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Autore: Duncneyforever    29/07/2018    1 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Avrei potuto accettare il bel complimento di Reiner ma, nella mia testa, un campanellino di allarme mi intima di non sottovalutare niente di ciò che mi viene detto. 

- Perchè ho il presentimento che tu voglia impressionarmi? - Ripenso a quel che ha fatto, al suo non essere stato troppo crudele nei confronti di quelle ragazze e mi convinco sempre più che si sia trattenuto per non incentivarmi ad odiarlo. 

Guarda caso, coloro che non sono state selezionate, non verranno neppure rispedite a Birkenau, il che dà credito alla mia ipotesi. 

Ariel ha descritto uno spietato assassino, eppure io non ho mai visto il nazista... Io ho visto Reiner Von Hebel, il nobile gentiluomo estimatore delle arti e dei grandi piaceri della vita. 

Il modo in cui si atteggia non è artefatto, non sembra avere alcun secondo fine e tutto ciò sarebbe molto bello, se ci trovassimo in un qualunque altro contesto. 

Dinnanzi a cotanta perfezione il mio interesse, più maturo rispetto all'eccessiva espansività che caratterizzava la prima adolescenza, è reale, ma anche pericoloso, motivo per il quale, capisco che sia ora di prendere le distanze da lui e dal suo charme. 

- Chi può saperlo! potrebbe essere così come sostieni tu, oppure potrei non voler dare adito a certe porcate in presenza di una ragazzina; interpreta pure a piacimento. - Scuoto la testa, in cerca della verità. 

Non voglio interpretare, voglio sapere quali pensieri passino per quella testa platinata, anche quando egli trova il sistema per aggirare le mie domande con affermazioni blande e tatticamente vaghe. 

- La ragazzina in questione è sotto la mia protezione, per cui ho il dovere morale di salvaguardarla da tutto ciò che ritengo essere una minaccia per la sua incolumità. - Corruccio la fronte, ancora insoddisfatta, pretendendo di più che una litania sugli obblighi del " buon " cavaliere. Lui mi fa salire in auto, richiama a sè il sergente incaricato di scortare le ragazze dove prestabilito e dà disposizione di procedere senza di lui, precisando di avere cose ben più importanti di cui occuparsi. 

Il subalterno lo asseconda, stranito, non avendo il permesso di chiedergli ulteriori spiegazioni. 

Il mio tedesco è migliorato in quest'ultimo mese; ora capisco e, sinceramente, anche a me pare strano il comportamento del comandante. 

- Comunque grazie, riconosco che ti sia impegnato - lo informo, facendo scorrere lo sguardo fino all'occhio azzurro visibile di profilo, faticando nell'esprimergli direttamente la mia gratitudine. - Dico sul serio, con tutto quel che hai fatto e che stai facendo per me, ti sarò debitrice per sempre. - 

- Non mi devi niente in cambio. - Superiamo il posto di blocco come da procedura ( anche se dubito fosse necessario ) e, in men che non si dica, siamo fuori Auschwitz, lontano dal triste silenzio che serpeggia tra i vari Blocks, dove questo vuoto di per sè positivo si trasforma in una presenza opprimente, che rende l'aria irrespirabile. - Ho notato che hai fatto fatica - 

- per me è inconcepibile che persone " normali " si rendano responsabili di azioni così mostruose, e senza il minimo sforzo! Non c'è bisogno di imbracciare un fucile per apparire un sadico criminale; basta restarsene a guardare con le mani in mano mentre questa gente soffre... L'indifferenza è il peggior mostro che ci sia. - 

- Credi che io sia un tale vigliacco? - Domanda, interessandosi al discorso. 

- Al contrario, penso che tu non abbia paura di prendere una posizione. - Lui, dopo aver ascoltato, si ferma nel bel mezzo della strada, prendendosi del tempo per guardarmi meglio. 

- Perchè così all'improvviso? Mi fai preoccupare... - Il biondo mi ha aiutata in ogni modo possibile, tuttavia non riesco a fidarmi del tutto di lui, specialmente dopo la brutta esperienza passata. Appena lo vedo muoversi, mi schiaccio contro la portiera, sulla difensiva, con la mano appoggiata alla maniglia come a voler scappare fuori da un momento all'altro. 

- Ti spavento - ribatte, accarezzandomi la caviglia e facendomi tremare le gambe. - Non ti faccio niente. - Si sporge con il busto ma, al posto dei suoi occhi chiari, compaiono saette cobalto assetate del mio sangue e delle labbra piegate innaturalmente all'insù, da cui fuoriesce una voce storpiata dall'impeto di follia che mi urla: " mia! " 

Lo fisso orripilata, andando a sbattere la testa contro il finestrino; poi urlo, sentendo la pelle sotto le sue unghie e i denti fregare contro la carne. 

Spalanco lo sportello, scappando attraverso la campagna deserta: una forte fitta sul fianco segna il superamento del mio limite massimo, ma decido deliberatamente di ignorarla, a costo di ferirmi, pur di allontarmi il più possibile dall'immagine persecutrice di Rüdiger. 

Nè lui nè altri mi toccheranno più senza il mio esplicito consenso, mai più sarò spogliata della dignità e costretta a soddisfare le sporche fantasie di un uomo. 

Io mi fidavo... Mi fidavo delle sue promesse, delle attenzioni che allora sembravano così disinteressate, dei suoi finti abbracci. 

Io ho voluto bene persino al più spregevole tra gli uomini. 

Le gambe cedono e le lacrime scendono giù come frammenti di stelle; Reiner mi viene dietro correndo e, avvantaggiato dalla prestanza fisica, non ci impiega molto a raggiungermi. 

- Stai lontano! - Gli sbotto contro, evitandolo e annaspando per lo sforzo. 

- Non sei abituata a correre così, fermati! - È costretto a saltarmi addosso, per arrestare il mio patetico zigzagare a vuoto. Premo la mano sul fianco ancora livido, spingendolo via o, perlomeno, intenzionata a farlo. 

- Ti ho detto lontano! Non vi voglio vicino a me! - Mi osserva interdetto, indietreggia e, sulle sue tempie, prendono a pulsargli vistosamente le vene. 

Ora sono io ad arretrare, terrorizzata. 

- È per lui che mi respingi? Temi che possa abusare di te? Ma ti rendi conto di quel che mi stai dicendo?! - Riprendo fiato appoggiandomi alle ginocchia, impressionata dal saperlo offeso dalla mia reazione. 

- Io non sono come te, io ho paura! Sono debole, va bene?! Ho provato ad essere forte, però tutto questo è troppo, per me e per chiunque altro non appoggi questa cospirazione! Non è solo per i soprusi di cui sono stata vittima... È per tutto! Sto impazzendo, come fai a non accorgertene?! - 

-  Non sono tuo nemico, sto cercando di aiutarti. - Mi viene vicino, prende tra le mani uno dei boccoli scuri e scomposti e v'infila le dita attraverso, fino all'attaccatura umida, portandomelo sulla schiena insieme agli altri. - E non hai idea di quanto mi costi trattenermi. - Piena di stupore, smetto di ribellarmi, contenta che lui, pur desiderandomi, non abbia praticato violenza per avermi. Lo attiro verso di me, segnandogli la camicia di lacrime, facendomi piccola contro il suo corpo. - A volte, vorrei poter essere qualcun altro per piacerti almeno un po'. - 

- Tu sei proprio come dovresti essere, siamo noi ad essere poli opposti. - Mai visto quell'azzurro così fiero implorare tanto, trascendere nella reattività indecorosa tipica dell'uomo mortale. 

Discende colline appena accennate, rosate e piovigginose, giungendo fin sui dolci pendii tracciati dalle mie labbra, di poco dischiuse come in un bocciolo di rosa. 

Lui incrina inconsciamente lo sguardo, socchiudendo a sua volta le labbra non più aride, pregustando il mio sapore. 

Si piega in avanti, sperando in un contatto che non avrà mai: vengo pervasa dal profumo dolce-aspro di lamponi, attratta dal viso d'angelo di una bellezza impareggiabile e carezzata dalle sue mani morbide, sulle quali mi sciolgo come burro. 

Socchiudo gli occhi lucidi, andandogli incontro, combattendo contro i miei demoni per seguire l'istinto. 

Mi alzo sulle punte, poggiandogli le mani sul petto. 

Poi, d'un tratto, la parola " nazista " estingue tutte le mie illusioni, mozzandomi il respiro.

Mi irrigidisco, sperduta dopo il colpo letale assestatomi da quel ricordo. Volgo la testa altrove, consentendogli di sfiorare soltanto il ciuffo di capelli volato in avanti a seguito di quello scatto. 

- Magari in un'altra vita - esalo, riprendendo coscienza della realtà. 

Sono troppo cedevole sotto questo punto di vista e, anche se ho la sensazione che con Reiner sarebbe tutta un'altra storia, tutto questo rimarrebbe comunque tremendamente sbagliato. 

- Perchè ti fai questo - la sua voce produce un suono leggero, non distinto, di chi ha appena buttato giù un sorso amaro e non vuole ammetterlo. 

Io chino il viso a terra, aprendo un solco doloroso tra mie labbra: " perché è giusto così " rispondo, mostrando un sorriso radioso, macchiato sui bordi da lacrime nuove di un dolore mai sperimentato. 

- Trovi giusto sacrificare la tua felicità? - Trae un lungo sospiro, massaggiandosi la fronte grinzosa. 

Non sono in grado di replicare, scossa da quanto sarebbe successo se non mi fosse tornato alla mente cosa lui compia in nome di un'idea. 

- Sì, se lo ritengo opportuno. - È una pugnalata nel petto anche per me, eppure devo convincermene. 

- Non neghi che ti renda felice, però. -  

Felice? Se dovessi prenderla con esoterismo e, quindi, considerare la felicità come " negazione del dolore " allora sì, potrei dire che lui mi abbia resa felice, ma la felicità, quella vera, in questo luogo io non l'ho mai trovata; forse, la provai il giorno in cui feci ritorno ad Auschwitz e ritrovai Ariel ancora in vita dopo averlo creduto morto... 

Quel giorno sì, che scoppiai in un pianto di gioia. 

- Se tu non volessi più aiutarmi, non ti biasimerei. - 

- Non dire sciocchezze! Non era una proposta di fidanzamento. Ora sali in macchina, che il mio stomaco brontola. - 

- Sì, certo... - 

Cerco il suo sguardo. 

Mi respinge. 

Non sente dolore. 

...

Sta mentendo. 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice: 

chiedo umilmente perdono per questo capitolo cortissimo e un po’ insulso, ma ho calcolato che avrei impiegato troppo tempo per postarne uno lungo circa il doppio, come al solito. 

Per questo, ho preferito spezzarlo in due parti: questa, quella un po’ più “ noiosa ” e la seconda che, prometto, sarà più movimentata e ( forse ) interessante. 

Spero questo spezzone non faccia crollare tutte le vostre aspettative! 

Alla prossima! 

 

 

 

 

  
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