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Autore: Sparrowhawk    02/08/2018    2 recensioni
Cosa sarebbe successo, se...?
In un mondo divorato da una guerra lunga cento anni in cui la figura dell'Avatar è diventata mistica, una sola città rimane in piedi per offrire un opponente alla Nazione del Fuoco: da una parte abbiamo Zuko, il giovane ed intraprendente Signore del Fuoco che da solo ha conquistato quasi ogni terra libera; dall'altra abbiamo Toph, Regina della città stato di Ba Sing-Se e temeraria condottiera del proprio esercito. Dopo mesi di stallo, finalmente i due avranno modo di incontrarsi e dal loro confronto si svilupperà la nostra storia.
N.B.: I personaggi e le ambientazioni riportate in questa storia non appartengono a me, ma ai creatori di Avatar - The Last Airbender. Ringrazio la creatrice del fumetto che mi ha ispirato a scrivere questa storia e che mi ha permesso di reinventare il tutto: (deviantart) Minari-hanul
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aang, Katara, Sokka, Toph, Zuko
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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icon fireBook Two: Fire

Chapter eight: Happy family?



Stranamente, per la prima volta dopo molti anni, Zuko sentì un grosso peso abbandonarlo. Nell'inviare Aang al fronte con l'incarico di catturare Toph, si era anche assicurato di impedire che le cose potessero sfuggire di mano, lasciando alla Morte dell'Est l'occasione per evadere nuovamente dal suo controllo. Stavolta aveva calcolato ogni mossa personalmente, senza farsi influenzare dalle parole dei propri consiglieri e dei generali: da solo era venuto a capo di un piano e, collegando gli sforzi attuali con qualcosa che teneva in serbo da tempo, aveva finito col ritrovarsi fra le mani la giusta leva per portare a proprio favore quella guerra.

Ci erano voluti esattamente due mesi per portare tutte le pedine che gli servivano al posto in cui le voleva, e ora che finalmente riusciva ad intravedere la luce in fondo al tunnel, una strana sensazione di quiete gli aveva pervaso l'animo. Nemmeno ricordava l'ultima volta in cui era stato tanto tranquillo, tanto sicuro della riuscita dei suoi piani. O forse, proprio perché non ricordava un avvenimento simile, sarebbe stato più facile immaginare che mai si era sentito del tutto privo di dubbi.

- Con questi documenti abbiamo finito, mio signore.

Il servitore inviato dal Generale Quiang gli indicò lo spazio su cui lasciare la propria firma, ripetendo in seguito quella stessa azione sugli ulteriori quattro fogli presenti sotto al primo. Lui annuì sovrappensiero, la penna intinta nell'inchiostro a scricchiolare con leggerezza sulla superficie ruvida. Quando la carta assorbì anche l'ultima goccia scura, finalmente il servo si congedò lasciando Zuko solo all'interno del proprio studio.

Era in effetti una cosa rara che proprio lui, il Signore del Fuoco, venisse lasciato solo molto a lungo. Da che era salito al trono, succedendo di diritto al padre Ozai in seguito alla sua morte, aveva come l'impressione di aver passato più tempo in compagnia altrui anziché di se stesso: i suoi doveri erano molteplici, e sebbene tecnicamente fosse lui l'unico col diritto di dettare legge, non gli era comunque concesso di gestire autonomamente il tempo di cui disponeva. I momenti in cui finalmente poteva tirare un sospiro di sollievo, liberandosi insieme della maschera imperturbabile che a forza si era cucito in volto in seguito all'incoronazione, erano talmente rari da apparirgli estranei nell'attimo in cui alla fine riusciva ad assaporarli.

Inutile dire che, di solito, non faceva il tempo ad abituarsi all'idea di non avere nulla di importante da fare, che subito qualcuno bussava alla sua porta del tutto intenzionato a carpire la sua attenzione.

Si domandò quale sarebbe stata questa volta la calamità che richiedeva il suo consulto. Si chiese se, allo scoccare del prossimo minuto, dalla porta che dava sul corridoio principale non sarebbe entrato qualcuno, respiro trafelato e occhi di chi aveva appena visto la morte in faccia.

Alzando lo sguardo sulla stessa porta che nei suoi pensieri aveva appena fatto entrare almeno una miriade di messaggeri tutti diversi e ognuno con una preoccupazione personale, Zuko rimase immobile ed in silenzio, attendendo che da un momento all'altro si scatenasse l'inferno.

...ma non accadde nulla.

A dispetto di tutte le sue precedenti esperienze e a dispetto di ciò che reputava essere diventata ormai una routine, Zuko si ritrovò a contemplare il vuoto una volta che la sua convinzione di sapere tutto venne così brutalmente sfatata. Dall'uscio non entrò nessuno, perfino nel tendere le orecchie alla disperata ricerca di un qualsiasi rumore all'esterno non riusciva ad udire nulla che potesse dargli pensiero.

Era solo.

Solo in una stanza gigantesca, con la mente affaticata dal continuo sforzo per venire a capo di nuovi piani e l'animo pesante, afflitto da colpe e memorie che non lo avrebbero mai abbandonato.

Improvvisamente sentì il bisogno di alzarsi, uscire e cercare qualcosa da fare. Non era davvero più abituato a quella calma, non sapeva cosa fare quando tutto trovava una conclusione – anche se temporanea – ed il destino gli chiedeva di rimanere in disparte, ad attendere che tutto andasse come voleva o che le cose gli si sfacessero fra le mani. Zuko, a diciotto anni, già non aveva più idea di che cosa significasse passare anche solo un'ora dedicata a se stessi, indetta allo svago e alla più totale noncuranza di tutto quanto il resto.

- Buonasera, mio signore.

Il giovane, dopo aver aperto la porta per uscire dallo studio, incrociò il proprio cammino con una delle tante serve predisposte lungo l'intera pianta del suo palazzo. Fece un segno del capo, educato come suo solito, gli occhi che però non si posarono su di lei se non per appena qualche secondo. Gli avevano insegnato a mostrare riguardo verso le persone, a mostrare che era stato cresciuto in una famiglia sì potente ma rispettosa, e sebbene in quegli anni avesse fatto del suo meglio per onorare il ricordo della donna che in primis gli aveva impartito certe regole, il suo cuore si era indurito a tal punto da impedirgli di dimostrare del vero e proprio interesse verso chi aveva attorno. Specialmente se di rango inferiore.

◇♦◇

- Che modi di ragionare sono mai questi, Zuko?

La voce austera della madre, da sempre comunque condita con una nota di pura dolcezza, giunse alle orecchie del giovane Principe come la peggiore delle accuse. Se ne rimase infatti al suo cospetto, indeciso sul da farsi e pure un pochetto disorientato. Ogni volta che parlava con la madre sentiva addosso un'apprensione del tutto diversa da quella che, di norma, lo colpiva quando era nelle vicinanze del padre: voleva essere accettato da entrambi, ma se con Ozai ogni suo tentativo pareva finire nel peggiore dei modi ogni volta, con Ursa era diverso; alla base del problema comune c'erano due persone agli antipodi.

- Non guardare mai le persone dall'alto in basso, figlio mio. Non comportarti come se fossi superiore, solo perché hai avuto la fortuna di nascere con una posizione sicura e pieno di denaro.

- Ma papà dice sempre che...

- ...se ascolterai tuo padre, Zuko, finirai col diventare esattamente come lui. Cieco.

Il piccoletto corrugò la fronte, di nuovo incapace di comprendere a cosa la madre si riferisse.

- Papà ci vede benissimo, mamma.

Ursa sorrise, ma nella sua espressione Zuko non lesse nemmeno una briciola della gioia che le vedeva dipinta in volto quando sorrideva veramente. Quando sfoggiava quel genere d'espressioni, sentiva in cuor suo la necessità di proteggerla, di aiutarla, di farle capire che qualunque cosa fosse successa lui non l'avrebbe mai e poi mai ferita.

- Lo so, tesoro. Quando dico che tuo padre è “cieco”, intendo dire che ha il brutto vizio di non capire quali sono le cose veramente importanti. - Si voltò a guardarlo, stavolta adoperando un sorriso meno rabbuiato e più materno. - Cerca solo di non perdere mai di vista chi sei veramente.

◇♦◇

Il rumore a lui estremamente famigliare di una palla di fuoco scagliata nella sua direzione, lo costrinse per il momento a lasciare da una parte determinati ricordi. Così come la memoria di quella discussione con la madre gli era venuta, presto si dissolse, lasciandogli in petto la consapevolezza di non aver compreso affatto ciò che quel ricordo voleva suggerirgli.

Scattato da una parte, schivò con grazia quella sfera incandescente il cui mandante, una volta notati i suoi colori bluastri, non fu difficile da intuire.

Con un sospiro, Zuko si risollevò e mise a posto il proprio soprabito. - Azula...

La voce gli uscì arida dalla bocca, priva di una qualsiasi emozione. Tale era il sentimento che la sorella gli faceva scaturire da dentro, che oramai il Signore del Fuoco non riusciva più nemmeno a dimostrarle un briciolo del proprio interesse. Rimase semplicemente impassibile, gli occhi dorati a scrutarla a distanza con la stessa attenzione che si offriva a persone di cui non ci si fidava minimamente.

Azula mente sempre.

- Ti pregherei di astenerti da simili dimostrazioni d'astio. - Asserì con voce impersonale. - Nuoce più alla tua immagine, che alla mia.

Sua sorella sorrise, le braccia incrociate davanti al petto. Con passo sicuro uscì dalle tenebre in cui si era nascosta e, seguita a ruota dalle sue fidate amiche d'infanzia Mai e Ty Lee, finalmente mostrò il proprio volto al suo interlocutore. Gli offrì la solita espressione sprezzante, di chi non si sentiva in dovere di mostrare alcuna forma di rispetto nei suoi confronti.

- Il nostro Grande Re ha qualche prova a sostegno della tesi che sia stata proprio io a lanciare quell'attacco?

Una parte di Zuko, profondamente seppellita dall'orgoglio che da sempre lo pervadeva, faceva fatica ad ammettere che il modo di fare di Azula era fonte di continua insofferenza per lui. Lo trattava come fosse un bambino. No, anzi, lo trattava come se dopo tutti quegli anni fosse stato ancora il marmocchio piagnucolone mal visto dal padre, costantemente attaccato alle gonne della madre e totalmente incapace di vincere contro alla sorella minore in un incontro corpo a corpo. Sapeva che lo faceva apposta. Sapeva che Azula aveva ogni intenzione di spingerlo a perdere le staffe, così da potersi sentire superiore e ancora capace di rappresentare qualcosa – anche se qualcosa di brutto – per il fratello: voleva essere in grado di fargli ribollire il sangue nelle vene, voleva mortificarlo, farlo sentire inadeguato, incapace, proprio come anni addietro era sempre stata capace di fare anche con l'aiuto di Ozai.

Voleva tornare ad essere lei, la figlia perfetta. La prediletta. L'unica e sola erede al trono.

Il ragazzo non emise nemmeno un suono percettibile. Se ne restò a contemplare la sorella, tali congetture a frullargli nella mente mentre, al tempo stesso, già aveva messo in piedi la propria difesa. Quell'attacco infantile al suo ego non avrebbe sorto alcun effetto su di lui, poiché già da tempo aveva smesso di reputare importanti le frecciatine che Azula ancora gli lanciava contro.

Come già detto, non provava nulla nei suoi confronti se non forse un leggero velo di imbarazzo per via di quei futili tentativi di mandare a segno anche un solo colpo.

- Che cosa vuoi?

Se solo fossero stati davvero ancora bambini, a quel punto la Principessa del Regno del Fuoco avrebbe già avuto modo di assaporare la propria infantile vittoria. Suo fratello sarebbe scoppiato a piangere e, dopo ulteriori offese, l'avrebbe sfidata ad una versione decisamente meno impegnativa e pericolosa dell'Agni Kai. E anche da lì, lei, ne sarebbe uscita vincitrice. Azula però continuava a non mettere in conto che Zuko non era più quello Zuko. Continuava a scordare quanto fosse cambiato da quando, anni prima, era tornato al cospetto del loro padre con un bottino più unico che raro: il giorno in cui aveva portato l'Avatar a Palazzo, il ragazzino con cui era cresciuta aveva quasi istantaneamente cessato di esistere, venendo sostituito da una versione aggiornata priva di pecche, priva di inquietudini, ma soprattutto priva di punti deboli.

A guardarlo così, impassibile, le venne istintivo digrignare i denti e raccogliere quanta più aria nei polmoni fosse possibile.

- Tutto quello che hai doveva essere mio! - Urlò a squarciagola, la sua solita furia a sconvolgere lei stessa e le persone che aveva vicino. Lei era instabile. Forse non tutti a corte ne erano a conoscenza, ma alcuni individui sapevano cosa era meglio fare quando si aveva a che fare con Azula: Mai e Ty Lee ad esempio, pur riconoscendo che alcuni suoi comportanti fossero al limite dell'accettabile, non osavano mai contraddirla per timore di diventare un giorno vittime della sua ira; e così come loro un tempo anche Zuko si ben guardava dal provocarla. Era proprio per quel cambio di registro che ora, la ragazza, non riusciva a sopportare nemmeno la vista del fratello maggiore. - Il trono non avrebbe dovuto essere ceduto in base al ritrovamento dell'Avatar! Tu non avresti nemmeno mai dovuto ritrovarlo! Nostro padre ti mandò via col solo intento di sbarazzarsi di te, quindi perché sei tornato...?!

Parole, quelle, che l'attuale Signore del Fuoco aveva già sentito almeno un milione di volte.

Non era solamente sua sorella a vedere così le cose e, di conseguenza, non era stata solamente lei a rivolgergli simili concetti. Sapeva bene che anche fra i suoi sottoposti, c'erano stati – e forse c'erano tutt'ora – soggetti che non avevano visto di buon occhio la sua ascesa al potere. D'altronde però, alla morte di Ozai, nessuno aveva potuto muovere polemiche quando era stato incoronato lui: era il figlio maschio primogenito del vecchio Signore del Fuoco e, nonostante la competenza ampiamente dimostrata da Azula nel corso degli anni e l'animo affine che la giovane aveva da sempre avuto col genitore, era parso più giusto che toccasse a Zuko regnare.

- Che cosa vuoi esattamente? - Le chiese d'un tratto, distraendo per qualche secondo perfino la povera Mai che, da sola, stava provando a trattenere l'amica dal compiere qualcosa di tremendamente stupido. - Vuoi il mio onore? La mia vita? La mia anima? Prendile, se questo ti farà sentire meglio.

I presenti, lui da una parte del salone e le tre fanciulle dall'altra, rimasero in silenzio per qualche secondo prima che quel discorso venisse concluso.

- Prendile ma non sottovalutarmi. Non sono più quelle le cose che mi fanno andare avanti.

Poi, come colpito da un fulmine a ciel sereno, toccò a Zuko percepire la terribile urgenza di comportarsi in modo crudele e colpire laddove era sicuro che avrebbe fatto più male. Assumendo un'espressione ancor meno partecipe e trasognata, puntò quegli occhi dorati dritti addosso ad Azula. Lei, all'altro capo dell'atrio, si sentì accapponare la pelle.

- ...tu, poveraccia. Pensi davvero che una come te avrebbe potuto essere presa davvero in considerazione, per la successione al trono?

Azula strinse i pugni lungo i fianchi, decisa a non farsi trascinare da ciò che stava inevitabilmente per accadere. Non voleva permettergli di metterla nel sacco ulteriormente, come se la sua reazione di poco prima non fosse stata abbastanza da farla apparire incoerente col proprio personaggio. O, se non altro, con quello che si era costruita con attenzione da che era una piccolissima bambina.

In un ultimo disperato tentativo di mantenere il controllo sulla situazione, la giovane cercò conferma negli occhi delle compagne, come a volersi assicurare che loro non avessero spifferato più del dovuto alle persone sbagliate.

- Non guardare loro. Il tuo segreto, con un po' d'attenzione, potrebbe scoprirlo chiunque.

Zuko, abbozzando un debole sorriso privo di trasporto, decise di continuare a parlare.

- Nessuno nella nostra famiglia ha la tua stessa mente malata. Siamo sempre stati maligni, questo sì, ma pazzi? - La risata secca che emise lo spinse a muovere leggermente le spalle; stava provando ad imitare il comportamento di qualcuno che si sta divertendo sul serio... Ma la verità era che non provava nulla. - Rispondi pure se ti piace rischiare: chi era tua madre, Principessa?

Per un secondo non si sentì nulla.

Altrove all'interno del palazzo c'erano almeno un centinaio di persone, tutte intente a svolgere i propri doveri e a scambiarsi qualche parola di tanto in tanto. Altrove, il palazzo appariva come un popoloso alveare; era vivo. Lì però, dove Zuko e Azula si erano appena scontrati per l'ennesima volta, il silenzio era tale che perfino il respiro dei presenti era mozzato.

Poi, quell'attimo di calma all'apparenza infinito venne letteralmente tagliato in due dall'urlo di rabbia pura misto a disperazione della Principessa della Nazione del Fuoco. Fu così improvviso che la povera Ty Lee si prese un enorme spavento e, nascostasi alle spalle di Mai, a mala pena mise fuori il naso per continuare a vedere cosa stava per accadere. Quell'urlo attirò sul posto qualche guardia, ma confusi di fronte alla situazione a cui non erano stati preparati, nessuno mosse un muscolo per sedare in anticipo la lite: non avevano i mezzi per capire all'istante cosa stesse succedendo, non sapevano che se non fosse stata trattenuta, Azula avrebbe scatenato l'inferno.

- TI UCCIDERÒ! - Strillò ancora la giovane. - Ucciderò tutti voi! TU E LA TUA DANNATA STIRPE!

Finalmente le guardie intuirono che fosse giunto il momento giusto per intervenire. Due del gruppo di sei che era sopraggiunto corsero a difendere il Signore del Fuoco, mentre gli altri quattro si diressero verso la Principessa e – dopo un po' di difficoltà – riuscirono ad afferrarla e trascinarla via.

Anche così però, trattenuta da due uomini e seguita a ruota dalle amiche preoccupate per lei, Azula riuscì a continuare i propri improperi fino a che non fu sparita in un corridoio annesso.

- Che tu sia dannato!

Fu quella l'ultima cosa che Zuko le sentì dire.

◇♦◇

- State bene, Signore?

- Se le serve qualcosa, non esitate a chiedere.

- Deve essere stato stressante sopportare una scena del genere, mio Signore.

Le Guardie che lo avevano scortato nelle sue stanze e i servitori che, in seguito, gli avevano portato un pasto da consumare comodamente a letto, si erano prodigati in atteggiamenti di estrema riverenza quando si erano ritrovati soli con lui in seguito al brutto fatto avvenuto nel tardo pomeriggio con Azula. Avevano fatto del loro meglio per farlo stare meglio, preoccupati probabilmente che un litigio fra parenti rappresentasse per Zuko una qualche sorta di avvenimento insostenibile.

- Le sue parole sono niente a confronto di quelle a cui sono stato abituato crescendo.

Solamente quando aveva risposto a quel modo, secco e senza mezzi termini, i suoi interlocutori avevano finito col zittirsi fissandolo come se anche lui avesse qualcosa di profondamente contorto nel proprio modo di vedere le cose. Se avesse messo un poco d'impegno nel leggere i pensieri di quelli che lo circondavano, forse avrebbe capito che era fonte di pietà per molti di coloro che lo conoscevano. In realtà però, anche senza impegnarsi a fare tanto, sapeva perfettamente di essere il soggetto di certe congetture. Tutti erano a conoscenza della sua storia e di quella della sua famiglia; le voci di corridoio si erano sparse per anni, alimentando dicerie che purtroppo – nella realtà dei fatti – avevano il sapore amaro della verità dalla loro parte. Ormai l'infelicità insita nella vita di lui stesso e dei suoi parenti, sia che fosse imposta ad altri o parte integrante di loro, era di dominio pubblico. Era per questo che dopo quell'ennesima dimostrazione di scorrettezza, perfino i suoi servi si erano permessi di mostrargli tanta pena.

Proprio come verso gli attacchi di Azula, però, Zuko non era più capace né di interessarsi alle proprie disgrazie famigliari con attenzione, né di dare ascolto a certe chiacchiere.

Ogni volta che provava a comportarsi come una persona normale, o per lo meno come un essere umano, qualcosa dentro di lui si sbloccava e ogni accenno di emozione scompariva come l'ultima goccia nel letto di un fiume ormai del tutto inaridito. Improvvisamente si svuotava. Improvvisamente la sua mente diventava fredda, analitica... Cinica.

Improvvisamente si tramutava nel figlio che Ozai avrebbe sempre voluto, e che al contrario sua madre Ursa si era augurata che lui mai diventasse.

  
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