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Autore: heliodor    05/07/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Di fronte alla verità
 
"Mi chiedevo dove fossi finito" disse Joyce rilassandosi.
"Vedo che hai fatto amicizia con Marq e il suo gruppo" disse Robern sedendo sul letto. "Di questi tempi è difficile trovare persone di buon cuore."
"Che nei sai? Tu non sei quel tipo di persona" disse Joyce restando vicina alla porta.
"È vero" ammise Robern. "Il fatto è che ho passato gran parte della mia vita a rompere le cose e ora sto cercando di rimetterle insieme."
"Cosa vuoi che me ne importi? Per me non cambia niente."
"Cambia invece" disse Robern alzandosi. "Tu fai parte del ciclo, Joyce di Valonde."
"Perché non mi dici che cosa vuoi?"
"Sei stata molto brava con Rancey. Ero sicuro che avresti trovato il modo di cavartela, anche se non mi aspettavo che tu lo eliminassi."
"Non l'ho ucciso" disse Joyce. "Ha evocato una specie di incantesimo che lo ha fatto esplodere."
"Un sigillo di morte" disse Robern. "Un vecchio trucco degli stregoni disperati. Liberano tutta la loro energia in un singolo incantesimo che li uccide. E insieme a loro tutti quelli che si trovano nelle vicinanze."
"Tipico dei tirapiedi di Malag."
"Non sono tutti uguali."
Joyce stava perdendo la pazienza. "Vuoi dirmi che cosa vuoi?"
"Sei tu che devi dirlo a me. Hai intenzione di riprendere la tua strada?"
"Voglio tornare da mio padre o da chiunque possa fidarmi. Invece ti ritrovo sempre tra i piedi. Evoca un portale che mi riporti a Valonde o in un luogo sicuro."
"Ti ho già detto che non posso."
"Secondo me non vuoi."
Robern sembrò sorridere. "Forse non voglio, è vero, ma per te non cambia molto, no? Non evocherò quel portale."
"E allora vattene."
"Sono qui per darti il tuo premio" disse l'uomo.
Joyce colse un movimento rapido della mano e si preparò a reagire, ma l'uomo estrasse qualcosa da sotto il mantello.
Lo mise sotto la luce della luna.
Joyce non aveva bisogno di sforzarsi. Era il compendio di Arran Lacey.
"Come l'hai..." iniziò a dire. "In ogni caso, senza il libro di Hopott è inutile."
Robern le mostrò una chiave dorata. "Una chiave per una chiave. Fanne buon uso e non perderla. Di nuovo."
Joyce prese il libro e la chiave.
"Dove andrai adesso?" le chiese Robern.
"Non lo so, potrei tornare a Mar Qwara" rispose Joyce.
"Per quale motivo? Non c'è niente che ti lega a quel posto."
"Non so nemmeno se Oren è vivo o morto. Devo saperlo."
Robern le lanciò un'occhiata perplessa. "Tu hai fatto una scelta, Joyce di Valonde. Non dimenticarlo. Io so quale portale hai scelto."
"Scommetto che mi avrebbe portata comunque a Nazedir, vero?"
Robern annuì. "Ma tu non potevi saperlo e io dovevo capire se potevo fidarmi di te. Era un esame e l'hai superato. Ora so che saresti disposta a tutto pur di mettere fine a questa guerra, persino abbandonare la persona che ami."
"Vattene" disse Joyce con le lacrime agli occhi.
"La mia maghetta è diventata grande" disse Robern. "Ora dimmi dove andrai davvero."
"Non lo so." Non voleva dirgli di Gadero. "Voglio scoprire chi erano Arran Lacey e la Sibyl alla quale è dedicato il compendio."
"Lascia perdere."
"Hai detto di averlo conosciuto."
Robern sospirò. "Se vuoi saperne di più, devi andare a Luska. Io non posso dirti altro."
Che cosa c'era a Luska? Aveva già sentito quel nome da qualche parte. Lo avrebbe scoperto.
"Non mi chiedi nemmeno dove si trovano tuo padre e tua sorella?"
"Bryce è qui?" chiese Joyce. "Sul continente?"
"È a Malinor, mille miglia da qui in direzione del mare."
Malinor, pensò Joyce. Era un luogo famoso anche a Valonde. Il più grande e ricco regno del continente vecchio. Bardhian veniva da quella città. Se Bryce era lì allora anche Vyncent forse era con lei.
Robern sorrise. "Vedo che ho instillato il dubbio dentro il tuo cuore. Bene, credo di averti detto tutto per il momento."
"Aspetta" disse Joyce. "Te ne vai così? Non evochi un portale per farmi uscire dalla città?"
Robern sparì nel buio.
Joyce era sicuro che fosse ancora lì, ma non aveva la vista speciale né i sensi acuti per trovarlo mentre era invisibile.
Si precipitò alla finestra per chiuderla, ma Robern si era mosso in direzione di essa prima di sparire e a quest'ora poteva essere già lontano.
Andò all'armadio e lo rovistò da cima a fondo. Trovò dei vecchi indumenti e li avvolse attorno al compendio e alla chiave, quindi li nascose dentro il baule in mezzo alle stoffe e ai vestiti. Nessuno li avrebbe cercati lì dentro, sperò.
Ora le serviva solo il libro di poesie di Hopott.
 
Dormì un sonno agitato dagli incubi, ma al mattino non ne ricordò nemmeno uno. Solo il senso di inquietudine le rimase addosso per tutta la mattinata.
Quando scese nel salone trovò Marq e Belia già in piedi.
"Allora intesi" stava dicendo Belia. "Ti aspettiamo al palazzo per la riunione."
Marq stava annuendo. Quando la vide arrivare l'accolse con un ampio sorriso. "Dormito bene?"
Joyce annuì. "Sono stata in posti peggiori."
"Bene" disse Marq. "Come intendi impiegare la tua giornata?"
"C'è una biblioteca in città?" chiese Joyce senza giri di parole.
Marq annuì. "C'è quella del tempio dell'Unico. Non è molto fornita ma ci trovi di tutto."
"Hanno anche una sezione per la poesia?"
Belia rise. "Ci mancava solo questa."
"Ti accompagno io" disse Marq.
Belia gli rivolse un'occhiataccia. "Basta che non fai tardi per la riunione."
"Sarò puntuale" disse Marq. Poi, rivolto a Joyce: "Andiamo?"
Percorsero le strade poco affollate della città, per lo più erano strette e scomode. In molte mancava la pavimentazione e dovettero camminare nel fango.
"Theroda non è molto grande, ma è accogliente" spiegò Marq mentre la conduceva con passo sicuro.
"È più grande o più piccola di, per esempio, Valonde?" chiese Joyce.
Marq la guardò divertita. "Perché proprio Valonde?"
Joyce fece spallucce. "È il primo nome che mi è venuto in mente."
"Non ho mai visto Valonde, ma ho sentito dire che è la città più grande del continente maggiore. Questo vuol dire che è di poco più piccola di Malinor, Berger e Azgamoor."
"E tu sei stato in tutti questi posti?"
"Diverse volte a Malinor e un paio di vote e Berger. Ma ad Azgamoor proprio no."
"Perché?"
Marq la guardò stupito. "Per noi stregoni è vietato entrare nella città santa dell'Unico."
"Non ne sapevo niente."
"Davvero? È strano. Tutti lo sanno."
Joyce si maledì per non aver studiato più a fondo la storia del continente vecchio. "Tu sei nato qui?" chiese per cambiare discorso.
"Certo che no. Sono a Theroda solo di passaggio."
"Però la conosci bene" osservò Joyce.
"Quando arrivo in un posto cerco di imparare le strade" spiegò lui. "Ecco, siamo arrivati."
Il tempio dell'Unico era di forma circolare, con una cupola sostenuta da enormi colonne che svettavano sopra tutti gli edifici adiacenti. Accanto al tempio vero e proprio sorgeva un palazzo di tre piani, più lungo che alto, anch'esso bianco.
Non somigliava al tempio di Valonde, ben più grande e ampio. Il pensiero che qualche settimana prima stava per sposare Vyncent in quel tempio le causò un senso di disagio allo stomaco.
"Da questa parte" disse Marq guidandola verso il palazzo dipinto di bianco.
"La biblioteca non era nel tempio?" chiese Joyce.
Marq annuì. "Nei sotterranei, ma ci serve un permesso per entrare. La biblioteca non è aperta a tutti."
"E la gente che vuole leggere come fa?"
"Ci sono biblioteche pubbliche, ma sono piccole e poco fornite. Il tempio possiede quella più grande."
Joyce sperò di trovare un testo di Hopott lì dentro e di non dover essere costretta a fare il giro di tutti i librai di Theroda.
Appena dentro l'edificio due monaci si avvicinarono. Indossavano dei sai di colore scuro stretti in vita da una semplice corda e calzavano dei sandali aperti.
Non somigliavano affatto ai sacerdoti che a Valonde vestivano con sete raffinate e calzature costose.
"Marq Occhi Blu" disse uno dei due, il più anziano.
"Piacere di rivederti Maly" disse Marq col solito tono amichevole.
Il monaco fece un smorfia. "Non posso dire lo stesso. Il mio priore non sopporta che uno stregone metta il naso nella nostra biblioteca. E vedo che ti sei portato dietro anche un'amica stavolta."
"Sibyl è una gradita ospite e ha espresso il desiderio di dare un'occhiata alla più grande biblioteca di Theroda prima di ripartire" disse Marq frugandosi nelle tasche.
"Dovrei essere impressionato?" disse Maly con tono infastidito. "Il divieto resta lo stesso."
"Cerca di venirmi incontro" disse Marq allungandogli qualcosa di luccicante.
Maly se la rigirò tra le mani. "Vi concedo un'ora."
"Due" disse Marq col tono di chi stava contrattando sul prezzo al mercato.
Maly sospirò. "D'accordo, ma ti costerà una moneta d'argento per il mio confratello." Indicò il monaco che lo accompagnava, più giovane e silenzioso.
Marq diede una moneta d'oro anche a lui.
Lui la guardò perplesso.
"Nel caso volessimo prendere in prestito qualche volume" disse il ragazzo.
"Via, via" disse Maly con un gesto rapido della mano. "Prima che ci ripensi e chiami le guardie."
"Lavorano per Bermal come me" disse Marq mentre si allontanavano.
La biblioteca era più piccola di quella di Valonde, ma aveva numerosi scaffali e una decina di leggii, più qualche tavolo e delle sedie.
Joyce si sentì subito a suo agio in quel posto. Da tempo non si dedicava alla lettura come faceva in passato.
"Lì ci sono le poesie" disse Marq indicando uno scaffale. "E lì i romanzi."
"Tu che gusti hai?" chiese Joyce per non sembrare scortese.
"Un po' di tutto" rispose lui allontanandosi.
Joyce si concentrò sulla sua ricerca. Esaminò da cima a fondo lo scaffale, per rendersi conto che i libri non erano ordinati secondo alcun criterio. Dovette cercare volume per volume prima di trovare quello che le serviva.
"Sì" esclamò ritrovandosi tra le mani il libro di Hopott. Lo strinse al petto come se fosse un vecchio amico. Diede una rapida occhiata all'interno. Non era la copia che aveva lasciato a Valonde, ma almeno era in buone condizioni.
Anche Marq aveva trovato un libro e lo stringeva sotto il braccio. "Trovato qualcosa?"
Joyce gli mostrò il suo.
"Hopott? E chi sarebbe?"
"Una mia vecchia conoscenza" disse Joyce. Dopo tanti giorni non dovette fingere di sentirsi felice.
Era contenta di essere andata alla biblioteca.
Nella sezione dei romanzi trovò diversi libri della Stennig, di Cora Anell e Daldra Bryne. Ne mostrò un paio a Marq e lui sembrò interessato.
"Credo di aver sentito parlare solo della Stennig."
"Solo?" fece Joyce indignata.
Marq fece spallucce.
"Cora Anell ha scritto La Dama del Lago Perduto, una serie in otto libri."
"Otto? Chissà che noia."
"Ma neanche per sogno" protestò Joyce infervorandosi. "È un autentico capolavoro. Ne hanno anche tratto un'opera teatrale."
"Vai anche a teatro? Allora devi essere ricca."
Ecco che ricomincio a parlare troppo, si disse Joyce. Adesso come ne esco? "Una volta mia sorella mi ci ha portata."
"Allora è lei quella ricca."
"Era una specie di regalo" disse annaspando alla ricerca di una storia credibile.
Marq rise. "Calma, calma. Ti credo. È la stessa che ti sta aspettando a Gadero?"
"Sì" disse Joyce.
Marq indicò i libri. "Non credo che tu possa prenderli tutti, ma almeno un paio sì."
"Possiamo portarli via?"
"Credo di sì. Mi è costato due monete d'oro" disse lui divertito. "Allora?"
Joyce prese il libro di Hopott e Il Giuramento della Strega di Daldra Bryne. Era di gran lunga inferiore agli altri, ma l'aveva letto solo una volta ed era più piccolo e maneggevole.
"Andiamo?" chiese Marq. "Non voglio metterti fretta, ma avrei un appuntamento."
Era quello di cui aveva parlato Belia, pensò Joyce. "Possiamo andare."
Tornarono di sopra, dove Maly se ne andava in giro per i corridoi senza apparente meta. I suoi occhi puntarono subito ai libri. "Che avete preso?"
Joyce mostrò il libro di Hopott e quello della Bryne.
Maly fece una smorfia di disgusto. "Letture triviali. E tu, Occhi Blu?"
Marq gli mostrò il libro che aveva preso.
"Come addestrare il falco d'acqua di Grimus Ambalar. Che te ne fai di un testo simile?"
Joyce ebbe un tuffo al cuore ma cercò di non darlo a vedere.
"Serve a un mio amico" rispose Marq.
Joyce lo seguì fuori dall'edificio, la mente in subbuglio.
Non può essere un caso, pensò. Non è possibile. A che gli servirà mai?
"Sei silenziosa" disse Marq sulla via del ritorno.
Joyce stava pensando a come chiedergli del libro. "Ti piacciono i falchi?"
Marq rise. "No, non proprio. Ho preso il libro per un amico."
Joyce avrebbe voluto chiedergli chi era quell'amico, ma si trattenne. Non voleva insospettirlo con la sua curiosità.
Devo scoprirlo da sola, si disse.
"Dove andiamo adesso?" chiese.
"Al palazzo degli Arconti" disse Marq. "È quell'edificio lì, con la grossa cupola rossa."
Joyce lo notò solo allora. Sorgeva al centro di un'ampia piazza, un fatto insolito per una città piccola come Theroda.
Avvicinandosi incontrarono delle pattuglie di soldati, ma nessuno li fermò. Qualcuno si limitò a salutare Marq e scambiare qualche parola con i compagni, ma nient'altro.
"Qui ti conoscono tutti" osservò Joyce.
"Sanno che lavoriamo per l'Arconte Bermal e tanto gli basta" disse Marq. "In caso contrario, ci avrebbero già allontanati dalla piazza senza tanti complimenti."
"Non amano gli stranieri a Theroda?"
"Più o meno" fece lui perplesso. "Non fraintendere le mie parole, la gente di qui non è ospitale quanto quelle delle altre città, ma i Rodiani amano la loro indipendenza. Non hanno un re o un sovrano, ma si governano da soli, anche se di fatto il potere è in mano a poche persone."
"Non hanno un re o un principe?" chiese Joyce stupita. Ora che ricordava anche gli Alfar si governavano in quel modo. "Vuoi dire che votano per eleggere questi arconti?"
"Più o meno è così, giusto" disse Marq. "Nella parte orientale del continente esistono molte città che si governano in questo modo, ma qui a occidente della Spina del Drago sono una vera rarità."
Joyce non aveva idea di cosa fosse la Spina del Drago ma non voleva insospettire Marq con troppe domande e restò in silenzio.
Lui la guidò nel palazzo degli Arconti. All'interno si aprivano ampie sale rivestite con marmi e stucchi e pareti affrescate con scene di battaglia.
"La storia illustrata di Theroda" disse Marq indicando un dipinto che ritraeva due uomini colossali e nudi che si battevano.
"Sono quelli i giganti che hanno fondato la città?" chiese Joyce.
Marq annuì.
Tymund e Belia attendevano in una sala più piccola, davanti a una porta chiusa.
"Eccoti finalmente" disse Tymund vedendoli arrivare. I suoi occhi caddero sul libro che Marq portava sotto il braccio. "Che cosa hai lì?"
"Il libro che mi avevi chiesto."
Lo diede a Tymund, che quasi glielo strappò dalle mani.
"I monaci ti hanno fatto delle domande?" chiese l'uomo.
Marq fece spallucce. "No, ma mi devi una moneta d'oro."
Tymund brontolò qualcosa.
Così è a te che serve, si disse Joyce. Non mi sembri il tipo da andare a caccia con il falco.
la porta si aprì e Gundo si affacciò. "Ci siete tutti? L'Arconte desidera vedervi. Adesso."
Tymund li precedette nella stanza, seguito da Belia e Marq. Joyce rimase al suo posto.
Marq le fece un cenno con la mano. "Vieni anche tu. Potrebbe riguardarti."
Incuriosita, Joyce lo seguì.
La stanza era più piccola della sala dove avevano atteso. La parete a sinistra era occupata da un grande arazzo che ritraeva la solita scena dei giganti che combattevano. Quella a destra era occupata da una lunga fila di busti di marmo che ritraevano uomini e donne. Joyce ne contò venti prima di perdere interesse per quella parata di visi sconosciuti.
In fondo alla stanza c'era una scrivania che occupava quasi tutta la parete e, dietro di essa, una donna corpulenta vestita con un abito vaporoso e colorato.
Il trucco pesante attorno agli occhi e l'innaturale rossore delle guance non riuscivano a nascondere la pelle cadente e le profonde rughe.
La donna attese che Gundo chiudesse la porta prima di dire: "E così ti sei degnato di venire, Occhi Blu."
Marq fece un leggero inchino. "Arconte Bermal, è sempre un piacere incontrarvi."
La donna buffò. "Piantala con le cerimonie e dimmi com'è la situazione lì fuori. È vero che Falgan si sta preparando ad attaccarci?"
"Sta ammassando numerose truppe" disse Belia.
"Non l'ho chiesto a te" disse l'arconte con voce stridula.
Gundo gettò un'occhiata di disapprovazione a Belia.
"Belia ha ragione" disse Marq. "Falgan si prepara ad attaccare. Non nelle prossime ore, ma è questione di giorni, dieci al massimo."
Bermal sospirò. "Che possiamo fare? Quel maledetto ha giurato di mettere a ferro e fuoco la città se non gli aprirò le porte."
"Lo farà comunque" disse Tymund. "Così come ha fatto a Gesida, Tamoc, Zimbarag e altri posti. Quell'uomo è un flagello."
L'arconte fece una smorfia. "Maledetti. Maledetti tutti quelli che vogliono farci sprofondare in questa guerra."
"C'è un modo per uscirne" disse Tymund facendosi avanti.
Bermal gli lanciò un'occhiata diffidente. "Ti riferisci a quel tuo amico fuori dalle mura?"
"È più di un amico" disse Tymund. "È la nostra salvezza. E la tua."
"Chi sarebbe questa persona?" chiese l'arconte con tono diffidente.
"Uno stregone molto potente. Un comandante."
Joyce si fece attenta. Un comandante dell'alleanza voleva dire un alleato di Valonde e di suo padre. Se fosse riuscito a raggiungerlo e si fosse rivelata a lui, l'avrebbe riportata dai suoi cari.
Bermal sospirò di nuovo. "Cosa mi consigli di fare? Aprirgli le porte? Che differenza farebbe?"
"Qualsiasi cosa è meglio di Falgan, a questo punto" disse Tymund. "Posso andare di persona a parlargli e stringere un accordo in tuo nome, se mi darai il permesso."
"No" disse lei con tono perentorio. "Mi servi qui, Tymund di Camor. Sei il mio miglior consigliere e non posso perderti. Manderò Occhi Blu. Lui è un mago e non avrà problemi ad arrivare sano e salvo dal tuo amico."
Tymud fece per protestare, ma Marq fece un passo avanti. "Per me va bene, ma dovrai pagarmi molto. Mi chiedi di fare una cosa pericolosa e io non rischio la vita per niente."
"Mi sembra giusto" disse l'arconte. "Cinquecento monete vanno bene?"
"Mille" disse Marq.
"È più di quanto valga la tua vita."
"Nel prezzo è inclusa anche la vita della persona che mi accompagnerà."
Belia ghignò. "Cinquecento monete mi faranno comodo."
"Mi spiace Belia" disse Marq. "Ma non stavo pensando a te." Guardò Joyce.
Belia sgranò gli occhi. "Vuoi portarti dietro la straniera? Non vale tanto" protestò.
"Sibyl ha dimostrato che di lei possiamo fidarci e poi deve lasciare la città per andare dalla sorella a Gadero" disse Marq. "È la sua migliore occasione per andarsene."
Joyce non stava capendo molto di quello che stava succedendo ma rimase in silenzio. Lasciare Theroda e raggiungere Gadero era uno dei suoi obiettivi, ma c'erano altre domande che attendevano una risposta.
Per il momento dovranno attendere, si disse.
Marq la guardò. "Tu sei d'accordo?"
"Sì" disse Joyce.
"Porta anche me allora" disse Belia.
"Devi restare qui per proteggere Lem e Tymund" disse Marq.
Tymund alzò gli occhi al cielo. "Questa poi..."
Belia scosse la testa. "Stai commettendo un errore." Si voltò e marciò fuori dalla stanza.
"Allora è deciso" disse l'arconte. "Ti preparerò le mie lettere di garanzia e le porterai fuori dalla città."
"Ti spiegherò strada facendo cosa fare e cosa dire per non farti ammazzare" disse Tymund.
"Sono amici tuoi, no?" fece Marq con un ghigno.
"Ciò non toglie che rischierete la vita. Tutti e due" disse Tymund. "Quella è gente con la quale non conviene fare errori."
"Non ne faremo."
"Lo spero per te."

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