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Autore: heliodor    07/08/2018    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Scudo impenetrabile
 
Dwili superò la distanza che la divideva da Marq con un solo balzo. Fu così veloce che Joyce faticò a individuarla.
Quell'agilità era innaturale, frutto di un qualche incantesimo.
Invece di scansarsi, Marq l'attese con le braccia incrociate.
Joyce vide balenare due lame di energia da entrambe le mani di Dwili e poi le loro scie saettare attorno al corpo di Marq.
Per una attimo temette che per lo stregone fosse la fine, ma l'aria attorno a lui si increspò e crepitò di scintille.
Marq saltò all'indietro, eseguì una capriola e atterrò con un movimento fluido.
Dwili restò dov'era, le lame di energia che brillavano tra le sue mani. Anche a quella distanza Joyce poteva sentire l'energia che emanavano.
Sua sorella Bryce usava un incantesimo simile.
"Non distrarti" le gridò Marq.
Joyce si voltò e vide Martom avanzare verso di lei, la spada sguainata che mulinava a destra e sinistra.
Fece appena in tempo a spostarsi di lato per evitare uno dei suoi fendenti, poi evocò lo scudo magico e assorbì il secondo colpo.
Martom sollevò l'altra mano e dal palmo aperto emise un singolo dardo di energia pura.
Lo scudo assorbì anche quello, ma il contraccolpo strappò Joyce dalla terra e la sollevò per aria, facendola volteggiare per alcuni metri prima di ricadere sulla schiena.
Joyce emise un grido per il dolore e la sorpresa di quell'attacco. Si rialzò mentre Martom tornava alla carica.
È lento, pensò. Ma forte. Un altro paio di colpi e mi spezzerà le ossa.
"Non aspettare che ti attacchi" gridò Marq mentre lottava per evitare un affondo di Dwili. "Attaccalo tu per prima."
Joyce annuì ed evocò due dardi magici. Li lanciò verso Martom che avanzava mulinando la spada, ma vennero assorbiti dallo scudo che lo circondava.
Joyce indietreggiò, evocò altri due dardi e li lanciò verso il bersaglio, finendo come quelli prima.
Ripeté la mossa altre due volte. Nel frattempo Martom aveva continuato ad avanzare con velocità costante.
Voltandosi, Joyce vide che era con le spalle rivolte verso la fattoria. Tra poco non avrebbe avuto altro spazio per indietreggiare.
"Continua ad attaccarlo" disse Marq evitando d'un soffio un attacco di Dwili. "Prima o poi uno dei tuoi colpi andrà a segno, fidati."
"Il mio scudo è impenetrabile" disse Matom continuando ad avanzare con calma verso di lei. "Vedi, io sono nato solo con gli incantesimi di base, non ho mai sviluppato altri poteri. Così ho deciso di concentrare tutti i miei sforzi sullo scudo. Mi sono allenato sulle tecniche di combattimento. So usare ogni tipo di arma e sono molto forte, così posso concentrare tutto il mio vigore nell'unica cosa che so fare veramente bene, lo scudo magico, mentre tutto il resto è frutto del mio allenamento."
"Buon per te" disse Joyce evocando il suo scudo e preparandosi all'attacco del nemico. Ormai era spalle al muro. "Ma prima hai usato un incantesimo d'attacco."
"Quello era il mio pugno del drago" disse Martom.
"È la tecnica che hai usato per buttare giù la porta?"
Lui sollevò la spada, pronto a colpirla. "Brava, sei una buona osservatrice."
Martom calò la spada verso di lei. Joyce frappose lo scudo magico tra il suo corpo e l'arma. L'impatto fece vibrare l'aria attorno a lei formando onde concentriche che si espandevano in tutte le direzioni. Poteva sentire l'enorme energia liberata dall'impatto riverberarsi nel suo corpo e nello ossa, attraversarla e disperdersi lì attorno.
Martom sollevò di nuovo la spada, pronto a sferrare un nuovo colpo.
Joyce si sentiva più debole. Ogni volta che usava lo scudo magico, le sue forze venivano consumate dall'incantesimo. Doveva fare uno sforzo enorme per mantenere alto lo scudo e allo stesso tempo concentrarsi sulla sua prossima mossa.
Se voleva sopravvivere non poteva restare lì a incassare colpi su colpi. Prima o poi sarebbe stata troppo stanca per alzare lo scudo e allora la spada di Martom avrebbe trovato la via aperta verso la sua carne.
Al posto dello scudo mormorò la formula della Oscurità.
Martom e tutto il mondo vennero avvolti da una coltre di buio solido e consistente come nebbia nera.
Joyce si spostò di lato nello stesso momento, un attimo prima che la spada di Martom la prendesse in pieno.
La lama colpì il terreno scavando un profondo solco.
Joyce mormorò la formula della levitazione e con una spinta delle gambe balzò in alto, verso il soffitto della fattoria.
Mentre saliva evocò in rapida successione una dozzina di dardi magici e li scagliò in basso, nel punto dove Martom doveva trovarsi.
I dardi sparirono nell'oscurità mentre lei cominciava  scendere verso il suolo. Quando toccò terra l'incantesimo si dissolse e con esso il buio.
Martom era in piedi dello stesso punto dove lo aveva lasciato, le braccia incrociate per difendersi da un attacco.
Non aveva un graffio, mentre Joyce cominciava a sentire la stanchezza annebbiarle la mente. E con lei la paura di non farcela.
Il panico stava per prendere il posto al semplice istinto di sopravvivenza che in quel momento la stava guidando.
Martom fece roteare la spada. "Bella mossa, ma il mio scudo e impenetrabile."
Joyce sbuffò.
Come faccio a colpire questo tizio?, si chiese.
Poi notò la striscia rossastra sulla spalla di Martom, in un punto dove il mantello da stregone era stato strappato.
Era sangue quello che vedeva?
"Ti ho preso" esclamò Joyce.
Marrtom si fermò, come se lo avesse colpito in pieno viso. "Come, scusa?"
"Lì, sul braccio" disse Joyce.
Martom si esaminò la spalla. "Hai ragione. Mi hai colpito di striscio."
"Il tuo scudo non è così impenetrabile."
"Con un centinaio di questi potresti anche impensierirmi" disse Martom con un'alzata di spalle.
Me ne basterà uno solo, pensò Joyce.
Martom partì all'attacco mulinando la spada. Joyce si accucciò, le gambe pronte a scattare di lato all'ultimo momento. Le servivano due o tre secondi per lanciare l'incantesimo.
Martom si gettò verso di lei e Joyce alzò lo scudo, le braccia incrociate come aveva visto fare a Marq.
L'impatto fu tremendo e il contraccolpo la fece indietreggiare di alcuni metri, mandandola a sbattere contro la parete della fattoria.
Martom riprese subito ad avanzare.
Joyce saltò oltre il muro crollato e rotolò sul pavimento di assi di legno.
Martom fu subito su di lei, ma era pronta. Attese solo qualche istante per essere sicura di aver lanciato l'incantesimo giusto e si rialzò, lo scudo proteso verso la spada dell'avversario. Ci fu un nuovo, tremendo impatto che le riverberò nelle ossa e la mandò al tappeto, facendola rotolare per alcuni metri.
Era esausta e Martom sembrava deciso a non concederle tregua. Le serviva qualche istante per recuperare le forze.
"Hai una bella resistenza" disse ansimando.
Anche Martom respirava a fatica. "Faccio molti esercizi per aumentare la mia forza vitale. Tu non li fai?"
"Sono pigra" disse Joyce.
"Se vuoi posso allenarti io."
"ma se vuoi farmi a pezzi."
Martom sembrò esitare. "Scusa, non ce l'ho con te. Eseguo solo gli ordini. E non mi andava di stare a Theroda. Non mi piace quando saccheggiano le città."
Joyce respirò a fondo. Le forze le erano tornate, ma sapeva di averne solo per due o tre incantesimi.
Basteranno, si disse.
Martom riprese ad avanzare. "È un peccato" disse alzando la spada. "Mi sei anche simpatica, tu."
Stavolta, invece di alzare lo scudo, Joyce mormorò la formula del richiamo.
Martom scomparve, sostituito dal muro crollato della fattoria. Se aveva fatto bene i suoi calcoli, il suo avversario era a una dozzina di metri sulla destra.
Senza attendere di esserne sicura, Joyce lanciò una dozzina di dardi in rapida successione nel punto in cui si trovava Martom.
Udì un grido di sorpresa e di dolore provenire dall'interno della fattoria.
Martom emerse da dietro il muro. Aveva due o tre ferite dove i suoi dardi lo avevano colpito. Lo scudo doveva averli rallentati al punto da renderli poco efficaci.
Martom reggeva la spada con entrambe le mani. "Bel trucco" disse alzandola e scagliandosi contro di lei.
Joyce rimase immobile.
Stavolta non lo devo mancare, si disse.
Attese fino all'ultimo istante, poi mormorò la formula del richiamo.
Martom scomparve di nuovo, sostituito dalle mura della fattoria. Lo vide dall'altra parte del foro, la spada ancora sollevata per colpirla.
Mormorò la formula del raggio magico e distese le braccia in avanti.
Un fascio di pura energia coprì in un istante la distanza che li separava e colpì Martom alla schiena, proiettandolo in avanti e poi contro le macerie del muro crollato, che esplosero in mille pezzi.
Joyce continuò a colpirlo finché non sentì le forze mancarle e dovette fermarsi.
Cadde in ginocchio, esausta e boccheggiante. Aveva bruciato tutte le sue energie in quell'ultimo attacco e ne aveva appena per non svenire.
Una figura umana si avvicinò barcollando.
Joyce alzò la testa e riconobbe Dwili. Se lei era ancora in piedi, voleva dire che Marq aveva perso e tra poco sarebbe toccato anche a lei.
Almeno aveva vinto lo scontro con Martom. Che soddisfazione, pensò. Peccato non poterlo raccontare a nessuno.
La strega torreggiò sopra di lei.
Joyce strinse i denti e attese il colpo di grazia, ma Dwili la fissò con occhi spenti e privi di espressione. Mosse un passo in avanti e le gambe le cedettero.
La strega crollò nella polvere a faccia in giù, provocando un suono netto quando toccò le assi di legno divelte.
Joyce la fissò per qualche secondo, certa che si sarebbe rialzata.
Marq sopraggiunse in quel momento. "Hai eliminato Martom. Brava."
Le diede una mano a rialzarsi. Joyce si aggrappò a lui, che la sostenne. Possibile che avesse ancora tanta forza?
Marq esaminò Dwili. "È ancora viva."
Martom apparve dall'altra parte del muro, le mani aggrappate sulle macerie. Era coperto di sangue che sgorgava da una mezza dozzina di ferite, ma respirava ancora. Lo scudo magico doveva aver attutito il suo ultimo attacco o forse lei era troppo stanca e il suo raggio non era stato abbastanza potente.
Non aveva importanza. Era ancora vivo e ciò voleva dire che erano ancora in pericolo.
Martom barcollò su gambe malferme.
Marq strinse i pugni come se si stesse preparando al duello magico, ma poi si rilassò.
Dietro Martom era apparsa un'altra figura umana. Era di una donna.
"Belia" esclamò Marq. "Ce ne hai messo del tempo."
Dalla parte opposta emerse Lem, armato di spada e scudo. "Ci sono anche io, capo" disse correndo verso di loro.
Belia diede uno strattone a Martom e lo gettò a terra.
"Ci sono ancora i soldati" disse Marq.
Joyce vide che stavano avanzando verso la fattoria.
Belia agitò la balestra. "Abbiamo i vostri comandanti" gridò al loro indirizzo. Puntò l'arma verso Martom. "Un altro passo e apro un buco nella testa di questo qui."
I soldati si arrestarono scambiandosi occhiate incerte.
"Li abbiamo fermati, per un po'" disse Belia. "E adesso che facciamo?"
"Prendiamoci i cavalli di questi due e andiamo via" disse Marq.
Belia indicò Joyce. "E questa qui? La lasciamo ai soldati?"
"Sibyl viene con noi" disse Marq deciso.
"Io dico di ucciderla subito" disse Belia.
"No" fece Marq.
"È una traditrice."
"Ha sempre combattuto per l'alleanza" disse Marq. "Dal suo punto di vista, ha fatto solo quello che andava fatto."
"Ma resta il fatto che ci ha ingannati" disse Belia mostrando i denti in una specie di ringhio.
Marq ghignò. "Per questo la ammiro, in un certo senso. Non è facile prendersi gioco di noi. Tymund aveva ragione a non fidarsi di lei. A proposito, dov'è andato?"
"Ci aspetta in uno dei luoghi concordati" disse Belia. "Lo sai che non è portato per il combattimento."
Montarono a cavallo dopo aver abbandonato Dwili e Martom.
"Io dico che dovremmo ucciderli" disse Belia.
"È già morta abbastanza gente per oggi" disse Marq dopo aver lanciato un'occhiata a Theroda. Dalla città si levavano ancora le fiamme. "Andiamo via ora."
Cavalcarono per un paio d'ore seguendo una via che costeggiava le colline. Poi svoltarono in un sentiero che procedeva tra i boschi e infine riemersero alla base di un pianoro roccioso. A quel punto anche la strada era scomparsa e stavano procedendo su terreni pietrosi.
Joyce sentiva l'eco di un fiume che scorreva lì vicino, ma non sapeva dire da che direzione venisse.
Marq e gli altri si fermarono poco dopo in una radura. "Da quella parte c'è il fiume Lingua di Drago" disse rivolto a Joyce. "Seguilo per arrivare a Gadero. Eviterai le strade principali e viaggerai più tranquilla."
"Voi dove andrete?" chiese Joyce.
"Aspetta un momento" protestò Belia. "Vuoi lasciarla andare così dopo quello che ha combinato?"
"Penso che si sia già pentita" disse Marq. "E come ti ho detto, lei combatte per l'alleanza. Ha solo fatto quello che le era stato ordinato di fare."
"In verità ho scelto io di dire a Falgan come entrare in città" disse Joyce.
"L'hai sentita?" fece Belia. "Ha confessato di averci traditi. Dobbiamo fargliela pagare."
Marq scosse la testa. "In ogni caso, tu hai scelto da che parte stare e io rispetto la tua decisione."
"Io non ti capisco proprio" disse Belia con tono esasperato.
"E tu da che parte stai?" chiese Joyce.
Marq sorrise. "Dalla mia, come sempre. Lo sai perché Falgan ha messo una taglia su di me?"
Joyce scosse la testa.
"Magari te lo dirò la prossima volta che ci incontriamo" disse Marq dando uno strattone alle redini.
"Adesso le fai anche gli occhi dolci?" sbraitò Belia. "Ora capisco perché volevi quella lì nel nostro gruppo."
Marq ghignò. "Non essere gelosa."
"Idiota" ringhiò la donna.
Lem si avvicinò. "Che la tua via sia dritta."
"Tu non ce l'hai con me?" gli domandò Joyce.
Lem scrollò le spalle. "Siamo mercenari, ne ho viste tante." Si avviò dietro agli altri due.
"Che la tua via sia dritta" disse Joyce prima di dirigersi al fiume. Arrivata al corso d'acqua smontò da cavallo e si avvicinò alla riva. Si accovacciò e immerse le mani nell'acqua. Era gelata. Ne raccolse un po' e si rinfrescò il viso.
Nell'immagine riflessa vide una giovane donna dallo sguardo fiero, gli occhi scuri e i capelli neri corvini tenuti sciolti.
Sospirò e annullò la trasfigurazione.
Il viso consueto di Joyce la guardò con aria mesta.
Portò le mani dietro la testa e allentò la treccia che teneva legati i capelli. Osservò per un po' l'immagine, poi sciolse i capelli e li sistemò in modo da coprire le orecchie.
"Non sono poi così grandi" disse a bassa voce. "Non sono così grandi."
Si alzò e rimontò a cavallo, i capelli ancora sciolti.
"Li terrò così per un po'" disse scrollando le spalle. "Solo per vedere come mi stanno."
Diede di sprone e si avviò lungo il corso del fiume.

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