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Autore: queenjane    03/07/2018    2 recensioni
Qualche capitolo su Andres Felipe León dei Fuentes, il principe, l'eroe, amato marito di Catherine Raulov, dal primo capitolo " Gli occhi verdi di mia madre, aperti, quando le ho detto addio, un ragazzino di 13 anni che prendeva a pugni i tronchi degli alberi, il dolore alle nocche per non pensare al dolore dentro, lei era morta da poco e non sarebbe più tornata. Un sorriso nelle foto, ricordi, e poco altro.
MAMMA.. dove sei..E so che non pronuncerò più questa parola, intima e segreta, da ora in poi Sofia Funtes sarà “madre”, “Mia madre..” Immutabile come i Pirenei, le punte acute e nevose, contro lo sfondo di cieli di zaffiro e ametista.
La prima e tenace perdita, senza ritorno, le sue spoglie mortali avrebbero riposato nella cappella dei Fuentes, accogliendo pochi anni dopo quelle di mia moglie e mio figlio, in attesa della resurrezione della carne.
Se esisteva un paradiso, vi erano di sicuro, per loro e non per me.
Ero un mortale, anche se mio padre era il principe Fuentes, non certo Achille od Ulisse, avevo bisogno di amare, non ero perfetto, non ero un santo, od un asceta.
Ero solamente io."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Se  il governo inglese non accoglieva la famiglia imperiale, era la fine.

Era Alessandra a essere odiata, non suo marito … ma la famiglia imperiale rimase unita nella vita da prigionieri come in passato, quanto regnava lo zar..
Li mandarono in Siberia nell’ agosto 1917, i bolscevichi gli stavano alle costole, aveva spiegato Kerensky allo zar e occorreva prendere misure energiche, evitando che i Romanov fossero sulla linea di tiro, vittime, merce di scambio, ostaggi.
Comunque fosse, il viaggio di trasferimento, in treno e in battello, si svolse senza incidenti di rilievo, tranne le cabine poco confortevoli del Rus, il battello, che Maria e Alessio presero il raffreddore.  Addirittura passarono via fiume dinanzi al villaggio natale di Rasputin, osservarono la sua casa a due piani che dominava le basse isbe, lo aveva predetto e si era avverato. Aleksey svegliò, la notte dopo, tutti con le sue urla di dolore,   gli era venuta una emorragia interna al braccio.
Cat.. Catherine, dove sei…
Alessio.. cosa fai?
 
Alessio trovò il biglietto spacchettando i suoi effetti personali, dentro la faretra che custodiva l’arco giocattolo e le frecce che gli aveva fatto Andres  “You’re not alone, You have your family and .. Together we spended great  times, I am always with You, near or far, I’ll be by your side. Sooner or later, we’ll meet again, my fighter prince. Don’t give up. Spain is waiting for You, like me. Yours loving Catherine

Da una lettera di Olga alla principessa Fuentes dei primi di settembre 1917“Abbiamo preso alloggio nella casa del governatore di Tolbosk, ridente e sperduta cittadina di 20.000 abitanti circa, occupando l’intero primo piano, il 26 agosto, dopo che la dimora è stata rimessa a posto. L’edificio si trova su via della Libertà,  ribattezzata in questo modo dopo i recenti eventi.  Una grande costruzione a due piani, con due terrazze, collocata dentro una vasta area recintata che comprende varie pertinenze, legnaia, serra, granaio, una rimessa per le carrozze. Abbiamo addirittura una teoria di piante grasse ed aspidistra, figurati, sono carine. Dormo in una stanza con tutte le ragazze, all’angolo, i miei genitori in un’altra, Alessio da solo, Nagorny occupa un’altra stanzetta. Per rendere più efficaci le misure, è stata costruita intorno alla casa un’alta recinzione di legno..Un poco come a Carskoe Selo, tuttavia manca lo spazio, siamo confinati in un piccolo orto e un altro piccolo spazio in cui vi sono le baracche dei soldati .. Sai che abbiamo addirittura un piccolo pollaio con galline che non si premurano affatto di fornire tante uova e alcuni tacchini(..) Aperto la scatola di profumi di Coty, arrivata  da Carskoe. Selo, grazie Cat, io ho usato subito l’essenza alla rosa, Anastasia la violetta. Tata e Marie ancora non hanno usato le rispettive essenze al gelsomino e al lillà (..) Pare una scemenza e invece non è, piccoli particolari che mi dimostrano che …”e quello era nulla, Olga, sorella mia. Eri annoiata e malinconica, senza rimedio.

Da una lettera di Catherine Fuentes alle granduchesse Romanov “.. non so se e con quale regolarità giungerà la corrispondenza, un saluto  da vostra Nonna, Marie Feodorovna (..) che alla fine siamo arrivati in Crimea, come si capisce dall’intestazione (..) Se mi ripeto, chiedo scusa, ragazze .. Mando foto di Felipe, che la prossima primavera avrà un fratello od una sorella, salvo imprevisti a fine aprile. Una barzelletta, tra  me e Olga passa meno di un anno, così sarà per i miei figli.  Andres saluta a sua volta,  alla fine Enrique è tornato in Spagna sul treno diplomatico, (…) ragazze, mi mancate..Di preciso, come state? Cosa inventate?mi mancano le serate nel salottino, chi leggeva, chi coccolava Felipe, lavorando l’ennesimo e squisito lavoro di maglia o ricamo, ne ho per sei bambini, altro che uno, tenui colori, giallo e verde, bianco, altri pezzi hanno ricamate le sue iniziali, FF, Felipe Fuentes, squisite come il suo piccolo pungo tra le mie mani, vedremo cosa porterà la primavera” Olga scommise da subito su un secondo  maschio. 
  Nel settembre 1917, due commissari, su lamentela dei locali bolscevichi, vennero inviati in Siberia, si sosteneva che i prigionieri erano trattati con troppa deferenza. 
Nulla di rilevante, quando la zarina sedeva vicino alla finestra o sul balcone gruppi di curiosi si avvicinavano e si segnavano, un pio omaggio. Le ragazze guardavano dalle finestre della loro stanza e salutavano la gente, finché  i prodi guardiani minacciarono di sparargli addosso se avessero “ancora osato” .
E  i cittadini locali avevano inviato un pianoforte e omaggi di cibo, le guardie divennero poi meno assillanti, facevano addirittura due chiacchiere con le ex granduchesse quando passeggiavano in giardino, il colonnello K., che comandava la guarnigione, non era un carceriere feroce e dogmatico, tranne che i puri rivoluzionari inorridivano.

Nicola II e i suoi predecessori avevano mandato al duro confino siberiano più di un oppositore, se non a morte,  non doveva avere nessun privilegio. Quindi ecco due commissari che dovevano riferire, Pankratov e Nikolskij, entrambi erano stati in carcere in quel della Siberia. Il primo non serbava rancore,  tanto che si recò a far visita a Nicola, per non infrangere le regole della buona educazione e chiese di essere annunciato dal valletto dello zar. La conversazione fu formale, educata e gentile. Nikolskij, al contrario, entrò senza bussare in tutte le stanze private e insistette che tutti i prigionieri fossero fotografati, a scopo identificativo, ora l’uso era quello.  Quando, su ordine di Kerenskiy, giunse dalle cantine di Carskoe Selo una cassa di vini pregiati per i Romanov, N. ne fece  buttare direttamente il contenuto nel fiume Tobol senza manco farla aprire. 

Da una lettera di Olga alla principessa Fuentes di metà ottobre  1917”…Sono stata felice di sapere del  regalo che ti arriverà in primavera. Magari un altro fiocco azzurro? Una sensazione, poi boh.. Noi ce la caviamo, stiamo bene. I miei fratelli hanno iniziato le lezioni. (..) Ti scrivo nel grande ingresso, noi stiamo prendendo il tè, Aleksey gioca con I suoi soldatini a un tavolo separato, stasera Papa leggerà qualcosa alta voce (…) Cambio di scrittura e di persona, Cat, sono Aleksey, un bacio al volo.. A me piace molto il nome Leon, Leon Fuentes suona molto bene, guai a te se lo chiami come me, per primo appellativo, io devo essere il solo che quando dici “Alessio”. E scherzo, chiamalo come vuoi, mi manchi tanto, Cat (..) riprendo senza scorrere quello che ha scritto mio fratello, rilevo solo che mi chiedi come stai e cosa combini, qui la gente è gentile, come le guardie.. Abbastanza. Ecco, la criticona che sono solleva ironie e obiezioni. Hanno inviato in dono un pianoforte e pregiata cacciagione, peccato che  le tubazioni idrauliche funzionino ben poco. Vi è una piccola teoria di piante grasse, che mi piace osservare, (..) Good-bye, Catherine, my dear, a kiss. All of us embrace You and remember You, all my love is for You” 

“ Si dice che noi abbiamo la febbre, mentre, in realtà, è la febbre che ha noi” da Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, 62/65, annotò Olga Romanov, con la sua solita ironia, Cat le aveva mandato quell'omaggio, in lettura. 

Da una lettera di Catherine Fuentes a Tatiana Romanov “..a Livadia ho incrociato B. T., che hai assistito con Olga, si è ripreso perfettamente e manda i suoi saluti, ricorda con gratitudine la vostra abnegazione. E  mi ha fermato Vassilissa B., una ragazza che il Comitato per Rifugiati da Te presieduto aveva inviato qui in Crimea, per ragioni di salute. (..)  Scrivo in una pausa,  che l’inchiostro si è asciugato, infatti ecco la prima firma di Felipe, il suo pollice nell’inchiostro, consideralo un saluto per Te  .. Ti voglio bene, Tata” 

Da una lettera di Marie Feodorovna, zarina madre, al figlio Nicola del novembre 1917, uno stralcio su ..“… la principessa Fuentes è un moto perpetuo, visita gli orfanotrofi e sanatori, senza requie. E continua ad occuparsi personalmente di suo figlio, se lo tira sempre dietro,  tranne che quando va dai malati o a cavallo. E lo tiene sempre con sé, mai visto un affare del genere, è una madre totalmente dedita.. Niente nurse o tate, suo figlio è il primo pensiero dalla sera alla mattina.. ed il marito la lascia fare sempre a modo suo .. Sua madre Ella Raulov nulla osserva, è una mina vagante, non si riguarda, anche se ora è in delicate condizioni” un eufemismo per dire che ero incinta.
Mio marito non diceva nulla, come mia madre, mio fratello  Aleksander si limitava a sbuffare, come mio zio “.. tu fai anche per lo zarevic Aleksey” Aveva dieci anni ora, i suoi occhi castani erano calmi e imperscrutabili, uno smalto di onice e  miele sui suoi pensieri, tranne che, dopo tanto, eravamo di nuovo insieme, apprese poi, nei fatti, che a lui ci tenevo, eccome “Mi manca, Cat” “Chi?” “Lo zarevic, chi..” sbuffando per la mia ottusità. Era nato nel settembre 1907, ora era un decenne dinoccolato, magro e solenne “Mi vuoi bene, e tanto è lui il tuo prediletto” “Sasha..” IL SUO NOMIGNOLO. “Già, e chiudiamola qui, tanto prima o poi .. se non viene lui, te lo riprendi te, o viceversa, anche Aleksey Nikoelavic ti adora” 

Le cerimonie religiose erano tenute nel grande salone del primo piano. Il sacerdote della chiesa dell’Annunciazione, il suo diacono e quattro suore erano autorizzati ad attendere ai servizi, tuttavia non vi era un altare consacrato per la messa, una grande privazione per i Romanov.  Ogni sera recitavano le preghiere e tanto non bastava.  Alla fine, venne accordato il privilegio di potersi recare in chiesa, la costruzione era in fondo alla strada, una consolazione che ebbero ben di rado.  In quelle occasioni si alzavano presto,  passavano attraverso due linee di soldati, attendendo alla prima messa del mattino, sempre soli in chiesa,  il pubblico escluso, poche le candele. 

Dai quaderni di Olga Romanov alla principessa Catherine “.. Ho letto tanto, in questi lunghi di mesi, di tutto e di più, come Tanik. Per nostro piacere e distrazione personale, mentre Aleksey, Marie e Anastasia iniziavano le loro lezioni alle nove, con una pausa dalle undici a mezzogiorno per una passeggiata collettiva. Il pranzo verso l’una, spesso Aleksey mangiava con Mamma nelle stanze di lei, per farle compagnia,  non si sentiva spesso bene, lei. Verso le due, uscivamo di nuovo nel giardino, per giocare o una passeggiata, fino alle quattro. Sai che sono diventata bravissima a tagliare la legna, mi ha insegnato Papa, era un onore darci il cambio con i miei fratelli. Dopo il tè pomeridiano, le lezioni duravano fino alle sei, la cena era un’oretta dopo. Dopo cena, giocavamo a carte, lavoravamo a maglia, Papa ci leggeva a alta voce, altre volte recitavamo pezzi di brillanti commedie, in francese o inglese (..) Una delle maggiori privazioni era la mancanza quasi totale di notizie, lettere e giornali..se arrivava qualcosa era sempre distorto e vecchio di giorni. Alessio andava a dormire alle nove di sera, salvo nuove, dicevamo le preghiere insieme, sbattendo i denti per il freddo, alle volte mi stendevo vicino a lui per trasmettergli in poco di calore, a turno con le altre sorelle, lui faceva altrettanto con noi. Non ci siamo mai pentiti di essere rimasti insieme, questo no, eravamo una famiglia”
Dalle memorie mai pubblicate di Boris T., membro del corpo di guardia, già soldato dell’esercito imperiale, ora rivoluzionario “.. A Tolbosk, in Siberia, era freddo, una cosa indicibile, anche per noi soldati ..  Giorni immobili, portavo biglietti, razioni di cibo in più, cercavo di non essere troppo volgare e opprimente..
Non dovevo farmi scoprire, pena la morte e la tortura.. 
Nicola II era lo zar dei miei giorni di bambino, volevamo la libertà, ma lui era stato l’imperatore, con sua moglie aveva portato il paese allo sfacelo, ma i loro figli che colpe avevano?. 
La famiglia imperiale cercava di trarre conforto dallo stare insieme, uniti, la fede li sosteneva ma era dura, pareva (e in effetti era) che tutti li avessero abbandonati..
Non i principi Fuentes, Andres mi aveva salvato la pelle, anni addietro, la gratitudine rimaneva. Inviavano lettere ufficiali e ufficiose, soldi per il cibo, e giacche e guanti e sciarpe, per Natale, e libri, erano saldi ed immutabili. 
Il cibo era razionato, la noia imperversava, la sorveglianza era stretta, il freddo si tagliava con il coltello, meno 56 gradi sotto zero.. Ricordo le granduchesse che passeggiavano nel giardino recintato, gonne nere, mantelli grigi e berretti di angora azzurra, le loro lamentele per la noia, il tempo non passava mai. 
Era organizzata una ruotine, i pasti, le lezioni, il pomeriggio la passeggiata, segando i ciocchi di legna, la sera le commedie recitate dai ragazzi.. 
A Natale si scambiarono dei doni fatti a mano, quaderni rilegati, nastri e sciarpe, il tempo dell’opulenza finito, il primo e ultimo Natale trascorso in esilio .. 
Le cerimonie religiose erano ben poche, come le missive che giungevano, è ben vero che in prigione ogni evento che rompeva la monotonia era degno di rilievo. 
Le umiliazioni senza motivo, gratuite, come sbattere addosso alle pareti di una stanza un animale in trappola per il solo gusto della crudeltà

Il freddo, il gelo, la temperature giunse a 56 gradi sotto zero, la casa del Governatore era una perenne ghiacciaia. Brividi su brividi, il salotto, che era la stanza più calda della magione, superava di rado i sette gradi, le correnti penetravano dagli spifferi delle finestre. La zarina aveva le dita così rigide che appena riusciva a muoverle, le toccò togliersi gli anelli che ostacolavano la circolazione, compresa la fede e l’anello matrimoniale, con la perla rosa che portava da quasi un quarto di secolo. Cercava di lavorare a maglia, calze per la famiglia o di rammendare i vestiti, erano pieni di buchi.
Lo zar portava dei pantaloni rattoppati e le sorelle Romanov si arrangiavano con la loro biancheria logora.  Per Olga era una suprema ironia, un tempo sua madre, sua nonna, le sue zie e altre   donne “adulte”  della famiglia imperiale ordinavano i vestiti a Parigi, da Worth o Paquin, o da Madame Brissac a San Pietroburgo, pagando prezzi esorbitanti.  Rideva ancora tra di sé delle economie di sua madre, che, cresciuta in modo austero, non tollerava sprechi, le sue figlie si passavano i vestiti tra loro, lei, Alessandra, che, ai bei tempi, ordinava vestiti fino a 10.000 rubli in un mese e questionava con gli economi del palazzo di Alessandro sul prezzo delle patate senza avere idea del prezzo effettivo dei tuberi, mentre lei, Olga, verso il 1914 lo aveva imparato. Dettagli. Adesso si arrangiavano come sopra, Catherine aveva mandato una caterva di guanti, sciarpe, cappelli di lana, e soldi, aveva il sospetto che la ragazza inviasse, oltre alle lettere giunte, soldi e presenti a raffica. E tutto arrivava a rate, se passava i filtri della corruzione e della maldicenza. E non era un esercizio di superbia, quanto essere pratici, in quelle condizioni.. “Sono doni fatti con il cuore, oltre al cibo, il freddo in Siberia porta via, ti mangia pezzo su pezzo, invio a raffica, che chissà se e cosa giunge (..) E soldi (..) Ragazze, se fosse successo a me, avreste fatto uguale” da una lettera di Catherine alle sorelle Romanov “Mi mancate tanto.” Anche Tu, Cat, sempre. 
Doni  e lettere giungevano anche dalla zarina madre, dalle sorelle dello zar, dame di compagnia, Anna Vyribova e altri fedeli monarchici, voglio essere equa.
 
E la vita era monotona,dura il tedio infinito abitava i giorni invernali, Alessandra insegnava il tedesco alle sue figlie, portava gli occhiali, leggendo i suoi libri di preghiere, la Bibbia e le orecchie erano sempre buone, la chiamavano la “Nemka Bliad”, la puttana tedesca, un epiteto di imperitura memoria.
A novembre 1917, in via teorica vi sarebbero dovute essere delle elezioni, invece il Governo Provvisorio venne rovesciato, i bolscevichi presero il potere  per una combinazione di circostanze favorevoli. Il 7 di quel mese, appunto, Kerensky aveva lasciato il Palazzo d’Inverno (sede del suo potere, come, ai tempi, per gli zar) e si diresse verso il fronte, cercando di raccogliere truppe fedeli. I ministri rimasti erano protetti da un gruppo di cadetti e un battaglione di donne soldato. Al di là della Neva, l’incrociatore Aurora issò le bandiere rosse e puntò i cannoni contro il Palazzo. I bolscevichi, molto per caso, occuparono le stazioni, le banche, l’ufficio postale, i ponti e la centrale dei telefoni. L’8 novembre i ministri rimasti si arresero, il governo provvisorio cadde, ecco la seconda rivoluzione.
L’evento di cui sopra non produsse cambiamenti de facto nella vita dei Romanov, se non molti mesi dopo.
 
Da una lettera di Olga Romanov alla principessa Fuentes, 18 novembre 1917 “ e l’ombra di Patroclo appare accanto ad Achille, ti suona famigliare? Ho ripreso Iliade, Odissea e compagnia, leggo molto, e, intanto scrivo le scene da imparare, sai che mettiamo su delle commedie, teatro russo e repertorio edoardiano. Marie, Anastasia e Aleksey ne sono entusiasti. (..) Ogni tanto ad Aleksey si gonfia il braccio, la gamba, ma non ha dolori (..) Spesso il brutto tempo  impedisce di fare passeggiate, una grande privazione (..) Ti invio il menu del mio compleanno..Un abbraccio Cat, sempre Tua Olga ps sono viva e tremo..PPS scommetto sull’azzurro
 
Quegli occhi azzurri spenti, abitati dal buio e dalla paura, un mare in burrasca, aveva paura e continuava a sognare, senza rimedio.
Da una lettera di Olga Romanov” Aleksey cresce di statura da un mese all’altro, Cat, gioca con l’arco e le frecce che gli ha costruito Andres, io e Tata siamo  sempre più magre, Anastasia si lamenta di essere diventata un elefante, la vita larga e le gambe grasse, come era Marie, che ora sta diventando una vera e quieta studiosa. Mia madre esce poco, per il maltempo, il cuore le causa dei problemi,ancora, le sue solite palpitazioni,  ormai ha tutti i capelli grigi.. Trova conforto nel leggere la Bibbia e i libri di devozione, papa ci legge spesso, la sera, a voce alta. Sempre Tua Olga Ps scrive il tuo viziato principino, Cat, ogni giorno prego di rivederti, Aleksey alias il tuo piccolo principe”
Un Natale in esilio, una costante umiliazione, i Romanov alla gogna.
Segnalibri fatti con nastri di seta, acquerelli, quaderni rilegati furono i regali.  Guanti e calze, libri..
La mattina di Natale i Romanov, scortati da due file di soldati, giunsero alla chiesa alla fine della strada, una messa speciale, alla fine della liturgia il sacerdote  pregò usando i loro titoli imperiali, stralciarti dalla liturgia ortodossa, in luogo dei nomi di battesimo, un omaggio traslato che gli impedì di recarsi ancora in chiesa. L’incidente ne amareggiò la prigionia, il confino divenne ancora più stretto.
A Natale, la seconda attesa era ben palese, mi feci una foto, Andres che mi circondava le spalle, in braccio Felipe, il mio panciotto che si vedeva di profilo. Avevo sofferto di nausea giusto nei primi tre mesi, non riuscivo a cacciare nulla in bocca, la mattina, dopo pranzo e dopo cena,  vomitavo a gloria, deve essere un maschio, annotava mia mamma, quando si annunciano così presto.. dei campioni nel fare ammattire da subito la loro madre. E avevo un sonno perenne, senza sogni o stelle, da cui mi svegliava Andres, a  suon di baci, la testa tuffata contro il mio sesso, mai avrei creduto possibile che la voglia continuasse a prescindere. Vivevo di acqua  e insalata, prosciutto crudo e pane duro, a volte frutta e vino. E sesso con mio marito..         dicevamo, preferivo Andres nel mio letto che fuori a zonzo in quelli altrui.
“.. cara Olga, un abbraccio, sai che ho visto una rosa? Solitaria, spinosa, si è aperta dopo tanto, poi è spuntata decisa, delicati i petali,  poi allargando poco per volta il suo centro, luminoso. Solitaria, splendida come te”  glielo scrissi tra il suo compleanno e Natale, chissà se lo lesse.
 
Gli occhi di Felipe erano diventati zaffiro e indaco, come quelli di Alessio e delle sue sorelle, aveva ereditato quel tratto da loro, la sfumatura delle iridi dello zar, declinata nei suoi discendenti in varie sfumature, me ne accorsi a fine gennaio. Da neonato, erano di uno squisito color ardesia, grigie, con il tempo assunsero quella declinazione. Una ulteriore prova che ero la figlia dello zar, avevo ereditato i colori suntuosi di mia madre, del ramo spagnolo, e nella generazione successiva Felipe palesava la sua ascendenza, dal lato del vero nonno materno. E somigliava a suo padre a partire dalla forma del viso,nei colori dei capelli, nella carnagione, nella forma di spalle e mani, squisito, da me aveva preso molto poco. A gennaio ero sui sei mesi di gravidanza, quel nuovo figlio era stato voluto e cercato, dopo il breve intervallo di alcune settimane, dovuto alle perdite del parto. Anche se allattavo, non prendevamo precauzioni nei rapporti, quindi la seconda attesa fu una sorpresa quasi annunciata, dato che generammo nel giro di pochissimo  Andres era fertile come il toro che una volta lo avevo accusato di essere. E in un certo senso giustificava quella separazione, un  lattante, un altro bimbo in arrivo non avrebbero resistito in Siberia, rifletteva Olga.  
Catherine, la mia sorellina, moglie madre. 

Dal diario di Alessio” 24 gennaio 1918. Nel pomeriggio preso una botta alla mano e guardato Papa, che ha pulito il tetto dalla neve, e come portavano la legna in casa. Che noia.!!
“27 gennaio 1918, Auguri al volo Catherine, come sei diventata grande, hai ben 23 anni, come ne farà  Olga a novembre..Baci, Alexei alias monello PS Felipe somiglia davvero tanto a tuo marito, Tata si è messa a ridere della prima parola del bambino, annotando che per te non deve essere stata una grande soddisfazione” si e no, l’onere di nove mesi e del parto era toccato a me, tranne che Felipe prediligeva suo padre e una mia amata sorella, quindi di cosa dovevo lamentarmi? E tanto, da una parte, ci sformavo, quando mi chiamò “MAMMA”, feci una metaforica tripla, carpiata capriola di gioia.
Dal diario di Alessio “30 gennaio 1918. Dormito male stanotte. Mi fa male la gamba. Colazione con Mama, rimasto a letto tutto il giorno”
2 febbraio 1918, una breve nota di Olga “Auguri, cumulativi, in ritardo. E’ veramente freddo in questi giorni, siamo appena tornati da una passeggiata. Nell’angolo di una finestra abbiamo inciso una “C”. Dio ti benedica, mia cara, stai bene, con amore Tua Olga ps..io propendo per l’azzurro PPS accludiamo la seguente poesia ...Un bucaneve, in inverno, colmo di grazia, bianco.. Una luna perduta, sottile, delicato il centro di bianco oro, i petali si piegano, giocando con la brina.. La perfezione e la delicatezza” Una volta, la zarina Caterina II, in una delle sue passeggiate, aveva trovato un precoce bucaneve, incantata aveva ordinato che una guardia lo vigilasse, era perfetto, fragile e fiero. Capii l’antifona, non cedevano, erano fragili solo in Ai primi di marzo 1918, il comitato dei soldati decise di abbattere la montagna di neve costruita nel retro della casa, uno dei pochi svaghi dei fratelli Romanov.  Per la domenica di Carnevale, la folla passava festeggiando sotto le finestre, i ragazzi si misero a guardare dalle finestre, annoiati fino alle lacrime, quello era uno spunto di svago, uno dei pochi rimasti come segare e ammucchiare legna.

Dal diario di Alessio “ 19 febbraio 1918. Passato tutto il giorno come ieri, nel pomeriggio giocato con Kolia e fatto una daga di legno con il mio pugnale. Giocato ad attaccarci.  ..(..)  11 Marzo 1918 .. Fatto male al piede, non posso mettere gli stivali. Così devo stare a casa tutto il giorno. (..) 24 marzo 1918. Sempre lo stesso, mangiato 16 pancake a pranzo. Una cerimonia religiosa alle 9. Di mattina. Il tempo è freddo e ventoso. Fatto bagno (..) 24 marzo 1918 tutto sempre uguale (..) la neve si scioglie e diventa fango (..) tirato palle di neve e con arco, l’arco che mi ha fatto Andrej F. ”

...l’esercito tedesco avanzava verso Pietrogrado, la capitale venne spostata a Mosca. L’esercito ormai era allo sfascio, i soldati avevano disertato a milioni.. I termini per il trattato di pace, firmato a Brest-Litovsk il 3 marzo 1918 furono umilianti. Ai tedeschi venne ceduto la maggior parte del territorio conquistato da Pietro il Grande in avanti, comprese la Polonia, la Finlandia, gli Stati Baltici, Ucraina e Crimea, buona parte del Caucaso, circa 60 milioni di persone vivevano in quei territori.. Inoltre, la Russia doveva pagare alla Germania sei miliardi di marchi, un quarto immediatamente, in oro, il resto  a rate entro l’ottobre 1918.  L’economia era finita, erano state date via un terzo delle regioni agricole, l’80%  delle miniere di carbone, l’accisa sulle estrazioni petrolifere, un terzo delle industrie tessili e un buon quarto delle ferrovie. Mio zio fece quel triste elenco, la contabilità delle perdite, non era un trattato di pace, quanto un tradimento, molti la pensavano come lui.

La guerra civile era dietro l’angolo. 

A Tolbosk, la notizia sconvolse Nicola e Alessandra, era “umiliante”, una disgrazia senza ritorno per la Russia.  Alix disse che avrebbe preferito morire in Russia piuttosto che essere salvata dai tedeschi.
E aprile portò un problema immane, che si aggiunse all’angoscia della prigionia.  Da quando i soldati avevano distrutto la montagna di neve, Alessio usava lanciarsi per le scale della dimora, usando una sorta di  slittino. Lo aveva sempre fatto, da anni, tranne che a quel giro, era veramente spericolato,  senza cura, come se volesse tentare la sorte. I risultati non si fecero attendere, purtroppo.

Gilliard e Nicola Romanov annotarono nei rispettivi diari che era confinato a letto, per un violento dolore all’inguine. Era stato così bene durante l’inverno, studiando, facendo le sue particine nelle commedie, giocando a palle di neve, segando il legno, divertendosi con l’arco e le frecce e il suo amico Kolia Deverenko “Mamma! Cat.. dove sei? Non no ho paura di morire, ma di quello che potrebbero farci”. La febbre altissima, delirava di un cavallo, che aveva cavalcato, lui, un sogno impossibile, un desiderio irrealizzabile.apparenza, si guardavano a vicenda, eravamo sia il bucaneve che la guardia.
Da una lettera di Olga Romanov a Catherine Fuentes, dell’aprile 1918” ..Grazie per la lettera e i doni, uova, cartoline, la cioccolata per Alessio e… l’appunto, che avresti voluto inviare della marmellata di mirtilli, ma non hai osato, per tema che il vetro si rompesse. E libri, sempre graditissimi (..) Alessio sta un poco meglio, ma il sangue si riassorbe velocemente e ha ancora dolori. Ieri ha sorriso, ha giocato a carte e gli è riuscito a dormire un paio di ore nella giornata. È diventato magrissimo, con gli occhi enormi. Gli fa piacere che gli si legga qualcosa, qualcosa mangia ma non ha appetito, non che sia una grande novità, tranne che è vero, farebbe a meno di mangiare del tutto. Nostra madre sta con lui tutto il giorno, ogni tanto io e Tata o M. Gilliard le diamo il cambio, di notte io o Nagorny. Arrivato un gran numero di nuove truppe, dal governo bolscevico, insieme a un nuovo commissario di Mosca, un uomo chiamato Yakovlev. Speriamo di avere un servizio in casa, per Pasqua. Nevica, ma si scioglie tutto, diventando fangoso… una guardia si è premurata di distruggere sotto i tacchi degli stivali una violetta che Anastasia amava guardare, era spuntata e le piaceva vedere la progressiva geometria delle foglie e i fiori, anche questa distrazione ci viene negata” non mi raccontò che Alessio mi  invocasse, quello strazio senza  fine o ritorno, Cat, per Catherine, di un cavallo.
E Nicola Romanov, sua moglie e Marie, loro figlia, vennero condotti da Tolbosk a Ekaterimburg, negli Urali più profondi, la loro prigionia divenne ancora peggiore, il resto della famiglia li avrebbe raggiunti quando Alessio fosse stato in condizione di muoversi, non si poteva spostare per il recente attacco di emofilia che lo aveva quasi ammazzato.
Il secondo figlio che ebbi da Catherine nacque il 23 aprile 1918, a Livadia, in Crimea.
Aveva i capelli scuri.
Lo chiamammo Leon, Leon dei Fuentes.
Aveva grandi, immensi  occhi verdi.
Leon Jaime Nicholas dei Fuentes nacque a Livadia il 23 aprile 1918, alle quindici di pomeriggio. Leon, come aveva suggerito Aleksey come primo appellativo, Jaime come mio cognato e per ricordare il giorno del suo probabile concepimento, il 25 luglio 1917, peraltro festa di San Giacomo apostolo,  protettore della Spagna, Nicholas come suo nonno materno, omaggio segreto.
Il mio secondo pezzo di immortalità. 
Pesava quattro chili e mezzo, con i capelli scuri e gli occhi verdi di suo padre, era squisito e perfetto. Mi immersi nei gesti semplici e antichi, di allattarlo, stringerlo tra le braccia, un nuovo principe Fuentes era nato,alla conquista del mondo, suo solo limite doveva essere l’orizzonte e l’immaginazione, come per Felipe e Sophie, i suoi fratelli. Andres si teneva sempre in contatto, brevi lettere e regali, cui Sophie rispondeva con una larga e buffa calligrafia infantile “.. quando finisce la guerra, ti vengo a trovare mia piccola principessa” Continuavano i dialoghi al telefono, nonostante e soprattutto i figli che aveva avuto da me, Andres annaspava nella lontananza, lei era un’immagine nelle foto, una voce nell’etere, e tanto la amava. Maledetti noi e Erszi, che la aveva voluta a prescindere da  tutto, rivelando che c’era .. nel 1917, quando aveva 5 anni, o quasi. Sophie era sua, l’ha amata appena ne ha saputo, il suo nome inciso sul braccio, un tatuaggio, un perenne memento.
SOPHIE..
Alessio sognava la Spagna, se la passava, voleva vedere la rocca dei Fuentes, immaginava Ahumada come una magica melodia, un ristoro, fatti e non parole.  Lui e le sue sorelle
E ricordava la Pasqua del 1917, a Carskoe Selo “Da quando in qua dipingi le uova?” aspirò l’odore delle tempere, scrutando il tavolo invaso dai  tentativi di dipingere, appunto, in vista della Pasqua ortodossa, era costume dare uova dipinte. In genere si usava bollirle,  solo non mi pareva il caso di mettermi a spadellare con i coloranti naturali per  ottenere i colori. Aveva rimuginato bene, quando Kerensky era venuto per la seconda volta gli aveva dato la mano e aveva chiesto serafico se, essendo lui K., ministro della giustizia, trovasse legale che lo zar avesse abdicato pure per lui. La sortita aveva causato un imbarazzato silenzio, dopo l’imperatore gli aveva spiegato che lo aveva fatto per non fargli riscontare i suoi errori “Come se non li stessimo scontando tutti ora, come se non li scontassi ora” aveva ribattuto, amaro, lucido, se ne era andato seguito da Nagorny, maleducato come non mai con i suoi genitori, così infuriato che manco un soldato lo aveva tallonato, aveva uno sguardo autocratico, che inceneriva e bandiva ogni replica. E  lo pensava ancora, a Tolbosk, ad Ekaterimburg, suo padre aveva sbagliato, arrogandosi di un diritto, il suo, di cui non doveva e poteva disporre
La nuova prigione era circondata da un alto muro, le finestre sprangate e verniciate di bianco, tranne una, le guardie e il loro comandante li insultavano in modo costante, entravano nelle stanze in ogni momento,giorno e notte, senza differenze, sempre, di sottofondo barzellette e canzoni oscene, frugando tra gli oggetti, portando via quelli che ritenevano più interessanti e di pregio. 
 Andare in bagno era un incubo, le pareti scrostate erano ornate di disegni pornografici che rappresentavano Alessandra e Rasputin, il monaco siberiano che sancivano essere stato suo amante nelle più sconce posizioni.
La colazione era dopo le preghiere, pane nero e tè, il pranzo una minestra e poco più, i guardiani non si peritavano a togliere il piatto allo zar o prendere con le mani luride dei bocconi.
A casa Ipatiev, Olga e le sue sorelle dovevano provvedere da sole a lavare la propria biancheria e impararono a fare il pane.
A turno, le ragazze facevano compagnia alla madre e al fratello, che era sempre confinato a letto e soffriva per il suo ultimo incidente, non si alzava e non camminava.
 Appena giunto nella nuova prigione si era fatto male ad un ginocchio, cadendo dal letto..come se lo avesse fatto di proposito, annotò lo zar nel suo diario, una nuova crisi che si sommava alla precedente. Quella notte non aveva dormito per il male e nemmeno i suoi, straziati dai suoi lamenti.
Per i testimoni, Olga appariva depressa e smagrita, pallida e sottile, come ebbe a dire una delle guardie, Alexander Strekotin, nelle sue memorie, e trascorreva molto tempo con il fratello, uscendo poche volte nel giardino, circondato da una alta palizzata.
Un’altra guardia annotava che quando camminava fuori, spesso il suo sguardo era tristemente fissato sulla distanza, in un passato che non poteva più tornare. Il marinaio Nagorny, che era rimasto sempre con loro, devoto ad Alessio in ogni battito e respiro, venne allontanato e messo nella locale prigione, ove fu poi fucilato, dopo che aveva protestato per il trattamento inflitto ai prigionieri e la ennesima ruberia, volevano sottrarre a un ragazzino malato una catena d'oro che reggeva  delle sacre immagini.. ( è facile essere smargiassi verso un inerme...e Alessio si era difeso sferrando calci e pugni, tre contro di lui, attaccava per difesa)
“Chi ti ha insegnato?” chiese Anastasia, allibita, ammirata “Lo sapevi fare.. i pugni, i colpi..”gli aveva fatto un occhio nero e.. bravo, Aleksey”
Mi devo difendere, devo fare da solo .. Non è giusto ..
“ E gli stavi rompendo la mascella” “Andrej.. lui era amico mio, lo sai, mi ha insegnato” guardandosi le nocche.
Era ancora amico suo, pensò, forse. Sentendo che le guardie arrestavano Nagarny, che aveva appena avuto il tempo di mormorare un “Arrivederci, Zarevic”gli era venuto voglia di piangere e non lo aveva fatto.
Cat..
“La principessa Fuentes .. vi adora, lo sapete”
“Perché? Sono un invalido, lo sai” un dialogo smozzicato, di quando erano chiusi a chiave dentro la stanza e la cabina del battello e poi in treno, lui murato a letto o in sedia a rotelle. “Cosa ci vede? Le faccio pena” (Alessio .. perché te lo raccontavi? Mi hai fatto ridere e piangere, dato sui nervi in maniera esponenziale, sempre, e ti ho viziato e coccolato oltre misura, pena .. MAI.. )
“Non è compassione, lei non compatisce nessuno, mai da sempre, lo sapete” Vero, lo aveva fatto cavalcare, raccontato storie, gli aveva fatto smontare le armi, avevano litigato fino al delirio, i suoi capricci e  i nervi di Cat, la aveva sentita litigare con Andres fino al delirio, aveva fatto soffrire Olga, nonostante il loro legame inossidabile “Fa sempre di capo suo”  
“Zarevic”una parola potente e proibita “Lei ha passato l’infanzia a prenderle, dal principe Raulov, picchiava lei e sua madre, le voci sono circolate per anni .. “ Gli raccontò delle frustate, di una ragazza di 16 anni.. Taceva, Alessio, la gola serrata “.. e poi è cresciuta, penso che ci sia del vero, ma lei non ha mai mollato che diceva sempre che vi era qualcosa di bello, ovvero voi, le facevate vedere che il mondo poteva essere bello.. Non mollate, per favore”
Alessio .. vengo … aspettami.
Era diventato paziente. Seduto, si massaggiava la gamba. “Alexei .. ti fa male?”
“No”
“Invece sì..”
“Vedete sempre il dolore, ma mica c’è” Non lo voleva dire, voleva stare bene e contro ogni logica ci sperava, in modo remoto, si confermava lui per primo che era un illuso “Pensi che ce la farò?” Una volta a sua sorella Tatiana“Certo” “Bugiarda.. allora mi aspetto di vedere Cat”Una cosa impossibile, se non improbabile,  visto che lei era in Spagna. E peraltro aveva fatto bene. Tatiana tacque, quella era una opzione irrealizzabile.
L’inappetenza continuava, mangiare era una tortura e non era un capriccio, come quando era piccolo .. Ma se non assumeva cibo si indeboliva ancora di più, lo sapeva, ci provava ma quel piatto proprio non riusciva a ingollarlo. Il cuoco propose una altra opzione, più delicata, per il prossimo pasto, pagando il tutto di tasca sua, ma Alexei non volle, non dovevano spendere per lui. Cercava di non mollare ed il compito era arduo.
…..
La Grande Guerra finì nel novembre 1918.
Crollò l’impero austriaco, crollò l’impero tedesco, non ne rimase in piedi uno.. una magra consolazione.
La chiamarono la Grande Guerra che aveva coinvolto tutto il mondo, tutti contro tutti, il mondo di ieri era mutato in modo irreversibile e senza scampo.
Noi eravamo sempre vivi, l’unica consolazione che ci rimaneva, celebravamo quel caso inopinato.
Ed arrivammo in Spagna pochi giorni prima del Natale 1918.
“Grazie Cat” nella radura melagrani, che crescevano e fiorivano sghembi da secoli, percorrendo nella corteccia le sue iniziali,  incise molti anni prima.
I sopravissuti.
Il tempo e l’immensità.
…………….
Rocca di Ahumada, Spagna, agosto 1922
Lui è arrivato,  sempre puntuale e preciso.
“Principessa Fuentes”
“Monsieur Gilliard.”
“Principessa, è una gioia rivedervi.. come state?” mi bacia la mano, perfetto come un granduca dei bei tempi andati.
Gli racconto dei miei figli, cercando di non essere una madre che riluce di orgoglio, come in effetti sono,  che a volte sono a Parigi, ove mia madre Ella dirige la fondazione Raulov, che supporta e aiuta i profughi russi, che mio fratello Sasha ci visita spesso e che .. riprendersi dalle ceneri e dalle macerie che ci siamo lasciati dietro sarà un lungo affare.
“E voi, Monsieur?”si vanno scrivendo libri, articoli e saggi sui Romanov, una nuova moda che contagerà anche Gilliard, un tempo precettore dei principi imperiali, rifletto, meglio questo dei sedicenti zarevic o delle false Anastasia che spuntano spesso, per reclamare una possibile eredità, fama e .. Se sapessero cosa custodisce Ahumada...“Non siete qui solo per una amena chiacchierata, vero?”sospira.
“Devo consegnarvi una cosa da parte della granduchessa Olga” Afferro i bordi del tavolo fino a farmi sbiancare le nocche. “Ero andato con loro in esilio a Tolbosk, in Siberia, nel mese di agosto 1917,… la primavera dopo gli zar e Marie erano partiti per Ekaterimburg, gli altri li avrebbero poi raggiunti. Era il mese di aprile e si riunirono in maggio, in quelle settimane Olga Nicolaevna badava alla casa, Tatiana Nicolaevna allo zarevic, che stava sempre male, allora, per potersi muovere e anche Anastasia Nicolaevna faceva quanto poteva. “ una pausa, lacerante amara.” Preparavano i  bagagli, impacchettavano oggetti, ma Olga Nicolaevna sottraeva tempo al riposo per scrivere su un quaderno, una specie di sfida..."
“Spiegatemi.” Come se LUI, LEI non me ne avessero parlato.
“Facemmo il viaggio in treno e all’arrivo appresi che ero stato congedato, che non li avrei seguiti oltre-“ una pausa ulteriore, i ricordi gli fanno sempre male” Mi diede questo pacchetto per voi, vi chiamò…”
“La mia principessa, lo so. “Annuisce.
Prendo il pacchetto, cerco di sorridere “Li aprirò con calma..”
“Capisco, principessa”
“Avrei  piacere se vi fermaste qualche giorno, e…” LUI non si farà vedere, lo ha detto chiaramente, sa che per me è importante, pure .. Non voglio forzarlo ”Mio marito Andres tornerà  stasera, mio tramite il principe Fuentes insiste e..” lo convinco, alla fine è così che deve essere.
Sia Leon che Felipe somigliano ad Andres, alti e snelli, con i capelli scuri,la fronte ampia e il naso sottile. Leon ha le iridi color erba di suo padre, mentre gli occhi di Felipe sono di una particolare sfumatura di azzurro, indaco e zaffiro, che Gilliard ha visto in un altro bambino, nelle sue sorelle,  una vita fa.
Non fa domande.
I miei figli lo salutano con garbo, in francese, lo parlano come lo spagnolo e l’inglese, poliglotti come me e Andres, ora come ora non desidero che imparino il russo o il tedesco.
Siamo tutti sopravvissuti, alla guerra, al lutto ed ai massacri, cerchiamo di vivere in pace, giorno dopo giorno.
Sophie è venuta a trovarci, quest’estate, come l’anno scorso e quello ancora precedente, fermandosi per alcune settimane.. Abbiamo trovato un modus vivendi, alla meglio, raffazzonato, che la include. Quei suoi grandi occhi verdi sono quelli di suo padre, di una leggenda.
“Mamma, Xavier dov’è?” Felipe mi strattona per la mano, in una pausa, mentre i raggi del sole al tramonto tingono di bronzo e miele le pietre della rocca, il vento stormisce tra l’edera e le rose. Sono vestita di azzurro scuro, quasi indaco, perle e ametiste i miei gioielli, con piccoli pettini di avorio e zaffiri nei capelli,  snella e serena, una perfetta principessa.  Che si dedica ai suoi figli e non li affida a una governante, se non facessi a modo mio su qualcosa che per altri è scontato, ovvero avere una governante, non sarei affatto io.
“Al capanno di caccia.. Lo sai” starà lì fino a quando Gilliard non andrà via, me lo ha enunciato per tempo, LEI, invece, si è sposata l’anno scorso con uno dei tanti cugini di mio cognato, un matrimonio d’amore che le ha ridato il sorriso, si è forgiata una nuova vita, come Lui. E alla fine, Xavier ha preferito rimanere ad Ahumada, è la sua casa dichiara, saggio  che in fondo il suo nome significa casa nuova. Via via va a trovare Sasha a Parigi, è stato a Londra e Cambridge per un ciclo di lezioni, ha in mente di frequentare l’università. Attivo, curioso, adora stare all’aria aperta, il compagno ideale per le monellerie dei ragazzi. E sta sempre attento, sempre, si gode la vita.
“Lo so.. c’è andato con Castore” anni fa avevo un cavallo con quel nome, era leggiadro e superbo, anche lui lo amava, rievoco con una fitta un bambino vestito da soldato che in groppa a quel destriero si sentiva il re del mondo, la sua gioia senza pari nel fare  qualcosa che l’emofilia gli aveva sempre proibito, cavalcare, anche se più del passo e del piccolo trotto, non siamo mai andati, su un terreno liscio e senza rilievi.
“Dovete vedere come è alto, Monsieur Gilliard” lo informa Leon “Anche più di mio padre” Gilliard abbozza un sorriso, Andres è poco meno di un metro e novanta, LUI pare ancora più alto, per la figura sottile, elegante, ed in effetti lo ha superato.
“Ed è bravissimo, sa pescare e cacciare, imita tutti gli uccelli con la voce, solo a cavallo va sempre pianino..” gonfia il petto orgoglioso come se fosse un suo merito “Xavier è un portento” glissa di aggiungere come di tutte le fanciulle dei dintorni cadano in deliquio per lui, giovane ma non casto, forse, e tanto non è di mia competenza.
“Mio marito  lo ha adottato qualche anno fa, dandogli il suo cognome, insieme alla  sorella” spiego sottovoce, il suo nome, il nostro nome, Fuentes,  l’ha protetto, li ha protetti, Ahumada è diventata la loro casa, specie per LUI, è risorto dalla cenere e dalle tragedie, è diventato parte di Ahumada e della sua gente con naturalezza ed allegria, Ahumada e la sua gente lo hanno accolto, come me ai primi tempi, per sempre.
Molto spesso chiama Andres “Papà”, per età potrebbe essere davvero suo figlio e lui suo padre.
Quando eravamo in mezzo al nulla e all'oblio, avevo tirato fuori la storia del Talmud, che se  chiamavi una persona con  un altro nome ne potevi cambiare il destino. Ero disperata, come LEI, e Andres era uscito fuori con l’appellativo del suo primo figlio, Xavier, nato prematuro e morto troppo presto, Xavier come suo padre, un nome amato, Xavier .. Xavier Fuentes, e tanto lo amavamo a prescindere.
A LUI era piaciuto, da allora in avanti diceva che dovevamo chiamarlo solo in quel modo.
Gilliard non indaga oltre, non è di sua spettanza.


La serata scorre tranquilla, Andres torna e ceniamo tutti insieme, poi offre al caro svizzero una serata a base di chiacchiere virili e sherry, poi mi raggiunge e, secondo nostro uso consolidato, facciamo l’amore, appassionati e famelici, il mio letto è sempre ben caldo.
L’alchimia è rimasta, potente, lui è il mio porto sicuro, sempre. Quando mi chiese di sposarlo, mi promise che mi avrebbe amato per sempre, così è, così è stato e sarà.
La nostra storia, lutti e passioni, alti e bassi, riprenderci e mollarci,  con epici abbandoni e ritorni, albe struggenti, sesso in ogni dove, come non definirlo amore? E la tranquillità è solo apparente.
ndres e Gilliard si arrestarono, per non disturbare un’animata conversazione tra la principessa Fuentes e un giovane, che dava loro le spalle e gesticolava, non litigavano, questo no, tranne che lo scambio di opinioni era vivace. Gli stava facendo visitare il castello alla luce del giorno, erano dalle parti delle scuderie quando li avevano scorti.
La principessa era sempre bella,  alta e sottile, con i magnifici occhi scuri e i capelli castani, le curve un poco più morbide, aveva avuto due figli, i fianchi si erano arrotondati, come il petto, rispetto alla sua luminosa adolescenza. Quando Olga Nicolaevana aveva 16 anni, a Livadia, vi era stato un ballo, era vestita di rosa come la sua diletta amica, snelle e affascinati, avevano dominato la scena. Un soffio, un palpito, chi immaginava che i calici di champagne celebrati in loro onore sarebbero stati gli ultimi, prima della guerra. Anni dopo, Catherine si era sposata con Fuentes, Andres Fuentes dalle mille sorprese ed, ancora, erano innamorati, sempre, rifletteva lo svizzero, bastava osservare il modo in cui lo spagnolo scrutava la moglie e ..  poi il ragazzo si girò, dopo avere dato un bacio sula guancia della principessa Fuentes,  e il fiato  si fermò in gola.
È un miraggio.
È una sola illusione.
Una morgana.
Aveva ragione a sostenere che la principessa Fuentes se lo sarebbe portato via.
Anche no.
Era un solo, povero illuso, lui Gilliard e intanto scrutava il ragazzo.
Era alto, elegante e sottile, vestito con paio di pantaloni marroni, una scura giacca sulle ampie spalle,  e stivali da cavallerizzo, il viso ambrato dal sole, che creava riflessi color rame sulla barba e i capelli castani.
Aveva gli occhi azzurri, una sfumatura zaffiro ed indaco.
Aveva buffe, tenere orecchie.
Li videro, il ragazzo e la principessa, come Gilliard e Andres. 
Un momento immobile, poi andò loro incontro, non era mai stato nel suo stile essere un vigliacco.

“Papà, scusami se ieri non mi sono presentato al vostro ospite, ero .. occupato. “Fece un sorriso, ampio, radioso e stese una mano “Yo soy Xavier Fuentes” Io sono Xavier Fuentes. Un principe del passato, un principe del futuro.
“Pierre Gilliard, lieto di conoscervi” conversarono dieci minuti, affabili, ameni, tranne che poi Gilliard non avrebbe saputo quantificare o qualificare gli argomenti.
“E’ un bel ragazzo, vero?”osservò Andres, quando furono soli. “Diciotto anni,  una vita piena di speranze e promesse..”
“Sì.. la stessa età dello zarevic, Aleksey Nicolaevic”le parole trovarono una faticosa via d’uscita.
“Sì..”
“Aleksey Nicolevic è  sempre stato legatissimo alla principessa vostra moglie, come le sue sorelle, l’adorazione reciproca e senza rimedio”Quella era una constatazione, Andres non replicò, omettendo che ne aveva parlato al presente, come se non fosse stato sepolto in una fossa senza nome in Siberia o i suoi resti dispersi. Aveva capito
“E mia moglie lo stesso” Ogni anno, il giorno dell’anniversario dell’eccidio, andava al torrente Moguer e disperdeva delle candide rose nella corrente, insieme a LORO, poi liberavano un aquilone. Catherine aveva fatto costruire una cappella votiva in onore dei Romanov, nonostante tutto, gli aveva detto in privato, se Dio esisteva avrebbe certo accolto Olga e i suoi, anche se le preghiere e le messe erano celebrate secondo il rito cattolico, Dio non doveva conoscere quelle differenze, no?.
“Quando erano a Tolbosk in Siberia, e stava male per un attacco di emofilia, il peggiore da anni, espresse il desiderio che.. se la passavano voleva stare con lei, con voi, con tutta la sua famiglia, che amava Ahumada, anche se non la aveva mai vista.. Non aveva paura della morte, ma di quello che potevano fargli e fare ai suoi in prigionia”
“Non abbiamo fatto abbastanza..”
“Principe Fuentes, l’Inghilterra non li ha accolti, il re Giorgio V ritirò la sua proposta di asilo e la ripropose quando fu troppo tardi, vennero organizzati piani di rapimento e riscatto quando erano stati spostati da Carskoe Selo in Siberia.. Figuratevi, la compagnia di San Ioann di Tolbosk, capeggiata dal genero di Rasputin, che solo per quello aveva la fiducia della zarina!! Che quando li spostarono da Tolbosk a Ekaterimburg era agli arresti, il prode campione..!! Hanno fucilato il granduca Michele, il fratello dello zar, messo ancora vivi in un pozzo la granduchessa Ella,la sorella della zarina,  e altri granduchi, tirando una granata, sono morti di fame e per le ferite..Altri li hanno fucilati” una pausa “Voi avete fatto l’impossibile e più ancora, come la principessa vostra moglie e lo sapete, no..” Un breve attimo “Mi ha fatto piacere conoscere i vostri figli, sia di sangue che adottivi..e tanto non fate differenze tra loro.. vero?”
“Avete indovinato,l'altra mia figlia peccato che non sia qui, si è sposata l’anno scorso, era il ritratto stesso della felicità. Spero che possano vivere felici, liberi e in pace, con Catherine abbiamo questa speranza. Non siamo certo dei santi, ma .. cerchiamo di fare meglio che possiamo”
“Principe Fuentes, voi siete un uomo d’onore.. credo che ripartirò oggi..”Non ci fu verso o modo di convincerlo a rimanere.
“Non dirà nulla”
“Non c’è nulla da dire, Catherine” un sorriso, obliquo, remoto.
“I quaderni..”
“I quaderni che ti ha portato sono tuoi, un regalo di Olga per te, lo sai.. lei ti voleva bene, lo sai” una pausa dolorosa.
 “Quando successe, volli convincermi che era un incubo, e che il cavaliere era venuto a prendermi e sarei stato bene..” Una pausa “E quel ragazzino non c’è più, Catherine, in un dato senso è disperso in Siberia, come lei, una morte metaforica..” Una pausa “Cerco di godermi la vita, di stare bene, sempre attento.. Come ti dissi una volta, per quello di cui soffro non c’è cura, ma ogni giorno in più è una vittoria..  Sto attento, insomma, abbastanza..“sardonico per stemperare la commozione.
“Cerco di non incombere troppo..”
“Lo so, sono stato a Londra, Parigi, cavalco, non  sono monitorato 24 ore al giorno..  alla fine vedi la persona che sono, pregi e difetti compresi, non la malattia, i pochi che passano l’infanzia  se la cavano e potrebbe … potrebbe succedere di tutto, anche un urto, potrei morire anche domani. E mi mancano, sempre, ogni giorno.. perché loro sì e io no? Cat, perché?”  ha ragione, come al solito e per me è uno strazio, gli passo un braccio sulle spalle, un conforto vano, solo per dirgli che non è solo, che ci sono sempre e che per me è lo stesso, uno scempio e tanto vado avanti, sempre. E’ rimasto il solo a chiamarmi Cat   “E anche per riprendermi.. tra il viaggio e tutto .. E abbiamo discusso tanto, la volta che ero scappato ti ho fatto morire di spavento. Ed eri arrabbiata e ti ho fatto piangere, tu non piangi mai.”distolgo il viso, per dargli modo di ricomporsi, è stata dura per tutti, oltre che per lui, non voglio ricordarlo, a parole, non oggi, è un giorno speciale. Si calma, come me, e per scherzo mi tira un colpetto sul naso, fingo di sbuffare e guardo l’orologio da polso, tra poco sarà il momento.
“Oggi è il 12 agosto e sono circa le tredici e un quarto, sei nato a quest’ora”
“Non c’è verso di farti dimenticare nulla, eh, Catherine” dolce e spiazzante.
“No..” mi tiro in piedi, aiutata da lui, poi lo stringo, ricambiata.
Una volta, quando era un bambino, ero io a superarlo di statura ed appoggiare il mento sui suoi capelli, ora è il contrario, una gioia infinita, un conforto.

Ossa di fumo, capelli di seta, la sua voglia di vivere è infinita come il rosso oro dei Nibelunghi, sempre.
fighter prince, un principe combattente, sopravissuto al massacro e all’esilio, che si è reinventato. Rievoco un bimbo paffuto che mi sorrideva e tendeva le braccia, piangendo,  quando andavo via,  che ho amato, stretto e cullato, il fanciullo che tenevo in grembo tra una crisi e l’altra, che mi ha fatto ridere e piangere, arrabbiare  e messo in imbarazzo. 
“Grazie, Catherine” 
“Prego, e io ringrazio Te”
Allora  pronuncio il suo nome, dico“Buon compleanno, Aleksey”  
Ne abbiamo ancora una e mille da vivere.
…..

Cat, raccontami la nostra storia, ora ci credo.
Senza fine o principio..
Tell me a story.. 
Il resto la vivremo, giorno per giorno.
White Roses, for you and me, all my love for who remember us, we are immortal.
 

BELOVED IMMORTAL.
…… to be continued…
   
 
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