Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    01/07/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La città dei giganti
 
Il pozzo scendeva per qualche metro per poi terminare in una grotta più ampia che doveva essere stata scavata nella roccia.
Marq evocò un globo magico e Joyce lo imitò. Procedettero alla luce innaturale della magia, percorrendo una galleria lunga qualche centinaio di metri.
Le pareti erano ben levigate e sembravano solide. Ormai Joyce si stava abituando a quelle passeggiate sotto terra. Aveva perso il conto delle volte che era scesa in una grotta o in un sotterraneo.
Il tunnel terminava con una parete di mattoni alla quale mancava una sezione. Qualcuno o qualcosa aveva aperto uno squarcio abbastanza grande da lasciar passare una persona adulta.
Joyce si infilò nel passaggio senza difficoltà mentre Lem si lamentò perché era troppo stretto. Dietro di lui Belia lo incitò a fare presto e togliersi di mezzo.
L'ambiente successivo era più familiare e somigliava al sotterraneo di Valonde. C'erano le stesse celle dove qualcuno aveva stipato casse di legno dal contenuto misterioso e archi a volta che separavano le varie sale, quasi tutte spoglie e vuote.
"Dove siamo?" chiese Joyce guardandosi attorno.
"Proprio sotto il tempio dei Giganti" disse Marq.
"Giganti?" fece Joyce.
Il ragazzo annuì. "Creature della leggenda. Sul continente vecchio sono piuttosto diffusi."
"Anche da noi" disse Joyce.
"Si dice che Theroda venne costruita in un giorno e una notte da due giganti fratelli" disse Marq. "Took e Landi. I due regnarono insieme per cinquant'anni, ma poi lottarono per chi dovesse essere l'unico sovrano. Alla fine Took colpì il fratello a morte, ma poi si uccise per il dispiacere e la vergogna. Quella fu l'ultima volta che si videro dei giganti su questo continente."
Tymund fece schioccare le labbra.
Marq sorrise. "Tym non è d'accordo con me. Lui pensa che queste vecchie leggende siano solo sciocchezze."
"Penso solo" disse Tymund col tono di chi stava tenendo una lezione a una classe di idioti. "Che lo sciocco sia chi da credito a queste storie. I giganti non sono mai esistiti."
"Come puoi essere sicuro?" chiese Joyce.
Lui le rivolse un'occhiataccia. "Hai mai visto le ossa di un gigante? Hai mai trovato le loro armi, le tombe o le case dove abitavano? Non ti sforzare, la risposta è no. Non esiste una sola prova della loro esistenza, quindi non sono mai esistiti."
Joyce si accigliò. "Non ci sono prove di tante cose, ma non è detto che non esistano. Forse non le abbiamo ancora trovate."
"Quando accadrà cambierò idea" disse Tymund con tono annoiato.
Joyce guardò Marq il quale scosse la testa. "Come molti accademici" disse il ragazzo a bassa voce. "Tym crede solo a ciò che può dimostrare o toccare."
"Ma" fece per dire Joyce, ma poi si arrestò.
Avevano raggiunto una porta di ferro.
Lem si avvicinò a una pesante catena che spariva in un foro nel soffitto e prese a tirarla verso il basso.
Con un clangore di metallo arrugginito la porta iniziò a scivolare nella parete, rivelando un corridoio oltre di essa. In fondo al corridoio si intravedeva una luce.
"Benvenuta a Theroda" disse Marq infilandosi nell'apertura.
Il tempio dei giganti era di forma circolare. Due enormi colonne alte cinquanta metri sostenevano da sole una cupola.
Sotto di essa Joyce si sentiva insignificante, come spesso le capitava di fronte a edifici molto imponenti.
"Le due colonne rappresentano i giganti della leggenda" disse Marq passandole accanto.
"Come sai tutte queste cose?" chiese Joyce mentre raggiungevano la strada che correva vicino al tempio.
A quell'ora era deserta come la maggior parte dei dintorni. C'era poca gente in giro e sembravano andare tutti di fretta. Nessuno li degnò di un'occhiata.
"Le ho lette sui libri" disse il ragazzo.
"Ti piace leggere?" chiese Joyce stupita.
"Passa quasi tutto il suo tempo nella biblioteca" disse Belia con aria di sufficienza.
Marq si strinse nelle spalle. "Non ci sono molti altri posti in cui andare. Sei delusa?"
"Assolutamente no" disse Joyce, forse con troppo entusiasmo. "Io adoro le biblioteche."
"Davvero?" fece Marq interessato. "E cosa ti piace leggere? Filosofia? Storia? Matematica?"
Joyce arrossì. "In verità io..."
"Cosa vuoi che ne sappia quella ragazzina?" chiese Tymund con tono sgarbato. "Probabilmente le interesseranno i romanzi di draghi e principi e maghi cattivi"aggiunse con una smorfia di disprezzo.
Belia ghignò.
"Io non..." fece per dire Joyce.
"Visto? Ho ragione io" disse Tymund.
Joyce stava per rispondergli a tono, quando dall'altro lato della strada apparvero degli uomini armati. Indossavano corpetti di cuoio e portavano legata alla cintura la spada. Tutti tranne uno indossavano mantelli neri e gialli. Quello in testa, un omaccione barbuto che li guardava accigliato, invece indossava un mantello nero.
"Brine Gundo" disse Tymund tornando serio. "O dovrei chiamarti comandante Gundo?"
"Sua eccellenza comandante Gundo andrà benissimo" disse l'uomo barbuto avanzando spavaldo. "Vedo che ne sei uscito tutto intero. Avevo scommesso con sua eminenza Bermal che non saresti tornato vivo dalla tua folle missione e invece ho perso."
Non sembra affatto triste per aver perso la scommessa, si disse Joyce.
"E vedo che ti sei fatto anche dei muovi amici, oltre a quelli vecchi che già conosco." Lo sguardo di Gundo si posò su Joyce.
All'istante si sentì a disagio.
"Adesso arruolate anche i vagabondi e le ragazzine?" chiese il comandante divertito.
Tymund sbuffò. "Loro due sono Ginsi e Mado, i due fabbri richiesti dall'Arconte, quindi ti consiglio di moderare i tuoi termini. Quella dai capelli rossi invece." Fece una pausa. "È solo una ragazzina, come hai ben detto."
Joyce aprì la bocca per dire qualcosa, ma Marq le fece cenno di tacere.
Gundo esplose in una sonora risata. "Ma certo, i due fabbri che Bermal ha fatto venire da Gadero. L'arconte li attendeva con impazienza. Dovevano essere qui giorni fa."
Joyce si fece attenta. Gadero era il posto citato dalla lettera segreta del circolo supremo.
"C'è la guerra se non te ne sei accorto" disse Ginsi.
Gundo si fece serio. "Me ne sono accorto eccome, piccolo uomo. Io la sto combattendo da mesi, mentre tu te ne stavi nel tuo bel paesino. Tymund, se non ti spiace questi due li prendo in consegna io. L'arconte li sta aspettando e lo sai che non è molto paziente."
"Vengo con te così riscuoto la ricompensa" disse Tymund. "Marq, riporta gli altri alla locanda. Ci rivedremo lì quando avrò sbrigato questa faccenda."
Marq annuì.
"E liberati della ragazzina" disse Tymund.
"Credo che ormai faccia parte della banda" disse Marq divertito. "E ci ha anche aiutati a liberarti, quindi penso che abbia diritto a una parte della ricompensa."
"Non pensarci nemmeno" disse Belia. "Io non divido la mia parte con lei."
"Sarà Marq a dividere la sua con la ragazzina allora" disse Tymund. "Visto che ci tieni tanto..." aggiunse dopo essersi voltato.
Marq rispose con un'alzata di spalle. "Andiamo" disse agli altri.
"Non c'è bisogno di dividere" disse Joyce. "Io non voglio niente. Voi avete aiutato me e io ho aiutato voi. Siamo pari."
"Il nostro aiuto è stato minimo" disse Marq. "Tu hai fatto molto di più. Ti sei fidata di perfetti sconosciuti. In effetti sei un po' avventata" aggiunse, ma senza alcun tono di rimprovero.
Joyce sorrise imbarazzata. "Lo dice anche mio padre."
"Allora hai qualcuno che ti aspetta a casa?"
"Non esattamente" si affrettò ad aggiungere. Non si fidava abbastanza da confidarsi con lui, ma non voleva mentirgli più del necessario. Doveva restare sul vago in modo da evitare domande scomode. "Il fatto è che non ho più nessun parente nelle vicinanze e non so dove andare."
Marq assunse un'espressione seria. "Mi spiace molto. Dico sul serio. Se vuoi restare con noi sei la benvenuta."
"Non è che prima dovresti sentire anche noi, Marq?" chiese Belia con tono infastidito. "Fino a prova contraria facciamo parte anche noi della banda e nessuno ti ha eletto capo."
"Io voto per far restare la ragazza" disse Lem gioviale.
Belia lo fissò torva. "Non voteremo affatto. O saremo tutti d'accordo o..."
"Sibyl non ha ancora detto se vuole restare o no" si affrettò a dire Marq. "Ne riparleremo quando sarà il momento, sei d'accordo?"
Belia sbuffò e guardò altrove. "Dovrà darsi da fare se vuole rimanere."
"Davvero non è necessario" disse Joyce. "Non so nemmeno se resterò qui o se andrò via."
"Se non hai nessuno, allora resta con noi. Almeno sarai al sicuro" disse Marq.
Non è una cattiva idea, si disse Joyce. Poteva restare lì con loro a Theroda, al sicuro e aspettare che la guerra finisse e che Malag venisse sconfitto. In seguito sarebbe potuta tornare da suo padre e a Valonde. Poteva raccontare tutto a Marq e fidarsi di lui? L'avrebbe protetta sapendo di chi era figlia, o l'avrebbe veduta ai leccapiedi di Malag per una sacca piena di monete?
Non posso fidarmi, si disse. Non ora. Ma posso aspettare e vedere. Sono stata accettata e nessuno di loro vuole farmi del male. E ho bisogno di fermarmi per riposare e riordinare le idee prima di prendere qualsiasi decisione.
"È qui che alloggiamo" disse Marq indicando la facciata della locanda. Su un grande cartello era impressa a fuoco una scritta: Il Cigno Nero.
"Che strano nome per una locanda" disse Joyce.
"In effetti Daysa ha strani gusti" disse Belia. "Ma tu non glielo far notare. Ha un caratteraccio e potrebbe sputare nella tua zuppa."
Joyce la fissò inorridita.
Per tutta risposta Belia scoppiò a ridere e scosse la testa.
L'interno della locanda era caldo e accogliente, con un focolare piazzato in mezzo al salone e sedie dove potersi scaldare al fuoco, anche se in quel momento era spento. Tavoli rotondi e quadrati erano allineati lungo le pareti. Il fondo della sala era occupato da un bancone di legno con degli sgabelli e, alle sue spalle, la parete era decorata con scene di caccia.
C'erano pochi avventori e quasi tutti intenti a consumare un pasto, a bere o parlare tra di loro. Nessuno sollevò la testa quando entrarono.
Marq andò dritto verso il bancone alla fine della sala, dove una donna enorme e dai capelli neri e unti stava passando uno straccio sul legno consumato.
"Daysa" disse il ragazzo con tono gioviale. "Sei splendida come al solito."
"E tu sei il solito adulatore" rispose la donna con voce baritonale. Sollevò appena gli occhi dal bancone. "Vedo che ci sono anche gli altri. E una nuova recluta."
"Lei è Sibyl" disse Marq indicandola.
"Piacere di fare la sua conoscenza" disse Joyce con tono amichevole.
Daysa la fissò di sbieco. "Che modi educati. Dove l'avete trovata questa qui?"
"È un'amica e si trattiene in città giusto il tempo di sbrigare degli affari urgenti" disse Marq.
"Conoscendo il tipo di affari che trattate voi ragazzi" disse Daysa. "Non la invidio affatto. Cosa sei venuto a chiedere alla zia Daysa?"
"Una stanza per Sibyl" disse Marq.
Daysa fece una smorfia di disappunto. "Mi cogli impreparata. Ho la locanda piena."
"Ma se ci sono quattro gatti" disse Belia.
Joyce si chiese dove fossero questi quattro micini di cui la donna parlava, ma non ebbe il coraggio di dirlo ad alta voce.
"La maggior parte dei nostri ospiti preferisce pranzare altrove" disse Daysa.
"Non riesco a dare loro torto" rispose Belia con tono acido.
"Che stai insinuando?"
Marq fece un cenno a Belia. "Scusa Daysa, ma se non hai una stanza per la nostra amica andremo in un'altra locanda. Tutti quanti."
Belia fece per protestare la lui la azzittì con un gesto brusco.
Daysa sospirò. "Vedrò di liberare una stanza. Ma sarà molto piccola. In fondo questa qui non è poi chissà che pezzo di ragazza. Si troverà a suo agio."
"Bene" disse Marq. "E mi servono anche dei vestiti puliti per Sibyl e un bagno per tutti."
"Non è che vorresti anche una patente di nobiltà e qualche terreno dalle parti di Arlenn?" fece la donna con tono canzonatorio.
"Per ora stiamo bene così, grazie" rispose Marq esibendo un largo sorriso.
Daysa sospirò e tornò a pulire il bancone. "Fanno dieci monete al giorno. Anticipate."
Marq mise sul bancone il denaro e Daysa lo fece sparire con un gesto veloce.
"Mi piace fare affari con te, Marq" disse la donna sorridendo. "Comincio a pensare che le voci che girano sul tuo conto non siano poi così vere."
Che voci? Si chiese Joyce.
Marq fece spallucce. "Per il momento tu e Belia condividerete la stessa stanza."
"Non mi hai chiesto se sono d'accordo" disse la donna.
Marq le rivolse un'occhiataccia.
"Solo per oggi. E non deve toccare la mia roba. Intesi?"
"Non toccherò niente" disse Joyce.
"Lo credo bene" disse Belia. "Perché se lo farai te ne pentirai."
"Tranquilla" disse Marq. "Non ti farà niente."
"Lo farò eccome" disse Belia avviandosi per le scale. Giunta a metà si voltò mostrando un ghigno. "Che fai, non vieni? Hai paura e preferisci cambiarti in uno sgabuzzino?"
Joyce strinse i pugni e la seguì. "Fai strada" le disse con tono sicuro.
Belia la fissò negli occhi, scosse la testa e si avviò per le scale.
Daysa fu di parola e mandò in camera un paio di ragazze che prepararono un bagno caldo per lei e Belia.
"Faccio prima io" disse la donna. "Sei sudicia e non voglio lavarmi nella tua risciacquatura."
Joyce non poteva darle torto. Osservandosi in uno specchio non poteva non notare i capelli arruffati, le occhiaie e il velo di sporco sul viso. I vestiti scuciti e strappati in più punti.
Senza contare la cicatrice.
Poteva vederla con difficoltà ma la sentiva passandoci sopra le dita. Occupava la parte superiore della scapola, dove l'aquila le aveva affondato nella carne i suoi artigli.
"Bella" disse Belia emergendo dalla tinozza piena d'acqua senza badare e lei. Avendo una sorella Joyce non era in imbarazzo davanti a una donna nuda, ma era pur sempre una sconosciuta e fu tentata di andarsene.
La donna prese un asciugamano e iniziò a frizionare la pelle. "Dove te la sei fatta?"
"A Nazedir."
"Non si combatte lì."
"Ora sì" disse Joyce mantenendosi sul vago.
"Un quadrello di un balestriere? No, non c'è il foro d'uscita. Allora un dardo magico."
"Gli artigli di un'aquila gigante."
Belia sorrise. "Te la sei vista con un evocatore? Io non ci ho mai combattuto. Comunque io ho di meglio." La donna indicò un lungo taglio lungo il fianco sinistro. "Un guerriero nero mi piantò metà della sua spada nel fianco prima che Lem lo facesse fuori. E qui" indicò una bruciatura rotonda vicina all'attaccatura tra il braccio e la spalla. "Un dardo mi passò da parte a parte. Quello fece davvero male" finì di dire come se stesse ricordando qualcosa di piacevole.
"Io una volta sono stata maledetta" disse Joyce.
"Davvero? Questa è bella. Come hai annullato la maledizione?"
"Mia sorella uccise lo stregone che l'aveva lanciata." Era stata la stessa notte nella quale Mythey era morto. Perché non riusciva a dimenticarla? Era passato così tanto tempo in fondo. Nei romanzi d'avventura l'eroe prima o poi dimenticava e andava avanti, ma lei non ci riusciva.
"Hai una sorella? Anche lei ha i poteri?"
Joyce annuì. "Ed è molto più forte di me o di qualsiasi altro stregone che io conosca."
"Dicono che sia Malag il più forte" disse Belia.
"Ti sbagli" fece Joyce senza riuscire a trattenersi.
"Calma, calma" fece Belia divertita. "Non volevo di certo offendere tua sorella. Scommetto che è davvero abile, soprattutto se è riuscita a sopravvivere con una come te. Giusto per mettere in chiaro le cose, nemmeno io penso che Malag sia il più forte. Marq Occhi Blu per esempio è lo stregone più abile che abbia mai incontrato."
"Marq?" Joyce non lo aveva visto in azione che una sola volta e non ne era impressionata. E non aveva idea che quello fosse il suo soprannome.
"Non lasciarti ingannare dal suo aspetto innocuo e dai modi gentili. In battaglia è implacabile. Col maestro che ha avuto non è poi così strano, ma ti consiglio di non toccare quell'argomento in sua presenza." Nel frattempo si era rivestita con una camicia e dei pantaloni stretti in vita da una cinta. Sopra questi indossava degli stivali di pelle scura.
"Quale argomento?" chiese Joyce.
"Ho già parlato troppo" fece Belia. "Ora fai il bagno, su, o l'acqua si fredda." Andò alla porta. "Io vado giù. Se hai bisogno di qualcosa chiama pure, tanto non verrò."
Joyce entrò nella tinozza e si godette l'acqua appena tiepida come se fosse la cosa più bella che avesse mai provato.
Una delle cameriere entrò e depositò su una sedia un fagotto. "Prova questi. Dovrebbero andarti bene."
Joyce si asciugò e disfece il fagotto. C'erano una blusa leggera color giallo limone e una gonna a coste bianche e azzurre. Un accostamento poco felice, ma che per il momento andava bene. C'era anche della biancheria che indossò sotto i vestiti. Infine infilò le scarpe, delle semplici galosce che le andavano un po' larghe.
Quando si sentì pronta scese nel salone della locanda. Nel frattempo si era riempito di avventori chiassosi. Le cameriere giravano per i tavoli raccogliendo le ordinazioni mentre Daysa serviva quelli che volevano solo bere.
Il focolare era stato acceso anche se non faceva molto freddo.
Joyce individuò subito Marq e Belia seduti a un tavolo e andò verso di loro. C'erano anche Tymund e i due fabbri che erano andati con loro.
Bene, pensò Joyce. Così potrò raccogliere qualche informazione su Gadero visto che vengono da lì.
Marq fu il primo a notarla.
"Ma guarda" disse Belia. "Chi se lo aspettava che ci fosse una ragazza sotto tutta quella sporcizia?"
Joyce le rispose con un sorriso appena accennato.
Marq le fece cenno di sedere accanto a lui e ubbidì. Non era il momento di mostrarsi scortese nei riguardi di chi l'aveva aiutata e accolta.
"Ho un debito con te" disse sedendosi. "Con tutti voi" aggiunse rivolta agli altri presenti a tavola.
"Puoi dirlo forte" disse Belia. "Come minimo dovrai lavorare per tre Lune senza paga. Anzi facciamo sei."
Marq sorrise. "Non darle retta, Sibyl. Non ci devi niente. Piuttosto, ti faccio portare qualcosa da mangiare. Devi essere affamata."
In effetti lo era, ma in quelle settimane passate lontana da casa ne aveva viste di peggio. Non era la prima volta che pativa la fame e la sete ed era sicura che non sarebbe stata l'ultima. A meno che non fosse riuscita a tornare da suo padre.
Tymund fece una smorfia. "Andremo in malora se aiutiamo tutti quelli in cui ci imbattiamo" disse con tono sgarbato. "E poi non possiamo fidarci di questa qui. Che follia è mai questa? È una sconosciuta e i dintorni della città pullulano di spie. Dovrei avvertire Gundo e Bermal di quello che hai combinato, Marq."
"Non sarà per molto" disse Joyce. "Il tempo di rimettermi e ripartire."
"E dove vuoi andare, di grazia?" chiese Belia. "Se non te ne sei accorta la città è sotto assedio ed è difficilissimo entrare e uscire."
"Con voi è stato facile" disse Joyce.
"Era un'emergenza" rispose Belia. "Non farti venire strane idee, ragazzina. Il passaggio segreto lo usiamo solo noi e quando vogliamo noi. Non è un passatempo, ma l'unico modo per far arrivare qualcosa in questa città."
Una cameriera le portò un piatto pieno di una zuppa nella quale galleggiavano dei pezzi di verdura che non seppe riconoscere.
"È tutto qui?" chiese Lem guardando deluso il suo piatto.
La cameriera fece spallucce. "Le razioni sono poche ed è un miracolo che Daysa riesca a procurarsele. Siamo l'unica locanda aperta e non veniamo derubati solo perché ci siete voi."
"Quindi Daysa ci usa come guardie del corpo e non ci paga nemmeno?" chiese Belia stizzita.
La cameriera scrollò le spalle e andò via.
"Andrà bene lo stesso" disse Joyce mettendo il cucchiaio nella zuppa.
"Cercherò di procurarci qualcosa di meglio" disse Marq.
Tymund sospirò.
"Anche se riuscissi ad andare via" disse Marq. "Dove andresti? C'è qualcuno che ti aspetta?"
"Andrò dove si trova l'Alleanza" disse Joyce.
Belia ghignò. "Vuoi combattere in prima linea? Se vuoi la guerra qui ne troverai quanta ne vuoi. Falgan ha giurato di prendere Theroda con ogni mezzo e quel giorno si avvicina."
"In verità" disse Joyce. "Prima voglio passare per Gadero."
I due fabbri sollevarono la testa. "Hai detto Gadero?" chiese quello di nome Ginsi.
Joyce annuì.
"È da li che Mado e io veniamo. Hai per caso dei parenti?"
"No" si affrettò a dire. "Ma è lì che mia sorella mi ha dato appuntamento" mentì. "Mi ha mandato un messaggio. A Gadero. All'alba del nono giorno dopo Selacca. Il fatto è che non ho idea di dove si trovi questa Selacca."
Ginsi sorrise. "E non lo troveresti mai perché non è un luogo, ma una festa. È il giorno in cui festeggiamo la fine del raccolto."
"Giusto" disse Mado. "Facciamo una gran festa e tanti dolci. Dovreste vedere. È proprio bella."
"Quindi nove giorni dopo la festa di Selacca è..." disse Joyce fingendo di contare.
"È tra circa venti giorni" spiegò Ginsi. "Se ti metti in marcia adesso, puoi arrivarci giusto in tempo."
Era quello che Joyce voleva sapere. Ora doveva solo uscire da quella città, procurarsi un cavallo, superare l'assedio e sperare di fare in tempo.
Marq inspirò una boccata d'aria. "Se per te è così importante, ti aiuteremo."
"Eccolo che ricomincia" disse Tymund. "La vuoi smettere di perdere tempo e pensare agli affari? Se Falgan riesce a prendere questa città..."
"Forse è il momento di pensare a come fare per andarcene" disse Belia.
"Che cosa? Ora che gli affari vanno così bene?" disse Tymund incredulo. "Bermal paga bene, non dimenticarlo."
"Se restiamo qui" disse Belia. "Moriremo insieme al resto dei difensori della città. Ma se ci muoviamo adesso, quando la situazione è ancora in stallo..."
"E poi c'è Falgan, no? Lui ha un vecchio conto in sospeso con Marq o sbaglio? Dicono che lui e Gyliam hanno scommesso su chi sarà il primo a prendere la sua testa. Non facilitargli il compito."
Belia gli lanciò un'occhiataccia. "Taci, stupido. Abbiamo promesso di non parlarne mai."
Marq gli fece un cenno con la mano. "Lem ha ragione, ma Falgan ce l'ha con me. Voi non c'entrate. Se volete lasciare la città siete liberi di farlo. Per quanto mi riguarda, resterò qui."
Tymund scosse la testa. "Sei così ansioso di morire? O vuoi fare solo l'eroe?"
"Un po' e un po'" rispose Marq. Si alzò e fece uno sbadiglio. "Io vado a dormire. Non credo che la città cadrà per stanotte. Lem fai tu il primo turno di guardia?"
Lem annuì.
"Belia tu sei la seconda, quindi io e infine Tymund."
"Io non faccio la guardia" disse l'uomo.
"Allora la farà Sibyl se tu non puoi."
Tymund fece una smorfia. "E va bene, ma sei uno stupido."
Marq si allontanò per qualche minuto. Quando tornò diede una chiave a Joyce. "È quella della tua stanza. Quando ti senti abbastanza stanca puoi andarci. E non preoccuparti del turno di guardia. Per stanotte sei esentata."
Marq si allontanò per le scale e Joyce lo seguì. Quando furono al piano di sopra si avvicinò e disse: "Perché mi stai aiutando? Nessuno fa niente per niente."
Marq scrollò le spalle. "Forse mi piace fare l'eroe di buon cuore, come nei romanzi d'avventura."
Joyce sapeva che quelle cose accadevano solo nei romanzi. "E il vero motivo?"
"Se sei in mare e vedi una persona annegare è tuo dovere aiutarla, no? Per me è lo stesso. Eri in difficoltà e ho deciso di darti una mano. Forse un giorno ricambierai il favore, oppure aiuterai qualcun altro."
Joyce lo guardò allontanarsi. Raggiunse la sua stanza e richiuse la porta alle spalle. Era immersa nel buio, tranne che per la luce della luna che filtrava da una finestra spalancata.
Joyce adocchiò un letto, un armadio e dei bauli. E, in un angolo, un'ombra.
D'istinto evocò un dardo magico.
"Piano, piano" disse una voce divertita. "Non sono venuto fin qui per farmi sforacchiare da te. Soprattutto dopo tutta la fatica che ho fatto per trovarti" disse Robern sorridendole.

Prossimo Capitolo Giovedì 5 Luglio
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor