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Autore: MadAka    07/07/2018    4 recensioni
Audrey è solita prendere la District line a Tower Hill station ogni giorno. Pianista di professione, amante di musica jazz e cinema, trascorre il tempo in attesa ripercorrendo mentalmente note e partiture, allontanandosi totalmente dal mondo reale.
Tower Hill è anche la fermata metropolitana di Peter, in cui prende la Circle line, la linea gialla. Illustratore dalla fantasia contagiosa, divoratore di musica e consumatore di matite, il ragazzo trascorre il tempo alla stazione con gli auricolari inforcati, riempiendo con le note di Bastille, Coldplay e OneRepublic il mondo intorno a sé.
Proprio la musica o, in questo caso, la sua assenza, sarà causa dell'incrociarsi delle loro strade in quella sconfinata metropoli che è Londra.
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"La vita è un viaggio solitario. Ma con un po' di fortuna trascorri gran parte di essa con la giusta compagnia."
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Salendo la rampa di scale, Peter rallentò istintivamente il passo. Stava riascoltando per la seconda volta la nuova canzone dei Bastille, in cerca di sfumature che al primo ascolto gli erano sfuggite. La band aveva da poco rilasciato un nuovo singolo – forse presagio di un intero album – e dato che si trattava della band preferita dell’illustratore, il ragazzo aveva iniziato la giornata proprio con quella canzone che, neanche a volerlo, già adorava. 

Forse era merito del brano, ma il suo umore era ottimo, quel pomeriggio. Allo studio aveva avuto una giornata proficua, incontrando la scrittrice del nuovo libro a cui stava lavorando. L’autrice era molto conosciuta nell’ambiente dei libri illustrati e il fatto che avesse espressamente chiesto di Peter Bayle aveva suscitato un moto d’orgoglio dentro il ragazzo. Nella sua testa già vi frullavano svariate idee, bozze per i personaggi, colori per i fondali e la canzone che stava ascoltando gli diede nuova ispirazione. Girò la chiave nella serratura della porta, spegnendo la musica.

«Ciao» salutò appena fu in casa. La risposta provenne dalla camera da letto e lui si avviò là. «Come stai?» chiese ancora prima di entrare. 

Trovò Audrey seduta sul letto, il portatile aperto poco più avanti rispetto a lei. Aveva una coperta sulle spalle e indossava una delle felpe di Peter – la letterman nera e bianca– nonostante ci fosse ancora piuttosto caldo per essere fine settembre. Aveva da poco iniziato a portare gli occhiali per la sua lieve miopia e la spessa montatura nera che aveva scelto donava particolarmente al suo viso fine, facendo risaltare gli occhi azzurri.

Per i due fu inevitabile sorridere quando incrociarono lo sguardo dell’altro. Stavano insieme da un paio di mesi, ormai, ma per entrambi era come se fossero passati solo pochi giorni. Era ancora uno scoprirsi a vicenda, per loro, parlare per ore di cose di cui avevano già disquisito e ridere alla scoperta dell’interesse comune. Forse prima o poi tutto quello sarebbe finito e si sarebbero ritrovati come una di quelle coppie che cena in silenzio, ma erano entrambi piuttosto convinti di non esserne i tipi. Alla base della loro storia c’era un’amicizia, perciò di trattava di basi solide; inoltre avevano trovato nell’altro ciò che cercavano in se stessi e questo significava molto. Audrey non aveva dubitato un secondo della sua scelta e Peter nemmeno.

In quel lasso di tempo la ragazza era riuscita a superare il rifiuto della BBC Scottish Symphony Orchestra ed era tornata a essere la consueta e innamorata pianista del Menier Chocolate Factory. Viveva ancora nell’appartamento di Chadd Green, nonostante le spese d’affitto. Non era riuscita ad abbandonare quella casa per diversi motivi – le ricordava Oliver, non voleva rischiare di incontrare dei coinquilini problematici – così aveva preferito fare economia e applicarsi in modo da riuscire a sostenere da sola l’affitto. Per sua fortuna, quella casa non aveva un costo molto elevato. Al tempo stesso, inoltre, sperava che presto Peter si sarebbe trasferito da lei, lasciando il suo appartamento di Florence Rd. Anche il ragazzo avrebbe parlato volentieri della possibilità di spostarsi in pianta stabile in Chadd Green, ma era preoccupato fosse ancora troppo presto affrontare l’argomento; era un passo importante ed entrambi dovevano esserne ugualmente sicuri. Così lasciavano scorrere il tempo, in attesa che uno dei due trovasse la forza di parlarne.

«Un po’ meglio» disse Audrey, in risposta alla domanda del ragazzo. «Ho ancora qualche linea di febbre, ma tutto sommato sto bene.» Omise di dire per l’ennesima volta che solo una con degli anticorpi ridicoli poteva ammalarsi in quel periodo dell’anno, ma Peter le aveva già mostrato una certa solidarietà a riguardo. La pianista mise in pausa il film e tornò a guardare l’illustratore, che sembrava sovrappensiero. Peter, invece, fece vagare lo sguardo sulle pareti alle spalle di Audrey, senza un reale motivo. Aveva ormai imparato cosa vi avrebbe trovato sopra; il poster di La La Land, quello di Star Wars, una serie di foto, qualche spartito musicale, alcuni appunti. Tuttavia si accorse che erano comparsi anche degli altri foglietti, dei disegni. Suoi disegni. Ne aveva regalati diversi, alla ragazza, in quei primi mesi della loro relazione; per lui era frequente e molto semplice disegnare la pianista. Ogni volta che pensava a lei non resisteva alla tentazione e, se poteva, cominciava ad abbozzare la sua figura su un foglietto di carta, aspettando di avere il tempo sufficiente per stenderci sopra il colore senza essere interrotto. Dopo che le aveva mostrato il primo, aveva capito dai suoi occhi che quel regalo le era piaciuto e gli altri lavori erano arrivati di conseguenza. Audrey ne aveva appesi quattro alle pareti, incluso quello che lei definiva il suo preferito: una versione cartonizzata di in braccio a Chewbecca.

La ragazza seguì lo sguardo di Peter, notando che stava osservando i suoi lavori. Gli sorrise e non servì aggiungere altro perché si intendessero.

«Che film stai guardando?» le chiese poi lui, avvicinandosi al letto.

«Star Wars. Mi sto facendo la maratona.»

«Quale trilogia?»

Audrey si lasciò sfuggire una smorfia, stringendosi nelle spalle. «La prequel.»

«Oh, pessima scelta» la rimproverò lui in modo scherzoso. 

«Lo so. Però c’è Ewan McGregor» continuò lei, come se la presenza dell’attore scozzese potesse perdonarla di tutto.

A Peter non andava totalmente a genio l’amore platonico e incondizionato che la sua – ufficialmente – ragazza provava per McGregor, sapeva di non poter competere con il fascino dell’uomo, soprattutto se conciato come Obi-Wan Kenobi; tuttavia rimaneva il fatto che nella conquista al cuore di Audrey, concretamente, aveva vinto lui, quindi sotto quel punto di vista non aveva motivo di temere McGregor; in un certo senso si sentì migliore di lui, consapevolezza che fece montare la sua autostima all’improvviso e senza un reale motivo.

Alla fine la pianista chiuse il portatile, decidendo di dedicare la sua attenzione esclusivamente al ragazzo.

«Ti ho preso della cioccolata.» Peter sollevò una barretta dall’incarto argentato, mostrandola a Audrey. Era da sempre un sostenitore del fatto che il cioccolato risolvesse gran parte dei problemi – più o meno come il professor Lupin di Harry Potter – specie quando si era ammalati.

La ragazza si lasciò sfuggire un lieve “oh” davanti al gesto che lui le aveva riservato, dopodiché afferrò una lettera che aveva accanto a sé sul letto e la rigirò fra le mani.

«Ho anche io qualcosa per te» disse, sollevando la busta bianca davanti al volto. «Oggi, in un impeto di energia, mi sono avventurata fino al piano terra per incontrare Damian. Mi ha detto che ti è arrivata questa e voleva fartela avere subito.»

Tese la lettera verso Peter, che le diede in cambio la tavoletta di cioccolato. Lui parve abbastanza confuso dalla situazione. Si chiese cosa potesse essere di tanto importante da portare Damian a Chadd Green – sebbene non abitasse così lontano – e quando afferrò la busta e lesse il nome del mittente, spalancò gli occhi, sentendosi improvvisamente nervoso. Proveniva dal GAE Studios di Edimburgo.

Era la risposta che Peter stava aspettando, il verdetto alla candidatura che aveva inviato cinque settimane prima, quando lo studio scozzese aveva annunciato che cercava nuovi illustratori da assumere. Ne usciva circa uno ogni due anni di quegli annunci, ciò che per il ragazzo non era altro se non una grande occasione. Era la seconda volta che inviava la sua candidatura e il portfolio migliore che aveva nella speranza di vedere i suoi disegni accettati, di sentire che il suo modo di lavorare era stato considerato all’altezza dello studio di animazione. A quel nuovo tentativo, Audrey gli aveva dato il sostegno di cui lui sentiva di avere bisogno mentre compilava la domanda di candidatura.

Osservò ancora il logo dello studio nell’angolo destro della busta, fremendo dalla voglia di leggere il verdetto, ma intimorito dalla cosa al tempo stesso. Se fosse stato accettato avrebbe dovuto trasferirsi a Edimburgo e, ora che aveva Audrey, quella prospettiva lo preoccupava un po’. Al tempo stesso, però, quando aveva parlato con la pianista della cosa, lei gli aveva fatto intendere che se le cose fossero andate in quella direzione, sarebbero riusciti a trovare una soluzione, una che confacesse a entrambi. Dopotutto la ragazza aveva iniziato a suonare nei jazz club da qualche settimana, intenzionata a fare il meglio per entrare in quell’ambiente musicale che le piaceva tanto e in una delle loro recenti conversazioni ci aveva tenuto a ricordare al ragazzo che a Edimburgo c’erano ottimi jazz club.

Peter sapeva che non era la pianista il motivo per cui temeva tanto di aprire la busta. Era il verdetto a spaventarlo, qualunque fosse stato. Se fosse stato positivo avrebbe significato dover riscrivere completamente la propria vita. Al contrario, invece, vedersi respinto nuovamente dal GAE Studios avrebbe rappresentato per lui un durissimo colpo.

Scambiò uno sguardo con Audrey, che lo incitò ad andare avanti, per poi concentrarsi sulla barretta di cioccolato.

«Peter ma questo è cioccolato fondente» gli disse.

«A te piace» rispose il ragazzo, ma era chiaro che stesse pensando a tutt’altro.

«No, piace a te.»

«Ah, scusa» continuò lui con lo stesso tono assente di poco prima. Audrey lasciò perdere la cioccolata, posando la barretta sul letto e rimase a guardare Peter che, presa una lunga boccata d’aria, forzava un lembo della busta per poterla aprire. Si sedette sul bordo del letto, vicino alla pianista ed estrasse la carta intestata dello studio di animazione. Spiegò il foglio, sfiorandone la superficie.

Audrey si avvicinò a lui e posò il mento sulla sua spalla per poter leggere le stesse parole del ragazzo. Scorse le righe di testo che certamente stava guardando anche lui e appena ebbero finito entrambi di leggere, nessuno dei due parlò. Il ragazzo sentì Audrey avvicinarsi di più a lui, cingergli la vita con le braccia.

«Mi dispiace tanto, Pete» gli disse, lasciandogli un lieve bacio sul collo.

Lui non disse nulla. Teneva gli occhi ancora fissi sul testo della lettera, sentendosi totalmente annichilito. Era stato respinto. Di nuovo, per lo studio scozzese, i suoi lavori non erano “sufficientemente originali”. Ancora una volta le sue capacità non erano state considerate all’altezza, il suo meglio non era bastato. Era stato uno schiaffo in pieno volto e faceva male, moltissimo.

«Sembra che dovrai rimanere ancora un po’ qui a Londra con me» gli disse lei, tentando di stemperare un po’ l’atmosfera. «A quanto pare gli scozzesi non ci vogliono.»

Sapeva quanto era stato duro per Peter il colpo che aveva appena ricevuto. Nessuno gli avrebbe detto di no se avesse visto con quanto amore e passione il ragazzo si dedicava al disegno. Purtroppo, però, la concorrenza era sempre più spietata della dedizione.

Alle parole di Audrey, Peter sorrise. Per quanto il rifiuto della GAE Studios facesse male, la sua mente gli disse di concentrarsi solo sulla pianista in quel momento, al modo in cui gli si era stretta, al tocco delle sue mani. Con lei accanto sembrava tutto più facile da affrontare, meno ingiusto, meno doloroso. Si voltò verso di lei per poterla abbracciare, stropicciando nella mano la lettera di rifiuto. Audrey si accoccolò fra le sue braccia come un gatto, dandogli tutto il tempo di cui aveva bisogno.

A Peter bastarono pochi istanti per sentirsi meglio, per ricordarsi che poteva ancora perfezionarsi, migliorare ulteriormente fino a ricevere il riconoscimento a cui ambiva tanto. Anche se non fosse mai arrivato, però, capì che avrebbe imparato a convivere con la cosa. Finché accanto a lui ci fosse stata Audrey, non aveva bisogno di altro.

 

 

 

 

 

Ciao a tutti.

Siamo arrivati alla fine di questa storia. Ci tenevo a rubarvi solo un altro paio di minuti per ringraziarvi di cuore di aver letto fino in fondo il racconto di Audrey e Peter. So che si è trattato di una storia “lenta” (volutamente, ci tengo a precisare), ma sono ugualmente contenta di sapere che, nonostante i tempi che per alcuni possono essere eccessivamente dilatati, questo lavoro abbia ugualmente trovato dei sostenitori. Grazie davvero.

Ultimissima cosa, se qualcuno volesse provare a indovinare il presta volto di Peter mi farebbe piacere xD

Grazie ancora! Al momento sto lavorando a una nuova storia, sarebbe bello poter ritrovare qualcuno di voi, nel caso.

Alla prossima!

MadAka

 

 

 

 

  
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