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Autore: Amily Ross    30/07/2018    4 recensioni
(Sequel de: “Il Ritiro Natalizio della Nazionale Giovanile.”)
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È passato circa un mese dal ritiro natalizio in Austria, molte cose sono cambiate da allora, e molte altre dovranno ancora cambiare; è rimasto indelebile il ricordo di quella “vacanza” nel cuore di tutti. Ognuno ritorna a vivere la propria vita: chi in Francia, chi in Germania e chi in Giappone, ma c’è profumo di cambiamenti nell’aria: nuove vite, nuove città e nuove conoscenze, cambieranno la vita di alcuni di loro. Fanny ha intrapreso la carriera di manager alla Mambo, al fianco di Amy, ma presto una nuova avventura la porterà nel paese dei suoi sogni, là dove gioca il suo ragazzo: la Germania.
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Questa fiction è temporalmente collocata nel 2018, e i ragazzi e le ragazze hanno tutti ventuno anni o quasi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Grace (Machiko Machida), Jun Misugi/Julian Ross, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Capitolo 18: Mamma & Papà…

 

Nonostante l’ansia per l’intervento, Benji ha dormito tutta la notte tranquillamente, Freddy gli è rimasto accanto sebbene non fosse necessario – ha preferito non lasciarlo solo – anche se non ha con il ragazzo alcun legame di sangue, lo ha praticamente visto crescere – letteralmente e sotto ogni aspetto –  e lo vede come un figlio. Il mister non ha dormito tantissimo – a differenza del suo pupillo – che è stato un bene sia riuscito a farlo; ha passato parte della notte a ricordare eventi passati: quel lontano giorno in cui conobbe i Price e di conseguenza divenne l’allenatore personale di quel bambino di sei anni – forse un po’ troppo viziato – ma amato dalla famiglia, poi tutto cambiò quando Bryan Alexander Price, il padre di Benji, prese in piena gestione l’azienda di famiglia dopo che suo padre, Benjiamin Aron Price andò in pensione lasciando totalmente la Price Corporation – come suo padre prima di lui – ai sui tre figli, mettendone a capo il primogenito Bryan, che da tredici anni la gestisce al fianco della moglie, Eleonor Patricia Taylor.

 Amburgo: lunedì 6 marzo, 2018 ospedale, h. 7:30.

Benji apre gli occhi e si guarda attorno stordito, poi realizza di trovarsi in ospedale e sospira, guardando la camera deserta con un velo di malinconia nello sguardo onice. “Ti aspettavi forse qualcosa di diverso? Devi rassegnarti all’evidenza dei fatti, Benji, in fondo è così da anni e non puoi cambiare le carte in tavola.” pensa tra sé e sé, mordendosi il labbro inferiore e trattenendo le lacrime, non ne ha versate da bambino e di certo non lo farà adesso; inevitabilmente però la sua mente vaga ai giorni della sua infanzia, facendolo sorridere e facendolo rabbuiare.

La sua infanzia può esser divisa in due parti: la prima dalla sua nascita fino ai sei anni, dove era un bimbo amato dalla famiglia e coccolato da tutti quanti, era l’ometto di papà ed il principino di mamma; poi dai sette anni qualcosa iniziò a incrinarsi, fino agli otto anni quando l’idillio venne spezzato, i suoi genitori si lasciarono assorbire totalmente dal lavoro, dimenticando di avere un figlio e abbandonandolo letteralmente in quell’enorme villa con i domestici e Freddy, giustificandosi con un misero. ‘Papà e mamma devono occuparsi dell’azienda di famiglia, ma ti vogliono sempre bene, e un giorno quando sarai grande anche tu lavorerai con loro.’ certo, facile raccontare palle su palle a un bambino, ma lui non era affatto stupido e non ha mai creduto a una singola parola o promessa fatta dai quei genitori menefreghisti, né ha mai avuto l’intenzione di seguire le orme del padre, a lui non gliene frega nulla di quella maledetta azienda – che seppur non gli abbia mai fatto mancare nulla a livello materiale – e di questo deve ringraziare i suoi avi, soprattutto il suo bisnonno – Bryan Cedric –  e nonno Benjiamin, gli ha strappato via la cosa più importante: l’affetto dei genitori.

Poi improvvisamente tra i ricordi tristi, se ne fa strada uno bello, che lo fa sorridere. “Vorrei che almeno tu fossi qui, nonno, ma non posso pretendere questo da te, almeno so di poter sempre contare su di te a differenza di quello stronzo di mio padre… tu mi sei sempre stato vicino e hai assecondato ogni mia decisione.” pensa e sorride ancora, ricordando con un sorriso ogni giorno passato assieme a nonno Benjiamin, del quale è fiero di portare il nome. Il suo flusso di pensieri viene però interrotto dalla porta che si apre, gira la testa e sorride vedendo entrare l’altro perno della sua vita: Feddy Marshall, il suo allenatore personale, che gli è sempre stato accanto – e continua a farlo anche adesso che non lo è più – colui che lo ha cresciuto meglio di come avrebbe dovuto far suo padre.

«Buongiorno, campione.» sorride l’allenatore, avvicinandosi al letto con in mano un bicchiere con del caffè macchiato. «Ciao. Sei arrivato presto, pensavo arrivassi più tardi.» ammette Benji, mettendosi seduto e ringraziandolo con un tacito sorriso. «Sono rimasto qui tutta la notte, Benji, non volevo lasciarti solo.» risponde Marshall finendo il caffè e sedendosi sul bordo del letto, carezzandolo sulla guancia. «Grazie, Freddy, grazie davvero…» sussurra il portiere stringendolo e non aggiungendo altro, ma il suo silenzio è carico di parole non dette e profonda stima e gratitudine, alla quale forse non riuscirà mai a dar voce – in fondo nelle sue vene scorre il sangue dei Price – e i Price sono orgogliosi e non capaci di esternare facilmente i propri sentimenti, seppur qualche volta e con alcune persone, facciano delle eccezioni.

Freddy sorride e gli bacia i capelli, conscio di cosa sia celato dietro quel silenzio e quanto profondo sia quel grazie, ma non dice nulla a riguardo, sapendo benissimo quanto il suo pupillo soffra della situazione familiare. «Sei pronto per l’intervento? Ho incontrato Gregory Ross in corridoio, mi ha spiegato la dinamica con la quale si svolgerà e anche i tempi di recupero, riuscirai a essere in campo per la fine del campionato.» dice staccandosi e guardandolo annuire. «Perfetto!» risponde semplicemente Benji, per poi prendere il cellulare sul comodino, sbloccandolo e bloccandolo subito, lasciandolo cadere sul letto.

Marshall nota il gesto ma non proferisce parola, sa benissimo cosa stia pensando il suo adorato pupillo, ma non vuole interferire oltre, se sarà lui a prendere il discorso sarà pronto ad ascoltarlo e farlo sfogare – standogli accanto e sostenendolo – come ha sempre fatto e sempre farà, adesso vuole solo che entri in sala operatoria con meno pensieri possibili, che l’intervento vada bene così che quel peso che sente allo stomaco sparisca del tutto.

*** 

L’intervento è iniziato da dieci minuti, Benji dorme sotto l’effetto dell’anestetico e Gregory Ross inizia a incidere il dorso del polso e i tessuti sottostanti per raggiungere il legamento lacerato e poterlo ricostruire: inserisce dunque delle micro-ancore per recuperare il legamento reciso, ricucendolo e reinserendolo correttamente tra le ossa circostanti cui è contenuto, che sono state trapanate da un assistente  e il medico nipponico può procedere.

Intanto in sala d’attesa gli amici attendono la fine dell’intervento: Grace seduta tra il fidanzato ed Hermann, stringe entrambi e spera che il suo migliore amico esca presto e che tutto vada per il meglio; Kaltz le carezza la mano e fissa quella luce rossa sulla porta della sala operatoria, mentre mastica il suo stecchino; Karl stringe la fidanzata con la testa poggiata sulla sua spalla e aspetta impaziente. «Ma quanto ci mette Ross?» chiede Marshall a tutti e a nessuno, camminando nervosamente avanti e indietro per il corridoio. «Freddy vieni, andiamo a fare quattro passi fuori.» dice Kirk – giunto in Germania assieme al medico per sostenere l’amico – alzandosi dalla sedia e mettendo il braccio intorno alle spalle dell’altro, che sospira e si lascia portare fuori.

«Capisco lo stare in ansia per l’intervento, e lo siamo tutti, ma sappiamo anche che non è nulla di rischioso e che il padre di Julian è il migliore del Giappone in questo.» inizia il dirigente delle Federazione, prendendo il pacchetto di sigarette dal taschino della giacca e portandone una alle labbra. «Dunque che altro c’è che ti turba, Freddy? E non dirmi nulla perché ti conosco fin troppo bene, amico.» aggiunge accendendo la sigaretta e guardando l’altro. «Hai ragione, non è solo l’intervento ad impensierirmi, ma non posso farci molto per l’altra questione…» sospira Marshall, avvicinandosi a Pearson e sfilandogli una sigaretta prima che posi il pacchetto. «Da quando fumi tu?» chiede Kirk alzando un sopracciglio, ed accendendogli la sigarette.

Freddy aspira la nicotina e la butta via poco dopo con un sospiro, non rispondendo alla domanda dell’amico, che lo guarda ancora scioccato e aspetta che dica qualcosa, qualsiasi cosa. «Riguarda i genitori di Benji, li ho avverti quando è stato ricoverato dicendo a suo padre che oggi lo avrebbero operato, ma sono a Los Angeles, dove hanno deciso di aprire una nuova filiale dell’azienda di famiglia. Come sempre mettono al primo posto il lavoro, lasciando il figlio da solo…» dice Freddy sospirando e aspirando ancora la sigaretta. «Capisco. La Price Corporation è una grande multinazionale e immagino che non sarà facile gestirla, ma ciò non giustifica la loro assenza come genitori. Però ti dico una cosa, amico, per quanto Benji possa soffrire l’abbandono dei genitori, ha trovato un uomo che gli vuole bene come se fosse suo figlio e quello sei tu, perché sei fondamentale nella sua vita… non so che rapporti abbia con la sua famiglia, ma sono certo di quello che ha con te e so che gli starai accanto in qualsiasi occasione.» risponde Kirk, capendo quanto l’amico è legato a quel ragazzo e quanto gli faccia male vederlo soffrire.

«I rapporti con i suo genitori sono pressoché inesistenti e conflittuali, in quelle rare occasioni in cui si ritrovano insieme. L’unico con cui ne ha uno sincero è suo nonno paterno, ma non potevo pretendere che venisse qui.» sospira ancora Marshall, spegnendo la cicca nel posacenere. «No, infatti, però magari lo chiamerà, la notizia del suo infortunio ha fatto il giro del mondo.» risponde Kirk imitandolo. «Per quel che riguarda i genitori… non so cosa dirti, solo stagli vicino, soprattutto se verranno, anche se è ormai tardi e non avrebbe molto senso a questo punto.» aggiunge vedendo la luce rossa della sala operatoria spegnersi e rientrando seguito dall’amico, che sospira ancora – ma col cuore più leggero per la vicinanza dell’amico e perché il suo pupillo è uscito.

«È andata benissimo, riavrete presto il vostro campione.» dice Gregory uscendo dalla sala operatoria assieme allo staff, che spinge la barella con un dormiente Benji. «Grazie infinite, signor Ross.» sorride Freddy stringendogli la mano grato. «Ma non deve ringraziarmi di nulla, è il mio lavoro e poi so quanto sia importante il calcio per questi ragazzi, iniziando da mio figlio che non vuole mollarlo nonostante la malformazione cardiaca… e poi Benji è ormai di famiglia essendo il ragazzo di mia nipote.» sorride il medico ricambiando la stretta, facendo sorridere ancor di più l’allenatore a quella affermazione. «Sono felice che sia andata bene, non provare mai più a fami preoccupare, brutto scemo…» sussurra Grace al suo migliore amico – che dormendo non la sente – e gli bacia la fronte, facendo sorridere Schneider e Kaltz che sospirano di sollievo, mentre il portiere viene portato in camere.

***

Amburgo: lunedì 6 marzo, 2018 camera di Benji, h. 12:00.

Benji riapre gli occhi dopo un’oretta dalla fine dell’intervento e si guarda attorno totalmente intontito, cercando un viso familiare e sorride nel trovarlo, allungando la mano sinistra – che seppur con la flebo – tende per afferrare quella che cerca. «Bentornato, campione.» sorride Marshall, prendendola tra la sua e stringendola piano. «Freddy…» sussurra il ragazzo con la voce roca e la gola secca, richiudendo gli occhi ancora stordito. «Sì, sono qui, è andato tutto bene e ora devi solo pensare a rimetterti.» gli risponde il mister con dolcezza, baciandolo sulla fronte, facendolo sorridere e riaprire gli occhi. «Grazie…» sussurra Benji, leccandosi le labbra e voltando il capo verso la finestra lasciando scendere le lacrime che non riesce più a trattenere – ci aveva sperato fino all’ultimo minuto prima di entrare in sala operatoria – ma con suo grande disappunto  si rende conto che la sua speranza è stata vana e alla fine non si aspettava che questo.

«Tutto bene?» chiede Freddy, vedendolo voltarsi e immaginando benissimo le lacrime che gli rigano il volto, vorrebbe poter fare di più, ma si rende conto di essere impotente, e non può far più di quello che ha sempre fatto. «Certo… va tutto a meraviglia. In fondo cosa vuoi che sia, sono solo appena uscito dalla sala operatoria e come al solito quella maledetta azienda è sempre più importante di me…» sussurra il ragazzo, tirando su col naso, senza voltarsi. «Benji… mi dispiace che non siano venuti, lo so quanto ti faccia soffrire la loro assenza. Ho chiamato tuo padre il giorno in cui ti hanno ricoverato, mi ha detto che avrebbero messo fine alle trattative con gli americani nel fine settimana e che sarebbero venuti da te, non so perché non siano ancora arrivati…» risponde il mister sospirando dispiaciuto e carezzandogli i capelli sulla nuca.

«Capirai… magari avranno anche messo fine alle trattative, magari saranno anche a casa, ma avranno cose più importanti e divertenti a cui pensare per ricordarsi di avere un figlio in ospedale che li aspetta. Per ricordarsi di essere genitori e che io esisto… ma tanto non ci sono mai stati quando avevo bisogno di loro e non cambia nulla il fatto che anche questa volta non siano qui.» sussurra Benji, voltandosi e guardandolo negli occhi, riprendendo la parola ancor prima che lui possa rispondere. «A volte penso che sarebbe stato meglio non nascere, o forse sarebbe stato più facile da accettare se fossi rimasto orfano.» aggiunge piangendo e non vergognandosi di lasciar scendere quelle lacrime davanti al suo onnipresente e insostituibile mentore.

«Lo so, Benji, capisco benissimo la tua delusione e non posso che esser d’accordo con te, da quando tuo padre è diventato il presidente della Price Corporation e tua madre l’amministratrice delegata hanno dimenticato la tua esistenza. Mi dispiace e vorrei poter fare di più, ma non posso mettermi contro tuo padre perché io non sono nessuno per farlo. L’unica cosa che posso fare è starti accanto e sostenerti come ho sempre fatto, ma so che mai potrò colmare la loro assenza.» risponde Marshall con gli occhi lucidi, ma sorridendogli. «Non me ne frega nulla di loro, come a loro non frega nulla di me, se non vengono è anche meglio.» sbuffa il ragazzo arrabbiato, deluso, amareggiato e sofferente. «Quanto a te, non troverò mai il modo per ringraziarti abbastanza per tutto quello che hai fatto e continui a fare per me, nonostante tu sia un estraneo per me sei più importante di mio padre stesso… tu sei colui che ho sempre preso a modello – nonno a parte – ma tu sei colui che mi ha cresciuto come dovrebbe fare un padre col proprio figlio. Quindi, Freddy, grazie infinitamente per tutto quello che hai sempre fatto e che continui a fare nonostante hai smesso da tempo di essere il mio allenatore personale e nessuno ti obbliga più a starmi accanto, ma tu hai deciso di non abbandonarmi nonostante tu non abbia nessun obbligo morale nei miei confronti.»

 «Non avrò nessun obbligo morale nei tuoi confronti e mai ne ho avuto uno, ma ti conosco da quando avevi sei anni e standoti accanto in tutti questi anni nutro un profondo affetto nei tuoi confronti. Ti ho visto crescere fisicamente e caratterialmente, conosco ogni tua cicatrice fisica e morale e posso affermare con certezza che per me sei come un figlio, per questo ho deciso di non lasciarti mai del tutto solo, anche se ormai non ho più nulla da insegnarti, perché mi hai superato alla grande, ma ti voglio un gran bene e questo non potrà mai cambiare, come non potrà mai farmi allontanare del tutto da te.» risponde Marshall stringendolo forte a sé e carezzandogli la schiena.

Benji risponde al gesto affettuoso con un bacio, carico del medesimo affetto, quando entrambi vengono costretti a staccarsi perché il cellulare del ragazzo inizia a suonare e lo afferra con la mano sinistra; sorride leggendo il nome sul display e scorre il pollice sul verde aprendo la chiamata. «Ciao, nonno. Sono davvero contento che tu abbia chiamato.» dice con un sorriso gioioso che gli illumina il viso e fa sorridere anche Freddy, che prende in mano il giornale aprendolo e fingendo di leggere, disinteressato alla conversazione.

«Non potevo non chiamarti, nipotino mio diletto. Mi sarebbe piaciuto venire ad Amburgo, ma sai che dopo quella volta non riesco più a salire su un aereo, spero quindi che verrai presto in Giappone per vederti.» risponde il nonno con un sorriso amorevole – nonostante sia un Price lui è capace di dimostrare amore.

«Lo so, nonno, tranquillo.» risponde Benji, guardando sottecchi il suo mentore, che sa benissimo stia fingendo indifferenza.

«Ma dimmi. Ti hanno già operato? Cosa dicono i medici?  E soprattutto, come stai tu?» chiede a raffica nonno Benjiamin.

«Sì, già operato, sono uscito circa due ora fa dalla sala operatoria; il medico è il padre di un mio compagno di Nazionale ed è molto ottimista a riguardo, dice che riuscirò a rientrare prima della fine del campionato. Per quanto riguarda il come sto, mi sento ancora un po’ stordito, il polso non mi dà fastidio per via degli analgesici che mi hanno dato e… beh, ammetto di aver sperato in cuor mio che quello stronzo di tuo figlio con sua moglie si ricordasse di avere un figlio. Ho sperato arrivassero sino all’ultimo momento prima di entrare in sala operatoria, ma non sono arrivati, ho sperato ancora che li avrei trovati al mio risveglio, ma evidentemente c’è sempre qualcosa più importante di me…» dice Benji senza praticamente prender fiato, incrinando la voce sull’ultima parte, facendo sollevare lo sguardo a Freddy.

Nonno Price sospira, ma non può che dargli ragione. «Lo so, Benji e mi dispiace…» sussurra, quasi sentendosi in colpa per l’aver lasciato l’azienda al comando del figlio. «Sono arrivati venerdì sera a Tokyo, ma sabato erano in azienda per sistemare alcune questioni, ieri sono stati a Kyoto a far non so cosa e oggi sono ripartiti, dicendomi che dovevano andare  alla filiale di Berlino per sistemare alcuni problemi… so che ormai è tardi e non giustifico il loro menefreghismo, ma essendo in Germania potrebbero fare un salto ad Amburgo… o almeno lo spero.» risponde rammaricato e incollerito con quel figlio e quella nuora, che hanno dimenticato di esser due genitori prima che due imprenditori di fama mondiale.

«Capisco.» risponde Benji con tono piatto e un sospiro, che fa sospirare anche Marshall. «A ogni modo non mi importa se verranno o meno, tanto ormai  in sala operatoria ci sono finito e ancora una volta senza che loro fossero lì a rassicurarmi e sostenermi, come è sempre stato per tutti gli eventi più importanti della mia vita nei quali sarebbero dovuti essere al mio fianco. Se dovessero venire adesso solo per recitarmi in faccia il loro amore e la loro preoccupazione fanno prima a partire direttamente da Berlino e andare dove gli pare.» aggiunge acido, ma è quello che pensa, per quanto gli faccia male, è l’evidenza dei fatti. Freddy sospira pesantemente e nasconde il volto dietro al giornale, fingendo ancora di leggere.

«Mi dispiace, piccolo mio. Forse avrei dovuto lasciare il comando a tuo zio Bradley, lasciando a tuo padre più tempo… anche se quando ero il presidente trovavo sempre il tempo da dedicare alla famiglia, nonostante fossi stanco o le cose non andassero sempre nel migliore dei modi.» risponde il nonno, profondamente deluso e dispiaciuto.

«Lo so, nonno, me lo ricordo. Ma non angustiarti, non è colpa tua, hai lasciato a lui la dirigenza perché è il figlio maggiore ed è giusto toccasse a lui… non potevi immaginare che sarebbe successo. Io ti vorrò sempre un gran bene e mai potrò recriminarti questo.» risponde il nipote con un sorriso, ma con le lacrime agli occhi.

«Sì… però inevitabilmente un po’ mi dispiace e vorrei che questa situazione si sistemasse, io voglio che tu sia felice, Benji.» dice ancora il nonno.

«Io tutto sommato sono felice, il sogno della mia vita si è finalmente realizzato, ho degli amici che considero fratelli, una ragazza che non immaginavo di poter amare così e ho anche un nonno stupendo e anche Freddy,  so che mai mi abbandonerà.» risponde Benji, sopperendo così alla mancanza dei genitori.

Il nonno sospira, poi sorride. «Di questo ne sono felice, ragazzo mio. Appena tornerai a casa voglio conoscere questa ragazza, devo approvarla.» dice cercando di alleggerire la tensione, cambiando discorso.

«Certo, appena rientrerò te la farò conoscere. È giapponese è simpatica, parecchio esuberante e impulsiva, ma è anche dolce e generosa. Sono certo ti piacerà.» risponde Benji con un sorriso che gli illumina gli occhi pensando alla sua meravigliosa Fuffy.

«Va bene. Adesso ti lascio riposare, fammi sapere se vengono a trovarti. Rimettiti presto, campione.» dice Benjiamin Aron Price, ricordando i tempi in cui passava molto più tempo con l’amato nipote.

«Certo, lo farò. Grazie per aver chiamato, ci sentiamo. Ti voglio bene, nonno.» sorride il calciatore.

«Anche io te ne voglio, nipotino.» risponde il nonno salutando e chiudendo. 

 Il ragazzo chiude la chiamata, riposa il cellulare e si stende sospirando, ma con il sorriso sulle labbra, che viene ricambiato da Freddy. «Tuo nonno è un grande uomo.» sorride, facendo annuire il suo pupillo, consapevole di quanto egli sia legato a quell’uomo e quanto bene gli voglia. Successivamente Benji ha anche ricevuto una  telefonata dalla fidanzata, con la quale è stato a parlare per un bel po’; e il resto della giornata è passato poi tranquillamente in compagnia degli amici.

***

«Quando rientrerai?» chiede Alfred a suo fratello Gregory, con il quale sta prendendo un caffè alle macchinette del reparto di ortopedia. «Penso non appena lo dimetteranno, ma dovrò comunque tornare tra quarantacinque giorni quando toglierà il gesso.» risponde Gregory, porgendo il bicchierino al fratello minore, preparandone un secondo per sé. «Tu invece, quando pensate di operare quel ragazzo?» chiede mentre attende che la bevanda sia pronta. «Non appena finirà la chemio, poi sicuramente dovrà farne qualche altro ciclo, quindi la mia permanenza si protrarrà ancora per un po’.» risponde Alfred sorseggiando il suo caffè.

«Immaginavo.» annuisce Gregory, estraendo il secondo bicchierino dalla macchinetta e mescolandolo con la palettina. «A casa?» chiede ancora Alfred, sedendosi e continuando a sorseggiare il caffè. «Stanno tutti bene, Fanny deve dare gli ultimi due esami e poi te la ritroverai qui. Julian ha fatto i provini per il Tokyo e aspettiamo una risposta e non ti sto a dire la sua felicità. Spero davvero lo prendano, se lo merita.» risponde Gregory con un sorriso e bevendo un sorso di caffè. «Mamma invece ha distrutto l’ennesimo gnomo di tua moglie con quella sua carretta sgangherata e ha deciso di iscriversi ad un corso di yoga… per non parlare di ciò che vuole fare per i suoi settant’anni.» aggiunge sedendosi accanto al fratello con un sospiro.

Il minore dei fratelli Ross annuisce con un sorriso, poi sbarra gli occhi. «Oddio, che ha in mente?» chiede preoccupato, ma anche divertito, la loro mamma è sempre stata una donna attiva ed esuberante, ma da quando è rimasta vedova si è proprio scatenata. «Ha deciso di voler andare in America e fare un bel viaggio on the road, e giusto per non farsi mancare nulla anche un safari in Africa. Spero non abbia intenzione di partire con la sua auto.» sospira Gregory, ben conoscendo le follie della madre. Alfred sbarra ancora di più gli occhi e sospira. «Partire con quell’auto significa che nemmeno uscirebbe dal Giappone, dobbiamo regalargliene una nuova, questa volta sul serio. Inoltre un viaggio del genere da sola…» dice guardando suo fratello.

«Infatti, Al, è quello che le ho detto anche io, ma ovviamente non vuole saperne di rottamare la sua adorata Herbie e il viaggio ha già deciso di volerlo fare, con o senza la nostra approvazione.» sospira Gregory, gettando il bicchierino ormai vuoto. «Magari il viaggio potremo farlo tutti insieme, o magari potrebbe andare da sola con Fanny e Julian… al massimo anche con Amy e Benji.» risponde il minore pensieroso, gettando anche il suo bicchiere ormai vuoto. «Non lo so, vedremo, tanto c’è ancora tempo.» risponde ancora Gregory, accingendosi a cambiar poi discorso, ma venendo interrotto da un elegante coppia. «Salve, scusate l’interruzione.» dice l’uomo che a occhio e croce ha la loro età e un che di conoscente. «Stiamo cercando nostro figlio, Benjiamin Cedric Price, lo hanno operato al polso.» continua l’uomo, facendo scambiare un occhiata ai due fratelli.

«Oh, allora lei è il signor Price. Io sono il dottor Gregory Ross, mentre lui è mio fratello Alfred.» risponde l’ortopedico, porgendogli la mano e salutando la signora con un galante baciamano. «Gregory Ross… quindi è il miglior ortopedico del Giappone. Ha operato lei mio figlio?» chiede Price. «Piacere comunque di conoscervi. Io sono Bryan Alexander e lei è mia moglie Eleonor Patricia.» continua osservando i due medici e stringendo loro le mani. «Sì, ho operato io vostro figlio.» risponde Gregory, mentre Alfred scruta la coppia, non gli piacciano affatto questi due, e gli piacciono ancor meno se pensa che sono i genitori del ragazzo di sua figlia. «Venite, vi mostro la sua camera.» dice ancora Gregory, non notando il fratello, ma pensando esattamente le stesse cose, ovvero che questi due non saranno affatto dei genitori modello.

Amburgo: martedì 7 marzo, 2018 camera d’spedale di Benji, h. 10:00

La tranquilla mattinata di Benji, fatta di chiacchiere e risate con gli amici, viene improvvisamente interrotta da un deciso bussare alla porta della sua camera. «Sarà il dottor Ross, magari vuole vedere come sta il suo nipotino acquisito.» lo prende in giro Karl, facendo ridere Hermann. «O magari sarà l’altro dottor Ross che cerca il suo paziente fuggiasco.» risponde a tono il portiere, facendo ridere ancora di più l’altro. Freddy ride a sua volta allo scambio delle battute tra i ragazzi e va ad aprire la porta.

Marshall sbarra gli occhi e rimane attonito, anche lui come i ragazzi, si aspettava di trovarsi davanti uno dei due medici, ma non si aspettava minimamente di ritrovarsi davanti i coniugi Price. «Ehm… salve, signori.» sussurra in imbarazzo, facendo voltare i tre ragazzi curiosi. «Salve, Marshall. Siamo venuti a trovare nostro figlio.» risponde Bryan senza scomporsi minimamente, mentre sua moglie sorride. «Oh, ma guarda: i due imprenditori si sono ricordati di essere anche due genitori.» dice Benji con sarcasmo, guardando gelidamente i genitori, che non fanno la minima piega al suo disappunto.

Bryan ed Eleonor sorpassano Freddy ed entrano in camera, guardando il ragazzo – loro figlio – che ricambia lo sguardo duramente. «È meglio tornare più tardi.» dice Karl, sentendosi quasi in imbarazzo, incrociando lo sguardo di Benji e trovando concordante Hermann; entrambi salutano l’amico, facendo cozzare i lori pugni e, timidamente, salutano i nuovi arrivati – riservando loro uno sguardo duro – ma che non viene nemmeno calcolato dai signori Price, che quasi non li degnano nemmeno di uno sguardo; Kaltz e Schneider dunque si dileguano.

«A cosa devo l’onore della vostra visita?» chiede Benji, rizzandosi sul letto, guardando i genitori e sfidandoli. «Come a cosa? Amore io e papà eravamo preoccupati per te, appena lo abbiamo saputo abbiamo immediatamente chiuso le trattative e siamo corsi da te, piccolo mio.» sussurra Eleonor avvicinandosi al letto, sfiorando la guancia del figlio con l’intento di baciarla, ma lui non glielo permette allontanandosi. «Mamma risparmiati i bacini, le coccole e quel finto tono amorevole, non sono più un bambino e non ti perdono tutto con un sorriso.» risponde glaciale, specchiandosi negli occhi neri della madre, che lo guarda dispiaciuta. «Benjiamin non rispondere così a tua madre.» tuona Bryan, guardandolo severamente, non lasciandosi intimidire da quello sguardo. «Altrimenti cosa fai? Mi picchi?» lo provoca Benji per nulla intimorito dal tono paterno; Freddy, poggiato alla finestra, stringe il pugno e freme di rabbia, in questo momento vorrebbe picchiare quell’uomo che nemmeno sa cosa significhi essere un padre. «Non osare sfidare tuo padre, signorino.» tuona ancora il signor Price avvicinandosi al letto quasi pericolosamente.

“Hey, papà, stammi a sentire: ti ricordi quella volta che siamo andati a pedalare

con le biciclette stanche, con le mani sporche e vuote

eravamo come fratelli, uguali come due ruote.

Ti ricordi la domenica mi portavi con te allo stadio,

quella volta che m’hai preso in braccio con la curva sotto assedio,

la gente che scappava, sembrava una guerriglia,

io sembravo un’ostrichetta e tu la mia grande conchiglia.”

«Bryan…» sussurra Eleonor poggiando la mano sul braccio del marito, scuotendo la testa con un sorriso, rivolgendo poi lo stesso al figlio, sedendosi sul letto; Benji si sposta per farle spazio – ma anche infastidito – quasi come se avesse preso la scossa, guarda ancora con astio il padre, che ricambia lo sguardo a braccia conserte. «Benji siamo i tuoi genitori, è normale che ci preoccupiamo della tua salute, sei il nostro bambino e questo non potrà mai cambiare. Quando Freddy ha chiamato papà era in riunione, ha lasciato i soci ed è venuto subito a dirmelo.» dice Eleonor con tutta la sua dolcezza, tentando ancora una volta di carezzarlo, questa volta Benji non si sposta, ma non si lascia abbindolare da quella falsa carezza.

«Certo, ovviamente. Magari prima di venire da vostro figlio avete preferito chiudere l’affare, poi immagino avrete passato una giornate rilassante alle solite terme di Kyoto, poi dovevate fare una scappata alla filiale di Berlino e casualmente, vi siete ricordati di vostro figlio che vive ad Amburgo e prima di ripartire per chissà dove avete pensato bene di andarlo a trovare.» risponde acido Benji, riassumendo il fine settimana dei genitori. «Dunque hai sentito tuo nonno.» dice freddamente Bryan. «Alias tuo padre, sì esattamente, ma lui non c’entra nulla. So benissimo da me che c’è sempre qualcosa di più importante del sottoscritto.» risponde Benji senza degnare il padre di uno sguardo.

Hey, papà, la sera in televisione si guardava di tutto e niente col tuo zapping da campione

e mamma che sbuffava, e noi litigavamo eravamo così uguali eppure non ci capivamo

noi, confusi dalla vita e dal lavoro, da una vita che non si è scelta ma che ci sembrava d’oro

bianco & nero come un film degli anni ‘30

anche se me ne hai fatte tante, la mia fiamma non si è spenta

e sto qui a giocar con un pallone[1] col tuo sangue nelle vene,

me ne hai fatte tante ma ti voglio ancora bene.” 

Bryan Alexander Price sospira, pronto a rispondere a tono a quel figlio impertinente, ma ancora una volta e lo sguardo di sua moglie ad interromperlo. «Benji quello che hai detto è vero, e non è importante se te l’ha detto il nonno o è un tuo pensiero. Adesso mamma e papà sono qui e potremo stare insieme, bambino mio.» sorride Eleonor, guardandolo negli occhi. Benji ride sarcasticamente. «Che carini, dopo tredici anni nei quali vi siete fatti bellamente i cazzi vostri, improvvisamente vi ricordate di me, piombate qui come se fosse la cosa più normale del mondo e pretendete che io vi accolga a braccia aperte e con un sorriso? Non sono più un bambino, mamma, non sono nemmeno più il tuo principino e voi due non sapete nulla di me, non siete nessuno per me. Mi fate schifo, mi fate pena.» dice tenendo la voce ferma e un tono gelido, ma dentro soffre. «Benji…» sussurra Eleonor guardandolo con le lacrime agli occhi.

“Hey, mamma, guardami adesso: sempre lo stesso figlio anche se non parliamo spesso,

come quando da bambino che sembravi mia sorella, ti vedevo in mezzo agli altri ed eri sempre la più bella,

mi ricordo che stavamo praticamente sempre insieme: tua unica missione era farmi stare bene,

anche quando invece non era tutto a posto, mi guardavi sorridendo e soffrivi di nascosto

e quando arrivava l’estate andavamo sempre al mare

con la macchina senza radio pensavamo noi a cantare

le canzoni  degli U2, dei Led Zappelin e dei Nirvana[2]

eravamo sull’asfalto, ma sembrava in mezzo ai fiori

e poi la sera non volevo mai dormire

e tu anche se eri stanca mi venivi a coccolare

e ancora adesso che non stiamo tanto insieme

penso a quei momenti d’oro se ho bisogno di star bene

passa il tempo e siamo grandi in un istante

ma sei ancora la mia voce più importante.” 

«No, è inutile che ora piangi, mi dispiace. Da quando avete preso completamente le redini dell’azienda vi siete dimenticati di me, finché c’era ancora il nonno siete stati dei genitori molto presenti, poi mi avete praticamente abbandonato e io non posso passare sopra a questo come se nulla fosse.» dice Benji, senza che le lacrime da coccodrillo della madre lo scalfiscano. «Ti sembra il modo di trattare tua madre, Benjiamin? Pretendo che tu le chieda scusa.» dice Bryan imperioso. «Come se te ne fregasse qualcosa di lei, come se ve ne fregasse qualcosa di me. Io non chiedo scusa a nessuno dei due e se non ti e chiaro, ribadisco il concetto: voi per me non siete nessuno, non siete voi le persone che mi hanno cresciuto, mi avete messo al mondo, ma non potete vantarvi di quel figlio che avreste voluto al vostro fianco in quella cazzo di azienda, perché io non ho nessunissima intenzione di lasciare il calcio e seguire le vostre orme.» risponde guardando con odio il padre, facendo sorridere Freddy, perché sa che i riferimenti sono chiaramente fatti a lui – in fondo è lui che l’ha cresciuto come un padre.

«Puoi fare quello che ti pare della tua vita, non sarò certo io a importi di lasciare il calcio, ma pretendo che tu sia rispettoso, soprattutto nei confronti di tua madre.» risponde Bryan con astio, avvicinandosi e alzando la mano destra, pronto per dargli uno schiaffo. «Non si permetta ad alzare un dito contro Benji o la denuncio, e non credo le convenga.» interviene Marshall serrandogli il polso con forza, Bryan lo guarda male e si sottrae alla presa. «Tu fatti gli affari tuoi.» dice tra i denti. «No, papà, Freddy può impicciarsi quanto gli pare e prendere le mie difese quanto vuole… sai, dovrebbe essere compito tuo in quanto padre legittimo, ma io considero più lui che te come padre.» dice Benji guardandolo dritto negli occhi – identici ai suoi.

“Quante volte vi ho pensati nei momenti più importanti:

quando solo sopra a un  campo[3] affrontavo i miei giganti,

quando in macchina di notte con l’Europa da scoprire

fare finta di star bene senza voi che mi mancate[4]

quante volte ho detto basta ma chi me lo fa fare,

però poi pensando a voi non riuscivo mai a mollare

questa vita di speranze, ma piena d’emozioni:

questa vita che voi avevate già deciso per me, ma che io ho rinnegato[5]

qualcosa che va oltre la realtà

e che non finirà mai.” 

«Benji noi volevamo ricucire il rapporto, ma evidentemente non sei del nostro stesso avviso, mi dispiace.» sussurra Eleonor, ricevendo uno sguardo di pura commiserazione da parte del figlio. «Pretendete pure che io sia accondiscende? Siete ridicoli. Me la sono sempre cavata da solo, anche quando ero un bambino e si presupponeva dovevate essere voi a guidarmi, adesso sono uomo sono indipendente grazie a i miei sforzi e non ho bisogno di voi. Per quel che mi riguarda potete anche andarvene come siete venuti, io non ho nulla a che spartire con voi.» dice Benji senza remore, conscio del fatto che questo incrinerà ancora di più quel rapporto quasi inesistente.

«Bene, se questa è la tua scelta da uomo adulto, allora fai quello che ti pare. Sappi che non avrai più nessun appoggio da parte nostra né economico né morale. Per quel che mi riguarda non ho più un figlio.» risponde Bryan, guardandolo come se fosse l’ultimo degli sterchi e non sangue del suo sangue. «Come se avessi bisogno dei tuoi soldi, o tantomeno della vostra presenza e supporto, di soldi ne guadagno abbastanza per poter fare ciò che mi pare e la vostra presenza non l’ho avuta quando ne avevo bisogno, pensa se mi mancherà adesso.» risponde tagliente Benji, dando voce ai pensieri di uno schifato Freddy, che guarda male i due presunti genitori.

«Bene, allora arrangiati.» risponde il padre, senza degnarlo di uno sguardo, uscendo dalla camera, senza nemmeno salutare e aspettare la moglie. «Ciao, amore di mamma, mi dispiace per tutto quello che ti abbiamo fatto mettendo il lavoro al primo posto. Sappi che ti amerò sempre, come quando eri il mio principino, sarò contenta se un giorno deciderai di darci una seconda opportunità e sarò felice di poterti abbracciare come quando eri piccolo.» sussurra Eleonor in lacrime, baciandolo sulla fronte, saluta Freddy e corre via dal marito; lasciando sgomenti i due in camera. «Sei stato duro, soprattutto con tua madre, tuo padre è un grandissimo stronzo e se l’è meritato. Sono orgoglioso di te, ma spero che un giorno questo rapporto possa riallacciasi.» dice Freddy stringendolo forte a sé, come se fosse suo figlio.

 

 

 

***

Angolo dell’Autrice: La canzone inserita, questa volta, è: “Mamma & Papà” di Alex Britti, da cui ho anche dato il titolo al capitolo; tuttavia alcune parti non c’entrano nulla con Benji, per cui ho un po’ reinterpretato le parole a mio favore. xD Ok, questo capitolo è assurdamente OOC, ne sono pienamente consapevole, come so anche benissimo di aver praticamente stravolto la famiglia Price. So benissimo che nel manga appaiono e fanno un tifo sfegatato per Benji, degno di Anego nei suoi periodi migliori, ma è anche vero che non avendo letto il manga, non sento mia quella versione – dunque essendo cresciuta col cartone – questo è quello che ho sempre immaginato della famiglia in questione e che continuerò a immaginare; i nomi sono frutto della mia immaginazione e il secondo a Benji l’ho dato perché tutti ne hanno un secondo – quindi anche lui era logico ne avesse uno – ma tanto questo non cambia nulla, resterà sempre il nostro Benji. In breve, questo capitolo è tutto una licenza poetica. xD Ringrazio sempre tutti coloro che mi sostengono in questo delirio, coloro che non riescono a esser presenti per un motivo o per un altro – e in particolare come sempre – la mia insostituibile Darling alla quale appartiene il Gregory Ross ortopedico e che mi ha gentilmente prestato. Alla prossima, Amy

 

 

 

 


[1] E sto qui a cantare

[2] Di Bennato, Battisti e De Gregori

[3] Palco

[4] Per non farvi preoccupare

[5] Questa vita che racconto spesso nelle mie canzoni

 

   
 
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