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Autore: Chainblack    27/06/2018    1 recensioni
In fuga dalla disperazione dilagante della Hope's Peak Academy, sedici talentuosi studenti vengono rapiti e rinchiusi in una località sconosciuta, costretti a partecipare ad un nuova edizione del Gioco al Massacro senza conoscerne il motivo.
Ciò che sanno è che, per scappare da lì, dovranno uccidere un compagno senza farsi scoprire.
Guardandosi le spalle e facendo di tutto per sopravvivere, i sedici ragazzi tenteranno di scoprire la verità sul loro imprigionamento sapendo che non tutti potrebbero giungere illesi fino alla fine.
Ambientata nell'universo narrativo di Danganronpa, questa storia si svolge tra i primi due capitoli della saga.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Xavier rimirò l'orrida scena davanti a sé col cuore colmo di frustrazione.
Con l'emissione del verdetto, l'incubo sarebbe dovuto terminare; per lui non era che appena cominciato.
Strinse violentemente i pugni e abbassò lo sguardo, come a rifuggire dalla propria impotenza.
Pierce Lesdar si era ridotto ad una larva: il volto completamente bianco e le occhiaie risaltavano sull'ammasso inerte e vacillante che era il suo corpo.
Si era rannicchiato in sé stesso, in ginocchio, con la testa raccolta nella febbrile stretta delle sue mani tremanti.
Soffocato da lacrime e bisbiglii incomprensibili, Pierce risultava irriconoscibile.
Gli altri quattro compagni gli si radunarono attorno uno alla volta. Xavier li fissò uno alla volta; non vi era odio nei loro occhi.
Vi era sofferenza e incredulità in quelli di Judith, così come June mostrava una forte e viscerale empatia nei confronti di quel ragazzo distrutto.
Pearl, nonostante fosse ancora scossa dal modo in cui il processo si era evoluto e rovinosamente precipitato nel caos, venne colta dall'istintivo bisogno di porgergli una spalla amica. Ma la pesante atmosfera e gli irrefrenabili singhiozzi dell'Ultimate Surgeon le impedirono di realizzare quel gesto innocente.
Persino Michael aveva perduto la sua solita espressione sprezzante e iraconda. Dietro le lenti di vetro che portava in volto si celavano due occhi che emanavano più comprensione di quanta non ne dimostrasse in realtà.
Xavier lo squadrò per bene; vi era una coltre di tristezza persino in Michael Schwarz, sebbene si figurò fosse difficile farglielo ammettere.
Ma per quanto i cinque studenti potessero avere ancora dubbi ed incertezze su ciò che provavano, una cosa era ben chiara e definitiva.
Il voto era stato dato, il verdetto dichiarato esatto, e il processo era concluso.
Un rumore statico interruppe il silenzio formatosi, e una sagoma poco gradita fece capolino torreggiando sopra le loro teste dallo schermo del tribunale.
- ...incredibile, stupefacente! - fece la voce squillante dell'orso - Nonostante tutto, siete comunque riusciti a risolvere il caso! Sono sinceramente colpito! -
- Monokuma... - sibilò Xavier - Esigiamo delle spiegazioni... qual è il tuo ruolo in tutta questa faccenda!? -
- Già! Devi necessariamente averci messo lo zampino! - gridò June, esacerbata - Che cosa hai fatto a Pierce!? -
L'androide li sbeffeggiò con superbia, ridendo loro in volto con gusto.
- Beh, non posso negare di essermi reso partecipe in questa faccenda, ma io non ho assolutamente agito in maniera diretta -
- Spiegati meglio... - mormorò Pearl, facendo scrocchiare le dita di una mano.
Un sorriso più largo e malvagio comparve sullo schermo.
- E' molto semplice: ho offerto a Pierce i mezzi per poter compiere un delitto pulito ed efficiente in cambio della sua collaborazione! - esclamò, divertito.
- Cosa!? Collaborazione!? - reagì Michael - Quindi era davvero...!? Pierce è il traditore! -
- Per avervi tradito, vi ha tradito, sì - annuì l'orso - Ho promesso a Pierce che lo avrei agevolato se lui avesse accettato di dare una scossa alla sfida in caso di stallo.
E ha fatto un lavoro splendido, oserei dire! Peccato che abbia avuto a che fare con dei giovani così promettenti... il nostro piano è andato in fumo! -
Una voce alle spalle del gruppo si fece improvvisamente sentire con la poca energia che ancora aveva in sé.
- ...fandonie... -
Le orecchie d'orso del pupazzo si drizzarono.
- Oh? Come, prego? La nostra stella ha parlato? -
- STRONZATE! - gridò Pierce, battendo i pugni a terra - IO NON HO UCCISO NESSUNO! NESSUNO! Smettila di dire assurdità! Io... io non ho mai accettato un patto così folle...! -
- Aww, quasi dimenticavo il dettaglio più importante...! - disse Monokuma, grattandosi la nuca con fare poco curante.
- S-sarebbe a dire...? - chiese Judith, temendo la risposta.
- Beh, che avete azzeccato anche un altro punto cruciale: ho modificato i ricordi di Pierce per bilanciare i suoi privilegi. Mi avete beccato! -
Xavier si morse il labbro; non era più certo di voler avere ragione, a quel punto.
- ...dunque era tutto vero... - mormorò il detective - Gli hai manomesso il cervello... così come hai fatto con Karol...! -
- Ma perché!? - strepitò June, trattenendo le lacrime - Era necessario spingersi a tal punto!? -
- Ragazzi miei, non dubitate della logica del mio operato - si giustificò l'orso - Avevo necessità di tenere a bada Pierce; sapeva troppe cose che avrebbe potuto usare per tradirmi e aiutare voi. Al contempo, avrebbe potuto usare le sue nozioni per avvantaggiare se stesso. Inoltre, avevo bisogno che tutti voi, Pierce compreso, foste convinti del suo essere l'Ultimate Sewer per mettere a punto il nostro piano d'azione. Ed infatti ha funzionato; eravate sul punto di votare per Judith e Pearl! -
- Io SONO l'Ultimate Sewer! - intervenne nuovamente Pierce - Piantala con queste IDIOZIE! -
- Bah! Non ti rendi conto neppure adesso di qual è la verità? - sbuffò Monokuma - Sei solo un costrutto fasullo. Un ammasso di ricordi che ha appena un mese di vita creato solo con lo scopo di essere un diversivo -
Pierce esitò, mentre le sue pupille si assottigliavano; quelle parole lo avevano scosso in maniera evidente.
- Io... cosa? Non mentire... io sono Pierce Lesdar... Ultimate Sewer... io... IO SONO...! -
- "Io sono"!? Tu non esisti neppure! - urlò il robot, spazientito - Non sei mai esistito! Sei un falso, un surrogato! Ti ho creato io col solo fine di fare da copertura ad un altro studente! E hai fatto bene la tua parte, ma ora sei spazzatura! -
- Ora stai passando il segno... - il volto di Pearl Crowngale si era scurito di botto - Calpesta la vita altrui a tuo rischio e pericolo, mostro immondo... -
- E chi è che mi sta minacciando? - rise Monokuma - Parli grosso, ma sei esattamente come quel falso laggiù: una pedina ininfluente! -
- Io... non sono "falso"... - si impose debolmente Pierce, strascicando il suo corpo lungo il pavimento - Smettila di dire che non sono reale... e tutti i miei ricordi...? -
- Ancora con questa storia? Sono tutti una fabbricazione! Te ne saresti dovuto rendere conto dal fatto che la tua vita è una miscela di memorie alla rinfusa che ho messo un po' a casaccio! E il tuo "talento"? Non sapresti ricamare come si deve nemmeno un calzino bucato! -
- Ma perché...? - singhiozzò June Harrier, avvilita - Perché Pierce avrebbe stretto un patto con Monokuma...? Per quale motivo avrebbe accettato di collaborare con un mostro simile!? -
- Non equivocare, sparafrecce - le rispose Monokuma - Il vero Pierce è una persona molto diversa da quello che conoscete voi. In lui era fortissimo il desiderio di sopravvivere, e ciò lo ha portato a fare una scelta; come molti di voi, del resto -
- Un tale attaccamento alla vita... - mormorò Judith, ipnotizzata da quel concetto - Per lui vivere era così importante da fargli decidere di uccidere...? -
- Altroché! Era una sorta di suo mantra personale - rettificò Monokuma - E io avevo giusto bisogno di una garanzia per far andare avanti il gioco senza intoppi. Era il complice ideale -
- Ma per favore! -
Il tono sprezzante dell'Ultimate Chemist fu così roboante che tutti finirono per voltarsi verso di lui.
Michael Schwarz calamitò l'attenzione dei presenti; aveva un'espressione di dubbia identità, misto tra collera e sospetto.
- Un'altra voce nel mucchio... - sospirò Monokuma.
- Taci, orso! Non fai altro che dire fesserie per mascherare le tue reali intenzioni! - lo accusò lui.
- Oh? Di cosa vai cianciando, topo da laboratorio!? -
- La tua "garanzia di successo"? Il tuo scopo sarebbe "far andare avanti la sfida senza intoppi"? Ridicolo, non farmi ridere! - 
- Mike, credi che avesse un altro fine? - gli domandò Xavier, intuendo che il compagno sapesse perfettamente ciò di cui stava parlando - Un ulteriore motivo per usare Pierce? -
- Bah! Pensateci! - li incalzò lui - Se davvero il suo scopo era di far proseguire la sfida, perché sfoderare il suo asso nella manica nemmeno troppo tempo dopo il caso di Kevin? La tensione era alle stelle; un altro delitto era più che probabile. Ma ha deciso di bruciarsi la carta all'improvviso: perché? -
Monokuma cadde in silenzio, mantenendo un'espressione neutra.
Pendendo dalle sue labbra, la domanda venne spontanea.
- P-perché, allora...? - chiese June.
- Perché voleva liberarsi di Karol; ecco il motivo! - il chimico puntò il dito contro lo schermo.
- Ka-Karol...? Il prof era il suo bersaglio!? - sussultò Judith.
- Come lo hai dedotto...? - domandò Pearl, altrettanto interdetta.
Michael socchiuse gli occhi, massaggiandosi la fronte.
- ...mi era sorto un dubbio ascoltando il racconto di Pearl - spiegò lui - Il Prof sapeva quale fosse il suo vero talento senza che lei lo avesse esplicitamente rivelato. Era chiaro che Karol aveva ottenuto delle informazioni di cui noi non eravamo al corrente; informazioni grosse. Non è da escludere che fosse venuto a conoscenza del vero talento di Pearl e Pierce... e ciò ha portato Monokuma a pensare... -
- Doveva eliminare Karol... - asserì Pearl - Perché gli era di impiccio -
- Precisamente -
- Ma qualcosa non mi torna... - esclamò a sorpresa Judith - Tutto ciò che ci è concesso avere in questa scuola è gestito da Monokuma, no? E ciò vale anche per le informazioni. Perché mai Monokuma dovrebbe voler elargire qualcosa del genere solo per rimetterci? -
- Se pensi a ciò che è accaduto, è semplice - Michael alzò un indice - Karol aveva in mano quei dati. Immagino che servissero per seminare discordia e dubbi in colui o colei che ne fossero entrati in possesso. Ma Karol... ha agito diversamente. Monokuma si aspettava che il Prof avrebbe attaccato Pearl e Pierce credendoli traditori, ma... -
- ...ha sortito l'effetto opposto - concluse Xavier.
Il detective ricevette un segnale di assenso da parte dell'Ultimate Chemist.
- Lui ne voleva approfittare... per aiutarci a svelare la verità - sussurrò Pearl, realizzando il quadro completo - Ha deciso di ascoltarmi... e supportarmi -
- Karol voleva genuinamente salvarci tutti...! - strepitò June - Ed è stato per questo che Monokuma lo ha preso di mira! -
- Già. E' evidente che non si aspettava che il suo espediente potesse essere usato contro di lui - proseguì Judith - Si è pentito di aver messo quei dati in mano a Karol, e  ha deciso di utilizzare Pierce per metterlo a tacere! -
Una risata squillante riverberò attraverso gli apparecchi acustici della sala.
L'occhio rosso dell'androide si era illuminato di nuovo, trasmettendo una scia rossastra.
- Le vostre sono mere congetture! L'Ultimate Teacher si è portato il segreto nella tomba! - esclamò divertito - E ora che ci penso... non è l'unico che lo farà -
Un allarme mentale scattò nei pensieri di ognuno dei presenti.
Tutti si voltarono di scatto, all'unisono, verso la sagoma debilitata di Pierce Lesdar.
Questi aveva disegnato in volto il terrore più puro umanamente verificabile.
- ...no... n-no, ti prego... - gemette - Non vorrai mica...? -
- Sarai anche un falso, ma condividi il corpo con l'autentico artefice di questo delitto - sogghignò lui, digrignando i denti - Mi spiace, piccoletto, ma è tempo di pagare pegno! -
- NO! Non se ne parla! - 
A gran sorpresa, fu Xavier Jefferson a mettersi in mezzo.
Il giovane si frappose tra Pierce e Monokuma, gettando a quest'ultimo laceranti occhiate di sfida.
- X-Xavier...? - mormorò impaurito Pierce.
- Che significa tutto questo? - sbuffò Monokuma - Osi opporti!? -
- Hai orchestrato TU questa follia! E ora credi di poter far ricadere l'intera colpa su Pierce!? Scordatelo! -
- Ha ragione! - Judith arrivò presto a fornire supporto - Non hai alcun diritto di giustiziarlo! Sei altrettanto colpevole! -
- Interferisci con il tuo stesso "gioco" e pensi di potertela filare senza conseguenze!? - lo aggredì Michael.
- Non toccare Pierce! - June gli fece da scudo con il proprio corpo - E non denigrare la sua esistenza! E' un nostro amico e fedele compagno! -
- Sii pronto alle dovute conseguenze... - sussurrò Pearl, gelida - ...qualora tu dovessi anche solo sfiorarlo -
Circondato da tutti e cinque, il cuore di Pierce prese a palpitare senza sosta.
Vide i suoi compagni ergersi a sua difesa facendo di tutto per non far trapelare paura e insicurezza, cercando in tutti i modi di spronarsi a fare la cosa giusta.
Una lacrima gli scese lungo il volto, cadendo sul pavimento con un impercettibile guizzo.
Per la prima volta nella sua vita, Pierce non si sentiva più solo. Non più.
- ...ragazzi - mormorò - Amici... miei... -
Si udì un rumore metallico.
Un suono sospetto, innaturale. Un fragore improvviso che colse tutti alla sprovvista.
I cinque si voltarono alle proprie spalle assistendo a quella visione inquietante.
Un braccio meccanico era appena spuntato dal pavimento, cingendo il collo di Pierce con una stretta soffocante. 
Altri due arti giunsero rapidamente a bloccargli le braccia.
- Cos...!? PIERCE! - gridò Xavier.
Le grida soffocate di Lesdar vennero ricoperte dalla roboante risata di Monokuma.
Decine di altri schermi si erano accesi contemporaneamente, ricoprendo l'intero soffitto di sagome ursine emettenti versi sguaiati.
Una cacofonia folle e delirante che rimbombò lungo tutta l'aula, gettando i sopravvissuti nel panico.
- Non ve lo avevo forse GIA' DETTO!? - si spanciò Monokuma - Fintanto che siete nel MIO mondo, io sono il vostro DIO! Vi lamentate di regole che posso cambiare ad ogni mio capriccio, e non c'è NIENTE che potete fare per evitarlo! Ma parliamo seriamente: non ho infranto alcuna regola! Ho proposto a Pierce un affare, e lui lo ha ACCETTATO! Nel momento in cui mi ha stretto la mano ha fatto la sua scelta! E ORA. NE PAGA. LE CONSEGUENZE! -
Le braccia meccaniche si mossero, trascinando Pierce di peso lungo il suolo.
Si portò le mani sul meccanismo che gli teneva serrato il collo, tentando in tutti i modi di gettare quanta più aria possibile nei propri polmoni.
Folle di paura, si dimenò come un pazzo non appena il cigolio della porta che conduceva alla Sala delle Punizioni non si fece più vicino ed incombente.
- NO! NO! AIUTO! VI PREGO, AIUTATEMI! -
Ma la coscienza generale del gruppo era già in moto. Pierce avvertì una forte morsa alle gambe.
Una stretta salda, sicura.
Pearl Crowngale si era gettata a capofitto su di lui, afferrandolo al volo e tirandolo verso sé.
Judith e June ne approfittarono, precipitandosi sulle braccia meccaniche per opporsi al loro moto.
Xavier si aggrappò alla vita di Pierce imprimendo tutta la sua forza, mentre Michael aveva ghermito un lembo della felpa e il braccio sinistro senza mai lasciarseli sfuggire.
- Che diavolo fate!? - tuonò Monokuma - Non avrete dimenticato la clausola per chi si oppone alle esecuzioni!? -
- Non ce ne importa! LASCIALO ANDARE! - urlò Xavier con ogni briciolo di fiato residuo.
Di fronte a quella scena impressionante, Monokuma sbuffò con nervosismo. 
Lanciò un'occhiata di sufficienza verso gli studenti prima di fare spallucce.
- ...bah, non posso certo giustiziarne sei assieme - mugugnò - Per stavolta chiuderò un occhio -
Un secondo rumore sospetto balenò lungo l'aula di tribunale.
Judith Flourish spalancò gli occhi: sapeva di cosa si trattava.
L'orribile ricordo dell'esecuzione di Hayley Silver le tornò alla mente, e il suo sguardo si posò sugli arti meccanici.
Questi si erano ricoperti di energia luminosa e avevano iniziato a vibrare.
Pur sapendo ciò che stava per accadere, Judith non lasciò la presa.
Chiuse gli occhi, strinse i denti, contrasse ogni muscolo del proprio corpo, e si preparò.
Non ebbe neppure il tempo di allarmare gli altri; fu questione di un attimo.
Una repentina scarica elettrica si diramò lungo l'intero circuito, infliggendo uno shock ai cinque salvatori.
June Harrier avvertì un fitto dolore alle mani, e il suo corpo si oppose all'ordine di tenere duro.
Xavier e Michael furono respinti dalla scossa, finendo col cadere di lato.
Judith tentò in tutti i modi di obbligare il proprio corpo a sopportare il dolore, ma i suoi limiti umani giunsero a riportarla alla realtà.
Lasciò andare appena prima che le dita le si ustionassero.
A resistere ancora era Pearl Crowngale che, con volto sofferente, restò aggrappata alle gambe di Pierce mentre veniva inesorabilmente trascinato via.
Gli occhi glaciali di Pearl versarono una piccola lacrima nel momento in cui anche le sue forze la abbandonarono.
Lasciò la presa e cadde sul pavimento, sfinita.
Pierce Lesdar tese un'ultima volta la mano in avanti, tentando di raggiungere i compagni.
Li vide allontanarsi sempre di più dalla propria vista annebbiata.
Li vide distanti, non riusciva più a udirli, né a percepire la loro presenza.
Un denso buio lo avvolse, più profondo di quanto potesse immaginare.
"...i miei amici... dove sono... i miei... amici...?"
Pierce socchiuse gli occhi, abbandonandosi all'oscuro oblio.
Un rumore meccanico segnò la chiusura della porta.
Implorando perdono, l'Ultimate Surgeon attese la fine.




Dopo un breve periodo di tempo di caos e buio totale, gli occhi di Pierce si ritrovarono accecati da due luci brillanti come fari.
Dovette socchiuderli per un istante, accecato dalla forte luminosità; si abituò pian piano a quella forte emissione luminosa, riuscendo finalmente a guardarsi attorno.
Due grossi riflettori erano puntati sulla sua figura distesa orizzontalmente su quello che sembrava essere un letto ospedaliero.
Il resto della stanza era buio, e non riusciva a vedere nient'altro se non un vago riflesso davanti a sé.
Sollevò la testa a fatica solo per riuscire ad adocchiare le due vetrate scure poste in fondo alla stanza, dalle quali riusciva ad intravedere cinque volti 
impauriti e terrorizzati, che gli stavano urlando frasi che non poteva udire.
Pierce si dimenò con tutte le sue forze, ma fu inutile; braccia e gambe erano ancorati al letto tramite fili di spago sottilissimi ma molto resistenti.
L'opporre resistenza non fece altro che aumentare il dolore e la pressione applicata sui suoi arti già stanchi e spossati.
Ansimò pesantemente, vinto dall'ansia e dalla fatica; il sudore e le lacrime si mescolarono sulle sue gote.
Ad un tratto, al culmine della sue tensione psicologica, avvertì un movimento sospetto.
Osservò i due riflettori muoversi in avanti in maniera anomala.
Ne seguirono un cigolio metallico e il tenue sfregare dell'attrito volvente di un paio di ruote.
Fu lì che realizzò che non era il resto della stanza a muoversi; era lui.
La brandina stava viaggiando all'indietro, sospinta da un Monokuma apparso dal nulla.
Con un ultimo sogghigno malvagio, come a dare il proprio addio, diede uno spintone considerevole al letto facendolo rotolare più rapidamente.
Accelerò per alcuni secondi fino a che non subì una brusca frenata a causa di un ostacolo in mezzo alla strada.
Pierce si sentì improvvisamente più leggero: si accorse che i fili che lo tenevano prigioniero si erano improvvisamente allentati facendolo capitolare all'indietro, giù dal giaciglio.
Si aspettò di trovare il pavimento ad accoglierlo, ma era finito in una trappola ancora peggiore.
La sala si illuminò in un baleno di una luce a metà tra il bianco e l'azzurro, rivelando ciò che si trovava al suo interno.
Pierce era finito in quello che gli sembrò un baule spesso e fatto di metallo.
Fu quando il coperchio gli venne chiuso in faccia che realizzò che non si trattava di un mero contenitore.
Era un sarcofago di fattezze umane con due cavità poste sugli occhi e un'infinità di minuscoli fori sottilissimi posizionati dappertutto, fino a ricoprire l'intera superficie bucherellata. 
Il sarcofago venne tirato su da un meccanismo complesso di fronte agli occhi dei cinque studenti rimasti fuori dalla stanza.
Xavier osservò inorridito quella macabra prigione, intravedendo gli occhi chiari di Pierce attraverso i due buchi superiori.
Occhi che imploravano aiuto, che supplicavano pietà, che chiedevano perdono.
Ad un tratto, lo schermo di un televisore fissato immediatamente sopra il baule si illuminò rivelando, tra varie interferenze, una frase scritta in un inquietante rosso.
"THE RED STRING OF FATE"
Xavier batté più forte i pugni contro il vetro infrangibile, che distrusse ogni sua speranza di riuscire a sfondarlo con il suo coriaceo spessore.
Judith annaspò, indicando ai compagni ciò che stava accadendo attorno al sarcofago.
Dalle pareti si erano aperti alcuni vani da cui erano spuntati decine, centinaia di filamenti biancastri, ognuno dei quali aveva un ago argentato collocato all'estremità.
Un complesso sistema di arti meccanici teneva in piedi quella mostruosità aberrante.
Michael deglutì, inorridito alla vista. Quell'esorbitante numero di sottili punteruoli tintinnò, emettendo una vibrazione sgradevole.
Come una sola entità, gli aghi vennero puntati verso la prigione di Pierce. Un conto alla rovescia di appena cinque secondi partì dallo schermo.
Al quinto rintocco, il primo ago venne indirizzato verso il sarcofago, passandolo da parte a parte.
June non riuscì a tenere gli occhi aperti.
L'ago penetrò con velocità inusitata, quasi fosse stato sparato, uscendo dalla parte opposta e speculare.
Il filo bianco che lo teneva non era più tale: era rosso, e grondava sangue.
Vi fu un attimo di silenzio; poi, l'esecuzione degenerò.
A seguire, prima due aghi, poi tre, cinque, dieci; tutti penetrarono il sarcofago in una furia cieca, componendo un'intricata matassa rossa e argentata.
Di fronte a quello spettacolo, Pearl sentì le viscere contrarsi mentre con sguardo vacuo assisteva impotente.
In una manciata di secondi, la ragnatela era completa.
L'ultimo ago attraversò un buco posizionato sul centro della fronte, e un meccanismo scattò.
La porta del sarcofago si aprì.
Un corpo martoriato sbucò appena dall'interno, saldamente legato al baule da una miriade di fili rossi.
Gocce di sangue cadevano sul pavimento, grondando lungo i filamenti.
In posa di crocifissione, Pierce Lesdar cessò ogni movimento.
I suoi occhi vuoti si spensero del tutto assieme all'esalazione del suo ultimo respiro.
I fili rossi danzarono, immergendosi nel suo sangue scintillante.
Un'immagine residua rosso cremisi fu tutto ciò che i cinque sopravvissuti videro prima della fine.
Poi, le luci si spensero.




Xavier si accasciò al suolo coi palmi delle mani tremanti piantati sul pavimento.
Un drappo nero era calato oltre la vetrata, celando l'interno della sala e ponendo fine a quell'orrido spettacolo brutale.
Nessuno osò fiatare per diverso tempo; tutti e cinque rimasero lì, immobili, fissi a guardare qualcosa che non c'era più.
Mai come quel giorno si erano sentiti così piccoli e deboli nei confronti del loro aguzzino, il cui volto malevolmente beffardo continuava a troneggiare dall'alto.
Ma Xavier non gli badò; continuò a far stridere le unghie sul suolo, tentando di lenire il dolore interno provocandone uno fisico.
Qualunque cosa per impedirgli di pensare andava bene.
Poi, ad un tratto, avvertì un tocco familiare da entrambe le spalle.
Judith e June lo tirarono per le braccia, aiutandolo ad alzarsi e forzandolo a riprendersi.
Il ragazzo si rimise in piedi con enorme sforzo, ringraziando le due compagne con un semplice cenno del capo. Le parole ancora non uscivano.
Michael si era appoggiato con la schiena ad un banco; tolti gli occhiali, si massaggiò più volte le palpebre nel vano tentativo di rilassare i nervi.
Non aveva smarrito la sua espressione corrucciata nemmeno per un istante.
A spezzare definitivamente il silenzio fu un distinto rumore di schiocco d'ossa.
La mano di Pearl si contrasse in modo sospetto, rivelando un rigonfiamento ad una vena. 
Judith osservò con inquietudine quei chiari sintomi di rabbia; un bagliore omicida si riflesse sulle pupille glaciali dell'Ultimate Assassin.
Pearl Crowngale serrò i pugni, irrigidendo il suo sguardo.
- ...ho giurato che ne avresti pagato le conseguenze - mormorò - Stai pur certo che manterrò la mia parola -
- Sei tutto fumo e niente arrosto, Crowngale - rise Monokuma, canzonandola - Pensi di intimorirmi facendo la voce grossa? Vuoi uccidermi, ma non sai nemmeno da dove cominciare a cercarmi, non è così? -
- E' solo questione di tempo - asserì, senza pronunciarsi oltre.
Di tutta risposta, Monokuma si esibì in una smorfia crudele; fu palese che non la considerava una minaccia concreta, ma Pearl non sembrò badare ai dettagli.
L'Ultimate Assassin fece voto di onorare quella promessa a qualunque costo; a Judith quell'iniziativa mise molta più paura di quanto ispirasse fiducia.
Quando la tensione del momento fu svanita, un'altra persona si fece avanti.
- ...dunque... è finita? - 
La vocina titubante di June Harrier si fece strada in quel nugolo di ansia e timore.
L'attenzione degli altri quattro si rivolse su di lei; la realizzazione fu immediata.
- ...è concluso - sussultò Judith - Il gioco al massacro è... concluso? -
- Si direbbe di sì... - sbuffò Pearl, totalmente insoddisfatta.
Dallo schermo in cima al soffitto comparve un'espressione confusa di Monokuma, che si grattò il capo con fare dubbioso.
- Oh? Di che state parlando? -
- Non fare il finto tonto, bastardo...! - ringhiò Michael - Una delle condizioni è stata rispettata! -
- Ooh, forse dovreste essere un po' più espliciti - il sorriso di Monokuma sembrò allargarsi - Sapete, la sera tendo ad essere un po' lento di comprendonio -
Fu una provocazione palese, Xavier lo aveva inteso perfettamente, anche se ancora ne ignorava il fine.
Ma se c'era una cosa che aveva capito era che con l'orso i giri di parole e i convenevoli erano sprecati.
Era lui a dettare legge, e se voleva giocare avrebbe giocato. Il detective decise di andare al sodo e di dargli semplicemente ciò che voleva.
- ...il traditore è morto - disse, con voce sommessa. Dirlo gli fece male; molto male - ...facci uscire. Era nei patti -
Ancora una volta, l'orso sembrò volersi fare beffe del gruppo.
- Come, scusa? Il "traditore"? - sbadigliò - Non ho proprio idea di cosa stiate parlando -
- Non osare prenderci in giro! - lo additò June - Non crederai di rimangiarti la parola sulla clausola speciale!? -
- Abbiamo vissuto per tutto il mese con l'ansia del traditore... - gemette Judith - E adesso che... che ne conosciamo l'identità... -
- Pierce era... il traditore. Ce lo hai addirittura detto tu stesso - concluse Pearl - Provocandone la morte o costringendolo a confessare avremmo vinto. Ora... tieni fede alla tua parola -
Fu in quell'istante che un forte grido sorprese l'intero gruppo.
Monokuma esplose in quella che era una risata grassa e sguaiata, completamente priva di contegno. Un riso forte e tonante, di una scellerata cattiveria, volto solo ad umiliare.
La cavità oculare sinistra del pupazzo si illuminò di rosso, gettando un riflesso lungo tutta la stanza.
- Oh, cielo! Credo ci sia stato un equivoco madornale! - esclamò, senza smettere di ridere - Voi eravate convinti che Pierce Lesdar fosse la spia!? -
Attimo di incertezza; i cinque studenti si paralizzarono.
- Che cosa...? Che diavolo vuoi insinuare!? - gridò Mike, tentando di sovrastare le risate.
- Non siate ingenui, ragazzi miei! Certo, Pierce ha tramato alle vostre spalle fin dal principio e ha combinato un bel pasticcio... - annuì - ...ma da qui al considerarlo una spia? Quell'imbranato!? Al massimo potrei considerarlo uno strumento; un giocattolo comodo, che però ha esaurito la sua utilità. Dunque, me ne sono sbarazzato! -
- Che cosa... che cosa significa tutto questo...? - la voce di June era rotta da alcune lacrime isteriche.
Monokuma si pulì un orecchio con un artiglio, mostrando indolenza.
- E' molto semplice: Pierce era una mia garanzia affinché il gioco proseguisse, ma oltre a ciò era un partecipante come voi tutti, senza vantaggi né privilegi. E da ciò potete trarre l'ovvia conclusione, miei cari! -
Xavier non riuscì a trovare le parole immediate per esprimere quell'assurdo concetto.
Una moltitudine di pensieri vorticarono nella sua testa; ogni rassicurante certezza era crollata nel breve giro di una frase.
Una disperazione nuova e repentina si fece strada tra gli animi dei pochi sopravvissuti; la verità era indigesta, ma innegabile.
- ...il traditore è ancora fra noi...? - mormorò il detective, ancora incredulo.
Si voltò di scatto.
Pearl, Judith, Michael e June si stavano reciprocamente fissando.
Un conflitto freddo, silenzioso. Le alternative erano pochissime, eppure talmente complicate da accettare.
Nessuno seppe più cosa dire o pensare.
- No... no, vi prego... ditemi che è uno scherzo... - Judith si portò le mani alle tempie, stringendo le palpebre.
- Il traditore... è uno di noi cinque? - mormorò Pearl, impallidita.
Vi fu un rumore statico proveniente dallo schermo.
Monokuma aveva smesso di ridere, e ora li fissava con uno sguardo vacuo; un'espressione neutra che meglio si addiceva ad un pupazzo senza anima né vita.
Parve voler dire qualcosa, ma inizialmente esitò.
- ...questo sta a voi giudicarlo -
La frase sibillina dell'orso destabilizzò ulteriormente la situazione.
Il senso non era chiaro, così come neppure lo era il motivo per averla pronunciata.
- Cosa vuoi dire...? - domandò Xavier.
Monokuma rimase in silenzio per alcuni secondi, prima di continuare.
- ...le persone sono davvero esseri straordinari, a mio parere - disse improvvisamente, senza contesto - Dà loro un motivo per combattere, per sopravvivere, e loro lo faranno. Combatteranno, sopravvivranno. Uccideranno. Dà loro anche solo un barlume di speranza, e loro si aggrapperanno ad esso con tutta la propria forza. Forse il bello della speranza è proprio questo: spinge le persone a fare l'impossibile, e ciò si traduce nella disperazione. Ecco perché quest'ultima è così interessante: è imprevedibile. Gli esseri umani disperati cercheranno speranza lì dove credono ci sia, anche se non la vedono. La psiche umana mi lascia davvero senza parole -
- Il tuo è uno sproloquio privo di senso o sostanza... - replicò Pearl di tutta risposta - Cosa stai cercando di dirci? -
- Ah, non fate caso alle ciance di un vecchio orso spelacchiato - annuì Monokuma - Ma lasciatemelo dire: questo esperimento sta avendo un enorme successo grazie alla vostra partecipazione. Sono estremamente soddisfatto -
Ancora una volta, gli studenti fecero caso a come Monokuma si riferisse a loro definendoli come semplici cavie in una macchinazione più grande e complessa.
Il solo pensiero fece storcere il naso a tutti loro; prima di chiunque altro, a Michael Schwarz.
- Ancora ti rifiuti di dirci il motivo per cui ci hai costretti a partecipare a questa follia? - domandò il chimico.
- Ah, non avrebbe senso se ve lo dicessi. Il significato di questo esperimento esiste solo perché è celato - spiegò loro Monokuma - Ma non posso certo negare che il fattore dell'intrattenimento sia di notevole importanza! -
- "I-intrattenimento"!? - strepitò June - Qui la gente MUORE, pazzo che non sei altro! Quale mente deviata trarrebbe godimento da...!? -
- La mia! La mia mente deviata, sissignore! - esordì lui - L'ebbrezza di vedere qualcuno uccidere sconfiggendo ogni propria remora e inibizione, il tutto per salvarsi. L'efferatezza di ogni delitto, e il lento declino della cognizione generale del senso comune e della mentalità oggettiva -
- Parli per indovinelli. Ti diverti a vederci brancolare nel buio? - sbottò Pearl, infastidita.
- Ma pensateci. Pensate a come tutto è iniziato - li spronò l'orso - All'inizio, tutto ciò che avete in mente è la vostra sopravvivenza personale. Col passare del tempo, però, avete iniziato a conoscervi meglio. E più vi conoscete, meno voglia avete di uccidervi l'un l'altro, desiderando che tutti possano salvarsi. Ma ancora: dovete coordinare tutto questo col fatto che uccidere i vostri amici è la vostra priorità. E più gente muore, più questi desideri altalenanti si mischiano e si confondono. Arrivate al momento in cui siete rimasti in cinque, ed a questo punto della sfida vi domandate se non riuscirete davvero a vincere e ad uscire di qui, dato che manca così poco al traguardo! Ancora una volta, il benessere del singolo e del gruppo vanno in contrasto. In situazioni normali, la maggior parte delle persone tenterebbe di trovare la soluzione in grado di portare il maggior beneficio al maggior numero di persone. "Il collettivo prospera sul sacrificio del singolo"; è un vecchio detto che riassume perfettamente la natura di ogni società umana esistita nella storia. Una contraddizione eterna che genera conflitti; è il nostro destino. Ma quando vita e morte sono in gioco le regole convenzionali non valgono più: tutto perde di senso, e la logica cessa di esistere. Ora, ciò che voglio sapere è: dove sarete disposti a spingervi pur di proteggere ciò che avete di più prezioso? -
Non vi fu risposta. Il contorto discorso di Monokuma non sembrava avere né capo né coda, come un flusso di parole libere da ogni contesto o regola.
- Sei malato - disse Pearl, senza aggiungere altro.
Una risata sconnessa risuonò dagli altoparlanti.
- E' molto probabile - rispose - Ma adesso basta con i miei discorsi a vanvera. Stiamo tirando le somme, ed è ora che l'esperimento giunga al termine. Mi congratulo con voi cinque per essere arrivati così lontano, ma adesso... è il momento che la spia faccia la sua mossa -
Con quelle ultime parole, lo schermo si spense definitivamente.
Lasciato un vuoto incolmabile nella sala, i cinque non seppero più cosa dire o fare.
Era come viaggiare alla deriva in un mare troppo grande per essere esplorato.
Xavier si sentì come un topo intrappolato in un labirinto appositamente studiato per portarlo dove voleva Monokuma, come se una scelta non fosse mai stata presente.
Dei fili invisibili lo avevano guidato su quel percorso già tracciato, ma non vi erano bivi o traverse. Era una strada a senso unico, lo era sempre stata.
Quella improvvisa realizzazione fece capire a Xavier Jefferson che di alternative non ve ne erano. 
La sfida sarebbe continuata fino a che Monokuma non avesse deciso altrimenti.
- ...la talpa farà la sua mossa, eh? -
La voce dell'Ultimate Chemist fece capolino. La sua espressione era irritata.
- Mike, non dare peso ai deliri pronunciati da quel mostro... - intervenne June.
- Oh, credimi, mi guardo bene dal prestare attenzione al suo folle blaterare. Ma su una cosa è stato chiarissimo: sta "tirando le somme". Siamo alla fine, ragazzi -
- Cosa vuoi insinuare, Michael? - domandò Pearl.
Si sistemò gli occhiali sugli occhi, grattandosi nervosamente la punta del naso.
- Non capite? Siamo alla fine, alla conclusione. Il traditore sta per agire... e noi dobbiamo batterlo sul tempo -
- Non correre, Mike. Non abbiamo la più pallida idea di chi possa essere - lo fermò Xavier.
- Hai ragione, di certezze non ne abbiamo - rettificò Michael - Ma di sospetti ce ne sono eccome -
Judith scattò in punta di piedi.
- Michael! Non è il momento di essere avventati e farsi trascinare dalle congetture! - lo rimproverò - Monokuma voleva metterci fretta e pressione! -
- No, oramai è chiaro! Siamo sopravvissuti in cinque, cinque soltanto! Oramai non è più una questione di tirare ad indovinare! -
- Mike... non vorrai dire che... - balbettò June - ...hai una vaga idea di chi possa essere il traditore? -
L'Ultimate Chemist, sotto i riflettori, esitò a rispondere. Poi si esibì in un rapido cenno di assenso.
La tensione generale salì alle stelle.
- Parla, Michael - lo esortò Pearl - Cosa hai intuito? -
Il gruppo intero pendeva dalle sue labbra; Michael Schwarz parlò dopo essersi assicurato di avere l'attenzione generale.
- ...c'è un qualcosa che mi ha dato da pensare. Qualcosa su cui abbiamo sorvolato per concentrarci sul caso alla mano, ma che non possiamo ignorare - cominciò lui - Credo ricorderete perfettamente quel maledetto congegno nero che abbiamo rinvenuto nel cranio di Karol, non è così? -
Judith provò un brivido lungo la schiena, avvertendo la pelle d'oca. Il cadavere dell'Ultimate Teacher non rientrava tra le cose a cui voleva pensare.
- Certo, ovviamente... - gemette lei.
- Beh, ho un tarlo che mi rode la testa. Quell'affare non lo avevo mai visto in vita mia, e lungi da me conoscerne la funzione. Ma come abbiamo fatto a scoprirne i dettagli senza fatica? Semplice: uno di noi lo sapeva già. Possedeva informazioni che nessun altro poteva minimamente immaginare: che era uno strumento per la manipolazione cerebrale. Inutile precisare quanto questo sia... strano, no? -
Xavier Jefferson spalancò l'occhio dalla sorpresa. Notò che tutti lo stavano fissando.
Tutti tranne Judith, che ancora osservava il volto serissimo di Michael con un'espressione dubbia e scettica.
- Co-cosa...!? Mike, non dirai che...!? - fece l'Ultimate Lawyer.
- Metti da parte i sentimenti personali e guardiamo in faccia la realtà: Xavier sapeva qualcosa di cui solo Monokuma era in possesso. E' stato l'orso a dare a Pierce quell'affare, ma come poteva Xavier conoscerne i dettagli a priori? Sei stato fin troppo vago quando ci hai parlato di come ne eri a conoscenza, ed è ora che tu ci dica la verità -
Xavier emise un lungo sospiro.
- Mike... credi che io sia il traditore? -
- Lo trovo considerevolmente probabile. Dimostrami il contrario -
Il detective dovette ammettere di avere le spalle al muro.
Judith e June avrebbero voluto opporsi a tutto ciò, ma sapevano che non vi era altra scelta. I dubbi di Michael avevano fondamenta concrete.
Pearl si limitò ad osservare in silenzio; era stata una giornata lunga e faticosa, e più volte si era ritrovata a fare i conti col proprio passato e con le proprie scelte.
L'Ultimate Assassin decretò che era il momento di dare una possibilità anche a Xavier, ed attese in silenzio la sua spiegazione.
- ...come ho già detto, si tratta di un particolare di un'indagine di tanto tempo fa - asserì lui - E' una storia lunga e travagliata, e preferirei evitare di raccontarla per non allontanarci troppo dal topic attuale. Comunque no: non posso dimostrarvi la mia innocenza con prove concrete. Dovrete affidarvi alla mia parola soltanto -
- Le parole non significano nulla se sei il traditore! - lo additò il chimico.
- Non sono un traditore... non ho mai avuto intenzione di tradire nessuno - Xavier inspirò - Anzi... dopo il discorso di Monokuma inizio a comprendere qualcosa riguardo l'identità della nostra fantomatica spia che prima mi sfuggiva -
Michael sussultò.
- Come!? Pensi di convincermi così facilmente!? Non cambiare discorso! - lo aggredì, esasperato - Dicci tutto ciò che vogliamo sapere, altrimenti...! -
Non terminò la frase; un suono improvviso lo interruppe.
Un tonfo sordo, come un colpo improvviso. Un corpo che cadeva, cedendo alla gravità.
L'Ultimate Chemist si voltò di scatto: June Harrier era collassata sulle proprie ginocchia ed ansimava per la fatica.
Il suo viso era vagamente pallido e imperlato di sudore. La sua espressione sofferente fece andare tutti in allarme.
- June!? - gridò Michael.
Pearl fu la prima a scattare al suo fianco.
Afferrò l'arciera per un braccio e la aiutò a rialzarsi nonostante le difficoltà.
- June, che ti prende!? - la richiamò Judith - Ti senti bene!? -
Lei annuì debolmente, facendo loro segno che non vi era pericolo.
- S-scusatemi... - ansimò lei - Ad un tratto mi sono sentita sfinita... completamente drenata... -
Xavier si massaggiò il mento con apprensione.
- Starà bene? - si chiese.
- E' eccessivo affaticamento, ne sono quasi convinto - asserì il chimico - E' da stamattina che ci stiamo struggendo per colpa di questo caso... non ha più energie. Deve riposare -
- I-io direi di... uscire da qui e prenderci una pausa - suggerì Judith - Non combineremo niente in questo stato. Siamo tutti esausti... -
La proposta, seppure saggia, provocò alcune titubanze. La questione della credibilità di Xavier era ancora aperta, e malvolentieri Michael la avrebbe lasciata decadere.
L'Ultimate Chemist lanciò al compagno uno sguardo iracondo.
- ...Michael, ti prometto che avrai le tue risposte domattina stessa - gli promise Xavier, intuendo l'andazzo - Ma adesso è necessario andare a riposare. E' stato un giorno impegnativo -
Michael Schwarz guardò prima lui, poi June. La ragazza era ancora in piedi, ma sembrava più in uno stato di dormiveglia.
Pearl Crowngale gli fece cenno che, pur contro voglia, era la cosa giusta da fare.
- ...aiutatemi a portarla all'ascensore - disse - Continueremo domani, Xavier. Domani, capito? -
- Siamo intesi, capo -
Detto ciò, Michael e Pearl spalleggiarono June scortandola fino alla stanza di fianco, dove era posizionata la piattaforma mobile.
L'Ultimate Archer parve sorridere flebilmente in segno di ringraziamento, e si lasciò aiutare volentieri.
Xavier rimase ad attendere che il suo cuore cessasse di battere in modo talmente rapido.
Non lo voleva dare a vedere, ma una stilla di terrore lo aveva divorato. 
Già una volta aveva visto una compagna collassare improvvisamente alla fine di un processo, e quella sembrava quasi una replica fedele.
Non voleva mai più assistere a qualcosa di simile a quanto successo ad Hillary, con tutto il cuore. 
Grato che il caso di June fosse esponenzialmente meno grave, si lasciò andare ad un sospiro di sollievo.
- Andiamo, Xavier? -
La voce candida di Judith Flourish lo guidò in direzione dell'ascensore. I due erano rimasti soli.
Si scambiarono un'occhiata complice.
- ...anche tu credi che sia io il traditore? -
Lei mostrò una smorfia.
- No, ne dubito fortemente -
- Come fai a dirlo? -
Si sistemò il fermaglio bianco tra i capelli, sorridendo.
- Te lo ho già domandato in passato, ricordi? - gli disse lei, rievocando una precedente conversazione - Ti chiesi di guardarmi negli occhi e di dirmi che non eri il traditore. Tu mi hai già dato la tua risposta, e io mi fido di te -
- Ti fidi davvero? Senza alcun dubbio o sospetto? -
- Xavier - i suoi occhi si fecero serissimi e profondi - Oggi... ero sul punto di arrendermi. Ero certa, certissima che sarei morta in quella sala. Se sono qui lo devo a voi tutti che mi avete aiutata a trovare la verità. A June, Pearl, Michael. A Pierce... e a te. Mi hai difesa quando ero colpevole; so di potermi fidare. Tu non tradiresti mai nessuno, Xavier, e ti aiuterò a dimostrarlo anche agli altri. Ti proteggerò io, stavolta -
Passarono alcuni istanti.
Xavier Jefferson socchiuse l'occhio, sorridendo lievemente.
Non vi erano parole sufficienti per esprimere la propria gratitudine, così opto per un gesto più consono.
Le strinse la mano con la propria in una stretta affettuosa; una stretta calda e tenue.
Rimasero immobili per alcuni istanti. Non vi era nient'altro da aggiungere.
- Andiamo, Xavier - sorrise lei.
- Sì, andiamo -
Si incamminarono assieme verso l'ascensore. 
Il processo era concluso, e la scuola sempre più vuota.
Eppure, c'era qualcosa che ancora combatteva per rimanere in vita. 
Dando un ultimo saluto a Pierce Lesdar, Xavier Jefferson abbandonò per la quinta volta l'aula di tribunale.





Il gruppo si scisse non appena l'ascensore si fermò davanti ai dormitori.
Pearl scortò June, ancora debole e priva di energie, fino in camera sua prima di congedarsi dagli altri.
Nonostante l'arciera desse segni più evidenti di stanchezza, anche gli altri non erano da meno. Il peso dell'intero giorno si riversò su di loro come un fiume in piena, travolgendoli con un'improvvisa necessità di stendersi sul letto e dormire.
Nessuno disse una parola, come accadeva alla fine di ogni processo. Ognuno passò ad aprire la porta della propria stanza chiudendosi dentro a chiave.
Ben presto, tutti abbandonarono il piazzale al silenzio e al vuoto.
Tutti tranne Xavier Jefferson.
Non appena anche Judith, salutandolo con un breve cenno della mano, si fu rintanata nella sua stanza, Xavier rimase per qualche istante a fissare la piazzola.
La desolazione era evidente e schiacciante in confronto al primo giorno.
Xavier ricordò il momento in cui tutti e sedici si ritrovarono ammassati al centro di quell'area, confusi e spaesati; il momento in cui era iniziato tutto.
In un primo momento, tutti quei volti e quelle voci ammassati tra loro costituivano principalmente un fastidio e una preoccupazione di cui avrebbe fatto volentieri a meno.
Quel giorno, però, ne sentiva la mancanza.
Rendendosi conto che nonostante la stanchezza non sarebbe comunque riuscito a dormire, Xavier decise di fare due passi.
Vi erano troppe cose a tormentare i pensieri di Xavier; sperando che quella passeggiata lo avrebbe aiutato a schiarire le idee, si avventurò lungo la scuola.
Passò oltre il ristorante e si avviò verso i corridoi; non era saggio tornare in quel luogo dopo i recenti avvenimenti.
Le mura della mensa erano impregnate del ricordo di Pierce, ancora troppo vivido per non fare male.
Abbassò la testa, camminando mentre guardava il pavimento con aria sconsolata.
"...Pierce... mi dispiace..."
Vagò senza meta per lungo tempo. Non seppe neppure quanto passò dal momento in cui si era allontanato dai dormitori.
Dato che gli altri quattro si erano già coricati, sapeva che i piani della scuola erano vuoti, sgombri, non c'era nessuno. 
Nessuno che potesse tendere un agguato, mosso dalla follia o dalla paura.
Nessuno che avrebbe tentato di ucciderlo.
Per la prima volta in diverso tempo, Xavier riuscì a staccare il cervello dalla cautela e dalla paranoia, cessando di vedere ombre sospette ad ogni angolo.
Errando senza meta, guidato solo dal rumore dei suoi passi riecheggianti lungo i corridoi, Xavier si ritrovò casualmente in un'area che si era promesso di esaminare con più cura il giorno successivo: l'aula del primo piano.
Si sorprese di essere giunto fin laggiù, ma ipotizzò che non si trattasse neppure troppo di un caso.
Sapeva di volerci tornare un'ultima volta per porgere un ultimo saluto anche ad un altro, importante compagno.
Mise la mano sulla porta, ma esitò prima di entrare.
Trovato il coraggio, si fece strada attraverso la soglia e si ritrovò davanti la lavagna.
Il suo corpo tentennò: la scritta "C'E' UN TRADITORE IN MEZZO A NOI" era ancora presente sulla lavagna, ma era l'unico dettaglio rimasto intatto; quasi come a ricordargli per l'ennesima volta che non era ancora finita.
Si guardò attorno con sorpresa, attonito.
L'aula era stata rimessa a nuovo, in condizioni quasi perfette.
Rimaneva appena il segno di qualche scalfittura sui muri e un paio di ammaccature su una sedia, ma ogni traccia di sangue e gli altri elementi della scena del crimine  erano scomparsi nel nulla. Fu come se l'omicidio non fosse mai avvenuto.
"...deve essere stata messa a posto mentre eravamo al processo, così come in tutti gli altri casi" constatò "Vuol dire che c'è davvero qualcuno oltre a noi, in questa scuola? O è semplicemente un Monokuma ad occuparsene?"
Lasciò perdere quei pensieri sterili; vi era altro a cui porre la propria attenzione.
Xavier si avvicinò al centro della stanza, dove era stato rinvenuto il cadavere di Karol, inginocchiandosi.
Rifiutandosi di lasciare come suo ultimo ricordo quello del cadavere martoriato in tribunale, il ragazzo espresse un commiato silente.
"Grazie di tutto, Prof..."
Si alzò in piedi dopo appena un minuto, decidendo poi di avvicinarsi alla lavagna.
Rimirò la scritta con una smorfia sofferente; prese il cancellino ed iniziò a rimuovere le lunghe strisce di gesso dalla lavagna.
Tolse ogni lettera, dalla prima all'ultima, lasciando immacolata la superficie di ardesia.
"...eri solo un'altra vittima di questo sporco tranello, Karol..."
Ripose il cassino sul bordo della lavagna e si voltò.
Fece per andarsene, ma il suo occhio individuò un altro elemento di interesse: anche il terzo cassetto della scrivania era stato rimesso al suo posto.
Ricordò di come Pearl avesse raccontato loro di averlo preso per nascondervi all'interno le prove della sua presunta colpevolezza.
Il mappamondo era tornato alla propria posizione originale, un po' ammaccato, così come il cassetto.
Ma quest'ultimo sporgeva leggermente all'infuori, rivelando vagamente che vi era del contenuto.
Xavier adocchiò una copertina colorata in amaranto, e la curiosità ebbe la meglio su di lui.
Tirò il cassetto con la punta delle dita e ne estrasse ciò che vi era dentro.
Lo squadrò un paio di volte, riconoscendolo subito: era il registro di Karol.
Lo stesso che l'Ultimate Teacher aveva usato nel corso del mese precedente, durante le sue lezioni sporadiche.
"...il registro del Prof... come mai si trova qui?" si domandò "Durante le indagini non è di certo saltato fuori..."
Varie ipotesi iniziarono ad affollargli la mente, ma una sola era abbastanza plausibile da poter essere presa in considerazione.
L'unico individuo in grado di far sparire ciò che voleva, quando lo voleva, senza dover incorrere in conseguenze o spiegazioni da fornire.
"...che Monokuma abbia volutamente fatto sparire il registro per l'intera durata delle indagini?" realizzò "Che avesse un motivo valido per farlo?"
Vi era solo un modo per scoprirlo, e Xavier lo utilizzò immediatamente.
Aprì il registro fin dalla prima pagina, facendolo scorrere con la massima cura e osservando ogni dettaglio.
Su ogni pagina era stata scritta la data del giorno che riguardava, anche se in quei giorni specifici non era accaduto niente di rilevante.
Vi erano addirittura dei paragrafi dove Karol segnava coloro che si erano presentati a lezione.
Xavier sorrise, pensando a come a Karol facesse piacere l'idea di poter agire come un docente ordinario.
A margine del fascicolo vi erano poi alcune pagine interamente dedicate all'analisi degli studenti.
Xavier rimase sbalordito: erano annotate informazioni piuttosto dettagliate e mirate al carpire i punti di forza e le debolezze di ognuno.
Gli ricordò moltissimo il lavoro eseguito da Pearl, ma con un fine diametralmente opposto, più didattico.
Passò diverso tempo a leggere le varie righe che Clouds aveva scritto su ciascuno di loro: erano sintetizzate e senza dettagli superflui.
Era chiaro che servissero più come appunti, da promemoria da utilizzare per il suo lavoro da insegnante.
- "Michael si fida solo di ciò che vede. Da prendere di petto, e con pragmatismo"... - recitò lui - Decisamente un'opinione azzeccata, Karol -
Passò a curiosare altrove, immergendosi nei pensieri di Karol Clouds.
Provò ad immaginare la sua espressione mentre metteva nero su bianco la proprie considerazioni sugli altri studenti, a confessare di proprio pugno alla carta tutto ciò che gli passava per la testa.
- "Lawrence ha una profonda stima delle proprie capacità ed è un po' egocentrico, ma dipende parecchio dal giudizio altrui. Esercitare cautela con le parole" -
Voltò pagina.
- "Hillary è piuttosto diffidente, ma non ai livelli di Michael. Vivian è riuscita a creare una buona relazione grazie al suo fare materno. E' necessario un approccio delicato e paziente nei suoi confronti. (Sembra avere un debole per i dolci alla fragola. Da tenere a mente)" -
Ne sfogliò un'altra.
- "June si addossa troppe responsabilità, anche in ambito pratico. Tratta Refia ed Hayley come sorelline minori e finisce per dare strigliate ai compagni. Sarebbe  opportuno darle una mano per evitare che si schiacci da sola" -
- "Ultimamente Kevin non guarda più Pearl negli occhi quando si vedono. Avrà paura? O c'è dell'altro?" -
- "Elise e Rickard hanno stretto amicizia. Pare che lui stia tentando di curare la sua distrazione cronica, ma temo stia utilizzando un approccio errato. Da tenere d'occhio" -
Pagina dopo pagina, il quadro generale apparve più chiaro e distinto.
Una gran nostalgia avvolse Xavier rivedendo scritti tutti quei nomi, marchiati indelebilmente su carta pur riguardando avvenimenti passati persi nel tempo.
Era un qualcosa che Xavier Jefferson decise che non doveva andare perduto.
Si apprestò a concludere di leggere, quando accadde un altro evento inatteso.
Voltata l'ultima pagina, non vi erano più annotazioni o commenti a caldo. Niente più scritte e appunti, o considerazioni sugli alunni.
Vi erano diverse righe di testo scritte a mano in un corsivo elegante, ma completamente diverse da ciò che aveva letto fino a quel punto.
Aveva un'intestazione, una data e persino una firma.
Era una lettera.
- ..."A Judith" - Xavier lesse il titolo, deglutendo.
La lettere risaliva al giorno precedente.
Si ritrovò ad avere tra le mani quelle che potevano essere le ultime parole dell'Ultimate Teacher prima di venire attaccato da Pierce.
Pur non essendo indirizzata a lui, non riuscì a fare a meno di immergersi in quella lettura.
- "Se stai leggendo queste righe, potrebbe essermi accaduto qualcosa di brutto; forse irrimediabile.
   Lascio qui questo messaggio confidando nel fato, sperando che possa arrivare a te e solo a te.
   Perdonami se nell'ultima settimana sono stato chiuso in me stesso; avevo bisogno di tempo per pensare
   dopo ciò che era accaduto a Kevin ed Hillary.
   Ma ho preso una decisione: ho deciso di affrontare di petto il problema, ora che ho i mezzi per farlo.
   Il traditore è ancora tra noi, ma potrei averlo individuato.
   Se dovessi morire prima di riuscire a salvarvi, vorrei che tu portassi a compimento questa mia volontà.
   Posso chiederlo solo a te, poiché è solo di te che mi fido pienamente.
   Dietro la lavagna è nascosto uno scompartimento segreto. Lo ho trovato per caso; è probabilmente opera di Monokuma.
   Vorrei che utilizzassi le informazioni al suo interno col tuo giudizio e a tua discrezione.
   Se mai le cose dovessero volgere per il peggio, prendi June e scappa. 
   Fuggite, rifugiatevi dove il traditore non possa prendervi.
   Siete tutti miei preziosi studenti, ma ho paura di non poter dare la mia fiducia a chiunque con leggerezza, in questo momento.
   Non so ancora chi è il traditore con esattezza, e non posso correre rischi.
   Sappi che la vostra salvaguardia è e sarà sempre la mia priorità.
   Sii forte.

   Con affetto, Karol Clouds
" -


Xavier Jefferson si alzò in piedi, poggiando il registro sulla cattedra.
Avvertì un tremore alle mani; aveva appena fatto una scoperta importante.
Qualcosa che avrebbe potuto cambiare definitivamente l'esito della sfida.
"...qualcosa per cui Karol... è stato preso di mira da Monokuma" deglutì "Quel qualcosa... è alle mie... spalle...?"
Si voltò lentamente, lanciando un'occhiata sospetta alla lavagna.
Ancora titubante, appoggiò i palmi sulla parte inferiore e la sollevò. Togliendola dai ganci che la sorreggevano, la appoggiò a terra scostandola poi col piede.
Non credette alla propria vista, ma il contenuto della lettera si verificò essere veritiero.
Un vano segreto, nascosto dietro la lavagna, gli si era mostrato.
Una scritta bianca e tondeggiante sotto il disegno di un Monokuma sornione fu la prima cosa che vide.
"HAI TROVATO L'INDIZIO SEGRETO! CONGRATULAZIONI!
- Indizio... segreto... -
Tremò.
Allungò la mano verso gli sportelli metallici, assicurandosi prima che non vi fosse nessuno a vederlo.
Ogni cosa, ogni pericolo, ogni problema poteva potenzialmente risolversi lì.
Uno strumento di proporzioni epiche che avrebbe potuto rispondere alla domanda più grande.
Un'arma che, forse, avrebbe aperto finalmente una via di fuga dall'inferno.
Xavier prese il coraggio a due mani, pregando con tutto il cuore qualunque divinità esistente, ed aprì le ante d'acciaio.
 

   
 
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