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Autore: LysandraBlack    01/08/2018    3 recensioni
Aenor Mahariel, fiera Cacciatrice tra i Dalish.
Geralt Amell, ambizioso mago intrappolato nella Torre del Circolo.
Kallian Tabris, sogna una vita tranquilla nell'Enclave di Denerim.
Elissa Cousland, ansiosa di mettersi alla prova.
Natia Brosca, che non conosce altro che i bassifondi di Orzammar.
Duran Aeducan, comandante dell'esercito e Principe della città dei nani.
Sei eroi, provenienti da ambienti radicalmente diversi, si ritroveranno loro malgrado a fermare il Flagello che si abbatte sul Ferelden. Ce la faranno?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alistair Therin, Custode, Leliana, Morrigan, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO TRENTACINQUE:

DENERIM – LA PERLA


 

 

«E questa, amici miei, è la principale attrazione di Denerim!»

Natia sogghignò, guardando la mascella di Oghren cadere a terra mentre con fare plateale entravano alla Perla. Il bordello era affollato come al solito, con un gruppetto di persone intente a discutere animatamente di fronte al bancone e alcuni clienti che esaminavano la mercanzia in esposizione, mentre una coppia di elfe dava il benvenuto ai nuovi arrivati.

«Heh, se avessi saputo di questo posto, me ne sarei andato da Orzammar molto prima!» Esclamò il nano sorridendo da un orecchio all'altro, lo sguardo che viaggiava sui seni prosperosi delle due.

Zevran annuì sornione. «Il primo giro te lo offriamo noi, è sempre un piacere far scoprire cose nuove.» Si voltò verso gli altri due, che sembravano quantomai fuori posto. «Allora, volete restarvene lì sulla porta per sempre?»

Geralt aggrottò le sopracciglia, facendo qualche passo verso di loro ma restando sul chi va là come se da un momento all'altro qualche puttana potesse togliersi il reggiseno e rivelare sotto di esso un'armatura da templare. «Come siate riusciti a portarmi di nuovo qui, non riesco proprio a spiegarmelo...»

Jowan, ancora più spaesato di quando avevano visitato il mercato, si guardava attorno come se non avesse mai visto prima una persona svestita. Magari, riflettè Natia, non aveva mai visto una donna nuda, e Geralt era stato il primo in assoluto a-

«Hei, posso letteralmente sentire le tue elucubrazioni mentali da qui, barilotta.»

Cercò di assumere l'espressione più offesa che le riuscisse. «Non ho idea di cosa-»

«Smettila di sogghignare così tanto, allora.»

Gli fece una linguaccia, superandoli entrambi e accostandosi al bancone, dove uno spilungone di bell'aspetto stava impilando una serie di bicchieri giusto per fare scena. «La roba più forte che hai, non si bada a spese oggi!»

Quello sollevò un sopracciglio elegante, accennando un sorrisetto mentre la nana appoggiava una piccola borsa di monete sul bancone, aprendola. «Vedo.» Si voltò a cercare tra gli scaffali pieni di bottiglie, mentre con le dita affusolate sfiorava le targhette. «Ah, eccolo.»

Senza nemmeno chiedere, riempì cinque bicchieri di un liquore quasi azzurro.

Jowan li scrutò con curiosità. «Cosa...?»

Gli rifilò una pacca sul fondoschiena, facendolo sobbalzare. «Bevi e basta, culosecco. È comunque meglio di qualsiasi cosa ti abbiano mai rifilato.»

Zevran, che stava già chiacchierando amabilmente con le elfe che li avevano accolti all'ingresso, si avvicinò loro ammiccando in direzione di Geralt. «Quasi.» Prese il bicchiere, sorseggiandolo lentamente mentre si guardava attorno.

«Ah, spero sia il primo di molti!» Esclamò Oghren, afferrandone due e scolandoseli in un attimo.

Natia sbuffò sonoramente, prendendo il proprio e buttandolo giù senza fare troppi complimenti, allungando l'ultimo verso il mago, che lo prese senza nemmeno guardare cosa fosse, troppo impegnato a guardare il piccolo gruppo di uomini radunati intorno a qualcosa. O meglio, qualcuno.

«Basta coi giochetti, vogliamo i nostri soldi!»

Erano in cinque, indossavano abiti leggermente sgualciti e armature di cuoio. Della donna al centro, Natia poteva vedere soltanto una massa di capelli neri e le else delle spade corte sulla schiena.

Una risata femminile riempì l'aria. «Forse non vi è chiaro con chi state parlando... ma vi darò una possibilità di andarvene sulle vostre gambe.»

I cinque non sembrarono gradire la risposta, perché portarono subito le mani alle armi.

«Razza di sgualdrina, ti insegnamo noi a non rispettare i patti!»

Natia sgranò gli occhi, seguendo affascinata i movimenti fluidi della donna mentre quella schivava il primo affondo, eseguendo una mezza rotazione da un lato e facendo finire uno degli assalitori addosso al compagno, mentre lei estraeva le proprie lame e colpiva col pomolo la tempia dell'uomo più vicino. Due erano già a terra e un terzo li seguì a breve, un taglio dietro al ginocchio che gli impediva di rialzarsi, la donna che si risollevava agilmente dopo aver evitato con eleganza un fendente alla testa, piroettando su sé stessa e abbattendo anche il quarto uomo, colpendolo esattamente sullo sterno e mozzandogli il respiro, spedendolo sul tappeto a rantolare per un po' d'aria. L'ultimo rimasto, uno spilungone pelato con un'accetta smussata stretta tra le mani dalle nocche sbiancate, sudava freddo.

La donna si fermò ad un soffio dalla sua gola, la lama che riluceva sinistra quasi a contatto con la pelle delicata. «Ora, se foste così furbi da levarvi dai piedi e non tornare ad infastidirmi...»

Non se lo fecero ripetere due volte. Aiutandosi a vicenda, strisciarono via terrorizzati, urlando imprecazioni ed insulti.

«E ringraziate pure che ho preso solo i vostri soldi, incapaci!» Urlò loro dietro lei, che non sembrava nemmeno affaticata. Si voltò poi verso i suoi spettatori, ammiccando mentre si sistemava la camicia bianca dallo scollo generoso e le maniche larghe, il fazzoletto che le teneva i capelli leggermente sceso da un lato e nemmeno un graffio sulla pelle bruna.

Oghren, incantato, le lanciò un fischio di approvazione.

Lei non sembrò farci caso. «Allora, intendete almeno offrirmi da bere, dopo esservi goduti lo spettacolo...?» Il suo sguardo sembrò posarsi su uno di loro in particolare.

«Ah, Isabela, che coincidenza!»

Natia si voltò verso Zevran, sorpresa. «La conosci?»

La donna, Isabela, si avvicinò squadrando sorniona l'elfo. «Ci conosciamo eccome. Ti ricordi mio marito, Zev?»

L'altro sfoggiò uno dei suoi sorrisi migliori. «Oh, suvvia Isabela, alla fine ti è andata bene no? Capitano di una nave, addirittura!»

«Non mi lamento.» Indicò gli altri con un cenno, incuriosita. «Viaggi con compagnie interessanti.»

«Ah, permettimi di presentarti i miei nuovi amici.»

Dopo un breve scambio di nomi, Natia non ce la faceva davvero più.

«Sei brava a combattere.»

Isabela accarezzò con la mano una delle sue spade corte. «Sì, anche se lo scempio che hai appena visto non è stato granchè come scontro. Quei bruti erano fin troppo prevedibili.»

«Sei veloce a sfruttare i punti deboli degli altri, però, quello è chiaro.»

Ci fu come un guizzo negli occhi scuri dell'altra. «Abbiamo un'intenditrice?» Chiese, accennando ai coltelli che Natia portava alla cintura.

La nana fece spallucce. «Abbastanza da tenermi in vita.»

«Ah, la nostra amica è modesta.» Si intromise Zevran. «Ha combattuto con un alto drago, sai?»

«Ma senti senti... questa dovete proprio raccontarmela.» Puntò poi gli occhi su Geralt, che in tutto ciò era rimasto in disparte con Jowan, attento a qualsiasi suo movimento ogni volta che una delle ragazze del locale si azzardava anche solo a passare di lì.

Natia poteva percepire la sua gelosia da un metro e mezzo.

«Lascia perdere, quello è un caso disperato.» Si intromise Oghren, lisciandosi i baffi e guardandola come se fosse un nug in crosta ricoperto di miele.

Una leggera smorfia si disegnò sul bel volto della donna, che decide di ignorarlo, tornando a parlare con Natia. «Potremmo imparare qualcosa in una sfida, non credi?»

L'idea la stuzzicava. «Cosa hai in mente?»

«Se mi sconfiggi a carte, potremmo improvvisare un duello e dare qualcosa da guardare ai nostri amici qui... Mai sentito parlare di Grazia Malevola?»

«...» Forse l'aveva sentito nominare in qualche taverna di superficie, ma di certo non era un gioco conosciuto giù ad Orzammar. «Veramente no.»

L'altra prese una sedia e si sedette ad un piccolo tavolo rotondo, accavallando le gambe mentre faceva segno all'uomo dietro al bancone di portarle altro da bere. «Peccato. Credo non ci sia un modo migliore di conoscere qualcuno quanto una partita a carte...»

«Io ci so giocare.»

Si voltarono entrambe verso Geralt, sorprese.

«Che c'è, non c'è molto da fare quando sei rinchiuso in una torre!» Si difese lui, prendendo posto di fronte ad Isabela. «Se vinco io, l'offerta resta. Voglio proprio vedervi combattere. Amichevolmente, si intende.»

La donna estrasse dal nulla un mazzo di carte dall'aspetto vissuto. «Se vinci tu, splendore, avrai ben più di un combattimento come spettacolo privato...»

Zevran ridacchiò ma non aggiunse altro, prendendo posto per godersi la sfida.

Natia si scambiò un'occhiata con Jowan, domandandosi se Geralt facesse davvero sul serio, ma l'altro mago sembrava perfettamente calmo.

La sfida durò poco più di dieci turni, quando Isabela pescò dal mazzo centrale una carta quasi completamente nera. «Ah, l'angelo della morte. Fine dei giochi, mostriamo le carte!»

Geralt, che per tutto il tempo era rimasto completamente impassibile, si esibì in un ghigno trionfante, che si allargò ulteriormente di fronte alla sorpresa dell'altra.

«Hmpf. Sembra che sia stata sconfitta.» Ammise lei, imbronciandosi. «Poco male, una sfida con la nostra amica non mi dispiace affatto.» Finì anche il secondo bicchiere, alzandosi poi e facendo segno a Natia di seguirla all'esterno, precedendoli verso la porta.

La nana, ancora confusa riguardo al funzionamento del gioco, vide Jowan avvicinarsi all'altro mago, un sorrisetto divertito stampato sul volto. «Vedo che non hai perso i tuoi trucchetti.»

Geralt si strinse innocentemente nelle spalle. «Non ho assolutamente idea di cosa stai parlando.»

Anche Zevran sembrava essersi goduto la sfida. «In fondo, sapevo già quanto fossi esperto con quelle mani...»

Il diretto interessato arrossì di colpo, mentre Jowan, dopo un attimo di smarrimento, sgranò gli occhi puntati sull'antivano. «Voi due...?»

Natia si morse la lingua, sul punto di raccontargli come l'elfo non fosse stata la peggiore scelta di compagnia di Geralt, ma decise di stare zitta. Non ci teneva a ritrovarsi una palla di fuoco su per il culo. Si limitò a scuotere la testa, cercando di sembrare completamente ignara di tutto e seguendo Isabela fuori dall'edificio.



 

Schivò a destra, sfruttando la differenza di altezza e fendendo l'aria tenendo i pugnali quasi rasoterra, mirando alle gambe della donna. Quella si allontanò quel tanto che bastava a farla sbilanciare, ma Natia si riprese in fretta, parando con uno dei coltelli e mirando con l'altro al ventre dell'avversaria, che girò su sé stessa piroettando aggraziata.

Quando sentì un bruciore improvviso alla guancia, non poteva credere di essere stata colpita. Si riprese in fretta, passandosi il dorso della mano sul volto e aspettando di essere attaccata di nuovo. Isabela le si fece incontro fintando alla sua sinistra, ma Natia intercettò la sua mossa e andò a colpirla al fianco. La prese solo di striscio, ferendola al braccio mentre l'altra si allontanava in una nuvola di capelli corvini.

«Sei brava!»

Sogghignò, il sangue che le colava sulle labbra. «Pure tu non sei male.»

Stavano per scontrarsi di nuovo, quando una freccia sibilò a pochi millimetri dai loro piedi, seguita da un urlo allarmato. Si voltarono di scatto.

«Che-?»

«Ah, Zevran. È diventato così facile coglierti di sorpresa?»

Un umano in armatura leggera, il fisico asciutto e due spade corte sguainate, saltò giù da uno dei edifici di legno che costeggiavano il vicolo, scrutandoli da una tettoia. «Mi deludi, amico mio.»

Zevran fece un passo avanti verso di lui, le mani che volavano alle proprie armi. «Taliesin.»

L'altro sorrise crudele. «Speravo di trovarti con i tuoi nuovi compagni, i Custodi Grigi, ma a quanto pare dovrò accontentarmi.» Lanciò a Natia e agli altri uno sguardo di sufficienza, storcendo il naso.

La nana si sentì fremere di rabbia. Nessuno, nessuno poteva più guardarla in quel modo e continuare a campare indisturbato.

«Credevo avessi gusti migliori... anche se hai sempre avuto un debole per capelli rossi, non sei ancora riuscito a dimenticarti Rinna, vero?»

Al sentire il nome della ragazza che amava e che era stato ingannato ad uccidere due anni prima, Zevran irrigidì la mascella, squadrandolo con disprezzo. «Taliesin. Non tornerò dai Corvi, se è per questo che sei qui.»

«Oh, ma non mi sognerei mai di farti questo regalo senza nulla in cambio...» L'uomo scosse la testa, puntando una spada verso di loro. «Uccidine un paio e forse ti permetterò di darmi una mano ad ammazzare i Custodi, così da spartirci la ricompensa.»

«E io che pensavo che i Corvi fossero furbi.»

Si voltarono tutti verso Geralt che, probabilmente, stava solo aspettando il momento giusto per far piovere una bomba di fuoco sugli assassini. «Credi davvero che tu e cosa, altri... sei cretini, possiate costituire una minaccia sufficiente?» Scambiò uno sguardo con Zevran, che scosse la testa.

«Taliesin, dagli retta. Non vale la pena morire inutilmente per un incarico impossibile.»

Il Corvo storse la bocca. «Ti sei rammollito. Tutto per un bel faccino?»

Fu il turno di Zevran di mostrarsi dispiaciuto. «No, amico mio. Ci sono cose altrettanto importanti di una buona scopata, nella vita. Mi dispiace solo che tu morirai senza conoscerle.»

Sembrava che Geralt avesse atteso proprio l'esatto secondo in cui l'elfo aveva finito di parlare per scagliare una tempesta di fuoco e fiamme su Taliesin e i suoi uomini.

L'uomo fu abbastanza veloce da saltare giù dalla tettoia e rotolare nella polvere per evitare di essere arrostito, ma due dei suoi compagni non furono così fortunati. Le loro urla strazianti si propagarono per il vicolo mentre venivano arsi vivi.

Una luce azzurrina circondò Natia e gli altri, mentre anche Jowan si univa al combattimento.

«Heh, ora ci si diverte!» Esclamò Oghren trionfante, l'ascia da guerra già in mano mentre caricava uno dei Corvi abbastanza sfortunato da essere saltato giù troppo vicino al nano. Venne falciato via ancora prima di ritrovare l'equilibrio, il tronco separato a metà in una fontana di sangue, l'armatura di cuoio leggero inutile contro l'acciaio rosso meticolosamente affilato.

Natia si lanciò di lato, pugnalando alla coscia un elfo calatosi dal tetto, mentre Isabela lo finiva conficcandogli una delle spade nella gola. Spalla a spalla, affrontarono gli ultimi due. Il primo durò giusto un paio di affondi e il secondo venne colpito da una scarica elettrica che lo paralizzò giusto gli istanti necessari per essere trapassato da parte a parte da entrambe.

La nana si scambiò un cenno di assenso con Jowan, mentre si voltavano ad osservare il combattimento tra Zevran e Taliesin. Geralt incanalò nuovamente energia, l'aria attorno a lui che sfrigolava, ma l'elfo sembrava voler affrontare il suo vecchio amico da solo.

«Non intromettetevi, per favore. Questa faccenda la risolveremo ad armi pari.»

Entrambi avevano uno stile impeccabile, schivavano e colpivano fendendo l'aria, le lame che sibilavano ad un nulla dall'altro senza tuttavia riuscire a scalfirlo.

Un paio di volte Zevran riuscì a toccare l'avversario, ma la spada corta si limitò a tagliare il cuoio dell'armatura o a graffiare il metallo, Taliesin che eludeva i colpi all'ultimo istante.

Dopo qualche minuto, entrambi avevano il fiato corto ma erano praticamente illesi. Le loro armi erano probabilmente intrise dello stesso veleno, quindi anche un solo graffio avrebbe potuto decretare il vincitore dello scontro.

Se soltanto Isabela non si fosse intromessa.

Alla terza volta che Taliesin le passava a tiro, troppo concentrato su Zevran per notarla, la donna gli conficcò entrambe le spade nelle scapole, infilando le lame nell'apertura sulle spalle dell'armatura e facendole uscire dall'altra parte, trapassando i polmoni e facendolo stramazzare a terra in un rantolo di sangue che andò ad imbrattare la strada di terra battuta.

«Questo è per aver ammazzato mio marito prima che lo facessi io, Zev.» Si giustificò lei, estraendo le spade e ripulendole dal sangue ignorando le proteste dell'elfo.

«Isabela, sei crudele.»

Natia non potè trattenersi dal ridacchiare ammirata.

La donna rinfoderò le spade, guardando con occhio critico i cadaveri a terra. «Direi che faremmo meglio a toglierci di torno, tutto questo trambusto avrà sicuramente attirato l'attenzione e, non so voi, ma io non ci tengo ad avere le guardie col fiato sul collo.»

«Oh, vorrei avere il suo di fiato sul collo...» Commentò Oghren, seguendo con lo sguardo le anche ondeggianti della piratessa mentre quella si allontanava nella direzione opposta, dopo aver fatto loro cenno di accompagnarla.

Natia lanciò un'occhiata in direzione di Zevran, chino sul corpo di Taliesin. «Tutto bene?» Sapeva cosa si provava a stare nella sua stessa situazione, o almeno quasi. Ci era andata vicino con Leske.

L'elfo dopo qualche secondo annuì. «Sì, avrei solo...» Sospirò, scuotendo il capo. «Ah, è inutile rimuginarci sopra, no?»

Geralt gli si avvicinò lentamente, una mano sulla sua spalla. «Non c'è niente di male, invece.»

«È solo che... avrei voluto non rincontrarlo più. Forse se fosse andato direttamente dai Custodi, non avrei dovuto ucciderlo io stesso.» Voltò il capo, cercando di non guardare il corpo a terra. «Era un buon amico, un tempo.»

«Hai cercato di salvarlo, non è colpa tua se non ti ha ascoltato.» Ribattè il mago, stringendo la presa sulla sua spalla. «Si è condannato da solo.»

«Lo so. Ma non lo rende più facile.»

Zevran si liberò lentamente dalla stretta del mago, allontanandosi di qualche passo.

«Zev...»

L'elfo si voltò di nuovo verso di loro, accennando un sorriso forzato. «Vi raggiungo dopo, va bene? Ho... bisogno di un po' di tempo da solo.»

Annuirono, guardandolo sparire dietro un angolo in direzione del porto.

Fu Natia la prima a parlare. «Credi che...?»

Geralt fece spallucce. «Tornerà quando ne avrà voglia.»

Jowan, accanto a lui, gli si fece più vicino. Alla nana non sfuggì come le loro mani si intrecciarono per un attimo, prima di seguire Isabela lungo il vicolo e tornare alla Perla.






 

L'edificio segnato sulla mappa che avevano trovato in tasca ai sicari mandati da Marjolaine si affacciava su una delle vie principali, proprio dietro alla piazza del mercato.

Kallian, Leliana e Wynne rimasero per un attimo ad osservare la zona, temendo un'imboscata. Nulla appariva fuori dall'ordinario e per questo erano ancora più sospettose.

«Se non entriamo, rimarremo qui per sempre.» Si decise Leliana. Bussò tre volte sul portone di legno e, trovandolo aperto, varcò la soglia.

Le altre due si affrettarono a seguirla all'interno.

La saletta era arredata con gusto raffinato, con mazzi di fiori ovunque e tende di tessuto pregiato con ricami in filo dorato. Due guardie Qunari, in armature tirate a lucido, le squadrarono dall'alto in basso puntando contro di loro le lance.

«La vostra signora ci sta aspettando.» Disse Leliana, la voce che non tradiva alcuna emozione, la postura rilassata soltanto una messinscena. Kallian sapeva quanto aveva rimuginato su quell'incontro e ora era il momento della resa dei conti.

«Oh, Leliana...» La porta di fronte a loro si spalancò lasciando uscire una donna e costringendo le guardie a spostarsi di lato, mettendosi sull'attenti. Indossava un ricco abito ricamato e pesante, di fattura orlesiana, che avrebbe fatto impallidire molte nobili fereldiane. «Dovrai scusarmi per l'ambiente e le terribili maniere, sto cercando di fare il possibile, ma questo posto puzza costantemente di cane bagnato e già tre volte hanno cercato di fare effrazione, questi elfi sono peggio di quelli che abbiamo ad Orlais...» Il suo sguardo si posò con sorpresa sul gruppetto, focalizzandosi su Kallian, che aveva portato istintivamente la mano al coltello. «Ah, mi dispiace, non volevo ovviamente offendere.»

«Marjolaine. Potrei dire che è un piacere rivederti, ma entrambe sappiamo fin troppo bene riconoscere una bugia.» Rispose freddamente Leliana.

«Volete accomodarvi, o dobbiamo risolvere questa faccenda come dei selvaggi?»

Leliana rimase immobile. «Intendi come mandare dei sicari ad uccidermi?»

Marjolaine si esibì in una risata che non aveva nulla di autentico. «Mia cara Leliana, se avessi voluto ucciderti, stanne certa, saresti morta. No, sapevo che contro tre, quattro uomini, non avresti avuto alcun problema. Dopotutto, ti ho addestrata io...» Fece loro segno di seguirla in salotto.

Riluttanti, si accomodarono su un divanetto dai cuscini gonfi e morbidi. La padrona di casa fece segno ad una servitrice elfica, quasi invisibile nell'ombra con i suoi abiti scuri, di portare qualcosa per i loro ospiti. «Del tè, magari qualcosa da mangiare... Leliana, hai ancora una preferenza per le tortine al limone, immagino.»

Rimasero in silenzio ad aspettare che venisse servito il tè.

Decisamente, non era come l'era immaginato.

Kallian aveva pensato di risolvere la faccenda con una freccia ben piantata nel cuore di Marjolaine come ringraziamento per i suoi sicari, ma a quanto pareva Leliana aveva idee diverse.

La serva portò un vassoio con tazze e teiera fumante, accompagnati da una serie di piatti composti uno sull'altro pieni di dolcetti. Marjolaine, le gambe graziosamente intrecciate, li indicò con un cenno elegante della mano. «Prego, non fate complimenti. Sono preparati come ad Orlais, in questo posto non sono capaci di fare proprio niente come si deve...» Quando le tre ospiti rimasero perfettamente immobili, però, fece un sorrisetto divertito. «Non sono avvelenati, ve lo assicuro. Potete pure chiedere alla vostra maga di controllare.» Come per dimostrare che fosse effettivamente sicuro, afferrò un biscotto glassato di rosa e azzurro, portandoselo alle labbra e prendendone un assaggio. Kallian notò che nemmeno una briciola era andata a posarsi sulle sue vesti pregiate.

Deglutì, aspettando un segno da Leliana, che dopo un altro attimo di esitazione prese una tortina al limone.

Wynne, senza nemmeno che le fosse chiesto, lanciò un piccolo incantesimo che avvolse tutto il tavolino di fronte a loro di una luce verdognola, aggrottando la fronte, le rughe ancora più visibili. «Sì, non c'è veleno.» Confermò dopo un attimo, afferrando a sua volta un dolcetto mentre la serva elfica finiva di versare loro il tè. Masticò lentamente, un'espressione pensosa. «Ma ne ho assaggiate di migliori.»

Marjolaine prese delicatamente la tazza tra le dita, ignorando la frecciatina e portandosela alle labbra socchiudendo gli occhi. Accennò un sorriso. «Ah, riesce quasi a riportarmi ai vecchi tempi...»

«Quelli in cui mi hai incastrato per il tradimento che tu avevi commesso?» Replicò tagliente Leliana, accavallando le gambe e appoggiando la tortina al limone mangiata per metà. «Parliamoci chiaramente e senza giri di parole per una volta, Marjolaine. Cosa vuoi?»

Quella scosse la testa, sospirando. «Diretta, troppo diretta, mia Leliana... ti sei davvero dimenticata i miei insegnamenti?»

«Affatto. Ma non vale la pena usarli con te.»

L'espressione sul volto di Marjolaine cambiò drasticamente, la maschera di finta cortesia messa da parte in un battito di ciglia. «Molto bene. Semplicemente, non posso lasciarti in vita. Hai troppe informazioni che potresti usare contro di me.»

Leliana assottigliò lo sguardo, anche se la postura sembrava ancora rilassata, Kallian sapeva che in un attimo avrebbe potuto raggiungere il coltello tenuto nel corpetto, invisibile e letale. «Credi davvero che riusciresti ad uccidermi? Tu e i due energumeni là fuori?»

«Non dubito che le tue compagne siano in gamba, Leliana, ma tutti questi anni in un convento hanno lasciato il segno.»

«Mettimi alla prova, Marjolaine, e scoprirai che ti sbagli di grosso.»

«Ti ho osservata, sai?» Ignorò la minaccia la donna, sbocconcellando un altro pasticcino. «Quei vestiti grezzi, i capelli raccolti e crespi come un ragazzotto di campagna... mi chiedevo, cosa ci fa la mia Leliana in un luogo del genere, monotono e lontano dalla civiltà? Pensavo stessi tramando qualcosa, all'inizio, ma non mandavi nessuna lettera, pregavi e lavoravi la terra, a malapena parlavi con le tue compagne... furba, molto furba. Mi ero quasi illusa che avessi perso la ragione, quando sei partita all'improvviso.»

Leliana si esibì in una risata di scherno. «Pensi che me ne sia andata per te? Che- che avessi ancora qualche piano per vendicarmi? Svegliati, Marjolaine, il mondo non ruota attorno alla tua persona!» Scosse la testa, arricciando leggermente il labbro superiore, nello stesso modo in cui fissava le scarpe incrostate di fango dopo un'intera giornata di cammino, o il pane raffermo quando non potevano permettersi di accendere un fuoco per un pasto decente. «Sei ridicola. E paranoica.»

«Leliana ha di meglio a cui pensare.» Si sorprese a dire Kallian, appoggiando la tazza di tè a metà, che aveva sorseggiato godendosi lo scontro. «C'è un Flagello, se non te ne fossi accorta.»

Marjolaine assottigliò lo sguardo, puntandolo su di lei. «Oh, è questo che credi? Sei così ingenua da fidarti di ogni dolce parolina che esce da quelle labbra delicate?»

Senza sapere bene perché, Kallian si sentì avvampare.

«Ti sta usando. La guardi e cosa vedi, una ragazza innocente, un'amica, forse qualcosa di più...» Accavallò le gambe con un sorriso velenoso. «Sì, lo vedo come ti guarda. Sta giocando con te, e una volta che si sarà stufata ti abbandonerà così com'è comparsa.»

«Stai parlando di te stessa, Marjolaine, non di me!» Si intromise Leliana, furente. «Non sono come te e non lo sarò mai. Me ne sono andata per non fare la tua stessa fine.»

Marjolaine rise, crudele. «Oh, ma tu sei me, Leliana. Non puoi scappare dalla tua vera identità. Io ti conosco così bene, proprio perché siamo uguali. Sai perché eri così brava nel Gioco? Ti emozionava, godevi del potere che ti dava il manipolare gli altri.»

«E allora?» Replicò Kallian, interrompendola di nuovo, furente. «Anche se fosse, anche se davvero le mancasse la politica e i sotterfugi di Orlais, tu non faresti comunque più parte della sua vita. Hai perso quell'occasione anni fa quando l'hai tradita.»

«E pensi di potermi rimpiazzare nel suo cuore?» Sputò Marjolaine, squadrandola con disprezzo, lo stesso che aveva visto negli occhi di innumerevoli umani, nobili, ricchi, che si credevano superiori agli altri e per questo giustificati a trattarla come un cane. «Non sei altro che un patetico rimpiazzo, e lo sai bene. Come potrebbe, in fondo, affezionarsi ad una creatura ostile e spiacevole-»

Marjolaine abbassò lo sguardo sul vestito costoso, ora inzuppato di sangue vermiglio, portandosi la mano alla gola. Osservò le dita imbrattate, aprendo la bocca per parlare, gli occhi puntati su Leliana, il coltello stretto in pugno, accusatori. Le uscì solo un rantolo, mentre cercava di chiudere la ferita con le mani, stringendosi il collo, implorando aiuto.

Leliana, in piedi sopra di lei, la guardò con freddezza. «Ti voglio fuori dalla mia vita, Marjolaine, e sappiamo bene entrambe che questo è l'unico modo.»

L'altra stramazzò all'indietro sul divano, macchiando la stoffa pregiata, cessando dopo poco di muoversi.

Le guardie fecero irruzione qualche secondo più tardi, ma ormai Kallian aveva impugnato l'arco di legnoferro, lasciando andare la freccia già incoccata che si andò a conficcare nel ginocchio di uno dei due. L'altro venne gettato a terra da un pugno granitico evocato da Wynne, che andò a schiacciargli il busto contro la parete opposta con uno schiocco sinistro, mentre l'elfa finiva il primo con un'altra freccia.

Si voltarono verso Leliana, ma era ancora ferma, immobile sul corpo dell'altra donna.

Kallian incontrò lo sguardo di Wynne, che le fece cenno di andare da lei, un sorriso materno sotto i baffi. Non sapendo bene cosa fare, l'elfa le si avvicinò incerta. «Mi dispiace che...»

«Sono stata a Lothering per anni.» Disse lei, non staccando gli occhi dal divano. «E per tutto quel tempo, pensava ancora che mi sarei vendicata. Non-» Sospirò, posando lo sguardo sul coltello insanguinato. «Non mi ha mai veramente amata. Forse quando le ero utile, quando mi poteva usare come una pedina nei suoi giochi...»

«Non ti meritava.»

Finalmente alzò lo sguardo, incontrando il suo. Aveva gli occhi lucidi e le guance arrossate. «Quello che ti ha detto... mi dispiace, voglio che tu sappia che non era vero niente-» scosse la testa, facendo un passo indietro e allontanandosi da lei. «No, un'ombra di verità c'era. Io...» si morse il labbro, serrando le palpebre. «Da quando sono partita da Lothering, ho ritrovato la vecchia me stessa. Non vedo altra soluzione che la violenza. Provo soddisfazione nel togliere la vita agli altri. La foga del combattimento, il sangue dei miei nemici sulle mani- e se mi fossi sbagliata, se il Creatore non mi avesse mandato nessuna visione, se mi fossi inventata tutto solo per attirare l'attenzione, come ha detto il Guardiano delle Sacre Ceneri?»

Kallian le afferrò la mano col coltello, togliendolo delicatamente dalle sue dita. «Questo non è quello che sei.»

L'altra cercò di ritrarsi, ma l'elfa strinse la presa sulla sua mano, senza lasciarla andare. «Ma-»

«Tu sei molto più di un'assassina e una bugiarda, Leliana. Non sei Marjolaine. Il Creatore ti ha scelta per un motivo, perché sa che sei abbastanza forte da fare quello che va fatto, anche a costo di uccidere, mentire e manipolare. Ma so che sei una brava persona, l'hai dimostrato più volte.» Indicò il corpo dell'Orlesiana con un cenno del capo. «È stata lei a cercarti. Sai benissimo che non ti avrebbe fatta uscire da qui, era solo questione di tempo. Hai agito per prima, solo questo.»

«Magari avrei potuto trovare un altro modo. Ho perso la testa, quando...» Sospirò, lo sguardo basso. «Ti ho usata. Ho abusato della tua amicizia e-»

«Leliana.»

La costrinse a guardarla di nuovo. «Se non fosse stato per te, sarei ancora da qualche parte a cercare di vendicarmi di un fantasma. Mi hai salvato la vita, e non solo con le Ceneri.» Si morse un labbro, sentiva le guance in fiamme, ma continuò imperterrita nonostante tutto. «Non ti avessi incontrata, avrei perso la cosa migliore che mi sia mai capitata.»

Le strappò un sorriso.

«Andiamo, prima che qualcuno chiami le guardie.»

Leliana annuì, tenendole la mano e lasciandosi guidare verso la porta, senza degnare di un altro sguardo il corpo di Marjolaine.



 

Girovagarono a vuoto per le vie attorno al mercato, che si stava svuotando man mano che calava la sera, osservando le bancarelle. Leliana era silenziosa, immersa nei propri pensieri, Kallian e Wynne che cercavano di lasciarle il suo spazio. Quando si fermò ad osservare una serie di incensi e candele profumate, sollevandone una e annusandone l'aroma, la videro sorridere.

«Grazia di Andraste.» Inspirò nuovamente, socchiudendo gli occhi, prima di passarla all'elfa.

Kallian ne conosceva bene il profumo, era un fiore che cresceva spontaneamente tra i cespugli e perciò costava poco, essendo facile da trovare. Il profumo le riportò alla mente le giornate intere passate al mercato, poco lontano da lì, ad intrecciare bouquet e coroncine di fiori seguendo le richieste di qualche cliente.

«Quanto per questa?» Chiese, rivolta alla signora di mezza età dall'altra parte del banchetto.

«Cinque pezzi d'argento.»

Rovistò nella piccola borsa di pelle, posando le monete sul tavolino di legno. La signora le ringraziò regalando loro un paio di fiorellini profumati.

Leliana, la candela in mano, le sorrise nuovamente. «Non dovevi...»

Kallian scosse il capo, prendendo uno dei fiori e cercando di infilarlo tra i capelli di lei, sopra l'orecchio. «Figurati.» Si guardò attorno, mentre i mercanti iniziavano a raccogliere le varie merci e si preparavano alla chiusura. «Sai, lavoravo poco lontano da qui. Vendevo fiori ed erbe medicinali, soprattutto. Alle volte capitava che ci commissionassero grosse cerimonie, con bouquet stravaganti di ogni genere di fiori.»

«Doveva essere bello...»

Annuì. «Guadagnavo anche bene, abbastanza da pagare metà dell'affitto della casa.» Lo sguardo volò in direzione dell'Enclave, nascosto alla vista dietro ad una serie di edifici.

Leliana sospirò. «È quasi ora.»

Non voleva lasciarla da sola. «Possiamo rimandare a domani, se-»

«No. Dobbiamo sapere cosa sta succedendo. E poi, so quanto sia importante per te.»

«Anche tu sei importante per me.» Ribattè Kallian. Voleva aggiungere qualcosa, ma l'altra le pose una mano sulla spalla, cercando di rassicurarla.

«Sto bene, Kallian. Non ti preoccupare.»

«Ma-»

«Marjolaine se l'è cercata. Devo solo fare pace con me stessa e con il Creatore, ma hai già fatto tanto per aiutarmi. Ti ringrazio.»

Sapeva che la sua era solo una maschera, che doveva star soffrendo più di quanto non ammettesse. Annuì con riluttanza.

Il campanile della Chiesa suonò le sei, richiamando i fedeli per l'ultima funzione della giornata.

«Volete entrare anche solo per un attimo?» Propose Wynne, indicando il grande edificio con la vetrata colorata, le mura bianche che si stagliavano imponenti a contrasto con tutti quegli edifici di legno e pietra grezza.

L'interno della Chiesa era composto da una grande navata e due più piccole laterali. Delle panche di legno erano poste in tante file parallele, centinaia di candele illuminavano l'ambiente profumandolo di cera odorosa.

I fedeli entravano chinando il capo in segno di rispetto, alcuni addirittura inginocchiandosi di fronte all'imponente statua di Andraste che dava il benvenuto a coloro che varcavano la soglia, ergendosi dal lato opposto dell'ingresso. La Profetessa indossava la sua armatura splendente, e fasci di luce le adornavano il capo incoronato, segno della protezione dei Creatore. Il volto era duro e austero, puntato verso l'alto. Sul palmo della mano sinistra, una candela di cera rossa colava tra le dita come se fosse sangue, in ricordo del sacrificio compiuto, mentre la destra era tenuta salda attorno all'elsa della grande spada fiammeggiante.

Kallian si era sempre sentita in soggezione a guardare le statue della Profetessa, e solo poche volte le era stato concesso di entrare in quel luogo di culto, ma dopo aver sperimentato il Suo sacrificio sulla sua pelle, essendo salvata dalle Ceneri, non le sembrava più così lontana.

La Venerata Madre raggiunse l'altare, recitando le prime parole del Cantico della Luce. Il leggero brusio che aveva riempito la Chiesa cessò all'istante, sostituito da centinaia di voci che si univano a lei, diventando una sola.

«Stiamo affrontando un periodo difficile.» Annunciò l'anziana, una volta concluso con le parole di rito. «Il Flagello costituisce una minaccia sempre più grande, e la salvezza del nostro Paese è a rischio. Ma non disperate, poiché la Sposa del Creatore, la Benedetta Andraste, non ha abbandonato i suoi fedeli, ma immolandosi per loro ha donato una nuova speranza a questo mondo. Così, possiamo solo pregare affinché i nostri prodi mariti, figli e fratelli combattano questo Male, e con la luce della Sua potenza nel cuore, la loro mano resti salda di fronte alla morte.»

Si voltò verso la grande statua alle sue spalle, inchinandosi profondamente. Tutti fecero lo stesso.

Kallian, il capo chinato sulle le mani giunte e le ginocchia intorpidite sul pavimento di pietra fredda, sperò che Andraste e il Creatore fossero in ascolto.

«Non siamo soli.

Anche quando incespichiamo sul cammino,

con gli occhi chiusi, vediamo chiaramente

la Luce che ci circonda.»














 

Note dell'Autrice: Adoro Isabela! Non vedevo l'ora di farla comparire. Zevran ha rincontrato Taliesin e si è dimostrato un buon amico nei confronti di Geralt e Natia, nonostante tutto ciò che lo legava ai Corvi. Mentre per quanto riguarda Leliana, Kallian e Marjolaine... Leliana è estremamente protettiva nei confronti dell'elfa, e viceversa. Marjolaine non le avrebbe mai lasciate in pace, e oltretutto ha fatto il grosso errore di insultare Kallian, ricevendo ciò che si meritava. Ah, le soddisfazioni che mi danno queste due! Ah, il pezzo recitato nella Chiesa è tratto da un passo del Cantico della Luce, la traduzione non è affatto poetica purtroppo ma faccio ciò che posso.
Il prossimo capitolo arriverà tra un bel po', domani parto per un viaggio e passerò tre settimane senza computer. Ma serannas, riaggiornerò a fine agosto! 

  
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