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Autore: RoryJackson    18/07/2018    5 recensioni
"Chi sei?" Chiese una voce dietro di lei. Era una voce maschile, calda e profonda, stranamente umana. Rory si fermò impietrita. Possibile che fosse lui...? Girò il viso verso la voce la quale proveniva effettivamente dalla creatura, completamente sveglia e all'impiedi.
Questa volta, Rory, poté ben vedere gli occhi della creatura: dalla forma leggermente triangolare, confinavano con il muso beige. Le iridi rosse come il fuoco. - CAP 1
"Tu non sei in grado di spezzare un giuramento" constatò la giovane, placando in un momento l'animo di Shadow, [...] "Io mi fido di te" - CAP 10
Shadow: un essere tanto temibile eppure tanto umano. Un riccio dal cuore indurito per l'ingiustizia subita da parte degli uomini e che, per questo, odia con tutto se stesso. Riuscirà mai a cambiare idea?
Genere: Avventura, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altro Personaggio, Shadow the Hedgehog
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Un riccio dalla pelliccia pece scrutava il mondo con occhi fissi, ma vacui, come chi sogna ma non capisce cosa in realtà desideri. Puntati su quella sfera azzurra, macchiata da spruzzi verzicanti e bianchi, la creatura pensava, com’era solito fare in vari momenti della sua giornata. Quando non si allenava, perché in combattimento non c’è tempo per pensare, quando poteva allontanarsi da quegli occhi indiscreti e ignari dei suoi sentimenti, si prendeva il suo tempo a ponderare.
Sentendosi estraneo verso tutto ciò che gli circondava, lontano anni luce dalla vita che sembrava prospettatagli, cercava di dare un senso a troppe cose. Guardava il suo riflesso sul vetro che lo separava dallo spazio aperto, chiedendosi il perché fosse così diverso rispetto agli scienziati umani, perché questa difformità fosse, da che aveva memoria, una costante nella sua vita. Ed il perché quegli occhi - talvolta inquieti, talvolta scostanti - lo consideravano tale.

Non poteva non ammettere a se stesso di provare un senso di irrequietezza, in quello stato di attesa perenne.
“Ti piace davvero tanto guardare la Terra, eh, Shadow?” una voce cristallina e dolce lo sollevò dal suo meditare. Ne aveva udito il ticchettio dei passi felpati, avvicinarsi. Non aveva bisogno di voltarsi per capire a chi appartenesse, ma lo fece giusto per il sollievo che gli procurava il dolce sorriso di Maria. Il riccio nero sapeva che era la solita domanda retorica, di quelle che comunemente era diventata usanza porgli per stare in sua compagnia.
Nell’Arca della Colonia Spaziale aveva imparato ad essere educato e riservato. A non fare troppe domande e ad accettare senza porsene troppe. Ma con lei poteva aprirsi tranquillamente. In lei aveva, ed avrebbe sempre avuto un appoggio, una spalla su cui contare. Consapevole che non avrebbe mai potuto giudicarlo, se non in bene.
“Il professore dice che le sue ricerche sono per il bene delle persone di quel pianeta, e che il suo scopo nella vita è quello di usare il potere della scienza per renderle felici…” esordì lui, assorto, catturando l’attenzione della ragazzina.
Maria, benché non necessitasse di troppe informazioni per capire gli stati d’animo del suo amico, era sempre curiosa di ascoltare le confidenze che solo a lei faceva. L’espressione del riccio era vigile, come sempre, ma la mente era distante.
“Shadow…” mormorò, non sapendo cosa replicare. Soprattutto perché persino lei, che era la nipote di Gerald Robotnik, lo scienziato primario dell’ARK nonché fautore del progetto Shadow, non era a conoscenza dei propositi del nonno. Avrebbe tanto voluto dargli il sollievo che meritava, tuttavia dové limitarsi a stargli vicino.
“Maria, non capisco perché sono nato e cosa dovrei fare... Forse, riuscirò a trovare delle risposte se un giorno andassi su quel pianeta?”
La piccola sorrise gentilmente, volgendo a sua volta l’attenzione verso il globo.
“Quando quel giorno verrà, io sarò con te”, esclamò lei, con calore, dopodiché gli prese le mani stringendole nelle sue, “e ci faremo tanti amici!”
Shadow ricambiò il sorriso, sereno. Di certo, non desiderava altro che questo. Maria gli lasciò le mani, restandogli accanto come era sua abitudine fare in questi frangenti. Ma una voglia che doveva soddisfare assolutamente le balenò in testa.
“E adesso… cosa ne dici di una bella tazza di cioccolata calda?” propose lei, facendogli un occhiolino complice.
Buon sangue Robotnik non mente... pensò la creatura sbuffando, poi sorrise, facendo dietrofront seguito dall’amica.

“E sia”.

***

In quel momento, trovandosi carponi per lo sforzo, il riccio striato teneva lo sguardo fisso a terra, privo di qualsivoglia scintilla di vita. Con l’oblio al posto degli occhi, spostò la sua attenzione verso l’ammasso di carne ancora fumante che aveva poco distante. Infine, dopo aver tirato fuori un respiro profondo, si alzò in piedi, senza distogliere la concentrazione dal defunto sosia e senza farsi più domande sul perché fosse accaduta una cosa simile.
No. Shadow il riccio aveva smesso di trovare anche una sola singola ragione alle atrocità che puntualmente sembravano venirgli incontro con tanta noncuranza del suo animo.
Non voleva ammetterlo, ma davvero gli mancava la figura pseudo paterna del dottor Gerald, suo inventore, nonché la sua dolce Maria, la quale era sempre al suo fianco a fornirgli spiegazioni. Ma ben presto comprese che i responsi che la piccola amica gli riferiva in virtù della sua immancabile gentilezza, non erano altro che le opinioni di una bambina, troppo piccola e troppo fragile affinché potesse formulare pensieri malvagi. E lui ci aveva creduto, per questo la vita fu così crudele da fargli desiderare di condividere con lei un sogno: poter visitare un giorno il pianeta Terra. Ma ora che vi aveva messo piede e stava esplorando quella vasta zona fatta di piante ed alberi, si rese conto che il suo sogno non era altro che una mera futilità. Perché ciò che alimentava quel sogno era lei. E visitare la Terra senza di lei era come visitare un museo privo di opere d’arte. Vuoto.
Maria era una creatura dal cuore d’oro, al contrario del suo, ormai troppo sporco e troppo a pezzi per poter essere riparato. Ed in quel momento, provava solo un’infinita ed incontrollabile rabbia verso tutto ciò che lo circondava.
Non vi era nessuno a salvarlo dal baratro dell’oscurità nel quale la sua anima stava cadendo.
No, lui era la creatura perfetta. Non avrebbe avuto più bisogno di nessuno. Ed annaspando in questo sentimento di acrimonia e furia, Shadow alzò il braccio, con il palmo della mano puntato verso l’alto, facendo apparire lo smeraldo trasparente che aveva preso poc’anzi dalla pipistrella e pronunciò in un tono alterato: “Controllo del Caos”.
In un attimo, la creatura dalla pelliccia oscura si ritrovò sul tetto della fortezza volante del dottor Eggman, intento a varcare dei densi nugoli uggiosi.
Non attese oltre e con un Chaos Spear distrusse la superficie ai suoi piedi, creandosi un varco all’interno di quelle mura d’acciaio. Quando vi atterrò dentro, notò che si trovava proprio all’interno della sala dei comandi dell’aeromobile, con lo scienziato al posto di pilota.
“Non sarebbe stato più facile passare dalla porta?” disse lui con sprezzante noncuranza, “devi sempre essere così… te stesso?” esclamò infine inarcando un sopracciglio, facendo girare la sedia verso di lui per guardarlo in volto, trovandosi di fronte uno Shadow totalmente sconvolto dall’ira.
“Che cosa vuoi?” chiese l’uomo, dopo un momento di esitazione, in un cipiglio di sufficienza. Non sembrava affatto sorpreso di quella visita così turbolenta, e questo al riccio nero non piacque affatto, dopodiché il dottore continuò con leggerezza “mi hai riportato gli smeraldi?”
“Tu… maledetto” sussurrò quest’ultimo fuori di sé “tu, per tutto questo tempo, non hai fatto altro che manipolarmi?!” proferì lui grave, alzando la sua voce di un tono ad ogni parola che pronunciava.
Ivo Robotnik fece una smorfia e sbuffò.
“Shadow…” esordì lui, teatralmente “sono stato io a liberarti dalla capsula nella quale eri stato ibernato per ben cinquanta anni, te lo ricordi?”
La creatura lo fissò sottecchi, furioso e contemporaneamente avvilito.
“E questo cosa significa?!” disse il riccio, in tono a metà tra la contrizione e l’ira “che dovrei persino ringraziarti per ciò che hai fatto?!”
“Non ho fatto niente che tu non credevi io fossi capace di fare” esclamò l’uomo, con finta benevolenza, per poi sfoggiare uno dei suoi lascivi e loschi sorrisi “in fondo l’hai sempre saputo che il mio scopo è quello di conquistare questo pianeta”.
Shadow indurì la mascella, non riuscendo a non pensare a ciò che era cinquant’anni prima e a ciò che era diventato. Una pedina. Per di più nei piani di uno scienziato che bramava il potere più di ogni altra cosa al mondo e che non avrebbe avuto mezze misure per raggiungere il suo scopo.
Le parole di Maria e la promessa che le aveva fatto continuavano a tormentarlo, pur chiedendosi se davvero ne valesse la pena prendersi cura di quelle persone. Tuttavia, in quel momento c’era una cosa che lo premeva più di ogni altra al mondo. E non avendo paura di sprofondare ancor di più, esclamò infuriato: “E per farlo hai rubato il mio DNA per creare delle copie di me stesso? È per questo che ti servivano gli smeraldi?”
Il professore lo fissò sbilenco, pettinandosi i baffi con la punta del pollice e l’indice. Dopodiché si alzò dalla sedia, muovendo qualche passo verso il riccio striato.
“Sei troppo attaccato alla mia cara cuginetta per anche solo pensare di portare avanti un piano simile, e gli smeraldi sono indispensabili alla sua riuscita” disse lui, con una indifferenza stomachevole, prendendo una pausa prima di esclamare: “Per conquistare la Terra devo prima polverizzare Sonic ed i suoi patetici amichetti” continuò lui, per poi avvicinarsi alla tastiera dei comandi del dirigibile e pigiando uno dei pulsanti, finì: “e se la cosa non ti sta bene, farò fuori anche te!”.
In men che non si dica, una bolla di vetro di materiale infrangibile imprigionò Eggman e contemporaneamente una pedana nascosta incominciò a portarlo giù abbastanza lentamente da permettergli di vedere Shadow sorridere sardonicamente, finché non scomparve.
Senza neanche avere modo di seguirlo, la forma di vita perfetta si ritrovò accerchiato da un drappello di Egg-robot, con diverse armi da fuoco già puntate sul bersaglio.
Il riccio striato diede stancamente un’occhiata attorno, prima che un proiettile laser cercò di colpirlo. Shadow balzò in aria quanto bastava per arricciarsi e scagliarsi contro quanti più automi possibili, ammaccandoli fino a distruggerli, e allo stesso tempo schivando vari fendenti energetici che con insistenza provenivano da ogni dove, nel tentativo di metterlo al tappeto.
Dannato bastardo… Non poté che inveire contro lo scienziato, sentendo una strana spossatezza prendere sopravvento sul suo corpo. In effetti doveva immaginarselo: poco prima aveva combattuto contro un robot micidiale ed aveva sferrato il Chaos Blast per incenerire quel maledetto clone. Era stato avventato, ma ormai non poteva più rimuginare su latte versato. Inoltre si accorse che più robot annientava, più ne arrivavano.
Caricò quel poco di energia che gli rimaneva in corpo in due Chaos Spear, cercando in questo modo di abbattere quanta più ferraglia possibile, ma fu tutto inutile.
Non vi era altro da dedurre: il dottore si era preparato bene a quell’inconveniente. Non c’erano altre spiegazioni. E questo lo faceva imbestialire ancora di più, distraendolo quanto bastava per permettere ad un automa del dottore di ferirlo con un proiettile energetico.
Shadow cadde a terra bocconi, stremato.
Si rimise presto ginocchioni, e giurando a se stesso che gliel’avrebbe fatta pagare cara, fece apparire uno dei due smeraldi del caos e lo utilizzò nuovamente per teletrasportarsi fuori dall’aeromobile.

Prima di svenire dallo sforzo, diede un occhiata verso il basso.
Shadow stava per cadere in mare. E cosciente che era ormai finita per lui, in quanto era incapace di respirare sott’acqua, chiuse gli occhi accettando passivamente la sua fine.
L’ultima cosa che poté avvertire furono due mani che gli tastavano il corpo per poi trascinarlo verso l’alto.









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Angolo dell'autrice: YO, gente! Pensavate di esservi liberati di me? E invece no, ritornerò sempre. E questa volta (almeno per i prossimi due capitoli) prometto che rispetterò le scadenze. Come ve la passate? Io posso dire che FINALMENTE sono libera. Con gli esami ci vediamo a settembre. uvu 
In effetti dovete perdonarmi: questa piccola, ma intensa, parte non è stata per niente facile da scrivere. Cercare di mettersi completamente nei panni di Shadow e di un dottore pazzoide... non è impresa da poco. Per cui spero che il capitolo non risulti forzato e che a grandi linee io sia riuscita a mentenere intatto l'IC dei personaggi. Io ci ho provato. 
Come sempre, se trovate errori o volete farmi qualche critica sulla scrittura o che... non esitate a segnalarmeli. Mi fareste solo un favore. 
Ci si vede a inizio settembre, con un nuovo capitolo! 
Un bacio,
Ro!

   
 
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