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Autore: heliodor    28/06/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Nuovi compagni
 
"Secondo me è una grossa sciocchezza" disse Belia sedendo sul pavimento.
La capanna era spoglia, fatta eccezione per un tavolo e delle sedie malmesse.
Lem rimase di guardia alla finestra mentre Joyce, Marq e Belia si piazzarono sulla parete opposta.
"Qui siamo al sicuro, per il momento" disse Marq. Prese qualcosa dal sacco che aveva a tracolla e la porse a Joyce.
Lei esaminò il fagotto con sospetto. All'interno c'era del pane lievitato.
"Mangialo" disse Marq. "È buono."
"Certo che lo è" fece Belia. "L'ho fatto con le mie mani."
Marq prese una borraccia e la porse a Joyce. "Qui c'è anche dell'acqua se hai sete."
Joyce bevve con esitazione, poi con più decisione. Aveva la gola riarsa anche se dopo il deserto di Mar Qwara la sete non le faceva più così paura. Sapeva di poterla sopportare a lungo prima di crollare.
Marq attese che finisse prima di dire: "Ti spiego il piano. Il nostro amico è prigioniero nel tempio dell'Unico al centro del villaggio. Con lui ci sono un'altra ventina di persone, ciò che resta degli abitanti che non sono riusciti a fuggire."
"Voi siete di qui?" chiese Joyce masticando il pane lievitato.
Marq scosse la testa. "No, ma lavoriamo per l'Arconte."
"E chi sarebbe?"
"La persona che governa la città. In realtà ce ne sarebbero sette, ma gli altri sei sono stati uccisi quando hanno cercato di prendere la città. Da allora solo lei è al comando."
Belia fece una smorfia. "Ancora non ho capito come ha fatto a sopravvivere. O è molto fortunata o ha venduto gli altri arconti al nemico."
"Sia quel che sia" disse Marq. "Noi ora lavoriamo per lei e perlustriamo la regione attorno alla città alla ricerca di spie e soldati sbandati. Tu non mi sembri né l'una né l'altra cosa, quindi mi chiedo che cosa facessi lì fuori. Sai usare gli incantesimi ma sembri troppo giovane per appartenere a un circolo e indossi abiti costosi, anche se ora sono ridotti male. Scommetto che sei la figlia di qualche nobile di provincia, giusto?"
Joyce annuì.
"Se mi dici come si chiama tuo padre possiamo riportarti da lui" si offrì Marq.
Magari potessi riportarmi da mio padre, pensò Joyce Dovresti solo attraversare mezzo continente.
"Magari ci darà una ricompensa" disse Belia.
Doveva trovare una scusa credibile e alla svelta. "In verità" disse. "Vengo da Valonde e questi abiti li ho presi da una villa abbandonata che ho trovato sulla strada."
"Addio ricompensa" fece Belia delusa.
"Valonde?" fece Lem stupito. "Ma è lontanissima da qui. Come ci sei arrivata?"
"Come credi che ci sia arrivata, Lem?" fece Belia con tono esasperato. "Con un portale? Avrà preso una nave, no?"
Joyce annuì. "Giusto. Proprio così."
"E dove sei sbarcata?" chiese Marq.
La situazione cominciava a farsi critica. Quali erano le città sulla costa del continente? In quel momento non ne ricordava nemmeno una. Robern però aveva parlato di un posto dove la flotta di suo padre era sbarcata settimane prima. "Odasunde" disse quando il ricordo di quel nome riaffiorò alla superficie.
Belia annuì. "Lo conosco, ci sono molte navi che vanno e vengono da Valonde e altri posti famosi del grande continente."
"Bene" disse Marq alzandosi. "Ora che ci siamo conosciuti, dobbiamo decidere che cosa fare con te, Sibyl. È chiaro che sei capitata qui per caso, ma io non credo alla fortuna. Secondo me è il destino che ti ha mandata."
"Eccolo che ricomincia" fece Belia sbuffando. "Ora attaccherà con la storia della profezia."
"Non è una profezia" disse Marq. "E non c'entra niente con Sibyl, se è questo che vuoi sapere."
"Ora vorrei farvi io qualche domanda" disse Joyce dopo essersi fatta coraggio.
Belia la guardò stupita. "Ma sentitela. È qui da dieci minuti e già si da delle arie. Chi credi di essere, ragazzina? Guarda che noi siamo mercenari con anni di esperienza alle spalle."
Joyce la ignorò e si rivolse a Marq, che sembrava quello più gentile e disposto a collaborare. "Tu sei uno stregone, ma non indossi alcun mantello. Di che circolo eri?"
Marq la fissò dritta negli occhi. "Perché parli al passato?"
"Sei per caso uno di quegli stregoni senza circolo? Un rinnegato?"
Belia scattò in avanti. "Piccola impertinente. Ci offendi dopo che ti abbiamo anche aiutato?"
Marq le fece cenno di fermarsi. "Sibyl ha ragione. È vero, sono uno stregone senza circolo. Un rinnegato, come mi chiamano spesso. Questo ti spaventa?"
"I rinnegati vanno a Krikor, di solito" disse Joyce.
"È vero" fece Marq sorridendo. "Ma io sono scappato prima che mi prendessero."
"Perché sei scappato?"
"Ho cercato di uccidere il mio maestro."
Joyce sgranò gli occhi. Stava per chiedergli il motivo, ma dall'esterno arrivò un rumore che li mise in allerta.
Lem e Belia impugnarono le armi. Lui una spada e lei una lancia. Marq estrasse un corto pugnale mentre nell'altra preparò un dardo.
Joyce si accucciò in un angolo, pronta a evocare lo scudo se necessario.
Lem si sporse per guardare fuori. "Un carro" disse.
"Sono i rifornimenti per i soldati" disse Marq. "Passano da questa strada ogni giorno alla stessa ora."
"Idioti" disse Belia.
"L'Unico benedica gli idioti" disse Lem sorridendo.
"Lo dici perché speri nella sua benevolenza?" fece Belia ghignando.
Lem la guardò perplesso. "Come scusa?"
"Lascia stare" fece la donna. Guardò Marq. "Che facciamo? Procediamo lo stesso col piano?"
Marq annuì. "Non c'è motivo di rimandare. Sibyl, vuoi aiutarci o andartene via?"
Joyce aveva già deciso che cosa fare. "Mi avete aiutata quando ne avevo bisogno. Sono in debito con voi."
"Ora sì che mi piaci come parli" disse Belia.
"Bene" disse Marq alzandosi. "Devi fare esattamente quello che ti dico, intesi? Ci coprirai le spalle quando fuggiremo, ma se non ci vedi arrivare vattene via. Hai capito?"
"Credo di sì. Come farò a coprirvi le spalle?"
 
***
 
Joyce si accucciò dietro il muro in rovina. Il sole stava calando e le ombre si allungavano sulla strada polverosa. In quella zona del villaggio non c'era una sola casa in piedi. Tutto era stato divorato dal fuoco e restavano solo gli scheletri anneriti degli edifici.
Marq e gli altri erano spariti un'ora prima e da quel momento era sceso il silenzio. La strada e il villaggio sembravano tranquilli, fatta eccezione per qualche uccello che ogni tanto passava sulla sua testa lanciando un richiamo.
Alla terza volta Joyce lo ignorò e si concentrò su quello che doveva fare, che in verità non era molto.
"Tieni gli occhi aperti e non addormentarti" le aveva detto Marq. "Fidati, sarà una passeggiata."
Joyce voleva fidarsi di lui. Marq sembrava una brava persona e le ricordava sia Vyncent che Oren. Però aveva quasi ucciso il suo maestro ed era stato cacciato come rinnegato dal suo circolo.
I rinnegati non erano brave persone.
Anche a Valonde esistevano streghe e stregoni che si erano macchiati di gravi delitti. Una volta suo padre e altri stregoni del circolo si erano riuniti per due giorni per decidere sulla sorte di una giovane strega che aveva attaccato una famiglia di contadini colpevoli di non averla chiamata "vostra grazia".
La strega era stata mandata a Krikor e di lei si era perso anche il ricordo.
Krikor era un posto orribile e andarci era peggio che morire, perciò la punizione era stata molto dura.
Suo padre e gli altri stregoni anziani non ammettevano un simile comportamento.
Si chiese che cosa avrebbero fatto a lei se avessero scoperto che usava la magia. L'avrebbero mandata a Krikor o uccisa sul posto?
Forse anche lei doveva fuggire e sperare che la dimenticassero per sempre come aveva fatto Marq.
Era questo il suo destino? Vagare per sempre senza meta e senza una casa?
L'eco delle grida provenienti dalla strada spezzarono il filo dei suoi pensieri. Joyce si sporse appena per guardare e vide dei soldati in armatura avanzare in ordine sparso. Ne contò sei, due dei quali marciavano in testa al gruppo.
Era quello che Marq intendeva per coprire la loro fuga? Doveva attirare lontano quei soldati? O forse doveva aspettare che passassero e poi colpirli alle spalle.
In ogni caso non aveva idea di come fare ad avere ragione di sei uomini armati e corazzati. Non era certa che i dardi magici potessero penetrare l'acciaio con la stessa facilità con la quale attraversavano la carne.
Marq l'aveva messa in un guaio e ora lei non sapeva come uscirne. Poteva fuggire subito e dimenticarsi di tutti loro, ma aveva promesso di aiutarli.
E adesso?, pensò.
Si sporse di nuovo per controllare la strada. I soldati si erano avvicinati e ora poteva vederli bene in viso.
C'era qualcosa di strano nel loro modo di fare. Il soldato che marciava in testa guardava nella sue direzione e sembrò farle un cenno.
Joyce si ritrasse di nuovo, il cuore in tumulto. Era certa che il soldato l'avesse vista. Tra poco le sarebbero stati tutti addosso e lei avrebbe dovuto difendersi e combattere.
Non era la prima volta che le succedeva, ma ogni volta il cuore le martellava nel petto mentre aspettava che la battaglia iniziasse.
Com'era diversa da quella volta al ballo per la consacrazione di Bryce, quando aveva atteso la morte senza nemmeno provare a difendersi.
Ora si preparava ad affrontare un manipolo di soldati e da sola per giunta.
Non era più la Joyce che aveva lasciato Valonde.
Evocò due dardi magici e inspirò a fondo. Con un gesto fluido si lanciò fuori dal suo nascondiglio, pronta a lanciarsi contro il nemico.
E quasi andò a sbattere contro Lem e Marq che nel frattempo si erano avvicinati al suo nascondiglio.
Entrambi indossavano l'armatura, anche se a Lem sembrava andare stretta.
Marq invece era a suo agio e sfoggiava il suo miglior sorriso. "Che vuoi fare con quelli?" chiese indicando i dardi magici. "Non vorrai mica colpirci, spero." Il tono non era di rimprovero ma più che altro divertito.
Joyce avvampò e annullò i dardi. "Io credevo... vi avevo scambiati per..."
Belia le passò accanto. Anche lei indossava l'armatura. "Queste le abbiamo prese in prestito dalle guardie" spiegò sbuffando.
"Dobbiamo per forza portarcele dietro?" chiese Lem con espressione sofferente.
"Sì" disse Belia. "È la terza volta che te lo spiego. Le armature scarseggiano in città e ce le pagheranno a peso d'oro."
"Se speri che Bermy paghi più di venti o trenta monete per questa ferraglia se un'illusa." A parlare era stato un uomo sui quarant'anni. Era alto e slanciato e il viso allungato e la bocca piegata all'ingiù gli conferivano un'espressione corrucciata e sofferente. "Questa è la ragazza di cui parlava Lem?" chiese indicando Joyce.
"Si chiama Sibyl" disse Marq. "Visto che potevamo fidarci di lei, Belia?"
La donna sbuffò. "Non vantarti troppo, potrebbe essere un trucco per conquistare la nostra fiducia."
"Ha conquistato la mia" disse Marq. "Grazie per essere rimasta, Sibyl."
Joyce si limitò ad annuire. "Credevo che sareste passati di qua per fuggire."
"In effetti il piano era quello" disse Marq. "Ma all'ultimo momento ho deciso di fare una leggera modifica."
"Scusate" disse uno degli altri due sconosciuti che avevano seguito Marq e i suoi. "Mentre perdiamo tempo a parlare i soldati di Gyliam ci stanno dando la caccia."
"Tranquillo Rufyn" disse Marq. "È tutto sotto controllo."
"Non lo sopporto quando fa così" disse Belia.
"Andiamo via di qui" disse Marq. "A quest'ora il sentiero sarà sgombro.
Il sentiero era un crepaccio che tagliava in due una collina. Dall'altra parte si intravedeva, lontana alcune miglia, una città.
Da quella distanza Joyce poteva vedere le torri di un castello e le guglie di un tempio svettare sopra le mura.
Dovevano essere alte alcune decine di metri, forse venti. Quelle di Valonde superavano i trenta, ma essendo sorta su delle colline era possibile scorgere un maggior numero di edifici.
Theroda invece sembrava essere del tutto nascosta dalle sue mura.
"È un dannato cratere" disse Belia sbuffando e sudando. L'armatura doveva pesarle addosso ma non si lamentava. Almeno non di quello. "Caldo d'estate e gelido d'inverno. Dentro non ci cresce niente e gli abitanti non sono nemmeno tanto ospitali."
"Un cratere?" chiese Joyce.
Marq annuì. "C'è una storia interessante dietro. Vuoi sentirla?"
Joyce annuì. "Mi piacciono le storie."
Marq rise. "Non so se questa ti piacerà. Riguarda un mago supremo e la sua ossessione per la sicurezza."
Adesso era davvero interessata.
"Si racconta che migliaia di anni fa Theroda fosse il rifugio di un potente mago supremo" disse Marq. "Il suo nome era Galeborn e si dice che potesse vedere il futuro."
"Era un indovino?" chiese Joyce.
"Chiaroveggente" disse l'uomo che li accompagnava da quando si erano messi in marcia.
Joyce aveva scoperto che si chiamava Tymund, m tutti lo chiamavano Tym.
"Una volta studiavo in una grande accademia" aveva detto l'uomo. "Ma poi mi hanno cacciato via."
"Perché?" aveva chiesto Joyce.
"Ero troppo intelligente per quegli stupidi accademici" aveva detto Tym.
Gli altri due uomini si chiamavano Ginsi e Mado. Entrambi erano abili fabbri ingaggiati dall'arconte per qualche motivo che nemmeno loro conoscevano. Erano stati catturati due giorni prima e portati nella stessa prigione di Tymund. Lì avevano fatto amicizia e quando erano stati liberati avevano deciso di seguirlo.
Marq annuì. "Come dice Tym, il mago era un chiaroveggente, se vogliamo credere a questa leggenda."
"La chiaroveggenza non esiste" disse Belia.
Tym ghignò. "Ci sono cose che nemmeno immagini siano vere."
Belia fece una smorfia. "Ora sei diventato uno di quelli che credono nei poteri esotici e nei mostri? Ti metterai ad adorare gli elfi e comprare polvere di ossa di troll per accrescere la tua forza?"
Tym sospirò. "Dico solo che sei troppo ignorante per lanciarti in questo genere di discussioni. Io ho letto libri in biblioteche che nemmeno dovrebbero esistere e posso assicurarti che..."
"Non mi importa niente di quello che puoi assicurarmi" disse Belia interrompendolo. "Ma attento ai termini che usi in mia presenza se non vuoi ritrovarti con un orecchio in meno."
Marq sorrise. "Tranquilla" disse con sguardo sornione. "Quei due fanno sempre così, ma in fondo si vogliono un gran bene. Tymund è stato davvero in un'accademia ed è una persona molto istruita. È il nostro guaritore, quando serve. Ed è molto abile. Lem è forte ma è anche curioso, anche se spesso ci mette parecchio a capire le cose. Belia è la nostra tuttofare. Sa cucinare e scassinare qualsiasi serratura e sa dirti se quello che stai per bere è stato avvelenato usando l'olfatto."
"E tu?"
"Io sono solo un rinnegato" disse il ragazzo.
"Dimmi di Galeborn. Dicevi che aveva un'ossessione per la sicurezza."
Marq annuì. "Come tutti i maghi delle leggende, Galeborn temeva di essere ucciso da uno dei suoi sottoposti. Lui poteva vedere nel futuro di una persona solo se la guardava negli occhi, ma non poteva conoscere il suo stesso futuro. Aveva anche provato a fissarsi per ore in uno specchio nella speranza di cogliere un barlume del suo destino, ma aveva sempre fallito. Per questo aveva fatto bandire tutti gli specchi dalla sua fortezza. Ogni giorno guardava negli occhi i membri della sua corte, i generali, persino i numerosi figli e le concubine. Così facendo pensava di scongiurare la morte. Un giorno però arrivò a corte un uomo, un guerriero che voleva mettersi al suo servizio. Galeborn decise di esaminarlo di persona e lo guardò fiso negli occhi, ma per la prima volta non vide niente, solo il buio. Il mago era impaurito dallo straniero ma anche affascinato. Per la prima volta aveva di fronte una persona della quale non conosceva il futuro e che sembrava resistere al suo potere. Era tentato di ucciderlo ma voleva a ogni costo scoprire come facesse quello straniero a resistergli. Così lo tenne con se e negli anni successivi, ogni giorno, lo guardò negli occhi sperando di superare quella invisibile barriera che gli impediva di guardare nel suo futuro. Mentre gli anni passavano, quello che Galeborn ignorava era che anche lo straniero lo stava studiando. In maniera discreta stava cercando il modo di ucciderlo. Egli infatti era il figlio del vecchio mago supremo che Galeborn aveva scalzato dopo averlo colpito a tradimento. Per anni lo straniero studiò il mago supremo e Galeborn studiò lui. Infine lo straniero comprese come avere ragione di quel potere e si preparò ad agire. Galeborn esaminò i suoi occhi un'ultima volta e vide solo buio e tenebre. Affranto per i suoi fallimenti, voltò le spalle allo straniero. Questi ne approfittò per cavarsi gli occhi con un pugnale e poi con la stessa arma colpì alla schiena il mago. Galeborn morì pochi giorni dopo tra atroci sofferenze."
"Io non l'ho mai capita questa storia" disse Lem.
Belia alzò gli occhi al cielo.
"E poi che cosa accadde?" chiese Joyce.
"Lo straniero venne catturato e ucciso e un altro mago supremo prese il posto di Galeborn" disse Marq.
"Tutto qui?" Joyce era delusa. Si era aspettata un finale diverso. In realtà, si aspettava che Galeborn venisse ucciso da un cavaliere senza macchia o da un giovane stregone, non certo da uno sconosciuto che lo pugnalava a tradimento.
"Zitti ora" disse Tymund. "Siamo arrivati al passaggio."
Una sorta di frenesia sembrò impossessarsi degli altri.
Joyce non vedeva altro che lo stesso sentiero che stavano percorrendo da un'ora. Theroda era un po' più vicina, ma non di molto. C'erano ancora un paio di miglia da percorrere.
"Sicuro che sia questo il posto?" chiese Belia. "A me non sembra che siamo passati di qui."
"È qui" disse Tymund sicuro. "Ora fai silenzio e lasciami pensare." L'uomo cominciò a guardarsi attorno come se stesse cercando qualcosa. "Eccolo lì" disse indicando qualcosa alla sua destra.
Joyce guardò nella stessa direzione e vide solo dei massi ammonticchiati uno sopra l'altro.
Marq fece un cenno a Lem e i due si avvicinarono al mucchio di massi. Con calma e movimenti studiati li rimossero mettendoli in una pila a pochi passi di distanza.
Joyce si sporse per vedere meglio e vide apparire un pozzo scavato nel terreno. Le pietre l'avevano coperto nascondendolo alla vista.
"Avevi ragione, era proprio qui" disse Belia.
Tymud mugugnò qualcosa e si calò nel pozzo.
"Dopo di voi" disse Belia mimando un inchino plateale.

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