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Autore: LysandraBlack    09/07/2018    3 recensioni
Aenor Mahariel, fiera Cacciatrice tra i Dalish.
Geralt Amell, ambizioso mago intrappolato nella Torre del Circolo.
Kallian Tabris, sogna una vita tranquilla nell'Enclave di Denerim.
Elissa Cousland, ansiosa di mettersi alla prova.
Natia Brosca, che non conosce altro che i bassifondi di Orzammar.
Duran Aeducan, comandante dell'esercito e Principe della città dei nani.
Sei eroi, provenienti da ambienti radicalmente diversi, si ritroveranno loro malgrado a fermare il Flagello che si abbatte sul Ferelden. Ce la faranno?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alistair Therin, Custode, Leliana, Morrigan, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO TRENTUNO:

REDCLIFFE


 


 

«Follia. Non posso credere che qualcuno voglia andare al Circolo di propria spontanea volontà.»

«Sai, per molti di noi il Circolo è stato una casa e un rifugio, invece che una prigione.»

Geralt si morse la lingua, prima di rispondere a tono alla vecchia. «Oh, certo, chi non vorrebbe condividere casa con dei bigotti assassini...»

Wynne scosse la testa, sospirando. «Immagino che questa conversazione non ci porterà da nessuna parte, come al solito.»

«Esattamente.»

«Resta il fatto che la giovane Dagna ci ha chiesto di consegnare questa lettera al Primo Incantatore, ed è esattamente quello che intendo fare.»

Il mago si gettò indietro i capelli, cercando di liberarli dalla neve che vi era rimasta impigliata, ripensando a quanto la ragazzina era sembrata entusiasta di andare a studiare a Kinloch Hold. Non pensava l'avrebbero rifiutata, nello stato in cui versava la torre in quel momento sarebbe stato da emeriti cretini, piuttosto che se ne sarebbe pentita subito. Che poi, cosa ci andava a fare un nano in una torre di maghi...

«Speri che le mettano al collo un guinzaglio simile al tuo, vecchia?»

Geralt sperò che il sussulto di sorpresa fosse passato inosservato, nascosto sotto dei finti colpi di tosse. «Morrigan.»

La strega delle Selve lo guardò dall'alto in basso, un sopracciglio alzato e un grosso tomo tra le mani, che il mago riconobbe all'istante: il vero grimorio di Flemeth.

«Non ho intenzione di perdere tempo con voi due.» Decise Wynne, prima di alzarsi e portare con sé quello che restava della sua cena, andando a raggiungere gli altri, radunati attorno al falò e intenti ad ascoltare una delle melodie di Leliana.

Morrigan si sedette accanto a Geralt, picchiettando le dita sulla rilegatura del libro. «Finalmente ti sei deciso a chiedere aiuto a qualcuno che ne sa più di te.»

Sbuffò. «Certo, come posso competere io, cresciuto tra libri magici provenienti da ogni dove, con te e il tuo addestramento nelle paludi?»

Non la scalfì nemmeno. Il sorrisetto divertito di Morrigan, se possibile, si aprì ancora di più. «Come se non avessi assaporato ogni singola riga di questo grimorio peggio di un bambino con le caramelle. A proposito, complimenti per aver rotto il sigillo, non male per un topo di biblioteca.»

Si strinse nelle spalle. «Rompere sigilli su libri non esattamente consentiti era il mio passatempo preferito.»

«Ma pensa... In ogni caso,» riprese abbassando il tono di voce fino a ridurlo in un sussurro, l'espressione che si faceva più seria «quello che mi hai chiesto non è possibile. C'è un modo per sfuggire a morte certa, ma per come stanno attualmente le cose, dubito che sarà facile convincerli. E comunque si tratta solo di una situazione... temporanea.»

«Non mi importa un accidenti di quel cretino, possiamo anche non salvarli entrambi.»

Morrigan si voltò verso il resto del gruppo, lo sguardo che vagava su ciascuno di loro. «Credi davvero lo lascerebbe fare?»

Geralt sapeva che la strega aveva ragione. Tacque.

«Temo sprecherai il tuo tempo, mago. Sempre che tu non ricorra a qualche trucchetto dei tuoi.»

Le afferrò il polso di scatto, serrando la presa. «Non mi permetterei mai.» Replicò in tono glaciale.

L'altra si liberò dalla sua stretta, aprendogli la mano con le lunghe dita affusolate, lentamente. «Nemmeno se significasse salvarle la vita?»

Prima che potesse rispondergli, si alzò e lo lasciò solo a rimuginare sui suoi pensieri.




 

Il castello di Redcliffe era ancora sepolto sotto la neve.

Nonostante fossero passati due mesi da quando erano partiti alla volta di Orzammar, nulla sembrava essere cambiato. Il cortile rimaneva mezzo distrutto, gli abitanti non avevano smesso di piangere i loro morti e Jowan si trovava ancora dietro le sbarre.

«Speravo almeno gli avessero dato una sistemazione decente.» Commentò aspro, salendo le scale che portavano allo studio dell'Arle.

Aenor, accanto a lui, era silenziosa.

«Insomma, è chiuso lì dentro da mesi. Non pensavo lo avrebbero trasferito negli appartamenti dell'Imperatrice di Orlais, ma anche uno stramaledetto stanzino delle scope sarebbe meglio di quella cella...» Sbattè il bastone magico sul gradino successivo, come a ribadire quanto appena detto.

«Se non rispetta i patti, possiamo minacciarlo di ficcarglielo nel culo, quel bastone.» Disse Aenor a denti stretti, la mano serrata sul coltello da caccia che portava alla cintura.

«Con palla di fuoco annessa?»

«Sicuro.»

Ridacchiò, immaginando la scena. Si ricompose però in fretta, erano arrivati.

La Custode bussò una volta alla porta, per poi entrare senza aspettare di essere invitata.

«Arle Aemon, dobbiamo parlare.»

L'Arle li stava probabilmente aspettando, ma mise frettolosamente da parte alcune carte, spostando una penna d'oca dall'aria pomposa. «Ah, Custode. Siete ancora convinta di volere il rilascio di quel mago del sangue, immagino.»

L'elfa annuì. «Siamo tornati da Orzammar con un esercito di nani. Ora consegnateci Jowan.»

Il vecchio li scrutò con attenzione, appoggiandosi allo schienale della sedia. «È un maleficar scappato dal Circolo, che mi ha avvelenato cercando di uccidermi.»

Con uno scatto, l'elfa sbattè la mano aperta sul tavolo di legno, facendoli sussultare entrambi. «Le chiavi della cella. Ora.»

A difesa dell'Arle, se era spaventato lo stava nascondendo bene. Si limitò a fissarla come un maestro osserva un bambino fare i capricci. «No.»

«Ha giurato-»

«Che l'avrei rilasciato, sì.» La interruppe Aemon, alzando una mano. «Ma non a voi. Verrà rispedito al Circolo, che se ne occuperà personalmente.»

«È come mandarlo al macello!» Ringhiò Geralt, sentendo il flusso magico sull'orlo di erompere. «Non potete lasciarlo in mano ai templari!»

«Geralt.» Lo ammonì Aenor, prima di tornare a puntare gli occhi verdi sull'Arle. «Avete due opzioni: o spedite Jowan con una scorta al Circolo, e io e i miei compagni lo liberiamo uccidendo i vostri uomini, oppure la smettete con queste stronzate e ce lo consegnate senza altre storie.»

L'Arle sgranò gli occhi. «Mi stai minacciando, nel mio stesso palazzo?»

La Custode alzò le spalle. «Già.»

Se non l'avesse vista già altre volte minacciare gente con molto più potere di lei, si sarebbe sorpreso anche lui. Ma dopo averla vista coperta del sangue di drago, ogre, più Prole Oscura di quanto riuscisse a tenere il conto e altri nemici vari, era Aemon quello che si sarebbe dovuto preoccupare.

«Alistair non sarebbe d'accordo.»

«Ho sconfitto un alto drago per trovare le Ceneri che vi hanno salvato la vita. Ed è anche grazie a me, oltre che a Jowan stesso, che vostro figlio non è stato accoppato come un abominio qualsiasi. Mi dovete ben più di una vita, shemlen.» Calcò sull'ultima parola, sputandola fuori, sfidando l'altro a darle contro.

Arle Eamon sembrò considerare le varie opzioni, ma alla fine capitolò. «E sia, prendetevelo. Ma i nostri debiti sono saldati.» Aprì un cassetto, dalla quale estrasse una singola chiave, una runa magica impressa su di essa.

Geralt si affrettò a prenderla, soppesandola nel palmo della mano, il cuore che batteva all'impazzata. Finalmente.

Ora, c'era da vedere come avrebbe reagito Jowan.

Scesero fino alle porte delle prigioni, quando l'elfa si fermò improvvisamente. «Credo ti lascerò andare da solo... vedi di non rovinare tutto.»

Potè giurare di averla vista fargli l'occhiolino, prima di sparire verso il cortile.

Inspirò profondamente. “Per le palle del Creatore, Geralt, datti una mossa!”

Il corridoio era angusto e poco illuminato, esattamente come l'aveva lasciato l'ultima volta. Chissà se c'erano ancora in giro pezzi della sua dignità, spiaccicati sul pavimento assieme a calcinacci e feci di ratto...

«C'è qualcuno?»

Emerse alla luce della torcia di fianco alle sbarre, le chiavi strette in pugno. «Hei.»

«Geralt! Ho sentito che erano arrivati i Custodi, speravo-» Si interruppe di colpo. «La Custode...?»

Sfoderò il suo migliore sorriso, sventolandogli le chiavi sotto al naso. «Puoi ringraziarci una volta fuori da qui.» La serratura scattò con un “clack” che rimbombò sulle pareti di pietra, la porta di metallo che si apriva con un cigolio. Si fece da parte con un leggero inchino. «Prego.»

Jowan non esitò un attimo, un sorriso incredulo in volto mentre finalmente varcava la soglia. Con grande stupore ed imbarazzo seguente, lo strinse in un breve abbraccio. «Grazie, Geralt. Ti devo la vita, di nuovo.»

Durò qualche attimo, giusto una manciata, ma avrebbe voluto stringerlo per tutta la giornata.

L'altro tossicchiò imbarazzato, dopo aver fatto qualche passo indietro, spostando il peso da un piede all'altro. «Quindi...»

«Quindi.»

Scoppiarono a ridere entrambi, a disagio.

“Lo sapevo. Ho rovinato tutto.” «Credo sia meglio prendere una stanza alla locanda, giù al villaggio. Almeno potrai darti una sistemata.» Propose Geralt, per poi zittirsi immediatamente, rendendosi conto di quanto potesse sembrare equivoco. «Intendo, prenderti. Una stanza. Insomma, una stanza tua, alla locanda.»

Jowan annuì. «Sì, una stanza e un bagno mi sembrano una splendida idea...»

Raggiunsero il cortile. Notò che l'amico zoppicava un poco, mentre con la mano sfiorava la neve che si era posata sul muro di cinta distrutto, facendo grandi respiri profondi. Chiuse gli occhi, un sorriso beato che gli compariva sul volto. «Non pensavo sarei mai uscito da lì. Non vivo, almeno.» Un tremito lo scosse per tutto il corpo. Geralt si diede dell'idiota: era pieno inverno e l'altro aveva soltanto delle vesti leggere, lacere e sporche, per proteggersi dal gelo.

Si tolse il proprio mantello foderato di pelliccia, tendendoglielo. «Mettitelo, o morirai comunque di freddo.» Bofonchiò cercando di darsi un tono.

«Ma tu poi?»

«Sei sempre stato tu quello freddoloso.» Sbuffò in risposta.

Le guardie di fronte al cancello li squadrarono con odio, ma li lasciarono passare indenni. Il breve tragitto fino al villaggio lo passarono in silenzio, Jowan che sembrava godersi il panorama e Geralt a domandarsi se si potesse morire di vergogna.

La locanda era affollata come al solito. Con la coda dell'occhio individuò Natia, Zevran, Leliana e Kallian, seduti ad un tavolo in fondo alla sala, fargli cenni di incoraggiamento.

«Ci... vediamo dopo allora?» Bofonchiò Jowan, dopo che la locandiera gli ebbe consegnato le chiavi della stanza e fatto cenno di seguirlo al piano di sopra.

Geralt annuì, la gola secca. «Sì, certo... a cena. Se hai fame. A- A dopo.»

Si sarebbe preso a schiaffi da solo.

Trascinò i piedi fino al tavolo dove erano seduti gli altri. Zevran gli fece spazio con un sospiro affranto.

«Avresti dovuto seguirlo.» Gli disse, allungandogli un bicchiere di vino.

«Stai scherzando spero.» Ribattè acido. «Avrebbe pensato-»

«Che fossi preoccupato per lui.» Si intromise Leliana, gentilmente. «Non dovresti farti così tanti problemi, sai. In fondo siete amici da una vita, no?»

«Amici un cazzo! Ho rovinato tutto e ora probabilmente non vede l'ora di trovare una scusa per liberarsi di un... di un...»

«Se stai per finire la frase con un insulto sulla tua sessualità, sappi che ti ritroverai un coltello nella gamba e sarà solo per il tuo bene.» Lo avvertì Zevran, minaccioso. «Ora, bevici su e poi vai a bussare a quella porta.»

Tracannò il vino, unica speranza di riuscire a sopportare quel supplizio. «E cosa dovrei dirgli?! “Sai, ti ho salvato ma non sei costretto a fingere di ricambiare i miei sentimenti, anzi, a riguardo, ero ubriaco e scherzavo, per favore dimenticati di tutta la conversazione”?»

Zevran e Leliana si scambiarono uno sguardo carico di disapprovazione.

Inaspettatamente, però, fu Kallian a prendere parola.

«Se non vi chiarite, resterai ad arrovellarti per sempre.»

«E credi sia facile chiarirsi?!»

Gli lanciò un'occhiataccia gelida. «Hai ucciso un alto drago, mago, non mi dirai che te la stai facendo sotto proprio adesso.»

Cercò l'aiuto di Natia, ma quella scosse la testa, alzando le mani in segno di resa. «Non guardare me, spilungone. Ti sto dicendo le stesse cose da un pezzo ma non mi ascolti mai, se proprio non vuoi darmi retta... è inutile battere un bronto zoppo.»

«Vi odio tutti.» Bofonchiò mentre Zevran gli versava un secondo bicchiere.



 

Tre bicchieri dopo e una gran dose di incoraggiamento da parte dei compagni, bussò alla porta, un vassoio di cibo e una caraffa di vino in mano. «Jowan?»

L'altro gli aprì la porta, degli abiti puliti addosso (come se li era procurati?) e i capelli bagnati a cadergli lunghi sulle spalle.

«Ah, non dovevi... grazie, mi hai risparmiato di scendere là sotto col mondo intero.» Gli sorrise grato, facendogli cenno di entrare e sedendosi sul letto. Era molto magro, i segni della prigionia prolungata che lo facevano apparire ancora più fragile. Geralt appoggiò il vassoio sull'unico tavolino nella stanza, spostandolo poi verso il letto e sedendosi sulla traballante sedia di legno.

«Figurati, ci sono passato anch'io. Più o meno.»

Jowan prese una delle due ciotole di zuppa calda, assaggiandone una generosa porzione. «Mhf, che buona... comunque, se è una sfida, per una volta credo di vincere io.»

Scosse la testa divertito, prendendo da mangiare a sua volta. «Non ci scommetterei.»

Versò del vino ad entrambi, mangiando con calma mentre l'altro sembrava voler spazzolare tutto prima che qualcuno glielo portasse via.

Rimase in silenzio, ad aspettare che Jowan finisse il suo piatto. Era un discorso importante, non poteva rischiare si strozzasse col cibo, no? Lo sguardo vagò per la stanza, soffermandosi per un attimo sulla piccola vasca. Notò che l'acqua era leggermente rossastra. “Sangue.” O le ferite non si erano mai rimarginate completamente, cosa alquanto improbabile, oppure le guardie si erano divertite a torturarlo, approfittando delle catene che gli impedivano di lanciare incantesimi.

Una volta che rimasero solo i calici di vino, si schiarì la gola. «Jowan... riguardo quello che ti ho detto l'ultima volta che ci siamo visti...»

«Geralt.»

Sollevò lo sguardo, sperando che la barba lunga e i capelli nascondessero il rossore sulle guance.

«Da quanto?»

Bevve altri due sorsi. «Almeno da... non lo so precisamente, penso di essermene reso conto quando stavamo studiando notte e giorno su quelle stupide rune della terza era.» Ammise in un sussurro.

L'altro sgranò gli occhi, facendo due conti. «Ma era almeno sette anni fa!? Non potevi-»

«Che dovevo fare?!» Sbottò allora Geralt, sulla difensiva. «Non sembravi renderti conto di niente, pensavo che fossi troppo concentrato sullo studio per pensare ad altro, e poi non partecipavi mai a nessuna conversazione sull'argomento...»

«Ma di che stai parlando, nessuno ha mai- Aspetta, gli altri lo sapevano?»

Si grattò la barba, a disagio. «Forse Niall. Anders sicuramente. Ma era troppo occupato a sbaciucchiarsi con Karl per-»

«Anders e Karl?!» Lo interruppe Jowan, sempre più sconvolto. «Ma non era il suo tutor?»

Geralt lo fissò basito. Non capiva se lo stesse prendendo per il culo o se fosse davvero stato, per tutti quegli anni, completamente ignaro di cosa gli stesse succedendo attorno. «Jowan. Seriamente. Credevi che sparissero ogni due per tre per andare a spolverare libri?»

Fu il turno dell'altro di arrossire violentemente. «Non- non pensavo... insomma, non credevo che fosse interessato a...»

«...» Come si poteva essere tanto distratti?! «Jowan. Non avevi la minima idea che a me e Anders piacessero gli uomini?» A quel punto, non era lui a dover imbarazzarsi. Chiunque con due occhi funzionanti se ne sarebbe accorto, per le chiappe del Creatore!

«Ecco, io... sei sempre stato popolare, non c'è niente di strano a parlare con qualcuno, che ne so se poi ci- insomma...»

Geralt, guardando l'amico arrossire e balbettare una serie di scemenze, scoppiò a ridere di gusto, fino a sentirsi le lacrime agli occhi e il male allo stomaco, ignorando le proteste offese dell'altro.

«Assurdo.» Cercò di calmarsi, riprendendo fiato, scostandosi i capelli dagli occhi e gettandoseli sulla spalla. «Completamente assurdo.»

«Hai finito di prendermi in giro?»

Lo guardò di sottecchi, ridacchiando di nuovo. «Creatore, no, non credo.»

Jowan sbuffò infastidito, appoggiando il bicchiere di vino e voltandosi offeso. «Oh, fantastico. Avvisami quando hai finito, intanto mi metto comodo.» Si stese sul letto, i capelli bagnati sparsi sulle coperte.

Geralt si concesse un breve attimo per godersi la vista, per poi allungare le gambe, dondolandosi leggermente sulla sedia, come faceva in biblioteca quella che sembrava una vita fa.

«Non ci siamo accorti di parecchie cose, eh.» Ruppe il silenzio dopo un po'. «Mi dispiace di averti spinto ad usare la magia del sangue.»

Jowan non accennò a muoversi. «Non è stata colpa tua. Sono un cretino, ero geloso di te e gli altri. Surana sembrava avere le risposte a tutto, Anders pianificava una fuga dopo l'altra ed era sempre così spericolato, mentre tu...» sospirò profondamente, lo sguardo puntato al soffitto. «Eri più portato di me in ogni cosa: nella magia, nello studio, nel fare amicizia con gli altri... se non ci fossi stato tu all'inizio a parlarmi, penso mi sarei gettato di sotto, appena arrivato.»

Geralt se lo ricordava benissimo. Era alla Torre già da un anno, quando Jowan era arrivato scortato da un templare, un bambino tremante di sei anni con la testa piena delle sciocchezze che i genitori e la Chiesa gli avevano rifilato prima di spedirlo in quella prigione. A cena, quella sera stessa, lo aveva invitato a sedersi con lui e Surana. Col tempo si erano aggiunti anche Anders e Niall, e i cinque erano poi diventati inseparabili... almeno fino a che non era arrivato Uldred.

«È stato Uldred a metterti in testa quest'idea?» Gli chiese, ripensando a quanto detto dal mago alla Torre, prima di trasformarsi completamente in abominio.

«No, credo lo pensassi già da un po'... e quando tu hai superato il Tormento, ho cominciato a chiedermi se mi avrebbero mai lasciato provare. Invece sono passate settimane, e mesi, e girava voce che Uldred potesse insegnare degli incantesimi che permettessero di sopravvivere al Tormento. Sono stato un idiota.»

«Ma aveva ragione.»

Jowan si tirò su, mettendosi a sedere con un'esclamazione sorpresa. «Che intendi?»

“Non ha senso continuare a mentirgli, no?” Premette il pollice sul piccolo coltello che portava alla cintura, facendo uscire qualche goccia di sangue. Il potere che fluiva dentro di sé, mostrò a Jowan la mano, mentre decine di tentacoli di magia rossastra vi si arrampicavano attorno. «È potente.»

L'amico sbiancò ulteriormente, sgranando gli occhi, incapace di staccarli dalla sua mano. «Geralt, cosa hai fatto?» Balbettò sconvolto.

«Ti ho battuto sul tempo anche in quello, credo.» Borbottò, chiudendo la mano a pugno e interrompendo il flusso. «Ero curioso, e ho finito per rubare qualche pergamena dal laboratorio di quella stupida di Leorah. Mettermi in contatto con un demone in grado di rispondere alle mie domande non è stato poi molto difficile.»

L'altro non rispose.

«Jowan...»

«Ce li hai anche tu dei difetti, quindi.»

Rimase spiazzato. «Ma che-»

«Cadi preda dei demoni come tutti noi.» Lo vide accennare un sorrisetto. «Non so decidere se sono deluso o divertito dalla cosa, amico mio.»

“Non hai idea di quanto possa cadere preda di alcuni demoni...” pensò a disagio, una chiara immagine del demone del desiderio che aveva cercato di intrappolarlo alla torre impressa bene in mente. Si strinse nelle spalle. «Non ho mai detto di essere perfetto.»

«Non hai nemmeno mai suggerito il contrario.» Lo prese in giro l'altro. «La Custode lo sa?»

«Non avessi usato il sangue di Wynne per salvare la pelle a tutti, saremmo stati divorati da un alto drago prima ancora di raggiungere quelle stupide Ceneri.»

«Wynne?! E sei ancora vivo per raccontarlo?»

Ridacchiò. «Non per sua concessione.»

«La Custode deve essere pazza. So che i Dalish hanno usanze diverse e la Chiesa non li riempie di stronzate, ma decidere di viaggiare non con uno, ma addirittura due maghi del sangue...» Jowan scosse la testa, sconcertato. Si passò una mano tra i capelli, che si stavano asciugando pian piano. «Dovrei tagliarmeli.»

«Ti stanno bene invece, sai?» Si lasciò sfuggire Geralt. «Magari giusto una spuntatina. Anche alla barba, già che ci siamo.»

«Mh, mi fido dell'esperto.»

«Ce la fai a rimetterti in un paio di giorni?» Sembrava così fragile... la strada verso Denerim non era sicura, avrebbero potuto essere attaccati da un momento all'altro, eppure Geralt confidava che con un gruppo così numeroso sarebbe riuscito a proteggerlo.

Jowan annuì, massaggiandosi i polsi feriti. «Se riuscissi a procurarmi un paio di impacchi... Non sono mai stato granchè con la magia curativa, non è il mio campo.»

Geralt recuperò la propria borsa, contenente qualche piccola fiala di lyrium e tre pacchetti di radice elfica trattata. «Non dirlo a me... ecco, tieni.»

Lo osservò spalmarsi l'unguento sulle mani, passandoselo poi sui polsi e attorno al collo. Si sbottonò la giacca, per poi inarcare la schiena cercando di raggiungere un punto tra le scapole. Grugnì di dolore, rinunciandoci. «Mi dai una mano?»

Pregando di non arrossire come un idiota, gli si sedette accanto. L'imbarazzo sparì immediatamente, appena vide la schiena dell'amico: era solcata da parecchie lacerazioni da frusta. Lo accarezzò delicatamente, cercando di spalmare l'impacco in maniera uniforme senza fargli male. «Alcuni sono recenti.»

Lo sentì irrigidirsi. «Non è poi così grave.»

«Jowan. Una sola parola e-»

«E cosa, Geralt? Andrai a bruciare vivo ogni singolo stronzo che si è mai approfittato di un mago incapace di reagire? Lascerai viva un quinto della popolazione del Ferelden, probabilmente.»

Non era giusto. Ma capiva perché non volesse fargli sollevare un altro polverone. «Magari solo le guardie.»

«Per favore, non fare niente.»

Sospirò, finendo di spalmargli l'unguento e cercando delle bende pulite nella borsa. «Come vuoi. Ma non succederà più, te lo giuro.» Gli fece sollevare le braccia, passandogli le strisce di stoffa intorno al torso e fissandole saldamente.

Si ritrovò a pochi centimetri dal suo volto.

«Geralt?»

«...»

«Posso baciarti?»

L'esclamazione di sorpresa gli morì in gola, sopraffatta da una serie di sentimenti che variavano dalla confusione all'euforia al dubbio di starsi sognando tutto. «Che?» Riuscì a balbettare, indietreggiando un poco e voltandosi fingendo di sistemare una benda.

Jowan deglutì vistosamente, grattandosi il dorso della mano. Era nervoso. «Sono settimane che ci penso. Insomma se-»

«Non devi farlo per forza.» Si affrettò a fermarlo Geralt, faticando a guardarlo negli occhi. «Non mi devi dare il contentino solo perché ti ho tirato fuori da lì...»

Sembrò offendersi. «Hei! Mi consideri davvero così stronzo?» Scosse la testa, mordicchiandosi il labbro inferiore già segnato. «È solo che... ci penso da quando mi hai- insomma, da quel giorno. Non ho mai pensato a te in quel modo, però sei la persona a cui tengo di più e magari... Sì, ecco, magari può funzionare. Oppure no, ma-»

Geralt rimase immobile, non sapendo assolutamente cosa fare mentre l'amico si avvicinava lentamente, sporgendosi in avanti finché le loro labbra non si sfiorarono. Istintivamente, inclinò leggermente la testa di lato, facilitandogli l'accesso. Jowan gli mise una mano sulla spalla, stringendolo delicatamente, sfregando il naso contro il suo. «La barba. Fa solletico, è strano...» sussurrò prima di approfondire il contatto, portando la mano dietro la nuca e stringendolo più a sé.

A quel punto, Geralt era quasi certo si trattasse di un altro demone, ma scelse di fregarsene in ogni caso, prendendo l'iniziativa. Schiuse le labbra, accarezzandogli con la lingua le sue e spingendolo ad accoglierlo, mentre saliva a sfiorargli una guancia, facendo scivolare le dita tra i capelli umidi.

Jowan si ritrasse un poco, interrompendo il contatto, passandosi il pollice sulle labbra.

Geralt si sentì sprofondare. “Non ha funzionato.” Stava quasi per alzarsi in piedi, quando l'altro lo tirò nuovamente a sé, sussurrandogli di continuare.

Non se lo fece ripetere due volte.

Lo baciò nuovamente, cercando di non essere troppo irruento, spostandosi poi verso l'orecchio e scendendo verso il collo. Jowan reclinò il capo, un gemito che gli sfuggiva dalle labbra, mentre le dita stringevano la stoffa delle vesti dell'altro. Gli accarezzò il petto, le mani dell'altro che armeggiavano con i suoi alamari, non riuscendo ad aprirli.

Si costrinse ad allontanarsi, guardandolo negli occhi, i capelli dell'altro intrecciati tra le dita. «Sei sicuro?»

Jowan aveva il fiato corto e le guance arrossate che spiccavano sulla pelle così pallida e sottile. Gli pose una mano sulla guancia, solleticandogli la barba, premendo il pollice sulle sue labbra. «Quante altre volte me lo chiederai?»

«Scusa se voglio essere certo che-»

Lo baciò di nuovo, stendendosi sul letto morbido e traendolo a sé, mettendo fine a qualsiasi altro dubbio potesse ronzargli in testa. Sentiva un rigonfiamento premere sulla sua coscia, ma nulla in confronto al fastidio che gli davano i propri pantaloni. Quando l'altro sollevò il bacino, reagendo istintivamente alle attenzioni che Geralt gli stava dedicando, sentì una scarica di energia pervaderli entrambi, liberando al contatto minuscole scintille. Si mise in ginocchio, aprendogli la cintura e abbassandogli i pantaloni fino alle caviglie.

Era uno spettacolo. Così esposto, la pelle nuda bisognosa di ogni suo tocco, la testa reclinata sul cuscino e coperta da un braccio a nascondere l'imbarazzo, le gambe socchiuse che non cercavano nemmeno di nascondere la sua eccitazione.

Geralt avrebbe voluto fargli ogni genere di cosa, ma si trattenne, sforzandosi di tenere a mente che era probabilmente la prima volta che Jowan si ritrovava così esposto, e probabilmente non solo con un uomo. Non aveva idea di quanto si fosse spinto in là con...

Scosse la testa, evitando di pensare a quella grassa vacca, salendo di nuovo sul letto a baciargli il petto mentre con la mano andava ad esplorare il bassoventre.



 

«Allora, come è andata?»

«Dalla faccia, immagino molto bene...»

Non poté evitare di sorridere mentre si accomodava sulla panca di legno fuori dalla locanda. Aveva smesso finalmente di nevicare e nonostante l'aria frizzante, era quasi piacevole stare seduti là fuori. Zevran, Natia e Aenor lo fissavano con insistenza, in attesa di sentire il resoconto delle sue prodezze. «È... andata alla grande.»

«Meglio che col demone, immagino.» Borbottò la nana prendendolo in giro e rifilandogli una gomitata tra le costole. «Voglio tutti i dettagli, spilungone.»

«Magari non proprio tutti...» Ribattè la Custode con una smorfia. «Ma sono contenta che vi siate chiariti, dopo tutta questa fatica.»

«Ah, ho sempre adorato far scoprire i piaceri del sesso ad uomini che si credevano interessati soltanto alle donne.» Si vantò Zevran, lo sguardo perso nei ricordi. «Quando li prendi per la prima volta-»

«Ecco, a questo proposito, chi dei due...?» Lo interruppe Natia, mettendosi a gambe incrociate sulla cassa di legno su cui era seduta, l'aria di chi era davvero interessato ad ogni dettaglio.

Geralt si sentì le guance in fiamme. «Non- non ho voluto esagerare. C'è stato solo qualche bacio e poco più...»

«Amico mio, hai la faccia di chi ha dato ben più di un bacetto.»

Sollevò le sopracciglia, ammiccando. «Non ho detto dove l'ho baciato.»

Natia e Zevran si lanciarono in esclamazioni di giubilo.

«Vedo che fargli portare dei vestiti puliti dalla cameriera non è servito a molto, se se li è tolti così in fretta...»

«Grazie comunque, Zev. Non ci avevo nemmeno pensato.»

«Solo perché lo pensavi direttamente nudo, appena uscito dalla vasca da bagno, le gocce d'acqua che scendevano fino a-»

«Whoah, troppe informazioni non richieste!» Li fermò immediatamente Aenor con una risata, estraendo dalle tasche una sorta di pipa dall'aspetto grezzo. «Renditi utile, mago, accendi qui.»

«Che?» Evocò una piccola fiammella, che l'elfa usò per accendersi da fumare. Geralt riconobbe subito l'odore, scoppiando a ridere. «Foglie di radice elfica! Ah, mi riporta indietro di anni...»

Chissà se c'erano ancora le vecchie scorte che avevano lasciato tra le pagine di alcuni libri della biblioteca, su alla Torre...

L'elfa inspirò profondamente, per poi passargliela. «Non hai idea di quanta fatica ho fatto per sistemarla, era rotta da un sacco.»

«Sì, si è scoperto che il vecchio fabbro se la cava non solo con i fondi delle bottiglie.» Ridacchiò Natia, che allungò una mano in direzione di Geralt, facendo segno di darsi una mossa.

Il mago assaporò il fumo arrivargli nei polmoni, per poi buttarlo fuori in piccoli cerchi concentrici.

«Non male...» La nana sembrò avere qualche difficoltà, perché tossì violentemente, dopo aver aspirato troppo. «Ugh, devo aver sbagliato qualcosa...»

«Non esagerare, mia piccola amica, devi assaporarlo prima sulla lingua, e poi farlo scendere già per la gola, senza esagerare, lentamente...»

«Zev, stiamo ancora parlando del fumo, vero?»

Le lanciò quella che sarebbe dovuta sembrare un'occhiata innocente. «Ma certo.»

Si ritrovò una gomitata nel fianco. «Non ho bisogno di lezioni, orecchie a punta.»

Stava per fare un altro tiro, quando un grido dal piano di sopra venne rapidamente seguito da un tonfo. Saltò in piedi, ritraendosi di scatto mentre il sangue imbrattava la neve sul terreno, il cadavere dell'uomo gettato di sotto a pochi metri da loro.

«Fenedhis lasa!» Sentì esclamare l'elfa, gli occhi puntati verso le finestre.

Dopo qualche secondo, dall'ultimo piano fece capolino Kallian, il volto tirato dalla preoccupazione. «È morto?»

Geralt sollevò un sopracciglio. «No, sta benissimo.»

«Non vede l'ora di rifarlo, dice che essere lanciato dal terzo piano sui sassi è un vero toccasana per le membra stanche!» Urlò in risposta Zevran, dandogli corda.

L'elfa borbottò qualcosa in rimando, probabilmente insulti.

«Morto è morto.» Decretò Natia, che come al solito non si era lasciata intimidire ed era andata ad esaminare il corpo. Rovistò nelle tasche e nella borsello di pelle alla cintura, sogghignando trionfante. «Chi trova tiene.»

«Non ti basta mai, eh...» Sospirò Geralt, scuotendo il capo con disapprovazione. «Sei tremenda.»

«Hei, chi è stato?!» Urlò un uomo, attirato dal trambusto, lo sguardo puntato sul corpo.

«Ha fatto tutto da solo...» Rispose prontamente Zevran. «L'abbiamo visto uscire da una delle finestre, probabilmente ubriaco da come ondeggiava, decantare un'ode alle tette di Andraste, brindare alla salute della Profetessa, perdere l'equilibrio e cadere di sotto. Una tragedia, davvero, sono certo fosse un promettente poeta. Si era soffermato così elegantemente sui rosei capezzoli della beata fanciulla, la sua voce simile a quella di un usignolo mentre scopriva i piaceri della-»

«Bestemmie! Per il Creatore, orecchie a punta, non insozzare il nome della Profetessa!» Sbottò l'uomo, sputando a terra sul cadavere e tornando da dove era venuto, suggerendo di rimuovere il cadavere e lasciarlo in pasto ai lupi.

«Che persone caritatevoli, questi fedeli...»

«Trovato qualcosa di utile?»

Kallian e Leliana, entrambe visibilmente scosse ma incolumi, sopraggiunsero in fretta per analizzare il corpo. «Era il capo.»

Natia allungò loro la borsa. «Il capo di chi?»

«Lui e altri tre hanno cercato di uccidere Leliana.» Tagliò corto l'elfa, rovistando freneticamente tra il contenuto ed estraendone un foglio. Lo passò a Leliana dopo averlo analizzato un attimo. «Denerim. È un edificio a Denerim.»

La donna aggrottò le sopracciglia delicate, stringendo la piccola pergamena con mano tremante. «È lei, sicuramente. Chi altri mi prenderebbe di mira?»

«Vi dispiace metterci al corrente di questo nuovo tentativo di assassinio, o preferite tenervi il segreto?» Sbottò Aenor guardandole in tralice.

Leliana sospirò, fermandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Immagino di dovervelo dire, hai ragione. Quando sono scappata da Orlais, sono stata incastrata dalla mia mentore, che mi ha accusata di un crimine di alto tradimento che in realtà era stata lei a commettere. A quanto pare ha saputo che sono viva e... sta cercando di rimediare.»

Kallian indicò il foglio. «Deve essere lì che si trova, adesso.»

«Beh, stiamo andando comunque a Denerim, no?» Disse Zevran, sorridendo. «Così potremo farle vedere come si comportano i veri assassini, non dei patetici imitatori.»

Geralt trattenne a stento una risata. «Spero tu non stia parlando di te stesso, Zev.»

«Così mi ferisci dritto al cuore, amico mio.»











Note dell'Autrice: rullo di tamburi, squillo di trombe e coro di angeli! Finalmente i nostri due maghi del sangue preferiti si sono chiariti. Ed era anche ora. Geralt si è arrovellato tutto il tempo sulla figuraccia fatta, ma anche Jowan ha avuto parecchio da pensare, e alla fine ha deciso di dare una possibilità ad una loro eventuale relazione. Per il momento è in fase esplorativa, diciamo. 
Amo questi due talmente tanto che ci ho disegnato su qualcosa (alla fine della storia tutti avranno un loro disegno comunque, devo solo trovare il tempo ahahahah) quindi eccoli   QUI  patati belli: 
Per il resto, Kallian e Leliana vanno a Denerim ognuna coi propri problemi. Nei prossimi capitoli l'elfa avrà parecchio da risolvere. Ciaossu~! 

  
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