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Autore: Clan della rosa    14/08/2018    1 recensioni
Ciao a tutti. Ho voluto fare un esperimento, vi spiego meglio: la storia sarà totalmente scritta in prima persona e i dialoghi saranno ridotti al minino proprio per lasciare spazio alla protagonista che per ora non avrà ne un nome ne un identità. La storia si articola nel passato, la protagonista rivive le proprie esperienze amorose con uomini diversi, fino ad arrivare ai suoi attuali 30'anni di età.
Spero vi piaccia, buona lettura!
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Passarono alcuni mesi da quel triste episodio. Arrivò l’inverno e con esso il mio compleanno.  Salutai con amarezza i miei 24 anni per dare il ben venuto ai 25. Mi resi conto di stare invecchiando, sentì un groppo d’ansia dal profondo dello stomaco, una triste verità che, subdolamente,  si insinuava nei miei pensieri. Guardai indietro e vidi una ragazzina appena diciottenne, sorridente, davanti ad una torta, circondata da amici e parenti. Che fine aveva fatto? Quella bambina era morta alla soglia dei vent’anni. Mi sentivo una fallita, non portavo mai nulla a termine e per di più quasi ogni mese ricevevo inviti di matrimoni, inviti che avevo ben visto di riporre in un cassetto, sepolti dalla valanga di biancheria intima.
Passai il mio compleanno a casa, sola. L’unica compagnia che avevo era una tazza di cioccolata, il telecomando e un gatto, ormai vecchio.
-Tanti auguri a me-
Sorseggiai la cioccolata e quando si furono fatte le 23:00 andai a dormire. Vecchia non solo nell’età ma anche nello spirito, di questo passo non ero molto certa di arrivare ai 26.
La mattina seguente mi svegliai all’alba, era il primo giorno di lavoro come impiegata in un ufficio di contabilità. Ora, sia chiaro, il mio indirizzo di studi era anni luce lontano da quel mondo ma il responsabile era mio zio, se fosse stato un estraneo non avrei neanche tentato di inviare un curriculum.
Quindi, oltre che incapace in quel campo ero anche una …“raccomandata”? Si dice così? Da subito avvertì la triste e malinconica certezza di non poter contare sull’aiuto di nessuno dei miei colleghi. Quando si dice la fortuna.
I giorni passarono e le cose non miglioravano. Sola nella mia bianca scrivania con il solo rumore della ventola di raffreddamento del pc a farmi compagnia. Come ogni mattina mi sedetti alla mia postazione ed accesi il portatile, notai, poco dopo, un piccolo post-it attaccato al contenitore delle penne, diceva: “Vediamoci alla sala fotocopie”
Pensai ad uno scherzo ma la curiosità fu più forte di me e ci andai. Ad aspettarmi, trovai una ragazza, bassina, con le lentiggini e degli occhiali da vista dalla montatura rotonda. Sembrava molto intimidita. Mi salutò con un cenno della mano, feci lo stesso.
Le chiesi se fosse stata lei a dirmi di venire, rispose di si. La ragazzina si chiamava Anna ed era da poco diventata un’impiegata dell’ufficio. Anche lei, come me, si sentiva sola e isolata da tutti. Era la più piccina in quel piano, i suoi appena 20’ntanni d’età non le rendevano giustizia.
Passarono i giorni e la sala fotocopie era diventato un luogo d’incontro. Appena si facevano le 10:00 della mattina mi allontanavo con la scusa di prendere un caffè, dopotutto avrei potuto anche dire di andare a suicidarmi dall’ultimo piano, nessuno ci avrebbe fatto caso. Poco male, per una volta l’essere invisibile comportava degli aspetti positivi.
Incontravo ogni giorno Anna e più il tempo passava più mi sentivo legata a quella ragazzina. Conobbi molto del suo passato: diventò orfana da parte di madre all’età di 11 anni, a causa di un tumore fulminante, suo padre si risposò e la nuova moglie non sembrava gradire la presenza di Anna. La ragazza decise, quindi, di trasferirsi e con i soldi che le passava il padre e il piccolo stipendio riusciva ad arrivare a fine mese.


-Hai qualcuno nel tuo cuore?- Domandai al quinto giorno, sorseggiando l’ultimo goccio di caffè che mi era rimasto nel bicchierino di plastica.
Anna negò, non aveva ancora trovato la persona giusta, ma era, più che mai, decisa a incontrare l’anima gemella. Sorrisi, ero esattamente come lei a quell’età, poi, però, accantonai la favola del “e vissero per sempre felici e contenti” non c’era nessun “principe azzurro”. Non glielo dissi, non volevo rompere a forza i suoi sogni anche se, così facendo, si sarebbe illusa e una volta sbattuta la testa, la scoperta sarebbe stata enormemente peggiore.
Passò un mese, Anna mi rivelò che sarebbe tornata a casa da suo padre, ne sentiva troppo la mancanza e se la presenza della matrigna le dava i brividi, nulla era più importante dell’uomo che l’aveva cresciuta. Si sarebbe licenziata il giorno dopo. Sentì il mio cuore riempirsi di una malinconia inaudita, Anna era l’unica persona che mi aveva donato un po’ d’affetto. Forse troppo affetto. Nei giorni passati ho notato un brusco cambiamento del suo atteggiamento nei miei confronti. Arrivai a pensare di piacerle, inizialmente non ci feci caso ma poi…
Il giorno seguente, il giorno in cui Anna se ne andò, trovai un biglietto. L’aprì, era la scrittura della ragazza, dentro vi era una frase:
Mi spiace doverti lasciare così, avrei voluto che i nostri incontri segreti durassero più a lungo. Come ben sai sono una ragazza timida e l’unico modo per dirti quello che sento senza scappare è scriverlo:
T.A.

Inizialmente pensai che quelle due ultime lettere fossero le iniziale del suo nome e cognome ma poi controllai e le cose non quadravano. Il suo nome era Anna James.
Poi capì:
-Ti amo-
4° volta in cui dissi Ti Amo
   
 
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