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Autore: 9Pepe4    09/07/2009    5 recensioni
[Versione riveduta e corretta causa insoddisfazione dell'autrice]
Assistendo ad un incontro dei sinistri Gin e Vodka, Conan si vede rivelata una realtà sconvolgente: lui non è Shinichi. Ma allora qual è la sua vera identità? E che fine ha fatto il detective liceale?
Aiutato da Ai - per la quale inizia a sentire qualcosa in più - Conan cercherà di venire a capo a tali misteri. Dalla sua parte non avrà indizi materiali, ma la trama nebulosa di alcuni ricordi che riaffiorano in lui.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5 – A un nome da una soluzione

«No. Non ci siamo proprio». Ai, seccata, accartocciò il foglio che aveva davanti e lo lanciò con rapidità dietro di sé.
Conan protestò accoratamente quando quella palla di carta lo colpì alla nuca. «Ehi!» si lamentò.
Ai si voltò all’istante verso di lui, recuperando in un attimo la solita calma. «Bene» affermò, in tono pratico. «Stavo cercando di capire come devono aver manomesso la sostanza, ma... Ho capito che in questo modo otterrò o poco o niente». Arricciò le labbra e si alzò in piedi. Si avvicinò a Conan.
Lui trasalì vistosamente. «Che... che cosa c’è?» farfugliò.
Lei si sistemò con noncuranza un ciuffo di capelli, poi lo fissò seria negli occhi. «Senti... Conan, prova a ricordare qualcosa. Qualsiasi cosa».
Lui deglutì, mentre sentiva il sangue salire alle guance. Si grattò imbarazzato la nuca.
«Insomma» lo spronò Ai, «qualsiasi cosa andrà bene. Dopotutto sono i tuoi ricordi, non puoi aver dimenticato ogni cosa!»
«Ehm...» Conan si schiarì la voce. «Una cosa ci sarebbe» disse, incerto.
Lei gli fece cenno di continuare.
«Va bene proprio tutto tutto?» chiese Conan, nervosamente.
Lei si sentì leggermente esasperata. Annuì. A quel gesto, il ragazzino prese fiato e comunicò senza pause: «Ho avuto un coniglio per qualche tempo».
Ai spalancò gli occhi. Quando si riprese – rapidamente – alzò un sopracciglio. «Okay. Be’, Conan, credevo avresti capito che “tutto” non significava così “tutto”».
Lui rise nervosamente, ancora imbarazzato.
«Comunque... Un coniglio. Sarebbe un buon inizio, se solo non ci fossero così tante persone in grado di vantarsi di averne avuto uno come animale di compagnia».
Le ore passarono, scandite dall’orologio. Non riuscirono ad arrivare ad alcuna conclusione, tanto più che Conan, nonostante si spremesse le meningi, non riusciva proprio a ricordare qualcosa di diverso. La loro consultazione si concluse con l’intervento di Agasa, che li spronò a dormire un po’.
Avrebbero continuato il giorno successivo, se solo Ran non fosse giunta a prendere il bambino occhialuto. Sia Ai che Conan si sentivano piuttosto delusi e frustrati.
Quando si videro più tardi, poi, non ebbero possibilità di riprendere la discussione sull’identità autentica di Conan. Infatti i Detective Boys vollero coinvolgerli a tutti i costi in un giro di attenta esplorazione.
“Macché esplorazione” pensò Conan, un po’ irritato. Si sentiva profondamente insoddisfatto al pensiero che gli sforzi suoi e di Ai non avessero dato alcun frutto. Osservò gli scaffali attorno a sé, soffermandosi seccato su una scatola di biscotti al cioccolato. “Cosa ci sia da esplorare al supermercato, proprio non lo capisco”. Fissò Haibara sorridere ad un racconto concitato di Ayumi, dopodiché sospirò. Scrollando le spalle, si lasciò coinvolgere dalle discussioni di Genta.
Tornò a casa di malavoglia, pressato da un forte senso di insoddisfazione. Tentò di dormire un poco per troncare sul nascere il mal di testa che minacciava di travolgerlo. Non riuscì a chiudere occhio e decise di andare in salotto. E, mentre allungava la mano verso l’interruttore strofinando un piede contro l’altra gamba, provò una sensazione di ripetizione.
«Dejà vu» mormorò fra sé e sé, emozionato. Sforzò la mente. Il ricordo era elusivo. Era come tentare di afferrare dell’acqua... Scivolava via, senza lasciarsi stringere minimamente.
Chiuse gli occhi con più forza. “Andiamo” pensò, a denti stretti.
Gli sembrò di ricordare qualcosa... Era stata una giornata piovosa... Sì. Lui si era teso a spegnere la luce, ma poi non lo aveva fatto, perché...
Perché cosa?
Era entrata... Si afferrò la testa con entrambe le mani, mordendosi un labbro. Chi? Non lo ricordava, ma era certo che si trattasse di una donna. Riusciva quasi a rievocare la voce di lei, a vedere le sue labbra scarlatte, accuratamente truccate.
Avevano parlato, ma i dettagli gli sfuggivano. E poi...
Tentò di non concentrarsi troppo sul ricordo, cercando di lasciare che si sviluppasse da sé. E di colpo gli parve quasi di udire la propria voce mentre chiedeva, seccato... “Avanti, dimmi cosa c’entro con Yukiko Fujimine”.
Conan strinse la mascella così forte che i denti gli dolsero. E la donna cosa aveva risposto, accidenti?! Aveva riso. Si era alzata e gli aveva posato un dito sulle labbra.
Aveva esclamato qualcosa, divertita. Quanta curiosità, ecco quali erano state le sue parole. Poi era rimasta in silenzio per qualche attimo. Sì, e dopo... Dopo aveva affermato che se lui voleva davvero sapere cosa c’entrava con quell’attrice, doveva rivolgersi a...
«Accidenti!» imprecò Conan, frustrato. Sforzò il ricordo, senza ottenere nulla. Forse era Isao qualcosa? No, non era Isao. Tokozumi, di cognome? Scosse la testa fra sé e sé, irritato contro se stesso.
Dopo un po’ scelse di lasciar perdere. Non ricavava niente, se non l’indispettirsi contro sé per il fatto di non rammendare nulla di più. Si concentrò sulle informazioni acquisite. A quanto pareva, quindi, lui aveva qualcosa a che fare con la madre di Kudo, la madre che per tanto tempo aveva creduto fosse la propria.
Accidenti, però! Un nome, un solo nome, e avrebbe potuto scoprire qualcosa! Del resto, rifletté, accigliato, andava sempre così. Al culmine della soluzione del mistero si scopriva di non avere tutti gli indizi necessari.
“Almeno ho capito qualcosa” si disse. “Devo riferirlo ad Ai!” decise, uscendo in corridoio. Si diresse da Ran, correndo, e sfoderò il suo miglior sorriso ingenuo e infantile. «Senti, Ran» disse, sforzandosi di apparire entusiasta, «posso tornare dal professore? Aveva un gioco bellissimo!»
Lei lo guardò con una punta di rammarico, dispiaciuta. «Mi spiace, Conan» sospirò, «ma papà è diventato paranoico».
«Come paranoico?» domandò lui. E, per solidificare la sua facciata da bambino, aggiunse: «Come i tizi dei film?»
Ran replicò: «Ieri non è riuscito a concludere la soluzione del caso».
“Ti pareva” commentò fra sé e sé Conan. Aveva voglia di alzare gli occhi al cielo, ma sapeva che non sarebbe stato molto coerente con il carattere da bimbo innocente che doveva mantenere. «E quindi?» chiese, sgranando gli occhi.
«Quindi teme che se alcuni giornalisti incontrassero me o te per strada ci tempesterebbero di domande sino a farci affermare che lui è un buono a nulla».
Conan non si trattenne più. Alzò gli occhi al cielo. Era un peccato per il bimbo innocente, ma la storia che era frullata in testa a Kogoro era davvero troppo inverosimile.
«Ha detto» continuò Ran, esasperata a propria volta, «che se vogliamo andare da qualche parte dobbiamo metterci d’accordo e scegliere la stessa meta. In modo che lui possa accompagnarci».
Si chinò verso il bambino. «Ma se vuoi proprio giocare ancora, per me va bene venire dal professore. È simpatico e inoltre dalla finestra si vede la casa di...» Si interruppe, arrossendo sino alla radice dei capelli, improvvisamente convinta di aver parlato troppo.
“Di Shinichi” concluse mentalmente Conan. Gli dispiaceva per Ran. Ora che sentiva con chiarezza di non essere lui quello che provava qualcosa per lei, capiva nitidamente che lei era innamorata di Shinichi. E se prima lui era certo, almeno, che la persona amata le fosse vicino – in quanto pensava di essere lui Shinichi – ora non aveva la più pallida idea di dove si trovasse il detective liceale. Sperò che gli Uomini in Nero non gli avessero fatto del male.
Dopo aver creduto di essere Kudo per tutto quel tempo, si trovava inevitabilmente a provare simpatia e attaccamento verso di lui.
Dal momento che non sapeva se sarebbe stato conveniente discutere della propria identità con Ran e suo padre nei paraggi, tanto più che lei si sarebbe aspettata di vederlo correre dai videogiochi, disse alla ragazza che era lo stesso.
Tornò in camera. Prese il cellulare e digitò in fretta un numero. Gli rispose la voce assonnata del professore: probabilmente l’uomo stava schiacciando un pisolino quando era stato svegliato dal telefono. «Pronto?»
«Pronto, professore, sono Conan! Potresti passarmi Haibara?»
«Certo» bofonchiò Agasa, un po’ smarrito a causa del risveglio improvviso. Si allontanò udibilmente dall’apparecchio telefonico e Conan rimase in attesa, con il cuore che batteva impaziente.
E finalmente la voce famigliare di Ai si fece udire. «Che succede, Conan? Hai scoperto qualcosa?»
«Penso proprio di sì» replicò lui. Chiuse la porta e, a bassa voce, iniziò a raccontarle quanto si era ricordato.
Ai lo interruppe. «Chi era quella donna?» domandò.
«Non so. Ho sforzato le meningi, ma non ricordo affatto chi sia» rispose Conan, impaziente di proseguire il racconto.
«Quindi» concluse un po’ di tempo dopo, «ho scoperto di avere qualcosa a che fare con la madre di Shinichi». Ai non replicò, immersa in un silenzio carico di riflessione.
Conan spostò il proprio peso da un piede all’altro. «La donna» disse, dopo aver cacciato l’esitazione. «Mi ha detto anche chi avrei dovuto contattare per sapere della mia relazione con Yukiko, ma non riesco proprio a ricordarmi quel nome». Si batté una mano sulla fronte.
«Tipico» osservò dopo qualche istante Ai. «L’elemento più importante è quello che manca più spesso». Conan non poté che concordare. Dopo qualche istante di silenzio, lei decise: «Senti, tu cerca di ricordare e fammi sapere al più presto».
«D’accordo» sussurrò Conan, in tono piatto. «Ciao» sospirò poi, rassegnato.
«Ciao» replicò Ai, interrompendo la chiamata.
E Conan si sedette sul letto, pensieroso, tentando di ricordare.






Spazio autrice:
E così eccomi di nuovo. Spero l’attesa non sia stata troppo lunga.

A crazy cotton: Già. Il povero professore è stato escluso al primo colpo. Be’, si spera che prima di diventare molto ma molto pucci Ai e Conan tornino grandi, giusto? (Non chiedere da dove è uscita questa). Anch’io c’ero già stata in Francia, e sono felice di ritornarci^^ Ah, e grazie anche per aver commentato la drabble su Shinichi e Ran...

TITTIVALECHAN91: Ai è fredda solo in superficie, in realtà. Sotto è davvero dolce, almeno secondo come la vedo io. Conan sa essere un bravo bambino innamorato, ma la sua imbranataggine rovina un po’ l’atmosfera (concordo. Proprio un tonno è). Prima o poi il capitolo arriva, ma le vacanze hanno un influsso estremamente impigrente su di me. Alla prossima, dunque! Ciao^^

Ninny: Coniglietto per tutti i secoli e oltre, ecco. Sono felice che Ai sia stata apprezzata^^ Tenterò di darmi una mossa ad aggiornare, okay? Anche se fra poco – be’, il 12 – parto per la Francia, e tornerò il 22... Grazie per aver anche commentato la mia drabble. Sono contenta di aver espresso ciò che pensi che potrebbe dire Ran...^^ Grazie mille^^

Shinichikudo: Sono contenta che ti piaccia. Non preoccuparti se non riesci sempre a commentare, d’altra parte anch’io non sono sempre libera. Quindi ti capisco^^ Ciao
  
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