!-

-Un altro esper?- Si avrebbe davvero voluto che Julian vedesse la sua espressione annoiata e infastidita. Il ragazzino aveva imparato una nuova parola. Non gli rispose, lo avrebbe visto da sé. Finalmente Gerda uscì fuori dalla nube carica, l'oscurità della notte l'abbracciò nel suo manto puntellato di stelle, il vento freddo le sferzava tra le ali. La libertà aveva il sapore del vento.

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