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Autore: ONLYKORINE    27/07/2018    1 recensioni
È finita la guerra. La scuola viene ricostruita e Ginny, Harry, Hermione e Ron tornano a Hogwarts per i M.A.G.O. Ma non va tutto come ci si aspetta. Hemione e Ron non sembrano fatti per stare insieme. E Harry e Ginny? Ce la faranno a iniziare (e mantenere) la loro storia?
Hinny e un po' di Dramione...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ritorno a Hogwarts e one shot'
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 La festa dei Serpeverde

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Hermione continuava a guardare Draco. Non riusciva a smettere. Ci provava. Riusciva a concentrarsi sui compiti ma poi, dopo cinque minuti, perdeva l’attenzione e tornava a guardarlo.
“Mi consumi, così, Granger” disse lui con uno sguardo malizioso, posandole una mano sul ginocchio. Lei sobbalzò e sorrise. Quando la chiamava così, con quel tono, si sentiva sciogliere.
“Oh, Malfoy, come sei presuntuoso. Pensi di esserci solo tu?” mormorò lei alzando un sopracciglio. Lui rise. Quella risata che riservava solo a lei. Si avvicinò un po’ di più e quando fu solo alla sua portata di orecchio le disse: “Mi stai dicendo che guardi anche qualcun altro con quello sguardo voglioso?”
Hermione sentì le guance andare a fuoco. “Io non ho…”
“No? Quindi non pensavi di saltarmi addosso appena la Pince si fosse voltata?” Tutti e due si girarono verso la bibliotecaria, che osservava la sala da sopra i suoi occhiali da lettura. Quando si voltò verso di loro e li scoprì a guardarla alzò un sopracciglio.
Loro ridacchiarono e si girarono per non farsi sgridare. Draco tolse la mano dal suo ginocchio. Hermione ebbe l’impressione di aver perso un polmone nel petto. Ma poi il ragazzo portò la mano sulla sua fronte e le sistemò una ciocca di capelli.

 

Draco divenne serio. “Mi vuoi chiedere qualcosa?”
Sapeva che lei voleva sapere di Azkaban. Aveva visto quando quella mattina era arrivato un gufo e gli aveva lasciato la busta con lo stemma del Ministero. Non avevano risolto la cosa. Semplicemente non ne avevano più parlato.
“No” disse lei velocemente e spostando di nuovo l’attenzione sulla pergamena.
No? Davvero?

 

“Non vuoi chiedermi se andrò ad Azkaban?” le chiese lui.
Hermione mentì.“No”. Lei moriva dalla voglia di sapere. Ma non glielo avrebbe mai chiesto. MAI.
“No?”
“Sei diventato sordo?” adesso si stava scaldando. Perché lui insisteva tanto? Non gli aveva rotto le pluffe, non aveva più sollevato l’argomento. Cosa voleva adesso? Lo guardò di sottecchi: aveva un viso strano. E se invece… “A meno che… tu non voglia parlarmene lo stesso”.
Draco la guardò e i suoi occhi erano un po’ persi. Le fece tenerezza. Lo rivide al sesto anno, quando lo incontrava in biblioteca per caso e lui la guardava con quello sguardo, subito prima di ghignare o offenderla se c’erano gli altri. Adesso sapeva cosa significava. Adesso.
Gli accarezzò la guancia e chiese: “Vuoi parlarne tu con me?” Lui sospirò e si guardò intorno. Annuì.
“Ma non qui”. Annuì anche lei. Si alzarono e lasciarono la biblioteca.

 

***

 

Pansy aprì la busta che il gufo le aveva consegnato quella mattina. Sulla busta c’era lo stemma del Ministero. Aveva deciso di aprirla in un momento che fosse stata sola e non c’era ancora riuscita: le lezioni del mattino, il pranzo e poi Camille che aveva bisogno di aiuto per i compiti.
Appena rimase sola, la tirò fuori e l’aprì. La lesse velocemente, radunò le sue cose e si alzò dal tavolo della biblioteca, quello vicino alla finestra che dava sulle serre, protetto dagli scaffali e dove aveva iniziato a rifugiarsi da quando non voleva incontrare alcune persone. Si affrettò a uscire dalla biblioteca e si incamminò verso l’ufficio della McGranitt.
Quando lo raggiunse, bussò alla porta e aspettò. Poco dopo la porta si aprì magicamente ma, prima che potesse entrare, un ragazzo uscì dall’ufficio.

 

Ron si scontrò con Pansy appena fuori dall’ufficio della McGranitt.
Si fermò e per un attimo non seppe cosa dire. Si sentì colpevole. Come se lei lo avesse beccato a fare qualcosa di sbagliato. Non era un segno, vero? Le fece un cenno con il capo e se ne andò velocemente. Che codardo. Complimenti! Pensò.
Quando si rese conto di essere scappato via, si diede una manata sulla fronte. Non avrebbe dovuto. Non aveva fatto niente di male, in fin dei conti.

 

Pansy si girò a guardare il rosso che si allontanava. Oh, quindi non si salutavano neanche più? Abbassò gli occhi. Eh va beh. Avrebbe superato anche questa. Presto, sperò.
“Venga avanti signorina Parkinson.”
Si girò verso la porta aperta e, sospirando, entrò. Si sedette sulla sedia al di qua della scrivania e disse: “Buonasera, ho ricevuto queste lettere dal Ministero e quindi sono a chiedere…” Mostrò le lettere ricevute con il sigillo del Ministero e spiegò alla McGranitt di aver due appuntamenti.
“Sono molto vicini questi appuntamenti… e sono giornate di scuola” iniziò la McGranitt.
“Sì, effettivamente anch’io l’avevo pensato. Ma sembra che il Ministero non sia propenso a trattare per queste cose…” disse seccata la moretta. La McGranitt alzò un sopracciglio con uno sguardo severo e Pansy ricambiò la sua occhiata con uno degli sguardi più altezzosi che faceva senza accorgersene. Era un po’ nervosa per il fatto di aver incontrato il rosso in corridoio e che lui fosse scappato senza salutarla. C’era rimasta così male che non si accorse di essere un pochino ‘fredda’. O forse sarebbe meglio dire glaciale. E se fosse stata lì, sua madre sarebbe stata fiera del suo atteggiamento. Ma appunto, lei non si rese conto di niente.
“È strano” dichiarò la preside, quasi sovrappensiero.
“Cosa, che il Ministero assegni appuntamenti senza considerare gli impegni delle persone? Può essere. Sa, da quando hanno deciso di cambiare la gestione di tutto, effettivamente sono un po’ in confusione. E in ritardo. Ha visto? Questo appuntamento doveva essere mesi fa…” E fece un sorrisino di circostanza indicando una delle pergamene. Al diavolo anche il Ministero. Al diavolo la McGranitt se le avesse detto di no.
“No, intendevo strano che… Oh, lasciamo stare. Quindi vuole due giorni liberi, giusto?” La Serpeverde esultò internamente. Sperò che non si notasse troppo e sorrise veramente.
“E per questo ho bisogno anche del permesso per Camille” continuò, indicando la stessa pergamena di prima.
“La signorina Lemaire? È minorenne.”
“Ma è anche casa sua. Camille è mia sorella, ne ha diritto anche lei. E poi io ho la sua tutela, se vuole posso firmarle io il permesso” disse di nuovo alzando il sopracciglio.
La McGranitt fece una cosa che la spiazzò perché totalmente incongruente: sorrise. Pansy fu così spaesata che perse tutte le sue espressioni e rimase con la bocca aperta.
“Certo, signorina Parkinson. E poi sono un martedì e un giovedì. Sicuramente riuscirà a recuperare le lezioni in breve tempo. Il martedì abbiamo trasfigurazione insieme, sono sicura che per la lezione successiva avrà già recuperato tutto. Mi sembra abbastanza matura da riuscire a gestire la cosa senza troppi problemi.”
Le parlò ancora di alcune cose e quando alla fine firmò due pergamene e le disse di portarle a Lumacorno, lei, ancora incredula, le prese velocemente e uscì dall’ufficio sorridendo.

 

Minerva sorrideva di quel sorriso solo poche volte. L’ultima era stata quando aveva visto quel mago orribile cadere sotto la bacchetta di Harry Potter. Era contenta. Stavolta non sapeva bene perché. Ma pensava ancora che la situazione fosse strana. Anche se non aveva dato voce al suo pensiero.
Nel giro di mezz’ora due studenti le avevano chiesto dei permessi per uscire dalla scuola nello stesso giorno. Due studenti che non si erano neanche salutati quando si erano incontrati sulla porta. Mah…
Prese delle pergamene e lesse gli appunti. Avrebbe dovuto organizzare qualcosa per il giorno di ricorrenza della battaglia. Sospirò. Era importante e andava fatto bene. Scrisse una pergamena agli artigiani per la realizzazione del monumento con i nomi dei caduti che avrebbero inaugurato quel giorno e l’affidò al gufo che aveva alle spalle.

 

***

 

“Quindi?” erano andati sulla torre di astronomia. Ma c’era freddissimo.
Hermione si strinse addosso il mantello, si sedette su una sporgenza del bastione e aspettò che lui parlasse. Draco si accese una sigaretta. Si prese tutto il tempo necessario per pensare e poi, dopo la terza boccata e dopo aver soffiato via il fumo disse: “Mi hanno dato appuntamento per Azkaban a fine mese”.
Lei annuì senza dire niente. Non sapeva bene se doveva aspettare che lui parlasse di nuovo o se doveva fare qualche domanda. Così stette zitta.
Lui aspirò ancora e sbuffò il fumo.

 

Draco non sapeva cosa dire. Sperava che parlasse lei. Lui le aveva detto quello che aveva saputo quella mattina. Aveva voluto dirglielo subito, ma ora non sapeva cos’altro fare.
Voleva che lei andasse con lui? Non lo sapeva. E lei gli avrebbe chiesto di andare con lui? Sarebbe stato più facile. Sarebbe stato meglio. Avrebbe preferito non doverglielo chiedere. Anche perché non aveva ancora deciso.
La guardò. Lei non gli disse niente. Non gli chiese niente, ma si alzò da dove era seduta e si avvicinò a lui, prendendogli la mano e stringendola forte.

 

“Penso che te l’avrei detto, sai?” Lei annuì anche se non ne era per niente convinta.
“Ginny diceva che dovevo lasciarti stare. Che dovevi essere libero di fare quello che volevi. Mi sono resa conto che aveva ragione”, sorrise e disse ancora: “Strano, eh?”
“Beh, ogni tanto qualche cosa giusta l’azzecca la teppistella. Non ti aveva detto di provarci con me?” Il suo sorriso, sotto la luna quasi piena era strafottente e meraviglioso.
Hermione rise. “Sì, quello stupido sei stato tu. Ti stavi lasciando scappare una come me!”
“Mi stavo lasciando scappare te”. Buttò la sigaretta, la tirò verso di sè e la baciò. “Mia madre sa di te” disse ancora.
Non sapeva bene cosa lui intendesse, ma cercò di capirlo senza bisogno di chiederlo. “Davvero?” chiese con un finto tono neutro.
“Mi ha detto di stare attento.”
“In che senso?”
“Oh, non lo so.”
Hermione poteva immaginare qualcosa, invece. Poteva essere qualcosa in mezzo fra ‘non metterla incinta che devi sposare una purosangue’ e ‘non farti rompere il cuore’. E sapendo quanto Narcissa amasse il figlio…
“Lei mi dice sempre di stare attento.”
“Perché ci tiene a te. Sei suo figlio. È normale.”
“Ha solo me, adesso.”
“E quindi?”
“Non voglio deluderla. Ma non voglio neanche fare sempre come vuole lei.”
“Tu diglielo.”
“Ci proverò.”

 

Stettero in silenzio per un po’. Lui l’abbracciò senza dire niente. Era bellissimo anche così.
Poi lei disse: “Non ci andare da solo, però”.
“Come?”
“Non andare ad Azkaban da solo. Vai con tua madre, con Zabini, con la Parkinson, con chi vuoi, ma non andarci da solo. Per favore.”
Draco annuì e basta. Perché avrebbe dovuto andarci con Pansy? Lei odiava suo padre e suo padre non la vedeva di buon occhio. Probabilmente se si fosse presentato con lei suo padre avrebbe avuto un mezzo attacco e l’altro mezzo glielo avrebbe lanciato Pansy con la bacchetta. Non era il caso. Però sorrise all’idea.
“Non voglio che incontri mio padre.”
“Chi?”
“Tu”. Lei si girò verso di lui.
“Non ti ho detto di portare me. Ho solo detto…”
“Volevo spiegarti…”
“Non c’è bisogno. Va bene così. È una cosa che devi gestirti da solo. Ti ho detto che ho capito.”

 

“Io invece ho detto che voglio spiegarti!” Draco aveva alzato la voce.
“Ehi, non alzare la voce con me.”
“Ok. Io volevo dire… Pansy pensa che tu possa aver capito male…” si interruppe quando lei lo guardò.
Oh, cosa pensava la Parkinson che lei non aveva capito? Si stava innervosendo, ma sperò che non si notasse. “Lei dice che tu potresti pensare che non voglio che tu venga con me per paura che mio padre sappia di noi”. Fece una pausa lunghissima.
Ok. La Parkinson aveva ragione. Lei aveva pensato che fosse proprio per quello. Che lui non volesse far sapere a Lucius di loro. Che si vergognasse di lei. La sanguesporco. E quindi non era quello il motivo? E allora qual era? Non voleva chiedere ma sentì la sua voce sussurrare: “E invece…?”
“E invece adesso apri bene le orecchie, ok? Io non mi vergogno di te. Non mi interessa quello che pensa mio padre, se non per il fatto che ho paura che lui possa dirti qualcosa di brutto. Che possa offenderti o peggio. Io non voglio che tu subisca cose brutte, soprattutto dai miei. E a quanto pare, mia madre è già riuscita a mettermi in cattiva luce, quindi vorrei tenerti lontano almeno da lui. Io ho paura. Ho paura che se venissi con me tu possa pensare che io un giorno diventerò come lui o che mio padre possa dirti qualcosa su di me per cui tu poi possa odiarmi. Ho paura di perderti. Perché io… io…” Hermione divenne rossa, ma per fortuna non si sarebbe notato tanto, lì fuori al buio.
“Ho capito” disse, interrompendolo. “Ho capito. Va bene. So che non…”

 

“MERLINO!” quasi gridò. Possibile che quella ragazza dovesse parlare anche nei momenti più importanti?

 

Hermione si interruppe quando lui gridò.
“Ma non stai mai zitta? Già non riesco a parlare, se poi non mi fai finire… Allora… dicevo…” Le si mise davanti e le circondò i fianchi con le mani. “Io ho paura di perderti, perché ti amo. E non so proprio cosa farei senza di te”. Sospirò rumorosamente. “Ecco adesso l’ho detto e puoi continuare con le tue tiritere!” Hermione spalancò la bocca. Lui aveva appena detto che l’amava? Gli prese il viso fra le mani e lo baciò sulla bocca. Si staccò da lui quel tanto che bastava per dirgli: “Anch’io ti amo”,  tornò a baciarlo.

 

Draco sorrise sulle sue labbra e la strinse di più. Quando si staccarono, dopo svariati minuti, lui guardò l’orologio.
Lei lo osservò e disse: “Mi sa che ci siamo persi la cena”.

 

***

 

Quel sabato sera Ron si stava annoiando. Sapeva che c’era una festa nella sala comune dei Serpeverde, ma stavolta non aveva proprio voglia di andarci. Era sicuro che lei sarebbe stata lì e lui non sarebbe riuscito a far finta di niente.
Il suo stomaco si contorceva così tanto che aveva anche fatto fatica a mangiare e per lui era una cosa totalmente nuova.
Entrò in camera e vide Dean e Seamus che giocavano a carte con una bottiglia di Firewhisky. “Cosa fate qui?” Dean sospirò e lanciò una carta.
“Seamus è appena stato scaricato da Lavanda.”
“Ehi!” Seamus gli diede una gomitata.
“Beh, che c’è? È vero!” L’amico fece una faccia strana. Ron lo guardò. Ma Seamus non riusciva a guardarlo.
“Hai ancora problemi con me?” chiese Ron un po’ nervoso. Seamus scosse la testa.
“Mi becca male. Tu sei… un suo ex.”
Ron, nonostante tutto, riusciva a capire quello che intendeva. Harry aveva lo stesso problema con Dean e lui lo aveva con Malfoy. Merlino, lui era geloso anche di alcuni con cui Pansy non era neanche stata! La porta si aprì ed entrò Neville. Ecco, appunto.
“Anche noi ci siamo lasciati” disse Ron per solidarietà.
Dean sospirò. “Lo avevamo capito. Quello che non sappiamo è chi è che ti ha lasciato”. Ah. Ok. Loro non lo sapevano? Effettivamente non lo aveva raccontato a nessuno. E Pansy non era come Lavanda che sbandierava il suo possesso in ogni corridoio, aula o anfratto del castello. Però Neville sapeva. Il rosso lanciò un’occhiata a Neville, ma lui spostò lo sguardo da lui e guardò Seamus.
“Vi siete lasciati, tu e Lavanda?” gli chiese sedendosi sul letto.
“Già.”
“Io ho litigato con Hannah” disse ancora Neville sconsolato.
“Dean? Tu niente da dire?”
“Io non sto con nessuna”. Il moro alzò le spalle.
“Però…” inziò Seamus.
“Però?” chiese Ron.
“Oh, ho chiesto a una ragazza di venire a una festa con me, ma ci andava con un altro…”
“La festa dai Serpeverde?” chiese Neville. Il moro annuì. E va che bel quartetto. Malgrado tutto, Ron sorrise. “E quella da dove viene?” chiese indicando la bottiglia.
Dean sorrise mentre spostava le carte. “Seamus ha fatto amicizia con un elfo della scuola. Ce la siamo fatta portare.”
Grandi. “Allora, visto che siamo quattro sfigati, fatti portare altre tre bottiglie, così almeno ci divertiamo”. A Seamus piacque la cosa. Chiamò l’elfo, che si scoprì poi essere un’elfa, e si fece portare un sacco di cose, sistemarono tutto sul pavimento e si sedettero tutti e quattro in cerchio.

 

Quando Harry entrò in camera venne accolto con un grido simultaneo che neanche la tribuna del Quidditch avrebbe potuto competere.
“Ma siete qui? Vi cerco da almeno tre quarti d’ora!” disse un po’ sbuffando.
“Ti sei lasciato con Ginny?” chiese Dean. Harry lo guardò male. Doveva aver bevuto.
“No. Perché?”
“È la serata degli sfigati in amore, non puoi stare qui, allora!” continuò il moro, alzando un bicchiere. Harry rise.
“Perché sei da solo?” chiese Neville.
“Serata fra ragazze” disse alzando le spalle.
“Beh, allora sei un po’ sfigato anche tu, stasera. Puoi sederti” continuò Dean. Harry rise ancora e si sedette sul tappeto con loro. Ron fece apparire un bicchiere.
“Prego, si serva pure, signor Potter”. Anche Ron era abbastanza brillo.

 

Dopo un’ora e altri tre viaggi dell’elfa, erano tutti ubriachi. “Chi era la ragazza che ti ha dato picche, Dean?” chiese Ron.
“La Jones” rispose il moro alzando una spalla. Non sembrava troppo dispiaciuto. Dean giocava con le noccioline, le lanciava e le prendeva al volo in bocca. Quasi tutte.
“Lancia qui, Dean” disse Seamus. Dean gli lanciò quattro noccioline insieme e lui non riuscì a prenderne neanche una.
Ridacchiarono tutti.

 

Neville, che non aveva mai bevuto così tanto in vita sua, si sdraiò sul pavimento, con le braccia aperte. Guardava il soffitto, oh, come si stava bene. Finché rimaneva sdraiato stava bene. Wilma saltò vicino a lui.
“Oh, guarda Ron, c’è il rospo di Neville”. Harry ridacchiò. Ron gli lanciò il cuscino più vicino.
“Idiota!”
“Ce l’hai ancora con Wilma?” chiese Neville, appoggiandosi ai gomiti.
“Perché ce l’hai con Wilma?” domandò Dean.

 

Ron alzò le spalle. Non voleva raccontare niente.

 

“Oh, Merlino io non bevo più!”
Neville adesso si era sdraiato di nuovo per terra e Ron, che evidentemente ce l’aveva ancora con il rospo, chiese all’amico: “Perché hai litigato con la Abbott?”
“Non lo so.”

 

“Che vuol dire che non lo sai?” chiese Harry. Anche lui si sentiva un po’ instabile.
“Oh, io mi sono distratto mentre lei mi raccontava qualcosa e sembra che io non abbia risposto esattamente quello che dovevo rispondere quando lei mi ha fatto una domanda”. Harry annuì. Era riuscito a capire il discorso un po’ confuso di Neville perché capitava anche a lui.

 

Harry spostò con il piede il rospo vicino a Ron, senza farsi vedere da Neville. Ron sbuffò e il moro ridacchiò.
Ron si voltò verso Neville e gli chiese a bruciapelo: “Neville, è vero che hai baciato Ginny?” Neville divenne improvvisamente rosso sulle guance. Guardò da sotto le ciglia prima Ron e poi Harry che lo guardava con gli occhi spalancati e un brutto sguardo.
Dean si sistemò meglio. “E quando è successo?” chiese.
Neville era sempre più imbarazzato. “Quindi?” lo inerrogò Harry. Si voltò nel frattempo verso Ron e lui ghignò.
“Ehm… è successo tempo fa…”
“Quando?” chiese ancora Harry.
“Dopo il ballo del ceppo. Io… lei… giuro Harry, solo quella volta!”
Harry sospirò. Quattro anni prima. Lui al ballo c’era andato con la Patil. Si girò verso Ron, per lanciargli un’occhiata di fuoco. Ma il rosso ridacchiò. Deficiente. Ecco perché diceva che doveva essere geloso, lui probabilmente lo sapeva già.
Ghignò anche Harry. “Te lo ricordi il ballo del ceppo, Ron? Ti ricordi con chi ci sei andato? Sei riuscito a baciarla, dopo?” E ammiccò.
Seamus si voltò verso il rosso. “Con chi eri andato?”
“Con Padma, la sorella di Calì. Lei è scappata via con un altro. Ma neanche Harry ha baciato la sua compagna, eh, Harry?” lui non gli rispose.
Dean sospirò pesantemente. “Invece Seamus è riuscito a baciare Padma…”
Seamus alzò un sopracciglio. “Ma è stato due anni fa! Che c’è sei geloso?” Per la prima volta a Dean sparì il sorriso. C’era rimasto male davvero.
“Comunque pensavo fosse Calì” disse alzando una spalla.
Ron ridacchiò. “Davvero? E Lavanda lo sa?” Lavanda e Calì si vantavano di essere migliori amiche, chissà come l’avrebbe presa.
Seamus lo guardò male. “Se non glielo ha detto Padma…”
Harry si raddrizzò. “No, aspetta, Padma lo sa? Che pensavi fosse Calì?” Seamus fece una smorfia.
“Oh, sì. Quando l’ho chiamata Calì mi ha dato una cinquina sulla guancia. È stato lì che ho scoperto che non era lei”.
Harry ridacchiò. Anche Neville ridacchiò. Quando rise anche Ron, Seamus rise anche lui. Dean guardava tutti malissimo. Ma dopo poco rise anche lui.
“Siete tutti ubriachi. E stronzi”. Alzò il bicchierino che aveva ancora in mano e con l’indice teso li indicò tutti.
“Intanto la cinquina l’ho presa io” ci tenne a precisare Seamus. E tutti tornarono a ridacchiare.
“Anche Zabini si è preso una bello cinquina.
Eh, Harry?”

 

Harry guardò Dean. Seamus ridacchiò “Avrei voluto esserci!”
“Io c’ero” disse Neville.
“Tu?” Harry si voltò verso di lui. “Non ti ho visto”.
“Ero in fila per uscire, con Hannah, Ernie e la Greengrass.”
Dean alzò un bicchiere miracolosamente ancora pieno. Ma non era finito tutto?
“La Greengrass! Anche lei è molto carina!”
Ammise il moro, ancora con il bicchiere in mano. “Sta con Zabini, adesso” disse Ron.
“E certo! Perché non avrebbe dovuto? Alla sfiga!” Dean alzò ancora il bicchiere e lo tracannò.
Si fecero portare un’altra bottiglia dall’elfa di Seamus e iniziarono a discutere per decidere chi fosse il più sfigato in amore.

 

***

 

La serata fra ragazze stava andando bene. Ginny ballava nella sala comune dei Serpeverde insieme ad Astoria e Camille.
Pansy e Hermione, invece, erano vicino ai tavoli dei beveraggi e controllavano la festa.

 

“Ma Draco dov’è?” chiese Pansy alla Grifondoro.
“Ha detto che avrebbe tenuto d’occhio Nott.”
“Oh. Ok.”
Pansy era seduta su un tavolo e ciondolava le gambe vicino alla Granger. Si erano ritrovate loro due, Ginny e le ragazze ballavano in pista. Pansy lanciava loro un’occhiata ogni tanto.
Daphne era fuori da qualche parte del castello con Blaise e Milliecent aveva detto che non sarebbe venuta alla festa perché aveva da fare. Così stava cercando di rimanere sveglia a controllare tutto; una festa dove non ci si poteva divertire era una cosa noiosa.
“Guarda che se vuoi andare a ballare, resto io qui a vedere se va tutto bene.”
La Granger doveva aver capito che si stava annoiando. “Ti ringrazio ma non ho voglia di ballare, stasera. Tu, invece?”
La riccia scosse la testa. “Oh, non ne ho voglia neanch’io”. Pansy la guardò con la coda dell’occhio non troppo convinta, ma annuì. “Draco ha un appuntamento per fine mese per andare ad Azkaban” disse ancora la riccia.
La Serpeverde pensò di aver capito male. “Azkaban?”

 

Hermione annuì. Sarebbe riuscita a chiederle di andare con Draco? Non voleva che andassero insieme, ma non voleva neanche che lui andasse da solo. Sospirò.
“Non mi ha chiesto di andarci” spiegò.
“Come? Ma non siete tornati insieme?” La riccia si trovò ad annuire ancora. “E non te l’ha chiesto?” Questa volta scosse la testa. Non riusciva proprio a parlare.
“Merlino!” La mora si toccò un fianco e tirò fuori una sigaretta. Hermione strabuzzò gli occhi.
“Ma cosa fai?” La Serpeverde alzò una spalla, accendendo la punta con la bacchetta.
“Non se ne accorgerà nessuno. E adesso dimmi: perché non gli hai chiesto di andare con lui?”
“Perché no! Non me l’ha chiesto!” Lei sbuffò il fumo in alto.
“Sai perché non te l’ha chiesto?”
“Non vuole che incontri suo padre…” Vide la mora annuire.
“Che, detto fra noi, non è una cattiva idea” disse alzando una mano aperta. “Ma… visto che non voglio andarci io e ho promesso a Narcissa di non lasciarlo andare da solo, proverò a convincerlo a farti andare con lui, ok?”
“Basta che non lo fai con un vestito scollato…” disse Hermione prendendo da bere.

 

Pansy sentì il calore salirle alle guance. Doveva aver parlato con il rosso. Per un attimo si vergognò, ma poi si rimise dritta con la schiena e disse: “Allora convincilo tu”. Il suo tono era un po’ cattivo, lo sapeva. Ma la Grifondoro sorrise.
“Ti ho fatto arrabbiare.”
Pansy sospirò, poi disse: “A dir la verità, no. Sono arrabbiata di mio. Comunque, se lo vuoi sapere, non ha mai funzionato con lui, la mia scollatura. Ci ho provato due volte al quarto anno, per farmi invitare al ballo del Ceppo”. Abbassò la voce. Era abbastanza deprimente senza farlo sapere a tutti.
“Ma ci sei andata con lui: ha funzionato.”

 

Hermione vide la Serpeverde fare una brutta smorfia e dare una lunga boccata alla sigaretta. “No, è andata diversamente”.
Oh. Però adesso era curiosa. Non riuscì a non chiedere: “E come?” Lei alzò le spalle.
“Niente.”
Oh. Era una di quelle cose che non voleva raccontare. “Al sesto anno ho lanciato un Confundus a McLaggen per far prendere Ron come portiere della squadra” disse la riccia guardandola con la coda dell’occhio.

 

Pansy sbuffò. Ma perché i Grifondoro ti dicevano sempre qualcosa di loro per far dire qualcosa a te? Cos’è, facevano delle lezioni speciali riservate a loro? ‘Come interrogare il prossimo senza veritaserum’.
Sbuffò ancora, ma poi sorrise nervosamente e si passò una mano fra i capelli. Va beh, se proprio lo voleva sapere… “Mi aveva invitato un altro. E io avevo accettato: Draco non ne voleva sapere e io avevo accantonato l’idea”. Vide la Granger sgranare gli occhi. Cercò di non offendersi.
“E poi?” chiese la riccia.
“E poi si è tirato indietro. E Draco mi ha invitato quando l’altro mi ha detto che non sarebbe venuto con me. È andata bene così” concluse velocemente.
Si alzò per andare a controllare il tavolo con le burrobirre.

 

Hermione fece finta di niente. Ma aveva visto il suo sguardo. Chissà se c’era rimasta male quando l’altro si era tirato indietro. Che domande, certo che c’era rimasta male! Ma chi è che si comporta così? Chissà se era stata colpa di Draco. Magari lei glielo aveva chiesto e lui aveva detto di no e poi si era reso conto di essere geloso.
Non doveva pensarci. Erano cose successe tempo prima. Quando la Serpeverde tornò, non aveva più la sigaretta ma due burrobirre e si rimise seduta, non disse niente e non la guardò, ma le passò una burrobirra.
“Comunque potrei dirgli che vado con lui e all’ultimo mi invento qualcosa e ci vai tu. Se riusciamo a trovarci tutti e tre poco prima di andare, dovremmo riuscirci. Di sicuro a te la McGranitt non farà storie.”
Scosse la testa “Non lo so. Vedremo…” Sospirò. “Tu andrai ad Azkaban a trovare tua madre?” La Serpeverde annuì prima di bere. “E con chi ci vai?”
“Con chi ci dovrei andare?” La mora si rivolse a lei con uno sguardo curioso.
Hermione alzò le spalle. “Non so, chiedevo e basta”.
“Ci vado per vedere com’è quel posto. E se è una cosa che si può fare, ci porto Camille. È a lei che interessa vedere maman…”
Il suo viso divenne tetro quando disse il nomignolo con cui la francese chiamava la mamma.
“Non ho bisogno del sostegno di nessuno” disse ancora. Ma chi voleva convincere?
“Dici?” Hermione sapeva quanto fosse duro fare tutto da soli.
La Serpeverde guardò verso la pista mentre diceva: “Ne sono sicura”.

 

Ginny si fece largo fra la folla fino al tavolo dei beveraggi.
“Belle donne! Che fate? Non venite a ballare?” Stappò una burrobirra e la bevve avidamente. “Sai una cosa, Pansy?” disse indicando la mora con la bottiglia. “Voi siete quelli che danno le feste più belle. E la vostra musica è la migliore!”
Vide l’amica sorridere. “Sono contenta che tu sia qui, allora, piccola Grifondoro”. E sbattè la sua burrobirra contro quella della rossa. Poi, la porta scorrevole si aprì e alcuni ragazzi entrarono facendo più confusione di tutta la sala che ballava.
La Serpeverde si alzò sul tavolo dove era seduta e controllò l’ingresso.
“Oh, Merlino!” la sentì dire Ginny.

 

Pansy si era alzata quando aveva sentito del frastuono verso la porta scorrevole. Ormai era tardi, non pensava sarebbe entrato ancora qualcuno. Quando vide cinque ragazzi entrare insieme e facendo un po’ troppo casino, dalla porta scorrevole si stupì. Merlino, i cinque Grifondoro del settimo anno plus. Tutti insieme? Che stava succedendo?
Molta gente si girò verso l’ingresso e si accalcò in quella direzione per vedere cosa stesse accadendo.
Pansy vide proprio una folla di persone spostarsi. Non sarebbe riuscita a passare in mezzo alla calca e raggiungere l’ingresso per evitare che succedessero ulteriori casini.
Pensò pochi secondi e poi fece quello che le sembrò più adatto: saltò da un tavolo all’altro fino ad arrivare all’ingresso. I tavoli erano stati spostati per far posto alla pista da ballo ed erano tutti addossati al muro.
Per i primi tre tavoli non ebbe problemi, tranne per una coppia che si stava baciando e che non la vide arrivare così rischiò di finire loro addosso, ma riuscì a non fare danni e saltare ancora. Ma il quarto tavolo era un po’ troppo lontano per riuscire ad arrivarci con un salto. E c’era troppa gente per riuscire a scendere e avventurarsi verso l’entrata.
Così, fece un passo indietro e corse in avanti saltando dal bordo. Merlino, se non si fosse fatta male, sarebbe stato fenomenale. Ma non atterrò bene. Un piede le si spostò mentre si appoggiava e finì addosso a un ragazzo.
“Parkinson, ma da dove arrivi?” per fortuna era Derrick. L’aiutò a scendere e lei, vedendo che seduto sul tavolo girato verso la pista gli disse: “Dai un’occhiata a Camille e Astoria, per favore”. Lui annuì mentre l’aiutava. “Grazie mille!”
Si girò e si trovò faccia a faccia con Potter e Finnigan. “Ehi, che fate qui?” disse aprendo le braccia e bloccando loro il passaggio.
Cercò anche di tenere lontano i curiosi che erano arrivati e che erano dietro di lei.

 

Ron aveva visto il tipo della festa aiutare Pansy a scendere dal tavolo.
Era stato gentile o voleva provarci? Oh, santo Merlino! Non erano fatti suoi. Se anche la Serpeverde si fosse fatta rimorchiare, non avrebbe potuto dire niente.
Quando se la ritrovarono davanti mentre chiedeva loro cosa facessero lì, si arrabbiò. Non era una cazzo di festa aperta a tutti?
“No, non lo è, Weasley” disse lei guardandolo male.
Ron rimase di sasso. Santo Godric, aveva parlato senza accorgersene? Si sentiva girare, insieme alla sala comune delle serpi.
“Siete ubriachi?” la sentì chedere stupita, ma lei non si era rivolta a lui, guardava… chi guardava? Neville? Dean? Non capiva.

 

Merlino, erano ubriachi tutti e cinque? Li guardò: sì, erano tutti alticci.
“Non potete entrare in questo stato. Su, tornatevene nella vostra torre.”
Cercò di fare un passo avanti per farli indietreggiare, ma loro non si mossero. Merlino, era in minoranza numerica.
Vide Mike affiancarla e chiederle se avesse bisogno. Sorrise nonostante tutto. “Mike, sono cinque ragazzi ubriachi e ben piazzati. Se soffio ti faccio cadere, come pensi di aiutarmi?”
“So ancora usare la bacchetta.”
“È il caso che loro non la tirino fuori, la bacchetta. Tienila in tasca anche tu, va.”
Poi si voltò verso di loro. Guardò Potter. Era davanti. Aveva guidato lui quel convoglio? “Potter, puzzi di Firewhisky, sicuro che vuoi che Ginny ti veda in questo stato?” chiese, alzando un sopracciglio. Vide Potter vacillare. Fisicamente e mentalmente.
“Io…”
“Ti giuro che non sei un bello spettacolo” rincarò un po’ la dose. Poi guardò alla destra di Potter. “Paciock, sono abbastanza sicura che tu non abbia intenzione di entrare, o sbaglio? La Abbott non c’è e non sarebbe carino se venisse a sapere che hai bevuto e hai fatto casino a una festa, no? A una festa dove lei non c’è. Potrebbe pensare che tu sia venuto a rimorchiare. Fossi in te tornerei subito indietro” disse sottovoce, sventolando una mano verso la porta scorrevole.

 

Quando la Serpeverde aveva nominato Ginny, Harry si era un po’ preoccupato. Non gli sembrava più una bella idea essere venuto nei sotterrane.
Si girò verso Neville che guardava per terra. “Forse dovremmo andare…”
Vide Neville dirigersi subito verso la porta scorrevole che si aprì per farlo uscire. Magari Ginny avrebbe pensato che volesse controllarla… Che idea stupida! Di chi era stata? Non riusciva a ricordarselo. “Dean? Seamus?” Alla sua destra c’erano loro. Notò Dean guardare con ammirazione la Serpeverde, che però controllava con lo sguardo l’uscita di Neville.
Merlino, Ron lo avrebbe ucciso se lo avesse visto. Tirò Dean verso la porta e disse alla Parkinson: “Non è stata una buona idea. Ce ne andiamo, buonanotte”.

 

Pansy vide Paciock uscire e Potter tirarsi dietro il moro e l’altro compagno mentre usciva. Si girò appena verso Mike, dicendogli che poteva andare. Lui alzò un sopracciglio e guardò il rosso che era l’unico rimasto dei Grifondoro.
“Qui ci penso io, vai” disse ancora, per convincerlo.

 

Ron guardò il tipo delle burrobirre andare via ma continuare a osservarlo per capire se fosse veramente innocuo. Dietro a Pansy iniziavano a spingere alcuni studenti, curiosi di sapere cosa stesse succedendo. La Serpeverde si girò per controllare la situazione e poi, velocemente, fece un passo avanti e gli appoggiò una mano sul petto. Come l’altra volta, pensò il rosso.
“Vieni fuori”. Lo spinse oltre la porta scorrevole e si ritrovarono in corridoio.

 

Pansy vide arrivare Ginny insieme alla calca. Non voleva che vedesse il fratello così. Lo spinse e lo fece uscire. Gli altri erano già in fondo al corridoio. “Sta arrivando tua sorella. Torna nella torre insieme a loro” disse, indicando la direzione presa dai Grifondoro.
“Perché?”
La Serpeverde sbuffò. “Forse, perché sei ubriaco?”
“Ginny mi ha già visto ubriaco.”
Oh. “Ok, allora aspetta che la vado a chiamare, sarà felicissima di occuparsi di te!”

 

Nonostante l’alcool, Ron notò il tono sarcastico della sua voce. Vide la porta scorrevole aprirsi e un po’ si spaventò. Ma non fu Ginny a uscire. Sospirò sollevato e tornò a guardare la Serpeverde. Anche lei si era girata.
“Perfetto. Granger, accompagni tu Weasley alla torre?”
Ron si innervosì. “Perché mi chiami ‘Weasley’?” Era già la seconda volta che lo faceva.
“Perché quando fai il troll, diventi Weasley” disse lei, arrabbiata.
“Perché sei arrabbiata?”
“Forse perché siete venuti qui ubriachi?” disse alzando un sopracciglio.

 

Hermione si era avvicinata: accompagnare Ron le scombinava i piani, ma avrebbe potuto farlo. Sospirò. Ma Ron continuava a guardare la Parkinson. Quei due non avevano ancora chiuso. Si capiva benissimo.
“Dai, Ron, andiamo”, lo prese per un braccio e lo trascinò via mentre borbottava.

 

Pansy guardò i due Grifondoro andarsene.
Rimase a guardare il corridoio per qualche minuto prima di tornare in sala comune. Non era più uscito nessuno. Chissà cosa stava succedendo, dentro. Sospirò e rientrò.

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*** Grazie a tutti quelli che continuano a leggere!!! �👋😊😉
   
 
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