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Autore: heliodor    08/07/2018    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Fuori dalle mura
 
Appena tornati alla locanda, Marq e Tymund si chiusero nella stanza del secondo e vi rimasero per un paio d'ore.
Joyce avrebbe voluto sentire quello che si dicevano, ma Belia si piazzò di guardia di fronte alla porta e non lasciò che nessuno si avvicinasse.
Joyce andò nella sua stanza e si cambiò. Prese una camicia e un pantalone, degli stivali e una mantellina leggera. Quindi usò una borsa a tracolla trovata in fondo all'armadio per infilarvi dentro il compendio di Lacey e i due libri che aveva preso alla biblioteca. Prese anche una camicia e un pantalone di ricambio.
Quando uscì Marq l'attendeva sulla soglia. "Brava, non prendere molte cose. Ti conviene viaggiare leggera." Le porse un sacchetto che tintinnava.
Joyce lo aprì e vi guardò dentro. C'erano almeno trenta tra monete d'oro, d'argento e di rame. "Non posso accettare questo denaro" disse.
"È la tua parte."
"E la stanza? I vestiti?"
"Era una grossa parte" disse Marq sorridendo. "Vieni giù. È ancora presto per partire e ci sono cose di cui dobbiamo parlare."
Nel salone c'erano pochi avventori. Lem e Belia erano seduti al tavolo. Mancava Tymund ma Joyce non osò chiedere dove fosse.
Fu Marq a farlo.
"Tym non è ancora sceso?"
"L'ultima volta che sono andato a chiamarlo" disse Belia. "Si stava trastullando con quel libro che gli hai portato."
Marq scrollò le spalle. "Poco male, faremo senza di lui. Daysa."
La locandiera si avvicinò. "Che vi porto?"
"Da bere per tutti. Non la roba che dai ai soliti clienti, ma qualcosa di veramente buono" disse Marq facendole l'occhiolino.
Daysa se ne andò brontolando.
"Dobbiamo festeggiare la tua partenza" disse Marq rivolgendosi a Joyce.
"Non era necessario" disse lei.
"Certo che lo è" fece Lem. "Porta sfortuna partire senza prima bere qualcosa. È la tradizione."
Daysa tornò con dei bicchieri e tre bottiglie piene di vino. "Questo è nettare di Pontill" disse la donna. "Vedete di trattarlo bene."
Marq versò da bere per tutti. "A Sibyl e a sua sorella" disse alzando il bicchiere.
Tutti si unirono al brindisi, anche Joyce che a Valonde non aveva mai bevuto più di due o tre sorsi e solo quando l'etichetta di corte la obbligava a farlo.
Al terzo bicchiere sentì la testa girare.
Marq fece per versargliene un altro, ma lei rifiutò. "Basta, grazie."
Lem rise mentre finiva il quinto o il sesto. Dopo un po' anche Marq e Belia ne ebbero abbastanza e lasciarono la mezza bottiglia rimasta a Lem.
"Credo" disse Marq alzandosi. "Che sia venuto il momento di partire."
Joyce aveva ancora un cerchio alla testa ma riuscì ad alzarsi. "Credo di aver bevuto troppo."
Fuori stava facendo buio e Daysa stava accendendo le lampade lungo le mura per fare luce.
Joyce prese le sue cose e con passo barcollante seguì Marq fuori dalla locanda.
"Li affido a te" disse Marq a Belia.
La donna annuì. "Stai attento e niente rischi inutili."
"Tymund mi ha spiegato tutto, non preoccuparti."
"Tu comunque tieni gli occhi aperti. Lì fuori è pieno di uomini di Falgan."
"Non c'è bisogno che tu me lo ricordi" disse lui esibendo un largo sorriso.
Belia sbuffò. "Torna tutto intero."
"Tra un po' mi metto a piangere" disse Marq con tono canzonatorio.
Belia gli tirò uno schiaffo sul braccio. "Vattene ora o ti prendo a calci."
Joyce lo seguì per le strade di Theroda. Il fresco della sera le schiarì la testa e attenuò il fastidioso ronzio che sentiva nelle orecchie.
"Tutto bene? Vuoi fare una pausa?" chiese Marq a un certo punto.
Joyce fece di no con la testa. "Non stiamo andando al tempio dei giganti" disse guardandosi attorno. La strada che stavano percorrendo era deserta fatta eccezione per qualche solitario passante che ogni tanto li incrociava.
"Brava, hai buona memoria" disse Marq. "Infatti prenderemo un'altra via."
"Posso chiederti per quale motivo?" fece Joyce sospettosa.
"Ho paura che Bermal mi faccia seguire" ammise lui. "E non mi va, anche se in fondo ha investito mille monete su di me e anche io sarei sospettoso."
"Ha paura che scappi via con i soldi?"
"Sono un mercenario, queste cose succedono" disse lui esibendo un largo sorriso.
Joyce lo guardò con sospetto.
"Sta tranquilla, per stavolta rispetterò gli accordi. Sono un mercenario onesto, io. E poi se tentassi una cosa del genere, Bermy farebbe del male ai miei compagni. È per questo che non ha voluto che andasse Tymund."
"Perché sa che tu ci tieni molto a lui?"
"Niente affatto" esclamò Marq divertito. "Il motivo è che sa bene che Tym ci abbandonerebbe se lo ritenesse conveniente."
Joyce sgranò gli occhi.
Marq scrollò le spalle e proseguì.
Lei lo seguì fino a una casa in legno che sembrava abbandonata.
Marq spinse la porta e questa si aprì. All'interno era buio ma lui si muoveva senza esitazione. Raggiunsero una scala che scendeva nelle tenebre. "È qui sotto. Il passaggio, intendo."
Marq andò per primo e Joyce lo seguì. Come aveva detto, i gradini finivano in un pozzo circolare dal quale si dipanava una galleria scavata sotto la città.
Anche a Valonde c'erano molti passaggi del genere e ne veniva scoperto almeno uno ogni anno. Suo padre aveva ordinato alla guardia cittadina di creare un corpo specifico che si occupasse solo di trovare e chiudere i passaggi sotterranei, ma questi sembravano sbucare dappertutto e in posti inaspettati.
Theroda non sembrava fare eccezione.
Marq evocò un globo luminoso e Joyce lo imitò. La galleria aveva pareti lisce  e levigate, ma sembrava in disuso da anni. C'erano numerose ragnatele e avvertiva un odore di muffa penetrante.
"Questa è la via dei morti" disse Marq, la voce che rimbalzava sulle pareti di roccia.
"Che nome strano."
"Non direi. Il tunnel venne costruito due secoli fa, quando una violenta epidemia colpì il continente vecchio. Per non turbare la popolazione locale, gli arconti dell'epoca fecero costruire questo passaggio per trasportare i morti all'esterno della città e cremarli. Così evitarono che la città si riempisse di cadaveri."
"È interessante" disse Joyce cercando di non pensare a quanti cadaveri erano passati dove lei stava mettendo i piedi.
"Dicono che i lamenti delle anime dei morti risuonino ancora nel tunnel, di tanto in tanto, ma io credo che sia solo il vento."
In effetti c'erano rumori di cui non riusciva a individuare la provenienza, ma non osava chiedersi che cosa li stesse producendo.
"Hai paura?" chiese Marq.
"Ho visto di peggio" disse Joyce. Nel Cantico del Dragone di Ilanis Helbo, la principessa Ragnal e il suo paggio di corte Samay usavano un tunnel sotto il castello per sfuggire dalle grinfie del mago cattivo Duilomak. Solo che a metà del percorso il mago cattivo di rivelava essere anche un negromante cattivo e scatenava sulle tracce dei due fuggitivi un'orda di non-morti.
Nel libro di Helbo la principessa se la cavava perché conosceva un controincantesimo che rimandava le anime dei non-morti negli inferi, ma lei nemmeno sapeva se nel compendio di Arran Lacey esisteva una magia capace di tanto.
"Davvero?"
"Una volta ho visto una negromante risvegliare un mostro morto da secoli... no, millenni."
"Sul serio? Lo ha proprio risvegliato e non evocato?"
"Un minuto prima era un mucchio d'ossa e quello dopo voleva mangiarci."
"Non eri sola?"
Joyce si morse la lingua. Stava di nuovo parlando troppo. Il ricordo di quella sera era al tempo stesso terribile e struggente. Aveva rischiato la vita ma aveva anche combattuto fianco a fianco con Vyncent. E ricordava ancora il terrore che aveva provato quando Oren era sparito e il sollievo di quando l'aveva rivisto. E tutti quei sentimenti stavano riemergendo proprio in quel momento, senza che lei potesse farci niente.
Il tunnel terminava con una porta di legno. Joyce fu così sorpresa nel rendersi conto che era terminato da spezzare la catena dei suoi pensieri.
"Niente paura, ho la chiave" disse Marq facendo scattare la serratura. Oltre di essa vi era un altro pozzo verticale e una scala di legno appoggiata alla parete di mattoni.
"Le terre attorno a Theroda sono piuttosto aride" disse Marq mentre salivano. "Non ci sono fiumi e laghi importanti, così la gente ha scavato centinaia di pozzi per rifornirsi d'acqua. Non è possibile controllarli tutti e noi sfruttiamo a nostro vantaggio la cosa."
A Joyce però non interessavano i pozzi. Voleva informazioni sulla persona che dovevano incontrare. "Quest'uomo che dobbiamo incontrare" disse sbuffando. "Lo conosci?"
"Lo conosce Tymund."
"Ti fidi di lui."
"Si fida Tymund."
"E tu ti fidi di Tymund?"
Marq le tese il bbraccio aiutandola a scavalcare il muretto del pozzo. "No, non mi fido affatto di Tymund. Non esiterebbe un istante a tradirmi, se fosse per un giusto tornaconto."
"Ma allora..."
"Se la trattativa fallisce o se mi ha ingannato, sarà il primo a pagarne le conseguenze. In fondo è nelle mani dell'arconte e di Gundo."
"E sono persone cattive?"
Marq rise. "Buone, cattive. Che importanza ha? Si vendicheranno su di lui se qualcosa andrà storto."
Il pozzo sorgeva a ridosso di alcune fattorie. Erano poco più di capanne e i recinti che una volta avevano ospitato gli animali erano vuoti. Anche i campi erano spogli e non si vedeva anima viva in giro.
"Theroda non è mai stato un luogo accogliente" disse Marq mentre camminavano tra le capanne. "Ma la guerra l'ha reso anche peggiore."
"La colpa è di chi ha iniziato la guerra" disse Joyce. Malag e i suoi avevano attaccato per primi e l'alleanza di Valonde aveva reagito.
"L'errore è combatterle, le guerre" disse Marq. "La colpa è di chi ci governa."
"Tu sei uno stregone" protestò Joyce. "Non puoi dire certe cose."
"E allora? Non posso essere contrario a questo spargimento di sangue?"
"No io..."
"Zitta" fece lui accucciandosi.
"Non azzardarti a..."
Marq l'afferrò per il braccio e la tirò giù. "Ho detto zitta." Indicò la parte opposta della fattoria.
In mezzo a quello che una volta era un recinto c'erano tre persone, due uomini e una donna. Una quarta persona giaceva a terra, immobile.
La donna stava marciando verso un lato del recinto, dove sostavano una mezza dozzina di soldati in armatura leggera armati di lance e scudi.
"Klein sta morendo" disse la donna con tono supplice.
"E allora?" disse uno dei soldati con tono seccato.
"Dategli dell'acqua" disse la donna. "Per alleviare le sue sofferenze."
"È acqua sprecata" rispose il soldato.
La donna si inginocchiò. "Vi prego. Chiedo solo un po' d'acqua."
Il soldato volse la testa verso un uomo vestito con un mantello grigio e azzurro. Da quella distanza Joyce non riusciva a vedere i simboli del suo circolo.
Lo stregone si avvicinò alla donna. "Alzati" disse porgendole il braccio. "Vedrò che cosa posso fare per Klein."
La donna si aggrappò a lui e si rialzò. "Grazie."
Lo stregone e la donna marciarono verso l'uomo disteso al suolo.
"È ferito, ma se potessimo portarlo da un guaritore forse..." iniziò a dire la donna.
Lo stregone sollevò il braccio e lasciò partire due dardi magici.
Il corpo sussultò e poi giacque immobile.
"Ora non ha più bisogno di acqua o di guaritori" disse lo stregone voltandosi.
La donna scoppiò a piangere.
"Lo hai visto?" chiese Joyce a Marq.
Lui annuì. C'era un'ombra scura nel suo sguardo. Si era fatto serio, i pugni stretti fino a sbiancare le nocche. Si alzò con un movimento fluido. "Tu resta qui."
Marq uscì dal nascondiglio, i dardi già pronti nella mano.
I soldati e lo stregone non si accorsero di lui finché non fu a una decina di metri di distanza.
"E tu chi sei? Fermo" gridò uno dei soldati, la lancia spianata.
Marq lo colpì con un dardo magico alla gola e questo stramazzò.
"Allarme" gridò uno dei soldati prima di essere colpito all'addome. L'armatura assorbì il colpo ma il dardo lo proiettò all'indietro.
Due dei soldati estrassero delle balestre e iniziarono a caricarle.
Lo stregone dal mantello grigio e azzurro si mosse verso Marq. "Ti conosco?" disse evocando lo scudo magico.
"Sono Occhi Blu" disse Marq con rabbia.
"Io sono Sane, dell'armata di Falgan" disse lo stregone. "C'è una taglia sulla tua testa, Occhi Blu."
"Te la dovrai guadagnare."
"È Occhi Blu" disse uno dei soldati gettando a terra la spada.
"Stupidi" gridò Sane. "Lui è solo e noi siamo in cinque."
Marq lo ignorò e lanciò due dardi verso i balestrieri, mancandoli. I soldati gettarono via le balestre e corsero via, seguiti dagli altri.
"Ora siamo solo tu e io" disse Marq avanzando. Joyce notò con orrore che non aveva evocato lo scudo magico.
Nella mano di Sane apparve un oggetto luminoso. Muovendo il polso e il braccio con un movimento circolare, diede forma a una frusta di energia.
Joyce aveva già visto una corda magica, ma mai usata in quel modo.
Invece di cercare di afferrare l'avversario per rallentarlo, Sane la faceva roteare sulla testa come se volesse scagliarla contro Marq.
Questi si mosse di lato con velocità doppia o tripla rispetto al normale.
Sane fece schioccare la frusta e la scagliò contro Marq, che evitò il colpo chinandosi di lato un attimo prima. La punta della frusta colpì la staccionata alle sue spalle, tagliando in due un asse di legno spesso venti centimetri.
Joyce trattenne il fiato e guardò Marq raddrizzarsi con un movimento fluido.
Sane tornò all'attacco scagliando di nuovo la frusta e mancando il bersaglio grazie a Marq che era saltato via un attimo prima.
"Falgan mi pagherà bene per la tua testa" disse Sane. "Ma credo che mi terrò i tuoi occhi. Saranno la gemma più preziosa della mia collezione."
Marq grugnì qualcosa e si scagliò in avanti preceduto da un lampo di luce azzurra.
Gli occhi di Joyce vennero abbagliati dal lampo improvviso e il tuono che ne seguì l'assordò, costringendola a chiudere gli occhi per un istante.
Quando li riaprì, vide che Sane era a terra e Marq sopra di lui.
Lo stregone non si muoveva.
Joyce uscì dal nascondiglio e corse verso Marq. "È morto?"
Lui la ignorò e andò dalla donna e dai due uomini. "Chi siete?" domandò.
Joyce passò davanti al corpo di Sane e distolse subito lo sguardo. Il petto dello stregone era stato dilaniato da un'energia poderosa che gli aveva fatto esplodere la cassa toracica. La ferita era annerita sui bordi come se fosse stata cauterizzata da un calore intenso.
"Stavamo andando a Theroda per cercare scampo" disse la donna. "Eravamo in venti quando ci hanno attaccati."
"Falgan" mormorò Marq. "Qui non è sicuro. Tornate indietro e cercate un altro posto dove rifugiarvi. Evitate le strade principali."
La donna e i due uomini corsero via.
Marq guardò il corpo di Sane. "Non c'è tempo per seppellire i morti. Leviamoci di qui prima che ne arrivino altri."
Joyce ricordò che quattro soldati erano corsi via e a quest'ora potevano aver già dato l'allarme.
"Potevi anche darmi una mano" disse Marq con tono di rimprovero.
"Mi hai detto di restare nascosta" si scusò Joyce.
"Scherzavo" fece lui ridendo. "Conoscevo di fama quel Sane. Non era un avversario così forte come pensava."
Il resto del viaggio trascorse tranquillo e si allontanarono di alcune miglia dalla città.
"Siamo oltre la linea d'assedio di Falgan. Tra poco dovremo imbatterci negli uomini di..."
"Fermi lì" disse una voce.
Due persone, un uomo e una ragazza, apparvero all'improvviso davanti a loro, i dardi che già brillavano nelle loro mani.
"Che ti dicevo, Zuri?" chiese l'uomo alla ragazza. "Era una buona idea pattugliare questa strada."
Zuri aveva la pelle scura come quella degli abitanti di Mar Qwara. "Hai ragione Gili. Il comandante sarà contento quando gli porteremo questi due. Se non mi sbaglio, il tizio sorridente è lo stregone Occhi Blu."
"La mia fama mi precede" disse Marq divertito.
"Non ti ho dato il permesso di parlare" disse Gili minaccioso. "Ora sei nostro prigioniero."
"Prigioniero? Io sono qui per parlare con il vostro comandante" disse Marq.
Gili rise. "E cosa vorresti dirgli?"
Marq mise una mano nella sacca che portava a tracolla e ne estrasse un disco d'argento. Lo mostrò a Gili. "Lo riconosci?"
"È il sigillo degli arconti di Theroda" disse lo stregone. "Come l'hai avuto?"
"Me l'ha affidato l'arconte Bermal. Ma il resto lo dirò solo al vostro comandante. Ora portateci da lui se non volete che si arrabbi sul serio. Ho sentito dire che ha un caratteraccio."
Zuri ghignò. "Hai una bella faccia tosta, Occhi Blu. Ma su una cosa hai ragione. A Lord Gauwalt non piacciono gli sbruffoni e i bugiardi. E mi sembra che in te ci sia tanto dell'uno e molto dell'altro."
Marq esibì un sorriso di sfida.
Joyce invece si sentì sprofondare. In che guaio si era cacciata, in nome degli Dei?

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