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Autore: ArtistaDiStrada    13/06/2018    3 recensioni
O anche dove la normalità di Stiles verrà man mano stravolta da sempre 'nuove' rivelazioni -o forse sempre la stessa...
Questa ff è ispirata a 50 volte il primo bacio, un film con una trama che per personalmente adoro, ovviamente con le dovute modifiche per i nostri amati lupetti.
Dal testo.
Scott, rimasto indietro, fu affiancato da Isaac. Il moro si stava limitando ad osservare preoccupato il suo migliore amico, ignaro. “Kira oggi l’ha chiamato per nome.” annunciò, voltandosi poi verso il riccio con aria seria. “E per quanto ne sappia Stiles, lui non l’ha mai vista.”
Non è il massimo come introduzione, lo so, ma mettere in chiaro le cose sarebbe rivelare il problema che il branco si ritrova ad affrontare e non si può, ahimè.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Il branco, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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27 Maggio


“Promettimi che avrai cura di te.” gli ripetè per l’ennesima volta Lydia con le lacrime agli occhi. “Promettimelo!”

Stiles le sorrise sornione. “Vado in una clinica proprio perché qualcuno si prenda cura di me, Lydia.”

La rossa fece un’esclamazione indignata e lo colpì al petto con entrambe le mani, ma poi ci ripensò e lo abbracciò di slancio. “Perdonami, Stiles. Io non… io non volevo. Ti prego…”

Da quando aveva parlato a Scott della sua idea e insieme al padre l’avevano resa realtà, le parole che aveva ricevuto di più dal branco erano state Scusa e Perdonami, ma lui non portava rancore, a nessuno! Secondo Scott, dichiarando la sua partenza, aveva fatto aprire gli occhi ai ragazzi, che inevitabilmente si erano sentiti in colpa.
Che avesse preso quella decisione anche per tutti i loro comportamenti a Stiles non importava: era la scelta giusta.

“Non hai nulla da farti perdonare.” le mormorò all’orecchio il ragazzo, sincero. Lydia emise un singhiozzo prima di convincersi a lasciarlo andare.

“Stiles.” lo chiamò il genitore dalla macchina, pronto a partire.

Il ragazzo lanciò uno sguardo ai membri del branco che lo guardavano tristi. Ebbe un tentennamento quando vide Melissa sorridergli con gli occhi lucidi. Malia, l’unica che sarebbe venuta con lui insieme a Scott e il padre, gli mise una mano sulla spalla e “Ci penso io.” gli disse prima di avviarsi verso l’auto. Stiles la vide con la coda dell’occhio scambiare due parole con lo sceriffo. Non volendolo far aspettare inutilmente si decise a darsi una mossa, ma poi Melissa aprì le braccia invitandolo a raggiungerla e tutto quello che aveva intorno sparì.

Le corse incontro, abbracciandola di slancio e lasciandosi andare ad un pianto liberatorio contro la sua spalla. Oltre lei, Melissa era stata la cosa più vicina ad una madre che avesse mai avuto e sapere che non l’avrebbe più rivista, se non per qualche visita sporadica, gli fece montare il panico. Aveva già perso una madre, voleva davvero rivivere quell’esperienza?
“Shh, Stiles. Va tutto bene.” gli sussurrò la donna, mentre con una mano gli accarezzava i capelli. “A qualunque cosa tu stia pensando… sappi che sono così fiera di te.”

Stiles sorrise contro la sua spalla, mentre il profumo dei ricci della donna lo circondava. Inspirò profondamente: non voleva dimenticare anche il suo odore.

Quando sciolse l’abbraccio non si guardò indietro. Non voleva mostrarsi debole e non voleva cadere in un altro tentennamento. Sapeva che il branco sarebbe venuto a trovarlo e che Scott stesso avrebbe accompagnato Melissa il più spesso possibile: glielo avevano assicurato quando ne avevano parlato a casa, perciò era inutile esitare ancora.

Salì davanti, mentre Scott e Malia prendevano posto dietro. Poggiò le mani in grembo e le guardò stupito di se stesso: stavano tremando. Aveva un martello al posto del cuore, un attacco di panico imminente e le mani che gli tremavano. Era sbagliato! Lui stava facendo la cosa giusta. Lui stava facendo la cosa giusta!

Le sue mani non dovevano tremare! Non ne avevano alcun diritto!

Stava per andare davvero in iperventilazione, ma poi una mano più grande e callosa si posò sulle sue. La guardò sorpreso, prima di incontrare lo sguardo rassicurante del padre. Lo sceriffo chiuse gli occhi e fece un grande respiro, imitato subito dopo da lui. Stiles si sentì più tranquillo, ma ebbe le forze solo di stirare le labbra in una brutta imitazione di un sorriso.

Fare la cosa giusta non significa sempre felicità.

Appoggiò la tempia al finestrino della macchina. Avrebbe voluto prendere la sua Jeep, ma il padre gli aveva detto sconsolato che non avrebbe retto un viaggio simile. Non che la clinica che avevano scelto fosse lontana: si trovava a poco meno di due ore di macchina. Niente in confronto al college dove sarebbe voluto andare. Niente in confronto ai posti che avrebbe voluto visitare…

Quando il paesaggio iniziò a scorrere come una pellicola sotto ai suoi occhi, qualcosa gli disse di alzare lo sguardo, su, verso il limitare della riserva. Sgranò gli occhi quando ne incontrò altri due, verdi come il bosco dietro di loro.

Quegli occhi erano incredibilmente tristi.

 


***



Benvenuti ad Eichen House diceva l’incisione sulla targa fuori dall’edificio. Era un bel posto quell’Eichen House: era circodata da verde e dava sul mare. Stiles si era subito innamorato di quella vista e Scott dovette aver provato la stessa cosa visto il fischio ammirato che aveva lasciato la sua bocca.

Malia non ne sembrò molto toccata e Stiles credeva di sapere anche perché: la mannara non avrebbe mai apprezzato il posto che lo stava allontanando da lei.

“Signor Stilinski! Salve, sono il Dottor Keats.” si presentò un uomo robusto, ma dal viso gentile, stringendo vigorosamente la mano allo sceriffo. “E tu devi essere Stiles. È un piacere.”

Nonostante la vivacità che a quanto pare lo caratterizzava, il suo sguardo si era appena addolcito quando gli si era rivolto. Stiles si sentì più tranquillo.
Dopo essersi scambiato un veloce cenno con i due mannari alle spalle di Stiles, il dottore li aveva invitati ad incamminarsi in un’ala meno passeggiata dell’edificio.

“Ho avuto modo di studiare le ecografie del tuo cervello, Stiles. Temo non ci siano miglioramenti dall’ultimo controllo che ti ha fatto il medico da cui eri in cura.” lo informò con serio dispiacere. Era però talmente concentrato a parlare di controlli e analisi con Noah, che si perse lo sguardo che si erano scambiati Scott e Malia al riferimento a Deaton. “Ad ogni modo qui ti troverai benissimo, Stiles. Abbiamo molti corsi che potrai frequentare e ti sorprenderai delle cose che puoi fare nonostante le limitazioni alla tua memoria. Del resto, poteva andare peggio.”

Stiles lo guardò scettico. “Sì? E come?”

Il Dr. Keats rallentò affinchè il ragazzo lo raggiungesse. Lo guardò con lo sguardo più serio che Stiles gli avesse mai visto fino ad allora. “È ora che tu conosca Tom dieci secondi.” 


 

***



“L’istituto Eichen è la miglior clinica neurotramautologica del bacino del Pacifico!” stava dicendo il dottore, mentre faceva attraversare loro un’ampia sala gremita di gente. Le persone erano molte, ma l’ambiente continuava ad apparire fresco e aperto.

“Siamo finanziati da un Filantropo dell’Ohio: T. B. Eichen, il magnate delle componenti automobilistiche.”

Lo sguardo di Stiles cadde su un gruppo di ragazzi intenti a parlare e scherzare fra loro mentre si cimentavano con la pittura: qualcuno era molto bravo, qualcun altro invece…

“E ora, signore e signori, vorrei presentarvi il nostro caso clinico più importante: Tom.” annunciò l’uomo, fecendoli entrare in una stanza più appartata.

Tom non doveva avere più di una trentacinquina d’anni e stava maneggiando un cubo per bambini, come quelli di legno dove si devono inserire gli oggetti nella forma giusta; appena li vide si alzò.

“Ciao, sono Tom.” disse tendendo la mano a Scott educatamente.

“Scott.”

“Noah.”

“Malia.”

“Stiles.”

“Ciao. Oh carini quegli anfibi. Dove li hai presi?” disse l’uomo, guardando gli stivaletti di Malia.

“Oh. Li ho presi al nego-” rispose sorpresa la mannara, ma Tom si era già distratto e stava guardando Scott.

“Ciao, sono Tom.” si ripresentò con un sorriso.

Scott lo guardò confuso. “Eh? Ah, Scott…”

“Salve.” salutò l’altro, mentre tendeva già la mano al prossimo.

“… Noah.” si ripresentò lo sceriffo confuso quanto Scott, seguito subito dopo da Malia e il figlio.

“Tom ha perso parte del cervello in un incidente di caccia. La sua memoria dura solo dieci secondi.” spiegò loro il medico, incurante dell’occhiata orripilata che Tom gli aveva lanciato.

“Ho avuto un incidente? Ma è terribile!”

“Non ci pensare. Te ne scorderai completamente in tre secondi.”

“Scordarmi?! Insomma che è successo? Mi hanno sparato al cervello, io…” aveva iniziato a straparlare, prima che il suo sguardo si facesse vacuo per un attimo e ritornasse poi, ma con una luce nuova. “Ciao, sono Tom.”

Stiles gli fece un grande sorriso, provando a nascondere quello che pensava realmente. “Ciao, sono Stiles.”

“Ciao.”

“Ciao, Malia…” fece la ragazza, avvicinandosi inconsciamente allo sceriffo.

“Noah.”

“Ehi, Tom, ti posso dire un segreto?” lo richiamò Stiles, con un’idea in testa.

“Oh, certo.” concesse l’uomo, avvicinandoglisi. Stiles gli bisbigliò qualcosa all’orecchio talmente a bassa voce che neanche i due mannari riuscirono a sentirlo. Quando l’umano ebbe finito di parlare, Tom scoppiò a ridere e poi si rivolse a Malia. “Non sei un po’ cresciuta per scegliere ancora le scarpe con qualcuno?”

Tutti si lasciarono andare ad una risata genuina. Sicuramente servì a smorzare la tensione che si era creata.

“Ciao, sono Tom.” si presentò di nuovo Tom a Malia, ma questa volta la ragazzo lo guardò male, ringhiando appena.

“Malia!” la richiamò lo sceriffo. Quei ragazzini lo avrebbero fatto impazzire.
 



***



Un mese  dopo…

Derek posò con forza la valigia sul nastro trasportatore e lanciò un’occhiata di sfida alla signora dietro di lui che, per tutto il tempo necessario per fare la fila, aveva guardato dubbiosa il suo bagaglio a mano.

“Questa va bene, signore. Non serve metterla in stiva se non vuole.”

Il mannaro alzò la testa trionfante e sorrise alla donna dietro al bancone, mentre poteva sentire l’ondata di irritazione provenire dalla signora alle sue spalle. Quando l’avrebbe raccontato a Cora la sorella si sarebbe messa a ridere e sicuramente avrebbe criticato il suo bagaglio; ma non era colpa sua se in tutti quegli anni non gli era servita più di qualche maglietta! Tutto ciò che aveva era entrato in una sola valigia e lui l’aveva guardata scettico, lì sul letto appena dopo averla chiusa, prima di rabbuiarsi: c’erano magliette che non metteva da tempo e altre che gli sembrava di non aver portato.

Un senso di vuoto si era fatto spazio in lui quando aveva realizzato che la maggior parte delle sue cose, quelle che utilizzava di più, quelle che gli sembrava di aver dimenticato, erano quelle che gli aveva regalato Stiles nel corso degli anni. Accanto alla valigia c’era un borsone più grande. Sospirò e si passò una mano sul viso nervoso.

Senza accorgersene aveva diviso le cose che possedeva in prima e dopo Stiles. Lo shampoo neutro nella valigia e quello al muschio nel borsone, le sue prime giacche di pelle nella prima e quella nuova che gli aveva regalato Stiles per lo scorso Natale nella seconda, i suoi jeans semplici e le sue magliette scolorite da una parte e i pantaloni attillati che tanto piacevano al ragazzino perché ‘quel ben di Dio va condiviso, Der' dall’altra. 

Gridò per la frustrazione e lanciò contro il muro la prima cosa che gli capitò sotto mano.

La lampada si frantumò sul colpo, sparpagliando i suoi pezzi in giro per la stanza. Derek li guardò atono: avrebbe fatto venire qualcuno a pulire. Afferrò svelto la valigia ed uscì, lasciando sul letto il borsone con tutto quello che gli ricordava Stiles. Sapeva che avrebbe ceduto presto e che se lo sarebbe fatto mandare da uno dei ragazzi, ma proprio non ce la faceva a portarlo con sé.


Una voce annunciò agli altoparlanti che l’aereo per New York della mattina avrebbe aperto il chek-in a breve.
Per Derek non fu un problema passare l’esame e raggiungere svelto la zona per l’imbarco. Fuori dalla finestra gli aerei atterravano e decollavano. Sbuffò al pensiero che somigliava tanto al suo branco: molti si erano uniti a loro con il tempo, alcuni erano partiti per brevi periodi, ma alla fine erano sempre tornati.

Il branco non aveva preso particolarmente bene la sua partenza, ma se ne erano dovuti fare una ragione in fretta: aveva già comprato il biglietto e sarebbe partito con o senza la loro approvazione. Scott sarebbe stato il suo vice e se ci fosse stato qualche problema sarebbe tornato con il primo aereo disponibile; in ogni caso sarebbe tornato nel giro di qualche mese, cinque al massimo. L’aria di New York, un’aria nuova, gli avrebbe fatto bene… o almeno era quello che sperava.

Lo sceriffo era sicuro che quanto meno rivedere la sorella fosse un buon motivo per andare. Si erano visti prima che Derek partisse, era stato l’ultimo da cui era stato e paradossalmente sentire parlare di Stiles gli aveva come tolto un peso dal petto. Sorrise ripensando a quando si erano salutati e che poco prima l’uomo era scoppiato a ridere, finendo col raccontargli di una stravagante passione che aveva trovato il figlio nell’ultimo periodo: aveva iniziato a scrivere racconti. “Un passatempo bizzarro.”, l’aveva definito lo sceriffo scuotendo la testa divertito “Si è inventato strane piantine viola.  Ah! Si è dato anche all’astronomia: si è fatto comprare un telescopio e non fa altro che studiare qualsiasi cosa passi il tempo a guardare.”

“Mi scusi? È in fila?”

Un uomo lo stava guardando con aria seccata. Derek inarcò un sopracciglio, lanciando prima un’occhiata alla persona avanti a lui e poi a quella dietro, tutti in una chiara fila ordinata. L’uomo, che sembrava avere tutte le intenzioni di voler sorpassare, sembrò rivalutare la situazione quando lo sguardo del mannaro divenne truce.
Certe persone erano davvero assurde. Stiles, che era convinto che in realtà nessuno fosse normale e che proprio i pochi normali al mondo fossero in realtà quelli assurdi, quella avrebbe però concordato con lui. Già, Stiles…

L’idea che adesso scrivesse lo tranquillizzava. Chissà se sarebbe mai riuscito a pubblicare un libro. Sicuramente i suoi scritti sarebbero stati le poche cose che gli sarebbero rimaste, almeno finchè non avrebbe deciso di volerle cancellare dalla sua vita bruciando tutto.

Ingoiò amaro e si impose di fare un respiro profondo per rilassarsi. Non voleva che la rabbia prendesse il sopravvento, anche perché la scelta di Stiles era stata del tutto legittima e per un buon motivo. Aveva riflettutto, infatti, e nell’ultimo periodo era arrivato alla conclusione che doveva esistere un motivo più profondo per ciò che il ragazzo aveva deciso. Stiles ne aveva sofferto, lo aveva visto quando si erano detti addio, ma non aveva voluto notarlo subito.

Sentiva il bisogno di autocommiserarsi e ogni tanto era anche giusto che lo facesse. Stiles aveva provato ad insegnarglielo con il tempo e ci era riuscito solo dopo che fu avvelenato con dello strozzalupo. Il ragazzino si era arrabbiato, minacciandolo di dargli il colpo di grazia, quando lui, per non far preoccupare il branco, aveva finto di stare bene: “Qualche volta va bene essere egoisti”.

Per mesi, ogni qual volta credesse che fosse necessario che lui pensasse un po’ a se stesso, in memoria di quanto successo Stiles gli faceva trovare un po’ ovunque per casa il disegno di una pianta dai fiori viola: strozzalupo.

Se Derek avesse avuto qualcosa in mano in quel momento sarebbe caduto.

Un passatempo bizzarro. Si è inventato strane piantine viola. 

Si è inventato strane piantine viola. 

Strane piantine viola. 


Non poteva essere un caso. Stiles era a conoscenza del mondo sovrannaturale, ma se ne era volutamente tagliato fuori. Non aveva alcun motivo per scriversi dell’esistenza dello strozzalupo. Non aveva alcun motivo, a meno che…

“Si ricorda.” mormorò con lo sguardo sgranato che fissava il vuoto. “Lui si ricorda.”

Le persone in fila non seppero mai dove fosse scappato quel ragazzo dall’aria burbera, ma dal bel viso, ad un passo dal salire sull’aereo. Sicuramente, però, il signore che lo aveva precedentemente disturbato fu ben felice di vederlo andare via: meno fila da dover fare.


 

***



Aveva il fiato corto. Lui, un lupo mannaro ridotto ad un misero fiatone per colpa di due guardie idiote! Aveva sfrecciato in autostrada per oltre tre ore, quasi sicuramente si sarebbe ritrovato una pila di multe a casa infinita, ma non gli importava: era disposto a tutto pur di non sprecare altro tempo; ma invece due dannatissimi uomini della sorveglianza avevano impedito l’accesso alla sua automobile. Inutile dire che si erano ritrovati con una Camaro nera ferma davanti al cancello a bloccare qualsiasi accesso. E adesso, dopo una corsa infinita per la tenuta circostante, si stava lanciando contro l’entrata.

Addocchiò subito le scale alla sua sinistra e fece per salire, ma un infermiere lo bloccò, chiamandolo da dietro il bancone.

“Ehi ehi ehi! Serve aiuto, signore?”

Derek lo guardò scocciato. Sembrava che il mondo si fosse coalizzato contro di lui per fargli perdere tempo. “Si, ho un appuntamento.” si inventò alla fine, sperando di liquidare lì la faccenda.

L’uomo annuì poco convinto. “Come si chiama?”

“Come mi chiamo?” ripetè Derek, colto di sorpresa. Lo sceriffo gli aveva raccontato quanto potesse diventare pericolosa la sicurezza lì alla minima minaccia. Derek non voleva essere una minaccia, perché voleva andare e riprendersi il suo Stiles il prima possibile! Non aveva tempo da perdere, ma non sapeva come uscire da quella situazione. “ Sì, mmh… il mio nome...”

“Dai, se lo è scordato.” sentì sussurrare dall’altro infermiere, quello dall’aria più cretina. “Si accomodi, signore! E tanti auguri per la sua memoria!” seguitò infatti a dire subito dopo.

Derek stirò appena le labbra in una smorfia. Non sapeva se essere grato alla Luna per aver mandato un tale idiota o se essere preoccupato di cosa sarebbe potuto succedere a Stiles con quell’essere di guardia. “Sì… grazie” mormorò prima di riprendere la sua corsa per le scale.

Urlò il nome di Stiles nei corridoi, fregandosene di cosa potessero pensare di lui, e controllò ogni dannatissima stanza, ma dell’umano neanche traccia, finchè una folata di vento non lo investì e lui potè cogliere l’odore del ragazzo.

I suoi occhi si accessero per una frazione di secondo di rosso, dopo un mese di lontananza costretta il suo lupo raschiava dentro di lui per uscire e riprendersi il suo Compagno.

“Stiles Stilinski.” il suo nome gli uscì dalle labbra appena lo vide, lì in piedi davanti a lui. Stiles, sentendosi chiamare, si voltò, bloccandosi alla sua vista.

Derek gli sorrise appena. “Posso farti una domanda?” gli chiese con il cuore che scoppiava di speranza. “Ti ricordi di me?”

Stiles inclinò appena la testa, mentre il suo sguardo sembrava attraversato dalla consapevolezza, ma poi… “No.”

“No…?” Il mondo di Derek gli crollò addosso. Se si concentrava poteva sentire il suo lupo ferito dai pezzi rotti del suo cuore.

Stiles, però, sembrava estraneo al suo turbamento interiore e proseguì per la sua strada. “Come ti chiami?”

“Derek. Mi chiamo Derek.” sospirò il maggiore, provando a controllarsi e ad impedire di lasciarsi andare davanti al ragazzo.

“Derek…” ripetè Stiles, saggiando quel nome.  “Voglio farti vedere una cosa. Vuoi venire con me?”

Il lupo era incredulo: perché Stiles non lo stava cacciando?

“Sì, certo.” rispose prontamente, facendo sorridere imbarazzato l’altro.

Stiles aspettò che lo seguisse prima di apire una porta lì vicino e farlo entrare.

“Ecco, questo è il mio studio.”

Derek non comprese appieno cosa volesse dire l’umano, finchè non entrò in quella stanzetta.

“Wow.”


Alle pareti erano appesi decine e decine di testi, proprio come gli aveva detto Noah. Sfiorò il foglio più vicino a lui. Di lune piene e branchi. Fece scorrere lo sguardo e rimase paralizzato.

Strozzalupo: cinque utilizzi.

Alpha, Beta, Omega.

Licantropi? Come riconoscerli.

Branco di Alpha.

Romeo e Giulietta sovrannaturali?

Incendio a villa…


Derek trattenne il fiato quando giunse all’ultimo titolo. Da lì in poi iniziavano una serie di racconti più specifici, troppo. Un lupo che perde la fidanzata umana; un ragazzo costretto ad uccidere lo zio malvagio; un Beta che diventa un Alpha, pur senza volerlo…

“Questo è il mio preferito…” gli sussurrò Stiles, allungandogli quello che sembrava un disegno ad acquarello. “C’è Rory, una ragazza molto brava a dipingere e-e mi aiuta quando non riesco a scrivere.”

Derek fece passare la punta delle dita su le tre paia di occhi che lo guardavano. Era lui, più giovane, poi ai tempi in cui ancora non si fidava di Scott e infine lui fino a qualche mese fa. Cambiavano gli occhi: dal giallo dorato al celeste elettrico, fino al rosso acceso. Era uno dei disegni più accurato e realistico che avesse mai visto.

“Non lo so chi sei,” lo richiamò Stiles, nervoso “però ti sogno quasi tutte le notti. Perché?"

Il moro rise dal naso, tutta l’agitazione dissolta. “Che penseresti se ti dicessi che quel diario che leggi ogni giorno, un tempo, era pieno di cose che riguardavano me?”

Stiles si aprì in un sorriso. “Penserei che la cosa è molto sensata.”

“Tu tu mi hai cancellato dalla memoria, perché credevi di impedirmi di avere una vita… piena e felice, ma hai fatto uno sbaglio. Vivere con te è l’unico modo che ho di avere una vita piena e felice. Tu sei il mio Compagno, Stiles, e a quanto pare io sono il tuo.” gli rivelò il maggiore, avvicinandoglisi e venendo prontamente imitato.

“Derek, è un piacere conoscerti.”

“Stiles, il piacere è tutto mio.” sorrise l’uomo.

 


***



Deaton stava ricontrollando la scheda di un paziente. Era tardi e Scott se ne era andato a casa già da un paio d’ore; era felice che con il tempo il ragazzo avesse ripreso a concedergli piccole occasioni per ridimersi. Sapeva che non avrebbe ottenuto molto presto la fiducia del branco dopo quello che aveva fatto a Stiles, probabilmente molti non gliel’avrebbero mai concessa: il giovane Hale sarebbe stato uno di quelli, lo aveva messo in chiaro fin da subito, e in memoria di sua madre a Deaton dispiaceva. Si chiedeva cosa avrebbe pensato Talia della sua scelta. Probabilmente avrebbe concordato col figlio…

Il druido era ancora sovrappensiero quando un rumore sordo lo riscosse. Posò cauto la cartella sul tavolo e andò a controllare le gabbie sul retro, ma gli animali dormivano tranquilli. Trasse un sospiro di sollievo e fece per tornare ai suoi appunti quando i suoi occhi iniziarono a lacrimare per una forte nebbia apparsa all’improvviso nel suo studio.

“Amina…”

“Ciao, Alan.”




“Mi spiace di non averti potuto raggiungere prima. Un’inondazione aveva colpito un monastero vicino e i monaci avevano bisogno di aiuto.” si scusò la donna regalandogli uno sguardo pieno di preoccupazione.

“Credevo… credevo che non avessi ricevuto il messaggio.” mormorò sorpreso il druido, ma lei scosse la testa con fermezza.

“Oh no, mi è arrivato solo frammentato. Ho trovato difficoltà a decifrarlo, ma avevo inteso non fosse nulla di immediato. Sai che preferisco non immischiarmi se posso, ma ero consapevole che quella era l’ultima pergamena rimastati e non l’avresti sprecata inutilmente.” 

Deaton era ancora felicemente sconvolto dal suo arrivo. La donna era apparsa nel mezzo dello studio ed era esattamente come se la ricordava: con i suoi lunghi capelli bianchi e i tipici occhi neri degli orientali.
L’ultima volta che l’aveva vista, aveva deciso di ritirarsi in Tibet; il branco a cui faceva da emissario era stato appena ucciso. All’epoca lui era solo un ragazzo e non poteva capire…
La postura rigida della donna gli fece intuire che raggiungerlo fosse stato uno strappo alla regola troppo grande per essere sprecato in tergiversazioni inutili, così si affrettò a raccontarle tutto quanto fosse successo.


“È per questo che ho deciso di rimanerne fuori, Alan. I conflitti non sono mai stati il mio forte.” esordì Amina dopo quasi un’ora di silenzio. Merito della meditazione, immaginava Deaton.

“Anche se era raro che tu ti trovassi in pericolo.” obbiettò il veterinario.

“Sai anche tu che non sono i conflitti fisici il problema.”  gli sorrise lei, andando a posizionarsi con le spalle al muro.

“Puoi aiutarmi?”

Amina si lisciò i semplici pantaloni di lino che indossava, mentre meditava cosa rispondergli. Era sempre stata un personaggio particolare: allevata come un druido aveva scoperto solo più tardi di essere una strega. Era unica nel suo genere, così come il suo branco piuttosto eterogeneo. Assomigliava molto a quello di Scott e Deaton era convinto che se fosse esistito qualcuno capace di conoscere qualunque cosa andasse contro la prassi e la normalità, quella sarebbe stata Amina.

“Sì.”

Deaton trattenne il fiato. Ci aveva sperato, ma non ci aveva creduto fino in fondo.

“Esistette un caso analogo, se non ricordo male. Secoli fa. È più una leggenda che si tramanda nei monasteri tibetani, ma… questo tuo ragazzo-”

“Stiles.”

“Stiles, sì, presenta lo stesso problema della leggenda. A questo punto mi viene da pensare che non fosse poi così tanto una favola da raccontare ai novizi.” ragionò ad alta voce. Fece una piccola pausa, ragionando su qualcosa che solo lei poteva sapere, finchè non rialzò la testa e Deaton capì che quelle sarebbero state le ultime parole che gli avrebbe rivolto, prima di sparire per sempre. Le rivolse un cenno con la testa, riconoscente a quella strega che avrebbe potuto cambiare le sorti del branco di Scott con le sue semplici memorie.

Ironia della sorte, la memoria era l’unica cosa che minacciava quei ragazzi.

“Stiles inizierà a ricordare. Ricorderà sempre più dettagli, sempre più giorni. Inizierà a ricordare, finchè la sua memoria non sarà tornata quella di un tempo… o quasi. La sua sarà una memoria parziale, perché non ricorderà altro che il suo Compagno.” gli rivelò Amina, prima di iniziare a svanire “Al momento dell’estrazione dei suoi ricordi, il loro legame era talmente forte da non poter essere distrutto insieme a tutto il resto: fu semplicemente recluso in un angolo.” Deaton non riusciva a muoversi, ormai della donna non rimaneva che la voce che si affrettava a dirgli le ultime parole. “Dì loro questo. Dì loro che Stiles ricorderà di nuovo.”











Note dell'autrice.

Wow.

Ancora non riesco a crede di star pubblicando di nuovo. E' passato tanto di quel tempo... ma a me sembra persino di più. Due mesi e mezzo, ragazzi: una vita.

Sono contenta di essere però finalmente qui; ho riletto e riletto questo capitolo decine di volte, cambiandolo e ricambiandolo, rendendolo irriconoscibile e poi magari riscrivendolo com'era nato in partenza. Ora come ora so dirvi solo che è stato un lungo lavoro: volevo renderlo il più fedele al film possibile, pur senza cadere dell'ovvio e lasciare in sordina la parte sovrannaturale. Ma ne parleremo sotto ;)

Stiles ha deciso di partire e lo vediamo riappacificarsi con il branco, Melissa svolge un ruolo fondamentale. E' sempre stata una presenza costante nella sua vita ed era giusto avessero un momento madre-figlio.
Non potevo non mettere Tom! Ho amato quel personaggio dalla prima volta in cui l'ho visto (E per i più attenti è stato addirittura inserito in un altro film dove recitavano proprio i due protagonisti insieme: passione Tom 10 secondi mode on) e Malia giustamente si è fatta sentire.

Ma passiamo a Derek...
Mentre il piccolo umano si divertiva a scrivere e fare amicizia, un lupastro di nostra conoscenza ha deciso di partire: Cora, l'ultima spiaggia, la sola speranza di andare avanti. MA ta ta ta taaaan! Colpo di scena inaspettato (almeno lo spero ahah): Stiles ricorda!
E' partita poi una corsa infinita (Corri, Forrest, corri!! Non so cosa mi sia preso oggi... giuro non mi drogo) che si è conclusa... ma ahimè, male. Voglio, però, sottolineare il momento in cui gli occhi di Derek brillano da soli quando lui riconosce l'odore del suo compagno. Amo gli occhi rossi di Derek e ci tenevo ad inserire il suo lato mannaro :)

Derek fa la fatidica domanda che poi in inglese dà il nome alla storia (Do you remember me?) e siccome se non c'è angst le persone non sono contente ecco che la risposta da film bellissimo a cui mancavano solo le colombe che volano e l'arcobaleno in lontananza si trasforma nell'incubo chiamato realtà. No, Stiles è smemorato e smemorato resterà. EPPURE ricorda, o meglio ricorderà.

Deaton una cosa buona l'ha fatta: contattare Amina.
Non che la strega abbia fatto qualcosa, ma sicuramente ci ha informati e ormai abbiamo capito che sapere e conoscere è più importante di quanto sembri.
In sostanza: grazie al loro legame i ricordi di Stiles relativi a Derek non sono andati perduti (come invece hanno fatto tutti gli altri), ma anzi ritorneranno pian piano. Non sarà una sorpresa molto grande, ma sicuramente darà una spiegazione a chi aveva colto tutti o almeno la gran parte degli indizi lasciati negli scorsi capitoli.

Siccome queste note stanno diventando un capitolo a parte (Ma mi siete mancati troppo), mi fermerei qui. Spero di essere riuscita ad amalgamare bene la parte comica alla parte seria senza strafare. Non mi ritengo pienamente soddisfatta del capitolo, ma è raro che accada quindi fatemi sapere voi ;)
P.S. Come già anticipato questo sarà il penultimo capitolo.
Alla prossima ;*

   
 
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